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1. Strategie d’impresa basate sulla sostenibilità

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Academic year: 2021

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1. Strategie d’impresa basate sulla sostenibilità

1.1 La strategia in azienda

Per strategia d’impresa si intende la materia che permette di definire l’identità di un’azienda ed in particolare le azioni che l’azienda stessa compie per raggiungere l’identità desiderata.

Una strategia permette di progettare le linee guida da seguire per raggiungere gli obiettivi prefissati, considerando il contesto esterno ed interno in cui opera l’azienda e tutte le variabili ad essa connesse.

La progettazione di una strategia può essere scomposta in tre fasi principali:

-­‐ Analisi strategica della situazione in cui si trova l’azienda, in modo da ottenere un quadro completo della condizione aziendale sia dal punto di vista esterno che interno individuando punti di forza e debolezza, minacce ed opportunità. Gli strumenti tipicamente utilizzati sono l’analisi SWOT e il modello delle cinque forze competitive di Porter. 1

-­‐ Definizione della strategia da attuare. In base all’analisi effettuata nella precedente fase e in base agli obiettivi che si è posta l’azienda è necessario capire quale possa essere la strategia da adottare in termini di politiche di mercato e tipologia di clienti da soddisfare (Leadership di costo, differenziazione o focalizzazione) al fine di raggiungere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.

-­‐ Attuazione della strategia. In questa fase è previsto di mettere in pratica quanto pianificato nelle fasi precedenti, al tal fine sarà necessario possedere una consolidata capacità di direzione e strutturazione dell’azienda e una capacità di diffusione della cultura aziendale. Diventa, quindi, fondamentale costruire una leadership efficace, una

                                                                                                                         

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buona comunicazione interna ed esterna e un’apertura all’innovazione e alle nuove opportunità.

Una strategia vincente permette di creare un’immagine distintiva dell’azienda per gli stakeholder rispetto a quella degli altri competitor in modo da generare un vantaggio competitivo.

La creazione di una base solida sulla quale si basa un vantaggio competitivo è la risorsa più affidabile per ottenere profitti superiori alla media dei concorrenti nel lungo termine e non solo per un breve periodo. Una strategia aziendale può tradursi in una particolare diversificazione del portafoglio, alleanze strategiche, know how, fusioni, acquisizioni, politiche aziendali volte alla valorizzazione delle risorse umane e al rispetto dell’ambiente tali da creare un valore aggiunto all’azienda riconosciuto dal consumatore finale.

Quindi un’efficace progettazione della strategia si riflette, inevitabilmente, su un miglioramento delle performance aziendali rafforzando la posizione di mercato, la propria forza competitiva e finanziaria ed aumentando la redditività aziendale.

1.2 Il concetto di sostenibilità nell’impresa

Il quesito che ci siamo posti è se la sostenibilità possa diventare parte integrante di una politica strategica aziendale tale da essere determinante per la creazione di un vantaggio competitivo riconosciuto su cui far leva. Ma che cosa vuol dire sostenibilità e soprattutto che relazione può esistere tra la sostenibilità ed il business? Una nota definizione di sostenibilità è stata proposta dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, con il Rapporto Brundtland2 che definisce sostenibile “lo sviluppo

                                                                                                                         

2 L’Assemblea generale delle Nazioni Unite assegnò alla Commissione Mondiale sull’Ambiente

e sullo Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED), costituita nel 1983, la stesura di un rapporto sulla situazione mondiale dell’ambiente e dello sviluppo, detto Rapporto Brundtland, che venne presentato il 4 agosto del 1987. Il documento pose le basi per il

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economico e sociale che soddisfa i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai propri”.3

La sostenibilità d’impresa si basa sull’idea che nella gestione aziendale debbano essere incluse tre aree (economica, sociale ed ambientale) legate reciprocamente tra di loro e influenzate l’un l’altra. 4

Figura 1: Le tre dimensioni della sostenibilità

Fonte: Enciclopedia Sostenibilità d’impresa5

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    proseguimento di quanto già avvenuto a Stoccolma, cioè la conclusione di trattati di natura settoriale, basati sulla prevenzione del danno e sull’inquinamento transfrontaliero.

3 Bologna, G. (2008) Manuale della Sostenibilità. Idee, concetti, nuove discipline capaci di

futuro, Edizioni Ambiente, Milano, pag.95

Citato nel sito web http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

4 Steurer, R., Langer, M., Konrad, A., e Martinuzzi, A. (2005) Corporations, Stakeholders and

Sustainable Development I: A Theoretical Exploration of Business–Society Relations. Journal of Business Ethics pag. 263-281.

Citato nel sito web http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia Sostenibilità   economica   Sostenibilità   ambientale   Sostenibilità   sociale  

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Nonostante le relazioni esistenti tra le dimensioni siano tutt’oggi oggetto di discussione, in uno studio del 2002 di Dyllick e Hockerts,6 è emersa la possibilità di garantire una coerenza sostenibile tra le tre dimensioni. Ponendo la dimensione economica al centro della responsabilità d’impresa si fa riferimento al cosiddetto “caso mercato” (business case), introducendo il concetto di eco-efficienza inteso come l’uso efficiente da parte dell’impresa del capitale naturale. Inoltre dal termine eco-efficienza, recentemente, è stato derivato il temine socio-efficienza associando, in maniera analoga, l’impatto sociale che l’impresa genera svolgendo la sua attività.

Molti studi sul "business case", quindi, vincolano la sostenibilità economica all’efficienza sociale ed ecologica dell’impresa. Secondo il giudizio degli autori, però, vengono sottovalutati gli altri due casi: il "caso natura" (Natural Case) e il "caso società" (Societal Case). Nel caso natura il concetto di eco-efficacia e sufficienza ecologica hanno una maggiore importanza rispetto ad una vision fondata sull’efficienza. Nel caso società, invece, la priorità è rivolta alla socio-efficacia e all’equità ecologica. Dyllick e Hockerts7 definiscono, quindi, una nuova teoria che comprenda tutti e tre i casi, individuando sei criteri: efficienza, socio-efficienza, socio-efficacia, eco-efficacia, equità ecologica e sufficienza ecologica (si veda figura 2).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

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http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

6 Dyllick,T. e Hockerts, K. (2002) Beyond the business case for corporate sustainability

Business Strategy and the Environment pagg 130-141

Citato nel sito internet http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

7 Dyllick,T. e Hockerts, K. (2002) Beyond the business case for corporate sustainability

Business Strategy and the Environment

Citato nel sito internet http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

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L’ efficacia, in ogni caso, tiene conto dell’impatto sull’ambiente o sulla società generato dalle fasi del ciclo di vita del prodotto.8

Figura 2: L’interdipendenza tra Caso Mercato, Caso Società e Caso Natura secondo Dyllick e Hockerts9, 2002

Il criterio della sufficienza ecologica, invece, si riferisce agli impatti relativi alle preferenze della popolazione circa i prodotti acquistati.

Studi più recenti hanno posto anche l’attenzione sull’importanza di un’equa distribuzione della ricchezza, del capitale naturale e dei rischi che la produzione industriale può arrecare. Mentre la responsabilità sociale si concentra sull’impresa, la                                                                                                                          

8 McDonough, W., e Braungart, M. (2003) Dalla Culla alla Culla, BLU Edizioni.

Citato nel sito internet http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

9 Dyllick,T. e Hockerts, K. (2002) Beyond the business case for corporate sustainability

Business Strategy and the Environment

Citato nel sito web: http://www.bankpedia.org/index.php/it/127-italian/s/22523-sostenibilita-d-impresa-enciclopedia

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sostenibilità considera tutti gli stakeholder, comprese la società in cui opera l’azienda e le comunità circostanti che potrebbero essere coinvolte nell’attività dell’industria. Quindi la sostenibilità d’impresa può essere vista come una versione allargata di responsabilità sociale comprendendo tutta la società nel suo complesso, oppure come il punto di arrivo di un percorso, che passa dalla responsabilità sociale, che vede l’impresa protagonista nel trovare il giusto equilibrio tra le tre dimensioni: economica, sociale ed ambientale. Sempre più spesso, comunque responsabilità sociale e sostenibilità d’impresa vengono usate come sinonimi.

È dimostrato che l’interesse del consumatore finale non si limita più agli aspetti di primo impatto che sopraggiungono nel momento dell’acquisto di un prodotto o di un servizio ma è interessato a tutta una serie di problematiche che nel passato sono state sottovalutate, ad esempio l’apporto nutrizionale, nel caso di prodotti agroalimentari, il rispetto di certi principi deontologici nelle fase di produzione del prodotto, assenza di sfruttamento del lavoro e gli impatti ambientali derivanti dal processo produttivo. L’azienda può implementare un sistema che intervenga su nuovi aspetti, rilevanti per il cliente, in modo da ottenere una sua maggiore soddisfazione che si riflette, a cascata, sul miglioramento delle performance aziendali in termini di maggiori profitti, miglioramento dell’immagine aziendale, miglioramento dell’organizzazione interna e dei rapporti con tutti gli stakeholder.

Gli interessi dei consumatori si sono, dunque, allargati alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, al rispetto dei diritti dell’uomo lungo tutta la filiera produttiva, alla qualità del prodotto finale e al processo con il quale questo è stato ottenuto, nonché alla protezione dell’ambiente.

Un consumatore, al quale sono garantiti certi impegni e certe iniziative da parte dell’azienda che si riflettono sul prodotto finale, è disposto a pagare di più per

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l’acquisto di prodotti di qualità, sicuri e che siano stati fabbricati secondo criteri “socialmente responsabili”.10

È chiaro che dal semplice acquisto di un prodotto il consumatore non può venire a conoscenza di tutte le informazioni di cui necessiterebbe, al di fuori di ciò che trova sull’etichetta, per giudicare se un prodotto è stato fabbricato secondo certi criteri di qualità, sostenibilità, rispetto dell’ambiente, delle popolazioni ecc. A tal fine il concetto di qualità, così come definito dall’International Standard Organization nella norma ISO 900011, ha l’obiettivo di garantire al consumatore tutto ciò che da solo non può percepire in fase di acquisto (caratteristiche intrinseche non valutabili al momento dell’acquisto). Le etichette e i marchi etico sociali sono iniziative ad opera di singole imprese, associazioni di categoria, governi ecc. in cui viene garantito che il processo di produzione è stato svolto nel rispetto dei principi eco sostenibili.12

L’interesse da parte dei paesi sviluppati verso strumenti che eliminano gli aspetti negativi legati allo sviluppo delle filiere produttive ha fatto sì che, per rispondere alle esigenze dei consumatori (tracciabilità, sicurezza alimentare, benessere animale ecc.), siano stati introdotti codici etici e bollini in modo da offrire una maggiore garanzia al cliente finale.

Le certificazioni rispondono ad una serie di regole e principi che devono essere rispettati nel caso in cui l’azienda voglia ottenere un marchio da utilizzare come leva strategica per entrare in particolari mercati o per soddisfare particolari categorie di clienti.

                                                                                                                         

10 Lucia Briamonte e Luciano Hinna, (2012) La responsabilità sociale per le imprese del settore

agricolo e agroalimentare, Inea.

11 La norma UNI EN ISO 9000 è stata pubblicata nel dicembre del 2000 per fornire i principi e

concetti dei sistemi di gestione della qualità su cui si basano tutte le norme appartenenti alla famiglia ISO. La definizione di qualità e i suoi attributi sono riferiti nella norma UNI EN ISO 9000 del 2000 pag. 10 e 14.

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Il Commercio Equo e Solidale (Fair Trade) è un esempio di marchio che le aziende possono utilizzare nel perseguimento di obiettivi eco-sostenibili. Tale iniziativa rappresenta un modello di sviluppo economico mondiale che ha lo scopo di aiutare i produttori svantaggiati ad essere finanziariamente autosufficienti ed ottenere condizioni di lavoro e di vita dignitose.

Il WFTO (World Fair Trade Organization) 13è la federazione mondiale del commercio equo e solidale e definisce sia i criteri generali che gli operatori del commercio equo devono rispettare sia un codice di condotta che viene utilizzato come strumento di garanzia per tutti gli stakeholders.

Le organizzazioni del Commercio equo e solidale, cha aderiscono al WFTO, sono tenute a rispettare una serie di principi14 (criteri approvati al WFTO Annual General Meeting in Ecuador nel Maggio 2005):

1. Creazione di opportunità per produttori economicamente svantaggiati

2. Ogni Commercio deve essere trasparente nella gestione e nelle relazioni commerciali e trattare con chiarezza e rispetto i propri partner.

3. Il commercio deve garantire un supporto adeguato nelle relazioni commerciali, assistenza ai produttori e alle organizzazioni di import/export

4. Promozione del commercio equo e solidale garantendo standard qualitativi elevati e mezzi di pubblicità e informazione trasparenti.

                                                                                                                         

13 Ex IFAT (International Fair Trade Association) è un'associazione che si occupa di commercio

equo e solidale ed è stata costituita nel 1989. Il suo obiettivo consiste nel migliorare i mezzi di sussistenza e, di conseguenza, il benessere dei produttori svantaggiati, offrendo assistenza e servizi per perfezionare la loro conoscenza dei mercati mondiali.

I membri sono cooperative di produttori e associazioni, compagnie di marketing dell'export, importatori, venditori al dettaglio, reti regionali e nazionali e organizzazioni che supportano il commercio equo.

14 Come definito da: Lagravinese R., Coniglio N. (2015) Responsabilità Sociale in Agricoltura:

I bollini etici. Best practices per una società migliore, scheda prodotta nell’ambito di un progetto dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (Dipartimento di Scienze Economiche e Metodi Matematici) – in collaborazione con la Regione Puglia - finanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013 (FEI)

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5. Prezzo equo e pre-finanziamento: i prodotti commercializzati dal Fair Trade devono essere venduti ad un prezzo concordato tra le parti tramite il dialogo e la partecipazione. 6. Pari opportunità

7. Diritti dei lavoratori 8. Diritti dei bambini 9. Rispetto per l'ambiente

Il principale risultato del Fair Trade, grazie all’attività di formazione svolta dalle organizzazione che hanno favorito l’associazionismo, è quello di consolidare il potere contrattuale degli agricoltori. I produttori hanno iniziato a lavorare in gruppo, affrontando insieme i problemi socio-economici, compresi quelli per l’ottenimento dei finanziamenti, andando, così, a migliorare la vita della comunità. 15

Nonostante i numerosi benefici apportati dal Commercio equo e solidale, non sono da trascurare i costi di compliance, in quanto risultano essere molto elevati. Le problematiche relative al prezzo minimo, ai contratti a lungo termine, quelle per l’accesso ai finanziamenti, o il contributo per incrementare la capacità dei produttori, gravano sia sugli stessi produttori sia su tutti gli attori della filiera. Per questo motivo la diffusione del Fair Trade è stata limitata, molte imprese della grande distribuzione hanno preferito adottare altre certificazioni, oppure supportare direttamente i produttori, piuttosto che corrispondere una percentuale fissa all’associazione del Fair Trade, che risulta molto onerosa16.

                                                                                                                         

15 Klier, S., & Possinger, S. (2012). Assessing the Impact of Fairtrade on Poverty Reduction

through Rural Development. CEval (Center for Evaluation) at Saarland University: Germany.. Citato in: http://www.uniba.it/elenco-siti-tematici/migrovillage/risultati/schede/i-bollini-etici Raynolds, L. (2006) Organic and Fair Trade Movements in Global Food Networks. In Barrientos, S., and Dolan, C., (eds) Ethical Sourcing in the Global Food System. London: Earthscan. Citato in: http://www.uniba.it/elenco-siti-tematici/migrovillage/risultati/schede/i-bollini-etici

16 Ellis, K., & Keane, J. (2008). A review of Ethical Standards and labels: is there a gap in the

market for a new 'Good for Development' label?. Overseas Development Institute. Citato in: http://www.uniba.it/elenco-siti-tematici/migrovillage/risultati/schede/i-bollini-etici

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In linea generale, a livello internazionale, europeo e nazionale si può contare su enti di normazione che hanno il compito di definire gli standard da seguire nel caso in cui un’azienda voglia ottenere una certificazione riconosciuta da parte di un ente preposto a tal fine. Si tratta di un ente di terza parte, indipendente, accreditato che, riferendosi ad uno standard specifico, ha il compito di definire la conformità o meno di un prodotto o di un processo produttivo, potendo, così, porre un’etichetta o un marchio a garanzia del rispetto dei principi di riferimento.

Al fine del rilascio di una certificazione è necessario che l’azienda si doti di un’organizzazione interna, di un sistema produttivo, informativo e di controllo idoneo al rispetto di quanto definito nello standard.

L’importanza della responsabilità sociale nasce dalla consapevolezza che l’attività d’impresa influenza l’economia, la società e l’ambiente; di conseguenza l’azienda non può fare altro che “sfruttare” a proprio vantaggio tale influenza rendendola più sostenibile ed accettabile.

La sostenibilità d’impresa può apportare numerosi vantaggi a chi la mette in pratica: può garantire un vantaggio concorrenziale, riduzione dei costi, innovazione creando nuove opportunità e miglioramento della propria immagine.

I motivi che possono rendere “conveniente” l’adozione di un sistema basato sulla sostenibilità possono tradursi in una minore difficoltà nell’attrarre forza lavoro qualificata, maggiore fedeltà della forza lavoro, maggiore capacità di fidelizzazione dei clienti già acquisiti e maggiori possibilità di attrarne di nuovi, maggiori possibilità di accesso al credito e molti altri.

Le scelte in tema di sostenibilità devono, innanzitutto, essere valutate convenienti per l’impresa, devono essere coerenti e riflettersi con il core business dell’azienda, con i propri valori e con la propria cultura. Le azioni che un’impresa può mettere in atto

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seguendo una politica volta alla sostenibilità possono riguardare azioni rivolte alla riduzione degli impatti ambientali del processo produttivo, dotandosi di strumenti e macchinari che riducono al minimo le emissioni o la generazione di rifiuti, oppure sistemi che possono individuare un impiego alternativo ai rifiuti stessi. Così facendo si ottiene un prodotto finito in cui il cliente riconosce il suo valore aggiunto per il quale è disposto a pagare un prezzo maggiore, rispetto ad un altro per il quale non sono stati implementati sistemi volti alla sostenibilità. L’azienda può cercare di adattare gli orari di lavoro in modo da venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti, mettendo a loro diposizione servizi extra all’attività lavorativa in modo da creare un ambiente di lavoro sereno e comprensivo che non può che tradursi in una maggiore dedizione al lavoro del dipendente, in una maggiore produttività che porterà i suoi effetti a livello complessivo di redditività aziendale. Inoltre si possono instaurare relazioni costruttive e di fiducia con i fornitori, garantendo una certa qualità delle materie prime e dei processi con le quali queste sono state ottenute.

1.3 Corporate Social Responsibility

Ogni azienda, in maniera più o meno formalizzata dovrebbe adottare un sistema di responsabilità sociale dell’impresa (detta anche Corporate Social Responsibility) inteso come l’impegno a comportarsi in maniera etica e corretta, andando oltre il semplice rispetto della legge.

La CRS può rivelarsi un’importante leva competitiva se consente di integrare le attività di business al contesto sociale. Ciò rispecchia quanto definito da Michael Porter17 “le

aziende di successo richiedono una società sana e allo stesso tempo una società sana ha bisogno di aziende di successo.” Quindi la responsabilità sociale costituisce una leva                                                                                                                          

17 Porter, M. E., e Kramer, M. R. (2011), The big idea: creating shared value, Harvard Business

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competitiva se riesce a modificare aspetti della società che rappresentano limiti alla crescita aziendale.

Secondo l’impostazione di Porter l’impresa non si deve “limitare a condividere il valore creato ma creare valore condiviso”. Il rapporto con gli stakeholder si basa sulla condivisione delle reciproche risorse tangibili e intangibili generando nuova ricchezza. La condivisione del valore è un’evoluzione della CRS e si differenzia dai concetti di responsabilità sociale e sostenibilità in senso stretto in quanto non si limita a promuovere azioni e programmi di tipo redistributivo di grande valenza sociale che di imprenditoriale hanno ben poco. Secondo Porter e Kramer18 l’azienda non può cadere nell’errore di distribuire più valore all’esterno a scapito degli interessi interni. Creare valore condiviso significa “non accettare prezzi più alti da fornitori inefficienti ma aiutarli ad investire per diventare più profittevoli”.19

Gli strumenti che le imprese possono implementare per una gestione socialmente responsabile sono molti tra cui l’adozione di codici etici contenenti dichiarazioni formali, principi e standard di comportamento. Gli aspetti che i codici trattano sono riferiti principalmente ai diritti umani, alla trasparenza, alla salute, alla sicurezza sui luoghi di lavoro ecc.

Tra le iniziative più importanti a livello internazionale ricordiamo quella del Global Compact diretto dall’ONU e annunciato nel 1999 a Davos.20 Nel suo appello, il Segretario Generale invitava i leader dell’economia mondiale ad aderire al Global Compact, un “Patto globale” che unisce imprese, agenzie dell’ONU, organizzazioni sindacali e della società civile, nel promuovere la responsabilità sociale dell’impresa                                                                                                                          

18 Porter E., Kramer M.R. (2007), Il punto di incontro tra il vantaggio competitivo e la

Corporate Social Responsibility, Harvard Business Review Italia, gennaio-febbraio.

19 Mutinelli M (2011). Le multinazionali sostenibili cap. 7, in Camera di Commercio di Milano,

Milano Produttiva 2011, disponibile su http://www.mi.camcom.it/milano-produttiva-2011

20 Per approfondimenti si veda: Lucia Briamonte e Luciano Hinna, La responsabilità sociale per

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attraverso il rispetto volontario e la promozione di dieci principi fondamentali relativi ai diritti umani, al lavoro, all’ambiente e alla lotta alla corruzione. Si tratta di principi condivisi universalmente in quanto derivati dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani, dalla Dichiarazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Principi e i Diritti fondamentali nel Lavoro, dalla Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo e dalla Convezione delle Nazioni Unite contro la Corruzione. 21

La CRS deve divenire, quindi, parte integrante della strategia d’impresa e della cultura aziendale. Le attività su cui si basa la CRS sono, solitamente, quattro:

-­‐ Il rispetto degli individui e dei valori della comunità e dell’ambiente per ottenere successo economico.

-­‐ Agire in modo da preservare le risorse attuali cosicché anche le generazioni future possano usufruirne.

-­‐ Ottenere il consenso, esplicito o implicito, da parte del governo e delle comunità locali per lo svolgimento dell’attività di business.

-­‐ Ottenere benefici dal punto di vista reputazionale.

Nel momento in cui un’azienda decide di implementare una CSR a livello strategico deve seguire una serie di passi per aumentare le probabilità di successo:

-­‐ Analizzare la situazione dell’impresa e quella dell’ambiente sociale in cui opera in modo da individuare punti di convergenza.

-­‐ Scegliere la tematica sociale sulla quale l’azienda decide di investire per creare un valore condiviso.

                                                                                                                         

21 Per un approfondimento si visiti il sito web:

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-­‐ Definire gli impegni sociali dell’azienda in maniera che possano rafforzare la strategia e non semplicemente supportandola.

-­‐ Definire un sistema che possa legare le politiche di CRS della catena del valore e quelle del contesto competitivo.

-­‐ Fare in modo che gli impegni sociali diventino parte integrante della strategia aziendale, condivisa da tutti gli attori che operano in azienda.

La Commissione Europea si occupa di CRS già dal 2001 con l’introduzione del così detto Libro Verde22, dove espone le linee guida in tema di CRS che ogni impresa dovrebbe adottare per sviluppare la propria cultura imprenditoriale, introducendo nella gestione aziendale l’importanza dell’etica.

La CRS viene definita “l'integrazione, nelle operazioni commerciali delle imprese e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder), di preoccupazioni di carattere sociale ed ecologico, attraverso un processo volontario di autoregolamentazione". 23

I comportamenti responsabili da parte dell’azienda sono messi in atto in maniera diversa a seconda del contesto in cui opera e a seconda della dimensione interna ed esterna dell’impresa. Le due dimensioni sono definite nel Libro Verde e sinteticamente si può dire che nella dimensione interna sono incluse le aree che si riferiscano alla gestione delle risorse umane, alla sicurezza sul lavoro, all’attenzione alla partecipazione e al coinvolgimento di tutte le parti interessate, all’adozione di strumenti per le riconversioni professionali, ma anche agli aspetti legati alla gestione dei rifiuti, agli impatti del processo produttivo lungo tutto il ciclo di vita del prodotto, all’adozione di sistemi che certificano la qualità del sistema e/o del prodotto ecc.

                                                                                                                         

22 “I Libri verdi sono documenti di riflessione su un tema politico specifico pubblicati dalla

Commissione Europea. Fonte: http://ec.europa.eudelle

23   Comunità Europee, C. (2001). Libro Verde. Promuovere un quadro europeo per la

responsabilità sociale delle imprese. Bruxelles, COM, 366.  

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La dimensione esterna, invece, si riferisce alla molteplicità di rapporti che l’azienda instaura durante il suo operato. L’azienda può istaurare partnership commerciali, sensibilizzando i fornitori alla sostenibilità o selezionandoli in base alle loro iniziative in tema di sostenibilità. Può concentrare la sua attenzione nella soddisfazione del cliente fornendo un prodotto/servizio che abbia rispettato i requisiti di qualità, sicurezza, eticità, rispetto dell’ambiente ecc.

Nel caso in cui l’impresa operi all’estero l’attenzione deve essere rivolta al rispetto delle comunità locali e soprattutto alla salvaguardia dei diritti inviolabili dell’uomo durante lo svolgimento dell’attività industriale. Sono inclusi nella dimensione esterna anche tutti gli aspetti che riguardano la salvaguardia dell’ambiente, incoraggiando l’adozione di strumenti che migliorino le prestazioni ambientali lungo tutta la catena produttiva o investendo in paesi terzi con la consapevolezza di avere il dovere di rispettare lo sviluppo sociale ed economico del paese stesso ecc.

Tutte le iniziative che l’impresa adotta in tema di sostenibilità non si limitano, ovviamente, al dovere morale o etico della stessa. Il fine ultimo dell’azienda è quello di creare valore nel tempo e quindi la sostenibilità rappresenta un mezzo con il quale cerca di raggiungere il suo scopo.

Le politiche di CSR possono incrementare ad avvalorare il vantaggio competitivo sul quale l’azienda può far leva per aumentare le possibilità di successo, influendo positivamente sul profitto di lungo periodo. È chiaro, quindi, che per fare tutto ciò le politiche responsabili non possono non diventare parte integrante della strategia, della cultura aziendale, di un modo di pensare che non si limita al breve periodo, che non è fine a se stesso ma che è largamente condiviso da tutti i membri dell’organizzazione, i quali percepiscono la reale importanza dello strumento sia moralmente e soprattutto economicamente.

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Diviene, quindi importante che la CRS sia diffusa in tutte le aree di gestione aziendale, dalla produzione (riducendo l’impatto ambientale, promuovendo la sicurezza dei lavoratori, l’attenzione alla qualità e alla sicurezza dei prodotti) al marketing (soddisfazione dei consumatori e del bisogno di trasparenza e affidabilità), alla gestione delle risorse umane (gestione dei percorsi di carriera, delle politiche di formazione, della gestione degli esuberi) agli aspetti finanziarie di controllo dei rischi.24

Essere socialmente responsabile vuol dire, dunque, essere in grado di integrare, nella gestione quotidiana, i principi di CSR, arrivando a parlare di gestione integrata di CSR. Margolis e Walsh, sulla base dell’analisi di oltre 130 ricerche empiriche documentate sull’argomento25, sostengono che si possono distinguere due diversi approcci: uno che sostiene l’esistenza di un trade off tra CSR e risultati aziendali e l’altro che, invece, individua possibili sinergie tra i due.

Il primo approccio considera le pratiche di CSR un inutile costo che non è controbilanciato da aspetti sufficientemente positivi. Considerando anche il fatto che i benefici sono solo stimati in maniera indiretta, mentre i costi sono immediati e definibili direttamente. Si ritiene, quindi, opportuno investire le risorse destinate all’implementazione delle politiche di CSR per altri scopi, come il miglioramento dell’efficienza, o ridistribuirle tra gli azionisti, al fine di evitare una defocalizzazione dall’attività principale tipica di ogni impresa: la creazione di valore.26

Il secondo approccio, maggiormente supportato dalla letteratura e dalle imprese, enuncia una relazione positiva tra CSR e risultati aziendali. Una corretta                                                                                                                          

24Perrini, F., A. Russo, and A. Tencati: (2007) Csr Strategies of Smes and Large Firms.

Evidence from Italy Journal of Business Ethics

25Margolis, J. D., and J. P. Walsh: (2003) Misery Loves Companies: Rethinking Social Initiative

by Business, Administrative Science Quarterly, 268-­‐305.

Orlitzky, M., Schmidt, F. L., & Rynes, S. L. (2003). Corporate social and financial performance: A meta-analysis. Organization studies, 24(3), 403-441

26 Jensen, M. C.: (2001) Value Maximization, Stakeholder Theory, and the Corporate Objective

Citati in: Perrini F., Vurro C. L’implementazione della CRS nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese: un’analisi quantitativa del contesto italiano.

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implementazione della CSR, infatti, rafforza la capacità delle imprese di gestire le aspettativa degli stakeholder, instaurando un vantaggio competitivo duraturo.27

Le ragioni di un cambiamento del contesto competitivo e la crescente attenzione verso gli aspetti etici sono alla base della teoria a favore della CSR in azienda. Si diffonde l’idea che l’impresa non è più solo un’entità astratta votata al solo calcolo di convenienza economica, ma una realtà che interagisce, e trae beneficio da questo, con gli attori che ne fanno parte. 28

Secondo il contributo di Perrini29 sono cinque le aree in cui è possibile implementare efficacemente i principi di CSR:

-­‐ CSR e organizzazione interna: la letteratura è concorde nel riconoscere il contributo della CSR alla creazione di un clima etico, con impatti sulla soddisfazione dei dipendenti e sul coinvolgimento organizzativo che si traducono in una riduzione del tasso di assenteismo e del tasso di turnover, nell’incremento della produttività e dell’attrattività dell’impresa nei confronti dei dipendenti attuali e prospettici.30

-­‐ CSR e clienti finali: numerosi studi mostrano come l’implementazione di pratiche di CSR impattino sulla soddisfazione e sulla fedeltà dei clienti, in ragione del ruolo della CSR quale indicatore della qualità della produzione, nel

                                                                                                                         

27Waddock, S., and S. B. Graves: (1997) The Corporate Social Performance -­‐ Financial

Performance Link, Strategic Management Journal, 303-319.

28 Orlitzky, M., F. L. Schmidt, and S. L. Rynes: (2003) Corporate social and financial

performance: A meta-analysis. Organization studies, 24(3), 403-441

29 Perrini, F., & Tencati, A. (2011). La responsabilità sociale d’impresa: strategia per l’impresa

relazionale e innovazione per la sostenibilità. Sinergie Italian Journal of Management, (77), 23-43.

30Maignan, I., O. C. Ferrell, and G. T. Hult: (1999) Corporate Citizenship: Cultural Antecedents

and Business Benefits, Journal of the Academy of Marketing Science, 455-469.

Vitell, S. J., and A. Singhapakdi: (2008) The Role of Ethics Institutionalization in Influencing Organizational Commitment, Job Satisfaction and Esprit De Corps', Journal of Business Ethics 343-353. Citati in: Perrini F., Vurro C. L’implementazione della CRS nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese: un’analisi quantitativa del contesto italiano.

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rafforzamento di company e brand positioning e nel supporto allo sviluppo di attitudini positive nei confronti dell’impresa31.

-­‐ CRS e comunità locale: nei confronti della comunità locale entro cui l’attività d’impresa si inserisce, l’implementazione di pratiche di stakeholder management che puntano alla cooperazione con la collettività contribuisce allo sviluppo, per le impresa, della licenza di operare in un dato contesto. 32 In tale ambito la CSR consente alle imprese di gestire il consenso, accumulare capitale immateriale di fiducia e legittimità, anticipare le sfide future e identificare opportunità di mercato.

-­‐ CSR e gestione ambientale: nei confronti dello stakeholder ambiente, studi dimostrano come l’adozione di comportamenti e strumenti per la gestione e valorizzazione dell’ambiente naturale impatta direttamente sulla competitività aziendale, contribuendo al conseguimento di vantaggi di differenziazione dell’offerta, alla riduzione dei rischi e a una migliore gestione degli stessi, e al rafforzamento della produttività per effetto della riduzione dei costi. 33

                                                                                                                         

31Bhattacharya, C. B., and S. Sen: (2001) Does Doing Good Always Lead to Doing Better?

Consumer Reactions to Corporate Social Responsibility, Journal of Marketing Research, 225-­‐ 243.

Porter, M., and M. Kramer: (2006) Strategy and Society: The Link between Competitive Advantage and Corporate Social Responsibility, Harvard Business Review, 78-­‐92.

Post, J. E., L. E. Preston, and S. Sachs: (2002) Managing the Extended Enterprise: The New Stakeholder View, California Management Review, 6-­‐28.

Citati in: Perrini F., Vurro C. L’implementazione della CRS nei rapporti di filiera delle piccole e medie imprese: un’analisi quantitativa del contesto italiano.

32 Kern, I., S. Sachs, and E. Rühli: (2007) Stakeholder Relations and Maintaining the License to

Operate: A Comparative Case Study of the Swiss Telecommunications Industry, Corporate Governance: The International Journal of Business in Society, 446-­‐454.

Russo, A., and A. Tencati: (2008) Russo, A., & Tencati, A. (2009). Formal vs. informal CSR strategies: Evidence from Italian micro, small, medium-sized, and large firms. Journal of Business Ethics, 85(2), 339-353

33Gollop, F. M., & Roberts, M. J. (1983). Environmental regulations and productivity growth: The case of fossil-fueled electric power generation. The Journal of Political Economy, 654-674.

King, A. A., & Lenox, M. J. (2000). Industry self-regulation without sanctions: The chemical industry's responsible care program. Academy of management journal, 43(4), 698-716.

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-­‐ CSR e governance: l’implementazione di strumenti di gestione e comunicazione della CSR rafforza la competitività aziendale migliorando le basi della relazione con la comunità finanziaria stimolando l’incremento della trasparenza e la riduzione delle asimmetrie informative, contribuendo alla riduzione e alla migliore gestione dei rischi aziendali assicurando l’accesso ai nuovi mercati con un riflesso nel rafforzamento della capacità di governare l’impresa. 34

                                                                                                                         

:34 MacMillan, K., Money, K., Downing, S., & Hillenbrand, C. (2004). Giving your organisation SPIRIT: An overview and call to action for directors on issues of corporate governance, corporate reputation and corporate responsibility. Journal of General Management, 30(2), 15-42.

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