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Parere sul disegno di legge concernente la conversione in legge del decreto legge recante:

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Parere sul disegno di legge concernente la conversione in legge del decreto legge recante:

“Modificazione di disposizioni della legge 21 novembre 1991, n.374, istitutiva del giudice di pace, e della legge 26 novembre 1990, n. 353, concernente provvedimenti urgenti per il processo civile”.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 19 gennaio 1994, ha deliberato di approvare il seguente parere:

"Con nota del 17 dicembre 1993 il Ministro di grazia e giustizia ha trasmesso il disegno di legge concernente la conversione in legge del decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 14 dicembre 1993, recante: "Modificazione di disposizioni della legge 21 novembre 1991 n. 374, istitutiva del giudice di pace, e della legge 26 novembre 1990 n. 353, concernente provvedimenti urgenti per il processo civile".

Ha quindi chiesto il parere di questo Consiglio, ai sensi dell'art. 10 della legge 24 marzo 1958 n. 195.

Il punto centrale del decreto legge in esame è costituito dallo spostamento del termine per il concreto avvio delle riforme recate dalle leggi 26 novembre 1990 n. 353 (provvedimenti urgenti per il processo civile) e 21 novembre 1991 n. 374 (istituzione del giudice di pace); i nuovi termini sono fissati al 3 luglio 1994, per quanto riguarda il processo civile, e al 4 luglio 1994, per quanto concerne il giudice di pace.

Le ragioni che hanno determinato il nuovo differimento sono correlate essenzialmente alle difficoltà incontrare nell'avviare la riforma del giudice di pace.

Ferma restando l'esigenza di mantenere uno stretto collegamento con la riforma del processo civile, si è dovuto constatare che le procedure per la nomina dei nuovi magistrati onorari si sono rivelate molto laboriose, in special modo nella parte relativa alle operazioni di competenza dei Consigli giudiziari. Comunque la copertura dell'organico è ormai a buon punto e sarà portata a compimento nell'arco di qualche mese, salva la necessità di procedere a nuove pubblicazioni in talune sedi in cui le domande sono state insufficienti.

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E' peraltro indispensabile che il Ministero si faccia carico della parte organizzativa e strutturale, con particolare riguardo al personale ausiliario e alle sedi dei nuovi uffici. Alla efficace predisposizione di tali elementi è affidata in larga misura la possibilità di un positivo avvio del giudice di pace, che a sua volta è presupposto essenziale per il funzionamento del processo civile. Se i prossimi mesi saranno impiegati per mettere ben a punto in tutte le sedi l'apparato organizzatorio dei nuo vi organi giudiziari, questo ulteriore rinvio (pur necessitato) sarà da considerare opportuno ed utile.

Venendo all'esame delle singole disposizioni contenute nel decreto legge si osserva:

l'art.1 interviene sull'art. 89 della L. n. 353/1990 (già modificat o dall'art. 2 della legge 4 dicembre 1992 n. 477), spostando dal 2 gennaio al 3 luglio 1994 la data di abrogazione delle disposizioni del codice di procedura civile ivi contemplate.

Si tratta di una norma che si coordina con l'art. 4 del medesimo decreto legge, il quale a sua volta modifica l'art. 92 della legge 253/1990, fissando al 3 luglio 1994 l'entrata in vigore della intera legge 26 novembre 1990 n. 353. Al riguardo nulla vi è da aggiungere dopo quanto sopra osservato, se non ribadire la necessità di compiere ogni sforzo affinchè questo ulteriore rinvio sia veramente l'ultimo.

L'art. 2, nel primo comma, contiene un'altra disposizione di coordinamento, diretta a sostituire nell'art. 90 della legge n. 353 la data del 3 luglio 1994 a quella del 2 gennaio 1994.

Nel secondo comma, invece, è contenuta una disposizione che modifica il tenore del quarto comma dell'art. 90 della legge 353 cit. Il menzionato quarto comma così recitava: "Se almeno una delle parti è comparsa ovvero se è stata presentata l'istanza di cui al comma 3, il giudice istruttore o il pretore, nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, assegna alle parti un termine perentorio non superiore a quaranta giorni per provvedere, ferme restando le decadenze già verificatesi, agli adempimenti di cui agli articoli 163, 167, 183, quarto comma, e 184 del codice di procedura civile, nonchè un ulteriore termine non superiore a venti giorni per provvedere agli adempimenti resisi necessari a seguito delle integrazioni formulate entro il primo termine". Orbene, con il decreto legge de quo nel testo qui trascritto vengono soppresse le parole "non superiore a quaranta giorni". Resta cioè il potere del giudice di assegnare alle parti un termine perentorio, ma di esso non è più predeterminata la durata massima.

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L'innovazione merita consenso, perchè nella delicata fase transitoria permetterà al giudice di valutare con maggiore elasticità le esigenze di ripartizione del carico senza imporgli una gabbia cronologica prefissata, che peraltro con ogni probabilità sarebbe stata destinata ad essere disapplicata nella prassi.

L'art. 3 introduce la nuova data del 3 luglio 1994 nel testo dell'art. 91 della legge 26 novembre 1990 n. 353.

L'art. 5 del decreto legge modifica invece la lettera e), comma I°, dell'art. 5 legge 21 novembre 1991 n. 374, diminuendo a quaranta anni l'età minima e portando a 73 anni l'età massima per l'accesso all'ufficio di giudice di pace. Si tratta di una iniziativa senz'altro opportuna, perchè il precedente limite di cinquanta anni ha ristretto eccessivamente la platea dei possibili aspiranti rendendo difficoltoso il reclutamento almeno in alcune zone. Del resto l'abbassamento del limite inferiore di età per accedere all'ufficio de quo era stato auspicato da questo Consiglio già con la risoluzione approvata il 9 giugno 1993.

Analoga ratio si ritrova alla base dell'art. 6, primo comma, del decreto legge, che restringe l'area di incompatibilità per gli avvocati e i procuratori prevedendola non più in relazione al distretto bensì al circondario (art. 8, comma 2°, L. n.374/1991). Anche in tal caso si persegue il fine di ampliare le possibilità di reclutamento in coerenza con apposito auspicio epsresso dal Consiglio nella citata risoluzione del 9 giugno 1993, sicchè il parere al riguardo è positivo.

Il secondo comma dell'art. 6 introduce invece nella legge 374 del 1991 una nuova norma, l'articolo 8 bis. Sotto la rubrica "Limiti all'esercizio della professione forense", la norma così dispone: "Gli avvocati e i procuratori legali che svolgono le funzioni di giudice di pace non possono esercitare la professione forense dinanzi al conciliatore, al giudice di pace, al pretore e al tribunale ricompresi nel circondario ove è situato l'ufficio del giudice di pace al quale appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le parti di procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di giudizio".

La nuova previsione normativa vale a disciplinare meglio il regime di incompatibilità funzionale per gli esercenti la professione forense e merita perciò di essere condivisa.

Gli articoli 7 e 8 indicano i nuovi termini, rispettivamente, per l'esercizio della delega concernente la competenza del giudice di pace in materia penale (30 giugno 1994), per l'entrata in vigore del relativo decreto legislativo (30 giugno

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1995), per l'inizio dell'attività del giudice di pace (4 luglio 1994). I tempi previsti sembrano congrui in relazione alla indubbia complessità della materia, sicchè c'è da auspicare che essi siano rispettati in particolare per quanto riguarda l'iter di emanazione del decreto legislativo.

L'art. 9 detta la disciplina transitoria delle nomine a giudice di pace, stabilendo che i nuovi requisiti per l'accesso all'ufficio e le disposizioni sull'incompatibilità per gli avvocati e procuratori saranno applicabili alle domande presentate con riferimento alle vacanze pubblicate mediante affissione dopo l'entrata in vigore del decreto legge. Non vi sono osservazioni da fare sul punto.

L'articolo 10 introduce il comma 4 bis nell'art. 11 della legge 21 novembre 1991 n. 374, disponendo che "Le indennità previste dal presente articolo sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati". Si tratta di una disposizione senz'altro opportuna, già auspicata da questo Consiglio con la risoluzione del 9 giugno 1993. Essa viene a rimuovere una situazione d'incertezza cagionata da possibili interpretazioni restrittive della nuova normativa pensionistica, che avrebbero potuto dissuadere molti aspiranti all'ufficio dal presentare la domanda o creare comunque uno sgradevole contenzioso.

L'art. 11, aggiungendo un comma all'art. 6 della legge n. 374 del 1991, prevede che il Ministro di grazia e giustizia e il Consiglio superiore della magistratura organizzino corsi di specializzazione professionale di durata non inferiore a due mesi per i giudici di pace nominati in sede di prima applicazione della legge.

La disposizione merita ampio consenso perchè per i giudici di pace - avuto riguardo ai criteri di selezione previsti - la necessità di una formazione professioanle si porrà con particolare forza. Ma nei termini in cui è formulata la norma appare troppo "povera" ed ha più il sapore di una mera dichiarazione d'intenti che quello di un precetto operativo. Segnatamente: a) non è logico restringerne la portata ai soli giudici di pace nominati in sede di prima applicazione della legge, perchè l'esigenza di formazione professioanle sarà immanente per tutti i giudici di pace, sicchè l'iniziativa va istituzionalizzata e resa continuativa; b) appare necessario coinvolgere nell'attività di formazione professionale anche i Consigli giudiziari integrati, essendo difficile che la materia possa essere gestita soltanto in sede centrale, avuto riguardo alla ripartizione dei giudici di pace sul territorio; c) appare indispensabile prevedere uno stanziamento di fondi, perchè la formazione

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professionale ha dei costi che non possono essere ignorati se non si vuole andare verso il totale fallimento della iniziativa.

La norma de qua, dunque, dovrebbe essere adeguatamente integrata secondo le linee predette.

L'art. 12, infine, reca la consueta clausola di entrata in vigore".

Nelle considerazioni che precedono è il parere del Consiglio.

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