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STIPSI CRONICA FUNZIONALE

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Academic year: 2021

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STIPSI CRONICA FUNZIONALE 

 

DEFINIZIONE 

La stipsi cronica (SC) è un’alterazione dell’atto evacuatorio avvertito come difficile        e/o insoddisfacente eventualmente associata a una ridotta frequenza dell’alvo che        perdura da almeno sei mesi.        1 La SC può essere secondaria a ben identificabili fattori                  causali o predisponenti, quali alterazioni organiche, malattie endocrino­metaboliche        e/o terapie con farmaci stiptizzanti oppure può essere definita come primitiva o        funzionale. Una valutazione dei sintomi e dei segni d’allarme (Tabella I) è        fondamentale nell’inquadramento iniziale di tale patologia.  Tabella I: Fattori di rischio nella stipsi cronica    1. Età superiore a 50 anni  2. Recente insorgenza dei sintomi  3. Sanguinamento rettale  4. Febbre  5. Perdita di peso non intenzionale  6. Sintomi severi non studiati  7. Sintomi continui  8. Sintomi che causano risveglio  9. Storia familiare di cancro del  colon­retto   10. Storia familiare di malattia celiaca  11. Storia familiare di neuro­miopatie  viscerali  12. Storia familire di malattie  infiammatorie croniche intestinali  13. Valori anormali di laboratorio  14. Riscontro obiettivo di massa  addominale o rettale   

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La stipsi funzionale viene diagnosticata e classificata in base ai criteri di Roma III        (Tabella II).

Il quadro clinico del paziente con stipsi funzionale può tuttavia essere ancora più        complesso di quello indicato della definizione fornitaci dai criteri di Roma III perché        si associano più spesso altri sintomi quali distensione, gonfiore e fastidio addominale,        sensazione di malessere generale che possono alterare fortemente la qualità della vita                      3  e condizionare fortemente le abitudini di vita e le attività giornaliere, il        comportamento e l’habitus psicologico del singolo paziente. 2     Tabella II: Criteri diagnostici di Roma III, stipsi cronica funzionale nell’adulto  (Bharucha et al.4​   Criteri Diagnostici*  1. Devono includere due o più delle seguenti caratteristiche  a. Sforzo in  ≥ 25% degli atti defecatori  b. Feci dure o ammassate in  ≥ 25% degli atti defecatori  c. Sensazione di incompleto svuotamento rettale in ≥ 25% degli atti defecatori  d. Sensazione di ostruzione/ostacolo in ≥ 25% degli atti defecatori 

e. Ricorso a manovre manuali per facilitare il ≥ 25% degli atti defecatori (ad        esempio evacuazione digitale, innalzamento manuale del pavimento        pelvico)  f. Meno di 3 evacuazioni a settimana  2. Le feci non formate sono raramente presenti in assenza dell’uso di lassativi  3. Non vi sono criteri sufficienti per la diagnosi di Sindrome dell’Intestino Irritabile  *Presenti negli ultimi 3 mesi, ma con esordio da almeno 6 mesi     

I principali meccanismi che possono causare stipsi funzionale sono riconducibili o a        rallentato transito delle feci nel colon e/o ad un’ alterazionde della capacità espulsiva.        Non è peraltro possibile differenziare questi due tipi di stipsi solo sulla base della        sintomatologia clinica, anche perché spesso le due forme finiscono per coesistere       

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nello stesso paziente. Poiché la scelta terapeutica deve essere guidata dai meccanismi        fisiopatologici, è importante un’accurata valutazione clinica e strumentale del        paziente con stipsi funzionale.  

Una stipsi da rallentato transito sarà documentabile con lo studio del tempo di transito        del colon  2  ​mentre per un’adeguata valutazione di un disturbo funzionale della                  defecazione, come definito dai criteri di Roma III (Tabella III)      , saranno utili una        manometria ano­rettale e/o una defecografia. Il disturbo fnzionale della defecazione è        caratterizzato dalla presenza di contrazione paradossa o da inadeguato rilasciamento        dei muscoli del pavimento pelvico durante il tentativo di defecazione (defecazione        dissinergica) oppure dalla presenza di inadeguate forze propulsive durante l’atto        defecatorio (propulsione defecatoria inadeguata). Il termine defecazione dissinergica è        da preferire rispetto a dissinergia del pavimento pelvico in quanto molti pazienti con        defecazione dissinergica non manifestano alterazioni a carico dell’ apparato        genito­urinario.4    Tabella III:  Criteri diagnostici di Roma III, disordini funzionali della defecazione  (Bharucha et al.4​   Criteri diagnostici*  1. Il paziente deve soddisfare i criteri per stipsi funzionale 

2.Durante ripetuti tentativi di defecazione devono essere presenti almeno due        delle seguenti alterazioni:  

a. Evidenza di mancata evacuazione sulla base del test di espulsione del        palloncino o imaging 

b. Contrazione inappropriata dei muscoli del pavimento pelvico (sfintere        anale o puborettale) o meno del 20% di rilasciamento della pressione basale        dello sfintere a riposo  alla manometria, imaging o EMG.  

c. Forze propulsive inadeguate evidenziate alla manometria o imaging  *Presenti negli ultimi 3 mesi, ma con esordio da almeno 6 mesi 

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Come poco fa ricordato va sempre tenuto presente che i vari sottotipi di stipsi        funzionale non sono mutualmente escludenti ma, anzi, possono coesistere. 

Infatti un rallentato transito attraverso il colon determina la disidratazione e quindi la        formazione di feci dure, eliminabili con notevole sforzo evacuatorio e magari con la        sensazione  di  incompleto  svuotamento  rettale.  Viceversa  le  alterazioni  ano­retto­pelviche, che non consentono una defecazione soddisfacente o che inducono        a posticipare l’atto defecatorio, possono causare rallentamento del transito colico. Il        riscontro di feci dure nell’ampolla all’esplorazione rettale è sicuramente indizio di        stasi fecale a livello del retto ma non dà indicazioni certe sulla presenza o meno di un        rallentamento del transito colico.

 

EPIDEMIOLOGIA 

SC dell’età adulta 

La sua prevalenza, riportata in casistiche eseguite in diverse parti del mondo, è        estremamente variabile dallo 0,7% al 79% della popolazione analizzata.                5  La  spiegazione di tale variabilità è data dall’utilizzo di definizioni diverse.                  6 Scarsi sono i      dati di prevalenza sulla popolazione italiana. Due studi hanno riportato una prevalenza        in età adulta del 9,2%, valutando una frequenza dell’alvo inferiore a 2 volte/settimana        o sforzo evacuativo in almeno il 75% delle evacuazioni                7   e del 7,9% basandosi sul        giudizio soggettivo.

La maggioranza degli studi riporta una netta predominanza del sesso femminile con        un rapporto F/M variabile tra 1.1 e 10 e una media di 2.1. Diversi fattori sono stati        associati alla SC, quali basso consumo di fibre, frutta e/o vegetali, un basso livello       

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socioeconomico e culturale, il vivere in situazioni di affollamento, una storia familiare        di stipsi, l’ansia e la depressione, gli eventi stressanti.

SC nell’anziano 

Tutti gli studi epidemiologici concordano nel riportare una maggiore prevalenza di        stipsi negli anziani anche se la prevalenza di stipsi negli anziani in buona salute ed        autonomi è appena più elevata rispetto ai più giovani. Essa si innalza sensibilmente        dopo i 70 anni e notevolmente oltre gli 80 fino a raggiungere anche l’80% nei soggetti        istituzionalizzati.

 

FISIOPATOLOGIA 

Il transito nel colon­retto, l’atto defecatorio ed il mantenimento della continenza        fecale sono funzioni complesse regolate da numerose strutture nervose situate sia a        livello del sistema nervoso centrale che di quello autonomo. L’atto defecatorio è        regolato dal riflesso retto­anale che consiste nella inibizione dello sfintere anale        interno e temporanea contrazione dello sfintere anale esterno in presenza di        distensione del retto. L’inibizione dello sfintere anale interno consente il contatto dei        recettori sensitivi anali con il contenuto rettale, discriminando le diverse consistenze e        segnalando l’opportunità, o meno, di avviare o inibire l’atto defecatorio. Con l’arrivo        delle feci nell’ampolla rettale l’evacuazione avviene quando la contrazione del retto si        accompagna al rilasciamento del canale anale.          2 ​Uno svuotamento soddisfacente del        contenuto rettale è il risultato della coordinazione ottimale dell’azione del diaframma,        dei muscoli addominali e del pavimento pelvico (muscoli elevatori dell’ano e muscolo        coccigeo) durante il ponzamento. Nel normale atto defecatorio i muscoli del       

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pavimento pelvico si rilasciano in sinergia con la contrazione del diaframma e dei        muscoli della parete addominale.

La stipsi funzionale può essere dovuta ad un rallentamento del transito per una ridotta        frequenza dell’attività propulsiva, più frequentemente nel colon discendente e/o sigma        per riduzione o inversione dell’attività propulsiva preevacuatoria            10­11 ​o per un aumento        dell’attività contrattile fasica, segmentante e non propulsiva oppure per la difficoltà        alla espulsione delle feci dovuta a defecazione dissinergica e/o inadeguata propulsione        rettale.2    Figura 1: Anatomia del muscolo puborettale e dell’angolo retto­anale.  A sinistra: angolo chiuso e muscolo a riposo; a destra: apertura dell’angolo e  rilasciamento del pubo­rettale durante la defecazione                                       

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Figura 2: Rx tempo di transito intestinale. Esempio di transito rallentato: in quinta  giornata sono ancora presenti i 24 markers radiopachi, 12 colon destro, 6 colon 

sinistro, 6 retto­sigma 

(U.O. Radiodiagnostica I Universitaria, AOUP) 

  Nei pazienti con stipsi cronica si può riscontrare spesso una diminuzione della        sensibilità rettale, fondamentale sia per avviare la defecazione che per mantenere la        continenza. L’ iposensibilità rettale spesso si associa ad alterazioni motorie ed è molto        frequente nei pazienti con defecazione dissinergica. L’ipersensibiltà rettale è invece        spesso evidenziabile nei pazienti con stipsi che presentano anche dolore addominale,        cioè nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile.12 

 

Rettocele ed intussuscezione retto­anale 

Rettocele ed intussuscezione retto­rettale sono alterazioni strutturali ad alta        prevalenza, in particolare nelle donne.        13   Il rettocele, definito come protrusione del         

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retto nella parete posteriore della vagina, rappresenta un cedimento strutturale della        parete rettale anteriore, del setto retto­vaginale e della parete vaginale posteriore. Per        intsussuscezione retto­rettale si intende l’inosculazione telescopica a pieno spessore        del retto nel proprio lume, senza protrusione anale esterna.                14  ​L’invaginazione  retto­anale rappresenta la fase più tardiva dell’invaginazione retto­rettale in cui        l’inosculazione del viscere progredisce distalmente arrivando all’ano. Rettocele ed        intussuscezione si riscontrano anche in soggetti asintoamtici anche se spesso vengono        considerati responsabili di una “defecazione ostruita”          2​. È verosimile che una mancata            educazione ad una corretta defecazione (manovre ed abitudini sbagliate) siano fattori        predisponenti all’insorgere di queste alterazioni anatomiche, che successivamente        costituiscono, in un circolo vizioso difficilmente risolvibile, una ulteriore causa al        peggioramento del disturbo    2​. La storia naturale della stipsi cronica che inizia in                    giovane età e perdura per decenni è indicativa del fatto che il disturbo dell’alvo con        sforzo defecatorio precede e favorisce lo sviluppo della patologia rettale.  

Biviano e coll    16 affermano come le alterazioni anatomiche rettali non siano sempre                  determinanti nel causare disturbi evacuativi nei pazienti osservando che nel 75% dei        pazienti con rettocele ed intussuscezione retto­anale vi è una risoluzione dei sintomi        evacuativi riducendo la consistenza delle feci con terapia a base di macrogol. 

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