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Capitolo III I provvedimenti in materia di libertà nel processo minorile

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Capitolo III

I provvedimenti in materia di libertà nel

processo minorile

Sommario:3.1-Il sistema precedente alla adozione del D.P.R.488/1988. 3.2-Le modifiche introdotte dal D.P.R. 488/1988 3.3- I principi generali delle misure limitative della libertà personale nel D.P.R. 488/1988.

3.1 Il sistema precedente alla adozione del D.P.R. 488/1988.

A livello normativo la libertà personale nel processo minorile ha trovato poche indicazioni nell' R.D.L. 20 Luglio , 1934 , n. 1404 (“Istituzione e funzionamento del

tribunale per i minorenni).Tale atto si proponeva l ' obiettivo

di creare una magistratura ad hoc per i minori di età , ma non disponeva molte norme riguardo la applicazione delle misure cautelari e precautelari nel processo minorile. Le uniche indicazioni sono presenti all' art. 8 :

“Gli istituti di osservazione sono destinati ad accogliere ed ospitare in padiglioni o sezioni, distinti opportunamente, i minori degli anni 18 abbandonati, fermati per motivi di pubblica sicurezza, in stato di detenzione preventiva o,

comunque, in attesa di un provvedimento della autorità giudiziaria.

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Essi hanno lo scopo precipuo di fare l'esame della personalità del minore e segnalare le misure ed il trattamento rieducativo più idonei per assicurarne il riadattamento sociale.”

Tali istituti vennero quindi utilizzati anche nel caso di applicazione di misure cautelari.

Un ulteriore riferimento alla materia della libertà del minore è presente all' art. 26 il quale dispone la possibilità di applicare delle particolari misure limitative della libertà previste all ' art. 25 , articolo che apre la parte III dell' R.D.L. relativo alla competenza amministrativa. Tali misure di carattere amministrativo sono applicate nei confronti del minore :

“ se è in corso un procedimento penale a carico del minore ,

quando costui non può essere o non è assoggettato a detenzione preventiva e se il minore è stato prosciolto per difetto di capacità di intendere e volere , senza che sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva”.

Più precisamente l' art. 25 prevede due misure : 1)affidamento del minore al servizio sociale minorile

2)collocamento in una casa di rieducazione od in un istituto medico-psico-pedagogico.

Tali misure sono promosse dal P.M e sono adottate dal giudice competente nel caso in cui siano rispettati i requisiti richiesti dall' art. 26 quindi nel caso di procedimento penale pendente e mancata applicazione di misure cautelari o di misure di sicurezza nel caso di imputato prosciolto per

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incapacità di intendere e volere.

Per quanto riguarda la misura del collocamento in una casa di rieducazione si sono però presentate delle problematiche circa la sua attuale applicabilità. Il D.P.R. n. 616/1977 ha infatti disposto la chiusura delle case di rieducazione le quali sarebbero dovute essere sostituite da strutture analoghe disposte dagli enti territoriali, tale sostituzione in realtà non è mai stata compiuta quindi attualmente la disposizione resta inapplicabile.

La specialità della disciplina della libertà personale nel processo penale minorile è stata per la prima volta considerata con la sentenza n. 46 del 1978 della Corte Costituzionale , sentenza interpretativa che andava a chiarire il senso dell' art. 1 della legge n. 22/5/75 (c.d. Legge Reale).12

Il problema, rilevato dal Tribunale di Torino, era la mancata esclusione dei minori dal divieto di concessione della libertà provvisoria previsto all' art. 1 della legge.

Si lamentava quindi la parificazione di situazioni diverse non considerando i caratteri peculiari dei delitti minorili infatti secondo la Corte Costituzionale “il rigido automatismo di

un divieto che precludesse al giudice la possibilità di

1 Giannino P., Il processo penale minorile,Cedam, Verona, 1994,pg 91.

2La legge Reale rubricata “Disposizioni a tutela dell' ordine pubblico” , tutt 'oggi in vigore , venne promulgata a causa della emergenza terroristica diffusa in Italia negli anni '70. é stata una legge molto contestata in quanto consentiva alla polizia di sparare nel caso in cui ne ravvisasse la necessità , e sottoposta anche a referendum abrogativo nel ' 78.

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adottare differenziate valutazione in ordine alla adozione o meno di misure di carcerazione preventiva “risulterebbe in

contrasto con l ' intera normativa sui minori. In secondo luogo la Corte ritenne che il grande utilizzo nel processo penale minorile di istituti quali la sospensione della pena e il perdono giudiziale confermassero la tendenza a ritenere l ' istituzione carceraria come ultima ratio

considerando quindi necessarie le valutazioni individualizzate del giudice in base alle prospettive di recupero del giovane deviante. La Corte infine fa riferimento al dettato costituzionale affermando come l ' art.13 Cost. debba essere letto non solo in relazione all' art. 27 Cost. e l ' art .32 Cost. ma anche in relazione all' art.31 Cost. ultimo comma relativo alla protezione della gioventù.

La Consulta conclude la sentenza affermando la possibilità di evitare l ' incostituzionalità in quanto:

“ l ' art. 1 comma 1 della legge 152 del 1975 appare

suscettibile di una interpretazione che non escluda la applicazione della libertà provvisoria ai minori di 18 anni.”

La sentenza può essere considerata rilevante quindi sia in quanto stabilisce il principio di residualità del carcere il quale deve essere una eccezione preferendo la applicazione di altre strategie di recupero sia in quanto è affermato come sia sempre possibile la concessione della libertà provvisoria qualsiasi sia il tipo di reato commesso.

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3conferma la sentenza interpretativa di rigetto della Corte

Costituzionale tramite una pronuncia che ha introdotto nel nostro ordinamento una necessaria disciplina differenziata in tema di libertà personale tra imputati maggiorenni e minorenni alla luce del principio di specialità della disciplina della custodia cautelare nel processo minorile.4

Tali sentenze hanno segnato il punto di partenza per la creazione di una disciplina ad hoc in materia di libertà personale applicabile ai minori di età. Grazie a tali orientamenti infatti si è radicata l ' idea della decarcerizzazione come principio sul quale improntare la normativa dei provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minori.. Sulla base di tale principio infatti le misure cautelari acquistano un carattere prevalentemente non detentivo , devono essere preferite delle misure alternative capaci di non arrecare pregiudizi alle esigenze di educazione dei minori .Proprio negli anni '70 infatti si diffonde l ' ideologia della deistituzionalizzazione nei confronti della disciplina del processo penale minorile. Entrano in crisi i modelli istituzionali di reclusione del minore , gli istituti , i riformatori ,le case di rieducazione iniziano a perdere il loro fondamento perchè si comprende come siano potenzialmente lesivi per i minori in quanto luoghi di reclusione e di sradicamento dalla società civile quindi incapaci di poter avere una funzione di reinserimento e di educazione sul giovane. Chiaramente tale ideologia ha

3 Cass.Pen 6 marzo 1979.

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portato alla necessità di mutare la disciplina non solo della esecuzione penale ma anche della applicazione delle forme di limitazione della libertà personale preventive e cautelari, tale cambiamento avvenne con l ' emanazione di un vero e proprio corpo di legislazione speciale in materia introdotto con due leggi, la 397/1084 (“Modifiche all' arresto

obbligatorio e facoltativo in flagranza. Giudizio direttissimo davanti al pretore”) e la l. 398/1984.(Nuove norme relative alla diminuzione dei termini di carcerazione cautelare e alla concessione della libertà provvisoria”)5. Tali leggi sono

andate a modificare direttamente l ' allora codice di procedura penale del 1930 , creando le basi per una disciplina ad hoc per i minori di età.

Sono molte le modifiche apportate sopratutto dalla seconda delle leggi citate la quale all' art. 4 detta una disposizione di favore nei confronti dei minori :

“ I termini di custodia cautelare previsti dall'articolo 272 sono ridotti della meta' per i reati commessi da minori degli anni 18 e di due terzi per quelli commessi da minori degli anni 16".

è chiaro quindi l' intento di favorire i minori di età nella applicazione della custodia preventiva la quale deve avere una durata differenziata rispetto a quanto previsto per gli adulti proprio in nome della specialità e dei particolari bisogni della figura del minore.

Una ulteriore modifica del sistema è stata compiuta dall' art.

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9 sempre della legge 398/84 nel quale si dispone :

“Il pubblico ministero o il giudice, in ogni stato e grado del procedimento, e in deroga all'articolo 253, con decreto motivato, puo' disporre di non emettere l'ordine o il mandato di cattura, di revocare l'ordine o il mandato di cattura o di concedere la liberta' provvisoria quando si tratta di imputati minori degli anni diciotto al momento della commissione del fatto, ovvero quando ritiene che possa essere irrogata una pena che rientri nei limiti della sospensione condizionale o che non superi per durata la custodia cautelare gia' sofferta dall'imputato, ovvero che, tenuto anche conto della custodia cautelare gia' sofferta, sia interamente compresa in una causa di estinzione della pena. La liberta' provvisoria puo' inoltre essere concessa, all'atto della chiusura dell'istruttoria, quando l'ulteriore custodia in carcere risulta non proporzionata all'entita' del fatto e all'entita' della sanzione che si ritiene possa essere irrogata con la sentenza

di condanna, considerata la custodia cautelare gia' sofferta.”

Quindi grazie a tale innovazione la normativa della cattura obbligatoria6 nei confronti del minore cade infatti l ' Autorità

giudiziaria acquista la possibilità di emettere un decreto motivato non applicando il regime di cattura obbligatoria. Infine viene introdotto l ' art. 254 bis c.p.p. dall'art. 13 della

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legge 398/84 il quale prevede che al posto della custodia cautelare in carcere sia generalmente applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti dei minori di età e di altre tre categorie di soggetti considerati al pari dei minori soggetti meritevoli di tale trattamento diversificato quindi nel caso di imputato che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi , imputato di età superiore ai 65 anni e di imputato donna incinta o che allatta la propria prole.

L' arresto domiciliare diviene così la regolare misura da applicare mentre la carcerazione acquista la posizione di una extrema ratio infatti la regola prescrive che la misura degli arresti domiciliari possa essere applicata dal pubblico ministero o dal giudice qualora “ritenga che siano

salvaguardate le esigenze che hanno determinato l ' emissione del provvedimento”.L' unica eccezione che vieta

la possibilità di utilizzo degli arresti domiciliari è la presenza delle ragioni indicate nel secondo comma dell ' articolo 254c.p.p7il quale prevedeva:

“Il pericolo di fuga o il pericolo per l'acquisizione delle

pro-ve, desunto da elementi specifici nonché la pericolosità, desunta dalla personalità dell'imputato e dalle circostanze del fatto, in rapporto alle esigenze di tutela della collettività

“.

La legge 397/84 invece interviene sulla disciplina dell' arresto obbligatorio e facoltativo nel caso di flagranza e

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dispone una eccezione alla generale facoltatività della carcerazione preventiva nei confronti dei minori infatti l ' art. 1 (il quale sostituisce l ' art.235 del vecchio codice di procedura penale) impone l ' obbligo generale dell' arresto in flagranza per i reati puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo di cinque anni:

“Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica devono arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque ani o l'ergastolo”.

3.2 Le modifiche introdotte dal D.P.R. 488/1988.

Con l ' emanazione del D.P.R. 488/1988 si assiste ad una cura e attenzione maggiore che il legislatore offre per la regolamentazione delle limitazioni della libertà personale8

nei confronti dei minori di età. Tale atteggiamento è frutto dell' interesse mostrato progressivamente dalla giurisprudenza , da alcune leggi speciali9 e dalle

sollecitazioni compiute in sede internazionale 10 per il

particolare ruolo che il processo penale acquista nella vita dell' imputato minore ,un soggetto non sviluppato

8 Materia trattata nel Capo II della legge processuale penale minorile , artt 16-24. 9 Si fa riferimento alla sent. 20 aprile 1978 , n. 46-,la quale affermò la non

applicabilità ai minorenni della disciplina stabilita dalla L. 22 maggio 1975 n. 152 (la legge Reale) rendendo sempre concedibile la libertà provvisoria agli imputati minori oltre che alle leggi 397/1984 e 398/1984 le quali applicarono una disciplina più favorevole per i minorenni nei casi di arresto in flagranza. 10 Si vedano Le Regole minime per l ' amministrazione della giustizia minorile

(conosciute come Regole di Pechino)elaborate nel corso del VII Congresso Onu e approvate dalla Assemblea delle NU nel 1985.

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totalmente né sul piano fisico né sul piano psichico che necessita di particolari cure. Si comprende come l' azione penale debba garantire il difficile bilanciamento tra gli interessi e le particolari esigenze del soggetto minore e la pretesa punitiva richiesta dall' ordinamento, quindi deve “rappresentare una occasione di mobilitazione delle risorse

ambientali intorno al ragazzo che tramite la trasgressione ha espresso il proprio disagio , al fine di consentirne la destrutturazione “.11L ' intervento penale quindi : deve tendere ad utilizzare il controllo sociale istituzionale per rimettere in movimento il tessuto delle relazioni sociali significative , che sono necessarie al ragazzo per trovare motivazioni stabili all ' adattamento sociale. In questo quadro il ricorso alla coazione , al di là di possibili ed occasionali effetti positivi “..” può addirittura essere controproducente per la capacità di stabilizzare scelte negative attraverso la conferma della perdita di autostima e la sequela di insuccessi .”12

Il nuovo sistema penale minorile tende ad arginare l ' uso di coercizioni e di misure che possono limitare la libertà del minore ; proprio per evitare che il minore stesso sia danneggiato da tali misure si applica il principio di minima offensività del processo , riducendo al minimo gli interventi giudiziari in modo da impedire danni alla personalità e al reinserimento sociale del giovane imputato.

11 Palomba F. , Il sistema del processo penale minorile Giuffrè Editore , Milano,2002.

12 Palomba F. , Il sistema del nuovo processo penale minorile , Giuffrè Editore , 2002.

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La Relazione sulle disposizioni del processo penale a carico dei minorenni imputati 13 evidenzia un ampio interesse nei

confronti dei provvedimenti in materia di limitazione della libertà personale :

“L' argomento nel processo minorile acquista una complessità e una delicatezza ancora maggiori di quelle che già gli sono proprie , dovendosi tener conto , insieme con le esigenze di cautela processuale , della fragilità caratteriale propria del minore e della necessità di non causare dannose interruzioni del processo di evoluzione della personalità eventualmente in atto.”

La materia della limitazione della libertà personale è quindi un argomento generalmente spinoso , anche nella disciplina processuale ordinaria ma acquista più complessità se legata alla disciplina minorile questo a causa della maggiore fragilità e delle maggiori esigenze dei soggetti imputati. La Relazione inoltre impone ” una rigorosa distinzione -e la

sua percezione da parte del minore - fra misure cautelari e risposte sanzionatorie “ questo perchè l ' intervento penale

nei confronti del minore deve basarsi su una dimensione diversa da quella che mira alla minaccia della pena e alla custodia cautelare 14per preferire invece un sistema che

permetta la reintegrazione sociale e la corretta evoluzione della personalità del minore.

Il principio generale da applicare nella disciplina delle

13 G.U. Serie Generale n. 250 del 24-10-1988 Suppl. Ordinario n.93.

14 Palomba F., Il sistema del nuovo processo penale minorile , Giuffrè Editore , 2002.

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misure cautelari è quello ,già ribadito in più atti internazionali15 ,”della assoluta residualità del ricorso alla

carcerazione per fini processuali , con la conseguente previsione di misure cautelari diverse dalla custodia in carcere”.16

Il ricorso alla misura cautelare detentiva diviene quindi una extrema ratio da applicare solo in casi eccezionali, devono essere sempre preferite delle misure alternative , considerate meno invasive e quindi meno lesive della sfera dei diritti dell ' imputato minore di età questo in quanto “nel bilanciamento

tra interesse della collettività al recupero del minore e le pur pressanti esigenze di difesa sociale “il legislatore ha

voluto dare “preminenza al primo”.

3.3 I principi generali delle misure limitative della libertà personale nel D.P.R. 488/1988.

Nel codice del processo penale minorile17 si trovano espressi

inoltre altri principi generali che guidano l ' applicazione delle misure limitative della libertà personale18.

Il primo comma dell ' articolo 19 sancisce il principio di tassatività-tipicità delle misure cautelari :

“Nei confronti dell'imputato minorenne non possono essere

15 Le regole di Pechino affrontano la questione della custodia preventiva in carcere affermando il principio di residualità all' art.13,mentre le Regole minime delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati di libertà affrontano la questione all' art.1. In ambito europeo il principio di residualità è enunciato nella Raccomandazione n. 87/20 all ' art.7 e nella più recente Raccomandazione n. 2008/11 nella regola n.10.

16 G.U. Serie Generale n. 250 del 24-10-1988 Suppl. Ordinario n.93 17 D.P.R. 448/1988

18 I provvedimenti in materia di libertà personale sono disciplinati nel Capo II del codice del processo penale minorile.

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applicate misure cautelari personali diverse da quelle previste nel presente capo.”

La norma ricorda la corrispettiva disposizione prevista all' art. 272 c.p.p.19 anche se è caratterizzata da maggior rigore in

quanto circoscritta alle sole misure cautelari personali. Non possono quindi essere applicate all' imputato minore delle misure cautelari personali 20se non espressamente previste

nel c.p.p.m. , nemmeno quelle disciplinate nell' ordinario codice di procedura penale ; il legislatore con tale scelta ha sottolineato l' autonomia del processo penale minorile tramite l ' inapplicabilità di alcune misure coercitive al fine di tutelare il fragile soggetto imputato.21

A causa di tale riserva di legge non possono essere quindi applicate al minore le misure interdittive , misure cautelari personali previste dal c.p.p. ma non espressamente previste nella normativa processuale minorile, più precisamente non sono applicabili22:

1)La sospensione dell' esercizio della potestà genitoriale , prevista all' art. 288 c.p.p..

2)La sospensione dall' esercizio di un pubblico ufficio o servizio, disciplinata all' art. 289 c.p.p.

19 Il quale prevede che : “ Le Libertà della persona possono essere limitate con

misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo”.

20 L' articolo 19 comma 1 parla solo delle misure cautelari personali quindi il principio di tassatività non è estensibile al sequestro conservativo e preventivo essendo infatti misure cautelari reali.

21 Caraceni L. sub art. 19 c.p.p.m., in Giostra G.. , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore , Milano,2009, pg 196.

22 Sono di tale avviso F. Palomba., Il sistema del processo penale minorile , Giuffrè Editore ,Milano, 2002,pg. 289 ; E. Palermo Fabris- A. Persutti ,Trattato di diritto

di famiglia, Giuffrè ,Milano, 2002 , 391;G. Giostra . , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore , Milano,2009,196; P. Giannino , Il processo penale minorile ,

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3)Il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali , previsto all' art. 290 c.p.p. In tale caso si delinea però non solo una incompatibilità giuridica(causata dalla riserva di legge indicata all' art. 19 comma 1 )ma anche una incompatibilità di fatto in quanto si tratta di misure tecnicamente inapplicabili ai minori di età.23

Non sono inoltre utilizzabili in forza della sola incompatibilità giuridica , le misure personali coercitive definite nel cp.p. ma non presenti nella normativa minorile24 :

1)Divieto di espatrio disciplinato all ' art. 281 c.p.p.

2) Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria previsto all ' art. 282 c.p.p.

3) Allontanamento dalla casa familiare descritto all ' art.282bis c.p.p.

4)Divieto e obbligo di dimora indicato nell ' art. 283 c.p.p. 5) Arresti domiciliari disciplinati all ' art.284 c.p.p.

L ' unico punto di contatto tra la normativa ordinaria e quella minorile risulta essere la misura della custodia cautelare in carcere infatti le prescrizioni , la permanenza in casa ed il collocamento in comunità sono misure esclusive previste nel rito minorile.

23 Palomba F. , IL sistema del processo penale minorile , Giuffre Editore , 2002,pg.288.

24 In questo senso Palomba, F. , Il sistema del processo penale minorile , Giuffrè Editore , 2002 ,pg 288 ; Giostra G. , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore , Milano,2009 , pg. 196.

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Per quanto attiene alle misure cautelari reali invece vi è contrasto in dottrina circa la loro applicabilità per gli imputati minori. Tali misure sono disciplinate nel codice di procedura penale all ' art. 316 il quale prevede due misure , il sequestro conservativo ed il sequestro preventivo.

Secondo parte della dottrina25 per tali misure non opererebbe

il principio di tassatività previsto all ' art. 19 comma 1 del c.p.p.m. questo perchè esso menziona solo le misure cautelari personali quindi troverebbe applicazione il generale rinvio alle disposizioni del codice di procedura penale previsto all' art. 1 comma 1 del c.p.p.m26.

Contrariamente altra parte della dottrina 27non ritiene

possibile il ricorso alle misure cautelari reali a causa “della

sostanziale mancanza di autonomia patrimoniale del minore e di beni di proprietà che possono formarne l ' oggetto”.28

Il principio di tassatività e tipicità è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione nel 199029 in relazione all ' obbligo

di presentazione alla polizia giudiziaria ex art. 282 c.p.p. . La Corte ha disposto la non operatività di tale obbligo all '

25 Seguono tale impostazione Giostra G. , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore , Milano,2002 , pg.197 ; S. Giambruno ,Il processo penale minorile , Cedam , Padova,2003 . 76 ; E. Palermo Fabris- A. Persutti ,Trattato di diritto di

famiglia,Giuffrè Editore, Milano,, 2002 , pg.391.

26 È il c.d. principio di sussidiarietà enunciato dall ' art. 1 del c.p.p.m. : “Nel

procedimento a carico di minori si osservano le disposizioni del presente decreto e , per quanto da esse non previsto , quelle del codice di procedura penale. Tali disposizioni sono applicate in modo adeguato alle esigenze educative del minorenne”.

27 È di tale avviso S. Di Nuovo -G. Grasso Diritto e procedura penale minorile , Giuffrè Editore , 2005, 419.

28 F. Ruggieri in V. Musacchio ,Manuale di diritto minorile , Cedam , 2007 , 698. 29 Cass. , Sez. II 1990, Foro Italiano , II, c.609.

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interno del sistema minorile in quanto non previsto negli artt. 19-23 del D.P.R. 448/1988 i quali indicano le uniche misure limitative della libertà applicabili all ' imputato minore.

La giurisprudenza di legittimità inoltre ha avuto modo di chiarire la questione relativa alla applicabilità della riserva di legge nei confronti delle c.d. misure di prevenzione atipiche le quali non essendo assimilabili completamente alle misure cautelari personali , sfuggono alla incompatibilità. In particolare la Cassazione30 ha ritenuto non operante la

disposizione ex art. 19 comma 1 nel caso della prescrizione di presentarsi all ' ufficio o al comando di polizia in corrispondenza delle manifestazioni sportive prevista all' art. 6 comma 2 della legge n, 401 /1989 . Anche la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla applicabilità di tale articolo nei confronti dei minori di età .Il Tribunale rimettente infatti lamentava una violazione dell' art. 25 comma 131 della Costituzione in quanto a causa delle

“analogie esistenti tra la fattispecie in esame e la procedura di convalida dell ' arresto e del fermo del minore,la competenza a decidere dovrebbe spettare, anche nella fattispecie in esame, al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni. ”

Il Tribunale rimettente denunciava inoltre una violazione dell ' art. 31 comma 2 32della Costituzione in quanto con

30 Cass.Pen. Sez I , 21 febbraio 1996 n. 1165

31 Il quale stabilisce :” Nessuno può essere distolto dal giudice naturale

precostituito per legge.”

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“l'esclusione degli organi giudiziari che solitamente

esercitano funzioni nei confronti dei minori dal procedimento di convalida in questione risulterebbe illogico e pregiudizievole per gli interessi del minorenne. I minori implicati in episodi di violenza durante le competizioni agonistiche potrebbero, infatti, avere necessità di particolare attenzione da parte dei servizi sociali, ai fini di indagini sulla loro personalità che possono essere compiute adeguatamente dal tribunale per i minorenni, ma non dal giudice delle indagini preliminari presso la pretura circondariale, che non dispone di attribuzioni specifiche nei confronti dei minori. “

La Corte Costituzionale quindi con la sent. 143 /1996 risolse la questione stabilendo la operatività della norma anche in relazione ai minori sancendo però una parziale incostituzionalità. La Consulta affermò come effettivamente l' art. 6 della predetta legge dovesse essere considerato incostituzionale nella parte in cui prevedeva che la convalida del provvedimento adottato dal questore nei confronti del minore di età, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, spettasse al giudice per le indagini preliminari presso la pretura del circondario in cui ha sede l'ufficio di questura anzichè al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni competente per territorio.

Repubblica (..)protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

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Il legislatore successivamente modificò l ' art. 6 per renderlo conforme a Costituzione tramite la l. n. 377/2001 la quale aggiunse la competenza della magistratura minorile stabilendo al comma 3 dell ' art. 6 che la prescrizione “ sia

immediatamente comunicata al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni , se l ' interessato è minore di età “.

Problematico è stato però l ' ambito di operatività del principio di tassatività-tipicità il quale trova chiaramente applicazione per quanto attiene ai tipi di misure che possono essere applicate ai minori ma non altrettanto chiaramente in relazione ai presupposti per l ' applicabilità delle misure stesse. I presupposti per l 'applicazione delle misure sono individuati nel processo ordinario agli artt. 273, 274 , 275 c.p.p..33:

1)L' art. 273 c.p.p. impone la necessaria presenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del destinatario per la applicazione delle misure cautelari personali, si parla propriamente della sussistenza del fumus commissi delicti. Il comma 2 inoltre esclude la applicabilità di qualsiasi misura nel caso in cui sussista una causa di giustificazione34 , di non

33 Giannino P., Il processo penale minorile , Cedam , Padova,1994, pg.124. 34 Le cause di giustificazione sono indicate nel codice penale : consenso dell '

avente diritto ex art. 50 c.p. , esercizio di un diritto ex art 51 c.p. , adempimento di un dovere ex art. 51c.p. , legittima difesa ex art. 52 c.p., uso legittimo di armi ex art. 53 c.p. , stato di necessità ex art. 54 c.p..

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punibilità35 o di estinzione del reato o della pena.36

2)L' articolo 274 c.p.p. indica le esigenze cautelari necessarie per la applicazione delle misure stesse , quindi richiede il c.d. periculum libertatis. Sono delineate tre ipotesi :

Il rischio di inquinamento delle prove , purchè sussista un pericolo concreto e attuale , ipotesi disposta nel comma 1 dell ' art. 274 c.p.p.

Il comma 2 dell ' art. 274 c.p.p. invece descrive il caso in cui l ' imputato si sia dato alla fuga o vi sia un pericolo concreto della sua fuga purchè il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione. Infine il comma 3 dell ' art. 274 c.p.p. riguarda il rischio della reiterazione del reato, cioè il concreto pericolo che il soggetto indagato commetta:

- gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale,

-delitti di criminalità organizzata,

- delitti della stessa specie di quello per il quale si procede. 3) L ' art. 275 c.p.p. descrive invece i criteri di scelta che il giudice deve seguire per la applicazione delle misure cautelari le quali devono essere idonee in relazione alla

35 Le cause di non punibilità sono disciplinate nel codice penale : Forza maggiore e caso fortuito ex art 45 c.p. , costringimento fisico ex art. 46 c.p. , errore di fatto ex art. 47 c.p. , errore determinato dall ' altrui inganno ex art. 48 c.p. , reato supposto erroneamente e reato impossibile ex art. 49 c.p..

36 Tali cause sono disciplinate sempre nel codice penale, tra le cause di estinzione del reato vi sono: la remissione delle querela ex art. 152 c.p. , la amnistia ex art. 151 c.p.

Mentre tra le cause di estinzione della pena si indica la prescrizione ex art 157 c.p..

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natura e al grado delle esigenze cautelari oltre che proporzionali al fatto o alla sanzione che sia o che si ritenga essere irrogata ed infine adeguate quindi la applicazione della custodia cautelare in carcere avviene solamente nel caso in cui tutte le altre misure siano inadeguate.

Il problema è stato causato dal fatto che il codice del processo minorile indica soltanto due richiami espliciti ai presupposti generali di applicazione delle misure previste al codice di procedura penale:

1)L' art. 19 c. 2 c.p.p.m. “Nel disporre le misure il giudice

tiene conto, oltre che dei criteri indicati nell'articolo 275 del codice di procedura penale, dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto “.

2)L' art. 23 c.p.p.m. che disciplina la sola custodia cautelare

in carcere ed impone per la sua applicazione la sussistenza delle esigenze cautelari previste all ' art. 274 c.p.p..

Il problema rilevato era quindi quello di capire se il principio di tipicità-tassatività potesse trovare applicazione anche in ordine ai presupposti di applicazione delle misure cautelari visti gli scarni richiami alla disciplina del processo ordinario. Infatti l ' omissione di presupposti e condizioni generali di applicabilità aveva indotto una dottrina minoritaria ad interpretare la disciplina cautelare minorile come strumento di recupero e di rieducazione del minore , in tal modo le misure cautelari sarebbero potute essere applicate prescindendo dall' accertamento delle esigenze previste all '

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art. 274 c.p.p. e dalla presenza del fumus commissi delicti.37

La Corte Costituzionale ha in realtà ravvisato dei profili di incostituzionalità per tale interpretazione minoritaria questo perchè le misure coercitive “ pur se peculiari quanto a

caratteristiche e a modalità attuative , mantengono inalterata la loro esclusiva funzione cautelare , restando quindi del tutto estranea al tema la possibilità di un loro impiego con finalità di sostegno per il minorenne , che l ' ordinamento ha invece espressamente riservato all ' intervento di specifici organi amministrativi”38.

Quindi le garanzie del processo ordinario comprese le prescrizioni previste per la applicazione delle misure cautelari , si applicano anche al processo penale minorile il quale “può prevedere qualcosa di più , di meno , o di

diverso , in considerazione delle esigenze educative del minorenne ma non in termini di garanzie “, altrimenti , “ci si esporrebbe a censure di illegittimità costituzionale per disparità di trattamento e violazione del diritto di difesa”.39

La Corte Costituzionale pone l ' accento sulle esigenze educative le quali sono appunto indicate come esigenze suppletive a quelle previste nel codice ordinario è infatti stato osservato come il richiamo previsto all' art. 19 comma 2 c.p.p.m. nei confronti del solo art. 275 c.p.p. non sia

37 Caraceni L. sub art. 19 , in Giostra G. , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore ,Milano, 2009.

38 Corte Costituzionale sent. 4/1992.

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mirato ad escludere l ' applicabilità degli artt. 273 e 274 c.p.p. ma tenda a puntualizzare il fatto che nel sistema cautelare minorile accanto ai criteri ordinari previsti all ' art. 275 c.p.p. occorra utilizzare il criterio specifico della esigenza di non interrompere i processi educativi in atto. 40

Si rendenecessaria quindi una puntualizzazione circa il concetto di esigenze educative e processi educativi in atto : L' art. 19 comma 2 c.p.p.m. parla precisamente di “processi

educativi in atto” tale definizione è stata oggetto di una

accurata analisi interpretativa in dottrina volta a chiarire il senso della espressione. Il processo educativo in atto si esplica nell ' insieme delle varie situazioni evolutive , non occasionali che contribuiscono a formare la personalità del minore . Tali situazioni devono essere preesistenti , serie , reali non riguardano ogni relazione interpersonale del minore ma solamente quelle che che creano benefici per il minore , una attività lavorativa, un apprendistato oppure una proficua attività scolastica o parascolastica . Tali attività devono quindi essere produttive per il minore, lo devono arricchire , devono essere tanto utili per la sua crescita che esso sarebbe gravemente compromesso nel caso della loro interruzione. Tale interpretazione trova conferma nella giurisprudenza della Cassazione41 la quale infatti ha ritenuto

legittima l' adozione di una misura cautelare nei confronti di un indagato minorenne il quale frequentava la scuola ma senza profitto ed interesse quindi non poteva essere ravvisata

40 Giannino P. ,Il processo penale minorile , Cedam,,Padova , 1994, pg. 124. 41 Cass. Sez. II , 7 aprile 2006 , num. 17082.

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l' ipotesi di un processo educativo in atto.

La continuità educativa opera nel quadro delle misure cautelari minorili come criterio di scelta delle misure e non come presupposto per la loro applicazione quindi il giudice deve considerare le ragioni educative per orientare la sua decisione circa la misura più idonea da adottare.

Ciò non significa che il processo penale e le misure cautelari emanate debbano avere una finalità educativa ma soltanto che si debba tener conto della condizione minorile. 42

Il tenore letterale della norma però non è chiaro nel caso in cui si realizzi un contrasto tra le esigenze cautelari di cui all' art 275 c.p.p. e l ' esigenza educativa quindi nel caso in cui la misura cautelare che dovrebbe essere applicata in ordine ai criteri definiti nell ' art. 275 c.p.p. interrompa i processi educativi in atto.

Parte della dottrina 43ritiene che in caso di conflitto tra le

esigenze debba prevalere l ' esigenza della continuità educativa la quale diverrebbe quindi limite impeditivo della applicazione delle misure cautelari.

Scrive infatti Giannino44 :

L' art. 19 comma 2 invece deve essere letto nel senso che quando esigenza cautelare ed esigenza educativa si pongono in rapporto di alternatività, deve prevalere , di

42 Come appunto affermato dalla Corte Cost. nella sent. 4/1992.

43 Seguono tale interpretazione Palomba F, Il sistema del nuovo processo penale

minorile,Giuffrè , 2002 e Giannino, P. IL processo penale minorile , Cedam ,

1994,pg 79.

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massima , l ' esigenza educativa. Tale il senso dell ' espressione “esigenza di non interrompere i processi educativi in atto “ ed allora “..” se è in atto un processo educativo che investe la scuola , le agenzie di socializzazione , l apprendimento lavorativo , il giudice anche sussistendo gravi ed inderogabili esigenze cautelari , non può in alcun modo non tenerne di conto e adeguare la misura da prendere a tale momento significante e di crescita del minore”.

Per altra parte della dottrina invece l ' esigenza della non interruzione dei processi educativi in atto non rappresenterebbe un limite alla applicazione delle misure cautelari quanto al massimo un semplice criterio guida che il giudice può utilizzare. Tale impostazione è avvalorata anche dal fatto che nella prassi sia difficile ipotizzare situazioni nelle quali nessuna misura sia di possibile applicazione in considerazione delle varie esigenze prospettate , basti pensare alle prescrizioni che ci caratterizzano proprio per il loro minimo contenuto coercitivo.45

Il principio di tassatività-tipicità opera quindi nei confronti dei tipi di misure cautelari che possono essere applicate ai minori ma non opera integralmente per quanto attiene i presupposti , i criteri di scelta e le esigenze cautelari necessarie. Per tale motivo molti dei principi utilizzati nella materia cautelare minorile sono rinvenibili nelle disposizioni

45 Sostiene tale impostazione Giostra G. , Il processo penale minorile , Giuffrè Editore , Milano,2009, pg.300.

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del processo cautelare ordinario, è questo il caso dell'articolo 19 c.p.p.m. il quale tramite il rinvio compiuto nei confronti dell ' art. 275 cpp, impone il rispetto dei principi ivi definiti. Il richiamo compiuto esclude esplicitamente l ' utilizzo del comma 3 dell ' art. 275 c.p.p. secondo periodo 46 il quale

prevede una automatica applicazione della custodia cautelare in carcere nel caso di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione al compimento di alcune particolari fattispecie delittuose.47 Tale esclusione sottolinea

quindi la maggiore discrezionalità che l' Autorità giudiziaria possiede nel processo minorile , essa non è vincolata da rigidi automatismi ma è libera di scegliere la misura cautelare più adeguata alle esigenze del soggetto imputato anche in presenza di reati gravi.

Tale libertà è espressione del principio di facoltatività operante nel sistema penale minorile secondo il quale , indipendentemente dal reato compiuto dal minore, sia l ' arresto che il fermo non sono mai misure obbligatorie per la polizia giudiziaria la quale infatti -può- ma non deve necessariamente applicarle. La obbligatorietà e l ' automatismo sono inoltre assenti nelle disposizioni che riguardano le misure cautelari le quali sottostanno quindi allo stesso principio di facoltatività.48.

Tale principio rappresenta la applicazione dell'articolo 3 lett

46 Periodo aggiunto dall'art. 5, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

47 Si fa riferimento alle ipotesi delittuose previste agli artt.51, commi bis e 3-quater, nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, e 600-quinquies del codice penale 609 bis. 609 quater, 609 octies del codice penale.

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h) della legge 16 febbraio 1987 n.81 contenente la delega al Governo per la emanazione del codice di procedura penale , il quale conteneva uno dei criteri che il Governo avrebbe dovuto seguire nella creazione del processo penale minorile :

“Esercizio facoltativo del potere di arresto in flagranza e di fermo solo per gravi delitti; facoltatività di misure cautelari personali (..)”

Tale criterio è stato considerato profondamente innovativo in quanto precedentemente alla entrata in vigore del nuovo codice erano ancora previsti dei casi di arresto in flagranza obbligatori .49

Il rinvio compiuto dall'articolo 19 c.p.p.m. opera però nei confronti degli altri commi dell' art. 275 cp.p. , in particolare si applica al processo penale minorile il comma 1 dell' art. 275 c.p.p. il quale è espressione del principio di adeguatezza :

“Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto “

Il giudice sarà tenuto a scegliere tra le misure da applicare quella che risulti meno gravosa per il soggetto imputato in relazione alle esigenze presenti.

49 Era l ' articolo 1 della legge 397/84 che modificando l ' articolo 235 del vecchio codice di procedura penale indicava i casi di arresto in flagranza obbligatori.

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Il principio di adeguatezza è espresso anche nel successivo comma 1 bis introdotto dalla l. 128/2001 il quale descrive il modo in cui il giudice debba condurre l ' esame delle esigenze cautelari contestualmente ad una sentenza di condanna :

“L' esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti “

Sempre in relazione al principio di adeguatezza vi sono dubbi sulla applicabilità del comma 2 ter (sempre introdotto dalla l. 128/2001) questo perchè è disposta nei casi di condanna in appello una applicazione automatica delle misure cautelari personali le quali:

“Sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole “.

Il rigido automatismo previsto mal si concilierebbe con il principio di generale facoltatività delle misure cautelari minorili50 il quale trova applicazione a causa delle particolari

esigenze del soggetto imputato e comporta la eliminazione

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dell' obbligo da parte del giudice di applicare automaticamente delle misure limitative della libertà personale del minore.

Altro principio enunciato nell' art. 275 c.p.p. è il principio di proporzionalità formulato nel comma 2 :

“Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata”.

Tale principio appare rafforzato inoltre dal comma 2bis , introdotto con la l. 332/92 , il quale vieta la possibilità di ricorrere alle misure della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari nel caso in cui il giudice ritenga possibile la concessione della sospensione condizionale della pena.

Tale comma ha sollevato discussioni in dottrina e in giurisprudenza circa il suo ambito di applicabilità soprattutto nella parte in cui fa riferimento agli arresti domiciliari.

Gli arresti domiciliari51 sono applicabili come misura

cautelare nel processo ordinario ma non trovano una perfetta corrispondenza nel processo minorile nel quale infatti è prevista la misura della permanenza in casa che si differenzia dagli arresti domiciliari in quanto in primo luogo non prevede una denuncia di evasione nel caso della sua

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violazione e in secondo luogo affianca alla funzione di controllo la funzione educativa richiamata generalmente all' art. 19 comma 1 c.p.p.m. e specificatamente all'art. 21 c.p.p.m.

Il contrasto sorto riguardava la scelta della interpretazione dell'art. 275 comma 2 bis in relazione al processo penale minorile. Da un lato vi era la possibilità di utilizzare un tipo di interpretazione estensiva52 applicando il divieto imposto

non solo al caso della custodia cautelare ma anche alle ipotesi interdittive previste agli artt. 21 e 22 c.p.p.m. Quindi alle ipotesi del collocamento in comunità e della permanenza in casa , dall' altro lato vi era la possibilità invece di utilizzare una interpretazione restrittiva53 quindi limitando l '

applicazione dell ' art. 275 comma 2 bis alla sola custodia cautelare in carcere.

L ' interpretazione estensiva e più garantista si fondava sull 'assunto del carattere rilevante e decisivo delle misure cautelari previste agli artt. 21 e 22 c.p.p.m. le quali quindi non sarebbero state diverse al livello di limitazione della libertà personale rispetto alla misura custodiale carceraria. L ' interpretazione più restrittiva invece si basava sulla diversa struttura delle misure cautelari minorili rispetto alla misura degli arresti domiciliari sopratutto in ordine alla

52 Tale interpretazione è stata seguita dalla Corte di Cassazione si veda Cass. Pen , sez, II, sent. 35330, 12 Giugno 2007 e dalla dottrina Cesari C. , Le limitazioni

alla libertà personale del minore imputato , Giuffrè,Milano, 2012, pg. 129.

53 Tale interpretazione trova riscontro in Cass. Pen . , sez. IV, 5 luglio 1999, Cass . Pen. Sez IV, 27 marzo 2003 e in Cass. , pen ., sez. IV , sent. 22 febbraio 2007 . In dottrina invece è stata seguita da Giostra G. , Il processo penale minorile , Giuffrè ,Milano, 2009 ,pg. 205.

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finalità perseguita , coerente alle linee educative e assistenziali che il nostro ordinamento persegue nei confronti dei minorenni.

La questione è stata risolta dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione nel 201254 la quale dopo aver

analizzato i due orientamenti presenti in giurisprudenza e in dottrina ha affermato come sia preferibile seguire l ' impostazione più garantista in quanto

“La misura cautelare personale della permanenza in casa , come del collocamento in comunità presentano un rilevante e decisivo carattere o contenuto della limitazione della libertà personale del minore , tale da giustificare di per sé un trattamento comune alle altre misure custodiali “.

Inoltre nel nostro ordinamento è presente il principio di residualità che impone la custodia cautelare come extrema ratio quindi privare il minore di una tutela prevista nel codice ordinario per i maggiorenni non sarebbe comprensibile.

L' ultimo principio espresso nell ' art. 275 c.p.p. e operante nel sistema cautelare minorile è il principio di gradualità enunciato nel comma 3 :

“La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata “

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In forza di tale principio si prevede che la custodia cautelare sia la misura estrema che viene applicata solo quando le altre misure siano risultate inidonee. Esiste infatti una ideale gerarchia tra le misure cautelari le quali sono ordinate in termini di progressiva afflittività quindi qualora il giudice applichi una misura ed essa sia violata verrà applicata la misura successiva e quindi più restrittiva.

In relazione al principio di gradualità si pone il successivo art. 275 bis c.p.p. il quale è stato introdotto dalla legge 19 gennaio 2001 n. 4 ( la quale ha convertito il d.l. 24 novembre 2000 n. 341 recante Disposizioni urgenti per l ' efficacia e l '

efficienza dell ' Amministrazione della giustizia ) . Tale

norma prevede la possibilità di utilizzare procedure di

controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici

al fine di poter applicare gli arresti domiciliari al posto della custodia cautelare.

Sostanzialmente si richiede al soggetto il consenso di poter essere controllato tramite l ' utilizzo del braccialetto elettronico e nel caso di mancanza di tale consenso si provvede alla applicazione della misura detentiva , la finalità della norma è quella di circoscrivere l ' uso della misura custodiale per favorire forme meno severe di limitazione della libertà personale .

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applicabilità55 nel sistema minorile questo poichè l ' articolo

275 bis c.p.p. contiene il riferimento espresso agli arresti domiciliari i quali non sono indicati fra le misure cautelari previste nel c.p.p.m. ; inoltre desta perplessità l ' automatismo previsto nel caso in cui il soggetto neghi il proprio consenso all ' uso del braccialetto elettronico o nel caso dell ' allontanamento dal luogo degli arresti , ipotesi che conducono alla applicazione della custodia cautelare. Nel sistema minorile un tale automatismo viene escluso a priori a causa dell ' operatività del principio di facoltatività e del principio di gradualità che prevede un sistema scalare secondo il quale la misura detentiva viene applicata solo in ultima istanza.

Un' altro aspetto che crea perplessità è quello relativo al consenso che deve essere prestato infatti esso postula una maturità troppo ampia per poter essere richiesta dal minore il quale dovrebbe rendere una dichiarazione senza l ' ausilio del genitore o dell ' esercente potestà nei confronti dell ' ufficiale o dell' agente incaricato di eseguire la misura non applicando così l ' art. 12 c.p.p.m. il quale prescrive una costante assistenza affettiva e gli artt. 7 e 11 c.p.p.m. che impongono una costante assistenza processuale.

In realtà la misura degli arresti domiciliari è strutturalmente

55 Ritiene non applicabile l ' art. 275 bis cp.p. E. Palermo Fabris,- A. Presutti ,

Trattato di diritto di famiglia ,Giuffrè , Milano,2002. 409 : “Ammettere l ' uso del controllo elettronico al fine di circoscrivere il ricorso alla custodia cautelare potrebbe, in realtà , schiudere al giudice possibilità applicative più rigide delle cautele riservate al minore ed appartenenti al genus degli arresti domiciliari compromettendo , in sostanza , il canone della facoltatività , e mortificando lo specifico criterio di scelta attestato sulla esigenza di non interrompere i processi educativi in atto”.

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simile alle misure “minorili” quali la permanenza in casa ed il collocamento in comunità56 inoltre il c.p.p.m. non

contiene norme tese ad escludere controlli ulteriori da parte del giudice durante la applicazione delle misure cautelari quindi il braccialetto elettronico potrebbe rappresentare un mezzo ulteriore di controllo imposto dal giudice57.

L ' applicazione di tale misure solo nel processo ordinario concorrerebbe inoltre a creare una disparità di trattamento tra gli imputati minorenni e maggiorenni , suscettibile di incostituzionalità questo in quanto l ' art. 275 bis c.p.p delinea un meccanismo di favore nei confronti degli adulti disciplinando una alternativa alla custodia cautelare.

Come è possibile capire è difficile trovare un bilanciamento tra i vari interessi , sicuramente è auspicabile un intervento del legislatore che renda possibile superare le attuali lacune .

56 Tale tesi è sostenuta dalla Cass.Pen., sez. II, ud . 29 novembre 2012, n.2151 e dalla dottrina che riconduce le due misure al genus degli arresti domiciliari , in questo senso P. Giannino ,Il processo penale minorile ,Cedam ,Padova, 1994,pg 126. ; F. Palomba , Il sistema del processo penale minorile ,Giuffre Editore , Milano,2002 pg. 311.

57 Come nota L. Caraceni , sub art. 19 in G. Giostra ,Il processo penale

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