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Parere sul progetto preliminare delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448.

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Parere sul progetto preliminare delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 16 marzo 1989, ha deliberato di approvare il seguente parere:

“Si osserva, innanzi tutto, che, nell'art. 4, parrebbe necessario puntualizzare fin dall'esordio l'esigenza che a comporre le sezioni della Corte di appello destinate ad occuparsi dei procedimenti minorili siano giudici specializzati, ed al maggior livello possibile, onde evitare il pericolo di decisioni che, pur dovendo essere di merito, si trasformino in giudizi di pura legittimità, emessi da giudici non specializzati a sufficienza.

A tal fine l'articolo dovrebbe essere formulato nel senso che:

1) presso gli uffici che lo consentono, per carico di lavoro minorile, penale e civile e per numero di magistrati, i componenti vengano assegnati alla sola o alle sole sezioni minorili;

2) in subordine, ai magistrati minorili operanti in Corte, vengano affidate materie strettamente connesse con le tematiche minorili, quali le impugnazioni in tema di diritto di famiglia o quelle relative a processi di droga;

3) solo in estremo ed ulteriore subordine, ai magistrati minorili in Corte venga consentito di partecipare anche a sezioni diverse.

In ogni caso appare necessario assicurare la permanenza nelle sezioni minorili per almeno due anni.

La norma dell'art. 5 ("formazione dei magistrati addetti agli uffici giudiziari minorili"in contrasto con l'art. 110 della Costituzione e al di là dei principi della legge delega) introduce una competenza del Ministero di Grazia e Giustizia in materia da sempre riservata esclusivamente al Consiglio Superiore della magistratura che vi ha assolto, specie negli ultimi anni, con particolare impegno, come è stato riconosciuto anche dallo stesso Ministro.

Si deve al riguardo osservare che l'attribuzione in esclusiva al C.S.M. del compito di provvedere all'aggiornamento professionale dei magistrati è posto proprio a garanzia di quei valori per la cui salvaguardia è stato istituito il C.S.M..

Inesatta pare poi, all'art. 6 commi 2 e 3, l'indicazione del giudice competente ad emanare i provvedimenti ivi indicati; ed infatti il richiamo andrebbe effettuato nei confronti dell'art. 50-bis comma 1 e non nei confronti dell'art. 50-bis comma 2 R.D. 30 gennaio 1941 n. 12.

In relazione all'art.9, si osserva che, al fine di conseguire la piena partecipazione della comunità locale al progetto educativo del minore e come si dirà anche a proposito dell'art. 10, il ricorso a privati

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o ad altro personale, previsto dai commi 2 e 3, andrebbe limitato al caso in cui manchi o non sia in grado di funzionare il servizio sociale territoriale.

Quanto al disposto dell'art. 10, appare poco opportuna ed equivoca la previsione della mera

"possibilità" di costituzione di "servizi integrati", dei quali "soltanto possano (e non debbano) far parte operatori dei servizi territoriali", così come previsto dal comma 1.

Infatti, alla luce del D.P.R. 616/1977 sono state trasferite ai servizi sociali degli enti locali le competenze esecutive in materia civile e amministrativa.

Poichè il D.P.R. sopra citato rappresenta il frutto di una profonda evoluzione culturale e sociale e le sue norme hanno retto al vaglio della Corte Costituzionale, sarebbe stato lecito attendersi una normativa che si muovesse nel senso già affrontato ed ora sperimentato (con esiti in gran parte positivi) nel settore civile e amministrativo: anche perchè i minori di cui si occupano i giudici minorili, ora nel settore penale, ora in quello civile, sono sovente gli stessi, provenendo comunque quasi tutti da ben definiti ceti o aree. E potrà succedere assai sovente che siano in corso attività da parte di servizi territoriali di enti locali in ordine a minori sui quali sia necessario intervenire nel settore penale con operatori diversi, che solo "possono" essere gli stessi o a contatto con i primi.

Viene così in evidenza l'equivocità della previsione della possibilità di costituzione, così come (e soprattutto) della possibilità di partecipazione di operatori dei servizi territoriali che dovrebbe essere resa obbligatoria per evitare l'annullamento quasi totale della piena partecipazione della comunità locale al progetto educativo del minore.

In relazione poi al comma 3, si osserva che la disciplina ivi prevista andrebbe estesa anche ai minori che possono essere accompagnati in una comunità ai sensi dell'art. 16.2 DPR 448/88 fino a che l'autorità giudiziaria minorile non abbia adottato i provvedimenti di sua competenza.

Al comma 1 dell'art. 13 andrebbe poi eliminata l'"intesa" con il Presidente del Tribunale, non comprendendosi la ragione di una tale presenza nella predisposizione di un elenco di difensori, che deve essere predisposto a cura del solo ordine professionale.

Si riterrebbe poi più opportuno affidare l'organizzazione dei corsi previsti dal comma 3 dello stesso articolo, oltre che al Consiglio dell'Ordine, anche al Consiglio Giudiziario piuttosto che al Presidente del Tribunale per i minorenni ed al Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale.

In relazione al disposto dell'art. 16.1, si deve segnalare la mancanza di un richiamo all'espiazione della pena detentiva.

Opportuno sarebbe poi ribadire esplicitamente, all'art. 19.1, la necessità del permesso del magistrato in relazione al minore che si trovi in stato di custodia cautelare (cfr. art. 81 Ord. Penit. e 63 Reg. Penit.).

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All'art. 20 andrebbe infine aggiunta la previsione dell'obbligo per il giudice di acquisire informazioni anche dalla polizia giudiziaria”.

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