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195 sul testo del disegno di legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2007 n

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Parere ai sensi dell’art. 10 L. 24 marzo 1958 n. 195 sul testo del disegno di legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2007 n. 249 recante: “Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e motivi imperativi di pubblica sicurezza”.

(Delibera del 20 febbraio 2008)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 20 febbraio 2008, ha adottato la seguente delibera:

«1. Con nota 10 gennaio 2008, il Ministro della giustizia ha trasmesso al Consiglio superiore della magistratura per il parere di competenza ai sensi dell'art. 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195 il testo del disegno di legge di conversione del decreto legge 29 dicembre 2007 n. 249 recante: «misure urgenti in materia di espulsione e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza ». Il decreto e il disegno di legge di conversione che sostituiscono il decreto n. 181/2007 decaduto per mancata conversione, sono diretti – secondo quanto precisato nella relazione al decreto legge citato – «ad assicurare celerità ed effettività all’esecuzione degli allontanamenti dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, quando tali provvedimenti sono adottati per motivi di prevenzione del terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza». A tal fine il decreto legge ha affiancato alle ipotesi di cui agli articoli 20, 21 e 22 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n.

30 specifiche fattispecie di allontanamento con riferimento ai cittadini anzidetti.

Oltre a ciò l’art. 2 del decreto legge ha previsto una modifica di carattere generale al testo unico sulla immigrazione concernente la determinazione della « autorità giudiziaria competente in tema di espulsione di stranieri e di allontanamento di cittadini dell’Unione europea».

La prossimità della scadenza del termine di conversione del decreto legge e la necessità di un parere tempestivo (ché una sua formulazione in epoca successiva alla approvazione della legge di conversione o alla decadenza del decreto legge sarebbe del tutto inutile) e i brevissimi tempi a disposizione inducono il Consiglio a limitare l’oggetto dell’esame alla disposizione dell’art. 2 del decreto, che più di ogni altra incide sulla organizzazione giudiziaria, omettendo ogni – pur possibile – valutazione su altri delicati aspetti del testo normativo (di per sé rientranti nella competenza del Consiglio siccome relativi alla disciplina di diritti fondamentali costituzionalmente tutelati).

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2. L’art. 2 del decreto legge n. 249/2007 prevede che «agli articoli 13, 13 bis e 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole

“giudice di pace”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “tribunale ordinario in composizione monocratica”». I passaggi degli articoli citati che qui interessano sono quelli relativi alla competenza in tema di ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione amministrativa di cittadini extracomunitari e di convalida dell'accompagnamento coattivo alla frontiera e del trattenimento nei centri di permanenza temporanea ed assistenza di cittadini extracomunitari (disciplina parzialmente estesa ai cittadini dell’Unione europea e ai loro familiari dal decreto legge in esame).

Tale competenza, attribuita nel testo unico originario e nel decreto legge n. 51/2002 (convertito con modificazioni nella legge n. 106/2002) al pretore e, poi, al tribunale in composizione monocratica è stata trasferita al giudice di pace con il decreto legge 14 settembre 2004, n. 241. Merita ricordare che, nel parere su tale spostamento di competenza (approvato il 21 ottobre 2004), il Consiglio superiore, pur enunciando diverse opzioni sulla opportunità e legittimità della attribuzione di tali compiti alla magistratura onoraria, ha concluso in maniera netta ed esplicita nel senso che «la natura stessa dei diritti di libertà oggetto dei provvedimenti giudiziari richiede un intervento di garanzia adeguato sul piano ordinamentale, processuale e organizzativo, che assicuri loro una tutela insieme giusta ed efficace, risultato questo che può essere meglio soddisfatto mediante il ricorso alla magistratura professionale, opportunamente sostenuta nello sforzo attuativo richiestole». Ciò in quanto, anche a prescindere da taluni più radicali rilievi non da tutti condivisi, «mentre le garanzie costituzionali di indipendenza e di autonomia trovano la loro più completa attuazione nello status ordinamentale del magistrato professionale, caratterizzato dalla non temporaneità e dalla esclusività dell'appartenenza all'Ordine giudiziario, per il giudice di pace, il carattere

“onorario” ne caratterizz(a) il profilo ordinamentale e, pur senza accreditarne la figura di

“giudice minore”, ne evidenzi(a) tuttavia gli aspetti differenziali rispetto alla disciplina ordinamentale del giudice professionale, tanto più significativi ai fini delle valutazioni concernenti il decreto-legge in esame. In particolare, la temporaneità e la non esclusività delle funzioni giudiziarie rivestite dal giudice di pace si riflett(ono) profondamente sull'assetto ordinamentale di tale figura onoraria, delineando i diversi momenti della sua disciplina in termini sensibilmente differenti da quella del magistrato professionale».

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Da tale valutazione, che merita piena adesione e conferma, discende un giudizio positivo sulla disciplina disegnata nell’art. 2 del decreto legge 249/2007, assai più coerente di quella attuale con il sistema ricostruito dalla Corte costituzionale con la sentenza n.

1005/2001 che, da un lato, ha affermato la riconducibilità dell’accompagnamento coattivo alla frontiera nel novero delle misure comportanti limitazioni alla libertà personale e, quindi, assoggettate alla riserva di giurisdizione di cui all’art. 13 della Carta fondamentale e, dall’altro, ha espressamente individuato nella misura del trattenimento nei centri di permanenza temporanea «quella mortificazione della dignità dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere», concludendo che la libertà personale costituisce un diritto che spetta ai singoli «in quanto essere umani» e non in quanto appartenenti ad una determinata comunità (così facendo emergere, nella disciplina di cui al decreto legge n. 241/2004, un possibile profilo di diversità di trattamento, atteso che la competenza del giudice di pace si fonda essenzialmente sulle condizioni soggettive più che sulla obiettività delle condotte tenute).

3. La univoca conclusione cui si è pervenuti deve, peraltro, essere accompagnata da alcuni rilievi in fatto tesi a sollecitare opportuni interventi amministrativi e normativi tesi a dare piena effettività ed efficacia al nuovo sistema. La competenza sui provvedimenti di accompagnamento e di trattenimento degli stranieri, in particolare, comporta, anche in termini organizzativi, un impegno particolarmente gravoso. Basti pensare che secondo i dati noti (tratti dalla relazione della cosiddetta Commissione De Mistura nonché dalle elaborazioni – pur incomplete – della Direzione generale di Statistica del Ministero della giustizia), nel periodo 2005-2006, i provvedimenti in tema di convalida (di accompagnamenti coattivi e di trattenimenti in centri di permanenza temporanea) sono stati circa 25.000 annui mentre quelli definitori di ricorsi ex art. 13, comma 8, decreto legislativo n. 286/1998 hanno superato i 10.000 annui. Orbene, pur non dimenticando – come ebbe a rilevare il Consiglio superiore nel citato parere 21 ottobre 2004 – che fino all'entrata in vigore del decreto legge n. 241/2004 «i tribunali hanno trattato i procedimenti relativi alla immigrazione, provvedendo a distribuire il lavoro, ad organizzare i turni, a predisporre i necessari accorgimenti logistici, ed affinando nel tempo la propria giurisprudenza», appare evidente che un simile aggravio di attività, ove non supportato da opportuni interventi di potenziamento degli uffici (differenziati sul territorio alla luce della maggiore o minore incidenza dei provvedimenti in questione) e dalla

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predisposizione di servizi idonei a consentire la celebrazione delle udienze di convalida in condizioni tali da garantire le prerogative della giurisdizione, avrà ricadute negative sull’andamento di un servizio giustizia già gravato da un numero di procedimenti difficilmente gestibili in tempi accettabili.».

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