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Capitolo 2

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

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2.1. Introduzione

Il circuito riabilitativo della Regione Basilicata, allo stato attuale, presenta un’importante rete di strutture accreditate, principalmente localizzate nella provincia di Potenza.

Nonostante la città di Matera rimanga un circuito “virtuoso” in tale ambito, risulta essere carente di una più capillare organizzazione ambulatoriale.

In virtù di tale situazione, nasce l’idea di potenziare le infrastrutture sociali della zona di Matera con la progettazione di un centro di riabilitazione di eccellenza realizzato con le migliori tecnologie rivolte alla disabilità.

2.2. Il concetto di riabilitazione

La Riabilitazione viene considerata in Medicina come la “terza fase” dell’intervento medico, successiva e complementare agli altri due momenti medici fondamentali, di ordine preventivo e diagnostico. Il termine Riabilitazione è generalmente usato in medicina nell’accezione di “restituzione di efficienza”, ma va inteso anche come “reintegrazione attraverso la terapia riabilitativa, di un diritto o di una stima compromessi o perduti a causa di una lesione invalidante”. (Prof. Luigi Vittorio De Stefano, Quaderni di Villa Sandra, Vol. I, N. 4, 1990).

L’obiettivo dell’intervento riabilitativo è quello di recuperare i livelli di autonomia della persona, sostenere le famiglie, promuovere il reinserimento territoriale, ripristinare le abilità sociali, pratico-manuali, corporee, cognitive, espressive, artistiche - creative, interpersonali e di gruppo.

Gli interventi terapeutici - riabilitativi pongono la loro attenzione sull’individuo e sul suo contesto familiare, sul gruppo della comunità intesa come una grande risorsa terapeutica, sul territorio e sulle istituzioni. In particolare si mira a favorire l'adattamento, l'autonomia e l'integrazione di persone affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali dipendenti da qualsiasi causa con l'obiettivo di guidare il paziente verso un livello di vita ottimale sul piano fisico, funzionale,

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sociale ed emozionale. In altre parole, è “un processo di cambiamento attivo attraverso il quale una persona disabile acquisisce e usa le conoscenze e le abilità necessarie per rendere ottimali le proprie funzioni fisiche, psicologiche e sociali” (Thompson, 1998).

Affinché tale processo sia pienamente efficace e si giunga così alla piena integrazione dell’individuo, è fondamentale che il centro riabilitativo sorga all’interno di un’area che assolva del tutto alle nuove linee guida delle strutture di questo genere, ovvero, l’edificio deve essere il meno possibile isolato e distaccato, come ad “aprirsi alla comunità”.

2.3. Descrizione del Progetto ed obiettivi

Il progetto per il nuovo centro di riabilitazione si colloca sull’Asse Matera Nord, precisamente nella zona compresa tra la località Venusio, la S.S. 99 e il torrente Gravina, conosciuta come fascia murgiana-pugliese. Questa estensione di superficie rappresenta la nuova “attrezzatura urbana” a destinazione terziaria/produttiva ideata per stimolare e promuovere iniziative volte ad accrescere aree economicamente già forti.

Tale zona, attualmente in via di sviluppo, assolve appieno ai già citati principi di vicinanza alla comunità e in essa il centro di riabilitazione ne diventerà un punto di riferimento principale. Inoltre, sorgendo all’ingresso della città e soprattutto vicino ad una delle più grandi aree industriali della zona, sarà in grado di attirare a sé un bacino di utenza sempre più corposo.

Per la realizzazione del progetto si è tenuto in considerazione quanto previsto dalla Variante al PRG (V.E.P) relativa alla disciplina dello spazio extra e periurbano del Comune di Matera con l’ intento di attuare un primo impianto qualificato dotato di congrui spazi pubblici attrezzati (viabilità, parcheggi, aree a verde) e di migliorare le infrastrutture e le urbanizzazioni già presenti.

La superficie interessata che è stata presa in considerazione è di ampie dimensioni ed è stata suddivisa in diversi ambiti. Nel caso in esame è stato valutato l’Ambito C7 suddiviso, dalle norme tecniche, in n.7 lotti edificabili la cui superficie coperta massima ammissibile è pari al 33%. Inoltre si è supposta che la superficie coperta totale sia

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19 equivalente alla superficie utile lorda totale (31621 mq ~ 31617 mq) costruendo fabbricati con altezza massima ammissibile pari a 8 mt. Di questa ampia superficie, se né analizzata solo una parte di un lotto prevedendo appunto la realizzazione di un centro di riabilitazione che si estende complessivamente su una superficie pari a 1938 mq.

In virtù di quanto previsto dalle Norme di Attuazioni si è progettata un’edilizia qualitativa dal punto di vista urbanistico integrando spazi pubblici attrezzati con aree verdi destinate a parco e/o attività ricreative all’aperto, ma soprattutto funzionale. Infatti l’obiettivo principale che ha guidato la progettazione è stato proprio quello di garantire un efficiente servizio che risulti essere accogliente ed idoneo all’assistenza, alla cura, alla riabilitazione, al recupero e al reinserimento nella società di persone con disabilità.

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2.4. Progetto architettonico

2.4.1. Descrizione centro di riabilitazione

La struttura presenta un andamento lineare e si compone di due edifici simmetrici, distinti, di materiale diverso (uno in acciaio e l’altro in cemento armato) e con accessi indipendenti ma collegati da un unico percorso interno ed avente un’unica copertura (Fig.2.4.1.1)

Fig.2.4.1.1.1 - Planimetria lotto

Il complesso si sviluppa su due livelli per un’altezza complessiva di 8 mt su una superficie pari a 1938 mq così ripartita:

− 798 mq per l’edificio che accoglie il centro commerciale al piano terra e gli uffici ed ambulatori al piano superiore,

− 813 mq destinati esclusivamente al centro di riabilitazione. Gli edifici sono collegati da un corpo scala con ascensore antincendio che si ripete ai lati esterni non solo per fornire più accessi alla struttura ma anche per consentire l’evacuazione dell’edificio in caso di incendio o calamità naturale o altro evento che si possa verificare. (Allegato A3)

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21 L’intero fabbricato ha una copertura piana, mentre la parte centrale presenta una copertura a volta a botte vetrata che consente di illuminare il percorso interno ed i vari ambienti in modo adeguato creando così lo spazio architettonico in un’alternanza consapevole di luci ed ombre che fanno risaltare gli elementi volumetrici, la continuità delle superfici e la stessa versatilità di trattamento del vetro. La realizzazione di una copertura vetrata ha voluto mettere in evidenza l’involucro architettonico verso obiettivi estremi di trasparenza e, quindi, di alleggerire la struttura nel suo insieme e di creare un movimento diverso dalla classica copertura piana.

E’ una struttura di tipo socio-sanitaria che consente il massimo recupero funzionale possibile coinvolgendo il paziente sia di età adulta che quello giovane negli interventi riabilitativi tali da reintegrarlo nelle abituali attività della vita quotidiana.

Il percorso a cui sono sottoposte le persone rappresenta un cambiamento radicale, che non si concentra sulla disabilità delle persone ma sulla loro salute, intesa come raggiungimento del benessere.

Al suo interno vengono svolti interventi volti alla acquisizione della autonomia individuale nelle attività giornaliere, al mantenimento e potenziamento delle abilità residue e all’integrazione sociale dell’ospite. Inoltre, questo centro di riabilitazione è rivolto anche e soprattutto a persone “ipovedenti” e non vedenti di qualsiasi fascia di età, cioè a persone che a causa di una ridotta funzionalità visiva sono fortemente ostacolate nello svolgimento delle normali azioni di quotidianità. A tal proposito sono stati studiati appositamente le caratteristiche dei vari percorsi, in modo da renderli abbastanza funzionali, fruibili ed agibili ed in particolare si è posta attenzione al sistema LOGES di cui si parlerà più avanti.

L’obiettivo è stato, quindi, quello di cercare di garantire la massima sicurezza a tutte le persone presenti e di rispettare tutti i minimi requisiti che i vari ambienti interni devono avere, secondo quanto previsto dalla norme di buona tecnica e dagli Enti di ricerca preposti. Pertanto è stato progettato il tutto ponendo particolare attenzione sia agli aspetti statici che funzionali. Si analizzano, nel paragrafo successivo, le caratteristiche specifiche per ogni spazio interno del centro di riabilitazione.

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2.4.1.1. Descrizione centro commerciale e zona uffici

La struttura, destinata a centro commerciale, è completamente realizzata in acciaio, i cui tipi di verifica (resistenza e stabilità) sono stati analizzati in dettaglio nel capitolo 3.

La superficie totale del fabbricato è di 798 mq, di cui 394 sono destinati al centro commerciale situato al piano terra e i restanti 404 mq sono rivolti agli uffici ed ambulatori che si trovano al primo piano. Di seguito vengono descritti gli ambienti e le loro funzioni.

CENTRO COMMERCIALE

Al piano terra della struttura in cemento armato si trova il centro commerciale che raccoglie tutte quelle attività pertinenti al centro di riabilitazione. Si accede da un doppio ingresso principale e da uno laterale attraversando il corpo vano scala posto sulla sinistra e si estende su superficie complessiva pari a 394 mq.

L’interno presenta una disposizione piuttosto regolare: ogni attività commerciale è dotata di vetrine triangolari e un proprio deposito merci per la conservazione del materiale.

A destra dell’ingresso principale si trova un bar-ristoro (colore rosso in figura) che è a servizio di tutto il centro di riabilitazione e al quale si può accedere sia dallo spazio interno del centro commerciale che dall’esterno, fiancheggiando il corpo vano scala centrale.

Le attività presenti sono una farmacia di 39,50 mq (colore verde) ed una sanitaria di 34,64 mq (colore verde chiaro) aventi entrambi un deposito interno pari a 3,50 mq. Poi c’è una zona sulla sinistra riservata ad attività commerciali per ausili tecnologi di cui una dispone ausili per disabilità motoria (colore arancione) e l’altra per disabilità sensoriali (colore giallo) (Fig.2.4.1.1.2).

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Fig.2.4.1.1.2 - Piano Terra - Centro Commerciale

Esistono diversi tipi di ausili suddivisi a seconda dell’entità del problema. Ci sono, infatti, ausili utili a compensare una menomazione restituendo la funzione lesa, ad esempio una protesi acustica che restituisce l’udito oppure una protesi di arto che sostituisce un arto mancante. Altri servono, invece, a compensare una disabilità consentendo lo svolgimento di attività altrimenti impossibili, ad esempio una carrozzina elettrica, una posata ad impugnatura facilitata oppure un telecomando per il controllo dell’ambiente. Altri ancora servono a rimuovere barriere che creerebbero handicap, quali un montascale per superare una scalinata in carrozzina o un software che consente ad un cieco di poter navigare in internet. Altri, infine, a rendere più sicuro e meno gravoso il compito della persona che assiste, quali un sollevatore che facilita il trasferimento dalla carrozzina al letto. Per una persona con disabilità il momento della scelta dell’ausilio è un passo più importante della sua vita, perché richiede disponibilità a modificare sé stessi, il proprio stile di vita e la propria relazione con l’ambiente.

Gli ausili, per la maggior parte tecnologici, si classificano in due categorie:

− per disabilità motorie differenti per tipo e per entità dell’inabilità − per disabilità sensoriali raggruppate secondo diversi criteri: ad

esempio in base alla tecnologia utilizzata o alla funzione per cui sono stati concepiti o ancora secondo le categorie di menomazioni cui si rivolgono, etc.

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Classificare secondo le “tecnologie” significa creare raggruppamenti che nulla hanno a che vedere con il regolare utilizzo dell’ausilio. Un ausilio tecnologicamente “povero” può svolgere la stessa funzione con efficienza anche maggiore di uno più sofisticato. Nei raggruppamenti devono perciò coesistere apparati basati su tecnologie diverse.

Classificare, invece, secondo le funzioni significa assegnare una funzione precisa ad ogni singolo ausilio, ad esempio scrivere, comunicare, etc. La difficoltà balza agli occhi quando si vanno a considerare gli strumenti informatici, per definizione destinati ad usi del tutto generali. Classificare gli ausili intendendoli come soluzioni a precise categorie di menomazioni significa identificare un legame stretto fra problema e soluzione.

L’unica classificazione standardizzata a livello nazionale ed europeo è lo standard ISO 9999, di tipo gerarchico che distingue gli ausili sulla base delle funzioni/ambiti di vita cui sono destinati: gli ausili tecnologici informatici, elettronici e telematici sono raggruppati secondo un modo comune e condiviso tale da permettere l’identificazione degli oggetti in questione.

Il primo anello della catena di dispositivi che permette alla persona con gravi disabilità motorie (cioè con pochi movimenti controllabili volontariamente) di controllare gli strumenti elettrici/elettronici, a partire dai giocattoli agli elettrodomestici, dagli strumenti per la comunicazione al computer è il sensore. I sensori o switchers trasformano una grandezza di tipo meccanico (es. pressione), pnuematico (es. soffio), elettrico (es. potenziale miolettrico) nella chiusura/apertura di un contatto elettrico che va a comandare un dispositivo con un segnale del tipo acceso/spento (on/off). Esistono molti modelli di sensori le cui caratteristiche principali sono le modalità di azionamento che comprendono: la pressione (es. sensori piatti da tavolo, pedalieri,..) la trazione, lo sfioramento (non è richiesta alcuna forza per azionarli), la deformazione/urto (es. sensori ad asta flessibile), il soffio (o pressione su un cuscino d’aria), l’azionamento a distanza (es. sensori a fotocellula), il potenziale mioelettrico (azionabili mediante la contrazione di un muscolo) e l’emissione vocale.

Altra caratteristica è rappresentata dalla tecnologia utilizzata che si suddivide in:

− elettromeccanica in cui il comando viene dato azionando fisicamente il contatto,

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25 − elettronica dove un suono, la chiusura di una palpebra, la

contrazione di un muscolo etc. vengono rilevati e trasformati in segnale di comando da un apposito circuito,

− pneumatica dove una variazione di pressione di aria (il soffio,

la pressione di un cuscinetto in gomma, etc.) viene trasformata da un pressostato in un segnale on/off.

Infine, altre peculiarità dei sensori riguardano le dimensioni, la forma e il colore. Quelli piccoli possono avere dimensioni poco superiori a quelle della capocchia di uno spillo, mentre i più grandi possono essere costituiti ad esempio da pedane o ampie superfici sensibili. I sensori a pressione da tavolo (i più diffusi) presentano una superficie di azionamento circolare, ellittica o rettangolare che va da 3 cm di diametro a 15 cm. Nella produzione più recente i colori ed il design hanno assunto un’importanza notevole: si possono, infatti, trovare in commercio sensori diversamente colorati e anche con simpatici disegni e sono realizzati tipicamente in materiale plastico.

Altri ausili da prendere in considerazione sono i comunicatori e gli input/output speciali al personal computer. I primi sono ausili normalmente portatili che costituiscono un supporto facilitante nell’esecuzione di alcune funzioni del processo comunicativo interpersonale. Le funzionalità di questi comunicatori sono quelli di richiamare, selezionare, comunicare ed apprendere.

La comunicazione consentita da questi strumenti richiede nella grande maggioranza dei casi la presenza dell’interlocutore (in quanto essa normalmente non resta fissata su un supporto permanente, es. stampa) ed è basata su concetti e contenuti espressi in forma sintetica attraverso simboli. Le stesse funzioni che si realizzano sui comunicatori portatili posso essere rivolte anche su PC a mezzo di opportuni software. In più i comunicatori normalmente consentono di associare alla scelta della singola figura o simbolo, l’emissione di una parola o di una frase pre-registrata. L’uso di linguaggi simbolici strutturati (es. Bliss, PCS, PIC, etc.) può essere supportato da comunicazioni più evoluti, in grado di rendere possibile questo modo alternativo di comunicare, in cui un concetto elementare è individuato da un simbolo e un concetto complesso da una combinazioni di simboli.

Infine, a completare quest’anello di ausili tecnologici ci sono gli input/output speciali da applicare al personal computer. Alla categoria degli input appartengono sia prodotti progettati appositamente per disabili sia quelli di normale diffusione commerciale, le cui caratteristiche li rendono indicati in casi di particolari inabilità

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funzionali. Oltre ai sensori il cui ruolo ha senso solo in collegamento a sistemi di elaborazione del segnale, le periferiche speciali per un accesso al PC sono così suddivise: tastiera normale adattata, tastiere speciali (espanse, ridotte, programmabili), sistemi di puntamento (mouse, trackball, joystick,), emulatori di mouse e tastiera ed input vocale. Alcune periferiche speciali si sostituiscono o si affiancano direttamente alle periferiche standard, altre necessitano viceversa di una opportuna interfaccia hardware o software (driver): questo elemento può influenzare la compatibilità di questi dispositivi rispetto ai programmi applicativi. Per quanto riguarda, invece, gli output comprendono i video per la disabilità della vista, l’audio per la disabilità dell’udito, software personalizzati in relazione alla didattica per la disabilità cognitiva e software specifici per la disabilità di apprendimento.

La guida alla scelta degli strumenti deve essere coerente con gli obiettivi didattici/educativi/riabilitati che ci si propongono, deve tenere conto della molteplicità dei parametri legati al tipo di difficoltà

dell’utente, prendere in considerazione il tipo di

conoscenza/competenza che si vuole indurre ed il contesto in cui verranno utilizzati.

ZONA UFFICI ED AMBULATORI

Al primo piano della struttura in cemento armato si sviluppano una serie di uffici amministrativi ed ambulatori specifici, localizzati simmetricamente su una superficie netta di 404 mq.

Su un lato sono situati l’ufficio amministrativo di 23,55 mq, l’ufficio contabilità di 20,40 mq (entrambi di colore arancione), la reception di 18,61 mq (colore rosso) e l’ausilioteca (color salmone). Frontalmente gli ambienti sono così distribuiti: la sala riunioni medici di 41,60 mq, l’archivio medico di 10,32 mq, la direzione sanitaria di 18,96 mq, due sale visite contigue di misure rispettivamente 15,48 mq e 15,58 mq e la sala d’attesa di 25,85 mq (varie tonalità di verde).

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Fig.2.4.1.1.3 - Piano Primo - Zona uffici ed Ambulatori

Particolare importanza assume l’ambito destinato all’ausilioteca che è costituita da una consistente dotazione di ausili tecnologici e di postazioni informatiche, costantemente aggiornata e rinnovata, utilizzata sia in fase di ricerca e sperimentazione, sia in fase di consulenza ai disabili. Quest’attività serve per dare un supporto professionale personalizzato alle persone disabili, ai loro familiari ed agli operatori che li hanno in carico al momento di affrontare le prospettive di autonomia o di miglioramento della qualità di vita beneficiando dell’uso degli ausili. L’utilizzo di questi serve a migliorare il livello di funzionalità (abilità) della persona disabile ed a ridurre le richieste dell’ambiente socio-fisico. Per capire come ciò possa avvenire, occorre acquisire piena consapevolezza non solo delle loro specifiche (componenti tecnologiche), ma anche delle caratteristiche dell’essere umano che le utilizza (componenti umane) e infine delle richieste dell’ambiente fisico, sociale ed economico (componenti socio-economiche).

ZONA DI COLLEGAMENTO TRA LE DUE STRUTTURE

Le due strutture sono collegate da un corridoio lungo 17,40 mt e largo 10,60 mt su una superficie totale di 65,25 mq.

Al suo interno è posizionata un edicola di 12 mq e panchine per consentire il riposo a tutte le persone che ne necessitano. Inoltre, vi si può accedere da due doppi ingressi disposti simmetricamente rispetto al corpo vano scala ascensore.

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2.4.1.2. Descrizione centro riabilitativo

Il complesso edilizio di 813 mq si estende su due livelli.

Il piano terra è destinato esclusivamente ad ambienti di idroterapia che riproducono dei sistemi di cura basati sull’azione dell’ acqua che produce degli stimoli termici sul corpo umano (Fig.2.4.1.2.1). L’idroterapia sfrutta le proprietà chimiche e fisiche dell’acqua servendosi di alcuni strumenti meccanici come le vasche ad idromassaggio che, combinando l’azione del caldo ai getti idrici, consentono di distendere i muscoli e riattivare la circolazione. L’idroterapia è uno strumento di prevenzione, riabilitazione e cura di numerosi disturbi, infatti viene usata per alleviare il dolore, depurare l’organismo e stimolare le funzioni, riequilibrare il sistema nervoso e il metabolismo, indurre uno strato di rilassamento e mantenere il benessere psicofisico. A scopo terapeutico l’acqua può essere utilizzata calda o fredda oppure sotto forma di ghiaccio o vapore. I trattamenti in genere prevedono bagni in acqua fredda o calda ed a tal proposito si è ipotizzato nel centro di riabilitazione un ambiente dedicato al bagno ad immersione (area pari a 26,55 mq) al cui interno si è considerato una vasca a fondo mobile.

In più vi è un altro spazio di 54,64 mq dedicato esclusivamente ai camminamenti vascolari in cui si effettua una ginnastica eseguita mediante l'alternanza di camminamenti a diversa temperatura (caldi e freddi). Al suo interno sono collocate due vasche profonde 80 centimetri, con il fondo ricoperto di ciottoli di fiume, colme di acqua salsobromojodica, con idromassaggi laterali a pressione differenziata (massima a livello del piede, ridotta alla radice della coscia). La temperatura dell’ acqua varia di 10°C tra una vasca e l’ altra (rispettivamente 22°C e 32°C circa).

L’ immersione in acqua salsobromojodica permette di sfruttare gli effetti biologici di questo tipo di acqua tra cui vanno ricordati quelli antiflogistici e quelli rilassanti.

L’alternanza di temperatura all’interno delle vasche sottopone il sistema circolatorio a vasodilatazioni e vascocostrizioni in successione con benefici effetti sulle pareti muscolari dei vasi. Inoltre assumono ruolo fondamentale i ciottoli presenti sul fondo della vasca perché aiutano a migliorare la circolazione sanguigna.

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29 All’interno dell’edificio si trova anche un’area di 27,84 mq (colore

arancione in figura) completamente diversa dall’attività

idroterapeutica e dedita esclusivamente all’attività di gruppo che può fungere anche come sala di “intrattenimento” prima dell’inizio terapeutico.

Fig.2.4.1.2.1 - Piano Terra - Idroterapia

Per quanto riguarda il primo piano del centro di riabilitazione vi si accede tramite i due vani scala esterni ed è suddiviso in diverse aree polivalenti che si distribuiscono su una superficie complessiva di 411 mq (Fig. 2.4.1.2.2).

Fig.2.4.1.2.2 - Piano Primo - Centro Riabilitazione

La presenza di varie attività terapeutiche ha lo scopo di raccogliere molteplicità di persone con diverse patologie cercando di aiutarle

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nella loro quotidianità. Vi è infatti un ambiente di 26,75 mq dedicato alla logopedia che serve alla riabilitazione del linguaggio, della parola, della voce, all’utilizzo di metodi di comunicazione alternativa “C.A.A.”, alla riabilitazione delle dislessie, disortografie, disgrafie e discalculie, ai recuperi vocalici post interventi chirurgici (ad esempio: laringectomia, cordectomia,,etc), alla riabilitazione del linguaggio in età adulta conseguente ad ictus cerebrale ed all’abilitazione del linguaggio in pazienti da ipoacusia media, grave e profonda.

Un’altra area di 28,78 mq è destinata alla fisioterapia, basata su un insieme di tecniche che utilizzando il movimento, tendono a recuperare o a migliorare un gran numero di malattie, affezioni, deficit generalizzati o localizzati. Vengono usate sia tecniche di base come il massaggio, il prétissage, le frizioni, le vibrazioni, il massaggio strumentale in un contesto psicologicamente positivo e collaborativo sia tecniche più complesse che riguardano le varie forme di

elettroterapia. Quest’ultime comprendono ultrasuonoterapia,

magnetoterapia, laserterapia, ipertermia, diatermia, elettroterapia di muscoli, rieducazione motoria attiva e/o passiva per patologie semplice e complesse, mobilizzazioni della colonna vertebrale e di altre articolazioni, rieducazione postulare e respiratoria ed anche trattamenti osteopatici.

Adiacente al reparto di idroterapia sono situate due sale destinate rispettivamente all’attività motoria (superficie di 59,55 mq) e all’attività terapeutica (superficie di 58,12 mq). In queste sale si svolgono un insieme di tecniche che partendo dalle azioni sul corpo mirano a modificare e a migliorare le funzioni mentali e/o psicofisiche alterate. Vengono effettuati, infatti, esercizi graduati secondo la capacità del soggetto che vanno dal rilasciamento al riequilibrio e alla coordinazione oculo-manuale, spazio-temporale, al ritmo, alla coordinazione dinamica generale ed all’orientamento spaziale. L’obiettivo della psicomotricità è considerare il paziente come unità psicofisica in relazione anche al suo ambiente di vita.

Infine, a completare la suddivisione degli ambienti c’è il reparto di infermeria che si estende su una superficie di 28,12 mq ed un magazzino di 14,92 mq che serve per il deposito di materiali ed attrezzature.

Lo scopo, quindi, del centro di riabilitazione è quello di curare la persona con la sua patologia avvalendosi di quest’ampia struttura suddivisa in molteplici ambienti idonei, attrezzati e confortevoli ed in percorsi riabilitativi ben determinati.

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2.4.1.3. Materiali

L’edificio presenta un aspetto compatto e fortemente ancorato al suolo dando l’idea sia di un forte potenziale espressivo che di una varietà d’immagine grazie alla sua copertura mista tra copertura piana e volta a botte vetrata, sfuggendo così allo stereotipo del “parallelepipedo/scatola”.

Il centro di riabilitazione è rivestito da pannelli prefabbricati di tamponamento costituiti da lastre piane montate in orizzontale dell’azienda “TRECOLLI”. Sono pannelli realizzati in cemento armato con interposti strati di alleggerimento ed isolamento di geometrie e materiali diversi a seconda delle necessità.

Nel caso in esame le facciate esterne del centro di riabilitazione sono ricoperte dalla stessa geometria di pannello con spessore 25/30 cm, altezza massima pari a 300 cm e lunghezza pari a 1200 cm ma con due materiali diversi. Al piano terra si sono usati pannelli di finitura superficiale in graniglia di marmo color bianco zandobbio e al primo piano, invece, pannelli in ghiaietto di fiume lavato della stessa tonalità di colore del precedente.

All’involucro del centro si sono voluti applicare questi materiali per simulare i banchi di tufo di una cava, presenti in prossimità dell’insediamento, dando una possibile interpretazione di un “non luogo”.

La copertura piana di ogni singolo blocco è rivestita in lamiera di allumino con isolamento termico in polistirene estruso, mentre la parte centrale che unisce i due edifici è ricoperta da una volta a botte vetrata che ha lo scopo di illuminare il percorso interno creando un giusto gioco di luci ed ombre tra i vari ambienti interni e di illuminare solo i corpi vani scala esterni. L’obiettivo della superficie vetrata è quello di alleggerire la struttura conferendogli una certa trasparenza e lucentezza.

Per quanto riguarda, invece, le pavimentazioni esterne sono realizzate in gres ceramico ed in pietra calcarea.

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2.4.1.4. Impianti

Nell’ambito della progettazione impiantistica le modalità di calcolo, i criteri di scelta nonché le tipologie di installazione fanno riferimento alla totalità delle norme di legge esistenti, alle normative UNI, nei casi previsti e alle norme di buona tecnica.

IMPIANTO IDRICO

L’area sarà connessa alla rete idrica cittadina attraverso una tubazione interrata, dotata di apposito sistema per la sconnessione idraulica, predisposta dal punto di consegna dell’Ente erogatore fino ai vari punti di utilizzo.

IMPIANTO DI FOGNATURA E DI SMALTIMENTO ACQUE METEORICHE Tutti i servizi igienici previsti nel complesso saranno dotati di una rete di scarico corrente di norma sotto pavimento nel massetto tecnico allo scopo previsto. All’interno di questo impianto verranno fatte defluire le acque meteoriche che verranno prima convogliate in determinati pozzetti di raccolta.

IMPIANTI ELETTRICI E SPECIALI

Tutti i materiali impiegati nella realizzazione dei lavori saranno conformi alle prescrizioni indicate nelle specifiche tecniche, alle norme CEI, alle dimensioni unificate secondo le tabelle UNEL e dovranno essere per qualità e provenienza di primaria casa costruttrice e fra quanto di meglio il mercato sia in grado di fornire, nonché essere nuovi di costruzioni. Particolare cura sarà posta nella scelta delle apparecchiature in considerazione anche della continuità del servizio, della facilità di manutenzione e della economicità di esercizio.

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2.4.1.5. Spazi Esterni - Urbanizzazioni - Arredo Urbano

Le aree libere da costruzioni all’interno dell’ambito sono destinate rispettivamente a fascia di rispetto del Torrente Gravina, ovvero a superfici destinate a strade, marciapiedi, percorsi pedonali, parcheggi e verde. Una consistente parte della superficie territoriale dell’ambito (40% del totale) è dettata dalle norme della V.E.P. a verde.

Si è provveduto così, secondo criteri di qualità, durata e funzionalità dei materiali adoperati, alla realizzazione di una rete di servizi di urbanizzazione primaria necessaria e all’esecuzione del ponte di collegamento stradale fra l’ambito C7 e quello adiacente C8 permettendo così agli utenti dell’ambito C7 di entrare direttamente dallo svincolo sulla S.S.99. E’ quindi evidente il ruolo di completamento e rafforzamento del centro commerciale già esistente con il nuovo centro di riabilitazione.

PARCHEGGI

Sono previsti ampi spazi sia di parcheggi pubblici lungo l’arteria di accesso a doppia corsia, nella fascia di rispetto del Torrente Gravina, così come consentito dalla normativa che di parcheggi privati ubicati nei singoli lotti edificabili. Le aree destinate a parcheggi sono pavimentate con masselli autobloccanti in calcestruzzo del tipo ad assorbimento permeabile delle acque atmosferiche. Nell’aera di parcheggio sono realizzate aree a verde con alberi ed aiuole ed aree pedonali pavimentate da masselli autobloccanti di calcestruzzo e/o cotto contornate da cordoli in pietra calcarea. Inoltre sono previsti un numero adeguato di parcheggi riservati ai disabili così come stabilito dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495.

AREA A VERDE

La progettazione dell’area a verde assume particolare importanza per la sistemazione ambientale della zona dopo l’urbanizzazione di primo impianto. La superficie complessiva del verde prevista è superiore al 40% di superficie territoriale.

Il verde della fascia di rispetto è destinato ad uso pubblico, infatti è prevista una “sistemazione a parco e/o rinaturalizzata” mediante interventi di riforestazione e di realizzazione e/o adeguamento

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dell’arredo e dell’attrezzamento degli spazi aperti. La zona contigua al torrente è destinata a parco “boscato” assumendo così un aspetto naturalistico. La progettazione a verde verrà eseguita unitariamente con prescrizioni comuni a tutti i lotti per raggiungere una perfetta unione paesaggistica fra edifici ed aree libere. L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di un graduale passaggio dalla campagna coltivata circostante ad una zona urbanizzata con la predominanza del verde, incentivando e normando la piantumazione di essenze autoctone nelle aree di pertinenza dei lotti edificabili nella misura minima di 1 albero ogni 10 mq.

2.5.

Accessibilità e Sistema Loges

Il centro di riabilitazione è rivolto a tutti, in particolare a persone “con bisogni speciali”, bisogni che vengono talora minimizzati ed altre volte ampliati, si tratta di disabili visivi. Con questo termine si comprendono sia i non vedenti o ciechi assoluti che gli ipovedenti. Senza voler scendere in definizioni medico-legali e limitatamente a quanto concerne l’argomento in oggetto, si possono individuare i primi in coloro che non sono in grado di cogliere attraverso la vista

praticamente nessuna informazione significativa in ordine

all’ambiente esterno; i secondi, invece, possono avvalersi del loro residuo visivo, anche se con molte limitazioni e trovandosi in situazioni percettive estremamente differenziate, sia sotto il profilo dell’acuità che sotto quello dell’ampiezza del campo visivo. E’ comunque esperienza comune di tutti coloro che hanno percorso più o meno lentamente l’intero cammino dalla normovisione alla cecità, che anche delle minime percezioni si rivelano utili, soprattutto quando l’esperienza ha insegnato il modo migliore per sfruttarle.

Garantire ai “disabili visivi” di muoversi all’interno o all’esterno degli ambienti è di fondamentale importanza perché li aiutano a vivere con normalità la loro vita quotidiana ed ad orientarsi senza necessariamente l’aiuto di qualcuno. Ciò è possibile proprio grazie all’applicazione sul pavimento di particolari piastrelle gommate che identificano un codice interpretabile solo da loro attraverso il tatto o il cosiddetto “bastone bianco”. Questo codice è conosciuto come SISTEMA LOGES, ed è stato progettato per l’intera struttura in esame.

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2.5.1. Mobilità

La possibilità di muoversi in ambienti interni ed esterni è un presupposto necessario per la vita di relazione, per lo studio, l'attività lavorativa e lo svago. La soluzione cui finora i disabili visivi hanno fatto più frequente ricorso è quella di farsi accompagnare da familiari o amici, anche se la sempre più marcata frammentazione delle famiglie e la sempre maggiore tumultuosità della vita moderna rendono via via più aleatori tali supporti, ai quali si cerca di supplire anche mediante volontari messi a disposizione dalle Associazioni di categoria. Anche quando il ricorso ad aiuti esterni è possibile, questo in ogni caso non integra affatto il concetto di piena autonomia, dato che questa implica per definizione il fare da soli.

Naturalmente il problema non esiste tanto per i luoghi conosciuti e relativamente semplici, come possono essere le strade adiacenti alla propria abitazione o il tragitto abituale per recarsi al lavoro: la memoria, l'abitudine e la conoscenza di tutti gli indizi sonori, olfattivi e tattili naturali presenti nel percorso, rendono tutto abbastanza facile. Ma quando ci si trova di fronte ad un incrocio complesso e irregolare, pieno di traffico, o in un luogo poco conosciuto, articolato e magari pieno di rumori e di folla, come ad esempio una grande stazione ferroviaria o della metropolitana, o in una piazza piena di gente e di traffico, il compito di orientarsi da soli e nei rapidi tempi imposti dalla frenetica vita moderna diventa davvero difficile.

All'obiezione di qualcuno, secondo il quale non sono molti i ciechi disposti a muoversi da soli, si può rispondere che ciò dipende molto probabilmente e in gran parte proprio dalla mancanza di sistemi di guida semplici, efficaci e soprattutto affidabili; d'altra parte non è difficile constatare come in particolare i giovani minorati della vista tentino di conquistare una sempre più ampia indipendenza in questo campo. E' invece vero che è ben difficile che un cieco anziano, abituato da sempre ad affidarsi al braccio di un accompagnatore, decida improvvisamente di rendersi autonomo, a meno che non sorga un'improvvisa necessità in tal senso.

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2.5.2. Le barriere architettoniche

Il diritto alla mobilità di tutti, e quindi anche delle persone con disabilità, temporanea o permanente, di qualsiasi origine, deve essere garantito attraverso l'eliminazione delle barriere architettoniche.

Con questo termine si indicano, secondo quanto previsto dalle norme, sia gli ostacoli di tipo fisico, come gradini, scalinate, passaggi troppo stretti, ecc., sia "la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi" (Art. 1.2 lettera c) del D.P.R. 503/1996). Si è sancito in questo comma l'obbligo di eliminare quelle specifiche barriere architettoniche che sono conosciute con il nome di "barriere percettive", definendone chiaramente il concetto.

Nel primo caso le norme impongono la rimozione di ostacoli o la modifica di situazioni negative esistenti in opere già eseguite o, per quelle nuove, la costruzione di opere che siano già in partenza prive di tali ostacoli o situazioni negative (rampe per superare dislivelli, ascensori, adeguata larghezza dei passaggi, , ma anche una migliore organizzazione della pedonalità urbana, ecc.).

Nel secondo caso le norme impongono l'adozione di interventi specifici consistenti nell'aggiungere qualcosa al già costruito o nel costruire il nuovo inserendo nelle normali strutture alcuni accorgimenti a beneficio delle persone con disabilità visiva. Il riferimento è a segnali tattili sul piano di calpestio, mappe a rilievo, segnalatori acustici ai semafori, per i non vedenti; per gli ipovedenti si deve provvedere, oltre che a un forte contrasto di luminanza fra i segnali tattili e l'intorno, a una illuminazione degli ambienti adeguata sia per intensità che per disposizione dei corpi illuminanti, ad una segnaletica accessibile per tipo e grandezza dei caratteri, per posizionamento e sufficiente illuminazione. A beneficio dei non udenti vanno previsti segnali di allarme visivi, telefoni speciali, ecc.).

Sia con riferimento alle barriere fisiche che a quelle percettive,è ovvio che sarebbe economicamente conveniente, oltre che obbligatorio, che le nuove opere fossero fin dall'inizio concepite esenti da barriere. Anzi, si dovrebbe sempre evitare di concepire gli ausili ambientali per i disabili come un qualcosa di posticcio da aggiungere al normale progetto, ma progettare direttamente per una utenza allargata. In altre parole, è necessario che si diffonda e si affermi definitivamente il principio del "design for all", e cioè una progettazione che tenga

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37 conto già in partenza delle esigenze di tutti; con tale termine si vuole superare il concetto di una progettazione specificamente rivolta alle necessità dei disabili, per allargarlo a comprendere una migliore qualità della vita anche per le persone anziane e per chi viene a trovarsi, seppur solo temporaneamente, menomato in qualche sua facoltà. In questo senso si parla più correttamente di "persone con bisogni speciali", piuttosto che di "persone disabili".

Vi comprendono quindi anche persone traumatizzate,con patologie cardiache o respiratorie, con allergie di vario tipo, con difficoltà cognitive o attentive.

I termini "design for all" e il quasi equivalente "universal design" si riferiscono a tutto ciò che viene a contatto con l'individuo, siano essi prodotti, servizi o lo stesso ambiente che ci circonda.

Tuttavia gli interventi per eliminare le barriere percettive sono di gran lunga i meno adottati, sia perché le relative norme sono meno conosciute, sia perché sono meno note le soluzioni concretamente idonee ad eliminarle, sia infine per la barriera culturale consistente nell'errore diffuso purtroppo non solo nell'opinione pubblica, ma anche fra i giornalisti e i tecnici, di identificare i "disabili" con le persone su sedia a ruote.

Conseguentemente i luoghi nei quali queste ultime possono accedere per l'assenza di gradini o porte strette vengono automaticamente considerati "accessibili" e quindi a norma.

Ciò è rinforzato dal messaggio visivo offerto dal simbolo internazionale dell'accessibilità che consiste proprio in una sedia a ruote.

D'altra parte è ovvio che le barriere fisiche sono quelle maggiormente evidenti e facili da capire; di qui il vizio di fondo da cui sono inficiati i risultati pubblicati in centinaia di "guide all'accessibilità", realizzate negli ultimi anni in varie città da associazioni e comitati per l'abbattimento delle barriere architettoniche e dalle quali si apprende che una certa percentuale di uffici pubblici, di strutture sportive o ricettive o ricreative sono "accessibili ai disabili", mentre poi a ben guardare, ci si accorge che per non vedenti ed ipovedenti manca qualunque accorgimento se non la pulsantiera a rilievo nell'ascensore, cosa del tutto inutile se il cieco non è posto in grado di raggiungerlo da solo per la presenza di guide naturali o con le apposite piste tattili.

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2.5.3. Accessibilità autonoma

Il concetto di "accessibilità" è strettamente connesso con quello di "autonomia" e ciò è ben presente al legislatore che coniuga questi due termini nella stessa definizione di accessibilità e vi aggiunge quello ulteriore di "sicurezza" (Art. 2 lett. G) D.M. 236/1989).

il fine che si deve perseguire con l'eliminazione delle barriere architettoniche è quindi quello di assicurare ai disabili l'autonomia nella mobilità, ossia la possibilità per essi di spostarsi da soli in condizioni di sicurezza e con la piena consapevolezza dello stato dei luoghi, della dislocazione dei servizi di interesse generale e del percorso da seguire per raggiungere la meta prefissata.

D'altra parte, la necessità che il concetto di mobilità sia sempre collegato, anche implicitamente, a quello di autonomia, è evidente solo che si rifletta sul fatto che un cieco accompagnato non ha problemi nei suoi spostamenti, come non ne avrebbe un disabile su sedia a ruote accompagnato da robusti assistenti.

Ne consegue che i servizi di accompagnamento per i disabili, lodevolmente organizzati nell'ambito delle stazioni ferroviarie, delle aerostazioni e in alcune strutture pubbliche, pur essendo molto apprezzati anche dai disabili visivi che per l'età o per loro scelte individuali non si sentono in grado di muoversi da soli, non possono in nessun caso costituire una alternativa che liberi i gestori dall'obbligo di dotare le strutture degli ausili e degli accorgimenti necessari a renderle accessibili in totale autonomia.

La mobilità autonoma, poi, dipende da tre fattori: la motricità, intesa come capacità fisica di spostare il proprio corpo, l'orientamento, inteso nel senso di capacità di finalizzare i propri spostamenti a degli obiettivi previsti e voluti, e la percezione degli ostacoli e dei pericoli. Sebbene, il disabile motorio è capace di orientarsi e di evitare gli ostacoli, ma difetta nella motricità, al contrario il cieco non ha problemi di motricità ma può incontrare gravi difficoltà nell'orientamento e nella percezione.

Questa affermazione, che potrebbe sembrare ovvia e irrilevante, merita invece una attenta considerazione. Da un lato, infatti, capita spesso che occasionali accompagnatori di non vedenti, ma purtroppo talora anche degli sprovveduti membri del personale di assistenza, si sforzino di sollevare quasi di peso i loro assistiti nella salita o addirittura nella discesa di scale, come se il problema fosse di natura muscolare e non semplicemente percettivo; d'altra parte spesso non si considera che proprio dove siano presenti ampi spazi liberi e senza

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39 ostacoli, il cieco si trova in grave difficoltà, mancandogli i necessari riferimenti.

Si possono poi individuare altri due fattori in grado di condizionare la mobilità dei non vedenti, uno di carattere psicologico e un altro di ordine sociologico. Il primo, molto legato anche all'età anagrafica del soggetto, dipende dalla sua maggiore o minore motivazione ad acquisire un'indipendenza negli spostamenti e quindi a vincere la sua comprensibile resistenza ad affrontare da solo uno spazio ignoto. Per immedesimarsi in una tale spiacevole sensazione è sufficiente per un normovedente immaginare di guidare in una nebbia assolutamente impenetrabile nel caso dei non vedenti e, invece, risulta più o meno fitta, nel caso degli ipovedenti, anche se quest'ultimo è un riferimento puramente indicativo.

Il fattore limitante di carattere sociologico consiste nel fatto che gli altri, gli estranei, si aspettano che un cieco non sia capace di spostarsi autonomamente, rinforzando così in lui la sfiducia nelle sue possibilità e ponendo in essere quella che i tiflologi chiamano "reciprocazione del limite". Su tali fattori si può influire rispettivamente mediante la frequenza di corsi di orientamento e mobilità e diffondendo presso l'opinione pubblica una immagine del non vedente meno stereotipata e più aderente alla realtà.

Un'altra osservazione, anch'essa ovvia, ma propedeutica alla migliore comprensione del fenomeno, è quella che, essendo lo spostamento un concetto relativo, esso implica due entità: un soggetto che si sposta e un ambiente nel quale il soggetto si muove; ne consegue la necessità di tenere in considerazione da un lato le capacità del soggetto e dall'altro l'idoneità specifica dell'ambiente a favorire tale spostamento. E' d'altronde intuitivo che non sarebbe lecito chiedere che l'ambiente venga adattato alle nostre esigenze di soggetti svantaggiati senza nel contempo agire per potenziare al massimo le nostre capacità residue.

Il concetto di mobilità soggettiva di un non vedente va rapportato alla sua capacità di effettuare spostamenti autonomi, efficaci ed esenti da pericoli e da stress; in tale affermazione il solo termine che merita un chiarimento è quello di "efficacia", che potrebbe tradursi come "ragionevole rapidità o tempestività", dato che il movimento implica una relazione spazio-temporale.

Presupposto indispensabile perché un disabile visivo possa pensare di acquisire una buona autonomia nei suoi spostamenti, è l'affinamento

delle competenze percettivo deduttive, l'acquisizione delle

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e sconosciuti, delle tecniche di deambulazione in sicurezza e dell'uso corretto degli ausili primari alla mobilità autonoma, bastone bianco lungo e cane guida. Altri elementi fondamentali per far si che il disabile visivo si orienti in un determinato ambiente, interno od esterno, e riceva le informazioni ambientali necessarie sono le guide naturali.

Per "guida naturale" si intende comunemente una particolare conformazione dei luoghi, tale da consentire al disabile visivo di orientarsi e di proseguire la sua marcia senza bisogno di altre indicazioni, anche in luoghi da lui non abitualmente frequentati; si tratta del Sistema Loges.

2.5.4. Sistema Loges

Il linguaggio tattile LOGES è realizzato mediante l'inserimento nella pavimentazione dei marciapiedi o del'interno degli edifici di speciali piastrelle, le cui differenti tipologie si avvertono facilmente sotto i piedi e con il bastone bianco. Esse sono fabbricate in gres, in pietra naturale o in gomma; in quest'ultimo caso le piastre possono anche essere incollate su un pavimento che sia perfettamente levigato.

I segnali fondamentali sono due, quello di direzione rettilinea e quello di arresto/pericolo. Il segnale di direzione rettilinea è costituito da una pista larga 60 centimetri, contenente dei canaletti che nel centro sono più distanziati fra loro, mentre ai lati sono abbastanza stretti. Ci si cammina sopra facendo in modo che i piedi siano paralleli ai canaletti stessi; ad ogni passo ci si può rendere conto se si sta procedendo in linea retta o se si sta deviando di lato e si può in tal modo seguire facilmente la pista tattile. Naturalmente se si calzano scarpe con la suola molto spessa e rigida, ciò diventa più difficile, anche se non impossibile, dato che i canaletti si sentono non tanto con il senso tattile plantare, quanto con il senso cinestetico, apprezzando cioè la sensazione di dislivello laterale che ci viene trasmessa dalla caviglia per il fatto che un lato del piede si trova sul cordolo e l'altra parte invece poggia dentro il canaletto. Se si usa il bastone lungo, esso può essere utilizzato con il classico movimento pendolare per individuare eventuali ostacoli; se la punta viene fatta strisciare per terra da destra a sinistra e viceversa, si avverte perfettamente la presenza dei canaletti; ciò è meno netto se l'intorno è costituito da mattoni di cemento autobloccanti che

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41 presentano un certo spazio fra l'uno e l'altro. Per questo motivo nel manuale di progettazione del linguaggio Loges si specifica che il pavimento adiacente al percorso deve essere il più liscio e uniforme possibile, creando eventualmente due strisce di asfalto o altro materiale compatto per isolare la zona dei canaletti da quella recante delle sconnessure. Un'altra possibilità consiste nel tenere il bastone fermo in posizione obliqua verso avanti e verso un lato, infilando la sua punta in uno dei canaletti della pista. Ad esempio, se si impugna il bastone con la mano destra, questa dovrà stare una quarantina di centimetri più avanti del nostro corpo e un po' più allargata rispetto al nostro fianco, mentre la punta del bastone sarà fatta scorrere in uno dei canaletti di sinistra. In questo modo ci si protegge quasi completamente nei confronti di eventuali ostacoli posti sul nostro cammino, ma che comunque non possono essere veramente pericolosi, dato che si sta utilizzando un percorso protetto. Il bastone va tenuto senza premerlo sul pavimento, in modo che segua l'andamento dei canaletti senza deragliare. La maggiore o minore facilità di questa operazione dipende dalla forma della punta del bastone: quella a forma di piccola pera o anche cilindrica è la più utile.

Il secondo segnale fondamentale è quello di arresto/pericolo, che dice che non si deve oltrepassare. E' costituito da una striscia di piastrelle recanti delle cupolette che si avvertono molto bene sotto i piedi. Questo segnale viene posto lungo le banchine ferroviarie in corrispondenza della striscia gialla che segnala ai normovedenti la zona vicina al binario sulla quale non bisogna sostare quando arriva un treno; se è posta sul bordo di un marciapiede, indica che in quel punto non si deve attraversare la strada.

Gli altri segnali sono denominati di “secondo livello", dato che non sono essenziali come i primi due, ma comunque forniscono informazioni ulteriori sicuramente utili. Il segnale di svolta obbligata ad angolo retto è costituito da una combinazione dei canaletti e delle cupolette: è un quadrato diviso in due triangoli, uno dei quali ospita le cupolette che dicono che non si deve procedere in quella direzione, mentre l'altro triangolo contiene dei canaletti obliqui che uniscono i due tratti di percorso perpendicolari fra loro, seguendo i canaletti si svolta automaticamente insieme alla pista. I canaletti possono anche essere curvi per rendere più facile alla punta del bastone di seguire la svolta.

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Il codice di incrocio viene posto nel punto in cui la pista tattile vi offre la scelta se girare a destra o a sinistra o proseguire dritti ed è formato da un quadrato coperto da numerosi dischetti poco sporgenti. Invece il segnale di attenzione/servizio avverte che in quel punto della pista si deve prestare attenzione,senza che vi sia un vero pericolo, ad esempio perché si sta per attraversare una porta, oppure avverte che in quel punto accanto alla pista, sulla propria destra o sulla sinistra, a seconda che il segnale sporga a destra o a sinistra rispetto alla pista stessa, si trova un oggetto che può interessare, come un telefono, una mappa tattile o la macchina per timbrare il biglietto ferroviario. Questo segnale è costituito da una righettatura fitta e sottile perpendicolare al vostro senso di marcia. Questi vengono chiamati segnali di secondo livello perché sotto i piedi non sono immediatamente riconoscibili e possono sembrare una superficie normale, diversa comunque sia dai canaletti della direzione rettilinea che dalle cupolette del segnale di arresto/pericolo. Proprio questa diversità indurrà a indagare di cosa si tratti: basterà strusciare un attimo la punta della scarpa o la punta del bastone per capire se si sta sui dischetti del segnale di incrocio o sulla righettatura del segnale di attenzione/servizio.

L'ultimo segnale è quello di pericolo valicabile, che dice che è possibile superarlo, ma con cautela: esso viene posto ad esempio sugli scivoli, circa mezzo metro prima che dal marciapiede si passi alla sede stradale, oppure subito prima di una scalinata in discesa. Si ottiene ponendo prima una striscia di 20 centimetri di segnale di attenzione (righettato sottile perpendicolare al senso di marcia) e subito dopo una striscia, ugualmente di 20 centimetri, di cupolette (segnale di pericolo). In pratica, poiché il segnale che si sente meglio sotto i piedi è quello costituito dalle cupolette, se avete il dubbio che si tratti del segnale di pericolo assoluto o di quello di pericolo valicabile, è sufficiente mettere i piedi sulla parte di segnale recante le cupolette: se esso è così corto da far entrare solo la lunghezza di un piede, si tratta del pericolo valicabile, se invece si possono mettere sulle cupolette entrambi i piedi, uno avanti all'altro, si deve evitare di procedere oltre perché quello è il segnale di arresto/pericolo.

Dove vanno posti i segnali tattili?

Nei luoghi spaziosi, come un piazzale o un atrio di stazione o di aeroporto, vi sarà un vero percorso guidato che conduce ai diversi servizi presenti nel luogo (panchine, bar, biglietteria, sala amica, binari, ecc.). L'ubicazione dei vari servizi sarà indicata su una mappa

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43 tattile che riproduce il percorso seguito dalla pista, e recante indicazioni in braille e in caratteri normali a rilievo e leggibili anche da ipovedenti.

Dei percorsi completi debbono essere presenti anche sulle banchine delle stazioni ferroviarie e della metropolitana, trattandosi di zone estremamente pericolose e spesso movimentate e affollate. Invece sui marciapiedi di città, dove esistono le guide naturali (muri, pareti di palazzi, siepi, ecc.) non sono necessarie delle piste continue; non vi saranno quindi dei "percorsi tattili", ma dei "segnali tattili". Basterà segnalare le fermate dei mezzi di trasporto, gli attraversamenti e gli ingressi di locali particolarmente importanti (ufficio postale, ambulatorio, commissariato, uffici comunali, ecc.). Quindi, se camminando su un marciapiede lo si troverà sbarrato dai canaletti del segnale di direzione rettilinea, posti perpendicolarmente rispetto al vostro senso di marcia, ciò significa che in quel punto è situata una delle tre cose sopra indicate. E precisamente: se seguendo i canaletti verso il bordo del marciapiede si incontra il segnale di attenzione/servizio, ciò vuol dire che allungando una mano verso destra si troverà a meno di mezzo metro la pallina della fermata dell'autobus o del tram. Se invece si trova il segnale di pericolo valicabile, si tratta di un attraversamento e qui vi sono due possibilità: quando si è sul bordo, o a meno di mezzo metro sulla destra o sulla sinistra si troverà il palo semaforico, eventualmente fornito di pulsante per l'attivazione del segnale acustico, oppure il palo non c'è e quindi si tratta di un attraversamento sulle strisce, ma non semaforizzato. Se infine sul bordo del marciapiede si trova il segnale di pericolo assoluto, ciò vuol dire che lo sbarramento serve ad indicare l'ingresso di un locale importante e quindi si deve fare dietro front e dirigervi verso il palazzo.

Ultima istruzione: se si sta seguendo la pista tattile e improvvisamente questa termina senza alcun segnale, con i canaletti che sfociano sulla normale pavimentazione, ciò significa che da lì in poi si può proseguire con i propri mezzi, seguendo una guida naturale, fino a quando non si trovi di nuovo un segnale tattile. Se invece la pista termina con un lungo tratto di segnale di attenzione (il righettato fitto perpendicolare al senso di marcia), ciò significa che lì termina la zona attrezzata e da quel punto in poi bisogna cavarsela da soli.

Si possono così sintetizzare i 6 codici a livello internazionale che costituiscono il linguaggio tattile Loges realizzato mediante l’inserimento nella pavimentazione di speciali piastrelle a rilievo. I

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segnali fondamentali di base sono due: la direzione rettilinea e il segnale di arresto o pericolo.

SEGNALE DI DIREZIONE RETTILINEA

Il segnale di direzione rettilinea è costituito da una pista larga 60 cm, contenente dei canaletti/barrette a rilievo con distanza differenziata dal centro ai bordi. Ci si cammina sopra facendo in modo che i piedi siano paralleli ai segnali rettilinei e a ogni passo l’utente si può rendere conto se sta procedendo in linea retta o

se sta deviando di lato: in questo modo si può facilmente seguire la “pista tattile”.

SEGNALE DI ARRESTO O PERICOLO

Il secondo segnale fondamentale è quello di arresto o pericolo, che informa l’utente di non procedere oltre. È costituito da una striscia di piastrelle recanti delle cupolette a rilievo che si avvertono con facilità sotto i piedi. Questo segnale viene per esempio posto lungo le banchine ferroviarie, in corrispondenza della striscia

gialla che segnala ai normovedenti la zona nei pressi del binario sulla quale non bisogna sostare. Se invece è posto sul bordo di un marciapiede, questo segnale indica che in quel punto non si deve attraversare la strada.

SEGNALI DI SECONDO LIVELLO

Tutti gli altri segnali sono denominati di secondo livello: non sono essenziali, ma forniscono comunque informazioni utili e sono la svolta obbligata, il segnale di attenzione o servizio e di pericolo valicabile e l’incrocio T.

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45 SVOLTA OBBLIGATA

Il segnale è costituito d un quadrato, diviso da una diagonale in due triangoli: uno ospita le cupolette a rilievo che informano di non procedere in una certa direzione, mentre l’altro contiene delle linee oblique che uniscono i due tratti di percorso rettilineo.

ATTENZIONE O SERVIZIO

Avverte che in un determinato punto della pista tattile occorre prestare attenzione (ad esempio perché si sta oltrepassando una porta) oppure che in prossimità del percorso (a destra o a sinistra di esso, a seconda del lato lungo il quale è stato collocato il segnale) si trova un oggetto d’interesse, come per esempio un

telefono, una mappa tattile o, in una stazione, l’obliteratrice. Questo segnale è costituito da una serie di righe a rilievo, fitte e sottili, perpendicolari al senso di marcia.

PERICOLO VALICABILE

Informa del fatto che un ostacolo lungo il percorso può essere superato con cautela. Tale indicazione viene posta per esempio nel passaggio dal marciapiede alla sede stradale o subito prima di una scalinata in discesa. Si ottiene installando una striscia di 20 cm di segnale di attenzione o servizio (linee

sottili, perpendicolari al senso di marcia) seguita una striscia, sempre di 20 cm, di segnale di pericolo (cupolette). Il sistema funziona in quanto il segnale che si percepisce meglio è quello di arresto o pericolo. Per capire come comportarsi, è sufficiente che l’utente appoggi i piedi sulla superficie costituita dalle cupolette: se questa è così ridotta da accogliere solo la lunghezza di un piede, si tratta di pericolo valicabile; nel caso in cui l’utente riesca a posare sulle cupolette entrambi i piedi, uno davanti all’altro, il segnale è quello di arresto o pericolo.

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INCROCIO A T

viene invece posto nel punto in cui la pista tattile offre la scelta di svoltare a destra, a sinistra oppure proseguire diritti ed è formato da una piastrella quadrata rivestita da molti dischetti leggermente sporgenti.

Il percorso tattile fornisce informazioni direzionali e avvisi situazionali attraverso quattro differenti canali:

 il senso cinestetico e quello tattile plantare

 il senso tattile manuale (attraverso il bastone bianco)

 l'udito

 il contrasto cromatico e di luminanza (per gli ipovedenti)

Il materiale può essere utilizzato in diverse situazioni; la sua installazione, pertanto, presuppone un'attenta analisi dell'ambiente che è destinato ad accoglierlo.

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