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You're only young once, they say, but doesn't it go on for a long time? More years than you can bear. Hilary Mantel, An Experiment in Love. A mamma e papà.

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Academic year: 2021

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You're only young once, they say, but doesn't it go on for a long time? More years than you can bear.

Hilary Mantel, An Experiment in Love.

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1. HILARY MANTEL

At some point on your road you have to turn and start walking back towards yourself. Or the past will pursue you, and bite the nape of your neck, leave you bleeding in the ditch. Better to turn and face it with such weapons as you possess. Hilary Mantel, Beyond Black.

Hilary Mary Thompson, scrittrice, critico letterario e cinematografico, autore di adattamenti radiofonici dei suoi libri, ha attualmente due Booker Prize all'attivo (nel 2009 per Wolf Hall e nel 2012 per Bring Up the Bodies), scrive per prestigiose riviste letterarie, tra le quali la London Review of Books e la New York

Review of Books, ed è considerata una delle massime autorità nell'ambito della

letteratura inglese. Nata a Glossop, cittadina del Darbyshire il 6 luglio 1952, è cresciuta nel villaggio operaio di Hadfield, dove ha frequentato la scuola elementare cattolica St Charles. Anche i suoi genitori, Margaret e Henry Thompson, entrambi di origine irlandese, sono nati in Inghilterra. Si sono separati presto e lei non ha più visto il padre dall'età di undici anni. La famiglia si è infatti trasferita a Romiley nel Cheshire, con Jack Mantel, che è diventato ufficialmente il suo patrigno, e dal quale la scrittrice ha assunto legalmente il cognome. A Romiley ha frequentato la scuola religiosa Harrytown e nel 1970 ha iniziato i suoi studi di giurisprudenza alla London School of Economics. Si è laureata nel 1973 all'università di Sheffield, dove ha attraversato una fase di militanza socialista.

Dopo l'università ha lavorato come assistente sociale in un ospedale geriatrico

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e successivamente come commessa in un grande magazzino. Nel 1974 ha iniziato a scrivere un romanzo sulla rivoluzione francese, che è stato in seguito pubblicato con il titolo di A Place of Greater Safety (1992). Nel 1973, all'età di vent'anni, ha sposato Gerard McEwan, un geologo, e nel 1977 si è trasferita con lui in Botswana, dove è stata insegnante delle scuole secondarie. I quattro anni successivi li ha trascorsi in Arabia Saudita, a Gedda. Il memoir dal titolo Someone

to Disturb, pubblicato sulla London Review of Books, reca testimonianza di quegli

anni.

L'esperienza di dieci anni trascorsi all'estero, tra Botswana e Arabia Saudita, ha fruttato due romanzi, Eight Months on Ghazzah Street (1988) e A Change of

Climate (1994). Non mancano, in queste storie, elementi gotici e macabri, anche

se la scrittrice afferma: “What is interesting, however, is that in Eight Months on

Ghazzah Street I produced a Gothic novel unconsciously because I thought that

what I had written was a true accurate account of my own experience, given that it was novelised, but I thought it had the texture of lived experience”.1 Con questo

romanzo l'autrice cerca di far capire cosa significhi essere donna in Arabia Saudita tramite la sua personale esperienza.

La Mantel non ha un bel ricordo dei quattro anni trascorsi a Gedda. In alcuni articoli, ci svela la sua sofferenza, che ha inizio sin dall'arrivo, quando all'areoporto gli uomini sauditi evitano completamente il suo sguardo: “It was my first contact with the avoidant gaze, the flinch of masculine fear. I was a woman, therefore trouble”.2 Il romanzo si basa sulle esperienze della scrittrice, che ha

vissuto quel trasferimento in prima persona, a causa del lavoro del marito, ed esplora i contrasti tra due culture molto diverse, quella occidentale e quella islamica, le incomprensioni tra gli europei e i sauditi, ma anche quelle tra uomini e donne.

1 R. ARIAS, “An Interview with Hilary Mantel”, in ATLANTIS, XX, (2), 1998, p. 286. 2 H. MANTEL, “Veiled Threats”, in The Guardian, 11 September 2004.

http://www.theguardian.com/books/2004/sep/11/featuresreviews.guardianreview23

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“It was in the coffin-maker's flat that I had finished my first novel”.3 Così la

scrittrice definisce una delle sue numerose abitazioni a Gedda, luogo in cui non si è mai sentita a suo agio. Il giorno in cui, con la sicurezza della pubblicazione del suo primo romanzo da parte di un editore inglese, lascia per sempre l'Arabia Saudita con il marito, sarà da lei definito “the happiest day of my life”.4

In Eight Months on Ghazzah Street, emerge il tema della trasformazione, motivo ricorrente nella Mantel. Frances Shore è una cartografa inglese che si trasferisce a Gedda, in Arabia Saudita con il marito ingegnere. Frances non può uscire di casa, le donne non sono incoraggiate a farlo, e poi non c'è nessun posto dove andare. Inoltre il caldo e la polvere sono opprimenti quindi sarebbe comunque azzardato. Non può lavorare né guidare a causa delle leggi restrittive sulle donne. In gran parte del romanzo, la scrittrice analizza efficacemente la condizione della donna in Arabia Saudita, attraverso i numerosi personaggi femminili: Frances, le donne del posto, le vicine di casa con cui fa amicizia. Fin dal principio emerge quindi lo sconforto della protagonista, che si trova a fare i conti con una società claustrofobica e sessista.

Questa situazione le ha fatto comprendere cosa significhi essere senza alcun potere all'interno di una società, dover chiedere il permesso al marito per fare un viaggio, e lui a sua volta chiederlo a qualcun altro, non poter uscire dal Paese perché si è privi del passaporto; ti viene confiscato tutto. In una recensione sullo

Spectator, Anita Brookner dice: “A peculiar fear emanates from this narrative: I

dread to think what it did to the writer herself”.5 E ancora: “This tightness of

control is perhaps the novel's eeriest feature”.6

Francine Prose, nella sua recensione sul New York Times afferma che “Mantel writes with a jaunty, wry panache and a scientific precision that can capture a

3 H. MANTEL, “Once Upon a Life: Hilary Mantel”, in The Guardian, 21 February 2010. http://www.theguardian.com/books/2010/feb/21/hilary-mantel-saudi-arabia

4 Ibidem.

5 A. BROOKNER, “The Mysterious Affair at Jeddah”, in The Spectator Archive, 13 May 1988, p. 45. http://archive.spectator.co.uk/article/14th-may-1988/45/the-mysterious-affair-at-jeddah 6 Ibidem, p. 45.

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character or a mood and offer it up, impaled and squirming, like a bug on a pin”.7

In A Change of Climate, la questione è leggermente differente. Mentre nel primo romanzo la coppia che si trasferisce è mossa da scopi lucrativi, nel secondo, Ralph e Anna, genitori di quattro bambini, che vivono a Norfolk nel 1980, sono spinti da intenti filantropici. Un'estate, la pacifica vita familiare viene minacciata dal riaffiorare dei ricordi della coppia, rimasti nascosti per vent'anni, di quando erano missionari in Sudafrica. Il racconto ripercorre quegli anni, quando, lottando contro le autorità africane per non lasciare il continente, i due giungono a un compromesso e vengono trasferiti da un piccolo villaggio africano a Bechuanaland, dove subiscono un'incredibile perdita: la morte di un figlio. Il romanzo è incentrato sul fatto che gli Eldred dovranno metabolizzare e imparare a convivere con questa terribile tragedia. La scrittrice, con il suo racconto, sottolinea la complessa situazione della vita in Africa, le battaglie che la popolazione è costretta ad affrontare quotidianamente, e analizza temi quali la possibilità del perdono e il bisogno di riconoscere quando le nostre vite sono distrutte, per poterle riparare. L'ispirazione per questo romanzo le è venuta dalla lettura di una relazione sugli omicidi compiuti dagli sciamani in Africa, omicidi realizzati con lo scopo di utilizzare le parti del corpo per i loro riti, e sui rapimenti dei bambini, ma non solo. Successivamente ha sentito parlare di una coppia sposata molto affiatata che si è lasciata dopo aver, non senza fatica, costruito una famiglia. Ha messo insieme queste idee per creare “(A)nother excellent novel [ … ] subtle as well as shocking”.8 Francine Prose dice di lei:

Some readers may find themselves re-examining their own ideas about the artist's right or obligation to render politically uncomfortable truths. Others may elect not to consider any of this at all, and simply to enjoy Hilary 7 F. PROSE, “Culture Shocks”, in The New York Times, 20 July 1997.

http://www.nytimes.com/books/98/10/11/specials/mantel-eight.html

8 C. MOORE, “A Change of Climate”, in The Spectator Archive, 19 November 1994, p. 49. http://archive.spectator.co.uk/article/19th-november-1994/49/caroline-moore

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Mantel's smart, astringent and marvelously upsetting fiction.9

Charlotte Innes, recensore del Los Angeles Times, dice del romanzo: “This blend of dark and light, comedy and tragedy, heart-in-the-mouth narrative and a slow-working analysis of the human condition, is nowhere more successfully displayed than in Eight Months on Ghazzah Street and A Change of Climate”.10

L'autrice affronta anche il tema del potere, sia politico che sessuale in entrambi i romanzi, e conferma che le sue opere sono completamente immerse nel loro contesto politico e sociale. Un contesto assolutamente vitale per la Mantel, che afferma:

I can only envisage things embedded in a society, and I'm not a novelist with a political agenda in the sense of I am pushing the politics of the Left or the Right, but I always think let us look for the politics of the situation because, as I say, one of my main concerns is power. So when I write about a household, I'm not simply writing about someone's domestic set-up. I'm writing about them as a reflection of politics in the wider world.11

La scrittrice mostra, attraverso i suoi romanzi, un vivo interesse per la politica, i meccanismi del potere, la trasformazione, l'evoluzione e la rivoluzione. A Place

of Greater Safety, che nel 1992 vince il Sunday Express Book of the Year, è

ambientato durante gli anni della rivoluzione francese e si concentra sulle vite di tre rivoluzionari, il freddo Robespierre, l'aggressivo Danton e il loro amico Demoulins, pamphlettista cospiratore e seduttore (ossessionato per anni da una donna finirà per sposarne la figlia) che conducono la rivolta contro la tirannia e le ingiustizie dell'Ancien Règime. Tre uomini che, dalle province francesi, giungono fino a Parigi per farsi strada e cogliere l'opportunità di cambiare le loro vite. Ne

9 F. PROSE, op. cit.

10 C. INNES, “A Change of Climate”, in Los Angeles Times, 14 September 1997. http://articles.latimes.com/1997/sep/14/books/bk-31981

11 R. ARIAS, op. cit., pp. 280-281.

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emerge un romanzo storico che porta alla luce eventi sia della sfera privata che di quella pubblica. A circondare i tre protagonisti c'è una schiera di personaggi minori, tra cui i loro amici, le famiglie, le donne, così come personaggi storici importanti: Luigi XVI, Mirabeau, Marat, il generale Lafayette e altri ancora. Anche le donne che stanno dietro agli uomini della rivoluzione francese giocano un ruolo importante in un'opera che cattura la frenesia dell'evento storico attraverso le vite dei tre protagonisti, i loro scritti e le loro famiglie. Scatenata la rivoluzione in nome della libertà e dell'uguaglianza, i tre si ritroveranno alla fine vittime di un vortice di terrore, di rabbia e di violenza che li condurrà alla ghigliottina. Rappresentazione audace e meticolosa, quella che offre Hilary Mantel ai suoi lettori, introducendo nella storia dialoghi e lettere originali, mischiando il genere storico con il racconto di finzione ma restando sempre fedele alla Storia. I punti di vista cambiano continuamente, entriamo nella testa dei personaggi, percepiamo le loro sensazioni e i loro sentimenti, viviamo l'evento storico attraverso gli occhi dei protagonisti. Secondo il Los Angeles Times: “Sometimes [Hilary Mantel] is like a paparazzo who intrudes awkwardly on the intimacies of public figures. Sometimes, she is the video-camera amateur who happens to be on the scene and whose footage is both revealing and misleading”.12

Il New York Times dice della scrittrice:

Ms Mantel understands how people feel, how they react, how they think. She has the kind of long view that enables her convincingly to take up a character in childhood and bring him or her to dramatic adulthood. Just as important, she knows how to make us sympathize.13

Tra gli altri elementi che emergono dalle opere di Hilary Mantel, uno

12 R. EDER, “Cinematic Tale of French Revolution: A Place of Great Safety”, in Los Angeles

Times, 18 March 1993.

http://articles.latimes.com/1993-03-18/news/vw-12163_1_french-revolution

13 O. BERNIER, “Guillotine Dreams”, in The New York Times, 9 May 1993. http://www.nytimes.com/books/98/10/11/specials/mantel-place.html

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particolarmente caro all'autrice è l'immissione nelle storie di eventi tragici, di horror e di pazzia, elementi che stagnano nei protagonisti, personaggi spesso comuni, per poi esplodere e condurre questi ultimi ad una sorta di crisi. Parliamo di Everyday is Mother's Day, Vacant Possession e A Change of Climate per esempio. Ma non solo. La scrittrice dichiara che l'esplosione della tragedia è collegata al suo interesse per il tema della trasformazione, che emerge in tutti i suoi romanzi ma particolarmente in Fludd (1989).14 “[I]n Fludd I make it very

specific because I'm actually writing about an alchemist, and comparing if you like, the creative process to the process of alchemy. In this book is most overt, but it is buried in every book, I think”.15 L'autrice spiega infatti che il titolo, costituito

dal nome del protagonista, si basa su una persona reale, un fisico, ricercatore e alchimista inglese, morto nel 1637. Del finto Fludd dice che non combina elementi chimici ma si occupa della natura umana, un'arte meno prevedibile, più gratificante ma anche più pericolosa. Vincitore del Winifred Holtby Memorial Prize, del Southern Arts Literature Prize e del Cheltenham Prize, il romanzo è ambientato nel 1956 in un villaggio di fantasia dell'Inghilterra settentrionale, Fetherhoughton, ed è incentrato sugli eventi che ruotano attorno alla chiesa cattolica e al convento del paese. Padre Angwin, ormai anziano, sente di aver perso la fede ma resiste cercando di gestire i suoi parrocchiani. Il vescovo, personaggio tronfio e mellifluo, decide così di far visita a questo paesino per cercare di portare un po' di modernità in quell'angolo dimenticato della sua diocesi. Prima di tutto, impone ad Angwin di togliere le pittoresche statue di santi dalla Chiesa, dato che i fedeli le venerano come idoli pagani. Poi annuncia l'arrivo di un giovane curato, inviato per aiutare il vecchio prete nello svolgimento dei suoi compiti. Ecco che si presenta il misterioso padre Fludd, che porta trasformazioni nelle vite di tutti coloro che entrano in contatto con lui. (Padre

14 Il romanzo è disponibile in versione italiana: H. MANTEL, Padre Fludd, Roma, Le Vespe, 2002, traduzione italiana di Massimo Bocchiola.

15 R. ARIAS, op. cit., p. 280.

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Angwin per primo, ma anche la perpetua e la suora del convento). Incoraggia le cattive abitudini del vecchio prete, ascolta i parrocchiani e non critica le loro bizzarre ossessioni, aiuta Philomena, la giovane suora appena arrivata, a prendere coscienza della sua situazione, a capire di essere una vittima privata di ogni decisione sulla sua vita. Sembra che le trasformazioni favorite dal misterioso Fludd abbiano lo scopo di emancipare questo paesino. Le descrizioni sono spiritose e sarcastiche in pieno stile manteliano, soprattutto quando ci racconta le miserie e le grettezze della piccola parrocchia di campagna. “The writing is characteristically Mantel: mordant, pitiless, razor-sharp”.16 La religione è un

argomento che ritroviamo spesso nelle storie di Hilary Mantel. Questo perché è cresciuta in un ambiente cattolico molto bigotto, quello degli anni Sessanta e ha studiato in una scuola religiosa gestita da suore. Ma la sua fede non è rimasta intatta. In un'intervista sul Telegraph nel 2012, subito dopo lo scandalo dei preti pedofili, alla domanda se desiderasse un prete cattolico sul letto di morte rispose così: “No. I might very well call for a Church of England vicar, but I would not call for a Catholic priest”.17

Il suo primo libro (in ordine di pubblicazione), Everyday is Mother's Day (1985), è ispirato alle sue esperienze come assistente sociale in un ospedale geriatrico e come commessa. “(A) black comedy of such spite that its mordancy could be surpassed only by a sequel, Vacant Possession”.18

Ogni giorno è la festa della mamma, ma i genitori presenti in questo romanzo non se la passano tanto bene. Colin Sydney e sua sorella hanno rinchiuso la vecchia madre in un istituto. Isabel Field, che ha una storia con Colin, vive ancora con il padre ma non è soddisfatta. Sylvia infine, la moglie di Colin, è sopraffatta

16 P.T. O'CONNER, “Holy Terrors”, in The New York Times, 2 July 2000. http://www.nytimes.com/books/00/07/02/reviews/000702.02oconnt.html

17 A. SINGH, “Hilary Mantel: Catholic Church is not for Respectable People”, in The Telegraph, 13 May 2012. http://www.telegraph.co.uk/culture/9262955/Hilary-Mantel-Catholic-Church-is-not-for respectable-people.html

18 K. HARRISON, “A One-Woman Wrecking Crew”, in The New York Times, 30 April 2000. http://www.nytimes.com/books/00/04/30/reviews/000430.30harrist.html

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dai suoi tre terribili bambini, il suo atteggiamento di madre è descritto come fallimentare. La relazione centrale genitore-figlio è però quella di Evelyn Axon, vedova dai presunti poteri spiritualisti, con la figlia Muriel, autistica e ritardata. La Mantel in un'intervista afferma di non aver avuto un buon rapporto con sua madre. Sentiva di dover raggiungere i traguardi che il genitore non aveva potuto raggiungere, come per esempio studiare. Solo più tardi si accorge che Everyday is

Mother's Day sostiene proprio quel rapporto, e il modo in cui lei lo aveva vissuto,

con la differenza che il romanzo sfocia nella tragedia e nel macabro: “When I wrote it it was a horror story, and a ghost story, and it was meant to make you laugh, and make you shiver at the same time. I have a real tendency towards the macabre, if I'd been a genre writer, certainly I ought to have been a horror fiction writer”.19 Evelyn esercita il completo controllo su Muriel, non le permette di avere

la minima interazione con il mondo esterno, è una madre dominatrice ma allo stesso tempo impaurita. Nonostante questo, Muriel finirà per restare incinta e la sua vicenda personale si andrà a intrecciare con quella dell'assistente sociale assegnata al caso, Isabel Field, che intanto ha una relazione con Colin. Sia Isabel che Colin sembrano insoddisfatti delle loro vite e delle loro carriere. “[H]appiness seems a bit ambitious”,20 fa notare Isabel all'amante, incapace di prendere

iniziative, di lasciare la moglie e la famiglia per la nuova relazione. I due amanti si considerano come imprigionati all'interno di un sistema di miseria, di speranze perdute e di rovina. Tutti i personaggi si trovano a combattere tra il desiderio dell'oblio e la consapevolezza dell'assurdità della condizione umana; sotto l'albero di Natale i loro regali sono simboli di rimprovero mascherati: un diario segreto per il marito adultero, un libro divertente per la zia zitella e tovaglioli di lino per la casalinga sopraffatta. “A gifted writer whose descriptions convey the infrared precision of a powerful night scope, she provides an amusement that is similarly

19 R. ARIAS, op. cit., p. 283.

20 H. MANTEL, Everyday is Mother's Day, New York, Henry Holt and Company, 1985, p. 109.

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guilty, detached, even aerial”.21

Nel 1986 esce il sequel di Everyday is Mother's Day, Vacant Possession. “Both more absurd than its predecessor and more serious in intent, Vacant Possession, is a dark novel that poses dire questions about the nature of identity and interdependence”.22 Dopo dieci anni Muriel Axon, la figlia ritardata di Evelyn,

esce dall'istituto in cui era stata rinchiusa per sospetto matricidio. Ma non ha perdonato l'assistente sociale Isabel Field né il suo vicino Colin. Ci sono conti da regolare e Muriel ha acquisito nuove abilità per compiere la sua missione vendicativa. Assume nuove identità, una di queste è quella di donna delle pulizie nell'ospedale in cui sono ricoverati Mrs. Sydney e il padre di Isabel Field. Riesce anche a infiltrarsi nell'abitazione di Colin e Sylvia, che adesso vivono nelle vecchia casa degli Axon, nonostante la violenza che era stata compiuta al suo interno. Colin ha chiuso il rapporto extraconiugale con Isabel anni fa. Adesso la donna è sposata con un altro ma non è felice; lo stress familiare porta Colin a ripensare al suo amore perduto. E, grazie alla figlia, incinta del marito di Isabel, riuscirà persino a rimettersi in contatto con lei. Ancora una volta un intreccio di vite che porterà a tragiche conclusioni: “Manipulated by Muriel, the world of

Vacant Possession obeys its own logic to the extent that otherwise unbelievable

coincidences make perfect if uncomfortable sense”.23

Hilary Mantel, come abbiamo visto, analizza efficacemente i rapporti interpersonali. Già a partire dai primi due libri, notiamo che un'enfasi speciale è posta sui rapporti tra genitori e figli, sulle difficoltà che i primi hanno a stabilire una comunicazione con i secondi, e soprattutto la scrittrice analizza il delicato tema del rapporto madre-figlia. Questa tematica emerge anche e in modo particolare dal romanzo An Experiment in Love del 1995, vincitore dell'Hawthornden Prize, l'opera che andrò ad analizzare e a tradurre parzialmente

21 K. HARRISON, op. cit. 22 Ibidem.

23 Ibidem.

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in questo mio elaborato. Anche qui la Mantel inserisce elementi autobiografici sebbene faccia notare che sua madre non ha l'aspetto di quella di Carmel (McBain, la protagonista) e che lei non è Carmel. Tuttavia, il ritratto della loro relazione è in qualche modo molto simile a quello dell'autrice e della propria madre. Siamo a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta e la storia è quella di Carmel McBain, che lascia la piccola provincia in cui è nata, grazie ai suoi successi scolastici e spinta dalle ambizioni della madre, per frequentare l'università nella capitale e riuscire così a realizzarsi. È una storia tutta al femminile che esplora le ambizioni delle donne e i loro appetiti, in un periodo storico di grandi cambiamenti, attraverso lo sguardo della protagonista, cinico, sveglio e a volte ingenuo. Carmel si trova a combattere l'anoressia, la povertà, a tollerare la madre, che a volte non riesce proprio a capire, ad affrontare Karina, con cui ha un rapporto di amicizia tormentato ma a cui si sente, per qualche strano motivo, indissolubilmente legata; si ritrova partecipe di una società in cui stanno cambiando le regole del gioco, le donne cercano di emanciparsi, iniziano i primi movimenti femministi, le prime leggi sull'aborto. Queste ragazze, divise tra i valori del passato e quelli di una modernità che si sta avviando, iniziano a prendere la pillola contraccettiva ma stirano ancora le camicie dei loro uomini:

When men decided women could be educated – this is what I think – they educated them on the male plan; they put them into schools with mottoes and school songs and muddy team games, they made them were collars and ties. It was a way to concede the right to learning, yet remain safe; the products of the system would always be inferior to the original model. Women were forced to imitate men, and bound not to succed at it.24

Il cibo gioca un ruolo importante in quest'opera, che si sposta avanti e indietro nel tempo raccontando i giorni allo studentato di Carmel e i problemi quotidiani

24 H. MANTEL, An Experiment in Love, New York, Picador, 1995, p. 164. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

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delle studentesse che lo abitano, l'amore, il sesso (persino una gravidanza), quelli precedenti quando era ancora una bambina (dando rilievo in modo particolare alla turbolenta amicizia con Karina) e quelli alla scuola religiosa gestita da suore bigotte e sarcastiche: “Our schools kept from us, for as long as they could, the dangerous, disruptive, upsetting knowledge of our own female nature” (p. 165). La scrittrice Margaret Atwood ha detto del romanzo: “With all its brilliance, and its clear-eyed wit, An Experiment in Love is a haunting book”.25 Il finale sarà una

tragica sorpresa per le studentesse di Tonbridge Hall e lascerà il lettore con la voglia di saperne di più:

If there's any complaint, it's that we want to know more; like Carmel herself, the book could have been a little fatter. What happened to Karina and Carmel after the horryfying denouement? But perhaps that's the point: it's what you'll never know that haunts you”.26

Il rapporto madre-figlia, del resto, era già stato trattato in Everyday is Mother's

Day dove la faccenda è leggermente più complicata. Muriel è un'assassina malata

di mente; l'autrice si interessa anche di lei, anima fragile, con una madre che non le permette di avere una sua personalità, sicché la ragazza può solo chiudere gli occhi, non ascoltare.

Dall'età di vent'anni la Mantel soffre di una malattia debilitante e dolorosa, che inizialmente i medici non sono riusciti a diagnosticare, citando cause psicologiche non bene identificate e imbottendola di psicofarmaci che l'hanno quasi portata alla pazzia. Una volta diagnosticata l'endometriosi, scoperta da lei stessa in Africa e confermata successivamente dai medici di Londra, la scrittrice ha iniziato un lungo calvario fatto di asportazioni chirurgiche, come l'isterectomia, e di

25 M. ATWOOD, “Little Chappies with Breasts”, in The New York Times, 2 June 1996. http://www.nytimes.com/1996/06/02/books/little-chappies-with-breasts.html? pagewanted=all&src=pm

26 Ibidem.

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trattamenti ormonali che l'hanno resa sterile, obesa e l'hanno lasciata in precarie condizioni psicologiche. Dopo nove romanzi, nel 2003 Hilary Mantel ha scritto al riguardo Giving Up the Ghost,27 a cavallo tra l'autobiografia e il romanzo di

formazione. Vincitore del MIND Book of the Year, è un testo ancora una volta ricco di esperienza vissuta, che emerge chiaramente quando la scrittrice descrive la sua infanzia ad Hadfield, un villaggio vicino Manchester, popolato, per la Mantel-bambina, di strani personaggi immaginari. Racconta anche del primo approccio con l'istituzione scolastica, dell'incontro con il diavolo, e della fase adolescenziale. Una fase di riconoscimento: di sé, del patrigno, dell'istitutrice della scuola religiosa che frequenta e del contesto sociale degli anni Sessanta che ancora mantiene salde le fila di un mondo maschile e maschilista. Infine confessa la dolorosa esperienza della lunga malattia che l'ha portata, a causa di medici incompetenti, all'invalidità: “Mantel is superb at catching the moments at which solidity dissolves. She describes infant terrors, inchoate fears”.28 Le fasi di una

esistenza fatta di sofferenze ma soprattutto un'esistenza creatrice di quei “fantasmi di una vita” che non sono metaforici ma veri. Tra di loro ci sono la figlia mai nata, i figli che l'autrice si vede negati, ma anche i fantasmi della madre e del patrigno. “Where you think you're pregnant, and you're not, what happens to the child that has already formed in your mind? You keep it filed in a drawer of your consciousness, like a short story that never worked after the opening lines”.29

Caroline Moore dice di lei: “Mantel's brilliant and extremely odd autobiography – lucid, perceptive, warped into wit by displaced pain – proves the exception to this rule”.30

Sempre nel 2003, l'autrice pubblica una raccolta di racconti brevi intitolata

27 Il romanzo è disponibile in versione italiana: H. MANTEL, I fantasmi di una vita, Torino, Einaudi, 2006, traduzione di Susanno Basso.

28 C. MOORE, “The Illness of Our Ilary”, in The Telegraph, 18 May 2003. http:// www.telegraph.co.uk/culture/books/3594852/The-illness-of-our.Ilary.html

29 H. MANTEL, “Giving Up the Ghost”, in The London Review of Books, 25, 1, 2 January 2003, pp. 8-13. http://www.lrb.co.uk/v25/n01/hilary-mantel/giving-up-the-ghost

30 C. MOORE, op. cit.

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Learning to Talk. Tutte le storie hanno a che fare con la sua infanzia, un'infanzia

che la Mantel indaga costantemente senza riuscire a chiudere i conti con essa. “The story of my own childhood is a complicated sentence that I am always trying to finish, to finish and put behind me”.31 Crea un legame tra le perdite e i deficit

vissuti da piccola – il padre che sparisce, la pretesa che l'uomo di sua madre sia suo padre, la facciata di rispettabilità da mantenere, la debilitante malattia – e le perdite da adulta, come l'endometriosi diagnosticata in ritardo e l'impossibilità di avere un bambino suo.

Nel 1998 pubblica The Giant O'Brien,32 ambientato nel 1780 e basato sulla

vicenda vera di Charles O'Brien o Byrne. È la storia di un uomo di straordinaria stazza, che lascia l'Irlanda del diciottesimo secolo per approdare in Inghilterra e cercare fortuna esibendosi. È un gigante in più sensi. Oltre all'immensa grandezza, è intelligente, compassionevole e un ottimo narratore. La sua vita si intreccia con quella di John Hunter, scienziato scozzese, ossessionato dalla sperimentazione e dalla dissezione dei cadaveri. Nonostante entrambi siano personaggi anormali, solo quest'ultimo risulterà effettivamente pazzo. La Mantel utilizza questi due personaggi così distanti tra di loro, per mettere in evidenza due modi completamente differenti di guardare il mondo. Il gigante è un sognatore, racconta storie, esplora l'immaginario, mentre lo scienziato, umorale, vede qualsiasi cosa come misteriosa: “Mantel makes the most of the contrast between the steel-willed, splenetic Hunter and the gentle giant, a hedgerow scholar whose generous nature and naivete are his undoing”.33 Come sempre, le descrizioni sono il punto forte

dell'autrice. “Her picture of late 18th century London is brilliant especially the

gloom, filth and squalor in which the lower class exists, ruled by prejudice, superstition and strong drink”.34 Dopo la morte del colosso, Hunter acquisterà il

31 H. MANTEL, op. cit., pp. 8-13.

32 Il romanzo è disponibile in versione italiana: H. MANTEL, Il Gigante O'Brien, Roma, Le Vespe, 2000, traduzione di Maria Teresa Marenco.

33 ANON., “Giant, O'Brien”, in Publishers Weekly, 28 September 1998. http://www.publishersweekly.com/978-0-8050-4428-7

34 Ibidem.

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suo corpo per studiarlo e analizzarlo. Alla fine della storia le ossa del gigante saranno esposte mentre la figura dello scienziato si affievolirà fino a scomparire. Le ossa sono ancora oggi esposte al Museum of the Royal College of Surgeons. John Bayley dice del romanzo: “The Giant O'Brien offers a different and more bizarre glimpse of unquiet history. More like Swift than Scott, its dazzling technique has Swift's way of taking the extraordinary for granted, while demurely drawing our attention to some silly spectacle that attracted the crowds”.35 Hilary

Mantel ha adattato il libro per il quarto canale della BBC.

Nel 2005 pubblica Beyond Black, candidato al Commonwealth Writers Prize e all'Orange Prize nel 2006, che racconta la storia di Alison Harte, sensitiva dei sobborghi inglesi, e della sua assistente e collega Colette. Alison sembra una persona felice, in realtà indossa una maschera. È traumatizzata dai ricordi e dai fantasmi della sua infanzia, dalla consapevolezza che la vita dopo la morte non è quello stato felice che credono i suoi clienti. Per tutto il racconto la sensitiva tenta di esorcizzare i suoi demoni e alla fine riuscirà a dominarli. Durante il viaggio che intraprende con Colette (con cui ha un tormentato rapporto di amicizia), ha a che fare con diversi personaggi, i suoi clienti, reali, e molti fantasmi con cui comunica grazie al proprio “dono”. Una commedia oscura quella della Mantel, che alterna momenti di depressione a momenti di black humour, un romanzo che lascia perplessi, i fantasmi sono veri o sono frutto dell'inconscio di Alison?

Hilary Mantel has done something extraordinary. She has taken that ethereal halfway house between heaven and hell, between the living and the dead, and nailed it on the page. She has taken those moments between sleep and waking, when we hardly know who we are, or why, and turned them into a novel that makes the unbelievable believable.36

35 J. BAYLEY, “To the Pith of London's Heart”, in The New York Review of Books, 8 October 1998. http://www.nybooks.com/articles/archives/1998/oct/08/to-the-pith-of-londons-heart/ 36 F. WELDON, “Enfield, Where the Dead Go to Live”, in The Guardian, 30 April 2005.

http://www.theguardian.com/books/2005/apr/30/featuresreviews.guardianreview30

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Prima parte di una trilogia intitolata The Mirror and the Night, nel 2009 Wolf

Hall37 è stato insignito di uno dei più importanti premi letterari del mondo, il Man

Booker Prize. Fenomeno letterario (in meno di un anno ha venduto 215.000 copie e i diritti della traduzione sono stati concessi a oltre trenta Paesi); bestseller anche in Canada e in America dove ha vinto il Walter Scott Prize per il romanzo storico ed è stato candidato ad altri importanti premi, Wolf Hall ha raggiunto un pubblico immenso con un insaziabile appetito per la storia dei Tudor. Ambientato a cavallo tra il 1500 e il 1535, Wolf Hall è la biografia (fittizia) della rapida ascesa al potere di Thomas Cromwell, primo duca di Essex alla corte di Enrico VIII d'Inghilterra. Agli inizi del secolo, il re vorrebbe annullare il suo matrimonio, a causa del mancato arrivo di un erede maschio, per sposare Anna Bolena, ma la Chiesa e gli altri regni d'Europa si oppongono. A salvare la situazione sarà proprio Thomas Cromwell, figlio di un fabbro, che si farà strada a corte, grazie alle sue doti intellettuali. Un uomo di umili origini ma capace di tutto, dopo vari mestieri esercitati in tutta Europa, risolverà la situazione di Enrico VIII facendogli ottenere il divorzio da Caterina d'Aragona e riuscendo anche a risollevarsi da una dolorosa esperienza personale. Il romanzo mescola descrizioni molto precise, dialoghi, discorso indiretto, flusso di coscienza, creando una fluidità eccezionale. L'opera è stata ben accolta dalla critica come mostrano i numerosi articoli sui giornali di tutto il mondo.

[ … ] Wolf Hall succeeds on its own terms and then some, both as a non-frothy historical novel and as a display of Mantel's extraordinary talent. Lyrically yet cleanly and tightly written, solidly imagined yet filled with spooky resonances, and very funny at times, it's not like much else in contemporary British fiction. A sequel is apparently in the works, and it's not the least of Mantel's achievements that the reader finishes this 650-page book

37 Il romanzo è disponibile in versione italiana: H. MANTEL, Wolf Hall, Roma, Fazi Editore, 2011, traduzione di Giuseppina Oneto.

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wanting more.38

Burrow, sulla London Review of Books, ha osservato che: “Mantel's ability to pick out vivid scenes from sources and give them life within her fiction is quite exceptional”.39 Jim Naughtie l'ha definito “an extrordinary piece of storytelling”.40

Nel 2012 esce Bring Up the Bodies,41 il sequel che vince il Costa Book of the

Year e di nuovo il Man Booker Prize, facendo di Hilary Mantel la prima scrittrice donna ad averlo vinto due volte. Nel 2013 si aggiunge il riconoscimento biennale del David Cohen Prize. Siamo di nuovo alla corte di Enrico VIII, nel 1535, e l'Inghilterra è in una situazione di crisi. Anche Anna Bolena sembra non poter dare un erede maschio al re, così Thomas Cromwell cercherà di trovare una nuova soluzione. L'attenzione si concentra quindi su Jane Seymour, un'umile dama di compagnia, destinata a divenire la nuova moglie del re d'Inghilterra, cosa che accadrà dopo l'esecuzione di Anna Bolena, accusata di adulterio e stregoneria. Hilary Mantel conquista di nuovo il suo pubblico, focalizzandosi su un anno cruciale della storia inglese, e rendendo il passato presente e vivace. “The wonder of Ms. Mantel's retelling is that she makes these events fresh and terryfing all over again”.42 Con lei percepiamo gli eventi storici attraverso gli occhi di personaggi di

solito lasciati in secondo piano nei libri di storia, e addentrandoci nella loro sfera privata. Sir Peter Stothard, presidente della giuria del Man Booker Prize, definisce

38 C. TAYLER, “Wolf Hall by Hilary Mantel – Review”, in The Guardian, 2 May 2009. http://www.theguardian.com/books/2009/may/02/wolf-hall-hilary-mantel

39 C. BURROW, “How to Twist a Knife”, in London Review of Books, 31, 8, 30 April 2009, pp. 3-5. http://www.lrb.co.uk/v31/n08/colin-burrow/how-to-twist-a-knife

40 L. THOMAS, “Booker Prize is won by … Henry VIII: Judges' verdict could cost the bookies a king's ransom”, in Daily Mail, 7 October 2009. http://www.dailymail.co.uk/news/articles-1218616/Bookmakers-favourite-Hilary-Mantels-Wolf-Hall-wins-Man-Booker-Prize.html 41 Il romanzo è disponibile in versione italiana: H. MANTEL, Anna Bolena, una questione di

famiglia, Roma, Fazi Editore, 2013, traduzione di Giuseppina Oneto.

42 J. MASLIN, “A Canny Henchman, Targeting the Queen”, in The New York Times, 1 May 2012. http://www.nytimes.com/2012/05/02/books/bring-up-the-bodies-a-wolf-hall-sequel-by-hilary-mantel.html?_r=0

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la Mantel “the greatest modern English prose writer”.43 Il New Yorker afferma che

“Mantel knows what to select, how to make her scenes vivid, how to kindle her characters. She seems almost incapable of abstraction or fraudulence; she instinctively grabs for the reachably real”.44

L'autrice sta attualmente lavorando al terzo romanzo della trilogia e sta anche scrivendo un breve saggio intitolato The Woman Who Died of Robespierre sulla drammaturga polacca Stanislawa Przybyszewska.

Recentemente ha fatto parlare di sé in occasione di una conferenza tenutasi al British Museum e organizzata dalla London Review of Books, sulla percezione dei

Royal Bodies. Lo scandalo è nato per i suoi giudizi impietosi sulla duchessa di

Cambridge definita “a shop-window mannequin, with no personality of her own, entirely defined by what she wore.” E ancora, “[She] was designed to breed”.45 Ha

rifiutato di scusarsi dichiarando che le sue affermazioni non riguardavano la persona ma l'immagine creata dal circo mediatico. “My lecture and the subsequent essay was actually supportive of the royal family and when I used those words about the Duchess of Cambridge, I was describing the perception of her which has been set up in the tabloid press”.46

Ormai una delle cento persone più influenti del mondo, secondo Time, ciò che Hilary Mantel dice o scrive diventa di per sé un fatto di straordinario interesse pubblico. In questo lavoro ci si concentrerà su alcuni aspetti letterari e assiologici del romanzo più interessante dell'autrice nella prima fase della sua carriera, An

Experiment in Love.

43 M. BROWN, “Hilary Mantel wins Man Booker Prize for Second Time”, in The Guardian, 16 October 2012. http://www.theguardian.com/books/2012/oct/16/hilary-mantel-wins-booker-prize

44 J. WOOD, “Invitation to a Beheading”, in The New Yorker, 7 May 2012.

http://www.newyorker.com/arts/critics/books/2012/05/07/120507crbo_books_wood

45 H. MANTEL, “Royal Bodies”, in The London Review of Books, 35, 4, 21 February 2013, pp. 3-7. http://www.lrb.co.uk/v35/n04/hilary-mantel/royal-bodies

46 C. JONES, “Hilary Mantel Hits Back in Duchess of Cambridge Row”, in The Guardian, 7 March 2013. Parole tratte da un'intervista della BBC Radio 3.

http://www.theguardian.com/uk/2013/mar/08/duchess-of-cambridge-hilary-mantel

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2. LA CONDIZIONE FEMMINILE E LE TRASFORMAZIONI SOCIO-CULTURALI DEGLI ANNI SESSANTA E SETTANTA

Up in the laundry-room across from the machines there were a half dozen ironing boards, were a half-dozen girls toiled: not always the same six, I mean, but girls with identical expressions, intent and methodical, martyred yet victorious. What were they ironing? Party dresses? Not at all. Shirts. Men's shirt. Boyfriends' shirts. – Hilary Mantel, An

Experiment in Love.

An Experiment in Love è un romanzo che potremo definire in parte

autobiografico. Diciamo “in parte”, intanto perché la scrittrice non lo considera tale (molti elementi differiscono infatti nella sua esperienza reale), ma gli eventi principali che ruotano attorno alla protagonista, e probabilmente gran parte dei sentimenti che si descrivono, sono stati vissuti in prima persona dall'autrice. La Mantel crea questo suo settimo romanzo sulla base non solo della propria esperienza di giovane donna a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, ma cercando di rappresentare l'esperienza di un'intera generazione: “[F]iction transmutes the personal to the general”,47 lei stessa fa notare in una recensione

all'autobiografia di Doris Lessing.

Il romanzo esplora le ambizioni femminili, i legami fra tre ragazze che

47 H. MANTEL, “Pointing Out the Defects”, in London Review of Books, 16, 24, 22 December 1994, pp. 23-24. http://www.lrb.co.uk/v16/n24/hilary-mantel/pointing-out-the-defects

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scappano da un povero sobborgo inglese per andare a vivere a Londra, studiare all'università e farsi una posizione nella vita. Le tre protagoniste si conoscono da tempo, il tormentato rapporto di Carmel, la protagonista e alter-ego dell'autrice, con Karina, prende forma fin da quando sono bambine per proseguire durante tutto il loro primo anno universitario. Julianne invece farà il suo ingresso solo più tardi, alla scuola religiosa Holy Redeemer.

Carmel McBain ha origini irlandesi, sebbene i suoi genitori si siano trasferiti in Inghilterra ancora nel grembo delle madri, e l'acquisizione di questa nuova nazionalità scatena in loro, soprattutto nella madre, nuove ambizioni. Siamo nell'epoca pre-thatcheriana, “the year after Chappaquiddick” (p. 2), precisa Carmel, e i movimenti femministi stanno scardinando i valori del passato.

Fin dall'Ottocento, e anche prima, la storia delle donne veniva già rappresentata, tra le altre forme, tramite la biografia. Non si trattava solo di donne talentuose ma anche di religiose. Altre volte erano politiche o letterate. Queste biografie erano di diverso tipo: alcune si basavano e raccontavano i precisi fatti reali, altre mischiavano fantasia e verità. In ogni caso ciò che volevano dimostrare era ben chiaro: rappresentare modelli di donne che, grazie all'istruzione e all'accesso a pari opportunità con gli uomini, si erano realizzate. Ma la pratica delle biografie non teneva conto del contesto storico. In seguito si preferì la biografia di una singola persona, spesso si trattava di personalità importanti, ad ogni modo così era più facile situare la donna in questione in un contesto storico e culturale.

Hilary Mantel, nelle sue opere, sebbene non del tutto autobiografiche, racconta spesso se stessa e le sue esperienze e colloca i suoi personaggi in un contesto storico, sociale e politico. In un'intervista a Rosario Arias, docente dell'Università di Malaga e critico letterario, la Mantel dice di non poter scrivere una storia senza immetterla in un contesto politico o sociale. Non per questo, si ritiene particolarmente dipendente dalla politica, ma ritiene che il contesto sia XXI

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fondamentale ai fini del racconto. Ecco che anche in An Experiment in Love, ci troviamo catapultati nel passato, anzi nei due passati della protagonista, che rivive, tramite il procedimento dell'analessi, i suoi giorni da bambina quando percorreva la strada per la scuola con Karina, e sosteneva con lei l'esame per la borsa di studio alla Holy Reedemer, e i giorni a Tonbridge Hall, lo studentato in cui alloggiava per studiare giurisprudenza all'università. La storia è narrata con vivacità e perizia. Si svolge nel 1970, l'anno in cui Carmel si iscrive all'università e va a vivere a Londra. La Mantel ci parla di uno sciopero per scarsità di cibo fresco e del ministro dell'agricoltura che appare ai notiziari. Ci racconta anche degli incontri studenteschi del movimento laburista a cui partecipava Carmel, e introduce nel racconto la figura di Margaret Thatcher, allora ministro nell'istruzione, situando il suo racconto in un momento di grandi cambiamenti storici. Ed è proprio attraverso questi cambiamenti che si forgiano le personalità delle studentesse di Tonbridge Hall. La scrittrice mette in luce le personalità di queste giovani donne in un momento storico di transizione, entro il quale il movimento delle donne assume particolare rilievo.

Il femminismo, secondo l'Enciclopedia Treccani, è “un movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme alle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica”.48

È proprio la disuguaglianza tra uomo e donna che la Mantel tocca all'interno della sua storia, attraverso le vicissitudini e i sentimenti delle protagoniste. Negli anni Settanta, in Inghilterra, come in tutti i Paesi sviluppati d'Europa, prendono campo i primi movimenti femministi, ma anche rivolte politiche di respiro generale. Si tratta soprattutto di movimenti studenteschi e ispirati dal partito laburista. Carmel frequenta questi incontri anche se il suo atteggiamento è

48 “Femminismo”, Enciclopedia Treccani. http://www.treccani.it/enciclopedia/femminismo/

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completamente passivo, come quello delle altre donne presenti. Infatti dice di non ricordarsi di aver mai discusso di questioni politiche; i discorsi erano sempre i soliti e non conducevano mai da nessuna parte. A parlare nei dibattiti erano sempre gli uomini, e mai quelli nuovi o giovani, ma sempre i vecchi, “[ … ] not young and fresh ones, but crease-browed and leather-jacketed elders, men with bad teeth from obscure post-graduate specialities” (p. 70). Le donne che partecipavano in genere erano le loro, e occupavano il tempo servendo caffè dai distributori e chiaccherando ai lati della stanza. Alla fine delle riunioni la protagonista dice: “I would hover a little, in the corners of rooms, on the edges of groupes, hoping that someone would turn to me and begin a real conversation, one I could join in” (p. 70). La partecipazione femminile non era considerata di nessuna importanza quando si trattava di questioni politiche.

La “seconda ondata” di femminismo, quella del secondo dopoguerra del Novecento (la prima si ebbe nel XVIII secolo), lottò per avere una parità formale con gli uomini, per ottenere un cambiamento totale della società, per porre fine alle disuguaglianze determinate dai ruoli sessuali. Nel saggio di Betty Friedan, La

mistica della femminilità, si delinea per la prima volta la figura della madre, non

più come casalinga felice e appagata, relegata ai ruoli di moglie perfetta e madre adorabile ma spesso impossibilitata a esprimersi come vorrebbe.

Si chiede l'uguaglianza salariale, la tutela delle ragazze madri, la valorizzazione della sessualità femminile, oppressa fino a quel momento da quella maschile, la legge sull'aborto, il recupero di dignità del corpo femminile. Nel 1969 si ottiene finalmente l'abortion act, e l'anno seguente anche una legge che garantisce parità di salario a parità di lavoro.

Nella realtà dei fatti, però, le cose non sono così semplici. La Mantel cerca proprio di far emergere questo aspetto: il fatto che le leggi fossero in vigore, non significava che le mentalità, le vecchie idee del passato e i valori obsoleti fossero stati dimenticati per far posto ai nuovi. La generazione di chi, come l'autrice e XXIII

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come Carmel, la protagonista, è nato negli anni Cinquanta e ha vissuto la sua giovinezza nei Settanta, è una generazione “a metà”, una generazione che si vuole emancipare ma che non sa rompere definitivamente con i vecchi principi dei genitori. A Tonbridge Hall, durante il primo anno di università, Sue, studentessa cattolica e paesana, ad un certo punto resta incinta del suo ragazzo. Le opinioni sul da fare divergono; le ragazze vicino a lei si dividono. Claire, la più religiosa, non vuole che abortisca; Julianne, il futuro medico che “seemed to have her body under control” (p. 166), ritiene sia la cosa più giusta da fare per il futuro di Sue. Carmel rimane sulle prime indifferente. Sono anni questi, in cui le donne conoscono i loro corpi ancora troppo poco: “We took the contraceptive pill, most of us, but we acted as if we didn't believe it worked” (p. 165). La confusione è culturale oltre che psicologica.

Sulle prime, Sue è combattuta, sa che i suoi genitori non approverebbero la nascita del bambino, e dichiara a Carmel “I wanted to know if I could have one” (p. 207). Claire chiama ripetutamente a raccolta tutte le ragazze per sostenere Sue e aiutarla a prendere la decisione che lei ritiene “giusta”, cioè quella di tenere il figlio. Il cattolicesimo è un'ombra costantemente presente in quest'opera. I valori religiosi cattolici, nei quali queste ragazze sono cresciute, e con cui è cresciuta l'autrice, cozzano con la laicità avanzante di anni in cui si procede all'approvazione della legge sull'aborto. Qual è la cosa giusta da fare?

Adesso che sono adulte, le loro fedi sono tutte diverse. Claire non capisce perché Sue porti il suo ragazzo nella camera dello studentato che divide con lei, e la costringa a restare fuori, o andarsene per qualche giorno. Ma Carmel cerca di farle comprendere che non si può essere sicuri di niente. Tutto è in bilico, tutto è precario. La religione non è più il punto fermo che era per le generazioni precedenti. “ [ … ] 'You know, this thing with Sue and her boyfriend, how can you be sure it's wrong, how can you be sure? I know what's in the Bible but has God told you personally?'” (p. 168).

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Julianne rappresenta la razionalità, la scienza, la medicina. È una ragazza con molto senso pratico, impertinente, sicura di sé, di una sicurezza che Carmel invidia. Sostiene totalmente le idee moderne che si andavano delineando in quegli anni. La sua sessualità è libera, più volte si sorprende del fatto che Carmel abbia un solo ragazzo. Prende la pillola e la consiglia a Carmel come se fosse già un medico. Si prende cura di Sue sostenendo la scelta dell'aborto.

Da parte loro, i genitori in quegli anni di crescita economica, ambiscono alla scolarizzazione dei figli, a desiderarne la loro scalata sociale. L'insoddisfatta e autoritaria madre di Carmel la obbliga a studiare duramente per ottenere le borse di studio che le serviranno per entrare prima alla Holy Redeemer, poi all'università a Londra. In un certo senso questa svolta è l'esempio di successo sociale derivante dall'ottimismo del dopoguerra. “The first girls from our schools – from any schools like ours – to go to the Holy Redeemer” (p. 128). L'emancipazione dunque c'è e si vede, ma sotto certi aspetti è ancora presente l'arretratezza. Soprattutto quella derivante dalla religione. Mentre le ragazze scoprono la loro sessualità, i genitori se ne distanziano, vogliono le loro carriere, il loro benessere economico e sociale e restare incinta negli anni dell'università diventa non solo una vergogna, ma anche un ostacolo. La religione fa il resto. “'Are you going to have it?'” (p. 205), domanda Carmel a Sue riguardo al bambino che porta in grembo:

'God I don't know. My parents will be livid. They'll chuck me out.' In that year, parents still did. For Catholic girls there were small hospitals run by nuns, in discreet rural areas. Parents paid the train fare, and gave a donation; their daughter returned home when her stomach was flat, and the baby was never seen again (Ibidem).

La stessa madre di Carmel non accetta che la figlia trascorra il Natale a casa di Niall, il fidanzato.

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As an unmarried girl, she said, I should be under my parents roof, not under the roof of people they did not know, whose manners and outlook were no doubt frivolous, degenerate and the talk of the district; and there could be no good reason for my wanting to be away from home unless I was planning to conduct myself in a way which she hoped no daughters of hers would ever think of in a thousand years(pp. 159-160).

Cosa s'intenda per successo di una donna, per queste ragazze è un concetto da definire. Vogliono l'emancipazione e l'uguaglianza con gli uomini, ma poi stirano le loro camicie nella stireria dell'università. Carmel guarda con occhio critico le ragazze che abitano allo studentato di Tonbridge Hall insieme a lei, che chiama tutte Sophy omologandole, che si mostrano gli anelli di fidanzamento a colazione e la cui massima aspirazione resta comunque quella di sposarsi entro la fine del loro ultimo anno di università. E omologa soprattutto i loro ragazzi, “their grease-spiked mousy hair, their patronizing attitudes, their welling guts” (p. 75). Queste ragazze colpevoli di essere intelligenti e di volere tanto dalla vita, credono di doversi abbassare ad avere un uomo inferiore solo perché sono donne.

Sono giovani donne impreparate. Si sono ritrovate adulte, a vivere da sole, e, impegnate a soddisfare le ambizioni delle madri, (i voti alti, il successo), adesso si ritrovano senza una direzione, senza un orientamento. Non sanno ciò che vogliono, hanno paura di assumere il ruolo di donne. Un ruolo che prevede quello che per le madri veniva dato per scontato: un marito, una casa a cui badare, dei bambini. La violenza con cui esplodono questi conflitti interiori arresta ogni aspettativa. “They forfeited today for the promise of tomorrow, but the promise wasn't fulfilled; they were reduced to middle-sexes, neuters, without the power of men or the duties of women” (p. 165).

“FEMINISM HASN'T FAILED, IT'S JUST NEVER BEEN TRIED” (p. 75) inneggia d'altro canto Carmel replicando uno slogan sul Cristianesimo. La critica XXVI

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arriva fino al sistema nella sua interezza.

Non è però una situazione storicamente inaudita. Nel passato molte donne avevano già criticato i concetti di subordinazione femminile e ineguaglianza tra i sessi. Nel 1405 la francese Christine de Pizan scrisse un libro in cui sosteneva l'uguaglianza tra i sessi, e soprattutto asseriva l'ingiustificatezza dell'inferiorità della donna. L'illuminismo è il periodo centrale per quanto riguarda i concetti di uguaglianza. Un testo importante sulla questione femminile è senz'altro quello di Mary Wollstonecraft, femminista inglese che lasciò la patria per assistere alla Rivoluzione francese. Scrisse Sui diritti delle donne, criticando il fatto che le donne servissero agli uomini solo come mogli e madri e come tali dovessero essere istruite. Questo testo influenzerà i successivi movimenti femministi soprattutto per quanto riguarda la parità tra i sessi a livello scolastico. Le idee della Wollstonecraft sono già moderne e gettano le basi per le idee del femminismo dei secoli a venire. Accusa gli uomini di privare innanzitutto le donne dell'istruzione scolatica, non permettendo loro di sviluppare l'intelletto e utilizzare la ragione, cosa che le porterebbe ad essere considerate inferiori. Accusa anche il sistema, che non fornisce alle donne i mezzi per farsi strada nella politica e nel mondo, e infine critica le donne, esortandole ad attività migliori di quelle di cercare un buon partito, di tirar fuori uno spirito rivoluzionario per rivendicare i loro diritti: “Si dia loro spazio per sviluppare le proprie facoltà e la possibilità di rafforzare le proprie virtù e si decida solo allora quale debba essere la posizione dell'intero sesso nella scala intellettuale”.49

Un altro importante testo femminista è la Dichiarazione dei diritti delle donne

e delle cittadine di Olympe de Gouges nel 1792, che reclama l'uguaglianza tra

uomini e donne a livello politico e giuridico.

Il pensiero femminista del secondo dopoguerra del Novecento nasce in America e si espande velocemente in tutti i Paesi sviluppati. Ha origine dalla

49 M. WOLLSTONECRAFT, Sui diritti delle donne, Milano, BUR, 2008, p. 55.

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formazione di nuovi gruppi militanti (soprattutto studentesse universitarie di ceto medio), in contrapposizione ai movimenti e ai partiti accusati di maschilismo. Questi gruppi femministi operano in un campo diverso rispetto ai vecchi movimenti. Si distaccano infatti dall'attività politica per lasciare spazio a dibattiti teorici. Gli obiettivi del femminismo degli anni Settanta si accodano a quelli della “prima ondata” ma privilegiano anche temi nuovi e “radicali.” Lo scopo principale di questo nuovo femminismo è quello di andare alla radice del problema, capire quali siano state le cause che hanno costretto la donna all'inferiorità. Non si guardano più solo gli aspetti politici e giuridici, ma viene presa in considerazione anche la sfera della sessualità e la differenza di genere. Si apre quindi una vasta produzione di saggi, opere, discussioni e riflessioni teoriche che vertono sull'aspetto psicanalitico e filosofico piuttosto che su quello politico, della condizione femminile. I temi sono quelli dell'omosessualità, della razza, della famiglia e della maternità.

Nel 1963, Betty Friedan, nella Mistica della femminilità, racconta l'emancipazione femminile della donna moderna, a cavallo tra le due guerre mondiali, e negli anni Sessanta. Questo testo influenzerà la seconda ondata di femminismo, quella del '68, anche in ambito internazionale. La Friedan si basa sulla sua esperienza personale e su un'indagine sulle donne della sua generazione, intervistando le sue ex compagne di college e le casalinghe di quel periodo, ponendoci di fronte al problema “inespresso” che vivevano le donne negli anni Sessanta. Questo problema, cioè la depressione, l'infelicità, l'abuso di psicofarmaci o alcol, deriva per la studiosa da ciò che lei chiama la “mistica della femminilità”. Le donne (americane nel suo caso, ma parliamo di una condizione per lo meno occidentale) hanno messo da parte le ambizioni lavorative per dedicarsi agli uomini e al ruolo di madri. La Friedan accusa i mass media, le riviste, i giornali, persino gli psicanalisti e i sociologi. In queste riviste infatti le donne sono escluse dal mondo “reale”, vale a dire la politica e la società; sono XXVIII

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invece inseriti argomenti futili a sostegno della vita familiare. Ci dice in concreto, come la sua generazione non riuscisse a vedere un futuro oltre i ventun'anni. Lei stessa si trovò a dover scegliere tra accettare la borsa di studio e andare all'università o seguire l'amore. Siamo negli anni Quaranta e già il problema si presentava. Le donne si sentivano divise tra i ruoli di mogli e le loro carriere lavorative. La Friedan rinunciò alla borsa di studio, non riuscendo a spiegarsi nemmeno lei i motivi che la indussero a farlo. Più avanti, affrontò la questione con le sue studentesse degli anni Sessanta. E il nocciolo della questione restò di nuovo irrisolto. Queste ragazze erano quasi tutte fidanzate, e desideravano il matrimonio, non volevano addirittura parlare di cosa avrebbero fatto dopo il college. Ciò che è parso a Betty Friedan era che nella sua generazione nessuno volesse emulare la propria madre. Sembravano deluse, tristi, cercavano di vivere la vita delle figlie, e dirigere quella dei padri. Allo stesso tempo non volevano che le figlie le prendessero a modello di vita. Dovevano avere qualcosa di più. Nonostante questo però, nonostante cercassero in tutti i modi di motivarle a studiare, di battersi per concedere loro questo diritto e si privassero per aiutarle finanziariamente in questo progetto, non riuscivano comunque a dare loro un'immagine di quello che potevano diventare. I sociologi hanno parlato di “'discontinuità' nel processo di condizionamento culturale, e anche di una 'crisi di ruolo' della donna”.50 Hanno dato la colpa all'istruzione, che dava alle ragazze

l'illusione di vivere lo stesso tipo di vita degli uomini. Le faceva credere libere e uguali, e questo, secondo loro, non le preparava al ruolo di donne, e il problema esplodeva nel momento in cui dovevano adattarsi a questo ruolo. Ma la studiosa va oltre. Afferma che probabilmente, al di là di queste considerazioni, una ragazza può semplicemente aver paura di crescere, abituata ad una madre onnipresente che sceglie per lei, che la indirizza sempre nella “giusta” direzione. Scardinando un punto fermo come questo, le ragazze si trovano in crisi. Per la Friedan si tratta di

50 B. FRIEDAN, La mistica della femminilità, Milano, Edizioni di Comunità, 1976, p. 68.

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un problema di identità, un'evasione dal crescere:

Come la società vittoriana non permetteva alla donna la possibilità di riconoscere o di soddisfare le fondamentali esigenze sessuali, così la nostra società non concede alla donna la possibilità di riconoscere o soddisfare l'esigenza fondamentale della maturazione della personalità, un'esigenza che non si esaurisce nel ruolo biologico.51

Per la studiosa è la mancanza di un modello il problema. Essendoci tra madre e figlia una differenza generazionale molto marcata, dovuta per lo più agli avvenimenti storici, la figlia manca di un orientamento ideologico. Ecco che prende forma la crisi d'identità. Si è infelici quando non si riconosce nel genitore l'immagine di ciò che vogliamo essere. Maschi o femmine. Questa è la pecca dei sociologi per la Friedan, non aver applicato alle donne quello che già valeva per gli uomini.

Ho parlato di questo interessante saggio perché ritengo che ci siano dei collegamenti con alcuni concetti che emergono dal romanzo An Experiment in

Love. L'opera della Mantel è ambientata in Inghilterra, è vero, ma come dicevo

precedentemente, i valori che si andavano delineando in quegli anni, soprattutto quelli femministi, si erano estesi in pochissimo tempo in tutta Europa e la Gran Bretagna era stata tra i primi Paesi ad adattarsi. Del resto, la condizione femminile si discute fin dall'antichità e in tutte le parti del mondo ancora oggi. All'interno del testo della Mantel il femminismo non è trattato come argomento principale, né vi si raffigurano movimenti femministi attivi. Non vediamo le bra burners nelle piazze londinesi, né percepiamo forti ideologie femministe, ma ritengo che il rapporto che la protagonista ha con la madre sia in qualche modo collegato al discorso che intende fare la Friedan. La madre di Carmel infatti, rispecchia pienamente questo cambio generazionale. È una donna autoritaria e seria che

51 Ibidem, p. 70.

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priva Carmel dell'amore necessario, in compenso fa di tutto per farla studiare, cosa che crede fondamentale per la realizzazione di una persona. Inoltre a lei non è stato permesso, e quindi riversa le sue ambizioni sull'unica figlia. Ne stabilisce la vita, gli orari, ciò che può o non può dire, le impone persino l'amicizia con Karina.

Per Maria-Milagros Rivera Garretas,

La relazione di una figlia o di un figlio con la propria madre è di più, molto di più che un rapporto sociale. È la relazione umana originaria prima, la relazione propriamente umana il cui divenire modella tutte le altre, tanto le relazioni umane che verranno poi come i rapporti sociali.52

Per lei il malessere femminile aveva origine dal fatto che le donne emancipate del XX secolo, soprattutto quelle dell'ultimo trentennio, avessero arrestato il dialogo con le loro madri per quanto riguardava la convivenza sociale. Erano sole, e questa solitudine si riversava nel loro rapporto con gli uomini. Le donne senza uomini erano sole. Il primo rapporto e quello che ci aiuta e ci forma nei rapporti successivi con chiunque, nei rapporti sociali, è proprio quello di una figlia con la propria madre. Rivera Garretas parla di una “relazione primordiale e unica”53 e,

proprio per questo, molto difficile da gestire. È attraverso questa relazione che una figlia impara a convivere con gli altri al meglio e a gestire la propria libertà. Il femminismo dell'ultima parte del XX secolo ne ha sottolineato l'importanza, anche a livello politico.

Nel romanzo, Carmel è quello che è grazie, o a causa, di sua madre e alla relazione (o non relazione) che crea con lei. Tutto quello che le insegna o che le mostra formeranno il carattere della ragazza, e influenzeranno il suo futuro e i suoi rapporti nella vita da adulta.

52 M.M. RIVERA GARRETAS, Donne in relazione. La rivoluzione del femminismo, Napoli, Liguori, 2007, p. 17.

53 Ibidem, p. 15.

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Dopo aver perso il lavoro come operaia, la madre di Carmel comincia a fare la donna delle pulizie. All'inizio, quando Carmel è una bambina, la famiglia si lava nel lavello di cucina, a turno, utilizzando un'unica saponetta rosa. Ma la madre è ambiziosa e già si percepisce, visto che nonostante la povertà e la modestia che contraddistingue la famiglia, lei si trucca. Mette la cipria, la spalma con cura, successivamente Carmel la vedrà anche darsi il rossetto. È una donna delle pulizie, ma a differenza delle altre, che non curano il loro aspetto, la madre di Carmel tiene a se stessa, indossa un cappotto non troppo fuori moda e una sciarpa adeguata ai tempi. Dice a Carmel, “People take you at your own valuation” (p. 62). È attenta ai giudizi della gente e ambiziosa.

“That I should look nice, that I should look different: this was my mother's aim in life” (p. 29). Ricama tutti i sottogonna di Carmel con motivi infantili e ridicoli che fanno soffrire e mettono in imbarazzo la bambina. Farfalle colorate, stelle, lune; Carmel non ha il coraggio di ribellarsi e in ogni caso non vincerebbe la battaglia. L'unica cosa che la salva è che Karina, figlia di immigrati dell'Est Europa e più povera di lei, indossa capi ancora più ridicoli.

Quando la figlia torna a casa lamentandosi di Karina che l'ha colpita, la madre le insegna una filastrocca impertinente:

Karina's a funny 'un,

She's a face like a pickled onion She's a nose like a squashed tomater And legs like two sticks (p. 35).

Ma le impone anche di non cantarla. L'insegnamento che Carmel ne trae è che il piacere maggiore di un insulto è quello di tenerlo per sé. Ma è l'ultimo scherzo che sua madre fa su Karina. Infatti, poco tempo dopo, inizia a frequentare Mary, sua madre.

Un altro divieto che la donna impone a Carmel è quello di cucinare. “Stop XXXII

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messing there. Get from under my feet” (p. 53). E naturalmente, senza pratica, Carmel avrebbe dovuto imparare a cucinare e fare le faccende domestiche. La Mantel insiste ancora una volta sulle abitudini degli anni Sessanta e Settanta, e forse in certi casi mai completamente dismesse. In piazza, in quegli anni, si bruciavano i reggiseni ma nelle case ancora vigeva il patriarcato. Sebbene il padre di Carmel non fosse quello che si può esattamente definire il “capo famiglia”, poiché la sua presenza era più un'assenza, i valori basati sul patriarcato restavano intatti. Gli uomini venivano infatti serviti per primi a tavola, il pezzo di carne migliore spettava a loro e le donne dovevano accontentarsi della parte più grassa o di quella più dura.

La madre si compiace sempre di Karina, e Carmel la invidia sotto questo aspetto, poiché è libera di cucinare e prepararsi qualsiasi cibo da sola. “I have to make a potato pie. I have to roast a piece of meat” (p. 53). Dice un giorno a casa sua. E puntualmente, dopo gli elogi di Karina vengono i rimproveri per Carmel, che si risente, replicando di aiutare la madre tutte le sere nelle faccende domestiche. “Karina never give cheek” (p. 53). Ecco quanto le risponde seccamente.

L'atteggiamento della madre di Carmel nei confronti di Karina e sua madre è tollerante e buonista. È cosciente del fatto che questa famiglia abbia sofferto, che abbia superato numerose difficoltà in quanto immigrati e poveri. È sempre dalla parte di Karina, persino quando Carmel le racconta le cattiverie che le riserva, la gelosia, l'invidia della ragazza. La madre in quei momenti nomina i carri bestiame, e non c'è modo di approfondire la questione.

Ma quando Carmel torna a casa un giorno dalla Holy Redeemer e parla dei voti della ragazza, la madre si stupisce, come se non avesse mai pensato che la figlia di due immigrati potesse essere brava a scuola. Prima di tutto però confina Carmel a studiare in camera sua. Ancora più duramente del solito: “'There's nothing like a good education,' she said. 'of which I personally didn't have the chance'” (p. 87).

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