Pagamento avvocato: tutto ciò che c’è da sapere
written by Redazione | 05/08/2021
Che fare se non c’è un accordo scritto tra avvocato e cliente? Quando scatta il preventivo scritto e cosa succede se l’avvocato presenta una parcella più alta?
Che succede se l’avvocato presenta al cliente una parcella più alta rispetto al compenso riconosciutogli dal giudice in sede di condanna alle spese processuali e da quale importo è obbligatorio il preventivo dell’avvocato? Quanto tempo si ha per pagare la parcella all’avvocato e quale valore ha questa se non è stato mai firmato alcun documento o accordo, né è stato fornito al cliente il preventivo scritto? Ecco tutto ciò che c’è da sapere sul pagamento dell’avvocato.
Peraltro, sul tema, è intervenuta una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha il merito di aver sanato un contrasto interpretativo assai delicato sulla possibilità, per il legale, di ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del proprio assistito pur non avendo comunicato a questi, prima del conferimento dell’incarico, così come richiesto dalla legge, il corrispettivo per la
propria attività.
Ma procediamo con ordine.
Avvocato: il preventivo è obbligatorio?
Al momento del conferimento dell’incarico, l’avvocato deve fornire al cliente un preventivo scritto. Tale preventivo – che alcuni chiamano preventivo di massima – deve indicare la «prevedibile» misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfettarie, e compenso professionale.
La legge [1] consente quindi all’avvocato di rivedere al rialzo il corrispettivo inizialmente richiesto se, per circostanze sopravvenute e imprevedibili rispetto al conferimento dell’incarico, la prestazione è divenuta più complessa. Ecco perché viene detto «preventivo di massima»: da esso è possibile discostarsi, ma non in modo sostanziale e, comunque, dandone adeguata giustificazione.
Da quando è obbligatorio il preventivo dell’avvocato?
La legge non fissa un limite di importo a partire dal quale il preventivo dell’avvocato è obbligatorio. Esso è quindi dovuto in ogni caso, sia per le attività di elevato importo che per quelle di minor valore.
Inoltre, il preventivo è obbligatorio sia per le prestazioni giudiziali (le cause, ossia i processi) che per quelle stragiudiziali (ad esempio le consulenze, le lettere di diffida, la redazione di contratti, ecc.).
Quanto tempo ho per pagare la parcella dell’avvocato?
Salvo diverso accordo (che può essere assunto anche verbalmente), la parcella dell’avvocato deve essere pagata non appena la stessa viene presentata al cliente e, dunque, immediatamente.
È comunque sempre possibile trovare un’intesa per una rateazione o un pagamento dilazionato, che non costituisce però un diritto del cliente.
Senza preventivo scritto l’avvocato può chiedere la parcella?
Come chiarito di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione [2], l’avvocato ha diritto ad essere pagato anche se non ha presentato al cliente un preventivo scritto. Egli può, in assenza di accordo scritto firmato dall’assistito, rivolgersi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per farsi “validare” la parcella e poi, con questa, rivolgersi al giudice e richiedere un decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo viene poi notificato al cliente entro 60 giorni, il quale dovrà pagare entro i 40 giorni successivi.
In buona sostanza, è valido il decreto ingiuntivo, corredato dalla prova dell’attività svolta e dal parere di congruità del competente Consiglio Ordine Avvocati [3].
L’avvocato è tenuto ad adeguarsi a delle tariffe?
Le tariffe professionali sono state abolite. Pertanto, l’avvocato è libero di presentare al proprio cliente un preventivo più alto o più basso rispetto a quelli che, un tempo, erano gli standard imposti dalla legge.
Ecco dunque le regole a cui attenersi:
le tariffe obbligatorie sono state abrogate (art. 9 L.27/2012) ed il compenso spettante al professionista è, di regola, determinato preventivamente con il cliente (art. 13 L.247/2012), tramite la presentazione del preventivo scritto;
in mancanza di accordo, il compenso è determinato dal giudice (nel momento in cui gli viene richiesta l’emissione del decreto ingiuntivo) tramite i parametri fissati con decreto ministeriale;
il Consiglio dell’Ordine può rilasciare su richiesta dell’avvocato un parere di congruità sulla parcella presentata al cliente (art. 13, comma 9 L.
247/2012);
la L. 27/2012 non ha eliminato la possibilità per l’avvocato di avvalersi del parere del Consiglio dell’Ordine per ottenere un decreto ingiuntivo;
l’accordo tra avvocato e cliente sulla misura del compenso – di regola
pattuito all’atto del conferimento dell’incarico – non è quindi essenziale, potendo il professionista, in caso di mancato accordo, rivolgersi al Consiglio dell’Ordine per ottenere il parere di congruità della propria pretesa.
Che fare se la parcella dell’avvocato è troppo alta?
Al cliente è consentito contestare la parcella dell’avvocato ritenuta troppo alta. Tuttavia, la strada per la contestazione è diversa a seconda della fase in cui ci si trova. In particolare:
se l’avvocato si è limitato a presentare la parcella, il cliente può contestare la stessa al Consiglio dell’Ordine;
se l’avvocato ha già presentato un decreto ingiuntivo, il cliente dovrà fare opposizione al decreto ingiuntivo con un ulteriore avvocato entro 40 giorni.
Nel primo caso, la contestazione va fatta per iscritto e spedita a mezzo Pec, raccomandata o consegnata a mani. La contestazione deve evidenziare le differenze tra gli importi dei parametri forensi e quelli richiesti dal difensore. Sarà poi il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ad esprimersi sulla congruità della parcella. Se l’Ordine non accetta la richiesta oppure risponde negativamente, è possibile fare ricorso direttamente al Consiglio nazionale forense, con sede in Roma.
Se invece l’avvocato ha già notificato al cliente un decreto ingiuntivo, all’esito dell’opposizione, sarà il giudice a definire se la parcella è congrua o meno; lo farà tenendo conto dei parametri indicati nel D.M. n. 55 del 2014, il quale a sua volta ricalca le vecchie tariffe professionali. Alla luce di ciò, il magistrato deve tenere conto dell’onore e del decoro della professione, della caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata.
L’avvocato può chiedere di più di quanto
gli è stato riconosciuto dal giudice?
Nel momento in cui una parte vince la causa, il giudice riconosce a questa il diritto a ottenere, dall’avversario, il rimborso delle spese processuali. Tale rimborso però non esaurisce la pretesa dell’avvocato se questi ha, previamente, concordato con il cliente una misura del compenso superiore. Pertanto, se gli accordi in partenza erano diversi, il legale può esigere dal proprio assistito la differenza tra quanto liquidato dal giudice e il preventivo da questi fornito in origine.