STIPSI CRONICA FUNZIONALE
DEFINIZIONE
La stipsi cronica (SC) è un’alterazione dell’atto evacuatorio avvertito come difficile e/o insoddisfacente eventualmente associata a una ridotta frequenza dell’alvo che perdura da almeno sei mesi. 1 La SC può essere secondaria a ben identificabili fattori causali o predisponenti, quali alterazioni organiche, malattie endocrinometaboliche e/o terapie con farmaci stiptizzanti oppure può essere definita come primitiva o funzionale. Una valutazione dei sintomi e dei segni d’allarme (Tabella I) è fondamentale nell’inquadramento iniziale di tale patologia.2 Tabella I: Fattori di rischio nella stipsi cronica 1. Età superiore a 50 anni 2. Recente insorgenza dei sintomi 3. Sanguinamento rettale 4. Febbre 5. Perdita di peso non intenzionale 6. Sintomi severi non studiati 7. Sintomi continui 8. Sintomi che causano risveglio 9. Storia familiare di cancro del colonretto 10. Storia familiare di malattia celiaca 11. Storia familiare di neuromiopatie viscerali 12. Storia familire di malattie infiammatorie croniche intestinali 13. Valori anormali di laboratorio 14. Riscontro obiettivo di massa addominale o rettale
La stipsi funzionale viene diagnosticata e classificata in base ai criteri di Roma III (Tabella II).2
Il quadro clinico del paziente con stipsi funzionale può tuttavia essere ancora più complesso di quello indicato della definizione fornitaci dai criteri di Roma III perché si associano più spesso altri sintomi quali distensione, gonfiore e fastidio addominale, sensazione di malessere generale che possono alterare fortemente la qualità della vita 3 e condizionare fortemente le abitudini di vita e le attività giornaliere, il comportamento e l’habitus psicologico del singolo paziente. 2 Tabella II: Criteri diagnostici di Roma III, stipsi cronica funzionale nell’adulto (Bharucha et al.4) Criteri Diagnostici* 1. Devono includere due o più delle seguenti caratteristiche a. Sforzo in ≥ 25% degli atti defecatori b. Feci dure o ammassate in ≥ 25% degli atti defecatori c. Sensazione di incompleto svuotamento rettale in ≥ 25% degli atti defecatori d. Sensazione di ostruzione/ostacolo in ≥ 25% degli atti defecatori
e. Ricorso a manovre manuali per facilitare il ≥ 25% degli atti defecatori (ad esempio evacuazione digitale, innalzamento manuale del pavimento pelvico) f. Meno di 3 evacuazioni a settimana 2. Le feci non formate sono raramente presenti in assenza dell’uso di lassativi 3. Non vi sono criteri sufficienti per la diagnosi di Sindrome dell’Intestino Irritabile *Presenti negli ultimi 3 mesi, ma con esordio da almeno 6 mesi
I principali meccanismi che possono causare stipsi funzionale sono riconducibili o a rallentato transito delle feci nel colon e/o ad un’ alterazionde della capacità espulsiva. Non è peraltro possibile differenziare questi due tipi di stipsi solo sulla base della sintomatologia clinica, anche perché spesso le due forme finiscono per coesistere
nello stesso paziente. Poiché la scelta terapeutica deve essere guidata dai meccanismi fisiopatologici, è importante un’accurata valutazione clinica e strumentale del paziente con stipsi funzionale.
Una stipsi da rallentato transito sarà documentabile con lo studio del tempo di transito del colon 2 mentre per un’adeguata valutazione di un disturbo funzionale della defecazione, come definito dai criteri di Roma III (Tabella III) , saranno utili una manometria anorettale e/o una defecografia. Il disturbo fnzionale della defecazione è caratterizzato dalla presenza di contrazione paradossa o da inadeguato rilasciamento dei muscoli del pavimento pelvico durante il tentativo di defecazione (defecazione dissinergica) oppure dalla presenza di inadeguate forze propulsive durante l’atto defecatorio (propulsione defecatoria inadeguata). Il termine defecazione dissinergica è da preferire rispetto a dissinergia del pavimento pelvico in quanto molti pazienti con defecazione dissinergica non manifestano alterazioni a carico dell’ apparato genitourinario.4 Tabella III: Criteri diagnostici di Roma III, disordini funzionali della defecazione (Bharucha et al.4) Criteri diagnostici* 1. Il paziente deve soddisfare i criteri per stipsi funzionale
2.Durante ripetuti tentativi di defecazione devono essere presenti almeno due delle seguenti alterazioni:
a. Evidenza di mancata evacuazione sulla base del test di espulsione del palloncino o imaging
b. Contrazione inappropriata dei muscoli del pavimento pelvico (sfintere anale o puborettale) o meno del 20% di rilasciamento della pressione basale dello sfintere a riposo alla manometria, imaging o EMG.
c. Forze propulsive inadeguate evidenziate alla manometria o imaging *Presenti negli ultimi 3 mesi, ma con esordio da almeno 6 mesi
Come poco fa ricordato va sempre tenuto presente che i vari sottotipi di stipsi funzionale non sono mutualmente escludenti ma, anzi, possono coesistere.
Infatti un rallentato transito attraverso il colon determina la disidratazione e quindi la formazione di feci dure, eliminabili con notevole sforzo evacuatorio e magari con la sensazione di incompleto svuotamento rettale. Viceversa le alterazioni anorettopelviche, che non consentono una defecazione soddisfacente o che inducono a posticipare l’atto defecatorio, possono causare rallentamento del transito colico. Il riscontro di feci dure nell’ampolla all’esplorazione rettale è sicuramente indizio di stasi fecale a livello del retto ma non dà indicazioni certe sulla presenza o meno di un rallentamento del transito colico.2
EPIDEMIOLOGIA
SC dell’età adulta
La sua prevalenza, riportata in casistiche eseguite in diverse parti del mondo, è estremamente variabile dallo 0,7% al 79% della popolazione analizzata. 5 La spiegazione di tale variabilità è data dall’utilizzo di definizioni diverse. 6 Scarsi sono i dati di prevalenza sulla popolazione italiana. Due studi hanno riportato una prevalenza in età adulta del 9,2%, valutando una frequenza dell’alvo inferiore a 2 volte/settimana o sforzo evacuativo in almeno il 75% delle evacuazioni 7 e del 7,9% basandosi sul giudizio soggettivo.8
La maggioranza degli studi riporta una netta predominanza del sesso femminile con un rapporto F/M variabile tra 1.1 e 10 e una media di 2.1. Diversi fattori sono stati associati alla SC, quali basso consumo di fibre, frutta e/o vegetali, un basso livello
socioeconomico e culturale, il vivere in situazioni di affollamento, una storia familiare di stipsi, l’ansia e la depressione, gli eventi stressanti.2
SC nell’anziano
Tutti gli studi epidemiologici concordano nel riportare una maggiore prevalenza di stipsi negli anziani anche se la prevalenza di stipsi negli anziani in buona salute ed autonomi è appena più elevata rispetto ai più giovani. Essa si innalza sensibilmente dopo i 70 anni e notevolmente oltre gli 80 fino a raggiungere anche l’80% nei soggetti istituzionalizzati.9
FISIOPATOLOGIA
Il transito nel colonretto, l’atto defecatorio ed il mantenimento della continenza fecale sono funzioni complesse regolate da numerose strutture nervose situate sia a livello del sistema nervoso centrale che di quello autonomo. L’atto defecatorio è regolato dal riflesso rettoanale che consiste nella inibizione dello sfintere anale interno e temporanea contrazione dello sfintere anale esterno in presenza di distensione del retto. L’inibizione dello sfintere anale interno consente il contatto dei recettori sensitivi anali con il contenuto rettale, discriminando le diverse consistenze e segnalando l’opportunità, o meno, di avviare o inibire l’atto defecatorio. Con l’arrivo delle feci nell’ampolla rettale l’evacuazione avviene quando la contrazione del retto si accompagna al rilasciamento del canale anale. 2 Uno svuotamento soddisfacente del contenuto rettale è il risultato della coordinazione ottimale dell’azione del diaframma, dei muscoli addominali e del pavimento pelvico (muscoli elevatori dell’ano e muscolo coccigeo) durante il ponzamento. Nel normale atto defecatorio i muscoli del
pavimento pelvico si rilasciano in sinergia con la contrazione del diaframma e dei muscoli della parete addominale.5
La stipsi funzionale può essere dovuta ad un rallentamento del transito per una ridotta frequenza dell’attività propulsiva, più frequentemente nel colon discendente e/o sigma per riduzione o inversione dell’attività propulsiva preevacuatoria 1011 o per un aumento dell’attività contrattile fasica, segmentante e non propulsiva oppure per la difficoltà alla espulsione delle feci dovuta a defecazione dissinergica e/o inadeguata propulsione rettale.2 Figura 1: Anatomia del muscolo puborettale e dell’angolo rettoanale. A sinistra: angolo chiuso e muscolo a riposo; a destra: apertura dell’angolo e rilasciamento del puborettale durante la defecazione
Figura 2: Rx tempo di transito intestinale. Esempio di transito rallentato: in quinta giornata sono ancora presenti i 24 markers radiopachi, 12 colon destro, 6 colon
sinistro, 6 rettosigma
(U.O. Radiodiagnostica I Universitaria, AOUP)
Nei pazienti con stipsi cronica si può riscontrare spesso una diminuzione della sensibilità rettale, fondamentale sia per avviare la defecazione che per mantenere la continenza. L’ iposensibilità rettale spesso si associa ad alterazioni motorie ed è molto frequente nei pazienti con defecazione dissinergica. L’ipersensibiltà rettale è invece spesso evidenziabile nei pazienti con stipsi che presentano anche dolore addominale, cioè nei pazienti con sindrome dell’intestino irritabile.12
Rettocele ed intussuscezione rettoanale
Rettocele ed intussuscezione rettorettale sono alterazioni strutturali ad alta prevalenza, in particolare nelle donne. 13 Il rettocele, definito come protrusione del
retto nella parete posteriore della vagina, rappresenta un cedimento strutturale della parete rettale anteriore, del setto rettovaginale e della parete vaginale posteriore. Per intsussuscezione rettorettale si intende l’inosculazione telescopica a pieno spessore del retto nel proprio lume, senza protrusione anale esterna. 14 L’invaginazione rettoanale rappresenta la fase più tardiva dell’invaginazione rettorettale in cui l’inosculazione del viscere progredisce distalmente arrivando all’ano. Rettocele ed intussuscezione si riscontrano anche in soggetti asintoamtici anche se spesso vengono considerati responsabili di una “defecazione ostruita” 2. È verosimile che una mancata educazione ad una corretta defecazione (manovre ed abitudini sbagliate) siano fattori predisponenti all’insorgere di queste alterazioni anatomiche, che successivamente costituiscono, in un circolo vizioso difficilmente risolvibile, una ulteriore causa al peggioramento del disturbo 2. La storia naturale della stipsi cronica che inizia in giovane età e perdura per decenni è indicativa del fatto che il disturbo dell’alvo con sforzo defecatorio precede e favorisce lo sviluppo della patologia rettale.
Biviano e coll 16 affermano come le alterazioni anatomiche rettali non siano sempre determinanti nel causare disturbi evacuativi nei pazienti osservando che nel 75% dei pazienti con rettocele ed intussuscezione rettoanale vi è una risoluzione dei sintomi evacuativi riducendo la consistenza delle feci con terapia a base di macrogol.