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Un contrasto sul tema è sorto infatti tra Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma e Procuratore Nazionale Antimafia

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Individuazione del magistrato incaricato di rappresentare l'ufficio del pubblico ministero nelle udienze innanzi al Tribunale di Sorveglianza aventi ad oggetto il reclamo contro l'applicazione del regime carcerario differenziato di cui all'art. 41 bis dell'Ordinamento Penitenziario.

(Delibera del 3 novembre 2011)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 3 novembre 2011, ha adottato la seguente delibera:

«1. La pratica ha ad oggetto l'interpretazione dell'art. 41 bis, comma 2 sexies dell'ordinamento penitenziario sotto il profilo della individuazione dell'organo cui è attribuito il potere di designare i magistrati che rappresentano l'ufficio del pubblico ministero nelle udienze innanzi al Tribunale di Sorveglianza aventi ad oggetto il reclamo contro l'applicazione del regime carcerario differenziato di cui all'art. 41 bis dell'Ordinamento Penitenziario. Un contrasto sul tema è sorto infatti tra Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma e Procuratore Nazionale Antimafia. Un parere del Consiglio è stato chiesto dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma con nota del 6 luglio 2010, che ha originato l'apertura della pratica, mentre sulla questione ha interloquito il Procuratore Nazionale Antimafia con note del 22 dicembre 2010 e del 12 gennaio 2011. Da ultimo, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha trasmesso in data 14 luglio 2011 copia del verbale della riunione svoltasi presso quell'ufficio il 7 febbraio 2011 tra i rappresentati degli uffici menzionati che ha portato alla definizione delle modalità procedurali per l'individuazione del rappresentante del Pubblico ministero alle udienze di cui sopra.

2. Il comma 2 quinquies dell'art. 41 bis ordinamento penitenziario, introdotto dall'art. 2 comma 25 lett. g) della L. 15 luglio 2009 n. 94 prevede che competente a decidere sul reclamo, che il detenuto o l'internato possono proporre avverso il provvedimento applicativo del regime carcerario differenziato emesso dal Ministro della giustizia, sia il Tribunale di Sorveglianza di Roma.

Il comma 2 sexies del citato art. 41 bis, introdotto dall'art. 2 comma 25 lett. h) della L. 15 luglio 2009 n. 94, prevede che all'udienza di discussione del reclamo le funzioni di Pubblico ministero possano essere svolte, oltre che dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma ai sensi della regola generale di cui all'art. 678 comma 3 c.p.p., anche da un rappresentante dell'ufficio del Procuratore di cui al comma 2 bis (quello che procede alle indagini preliminari ovvero presso il giudice procedente) o dell'ufficio del Procuratore Nazionale Antimafia. La stessa norma prevede che la decisione del Tribunale possa essere impugnata da ciascuno dei tre uffici menzionati.

Dalla lettura della norma si desume che la legittimazione alla partecipazione all'udienza dei diversi uffici del pubblico ministero è alternativa, mentre il potere di impugnazione è concorrente. Poiché il Pubblico ministero deve essere rappresentato all'udienza da un solo ufficio, si pone il problema di determinare quale debba essere l'organo deputato a risolvere i potenziali conflitti tra gli uffici in ordine alla individuazione del rappresentante del Pubblico ministero che dovrà partecipare all'udienza.

Occorre precisare che al Consiglio superiore della magistratura compete la interpretazione ed applicazione delle norme di ordinamento giudiziario e di organizzazione e funzionamento degli uffici e dei servizi relativi alla giustizia. Non spetta invece al Consiglio interpretare la legge sostanziale, né le disposizioni che disciplinano la forma, il contenuto, i modi di esercizio dell'azione, l'iniziativa e l'intervento del pubblico ministero, gli atti ed i provvedimenti del giudice e l'attività processuale in genere. Ciò compete agli organi giurisdizionali, come chiarito con la delibera 16 settembre 1986 e con la risoluzione del 23 maggio 1990.

La disposizione in esame può, pertanto, essere valutata sotto l'esclusivo profilo degli aspetti organizzativi e di funzionamento degli uffici sui quali incide.

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3. Il Consiglio superiore della magistratura, con parere deliberato il 10 giugno 2009, reso ai sensi dell'art. 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195 sul disegno di legge prima della sua approvazione, ebbe ad osservare che la mancata previsione nel testo normativo dei criteri per la determinazione in concreto dell'ufficio requirente avrebbe comportato “incertezza e inevitabili conflitti, senza indicazione dell'organo deputato a risolverli". Ciò in effetti si è verificato e la persistente carenza di indicazioni legislative al riguardo comporta che i criteri di risoluzione del potenziale conflitto debbono essere rinvenuti nel quadro del sistema.

Nelle sentenze della Corte costituzionale che si sono occupate della conformità a Costituzione dell'istituto dell'art. 41 bis dell'Ordinamento Penitenziario (sentenze 349/1993, 192/1998, 376/1997, 190/2010) la Corte ha individuato specifici limiti del potere ministeriale nell'applicazione dell'istituto. Limiti "esterni", collegati cioè al divieto di incidere sul "residuo" di libertà personale spettante al detenuto e dunque pure sugli aspetti dell'esecuzione che toccano, anche indirettamente, la qualità o la quantità della pena detentiva da scontare o i presupposti per l'applicazione delle misure così dette extramurali. Limiti "interni", discendenti dal necessario collegamento funzionale fra le restrizioni concretamente disposte e le finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza cui devono essere rivolti i provvedimenti applicativi del regime differenziato.

In tale prospettiva, la cognizione del Tribunale di sorveglianza riguarda da una parte, l'esistenza dei pericoli per l'ordine e la sicurezza che il provvedimento di applicazione del regime carcerario differenziato mira a prevenire. Dall'altra, la congruità delle restrizioni apportate rispetto all'ordinario regime carcerario, nel limite del divieto di incidenza sulla qualità e quantità della pena e di trattamenti contrari al senso di umanità e alla finalità rieducativa, rispetto alle predette specifiche finalità di ordine e di sicurezza.

Ai due aspetti del provvedimento di applicazione del regime carcerario differenziato oggetto della cognizione del Tribunale di sorveglianza, corrispondono le ragioni della legittimazione dei diversi uffici del pubblico ministero a partecipare all'udienza camerale avente ad oggetto il reclamo e a proporre ricorso in Cassazione contro l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che tale reclamo decide. Del Procuratore distrettuale indicato nel comma 2 bis dell'art. 41 bis, perché nella procedura amministrativa per l'applicazione dell'istituto, egli deve essere sentito dal Ministro sull'esistenza dei presupposti di essa. Del Procuratore nazionale antimafia, perché a questi devono essere chieste specifiche informazioni sull'attualità dei collegamenti con le organizzazioni criminali. Accanto ad esse esiste la legittimazione in via ordinaria, ai sensi dell'art. 678 c.p.p. della Procura generale presso la Corte d'appello in relazione agli aspetti generali riguardanti l'esigenza di mantenere comunque alla pena i caratteri e la finalità stabilita dall'art. 27 della Costituzione.

4. In tale quadro deve collocarsi la questione della partecipazione alternativa del rappresentante del Procuratore Nazionale Antimafia o dell'ufficio del Pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero presso il giudice competente per il giudizio già avviato.

Richiamate le considerazioni sopra esposte sulle ragioni della legittimazione concorrente dei tre uffici summenzionati ad intervenire all'udienza, appare opportuno che l'individuazione dell'Ufficio del Pubblico ministero, il cui rappresentante sia destinato a partecipare all'udienza camerale, avvenga al termine di una procedura concordata che consenta di dare rilevanza a quelle ragioni.

In tal senso vanno le regole procedurali definite su iniziativa del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione nella riunione del 7 febbraio 2011 più sopra richiamata.

Procuratore nazionale antimafia e Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma si sono trovati d'accordo nel riconoscere a quest'ultimo la competenza generale ad intervenire all'udienza nei procedimenti relativi a tutti i reclami proposti contro i provvedimenti applicativi del regime di cui all'art. 41 bis ordinamento penitenziario, mentre al Procuratore menzionato al comma 2 bis dell'art. 41 bis citato o al Procuratore Nazionale Antimafia è attribuita una competenza alternativa a quella del Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma limitatamente alle procedure nelle quali ritengano di intervenire. Al Procuratore generale spettano la titolarità del potere di

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organizzazione della partecipazione alle udienze e il potere di impulso per la necessaria concertazione tra gli uffici.

La facoltà di intervento di ciascuno degli altri uffici viene esercitata per mezzo della designazione da parte del Procuratore Nazionale Antimafia, alla quale il Procuratore generale della Corte d'appello deve conformarsi con presa d'atto della stessa, facendo seguire la comunicazione al Tribunale di Sorveglianza del nominativo del magistrato che rappresenterà l'ufficio del Pubblico ministero.

Gli eventuali contrasti tra il Procuratore nazionale antimafia e il magistrato individuato ex art. 41 bis comma 2 bis citato, che non siano risolvibili ai sensi dell'art. 371 bis c.p.p., potranno essere risolti dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione ai sensi degli art. 54 bis e 54 ter c.p.p.

Non vi sono ragioni di esprimere sulla questione un parere diverso dalla soluzione concordata tra gli uffici interessati.

Pertanto, alla stregua delle considerazioni espresse, il Consiglio delibera

nel senso che spetta al Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma la competenza generale ad intervenire all'udienza camerale nei procedimenti relativi a tutti i reclami proposti contro i provvedimenti applicativi del regime di cui all'art. 41 bis ordinamento penitenziario, salvo i casi in cui il Procuratore menzionato al comma 2 bis dell'art. 41 bis o il Procuratore Nazionale Antimafia vogliano esercitare la facoltà di intervenire in via alternativa.

Al fine di determinare l'ufficio del Pubblico ministero che deve intervenire all'udienza, spetta al Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma il potere di impulso per la necessaria concertazione tra gli uffici.

A tal fine la facoltà di intervento di ciascuno degli altri uffici viene esercitata per mezzo della designazione da parte del Procuratore Nazionale Antimafia, alla quale il Procuratore generale della Corte d'appello deve conformarsi con presa d'atto, facendo seguire la comunicazione al Tribunale di sorveglianza del nominativo del magistrato che rappresenterà l'ufficio del Pubblico ministero.».

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