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La Scuola del Commento. L Umanesimo giuridico. Il diritto comune in Europa

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La Scuola del Commento L’Umanesimo giuridico

Il diritto comune in Europa

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La Scuola del Commento

• Nuovo metodo influenzato dalla riscoperta di ulteriori testi di Aristotele rispetto a quelli fino allora noti (Analytica posteriora).

• Non più solo analisi dei verba (formulazioni verbali) del Corpus iuris (come i Glossatori) ma individuazione dei principia propria, del

senso riposto delle norme al fine di enucleare regulae di portata generale.

• In altri termini, si ricerca la ratio legis, il principio giuridico insito nella norma del Corpus iuris, poi estendibile ad altri casi

somiglianti (ubi eadem ratio, ibi idem ius): estensione analogica de similibus ad similia.

• Intrepretatio: attività non solo ermeneutica ma creatrice di diritto (l’interpretatio dei giuristi era tuttavia generale, non vincolante)

• Il diritto romano è visto come una grande ‘miniera’ di rationes.

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La Scuola del Commento

• Ciò condusse a una interpretazione talora molto libera e ardita dei testi giustinianei, in seguito criticata dagli umanisti, con riferimento dei principi ricavati anche a casi molto diversi.

• Trasposizione di rationes persino dal diritto privato a quello pubblico (ad esempio gli atti dispositivi di comunità soggette assimilati a quelli del minore bisognoso di tutela, la

concessione vicariale a tiranni assimilata all’abbandono di parte del carico navale).

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I maggiori giuristi della Scuola del Commento

• Jacques de Revigny e Pierre de Belleperche, iniziatori del nuovo metodo in Francia – fine XIII sec.

• Cino Sighibuldi da Pistoia (1270?-1337)

Lectura super Codice (1314), quaestiones, consilia

• Bartolo da Sassoferrato (1314-1357), allievo di Cino Commentari al Corpus iuris, trattati, consilia

Baldo degli Ubaldi (1327-1400), allievo di Bartolo Commentari al Corpus iuris, trattati, consilia

Anche commenti ai Libri feudorum ed al Liber Extra

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Altri principali Commentatori:

• Alberico da Rosate (m. 1354), commentari al Corpus iuris, Quaestiones statutorum;

• Raniero da Forlì (m. 1358); anche problemi statutari;

• Luca da Penne (m. 1381), commento ai Tres libri;

• Paolo di Castro (m.1441), commentari, statuti;

• Francesco Accolti (m. 1486);

• Alessandro Tartagni (m.1477), consilia.

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Metodo dialettico di Cino da Pistoia

• Divisio legis (distinzione del testo nelle sue parti logiche);

• Expositio (riassunto e chiarimento del testo);

• Positio casuum (esemplificazione di fattispecie concrete);

• Collectio notabilium (osservazioni particolari);

• Oppositiones (possibili obiezioni);

• Quaestiones (problemi controversi che potevano darsi)

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Bartolo da Sassoferrato (1314-1357)

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• Bartolo da Sassoferrato ebbe grandissima fama in tutta Europa; con lui la Scuola del Commento raggiunse il suo apice assoluto.

• Bartolo sviluppò tratti innovatori già presenti in Cino da Pistoia (che gli fu maestro al tempo del suo insegnamento presso lo Studio perugino).

• Fu giudice a Todi e a Pisa.

• Fu abilissimo nell’usare il metodo dialettico per

scavare nella lettera della legge, allo scopo di

ricavarne la ratio più profonda e riposta.

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Bartolo affrontò, tra l’altro, le maggiori questioni giuspubblicistiche del tempo

• Il fondamento degli ordinamenti particolari e della loro potestas statuendi [VD. LEZIONE STATUTI]

• la cittadinanza e la distinzione tra statuto personale e statuto reale [VD. LEZIONE CITTADINANZA]

• la tirannide e la legittimità delle forme di governo

• la legittimità delle guerre e delle rappresaglie

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Il Tractatus de tyranno

• Fu scritto da Bartolo tra il 1355 ed il 1357 e suddiviso in 12 quaestiones, è una delle sue ultime opere e appartiene quindi al periodo della piena maturità.

• Segue i difficili anni che videro l’estendersi del potere dei Visconti su diverse città dello Stato della Chiesa (Bologna, Rimini, Fano, Pesaro).

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• Bartolo distinse una

• tirannide manifesta

, che poteva essere ex defectu tituli (come quando un Podestà o Signore prolungasse il suo mandato

oltre la scadenza prefissata, o quando la sua elezione fosse viziata da violenza), o ex parte exercitii (per il modo di esercizio del

potere, con abuso, interesse privato ecc.)

• e una

tirannide occulta

, esercitata sotto l’apparente rispetto delle forme costituzionali, che poteva a sua volta essere propter titulum (quando si violassero i limiti intrinseci alla carica) o

propter defectum tituli (quando si giungesse a controllare il governo da una carica priva di poteri)

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• Se il tiranno ex parte exercitii sarebbe potuto incorrrere in severe pene, come la deportazione, la perdita della dignità con la

dichiarazione d’infamia o anche la morte, il tiranno ex defectu tituli (che commetteva un crimine di lesa maestà prossimo al sacrilegio) era passibile direttamente della pena di morte, da infliggersi comunque dalla pubblica autorità e non a quolibet

homine, poiché si concepiva anzitutto il crimine del tiranno come lesivo dell’ordine sacro del mondo, prima ancora che dei diritti della particolare comunità. Ed era naturale, dunque, che spettasse all’autorità universale la punizione di questi gravi crimini.

• Quella esercitata nelle città era peraltro solo uno dei tipi possibili di tirannide, accanto ad altri, come quelli di tirannide esercitata nell’Impero (la più grave), nella provincia, nella domus (ad opera del paterfamilias). Si tratta, in ogni caso, come precisa Bartolo, di ambiti implicanti una giurisdizione o potestà di comando, per cui erano escluse dalla fattispecie di tirannide, ad esempio, le

vessazioni operate da semplici ufficiali comunali.

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De regimine civitatis

• Utilizza Aristotele, Tommaso, Egidio Romano, la Bibbia.

• Descrizione della tirannide come corruzione del regime monarchico e come una

conseguenza dell’instabilità di governi popolari troppo larghi.

• Il regime tirannico va rifiutato, perché non si confà alle città italiane, tradizionalmente

portate a reggersi su un equilibrio tra forze aristocratiche e popolari.

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• La giustificazione è individuata nell’esistenza di un grave stato di necessità, assimilato a quello previsto dalla Lex Rhodia de iactu, per cui il comandante di una nave poteva decidere di gettare a mare delle merci per salvare il carico residuo.

• Bartolo era comunque contrario alle concessioni vicariali volte a legittimare ex post poteri acquisiti e insiste sulla necessità di un intervento imperiale volto al ristabilimento dei regimi

repubblicani tradizionali, con esclusione di ogni forma di governo personale.

• Bartolo giustifica il fatto che in molte città italiane le autorità universali (Impero e Chiesa) avessero legittimato tiranni

investendoli della carica vicariale con la condizione di

momentanea debolezza dei supremi poteri, che consigliava per il bene pubblico di venire a patti con i tiranni, per legarli con

seppur tenui vincoli giuridici.

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La guerra

• Il tema della guerra è affrontato da Bartolo seguendo Tommaso d’Aquino

• Distingue tra guerra giusta e guerra ingiusta

• Individua tre condizioni necessarie a configurare la guerra giusta:

auctoritas superioris (ossia il consenso imperiale),

iusta causa (difesa, riparazione di un torto, tutela di diritti) recta intentio (sconfiggere il nemico ma limitare distruzioni, eccidi, crudeltà, vendette ecc.)

Il problema principale era come considerare la mancanza del consenso imperiale e la risposta fornita (non solo da Bartolo) era che, in tale

evenienza, si dovesse considerare lecita solo la guerra di difesa, in virtù del principio vim vi repellere licet.

• Bartolo riconnetteva la massima autorità alla figura dell’Imperatore, nella quale nutriva la speranza che potesse ristabilire ordine nella tormentata situazione italiana del tempo

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Baldo degli Ubaldi (1327-1400)

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Baldo degli Ubaldi

• Insegnò a Bologna, Perugia, Pisa e Firenze

• Si occupò nei suoi moltissimi consilia di problemi giuridici in ogni campo: diritto civile, canonico, commerciale, penale, feudale

• Tra le sue opere: De syndicatu officialium; De

significatione verborum; De pace Constantiae; De feudis; Summula respiciens facta mercatorum;

Commentaria in digestum vetus

• Teoria della legittimazione della potestas statuendi nello ius gentium (VD. LEZIONE STATUTI)

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L’Umanesimo giuridico

• Approccio storico-filologico al diritto

romano, ora studiato anche nelle parti in precedenza trascurate

• Critica ai metodi dei Glossatori e dei

Commentatori

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Lorenzo Valla (1405-1457)

• Nello scritto Elegantiae latinae linguae (1435- 1444) critica l’opera di Giustiniano e Triboniano per aver travisato il diritto romano classico

• Un’altra importantissima “revisione” filologica riguardò la famosa Donazione di Costantino, dimostrata falsa, anch’essa dalle evidenti ripercussioni politiche

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La Donazione di Costantino dimostrata falsa da Valla

• Valla dimostrò che il documento, datato 315, era un falso, perché scritto in un latino non in uso nel IV secolo, ma in tempi ben più

recenti e perché menziona Costantinopoli, non ancora esistente, e i feudi.

• La falsa donazione (scritta tra VIII e IX secolo) attribuiva al Papa la giurisdizione sulla città di Roma, sull'Italia e sull’Impero romano di Occidente, estese proprietà immobiliari, la superiorità su tutti i sacerdoti cristiani e addirittura sull’Imperatore.

• La falsa donazione era stata sin’allora considerata autentica e

inserita anche nel fondamentale Decretum di Graziano e usata dai Papi per affermare il loro potere temporale.

• L'opuscolo di Valla De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio poté essere pubblicato solo nel 1517 in

ambiente protestante; nel 1559 esso fu inserito nell’Indice dei libri proibiti.

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L'imperatore Costantino offre a papa Silvestro I la tiara imperiale, simbolo del potere temporale (affresco nell'Oratorio di San Silvestro a Roma, ispirato alla falsa donazione)

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Angelo Poliziano (1454-1494)

• Pose a confronto la lictera florentina (o pisana) e la lictera bononiensis (due diverse versioni manoscritte del Digesto)

mostrando come quest’ultima (studiata in tutte le università) presentasse, rispetto alla prima (ritenuta invece autentica), numerose inesattezze e divergenze.

• Pur se la pratica non poteva permettersi di prestare attenzione a queste acquisizioni (a rischio di ingenerare una pericolosa

confusione, in una tradizione ormai plurisecolare), esse contribuivano a minare l’auctoritas del diritto comune.

• Nel secolo successivo si giunse alla stampa delle Pandette nella versione della lictera florentina ad opera di Lelio Torelli (1553), sotto gli auspici di Cosimo de’ Medici.

• Poliziano rispetto ad altri umanisti è meno critico dei giuristi medievali, definiti “viri doctissimi” pur nati in un’età di

ignoranza.

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• La massima espressione dell’umanesimo giuridico si ebbe con il cosiddetto «triumvirato» Guillaume Budé, Andrea Alciato e Ulrich Zäsy (Zasius).

• Con essi il giudizio sui maggiori giuristi medievali si fa più moderato, ponderato e meno dissacratore.

• Il diritto romano è visto in modo “prospettico” (un po’ come gli ambienti e gli oggetti nella nuova arte pittorica): cioè esso non si considera più come un qualcosa di unitario, ma come la stratificazione di molti testi di epoche diverse, e dunque pullulante di antinomie, concezioni contraddittorie, norme

inconciliabili, su cui il giurista medievale, mosso da altri intenti e sorretto da una diversa fiducia, non aveva inteso soffermarsi.

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• Il nuovo indirizzo prende anche nome di mos gallicus (iura docendi), in contrapposizione al mos italicus, giacché, dopo gli inizi italiani, trova in Francia gli sviluppi più importanti, certamente anche per la presenza di una peculiare situazione politica.

• Fin dal Duecento infatti la Francia si riteneva indipendente dall’Impero e lì si reputava che l’applicazione del diritto romano avvenisse non ratione Imperii, ma imperio rationis.

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Andrea Alciato (1492-1550)

• Di grandissima erudizione fu sia professore che

avvocato, ricoprì importanti cariche pubbliche, fu scrittore di saggi storici oltre che giuridici.

• Reintegrò i passi greci trascurati dai giuristi medievali.

• Studiò il diritto pubblico antico.

• Corresse numerosissime interpretazioni errate date da Glossatori e Commentatori dovute alla loro ignoranza della storia antica e della organizzazione istituzionale romana.

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Tra le molte opere di Alciato:

• De verborum significatione libri quatuor, 1530

• Emblemata, 1531

• Parerga, 1538

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Il diritto comune in Europa

Il diritto romano giustinianeo ebbe diffusione in tutta Europa, sempre corredato, da metà

Duecento dall’apparato di glosse accursiano (Magna glossa).

Ebbero grande circolazione in Europa anche le opere dei maestri italiani della Scuola del

Commento.

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Francia

• Nei territori francesi due situazioni diverse:

• - Pays de droit écrit (nel sud, già Regni visigoto e burgundo, di tradizione romanistica simile ai territori italiani)

Già nella seconda metà del XII secolo il glossatore

Piacentino iniziò a insegnare diritto civile a Montpellier Importante fu la Scuola di Orléans

• - Pays de droit coutumier (nel nord, più influenzati dalle consuetudini germaniche)

• 1453: Ordonnance di Montil-les-Tours di Carlo VII impone di redigere per scritto le coutumes locali

• Questione delle fonti suppletive delle coutumes locali:

- per alcuni diritto romano (ma non ratione Imperii) - per altri coutumes generali della regione

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Germania

• Diritti consuetudinari germanici; nel Duecento sono redatti il Sachsenspiegel (Specchio dei Sassoni) e lo Schwabenspiegel (Specchio degli Svevi)

• Ecclesiastici e studenti (nelle università italiane) preparano una pre-recezione del diritto romano

• 1495: recezione ufficiale del diritto romano con l’istituzione a Francoforte del Tribunale Camerale dell’Impero da parte di Massimiliano I

• Esso giudicava «secondo il diritto comune imperiale, cioè secondo il diritto romano e secondo i diritti locali tedeschi quando questi fossero richiamati dalle parti»

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Inghilterra

• 1139: il glossatore Vacario iniziò a insegnare diritto romano a Oxford; scrive il Liber pauperum

• 1151: re Stefano I vietò lo studio del diritto romano, poi ribadito nel 1234 da Enrico III

Anche motivazione politica anti-imperiale

• Ma si hanno comunque trattazioni di diritto

consuetudinario inglese che utilizzano concetti e

termini romanistici, come quelle di Ranulph Ganvill e Henry Bracton del XII secolo

• Nuovo influsso del diritto romano si ha nel Settecento nell’opera di William Blackstone Commentaires on the Laws of England

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Spagna

• Fueros con normative locali, già nell’alto Medioevo, ma in specie tra XII e XIII secolo

• 1200: Alfonso VII istituisce l’università di Palencia, cui seguono quelle di Salamanca, Leòn e Valladolid

• Giuristi nelle magistrature regie favoriscono penetrazione del diritto romano ma rimane a suo fianco il particolarismo di cui erano espressione i fueros

• 1265: Leyes de las Siete Partidas di Alfonso X non trova applicazione perché troppo diversa dai fueros

• 1348: Ordenamiento de Alcalà di Alfonso XI pone la L.S.P.

come fonte sussidiaria rispetto al diritto regio e ai fueros

• Molto diffuse furono le opere dei maggiori commentatori italiani come Bartolo e Baldo

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Portogallo

• Foraes locali espressione di particolarismo giuridico

• 1298: re Dionigi crea l’Università di Lisbona

• 1446: Ordenaçones Alfonsinas di re Alfonso V il Saggio, raccolta legislativa in cinque libri, che utilizza anche fonti romane e canoniche

• Il diritto comune ha valore di fonte sussidiaria

• 1521: Ordenaçones Manuelinas di Manuel I

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