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Capitolo II Il ricorso incidentale: rilievi Dottrinali e Giurisprudenziali

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Capitolo II

Il ricorso incidentale: rilievi Dottrinali e Giurisprudenziali

2.1 Sulla natura del ricorso incidentale e sulla rilevabilità d'ufficio

delle eccezioni

37

.

Nell'affrontare una controversia inerente ad una convenzione urbanistica la pronuncia in esame si segnala per una interessante applicazione delle più recenti acquisizioni dottrinali in tema di ricorso incidentale ed insieme, al cospetto di un processo amministrativo che pare avviato ad una svolta sistematica o, comunque, ad un inedito assetto « codicistico », quale stimolante occasione per riflettere sull'ambito dei poteri del giudice amministrativo. Afferma infatti che questo strumento sostanzia una modalità processuale particolarmente indeterminata, propria solo del giudizio amministrativo, attraverso la quale è possibile introdurre una domanda riconvenzionale di profilo difensivo idonea a mitigare l'esito sfavorevole al convenuto. In tal modo essa aderisce a quell'indicazione dottrinale che vede nel ricorso incidentale non un mezzo di difesa in senso proprio, ma un modo per introdurre in giudizio una delle due tipologie difensive di base, l'eccezione e la domanda riconvenzionale, ed utilizzabile ora per l'una ora per l'altra, ora per entrambe. La sentenza, inoltre, induce ad interrogarsi sulla portata delle eccezioni nel processo amministrativo ed in particolare sul potere del giudice di rilevare d'ufficio un fatto non allegato dalla parte ma comunque emergente dagli atti di causa.

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2.1.1 Processo amministrativo e strumenti di difesa: la questione

esaminata dalla sentenza.

La controversia che ha dato luogo alla sentenza de qua38 concerne una fattispecie rientrante nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, riguardando essa una convenzione urbanistica annessa ad un piano di lottizzazione in forza della quale la convenuta avrebbe dovuto cedere in proprietà gratuitamente alla mano pubblica una serie di aree destinate a strade, marciapiedi e standards. E tuttavia, come affermato dal ricorrente medesimo, alcune aree riservate a verde pubblico e facenti parte dell'oggetto inerente al richiamato trasferimento di proprietà, a dispetto della destinazione concordata, erano state utilizzate per insediamenti residenziali. Si trattava, dunque, di accertare l'inadempimento degli obblighi che sarebbero stati strumentali rispetto all'esecuzione del rapporto.

Proprio in ordine a tale aspetto è dato ravvisare la peculiarità della pronuncia, ove si ponga mente all'affermazione in essa contenuta secondo cui « se la convenuta si fosse costituita, la stessa avrebbe potuto anche veicolare una eccezione atecnica o impropria che riguardasse l'intervenuta variazione unilaterale di destinazione urbanistica (da verde ad edificabile) e ciò solo tramite ricorso incidentale e, in carenza di ciò stesso, con conclusione di inammissibilità della stessa eccezione. Invero si sarebbe trattato di introdurre con modalità processuali particolarmente indeterminate e solo proprie del giudizio amministrativo, una sostanziale domanda riconvenzionale di profilo difensivo.

Come è noto, il concetto di eccezione si inquadra in ogni caso nell'ambito di quell'attività difensiva del convenuto che, sia pure intesa a domandare il rigetto della pretesa attorea, resta circoscritta nei limiti di quest'ultima. Di vero e proprio ampliamento del thema decidendum e, dunque, di esercizio dell'azione, si parla comunemente con riguardo alla proposizione, da parte del

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convenuto medesimo, di una domanda riconvenzionale attraverso la quale si sollecita non un mero rigetto dell'istanza attorea ma un allargamento dell'oggetto del giudizio. Se quindi, l'eccezione rappresenta, in tale sua veste, uno strumento che, quantunque nei limiti indicati, vale ad allargare l'oggetto della cognizione, essa pone, con riguardo al processo amministrativo, ulteriori problemi interpretativi inerenti, appunto, alle modalità con cui è possibile, in siffatto giudizio, ampliare il thema decidendum.

Tradizionalmente si ritiene che il giudizio amministrativo di legittimità sia governato dal principio di unilateralità dell'azione, in forza del quale la definizione del thema decidendum è demandata in via esclusiva al ricorrente ed è ancorata ai motivi di ricorso dedotti in relazione all'atto impugnato. A tale stregua, è opinione consolidata che l'ampliamento dell'oggetto di siffatto giudizio possa avvenire solo attraverso il ricorso incidentale, reputato quale strumento di difesa attiva idoneo a permettere l'introduzione di un ulteriore profilo di cognizione. Ed appunto in questa sua conformazione esso è stato accostato, sulla scia degli schemi classici elaborati dalla dottrina processualcivilistica, ora all'eccezione39 ora alla domanda riconvenzionale40. Invertendo la tendenza, ancora perdurante, volta a ricondurre siffatto istituto

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Tar Lombardia, Sede distaccata di Brescia, Sez. II, 2010.

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In quest'ottica, accanto a chi fa riferimento alle eccezioni in senso proprio intese quali eccezioni aventi una mera finalità difensiva della posizione del controinteressato volta alla conservazione del risultato dell'atto (M. DI RENZO, L'eccezione nel processo amministrativo, Milano, 1960, 93 ss.; M. NIGRO, L'appello nel processo

amministrativo, Milano, 1960, 369 ss.; F. BENVENUTI, Contraddittorio (diritto amministrativo), in Enc. Dir.,

IX, Milano, 1961, 738; G. VACIRCA, Appunti per una nuova disciplina dei ricorsi incidentali nel processo

amministrativo, in Dir. proc. amm., 1986, 62) vi è chi configura il ricorso incidentale quale strumento

finalizzato ad introdurre nel giudizio in via di azione, anche se accessoria, ciò che in sostanza è un'eccezione (V. CAIANIELLO, Lineamenti del processo amministrativo, Torino, 1979, 402). Per una completa ricostruzione del dibattito e le ampie indicazioni bibliografiche, cfr., da ultimo, G. TROPEA, Il ricorso incidentale nel processo

amministrativo, Napoli, 2007, 267 ss.. Configura il ricorso incidentale quale eccezione l'Adunanza Plenaria del

Consiglio di Stato laddove ha di recente affermato che « il ricorso incidentale - rivolto avverso il medesimo provvedimento impugnato in via principale - [...] costituisce una eccezione in senso tecnico, la cui fondatezza preclude l'accoglimento del ricorso principale (senza comportare l'annullamento in parte qua dell'atto impugnato e conseguenze su soggetti non intimati in giudizio) » (Cons. St., Ad. Plen., 10 novembre 2008 n. 11, in Dir. proc. amm., 2009, 1, 146 ss).

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Il ricorso incidentale, a tale stregua, si qualifica come strumento defensionale idoneo ad introdurre una domanda in contrasto con quella proposta dall'attore principale e dipendente dal titolo dedotto in giudizio. Si tratta, come noto, di configurazione problematica attesa la diversità sostanziale dei due istituti. Cfr., sul punto, A. DI GIOVANNI, La domanda riconvenzionale nel processo amministrativo, Padova, 2004, 124 ss.

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entro il binario delle due41 indicate tipologie difensive42, la decisione in commento si apprezza per il tentativo di superare i rilievi critici connessi alle difficoltà di inquadramento dello stesso nell'una ovvero nell'altra categoria processuale43. Come accennato, infatti, essa qualifica la facoltà della parte convenuta di paralizzare la domanda contro la stessa azionata quale

«eccezione atecnica o impropria» ossia alla stregua di una «sostanziale domanda riconvenzionale di profilo difensivo» attraverso cui essa avrebbe potuto temperare un eventuale risultato negativo derivante dall'accoglimento dell'istanza attorea. Individua così uno strumento defensionale che ritiene azionabile soltanto attraverso il ricorso incidentale, concepito quale unico mezzo idoneo ad «introdurre con modalità processuali particolarmente indeterminate e solo proprie del giudizio amministrativo » una domanda siffatta.

Con tali affermazioni, la decisione sembra voler aderire a quell'orientamento dottrinale che, pur riconoscendo al ricorso incidentale carattere impugnatorio, nega che tale aspetto valga a caratterizzare in senso proprio la disciplina dell'istituto il quale, nella detta prospettiva, sfugge ad un compiuto inquadramento nella articolata sistematica delle modalità difensive elaborata in relazione al processo civile. Nondimeno, la difficoltà di una meccanica

41Evidentemente, la riconduzione all'una o all'altra categoria processuale non è priva di conseguenze sul piano

applicativo, efficacemente sintetizzate da R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio

amministrativo di primo grado (con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali), in Dir. proc. amm., 2009, 2, 291. Si prescinde dalle altre due tecniche di difesa del convenuto, l'accertamento negativo e

l'eccezione riconvenzionale in ragione del carattere secondario e, comunque, della incerta valenza dogmatica ed autonomia concettuale. In ordine, tuttavia, alla riconducibilità all'eccezione riconvenzionale cfr. tuttavia, LA VALLE F., L'impugnazione incidentale del provvedimento amministrativo, in Riv. dir. proc., 1968, 544 ss., e di recente, le considerazioni di R. VILLATA, Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo

di primo grado (con particolare riguardo alle impugnative delle gare contrattuali), cit., 303. 42

In ordine alla riconducibilità dell'istituto alla figura dell'eccezione, occorre, nondimeno, avvertire che la giurisprudenza prevalente fa riferimento ad una nozione ampia e generica di eccezione, non totalmente coincidente con quella civilistica, per la quale essa consiste in ogni istanza volta a neutralizzare la domanda, ivi comprese le allegazioni i negazioni di alcuni fatti, le affermazioni circa il difetto di requisiti della domanda, ovvero i meri rilievi difensivi.

43

Ed in questo senso, è stato, invero, acutamente rilevato che « il ricorso incidentale nel processo amministrativo di primo grado è un istituto accostabile ad altri sempre per distinzione, quindi mai sovrapponibile, pena un'erronea prospettiva ricostruttiva di partenza », essendo possibile, allo stato, soltanto « dire cosa il ricorso incidentale non è, e per qualificarlo nei suoi tratti di assoluta singolarità oltre che in profonda evoluzione assieme al processo in cui si impiega » (TROPEA G., Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, cit., 487).

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trasposizione di tali schemi - costruiti peraltro su un terreno normativo alquanto definito - non osta alla mutuazione dei due basilari strumenti attraverso cui prende corpo l'attività di difesa, quelli cioè prima individuati nell'eccezione e nella domanda riconvenzionale.

Ed invero, nel contesto del dibattito sugli istituti vigenti nel processo amministrativo ed in particolare sul ricorso incidentale, il profilo caratterizzante di tali categorie processuali è stato rinvenuto più su un piano funzionale che strutturale44, analogamente, del resto, a quanto si registra nella dogmatica processualcivilistica ove - accanto alla tradizionale distinzione tra eccezione e riconvenzione sviluppata sull'intervenuto ampliamento o meno, ad opera del convenuto, dell'oggetto del giudizio come definito dall'attore - campeggia una classificazione di tipo funzionale articolata sul fine dal primo perseguito e sul tipo di pronuncia giudiziale da rendere.

Di qui, pertanto, l'idea che l'eccezione operi come difesa idonea a provocare il rigetto, in rito o in merito, della domanda attorea e che la riconvenzione si configuri, invece, come quell'attività giudiziale suscettibile di dar luogo ad una statuizione di merito che affianca la decisione favorevole all'attore e ne affievolisce o neutralizza la portata sfavorevole al convenuto.

Al di là delle ragioni sottese ad una simile tendenza, emerge il convincimento che nel processo amministrativo, assuma rilevanza non tanto il modello di azione all'uopo impiegato quanto piuttosto l'effetto che le modalità difensive utilizzate determinano ed in ordine al quale può convenientemente apprezzarsi il significato dell'apparato defensionale del giudizio.

Attraverso tale schema prende corpo quell'attività difensiva del convenuto che trascende l'ambito della mera contestazione circa l'ammissibilità e fondatezza della domanda dell'attore ed è più direttamente volta ad affermare l'esistenza di una situazione sostanziale o processuale impeditiva

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S. BACCARINI, L'impugnazione incidentale del provvedimento amministrativo tra tradizione e innovazione, in Dir. proc. amm., 1991, 639 ss. ove, con riguardo al ricorso incidentale nel giudizio amministrativo, si evidenzia che la distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione è articolata in base alla circostanza che « siano chiesti al giudice provvedimenti positivi favorevoli o che invece ci si limiti a chiedere la reiezione del ricorso principale ».

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dell'accoglimento della pretesa azionata, ovvero mitigatrice degli esiti negativi di una pronuncia favorevole.

Proprio tali «valenze funzionali di base»45 accompagnano gli attuali sviluppi del ricorso incidentale e sembrano rintracciabili nella pronuncia, allorché riconosce alla parte convenuta la possibilità di introdurre a mezzo del ricorso incidentale, vale a dire con modalità processuali particolarmente indeterminate e solo proprie del giudizio amministrativo, una sostanziale domanda riconvenzionale di profilo difensivo.

La giurisprudenza pare ammettere la natura «camaleontica» del ricorso incidentale al quale poco si attaglia un profilo di «staticità funzionale» ed al quale, piuttosto, molto si addice un più flessibile aspetto di «poliedricità funzionale», di volta in volta sagomato in rapporto ai due schemi difensivi di base prima detti, vale a dire alla deduzione di un fatto idoneo a rendere inefficace la domanda attorea ovvero alla proposizione di una controdomanda suscettibile di ampliare il thema decidendum.

Sulla scorta di tali considerazioni cui la giurisprudenza in esame mostra di aderire, il ricorso incidentale pare, dunque, configurabile non già quale mezzo di difesa propriamente inteso quanto, meglio, come « tecnica di introduzione in giudizio delle due affermazioni difensive basilari, tecnica che può essere adoperata tanto per l'una, tanto per l'altra, tanto per entrambe »46. Ed a tale stregua, pertanto, lungi dal poter essere assimilato agli istituti defensionali primari - eccezione e riconvenzione - 47, esso consente appunto,

45Così testualmente A. ROMANO TASSONE, Il ricorso incidentale e gli strumenti di difesa nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2009, 3, 594.

46Per questa prospettazione del ricorso incidentale cfr. A. ROMANO TASSONE, Il ricorso incidentale e gli strumenti di difesa nel processo amministrativo, cit., 595 il quale, nell'ottica indicata, precisa altresì che «il

ricorso incidentale, quindi, non può essere collocato sul medesimo piano di eccezione e riconvenzione, né può essere inteso come specificazione dell'una o dell'altra. Esso, pertanto, non può che assumere, rispetto ad esse, una veste servente e secondaria. L'ipotesi che qui si intende considerare, dunque, è che attraverso il ricorso incidentale vengano introdotte nel giudizio amministrativo di legittimità: ora una affermazione difensiva che mira al rigetto del ricorso principale (secondo la definizione accolta: una «eccezione»); ora una affermazione difensiva tendente a mitigare le conseguenze negative dell'accoglimento del ricorso stesso.

47

Si vedano, sul punto, le osservazioni di G. GRECO, I profili processuali del ricorso incidentale, in Dir. proc.

amm., 2009, 3, 636 secondo cui « dire che l'istituto in questione può assumere i connotati ora dell'una ora

dell'altra categoria giuridica non risolve il problema del suo inquadramento dogmatico, equivalendo - in realtà - a dire che non rientra né nell'una né nell'altra. Di fronte a queste difficoltà definitorie, occorre forse prendere

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come la sentenza sottolinea, di «veicolare» nel giudizio amministrativo l'una o l'altra affermazione difensiva, delle quali assume di volta in volta l'intima struttura.

Come accennato, tuttavia, oltre a segnalarsi per una inedita considerazione, entro il panorama giurisprudenziale anche recente, del ricorso incidentale, la pronuncia in epigrafe sollecita un ulteriore profilo di indagine in ordine al quale può rivelarsi utile muovere da un approfondimento del concetto di difesa attiva e, più specificamente, della sistemazione dogmatica della nozione di eccezione nonché della categoria dei fatti che ne possono costituire oggetto.

Al riguardo, ancora una volta non si può che volgere lo sguardo alle elaborazioni della dottrina processualcivilistica, specie ove si tenga presente che la controversia a base della sentenza concerneva una fattispecie rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, perché relativa, come già detto, ad una convenzione urbanistica annessa ad un piano di lottizzazione in ordine alla quale emergeva dagli atti un mutamento di destinazione di determinate aree rispetto a quanto concordato. E nell'ambito della materia indicata, venendo in rilievo prestazioni sinallagmatiche derivanti dalla convenzione, le situazioni giuridiche fatte valere sono diritti soggettivi, oggetto di accertamento a seguito di domanda, in via principale o riconvenzionale, ovvero di eccezione.

Orbene, come noto, rispetto alla generica nozione che identifica l'eccezione con la mera difesa in fatto o in diritto e, quindi, con ogni strumento in cui si sostanzia l'attività del contraddire intesa alla giustificazione della domanda di rigetto, la più recente dottrina processualcivilistica reputa tecnicamente più

atto dell'impossibilità di rinvenire un denominatore comune « funzionale » del ricorso incidentale, dal momento che esso si presta, secondo i casi, a finalità diverse, svolgendo ora l'una ora l'altra delle « tipiche » attività difensive: l'allegazione di un fatto idoneo semplicemente a neutralizzare la pretesa attorea, ovvero l'introduzione di una controdomanda idonea ad ampliare il thema decidendum [...]. Risulta, dunque, tutt'altro che lontana dal vero la ricostruzione di chi, apparentemente recuperando impostazioni di un non recente passato, coglie la natura giuridica del ricorso incidentale in primo luogo a livello strutturale, nel suo essere un mezzo di impugnazione » la cui caratteristica rinviene il proprio fondamento nell'applicazione degli ordinari principi in tema di interesse a ricorrere.

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adeguato un diverso inquadramento concettuale che distingue tra eccezioni processuali - o di rito - ed eccezioni di merito. Queste ultime, definite dall'art. 2697 c.c. e dall'art. 112 c.p.c., valgono ad individuare il mezzo con cui si oppongono al diritto altrui fatti giuridici sostanziali capaci di integrare un elemento estintivo, modificativo o impeditivo dell'esercizio di quello.

Ed è nell'ambito di siffatta categoria di eccezioni che essa distingue le eccezioni in senso improprio - le quali non costituiscono eccezioni in senso tecnico in quanto manifestazioni di una difesa volta semplicemente a disconoscere la sussistenza dei fatti costitutivi allegati dall'attore - dalle cd. eccezioni in senso proprio a mezzo delle quali, invece, la parte convenuta introduce in giudizio, attraverso l'allegazione, un fatto estintivo, modificativo o impeditivo che, se accertato dal giudice, determina una pronuncia di non accoglimento della domanda nel merito.

Si tratta di una partizione che presenta, all'evidenza, significative ricadute definitorie e sistematiche. Mentre, infatti, la difesa negativa si sostanzia in una generica istanza di rigetto della domanda proposta, articolata sull'affermata insussistenza delle situazioni costitutive della stessa, l'eccezione in senso proprio vale piuttosto ad introdurre una istanza di rigetto specifica la quale si basa, invece, sul riscontro giudiziale della inefficacia delle vicende opposte ovvero sulla verifica della inesistenza di altri fatti aventi una portata estintiva, modificativa o impeditiva.

In particolare, superato l'inquadramento della scienza processualcivilistica più risalente che qualificava l'eccezione alla stregua di controdiritto del convenuto all'annullamento dell'azione e del diritto fatto valere dall'attore ovvero di diritto del medesimo a conseguire il rigetto della domanda48, la

48

G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935; Id., Sulla « eccezione », in Saggi di

diritto processuale civile, I, Roma, 1930, 147 ss; Id., Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1965, 268 ss,

per il quale l'eccezione rappresenta l'omologo dell'azione, avente natura di diritto potestativo inteso soltanto alla mera impugnativa dell'azione e finalità meramente difensive, inidonee ad introdurre in giudizio un nuovo oggetto, nonché non limitata alle ipotesi previste dalla legge. La crisi di siffatta ricostruzione si riconduce alla ritenuta idea dell'azione come diritto all'accoglimento della domanda. Per i riferimenti sul punto cfr. F. CARNELUTTI, Sistema di diritto processuale civile, II, Padova, 1936, 351 ss.; Id., Istituzioni del processo

civile italiano, I, Roma, 1956, 11; V. DENTI, L'eccezione nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961,

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dottrina più recente si pone in una prospettiva più propriamente tecnica, individuando l'eccezione come mezzo utile ad ampliare l'oggetto della cognizione e della decisione. E ciò in base al ritenuto presupposto che sul merito dei detti fatti - estintivi, modificativi o impeditivi - il giudice ha l'obbligo di pronunciarsi. L'eccezione, quindi, viene conformata in termini di equivalenza alla domanda giudiziale piuttosto che all'azione, sostanziando, per tale via, il diritto ad una pronuncia giudiziale sul merito di quelle fattispecie estintive, modificative o impeditive la cui accertata efficacia preclude l'accoglimento della domanda.

Peraltro, la considerazione del disposto di cui all'art. 112. c.p.c. secondo cui «il giudice non può pronunciare d'ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti» ha indotto a distinguere, nell'ambito delle eccezioni di merito, le cd. eccezioni in senso proprio e lato (o exceptiones facti) le quali sono rilevabili d'ufficio in quanto aventi ad oggetto vicende - estintive, modificative, o impeditive - operanti ipso iure e le cd. eccezioni in senso proprio e stretto (o exceptiones iuris) opponibili soltanto ad opera della parte interessata, concernendo esse quei medesimi fatti che, tuttavia, non agiscono in via automatica ma esclusivamente su eccezione49.

Mentre le eccezioni in senso proprio e stretto hanno riguardo a quelle situazioni il cui effetto estintivo, modificativo o impeditivo è subordinato all'esercizio di un diritto potestativo del soggetto legittimato50, il quale può altresì esercitarlo attraverso un'azione autonoma in un distinto giudizio, le eccezioni in senso proprio e lato sono state assimilate a quei fatti secondari o

tra azione ed eccezione, in Riv. dir. proc. civ., 1960, 449 ss.; MANDRIOLI C., Corso di diritto processuale civile, I, Torino, 1989, 119 ss.; R. ORIANI, Eccezione, in Digesto disc. priv., VII, Torino, 1991, 262 ss. 49

L'idea di svincolare totalmente la rilevanza ex officio dei fatti estintivi, modificativi o impeditivi dall'iniziativa di parte vale a gettare una luce « più sociale che autoritaria», non reputandosi sufficiente lo svolgimento dell'attività di queste a garantire l'attuazione della legge, essendo piuttosto opportuno l'intervento giudiziale in funzione di supplenza all'inerzia o anche alla stessa ignoranza delle parti. Cfr. M. CAPPELLETTI, Iniziative

probatorie del giudice e basi pregiuridiche della struttura del processo, in Riv. dir. proc., 1967, 410 ss. 50

In ordine a tale aspetto è stato, invero, affermato che si ravvisa eccezione in senso stretto laddove «il tema dell'eccezione appaia così nettamente legato all'interesse della parte da far ritenere che, se questa della eccezione non si vale, o il fatto che dà luogo all'eccezione non sussista, o la eventuale ingiustizia della sentenza, sia facilmente tollerabile» (CARNELUTTI F., Lezioni di diritto processuale civile, II, Padova, 1931, 323).

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motivi che nel giudizio assumono una rilevanza accessoria in quanto elementi, in prevalenza indiziari, da cui sia direttamente evincibile l'esistenza ovvero l'inesistenza dei fatti giuridici principali, a prescindere dalla caratterizzazione di questi secondo la triplice natura prima indicata.

Come si ammette che tali fatti secondari, comunque acquisiti al giudizio sebbene non dedotti dalla parte, possano essere conosciuti e rilevati d'ufficio dal giudice, così si assume che la cognizione giudiziale debba investire, al di là delle allegazioni di parte, tutte quelle situazioni, in qualsiasi modo emergenti nel processo, le quali incidono sulla nascita e sull'efficacia del diritto sostanziale azionato 51. A tale stregua, invero, proprio al fine di spiegarne la rilevabilità ex officio si postula che nell'allegazione dei fatti costitutivi di cui alla domanda attorea sia implicitamente contenuta anche la loro allegazione negativa 52.

La stessa giurisprudenza53, d'altronde, ha osservato che la rilevabilità d'ufficio sostanzia il compito del giudice di pronunciarsi in ordine alla valenza giuridica del fatto storico dedotto dall'attore, vale a dire sull'esistenza del diritto azionato, potere che, pur se non sollecitato dal soggetto interessato, non risulta in alcun modo lesivo del principio della domanda in quanto non vale ad accertare un diritto materiale di questa cui detto principio è funzionale. Al contrario, il riconoscimento della pretesa dell'attore, in costanza di una diversa realtà che la esclude, si tradurrebbe in un

51

Nella dottrina processualcivilistica, invero, si è fatta strada l'idea del carattere normale dell'eccezione in senso lato, configurando come regola generale il connettere l'effetto giuridico - costitutivo, estintivo, modificativo o impeditivo che sia - alla mera verificazione della fattispecie secondo la tecnica norma - fatto - effetto (su tale tecnica cfr. R. ORIANI, Diritto potestativo, contestazione stragiudiziale e decadenza, Padova, 2003, 4 ss). Se ne deduce, pertanto, la qualificazione della rilevabilità d'ufficio delle eccezioni in senso lato come regola generale (Cfr. S. MENCHINI, Il processo litisconsortile. Struttura e poteri delle parti, Milano, 1993, 305). In senso contrario, tuttavia, di recente, C. CAVALLINI, Eccezione rilevabile d'ufficio e struttura del processo, Napoli, 2003.

52

L.P. COMOGLIO-C. FERRI-M. TARUFFO, Lezioni sul processo civile, Bologna, 1995, 337.

53Cass. civ., sez. un., 3 febbraio 1998 n. 1099, in Giust. civ., 1998, I, 645, pur se questa, che rappresenta la prima

pronuncia delle Sezioni Unite sui caratteri distintivi tra eccezione in senso stretto ed eccezione in senso lato, ne scalfisce la sua stessa portata allorché, sul presupposto della distinzione tra allegazione dei fatti e rilevabilità d'ufficio, afferma il divieto del giudice di rilevare d'ufficio i fatti estintivi, modificativi o impeditivi rilevabili d'ufficio ma non tempestivamente allegati nella memoria difensiva. Con tale affermazione essa, dunque, pare smentire la distinzione tra i due tipi di eccezione prima affermata.

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riconoscimento contra legem.

La ratio sottesa a siffatto potere giudiziale può rinvenirsi nella circostanza che il fatto oggetto di accertamento ex officio risulta dagli atti del processo ed è, in sé, idoneo a condurre al rigetto della domanda a prescindere dall'allegazione di parte. Unica condizione all'esercizio di tale potere si individua nella regolare acquisizione in giudizio del substrato storico della vicenda, il quale può costituire oggetto di deduzione ad opera dell'attore o altrimenti risultare dalla documentazione acquisita54.

Ed allora, facendo applicazione del criterio discretivo indicato alla fattispecie oggetto di causa, viene da chiedersi se la variazione urbanistica intervenuta - da verde ad edificabile - avrebbe potuto essere comunque rilevata d'ufficio dal giudice: la stessa, infatti, si presta ad essere qualificata come eccezione di merito in senso proprio e lato, incidente sull'efficacia del diritto sostanziale azionato la quale era emersa, per allegazione della stessa amministrazione ricorrente, dalla documentazione in atti. Nella medesima pronunzia, invero, si precisa che sebbene la ditta convenuta non avesse «proposto alcuna eccezione o [...] prospettato domanda riconvenzionale ex art. 166 e 167 c.p.c. [...] il Comune di R. non sottace il fatto che alcune aree a verde pubblico - facenti parte dell'oggetto inerente al richiamato trasferimento di proprietà - sono state successivamente dedicate in modo erroneo, a detta del Comune stesso, ad insediamenti residenziali ».

54

E. MERLIN, Compensazione e processo, I, Milano, 1991, 348, nt. 262. Nello stesso senso già S. PUGLIATTI,

Eccezione (teoria generale), in Enc. Dir., XV, Milano, 1965, 156, che, nel distinguere tra onere dell'allegazione

ed onere della prova dei fatti estintivi, modificativi ed impeditivi, precisava, in critica alla posizione di Carnelutti basata sul parallelismo necessario tra i due oneri, che « si deve tener presente che, ove tali fatti, anche non alligati e non provati dalla parte che vi ha interesse, risultino acquisiti al processo (per esempio per ammissione della controparte o dai documenti da essa prodotti), il giudice ne deve tener conto, sempre che non vi sia espressa limitazione al suo potere di iniziativa e accertamento di ufficio ». Cfr. altresì S. MENCHINI,

Osservazioni critiche sul cd. onere di allegazione dei fatti giuridici nel processo civile, in Studi in onore di Fazzalari, Milano, 1993, III, 42 secondo cui sono rilevabili d'ufficio i fatti estintivi, modificativi o impeditivi «

ove risultino dagli atti della causa (scritti difensivi, anche della controparte; verbali dell'interrogatorio libero; prove prodotte o assunte), con il solo ed insuperabile limite del rispetto del divieto di utilizzazione della scienza privata del giudicante »; G. VERDE, Domanda (principio della), in Enc. giur., XII, Roma, 1989, 8 il quale osserva che « il giudice potrà porre a fondamento della decisione fatti che integrano un'eccezione rilevabile d'ufficio, benché la parte interessata non l'abbia sollevata, a condizione che i detti fatti comunque risultino inseriti nel processo »; C. CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile. Le tutele, I, Padova, 2003, 234 il quale avverte che « le eccezioni in senso lato possono essere rilevate d'ufficio dal giudice (purché il fatto risulti dagli atti di causa, come è se sia l'attore stesso a narrarne l'esistenza oppure se esso emerge da un documento) ».

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La decisione così resa, infatti, non concerne soltanto i cd. fatti principali - l'adempimento delle obbligazioni connesse alla convenzione urbanistica - ma altresì quei fatti secondari o semplici che, integrando un presupposto di inferenza probatoria inerente ai primi, assumono una autonoma rilevanza giuridica e diventano materia del decidere in quanto anch'essi, al predetto fine, oggetto di necessario riscontro.

2.1.2 Il principio dispositivo tra onere di allegazione e potere di

rilevazione dei fatti.

Quanto appena asserito muove dal convincimento che la riflessione sulla portata epistemica del processo ha messo in evidenza un dato difficilmente trascurabile, quello per cui ad ogni fatto è sottesa una serie di innumerevoli circostanze che rende impossibile elaborare una sola rappresentazione corretta di esso, il quale, invece, si presta ad essere raffigurato secondo molteplici versioni in rapporto alle diverse situazioni ed alla prospettiva privilegiate55.

Questo assunto di fondo si arricchisce, poi, del rilievo per cui occorre valutare l'incidenza, per un verso, dell'eventuale complessità oggettiva o soggettiva del fatto medesimo nel quale è dato rinvenire più eventi o comportamenti connessi nel tempo e nello spazio ovvero molteplici individui, anche versanti in situazioni giuridiche diverse, per altro della possibile presenza di un diverso grado di analiticità di esso, snodantesi lungo una sequenza comprendente livelli intermedi in numero tendenzialmente non circoscritto.

È evidente, dunque, che la decisione viene elaborata sulla base di fatti che sono la risultante di operazioni complesse sotto il profilo degli elementi che

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concorrono a definire la descrizione della vicenda fattuale come pure della indefinita pluralità di rappresentazioni che della stessa possono darsi56.

In quest'ottica, si apprezza quell'orientamento noto sotto il nome di particularism57 che, in uno dei suoi diversi filoni, postula una determinazione dei fatti quanto più possibile comprensiva di tutti i loro aspetti, ancorché particolari. L'attività del giudice, in tale prospettiva, non si basa sul fatto come evento concreto che consente di cogliere i particolari, ma è intesa alla costruzione di esso, utilizzando il materiale presente nel processo, vale a dire le allegazioni dei fatti principali e secondari effettuate dalle parti, i dati emergenti ex actis, soprattutto dall'espletamento dell'istruttoria, le cognizioni procurate dall'esperienza e dal senso comune.

In realtà, alla radice del problema si individua la tendenza di diversi ordinamenti, tra cui quello italiano, a circoscrivere l'ambito dei fatti oggetto di accertamento giudiziale entro i confini delineati dall'allegazione e, rispettivamente, dalla contestazione dei medesimi ad opera delle parti. La mancata tempestiva opposizione ad un fatto allegato si traduce nell'ammissione dello stesso e, di conseguenza, in un esonero dalla prova e dalla decisione.

Al di là dei motivi di carattere funzionale ed ideologico sottesi a tale idea

56In questa molteplicità di opzioni si tratta di scegliere quella idonea ad essere assunta a base della decisione e

rispetto alla quale il criterio della verità, sebbene necessario, può non essere sufficiente data la possibile esistenza di più narrazioni vere della medesima vicenda che non possono essere contemporaneamente prese in considerazione a quel fine. E d'altra parte, «se la ricerca della verità è relativa al contesto nel quale si svolge, ogni indagine probatoria non può non avere una sua specificità. Ciò, peraltro, non vuol dire che ci troviamo di fronte a mondi chiusi e impenetrabili, perché le tecniche e le esigenze di un mondo possono essere utilizzate o avere rilievo anche negli altri mondi possibili. Ma la scelta delle une e la valorizzazione delle altre dipende da opzioni di valore, da scelte ideologiche e, come si è detto, non infrequentemente dalla volontà di perseguire determinati interessi»: VERDE G., La prova nel processo civile, in Riv. dir. proc., 1998, 1, 7.

57

Secondo tale prospettiva la quale si articola in differenti filoni, la decisioni, che riguardano sempre situazioni specifiche, individui determinati, necessitano di una giustificazione alla luce delle circostanze del caso concreto, imponendo, di conseguenza, al giudice, di porre attenzione a tutti gli aspetti di quest'ultimo. La visione «particolaristica» della decisione giudiziaria che da tale orientamento scaturisce fa leva sulla valutazione di tutti i fatti specifici della singola situazione dedotta in giudizio, dando la giusta evidenza alla «irriducibile particolarità del contesto di applicazione». Cfr., in particolare, N. MACCORMICK, Particulars and Universal, in The Universal and the particular in Legal Reasoning, ed. by Z. Bankowski and J. MacLean, Aldershot, 2006, 3 ss.; Z. BANKOWSKI, In the Judgement Space: The Judge and The Anxiety of the encounter, in The Universal

and the particular in Legal Reasoning, cit., 25 ss.; N. WALKER, The Burden of Universalism, in The Universal and the particular in Legal Reasoning, cit., 53 ss.

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nonché della ritenuta discutibilità 58 della stessa, non può trascurarsi che essa non coglie appieno l'aspetto ontologico e finalistico dell'allegazione e della contestazione dei fatti.

Va, anzitutto, precisato che se allegare un fatto significa elaborare una rappresentazione descrittiva di esso in un atto di parte, non può riconoscersi a tale attività alcun effetto dispositivo o normativo. L'allegazione del fatto riveste carattere «costitutivo» di una data situazione giuridica allorquando viene ricondotto ad una fattispecie legale e riceve una data qualificazione giuridica. L'allegazione dei fatti secondari, invero, proprio a causa della loro natura, non li trasforma in fatti «costitutivi» di alcuna situazione giuridica 59. Ne consegue, pertanto, che il fatto allegato non produce alcun effetto giuridico se valutato in una fase logicamente distinta da quella della sua riconduzione ad una fattispecie legale, posto che esso integra, in tal modo, il presupposto di un possibile, ma non inevitabile, effetto giuridico da esso scaturente in esito ad un riscontro probatorio positivo 60.

Ed è su tale assunto che giunge a postularsi la non correlazione tra allegazione dei fatti e principio dispositivo, al quale la prima sarebbe strumentale in quanto fonte di vincolo per il giudice ad una decisione su

58

Cfr. per quanto concerne le critiche a tale concezione, A. DE ANGELIS, La prova nel processo del lavoro e la

Corte di Cassazione, in Riv. it. dir. lav., 2005, 317; B. CIACCIA CAVALLARI, La contestazione nel processo civile. II. La non contestazione: caratteri ed effetti, Milano, 1993, 6; A. CARRATTA, Il principio della non contestazione nel processo civile, Milano, 1995, 264.

59

Circa l'allegazione dei fatti secondari cfr. D. BUONCRISTIANI, L'allegazione dei fatti nel processo civile.

Profili sistematici, Torino, 2001; L.P. COMOGLIO, Allegazione, in Digesto disc. priv., sez. civ., I, Torino, 1987,

274 il quale ritiene che l'allegazione del fatto sia funzionalmente connessa alla determinazione della causa

petendi, con la conseguenza che alla stessa, di per sé, non può riconoscersi l'efficacia di definire in via diretta il

fondamento della domanda; Id., Le prove civili, II° ed. Torino, 2004, 73; A. PROTO PISANI, Allegazione dei

fatti e principio di contestazione nel processo civile, in Foro it., 2003, I, 606. 60

In giurisprudenza si precisa che «in relazione alle opzioni difensive del convenuto occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione, posto che il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (pertanto sempre soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze), mentre il secondo compete alla parte (e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte) solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa di parte (quale, per la prescrizione, l'art. 2938 c.c.), dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi - e, a maggior ragione, l'inesistenza di fatti costitutivi - ove risultino dal materiale probatorio legittimamente acquisito » (Cass. civ., 28 novembre 2003 n. 18263, in Giust. civ. mass., 2003, 11).

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quanto dalle parti dedotto61. L'irriducibilità dei due principi62 ad un unico ambito, scaturisce dalla ritenuta esigenza di distinguere il piano connesso alla costruzione dell'enunciato relativo all'esistenza di un dato fatto e quello afferente alla qualificazione giuridica del medesimo nel quadro della formulazione della domanda. A tale ultimo profilo attiene il principio dispositivo, avendo esso riguardo alle conseguenze effettuali che ci si propone di conseguire dai fatti allegati, tale principio non potendo, per converso, riguardare la mera elaborazione di rappresentazioni descrittive di tali fatti. L'allegazione, in tal senso, si sostanzia in un'espressione linguistica che traduce un'affermazione di parte circa le modalità di accadimento di un dato evento, come tale, dunque, priva di alcuna valenza normativa o dispositiva63.

Essa, risolvendosi nella formulazione di un enunciato fattuale che può essere più o meno specifico, non preclude l'attività del giudice intesa alla precisa qualificazione giuridica della vicenda ossia ad una autonoma definizione dei fatti da porre a base della decisione. La linea-guida da utilizzare al tal fine si

61Cfr., sul punto, E. FABIANI, I poteri istruttori del giudice civile. I. Contributo al chiarimento del dibattito,

Napoli, 2008, 147, 230, 242.

62

Al riguardo, è opportuno precisare che nella dottrina processualcivilistica non vi è concordia circa la vigenza nel processo civile di un «principio dell'allegazione » o di un « onere dell'allegazione ». Cfr. di recente, anche per ulteriori riferimenti, FABIANI E., I poteri istruttori del giudice civile. I. Contributo al chiarimento del

dibattito, cit., 242 ss. 63

Nella giurisprudenza civile si rinviene spesso l'affermazione secondo cui «le eccezioni in senso lato, ovvero rilevabili anche d'ufficio, qualora coinvolgano un interesse pubblico in campo processuale (quali le eccezioni di giudicato) possono essere rilevate addirittura in ogni stato e grado del processo, ma se sono relative ad un diritto di carattere sostanziale il cui esercizio in campo processuale non incide su interessi pubblici, quand'anche siano qualificabili come eccezioni in senso lato, hanno una rilevabilità condizionata al rispetto del principio dispositivo e del contraddittorio. Ne consegue che (fatti salvi casi particolari) è vietato al giudice porre alla base della propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva allegazione delle parti, ovvero il giudice non può basare la propria decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o impeditivo, che non sia mai stato dedotto o allegato dalla parte o comunque non sia risultante dagli atti di causa, e che tale allegazione non solo è necessaria ma deve essere tempestiva» (Cass. civ., III, 22 giugno 2007 n. 14581, in Giust. civ. mass., 2007, 6). La stessa ribadisce altresì che « in relazione alle opzioni difensive del convenuto occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione, posto che il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (pertanto sempre soggiacendo alle relative preclusioni e decadenza), mentre il secondo compete alla parte (e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte) solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva), ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa di parte (quale, per la prescrizione, l'art. 1938 c.c.), dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi - e, a maggior ragione, l'inesistenza di fatti costitutivi - ove risultino dal materiale probatorio legittimamente acquisito » (Cass. civ., sez. lav., 28 novembre 2003 n. 18263, in Giust. civ. mass., 2003, 11).

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ritiene essere quella rappresentata dalla necessaria ed opportuna considerazione di tutte le circostanze risultanti dagli atti di causa e di quelle all'origine della controversia, sulla scorta, del resto, di quanto si registra nel diritto societario ove l'efficienza della decisione giudiziaria, ossia la sua capacità di porsi quale corretta soluzione della lite, è direttamente correlata all'apprezzamento della totalità dei fatti sottesi al particolare e concreto contrasto da cui è sorto il giudizio64.

Non si dimentichi, poi, che nel nostro sistema, come autorevolmente osservato65, il«metodo dispositivo », oltre a non offrire sufficienti garanzie in ordine all'acquisizione in giudizio di quanto necessario all'accertamento della verità, non ha mai ricevuto una puntuale e rigida applicazione. Né, infine, a confutare il risultato per tale via conseguito, ossia il riconoscimento del potere-dovere del giudice di rilevare d'ufficio, al fine dell'accertamento della fondatezza della domanda di parte attrice, i fatti estintivi, modificativi o impeditivi risultanti ex actis: vale l'affermazione secondo cui, così operando, si giungerebbe ad una inammissibile sovrapposizione della volontà del giudice a quella della parte, ove si consideri che l'ambito di intervento del primo resta circoscritto ad una mera presa d'atto delle modalità concrete e reali mediante le quali ha trovato svolgimento la vicenda sul piano sostanziale, ad una mera fotografia dell'assetto di interessi esistente prima del processo che osti ad una incauta cesura tra verità processuale e verità sostanziale.

Come è stato ripetutamente affermato sulla scorta dell'insegnamento chiovendiano, la funzione del processo deve ravvisarsi nella tutela dei diritti

64

Cfr. C. GAMBA, Diritto societario e ruolo del giudice, Padova, 2008, 157 ss., 301 ss.

65

Si veda F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953, 224 ss. e si consideri, del resto, l'ideologia del processo sottesa alla predisposizione del codice di rito, fondata sul principio secondo cui nel processo dovrebbe trovare spazio soltanto quanto voluto dalle parti, senza possibilità di dare ingresso ad alcuna modifica, costituendo esso una « cosa privata » di queste ultime. Un riscontro di ciò si rinviene nella Relazione di Giuseppe Pisanelli al progetto del codice di procedura civile del 1865 ove si rileva che il carattere fondamentale e prevalente rispetto ad altri scopi del processo civile si sostanzia nel rimettere lo svolgimento del giudizio ed il compimento delle difese alla totale autonomia e libertà delle parti. Ed è su tale ideologia che ha preso corpo il principio dispositivo.

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esistenti, non già nella creazione di nuovi, ciò che avverrebbe in ipotesi di accoglimento della domanda anche laddove dagli atti emergesse l'inesistenza della situazione giuridica vantata. L'idea della giurisdizione come attuazione della legge rende, invero, eccezionale una siffatta ipotesi, occorrendo una spiegazione circa la meritevolezza di protezione di quella situazione e non piuttosto in ordine al suo rigetto66.

Non si ignora il timore di un esito della controversia basato sulla cd. terza opinione, prevista dal giudice al di là di un contraddittorio tra le parti. Preoccupazione, questa, evitabile attraverso l'impiego di strumenti analoghi a quelli già individuati nel progetto preliminare al codice di rito consistenti nell'invito ad una discussione sui fatti impeditivi, estintivi o modificativi non allegati dalle parti ma risultanti dagli atti 67.

2.2 I canoni ermeneutici del rapporto tra ricorso incidentale e

principale nell'ordine di trattazione secondo il criterio della

pregiudiziale logica

68

.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 10 novembre 2008, n. 1169, ha indicato e fissato alcuni principi relativi all'istituto del

66

Diversamente ritenendo, infatti, ne risulterebbe non tanto « una insanabile disarmonia tra diritto e processo, o meglio un'insufficienza del processo rispetto al diritto che [...] non può soddisfare, ma addirittura una frattura tra processo e giudizio, tra realtà accertata nel processo e il contenuto dell'accertamento giudiziale » (V. COLESANTI, Eccezione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., Milano, 1964, XIV, 181).

67

M. TARUFFO (a cura di), Le riforme della giustizia civile, Torino, 2000, 304 ss.; M.G. CIVININI, Poteri del

giudice e poteri delle parti nel processo ordinario di cognizione. Rilievo ufficioso delle questioni e contraddittorio, in Foro it., 1999, V, 1 ss.

68 Diritto Processuale Amministrativo, fasc.4, 2009, pag. 1047 69

Si può leggere la sentenza richiamata nel testo in questa Rivista, 2009, 146 ss., con note di A. Squazzoni, Il rebus del presunto effetto paralizzante del ricorso incidentale nelle gare d'appalto ove anche il ricorrente principale contesti la mancata esclusione del vincitore, e di G. Tropea, La Plenaria prende posizione sui rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale (nelle gare con due soli concorrenti). Ma non convince, e in Urb. app., 2009, 41, con nota di L. Tarantino, La Plenaria chiarisce i rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale nel processo amministrativo.Sulla pronuncia in questione si vedano anche i commenti di R. Villata, L'Adunanza Plenaria interviene sui rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale, e Riflessioni in tema di ricorso incidentale nel giudizio amministrativo di primo grado, rispettivamente, in questa Rivista, 2008, 1186 ss., e 2009, 285 ss.; G.L. Pellegrino, Ricorso incidentale e parità delle parti. La svolta della Plenaria, in Giust. amm. on line; G. Virga, La natura ambivalente del ricorso incidentale (di eccezione processuale e di mezzo di

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ricorso incidentale, in particolare al rapporto tra questo ed il ricorso principale, pronunciandosi su una specifica fattispecie che in precedenza aveva determinato un vero e proprio contrasto di decisioni in seno allo stesso Consiglio di Stato. Il caso in questione, attiene alle controversie relative a gare pubbliche, cui abbiano preso parte due soli concorrenti; in tale ipotesi, qualora il ricorrente in via principale ed il ricorrente in via incidentale deducano la reciproca carenza dei requisiti soggettivi di partecipazione alla gara o l'inammissibilità dell'offerta presentata, si è posto il problema di stabilire quale delle questioni prospettate debba essere valutata per prima e quale sia l'effetto che l'eventuale accoglimento dell'impugnazione previamente considerata dal giudice produce sull'impugnazione speculare, ritenuta subordinata.

Le soluzioni date al riguardo dalla giurisprudenza, prima dell'intervento dell'Adunanza plenaria, non erano univoche.

In alcune sentenze i giudici amministrativi 70 hanno ritenuto valevole ed applicabile anche nella fattispecie la regola generale71 che prevede la preliminare delibazione del ricorso incidentale, nel quale si lamenti la mancata esclusione dalla gara del ricorrente principale, e, qualora l'accertamento compiuto dia esito positivo, la conseguente dichiarazione di

impugnazione), in Lexitalia on line; L. Cimellaro, Alcune note sulla parità delle parti nell'Adunanza plenaria n. 11 del 2008, in Foro amm.-C.d.S., 2008, 2949 ss.; R. Caponigro, Il rapporto di priorità logica tra ricorso principale e ricorso incidentale nel processo amministrativo, in Giust. amm. on line; M. Marinelli, Ricorso incidentale e ordine di esame delle questioni (in margine a Cons. Stato, Ad. Plen., 10 novembre 2008, n. 11), in questa Rivista, 2009, 609 ss.; L.R. Perfetti, Legittimazione e interesse a ricorrere nel processo amministrativo: il problema delle pretese partecipative, ibidem, 688 ss.; R. Giovagnoli, Ricorso incidentale e parità delle parti, in Giust. amm. on line.

70

Così, ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765, e 30 dicembre 2006, n. 8265, entrambe pubblicate in questa Rivista, 2008, 215 ss., con nota di A. Reggio D'Aci, La IV Sezione del Consiglio di Stato ribadisce che l'effetto «paralizzante» del ricorso incidentale non può subire deroghe neanche nel caso in cui vi siano due soli concorrenti alla gara pubblica. Rimangono, però, non esaminate alcune tematiche che potrebbero suggerire un ragionevole ripensamento di questo nuovo orientamento.

71

Sul punto si vedano, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 4 novembre 1996, n. 1316, in Foro amm., 1996, 3259; 6 giugno 2001, n. 3079, ivi, 2001, 157; 8 maggio 2002, n. 2468, in Foro amm.-C.d.S., 2002, 1245; 23 agosto 2004, n. 5583, in Urb. app., 2004, 1231; 29 agosto 2005, n. 4407, in Foro amm.-C.d.S., 2005, 2268; 13 settembre 2005, n. 4692, ivi, 2005, 2615; Sez. IV, 23 gennaio 1986, n. 57, in Cons. Stato, 1986, I, 44; 12 marzo 1996, n. 323, in Foro amm., 1996, 840; 30 dicembre 2006, n. 8265, in Giorn. dir. amm., 2007, 317; Sez. VI, 6 marzo 1992, n. 159, in Cons. Stato, 1992, I, 470; 9 giugno 2005, n. 3030, in Foro amm.-C.d.S., 2005, 1828; si vedano, altresì, T.a.r. Lazio, Roma, Sez. 1-bis, 21 gennaio 2004, n. 567, in Lexitalia on line; T.a.r. Veneto, Sez. I, 3 aprile 2007, n. 1095.

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inammissibilità per carenza di legittimazione72 o di interesse a ricorrere73 o, comunque, di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse74 del ricorso principale.

La riferita linea interpretativa si fonda sull'assunto che la contestazione del controinteressato riguardante i presupposti, soggettivi od oggettivi, per la partecipazione del ricorrente alla procedura selettiva, abbia carattere pregiudiziale, ai sensi dell'art. 276, comma 2, c.p.c., rispetto alla contestazione concernente i criteri e le modalità di aggiudicazione della gara. Si osserva, in particolare, che la risoluzione della predetta questione, introdotta in via incidentale, costituisce un antecedente logico rispetto alla decisione sulla domanda principale, giacché, pur profilandosi come questione di merito, essa è idonea ad incidere sull'esistenza dell'interesse all'impugnazione del soggetto che ha proposto l'azione, ovvero sull'esistenza di una necessaria condizione dell'azione, che deve permanere in capo all'istante sino alla conclusione del giudizio: al pari di una questione di rito, il suo accoglimento avrebbe pertanto l'effetto di paralizzare la cognizione dell'impugnazione principale.

Dunque, l'accertamento dell'inammissibilità dell'offerta presentata dall'impresa che ha impugnato la graduatoria e l'aggiudicazione del contratto, degraderebbe la posizione di quest'ultimo a mero interesse di fatto.

Per quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale, la situazione in cui versa il ricorrente, risultato privo dei necessari requisiti per la partecipazione alla gara a seguito dell'esame dell'eccezione pregiudiziale, sollevata in punto dal controinteressato nell'impugnazione incidentale, non differirebbe da quella di un qualsiasi altro soggetto che, non avendo presentato domanda, sia rimasto totalmente estraneo al rapporto controverso75: anch'egli, infatti, non ha alcun

72

Cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 29 agosto 2005, n. 4407, cit.; Sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765, cit.

73 Così Cons. Stato, Sez. IV, 30 dicembre 2006, n. 8265, cit. 74

In tal senso, tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2006, n. 3689, in Lexitalia on line.

75

Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 6 marzo 1992, n. 159, cit.; Sez. IV, 30 dicembre 2006, n. 8265, cit.; 27 giugno 2007, n. 3, cit.; Sez. V, 9 giugno 2008, n. 2820, cit.

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titolo per contestare giudizialmente gli esiti del confronto concorrenziale che si è svolto.

In base ai principi sopra descritti l'accoglimento del ricorso incidentale, in cui si affermi che l'impresa sconfitta ed agente doveva essere estromessa dalla competizione, rende inammissibile, per difetto di legittimazione ed interesse, il ricorso principale anche quando il giudizio riguardi una gara pubblica con due soli partecipanti.

Si è andato, tuttavia, sempre più diffondendo in giurisprudenza76 un diverso orientamento, secondo il quale la regola generale, che attribuisce carattere assorbente e pregiudiziale al ricorso incidentale «escludente od interdittivo», pur condivisibile in linea di principio 77, non troverebbe applicazione

76

Si rinvia al riguardo a Cons. Stato, Sez. V, 24 novembre 1997, n. 1367, in Foro amm., 1997, 3057; 8 maggio 2002, n. 2468, in Cons. Stato, 2002, I, 1070; 23 agosto 2004, n. 5583, in Urb. app., 2004, 1231; 25 luglio 2006, n. 4657, in Lexitalia on line; 14 aprile 2006, n. 2095, ivi; Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6990, in Corr. Merito, 2009, 2, 224; T.a.r. Lombardia, Milano, Sez. III, 13 aprile 2004, n. 1453, in Lexitalia on line. Si veda, altresì, T.a.r. Lazio, Sez. III-ter, 21 febbraio 2007, n. 1527, in Urb. app., 2007, 8, 1035; T.a.r. Sicilia, Palermo, Sez. III, 18 gennaio 2006, n. 132, in Lexitalia on line; T.a.r. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 24 maggio 2004, n. 800,

ivi; T.a.r. Campania, Napoli, Sez. I, 20 maggio 2004, n. 8865, ivi. In merito all'orientamento giurisprudenziale

qui richiamato si veda, in dottrina, R. GIOVAGNOLI - M. FRATTINI, Il ricorso incidentale e i motivi aggiunti, Milano, 2008, 53 ss.; M. TROPEA, Il ricorso incidentale nel processo amministrativo, Napoli, 2007, 633 ss.; R. GIOVAGNOLI, Il ricorso incidentale, in Trattato di giustizia amministrativa. Il processo amministrativo di

primo grado, (a cura di F. Caringella e R. Garofoli), Milano, 2005, 715 ss.; G. L. PELLEGRINO, Effetto paralizzante del ricorso incidentale. Necessità di un ripensamento, su Giust. amm. on line; G. L.

PELLEGRINO, Abuso di ricorso incidentale. Finalmente un segnale (ancora insufficiente), entrambi pubblicati su Giust. amm. on line; M. SPASIANO, Tutela della legalità nel giudizio amministrativo: il ricorso incidentale

in materia di gara (con due concorrenti), ivi; D. TRAINA, Lo svolgimento del processo amministrativo, in Trattato di diritto amministrativo (a cura di S. Cassese), V, Milano, 2003, 4374; R. SPAGNUOLO VIGORITA, Dinamiche processuali e vicende di giustizia sostanziale. Brevi note in tema di ricorso incidentale, in Foro amm.-T.a.r., 2007, 1536 ss.

77

Anche l'indirizzo ora indicato nel testo riconosce e presuppone la vigenza della regola generale che assegna carattere pregiudiziale al ricorso incidentale «escludente» od «interdittivo», solo che, a differenza dell'orientamento contrario in precedenza ricordato, reputa questa regola derogabile nel caso di controversie riguardanti gare o concorsi con due soli partecipanti, nelle quali entrambe le parti, costituitesi in giudizio, deducano reciprocamente la rispettiva illegittima ammissione alla procedura selettiva; occorre, tuttavia, segnalare che è stata prospettata da una giurisprudenza minoritaria anche un'altra tesi, in virtù della quale il ricorso incidentale deve essere esaminato - anche nel caso di gare con due concorrenti - solo dopo che sia stata valutata la fondatezza del ricorso principale. La natura necessariamente subordinata delle contestazioni contenute nell'impugnazione incidentale è desunta dalla considerazione che non è la mera proposizione, quanto piuttosto l'accoglimento del ricorso principale che fa sorgere l'interesse del soggetto aggiudicatario intimato all'impugnazione incidentale. In sostanza, per quest'ultimo orientamento, la posizione accessoria del ricorso incidentale rispetto al ricorso principale rileva non solo nella fase di proposizione dei due gravami connessi, ma anche in sede di scrutinio degli stessi gravami da parte del giudice. Tuttavia, anche accedendo alla ricostruzione testé riferita, si giunge alle stesse conclusioni, cui perviene la giurisprudenza, già citata, che sostiene la derogabilità dell'effetto «paralizzante» normalmente riconosciuto al ricorso incidentale «escludente», giacché, pur invertendo l'ordine di trattazione dei due ricorsi, l'accertamento della loro fondatezza, in punto di legittimazione della controparte alla partecipazione alla gara, determina sempre l'annullamento di entrambi gli atti di ammissione impugnati e il conseguente rinnovo della gara: così, ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 13 novembre 2007, n. 5811, in Giust. amm. on line. In passato hanno sostenuto il carattere pienamente accessorio e condizionato del ricorso incidentale, C.g.a.r.s., 15 maggio 2001, n. 205, in Cons. Stato, 2001, I, 1470, e 22 dicembre 1995, n. 388, in questa Rivista, 1997, 554, con nota critica di G. Acquarone, In tema di rapporto tra

(21)

nell'ipotesi di selezioni ristrette a due soli concorrenti e di impugnazioni incrociate aventi ad oggetto, ciascuna, l'atto di ammissione alla procedura selettiva della controparte.

Per tale indirizzo, qualora entrambe le parti contestino la mancata esclusione dalla gara dell'altro contendente, il giudice non deve limitare la sua cognizione al solo ricorso incidentale (e dichiarare il ricorso principale inammissibile od improcedibile, nel caso in cui le censure proposte dal controinteressato meritino accoglimento), ma deve comunque procedere ad esaminare anche il ricorso principale disponendo, laddove anche i profili di illegittimità ivi denunciati risultino esistenti, l'annullamento degli atti impugnati dai due ricorrenti, con conseguente obbligo per l'amministrazione di rinnovare la procedura.

La citata soluzione, a parere dei giudici amministrativi che l'hanno delineata, ha il pregio di assicurare una tutela effettiva e concreta ai contrapposti interessi sostanziali fatti valere dai litiganti78.

Per la giurisprudenza ora richiamata sarebbe, in primo luogo, contrario al principio di parità delle parti che l'esito del giudizio sia, nel caso di motivi d'impugnazione analoghi ed ugualmente fondati, determinato unicamente dall'ordine di trattazione delle questioni; in particolare, l'applicazione, nell'ipotesi considerata, della regola generale, che assegna valore preclusivo all'impugnazione accessoria del controinteressato avente carattere «escludente» della pretesa di aggiudicazione vantata dal soggetto agente in via principale, finirebbe per privilegiare ingiustamente la posizione dell'impresa vincitrice della gara79.

Si sottolinea inoltre che anche dopo l'esame preventivo del ricorso incidentale «paralizzante» ed il suo accoglimento, permarrebbe, in capo all'impresa

ricorso principale e ricorso incidentale.

78Per l'indirizzo interpretativo riportato nel testo, nel caso sia interposto ricorso incidentale, il requisito della

legittimazione ad agire deve essere apprezzato, infatti, secondo canoni diversi da quelli strettamente processuali, generalmente utilizzati per selezionare l'interesse alla proposizione del ricorso principale: così afferma, ad esempio, la V Sezione del Consiglio di Stato nella già citata sentenza 8 maggio 2002, n. 2468.

79

(22)

ricorrente principale, l'interesse all'annullamento dell'atto impugnato, giacché una simile decisione gli garantirebbe una chance di vittoria nella nuova gara che l'amministrazione deve indire in conseguenza dell'esclusione di entrambi i partecipanti alla precedente selezione.

D'altra parte, si rileva, la ripetizione delle operazioni di gara si rivelerebbe utile anche per l'aggiudicatario, che non sia più nelle condizioni di mantenere la posizione di vantaggio per effetto delle contestazioni avversarie, in quanto questo risultato, gli attribuirebbe quantomeno un'ulteriore possibilità di acquisire la posizione di vantaggio perduta80.

Nei casi descritti, dunque, l'annullamento degli atti di ammissione impugnati determinerebbe, per entrambe le parti, un risultato apprezzabile, seppur minore rispetto all'obiettivo primario, cui ciascuna di esse aspirava in origine81.

Secondo il medesimo indirizzo interpretativo, non sarebbe invece configurabile un analogo onere di esame dei ricorsi principale ed incidentale in relazione a gare con più di due partecipanti, poiché qui l'accoglimento contestuale dei predetti ricorsi produrrebbe conseguenze prive di utilità per le parti costituite in giudizio; tale esito, infatti, comporterebbe non l'annullamento dell'intera procedura espletata, ma l'assegnazione dell'appalto all'impresa terza classificata, rimasta estranea al giudizio82.

Dalla breve rassegna compiuta emerge con evidenza il contrasto delle posizioni espresse dalla giurisprudenza sulla specifica questione riguardante la necessità, in presenza di due sole imprese concorrenti, di esaminare il ricorso principale dopo l'accoglimento di quello incidentale.

Opportunamente, quindi, la V Sezione del Consiglio di Stato, ha ritenuto, con Ordinanza 5 giugno 2008, n. 266983, di rimettere la decisione all'Adunanza

80

Così, tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2006, n. 6990, cit.

81 In tal senso, ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2006, n. 6990, cit., e T.a.r. Lombardia, Milano,

Sez. III, 13 aprile 2004, n. 1453, cit.

82

Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2468, cit.

83

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plenaria.

In quest'ultima ordinanza l'Organo decidente ha prospettato tutti gli orientamenti formatisi in materia, manifestando un chiaro favor per la tesi che esclude l'efficacia «paralizzante» del ricorso incidentale nelle controversie relative a gare con due contendenti.

Il Plenum del Consiglio di Stato ha risolto la questione con la già ricordata sentenza 10 novembre 2008, n. 11, recependo la tesi da ultimo indicata. Le motivazioni poste a fondamento della decisione sono le seguenti: si premette, innanzitutto, che rientra nella discrezionalità del giudice amministrativo stabilire l'ordine di trattazione dei ricorsi principale ed incidentale, giacché il relativo ordinamento processuale non contempla disposizioni puntuali che regolino l'ordine di esame delle impugnazioni presentate 84.

In assenza di specifiche indicazioni normative, il predetto giudice si deve, quindi, ispirare ai principi fondamentali di economia processuale e di logicità, attribuendo, di norma, priorità alle questioni che appaiano, almeno potenzialmente, dirimenti.

Pertanto l'Adunanza plenaria mostra di condividere il consolidato orientamento, già ricordato, che assegna carattere pregiudiziale ed assorbente al ricorso incidentale, contenente contestazioni di merito idonee a precludere lo scrutinio del ricorso principale85.

procedure di gara cui partecipano due soli concorrenti.

84

Come riferito nel testo, nella sentenza in esame l'Adunanza plenaria osserva che l'attuale sistema processuale amministrativo non prevede una disciplina completa ed esauriente della materia; infatti, l'unica norma che attiene specificamente all'ordine di trattazione delle questioni sollevate con il ricorso principale e con il ricorso incidentale è l'art. 37, sesto comma, del Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto n. 1054/1924, il quale si limita a disporre che «il ricorso incidentale non è efficace se è prodotto dopo la rinuncia al ricorso principale o se questo è dichiarato inammissibile per essere stato proposto fuori termine». Per tali ragioni l'Adunanza plenaria afferma, nella medesima sentenza n. 11/2869, che «con riferimento al giudizio di impugnazione, il legislatore si è dunque rimesso alla elaborazione giurisprudenziale, ponendo solo la regola - basata sul principio di economia processuale - per cui, se vi sono ragioni preclusive dell'esame della fondatezza del ricorso principale, diventa in sostanza improcedibile il ricorso incidentale».Lo stesso Giudice osserva, però, giustamente che «l'art. 37, sesto comma, si è espressamente riferito ai soli casi in cui le censure del ricorso principale non possano essere esaminate perché esso è rinunciato o è tardivamente proposto, ma risulta senz'altro applicabile, per identità di ratio, anche quando vada dichiarato perento o improcedibile per il superamento del termine del suo deposito. In tali casi, in cui il ricorso diventa improcedibile, ben può affermarsi che questo è subordinato e accessorio a quello principale».

85

Ricorda l'Adunanza plenaria, nella decisione qui analizzata, che, secondo l'opinione comune della dottrina e della giurisprudenza, il ricorso incidentale va, di norma, esaminato per primo «quando l'aggiudicatario di una gara - cui siano state ammesse almeno tre offerte - abbia dedotto l'illegittimità dell'atto che vi abbia ammesso il

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