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exlege 350del2003ed exlege n.326del2003 1.Primeevoluzionigiurisprudenzialiedelaborazioniprecedentiallariformadegliarticoli113e113bisdelD.lgs267/2000ed INTERVENTIINNOVATIVIEDEVOLUZIONIINGIURISPRUDENZANAZIONALE,COMUNITARIA,COSTITUZIONALEDIRIFORMADEISERVIZIP

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(1)

CAPITOLO SECONDO

INTERVENTI

INNOVATIVI

ED

EVOLUZIONI

IN

GIURISPRUDENZA

NAZIONALE,

COMUNITARIA,

COSTITUZIONALE

DI RIFORMA DEI SERVIZI

PUBBLICI E SERVIZI PUBBLICI LOCALI

1. Prime evoluzioni giurisprudenziali ed elaborazioni

precedenti alla riforma degli articoli 113 e 113 bis del

D.lgs 267/2000 ed ex lege 350 del 2003 ed ex lege n. 326 del

2003

1

Con la devoluzione della competenza esclusiva al giudice amministrativo di tutte le controversie in materia di pubblici servizi – art.33 Dlgs 80/1998 come riformulato dall’art.7 della legge 205/2000, la giurisprudenza di grado superiore ha inteso interpretare la nuova funzione del servizio pubblico quale criterio di riparto tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria2.

1Dl 29 settembre 2003 n.269 in GU 2 ottobre 2003 n,229 all’Art.14 convertito con modifiche in legge n. 326 del 2003 che modifica gli articoli 113 e 113 bis del Dlgs 267/2000( TUEL); legge 24 dicembre 2003 n.350 finanziaria del 2004 in GU 27 dicembre 2003 n.299 art. 234 ss..

2

Decreto legislativo 31 marzo 1998 n.80 “Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997 n.59 in GU 8 aprile 1998, 82.

(2)

Va segnalato sin da ora che la Corte Costituzionale ha dato un rilevante contributo ai fini della connotazione della materia dei servizi pubblici senza tuttavia fornire una definizione dei servizi pubblici. Con

la sentenza n.204 del 6 luglio 2004 la Corte Costituzionale ha

dichiarato illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del g.a. delle controversie in materia di servizi pubblici di cui all’art.33 Dlgs 80 del 1998, affermando che la materia dei servizi pubblici può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del g.a. se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo, ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà, la quale, tuttavia, presuppone il potere autoritativo ex art 11 L.241 del 1990 (n.3.4.2).

Sia la Corte di Cassazione che il Consiglio di Stato si sono pronunciati sulla problematica definizione di servizio pubblico, adottando posizioni del tutto differenti, con la finalità di delimitare i confini della nozione di servizio pubblico.

In particolare il Consiglio di Stato sulla falsa riga della concezione classica del service public ha operato tendenzialmente una estensione del concetto e, con esso della giurisdizione esclusiva del g.a. e del rispetto dell’art.97 Cost., che accoglie potenzialmente qualsiasi azione della pubblica amministrazione3.

La Corte di Cassazione, invece è stata più attenta all’equilibrio tra giurisdizioni ed ha effettuato una lettura più oggettiva. Essa ha escluso che le attività private soggette a semplice controllo, vigilanza o mera autorizzazione della P.A., possano considerarsi servizio pubblico.

(3)

Questo sarebbe tale soltanto in presenza di “una prestazione resa alla

generalità da parte di un soggetto, anche privato, che sia inserito nel sistema dei pubblici poteri o sia a questo collegato, e che sia sottoposto ad un regime derogatorio al diritto comune”4

.

Il quadro giurisprudenziale recentemente si è significativamente arricchito con molteplici pronunce della Suprema Corte e del Consiglio di Stato che partendo dal dato legislativo introdotto dalla riforma dei servizi pubblici locali attualmente vigente- legge 326 del 2003 (che esamineremo nel capitolo quarto) hanno cercato di chiarire e semplificare notevolmente la categoria dei servizi pubblici fornendo elementi utili per una classificazione dei servizi pubblici locali.

L’orientamento giurisprudenziale del giudice di legittimità accennato nel presente paragrafo e meglio esaminato nel paragrafo iniziale (par.1) da un lato ha il merito di restringere un campo dai confini cosi labili come quello del servizio pubblico e dall’altro il grosso limite di creare il rischio di un annullamento del contenuto del servizio pubblico. Ciò in considerazione del fatto che ai fini della

ripartizione della giurisdizione tra ordinaria e amministrativa

verrebbero esclusi in modo esplicito i rapporti di utenza dal servizio pubblico-art.33 Dlgs 80/1998- con la conseguente difficoltà di comprendere in cosa consista la prestazione resa alla generalità; e in

eugual modo anche le prestazioni strumentali alla erogazione del

servizio risulterebbero di dubbia collocazione.5

3Cons. Stato ad.plen.ord.30 marzo 2000 n.1; Foro It. 2000 I, p. 365 ss; 4

Corte Cassaz Sez Un., 12 novembre 2001 n. 14032 in Foro It., 2002 I, 2002 It 1842, Corte di Cassaz Sez Un. 30 marzo 2000 n.71 e n.72 in Foro It 2000 I, 221°-2211

.

(4)

2. Ultimi interventi innovativi comunitari: dal Consiglio di

Laeken al libro verde del 2001 e del 2003 6

La Commissione Europea ha avuto un ruolo determinante nel continuo evolversi della nozione di servizio pubblico sulla scorta delle recenti indicazioni della Corte di Giustizia e degli Stati membri.

A partire dalla Relazione del Consiglio di Laeken del 2001 l’esecutivo comunitario palesava la necessità di un intervento per apportare maggiore certezza in punto di diritto nella materia dei servizi di interesse generale in merito ad aspetti particolarmente altalenanti nella materia dei servizi pubblici per gli aspetti del finanziamento, funzionamento, qualità, accessibilità, sicurezza equità e trasparenze tariffarie.7

Ultimo testo di consultazione intervenuto sul tema dei servizi di interesse generale del 2003 intitolato appunto “Libro verde“ 8non si discosta da tale direzione e specifica che ” il TCE non colloca il

funzionamento fra gli obiettivi comunitari e non assegna alla Comunità poteri positivi specifici in questo settore” e che “non è possibile elaborare un’unica e completa definizione europea di servizi di interesse generale”. Deve comunque segnalarsi che la Commissione Si veda Capantini M. “I servizi pubblici tra ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale:evoluzione e prospettive”in (a cura di Massera A.) “Il Dritto Amministrativo dei servizi pubblici tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario.”, Pisa Plus 2004, p.15 ss. 7

Commissione Europea Relazione al Consiglio Europeo di Laeken sui “Servizi di interesse generale “ COM (2001) 598 def., del 17.10.2001 per un commento si veda M.Capantini Servizi di interesse generale ed aiuti di Stato. La Relazione al Consiglio Europeo di Laeken in . Riv Diritto Pubblico comunit. 2003 p.478 e ss

8

Commissione Europea Libro Verde sui servizi di interesse generale, 21 maggio 2003, COM(2003) 270, Bruxelles in relazione al quale la Commissione ha poi emanato una relazione sulla consultazione pubblica in merito al libo verde sui servizi di interesse generale , 29 marzo 2004, SEC(2004) 326

(5)

europea, nel "Libro Verde sui servizi di interesse generale" ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle

attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura "non economica".

Tuttavia nel documento viene espressamente detto che “ la

vigente normativa comunitaria sui servizi di interesse economico generale include una serie di elementi comuni da cui si potrebbe dedurre un utile concetto comunitario di servizi di interesse economico generale “(v. Commissione Europea Libro Verde p.28 e ss; p.49 e ss. ).

La Commissione ha evidenziato, inoltre che per i diversi tipi di servizio di interesse generale classificabili in tre grandi categorie l’approccio comunitario ha assunto posizioni rispettivamente differenti. In particolare le tipologie possono essere riassunte in a) grandi servizi a rete economici, soggetti alle regole del TCE su libera circolazione, concorrenza e aiuti di Stato( nel caso le prestazioni incidano sugli scambi tra Stati ) e a particolari discipline di settore; b) servizi economici oggetto delle sole regole del TCE (come la gestione dei rifiuti, i servizi idrici, la radiodiffusione); c) servizi non economici e servizi che non incidono sugli scambi, cui si applicano i soli principi del TCE di non discriminazione nell’accesso e di libera circolazione delle persone. In merito ai possibili approcci comunitari emerge da una lettura del testo del libro verde una prima ipotesi di estensione della

disciplina comunitaria sia ai servizi economici non regolati

settorialmente, che a quelli non economici, ovvero una seconda ipotesi

(6)

entrambi i casi l’ordinamento comunitario si dimostra consapevole di dovere trovare nuovi equilibri tra interesse generale e principi di concorrenza con conseguente ridefinizione dei ruoli e dei poteri degli Stati membri e delle Amministrazioni territoriali locali.

Infine nel quadro delle prospettive innovative di matrice comunitaria si inseriscono i lavori della Convenzione Europea che hanno portato al Progetto per la Costituzione per l’Europa, vi sono stati un confronto sui servizi di interesse generale e tentativi di elaborare una nozione europea di servizi pubblici con un proprio diritto speciale9.

2.1. Spunti emergenti dal Libro Verde per una codificazione sui servizi di interesse generale

La Commissione ha fornito delle prospettive comunitarie in materia di servizi di interesse generale mettendo in evidenza due possibili soluzioni ovvero a) individuare una disciplina comune anche ai servizi sia economici che sociali non ancora soggetti a norme settoriali con un approccio settoriale specifico come accade attualmente o invece b) seguire un approccio generale;

Il modello di sussidiarietà da applicare nell’una o nell’altra delle due ipotesi prospettate.

La Commissione propenderebbe per l’adozione di uno strumento quadro generale e vincolante di cui sopra lett.b) al fine di “chiarire e

consolidare gli obiettivi e i principi comuni a tutti e a molti tipi di servizi di interesse generale nei settori di competenza comunitaria. “

9

Ino ltre recentissime tendenze di innovazioni a livello comunitario emergono dalla Direttiva Bolkstain (proposta approvata dal Parlamento Europeo) nel mese di febbraio del 2006 che esamineremo di seguito.

(7)

Come base per una normativa di settore che deve raggiungere gli obiettivi fissati nello strumento quadro semplificando in tale maniera il mercato interno dello specifico settore di riferimento.(v.Libro Verde relazione per la consultazione pubblica)

L’idea era di intervenire con una direttiva o con un regolamento specifico ma l’obiezione di tale intervento discende dalla difficoltà di trovare all’interno del Trattato CE una norma di legittimazione dell’operazione. Mentre il progetto di adottare la Costituzione Europea potrebbe diventare eccessivo perché lo strumento quadro in materia di servizi economici avrebbe forza di legge europea con la conseguenza di avere gli effetti di un atto generale, obbligatorio in tutte le sue statuizioni e applicabile direttamente in ogni Stato Membro. Questi gli orientamenti del Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa 18 luglio 2003 CONV 850/2003 art. III-6 che costituisce una sorta di nuova versione dell’art. 16 Trattato CE

La Commissione evidenzia che negli ordinamenti di

comunicazioni elettroniche, poste, energia elettrica e gas e trasporti sarebbero individuabili principi comuni a tutti i SIEG e, in parte, anche ai servizi non economici in virtù delle clausole aperte dei principi di

sussidiarietà verticale ed orizzontale che consentirebbero

l’adeguamento alla evoluzione dei rapporti all’interno degli Stati membri e tra gli Stati e la Comunità e dall’altro lato la disciplina dei

servizi pubblici è ormai abbastanza consistente e chiara da

comprendere quale sia il regime del servizio pubblico una volta chiarita la portata di tale nozione e cosa rientri nella categoria medesima.

(8)

La Commissione infatti precisa che “ vi è un corpus normativo

specifico per settore per le differenti industrie di rete che forniscono SIEG, che potrebbe costituire la base per l’elaborazione …dello Statuto dei servizi pubblici”10. E’ stato osservato come volutamente la

Commissione parla di Statuto perché ha la caratteristica di essere un corpus normativo di più ampio respiro dettando norme a tutto tondo di organizzazione e regolazione che definiscano l’equilibrio tra interesse generale e regole di concorrenza andando ben oltre il campo di azione delle Carte dei servizi che sono circoscritte ai rapporti con l’utenza ed ai principi di erogazione del servizio.

3. Importanti interventi della Corte Costituzionale nella ricerca di una definizione dei servizi pubblici con la riforma del Titolo V e la sentenza della Corte Costituzionale 272/2004

Il quadro delle prospettive di matrice comunitaria fin’ora esaminato ha subito importati integrazioni per effetto di successivi interventi nazionali di riforma della Costituzione e della giurisprudenza costituzionale in materia di servizi pubblici.

In merito agli interventi costituzionali occorre partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione11 e dalla nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni caratterizzato da un principio inverso rispetto a quello precedentemente vigente nel nostro ordinamento che attribuisce una competenza esclusiva alle Regioni in

10

Per un commento si veda Capantini “I servizi pubblici tra ordinamento nazionale, comunitario ed internazionale:evoluzione e prospettive”p. 33 in “Diritto Amministrativo dei servizi pubblici tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario “

(9)

gran parte delle materie e alla potestà esclusiva dello Stato soltanto quelle materie espressamente elencate nell’art.117,comma 2, della Costituzione.

La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità della riforma legislativa dei servizi pubblici locali dell’art.113 del TUEL ( art.35 della legge 448 del 28 dicembre 2001; art.14 del DL 269 del 30 settembre 2003 convertito in L.326/2003 e L.350/2003 finanziaria del 2004) alla luce del novellato quadro dei riparti di competenze del Ttitolo V della Costituzione.

Sempre in tema di ricerca di una nozione di servizio pubblico e servizio pubblico locale ci sembrano notevolmente importanti gli spunti che emergono dal quadro normativo che ha riformato la disciplina dei servizi pubblici locali e gli effetti conseguenti: l’art.14 del D.L 30.9.2003 n.269, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326 ha modificato sia l'art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) - già modificato dall'art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002) in tema di servizi pubblici locali di rilevanza economica - sia l'art. 113-bis del medesimo d. lgs. n. 267 del 2000, introdotto dal citato art. 35 della legge n. 448 del 2001, sui servizi pubblici locali privi di rilevanza

economica, sostituendo alla distinzione tra servizi a rilevanza

industriale e privi di cui all’art.35 la nuova tra servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica e stabilendo quanto segue : a) la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata a

(10)

società di capitali individuate con gara ad evidenza pubblica o a società miste, i cui soci privati siano scelti con gara ad evidenza pubblica, o a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti pubblici che la controllano;

b)la gestione dei servizi privi di rilevanza economica avviene mediante affidamento diretto ad istituzioni ed aziende speciali o anche a società a capitale interamente pubblico, con esclusione dei privati e delle società miste.

Tale quadro normativo è stato notevolmente modificato dalla Corte Costituzionale, con la sentenza 27 luglio 2004, n. 272 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale: 1) dell'art. 14, comma 1, lettera e), e comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, là dove stabilisce, dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara viene aggiudicata, introduce la prescrizione che le previsioni dello stesso comma 7 "devono considerarsi integrative delle discipline di settore", poiché l'intervento legislativo statale risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza; 2) dell'art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali); 3) dell'art. 113-bis dello stesso decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel testo introdotto dal comma 15 dell'art. 35 della citata legge n. 448 del 2001, poiché si configura come illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale, in quanto, relativamente ai servizi pubblici, privi di

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rilevanza economica, sono inapplicabili i principi comunitari in tema di concorrenza.

In particolare precisa la Corte Costituzionale nella sentenza 272/2004 “ La tutela della concorrenza …è però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come "di rilevanza economica", di cui all'art. 113, e non già in riferimento ai servizi "privi di rilevanza economica" previsti dall'art. 113-bis”.

La nuova denominazione di questi servizi, "privi di rilevanza

economica", in conformità alle tendenze comunitarie espresse dalla

Commissione europea già dal settembre del 2000 e confermati nel Libro Verde del 2003 vale ad indicare che il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale.

Infatti a questo proposito viene richiamata dalla Corte

Costituzionale quanto introdotto dalla Commissione europea, nel

"Libro Verde sui servizi di interesse generale" (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura "non economica". Secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta infatti al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei

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rischi connessi a tale attività ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22

maggio 2003, causa 18/2001)12. (cit. Corte Costituzionale sentenza

272/2004)

Alla luce di queste considerazioni la Corte ha ritenuto che

l'intervento dell’art. 14, comma 2, sulla disciplina della gestione dei servizi pubblici locali "privi di rilevanza economica", di cui all'art. 113-bis del citato testo unico non potesse essere riferito ad esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questo profilo, ha dichiarato che la norma comporta una illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale e pertanto ha decretato l'illegittimità costituzionale dell’ art. 14, comma 2.

Sulla base del quadro delineato appare chiaro che la distinzione tra servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica e quindi di servizio pubblico locale rientrante nell’una o nell’altra categoria costituisce elemento chiave per potere delimitare in modo più certo i confini oggettivi del concetto dei servizi pubblici locali e della disciplina del novellato art.113 del Dlgs 267/2000 per l’affidamento della gestione ed erogazione degli stessi e vedremo gli sviluppi della giurisprudenza negli ultimi anni nei paragrafi successivi.

12

La Corte specifica che “Per i servizi locali, quindi, che, in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri ed

(13)

4. Interventi giurisprudenziali nazionali e comunitari e DDL S772 proposto il 16.08.2006 al Parlamento

4.1 DDL S772 in esame al Parlamento nel mese di settembre 200613

Per maggiore precisione nell’analisi della nozione di servizio pubblico e servizi pubblici locali deve evidenziarsi che attualmente in ambito nazionale la materia dei servizi pubblici locali è oggetto di uno specifico disegno di legge: “DDL S 772 recante delega al Governo per

il riordino dei servizi pubblici locali di portata più ampia proposto dal Ministro per gli Affari Regionali Linda Lanzillotta oggetto di discussione al Parlamento (dati riferiti a settembre 2006). Il DDL

tenta di riformare la disciplina in materia verso una maggiore

liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali e promozione della concorrenza. Tuttavia ancora una volta il legislatore nel DDL S 772 non fornisce una chiara definizione di servizi pubblici locali ma si limita nell’art.1 ad evidenziare alcuni elementi essenziali che devono connotare la categoria dei servizi pubblici a rilevanza economica essenzialmente volti alla soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alla popolazione locale, infatti si legge al comma 1 :

“ Costituisce funzione fondamentale di comuni, province e città metropolitane individuare - per quanto non già stabilito dalla legge - le attività di interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alla popolazione locale, in condizioni di generale accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale“.

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qualità e sicurezza, ferma la competenza della regione quando si tratti di attività da svolgere unitariamente a dimensione regionale. “

4.2 Il servizio pubblico e pubblico locale nelle recenti pronunce giurisprudenziali

La definizione di servizio pubblico locale ha subito recentemente una forte spinta verso una configurazione più specifica anche se di ampio respiro per effetto di innovative pronunce giurisprudenziali che hanno fissato degli indici rivelatori e caratterizzanti la nozione e soprattutto mediante la determinazione dei principi generali sanciti dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione e poi richiamati

costantemente nelle decisioni dei Giudici Amministrativi che

salvaguardano il preminente carattere dinamico ed evolutivo del servizio pubblico.

Non è certamente possibile a priori ricostruire un elenco tassativo di servizi pubblici locali per due motivi:

1) per l’empiricità della nozione di servizio pubblico nel senso che è una nozione che si evolve e si modella in base a fattori contingenti e concreti come quelli sociali ed economici che devono essere interpretati e valutati nel momento storico specifico da parte

delle Amministrazioni competenti e territorialmente appropriate e

chiarite dalla giurisprudenza;

2) non esiste nel nostro ordinamento una definizione espressa e univoca di servizio pubblico nazionale e/o locale. Come già

13

(15)

evidenziato il D.lgs. 267/2000 dedica ai servizi pubblici (locali) molteplici disposizioni, senza tuttavia dare una definizione giuridica rigorosa. L’art.112, comma primo, si limita e definirne l’oggetto consistente nella “ produzione di beni ed attività rivolte a realizzare

fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

Un primo criterio di identificazione del servizio pubblico locale che li distingue dai servizi strumentali all’attività dell’ente è delineato

dalla giurisprudenza secondo la quale si è in presenza di servizi

pubblici quando:

a) il servizio sia direttamente finalizzato alla realizzazione di prevalenti fini sociali e di promozione dello sviluppo economico e civile delle relative comunità;

b) la prestazione non sia svolta a favore dell’Ente pubblico, ma a favore della collettività. Il servizio pubblico importa, infatti, un rapporto trilaterale che interessa l’amministrazione, il concessionario e gli utenti del servizio14.

Sembra emergere dalla lettura dell’art. 112 del TUEL che i servizi pubblici sono anche attività cui gli Enti locali non provvedono direttamente o necessariamente ma possono rivestire solo il ruolo di regolatore e tale intuizione viene confermata dalla disciplina relativa alle modalità di gestione ed erogazione contenuta nell’art.113 TUEL e dalla tipologia di società ammesse a tale attività.

14ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 10.3.2003, n. 1289; Consiglio di Stato, Sezione V, 22.12.2005 n.7345

sulla nozione di servizio pubblico locale che conferma l’orientamento della Sezione espresso con sentenza 9 maggio 2001 n.2605 e con sentenza 16 dicembre 2004 n.8090.

(16)

Alla luce dei presupposti normativi del TUEL e dei principi

generali nazionali e comunitari sul pubblico servizio ci sembra

opportuno rilevare che i servizi pubblici locali non possono per definizione essere strumentali all’Ente che è titolare della gestione dei medesimi posto che ontologicamente devono essere volti a promuovere fini sociali e promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.

In merito alla recente evoluzione sulla categoria dei servizi pubblici non può non evidenziarsi come essa abbia ricevuta un forte impulso giurisprudenziale sia di origine nazionale che comunitaria in senso di un ampliamento del servizio pubblico e quindi dei confini di applicabilità della disciplina dettata dall’art.113 del TUEL che è stato recepit dai giudici amministrativi.

Il giudice supremo della Cassazione ha nell’ultimo triennio

definito i principi generali che connotano i servizi pubblici e i giudici amministrativi ne hanno fatto ampiamente uso per delimitare la portata del pubblico servizio (Ex pluribus TAR Lazio, Sez. III, 3/2/2004 n. 977 analogamente TAR Sardegna, 3/2/2004 n. 97 già cit).

Infatti il TAR Lazio ha statuito che“In particolare, in ordine al concetto di pubblico servizio, occorre rilevare che, come evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenze 30 marzo 2000 n. 71 e 12 novembre 2001 n. 14032), la materia dei pubblici servizi concerne le prestazioni erogate dal gestore del servizio al pubblico degli utenti e non comprende invece le prestazioni effettuate a favore del gestore per consentirgli l’organizzazione del servizio15. Dovrebbe

15

Analogamente il TAR Sardegna:”i principi affermati dalla Corte di Cassazione con la sentenza Cass. civ. -sez. unite - n. 10726 del 22 luglio 2002, secondo cui, ai fini del riparto di giurisdizione ai sensi dell'art. 33 D.L.

(17)

pertanto restare escluso dall’ambito dei servizi pubblici locali

quell’attività marginali considerate tali nel senso che sono

esclusivamente volte al soddisfacimento di esigenze proprie

dell’Amministrazione ovvero interne dell’ente locale o della regione. L’orientamento giurisprudenziale si è consolidato in questa direzione, infatti nella recente sentenza del 22/12/2005 n.7345 la V sez del Consiglio di Stato, ha ritenuto di dover confermare l’orientamento precedentemente seguito dalla sezione con la sentenza 9 maggio 2001 n. 260516 e con la sentenza 16 dicembre 2004 n. 8090 con la quale ha affermato che “sono indifferentemente servizi pubblici locali, ai sensi

dell’art. 112 TUEL del Dlgs n. 267/200017, quelli di cui i cittadini

usufruiscono uti singuli e come componenti la collettività purché rivolti alla produzione di beni e di utilità per obiettive esigenze sociali”

(Consiglio di Stato Sezione V 22/12/2005 n.7345)nonché già in precedenza sempre il Consiglio di Stato aveva precisato che per servizio pubblico locale deve intendersi “ qualsiasi attività che si

concreta nella produzione di beni e servizi in funzione di un’utilità per la Comunità locale non solo in termini economici ma anche ai fini di promozione sociale“ (Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2024 del

17 aprile 2003).

vo 31 marzo 1998 n. 80, la materia dei pubblici servizi - le cui controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - concerne le prestazioni erogate dal gestore del servizio al pubblico degli utenti, mentre non comprende le prestazioni effettuate a favore del gestore per consentirgli l'organizzazione del servizio”.TAR Sardegna, 3/2/2004 n. 97

16

Nella sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 2605 del 9 maggio 2001si legge infatti: “ per

"servizio pubblico" si intende qualsiasi attività che si concretizzi nella produzione di beni o servizi in funzione di un’utilità per la comunità locale, non solo in termini economici ma anche in termini di promozione sociale, purché risponda ad esigenze di utilità generale o ad essa destinata in quanto preordinata a soddisfare interessi collettivi) “

17Articolo 112 Dlgs 267/2000- TUEL- Servizi pubblici locali: comma 1. “Gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

(18)

Partendo da tale precisazione il Collegio ha ritenuto applicabili i principi generali che già lo stesso aveva sancito per la illuminazione pubblica al complesso delle attività che garantiscono la temperatura necessaria alla vita ed al lavoro nelle numerose strutture gestite dall’ente comunale e pertanto ha ritenuto a titolo esemplificativo che rientra nella nozione di servizio pubblico locale di cui all’art.112 del DLgs 267/2000 “ l‘attività preordinata a fornire il riscaldamento agli

edifici di proprietà o comunque nella disponibilità di un Comune “

infatti prosegue la Sez V“ l’utenza del servizio in questione non va

individuata, restrittivamente, nei dipendenti comunali, ma si estende al pubblico che si reca negli uffici, e, soprattutto, ai frequentatori delle biblioteche, delle palestre, dei centri anziani e altri sevizi ospitati in immobili comunali “

Alla luce del quadro tracciato emerge come vi sia un nucleo centrale di fonte legislativa dei servizi pubblici locali che si identifica con i servizi disciplinati dalle specifiche leggi di settore, ovvero: a) distribuzione e vendita gas, 2) servizio idrico, 3) igiene ambientale, 4) trasporto pubblico locale gestione impianti sportivi, 5) farmacie e parcheggi, ecc) e ad essi si aggiungono pacificamente tutti i servizi a rilevanza economica suscettibili potenzialmente di creare redditività e

sviluppare competizione sul mercato ovviamente rivolti al

soddisfacimento dell’interesse della collettività e alle esigenze sociali. Per effetto della evoluzione giurisprudenziale costituzionale ed amministrativa sia a livello nazionale che comunitario la nozione di servizi pubblici locali ha assunto dei confini molto più ampi rispetto al passato in cui si distingueva tra servizi a rilevanza economica e privi di tale rilevanza. Per la definizione già abbiamo citato l’importante

(19)

intervento della Corte Costituzionale n.272 del 2004 che ha precisato che per i servizi privi di rilevanza economica non esiste un mercato concorrenziale e quindi non si pone l’esigenza di tutela della concorrenza mentre i servizi a rilevanza economica costituiscono la

maggioranza e sono tutti quelli suscettibili di redditività e

concorrenzialità sul mercato.

La puntuale distinzione tra servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica e quindi di servizio pubblico locale rientrante nell’una o nell’altra categoria è l’elemento chiave per la ricostruzione della categoria in esame senza pretesa di esaustività e delimita in maniera abbastanza netta l’ambito oggettivo della disciplina del novellato art.113 del Dlgs 267/2000 per l’affidamento della gestione ed erogazione dei servizi pubblici locali.

A tal riguardo deve osservarsi che un ruolo determinante ha avuto l’evoluzione giurisprudenziale amministrativa nazionale: (ex pluribus TAR Puglia, Bari, sez. I, 12/4/2006 n. 1318, TAR Sardegna sez. I 2.8.2005 n.1729 e Consiglio di Stato Sezione V 22.12.2005 n.7345 nonché la recente sentenza TAR Lazio Sez. II 23.8.2006 n.7373 e Consiglio di Stato Sez. V 30.8.2006 n.5072).

In tale orientamento giurisprudenziale si inserisce inoltre quanto è stato osservato recentemente puntualizzato “in assenza di una

disposizione legislativa che fornisca la definizione dei servizi pubblici locali, devono essere ricostruite in via interpretativa la nozione di servizio pubblico locale di rilevanza economica e, per converso, quella di servizio privo di siffatta rilevanza. Gli “indici rivelatori” in ordine alla rilevanza economica dei servizi pubblici locali possono desumersi dai principi comunitari che informano la materia e dagli interventi

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della Commissione Europea in merito. (TAR Puglia, Bari, sez. I,

12/4/2006 n. 1318) L’ordinamento comunitario distingue tra i servizi di interesse economico generale ed i servizi ordinari per il fatto che i primi devono essere garantiti con carattere di continuità, mediante l’imposizione di obblighi di servizio pubblico, anche quando essi non siano economicamente remunerativi e, pertanto, il mercato non sia sufficientemente incentivato a provvedervi da solo.

Ciò non esclude che il mercato e la concorrenza possano costituire, di regola, la formula migliore per gestire anche tali servizi (tant’è che, ai sensi del citato art. 86 comma 2 del Trattato CE, le imprese che ne sono incaricate sono senz’altro sottoposte alle regole di concorrenza), salvo il caso che, per il fatto di non essere remunerativi, il mercato non consenta concretamente di assolvere alla loro specifica missione e si renda pertanto indispensabile il riconoscimento di diritti speciali o esclusivi. (TAR Puglia, Bari, sez. I, 12/4/2006 n. 1318).

Ritiene il Collegio , dunque che la distinzione tra servizi di rilevanza

economica e servizi privi di tale rilevanza sia legata all’impatto che l’attività può avere sull’assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività, con la conseguenza che deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore per il quale potrebbe esistere -quantomeno potenzialmente- una redditività, e quindi una competizione sul mercato e ciò ancorché siano previste forme di finanziamento pubblico, più o meno ampie, dell’attività in questione. Di converso, può essere considerato privo di rilevanza il servizio che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione e, quindi, appare irrilevante ai fini della concorrenza. In altri termini, se il settore di attività è

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economicamente competitivo e la libertà di iniziativa economica consente di conseguire anche gli obiettivi di interesse pubblico sottesi alla disciplina del settore, al servizio dovrà riconoscersi rilevanza economica ai sensi dell’art. 113 del D.Lgs 267/2000, mentre, in via residuale, il servizio potrà essere qualificato come privo di rilevanza economica nel caso in cui non sia possibile riscontrare i caratteri che connotano l’altra categoria (cfr. T.A.R. Liguria II Sez., 28/4/2005 n°527).

Nello stesso senso anche il Consiglio di Stato Sezione V 22.12.2005 n.7345 nonché il Consiglio di Stato Sez V 30/8/2006 n.5072 che ha confermato il TAR Sardegna sez I 2/08/2005 n. 1729, infatti il Giudice amministrativo in queste ultime due decisioni ha ritenuto che” i servizi pubblici concernenti la gestione della comunità

alloggio per minori, del centro educativo diurno per minori e della mensa sociale, di assistenza domiciliare in favore di persone anziane e/o svantaggiate, di consegna di pasti caldi a domicilio, di lavanderia e stireria e la gestione del centro di aggregazione per anziani, i quali possiedono, sicuramente, rilevanza economica, poiché si tratta di attività suscettibili, in astratto, di essere gestite in forma remunerativa e per le quali esiste certamente un mercato concorrenziale”

Nella medesima sentenza vengono definiti servizi pubblici:“a)

servizi relativi ai porti turistici, riguardo alle attività connesse, complementari e di supporto per la nautica;

b) servizi relativi alle aree archeologiche e beni monumentali e museali, compresi uffici, agenzie, bar, ristoranti, negozi di interesse turistico, biglietterie ed altri servizi connessi, complementari e di supporto;

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c) servizi relativi a tutti i parcheggi pubblici nell’ambito del territorio comunale, ivi compresa la loro manutenzione; servizi relativi a tutti i parchi pubblici, boschi e verde pubblico: strade acquedotti, manutenzioni generali, servizi informativi, siti nel territorio comunale ivi compresa la loro manutenzione;

d) servizi connessi agli impianti sportivi e promozione dello sport (ivi comprese piscine e palestre), incluse le eventuali strutture ricettive sportive, in tutte le diverse discipline riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano e dalle federazioni sportive associate;

e) servizi relativi alla promozione culturale e turistica del territorio sia direttamente che con il coinvolgimento di imprenditori locali, associazioni o cooperative di volontariato;

f) servizi di trasporto pubblico, limitatamente al trasporto scolastico, turistico e dei disabili ivi comprese le attività complementari, accessorie e a completamento;

g) attività connesse ai servizi ambientali, all’igiene ambientale ed ai servizi di pulizia presso stabili ed uffici, quali a titolo meramente esemplificativo, realizzazione di impianti, raccolta, trasporto;

h) gestione di strutture sanitarie e socio-assistenziali per l’erogazione di servizi sanitari e parasanitari di pubblico interesse quali a titolo esemplificativo, centri diurni, case di riposo e comunità alloggio per anziani e minori;

i) gestione di beni demaniali dismessi”.

Sempre per cercare di effettuare una ricostruzione tendenzialmente ampia della tipologia di servizi pubblici locali a

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rilevanza economica rientranti nella disciplina dettata dall’art.113 del TUEL e quindi certamente esclusi dall’ambito oggettivo della Legge Bersani si deve segnalare la prevalenza della disciplina speciale di settore rispetto all’art.113 suddetto laddove esista ferma restando l’unicità della nozione di servizio pubblico a rilevanza economica e gli elementi distintivi di matrice giurisprudenziale. A tal proposito giova menzionare il recente TAR Lazio il quale si è pronunciato “Sulla

natura di servizi a rilevanza economica dei restauri e della valorizzazione e promozione dei beni culturali e sul fatto che in tale settore l'affidamento in house può concernere soltanto il servizio relativo alla valorizzazione”. Ha riconosciuto che “Il settore dei restauri e quello della valorizzazione e promozione dei beni culturali costituiscono servizi a rilevanza economica, secondo la regola evincibile dalle norme comunitarie e nazionali ”. Ed ha confermato i

principi generali secondo cui: ” La differenza tra servizi a rilevanza

economica e quelli che ne sono privi si può rinvenire nel fatto che un servizio ha rilevanza economica quando s'innesta in un settore in cui esiste, perlomeno in potenza, una redditività e, quindi, una competizione sul libero mercato, indipendentemente da forme di finanziamento pubblico, più o meno cospicuo, dell'attività in questione” (TAR Lazio, sez. II, 23/8/2006 n. 7373)

Dalla giurisprudenza citata si può già dedurre una ampia tipologia di servizi pubblici locali che dovranno escludersi in quanto tali dall’art.13 della L.248/2006.

In sostanza solo il servizio relativo alla valorizzazione, non

anche, in difetto di specifiche ed inequivocabili norme derogatrici, le attività di progettazione, conservazione e manutenzione possono

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considerarsi servizi a rilevanza economica mentre le attività che non siano sicuramente ascrivibili alla valorizzazione intesa come attività rivolta alla promozione ed al sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale, non può esser dilatato in via di mera

interpretazione fino a comprendere istituti di altre normative

inderogabili. In particolare, è da escludere che rientri sotto la generica dizione della conservazione, tutte le attività di progettazione e di restauro dei beni culturali, ossia di istituti che riguardano appalti pubblici di lavori18.

5. Direttiva Bolkestein: proposta approvata il 16.02.2006.

Elementi innovativi

Per completare il quadro delle innovazioni comunitarie, nazionali e costituzionali esaminate non può prescindersi da un esame sia pure

sintetico della “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del

Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno”19

Il testo della proposta di direttiva Bolkestain è stato emendato e licenziato in prima lettura dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2006 .

Il “nuovo” testo della direttiva ha completamente eliminato il principio del “paese di origine”secondo il qale si applica la normativa vigente nel paese di appartenenza e provenienza e non quella dello Stato in cui viene erogato il servizio sulla base di una scelta di

18

Tutte le sentenze citate sono state reperite sui internet tramite il sitowww.lexitalia.ite www.dirittodeiservizipubblici.it

19

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno (COM(2004)0002 – C5-0069/2004 – 2004/0001(COD)

(25)

opportunità e di tutela delle profonde differenze esistenti nei vari paesi membri che non possono essere ignorate ed eliminate come se nulla fosse ma richiedono una preventiva e prioritaria opera di armonizzazione.

A ciò è dovuto il cambiamento di orientamento degli organi europei rispetto alla proposta originaria, realizzato grazie agli emendamenti presentati e votati dal Parlamento europeo che ha disposto la esclusione dall’applicabilità della direttiva dei servizi di interesse generale.

Infatti il nuovo considerando 8 bis, espressamente prevede che non sono contemplate dalla definizione dell'articolo 50 del trattato i servizi di interesse generale, il quale considera “servizi” le “prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone”, ed indica, quali servizi, le attività di carattere industriale, quelle di carattere commerciale, le attività artigiane, le attività delle libere professioni.

I servizi di interesse generale vengono esclusi dall’applicazione della direttiva, nel nuovo testo mentre i servizi di interesse economico generale, in quanto corrispondenti ad una attività economica e aperti alla concorrenza cosi come definiti già nel Libro verde della Commissione del 2003 e poi richiamati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 272/2004 rimangono disciplinati dalla direttiva.

Si precisa che questi servizi dovranno essere qualificati dallo Stato membro, nel rispetto delle specifiche esigenze di ogni singolo paese e vengono ribadite le caratteristiche principali, ovvero: essere

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soggetti a specifici obblighi di servizio pubblico imposti al prestatore di servizi dallo Stato membro interessato al fine di rispondere a determinati obiettivi di interesse pubblico (art. 4 della direttiva).

Espressamente si ribadisce che la direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale, né la privatizzazione di enti pubblici che prestano tali servizi e in ogni modo essa, inoltre, non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti (art. 1).

Inoltre la direttiva ha provveduto a introdurre delle deroghe anche rispetto ai servizi di interesse economico generale dettate dalla specificità di tali servizi che ha ritenuto opportuno escludere.

L’art. 15 della direttiva disciplina la procedura di valutazione reciproca secondo cui gli Stati membri devono verificare se il loro ordinamento giuridico prevede determinati requisiti e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni dettate dalla medesima direttiva, non deve pregiudicare la libertà degli Stati membri di stabilire nei rispettivi ordinamenti giuridici un elevato livello di tutela degli interessi generali, in particolare per conseguire obiettivi di politica sanitaria e sociale. Inoltre, tale procedura deve tenere pienamente conto della specificità dei servizi di interesse economico generale e dei particolari compiti ad essi assegnati, i quali possono giustificare talune restrizioni alla libertà di stabilimento, soprattutto quando tali restrizioni mirino alla protezione della sanità pubblica e ad obiettivi di politica sociale (considerando 33 bis).

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Tuttavia le disposizioni dell’ art. 15 non si applicano alla legislazione nel settore dei servizi d'interesse economico generale e dei regimi di sicurezza sociale in piena coerenza con le premesse esposte.

Viene introdotta una specifica deroga all’applicazione dell’articolo 16, che, nella versione iniziale introduceva il principio del paese di origine, nel senso che ora per effetto degli emendamenti apportati, garantisce, più semplicemente, una libera prestazione dei servizi.

Infatti la norma non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, tra i quali vengono compresi: i servizi postali coperti dalla direttiva 97/67/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio; i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica di cui all'articolo 2, punto 5), della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio; i servizi di trasmissione, distribuzione e di fornitura e stoccaggio di gas di cui all'articolo 2, punto 5) della direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio; i servizi di distribuzione e di fornitura idrica e ai servizi di gestione delle acque reflue; il trattamento dei rifiuti.

Le commissioni giuridiche hanno evidenziato come “una

direttiva sulla liberalizzazione dei servizi nell'Unione europea non può essere adottata in assenza di una direttiva quadro sui servizi d'interesse generale o i servizi pubblici che permetta di definire le condizioni del loro esercizio e della loro realizzazione”. La proposta,

infatti, “sottopone i servizi pubblici essenziali e i servizi di interesse

generale (inclusa la gestione delle acque e dei rifiuti, i servizi sanitari e i servizi di cure in istituto) ad una liberalizzazione eccessiva ed

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servizi nell'ambito delle proprie competenze e di decidere cosa rappresenti un adeguato modello di proprietà, se pubblico, privato o misto. (…)20

Per i servizi di interesse generale che si svolgono nel mercato vengono fissati criteri per i prestatori di servizi (ad esempio mediante obblighi di servizio universale) che sono finalizzati alla tutela del bene pubblico.

Il principio del paese di origine invece ostacolava tale finalità e potrebbe produrre per i servizi di taluni Stati membri addirittura l’effetto contrario a quello voluto dalla Commissione ovvero una concorrenza sleale ed eserciterebbe una pressione negativa sui criteri ambientali, incentivando pratiche anticoncorrenziali.

Occorre un'efficace regolamentazione che salvaguardi l'interesse dei cittadini, dei consumatori, dei lavoratori o delle imprese socialmente ed ambientalmente responsabili” (Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare).

Inoltre, la Commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha precisato che “per non intaccare la libertà degli Stati membri - sulla

base del principio di sussidiarietà - di definire ciò che essi considerano essere servizi di interesse economico generale ai sensi degli articoli 16 e 86, paragrafo 2 del trattato e per non precorrere una direttiva quadro sui servizi d'interesse generale, la proposta non dovrebbe applicarsi neppure ai servizi che gli Stati membri e/o la Comunità assoggettano a specifici obblighi di servizio universale e pubblico, sulla base di un criterio d'interesse generale”.

20

(29)

Ancora, la Commissione giuridica, ha sottolineato che “nel

valutare i servizi di interesse generale, occorre evidenziare e rispettare in modo particolare le diverse tradizioni culturali e storiche, le circostanze geografiche e le caratteristiche specifiche dell'attività in questione. Occorre distinguere tra servizi di interesse generale e servizi di interesse economico generale. La proposta abbraccia solo i servizi di interesse economico generale. A questo proposito, vanno accolte con favore le deroghe proposte all'articolo 17 per il settore dei servizi postali, i servizi di distribuzione di energia elettrica, di distribuzione di gas e dell'acqua. I servizi di interesse generale non rientrano invece nel settore di applicazione della direttiva sui servizi, il che dovrebbe essere messo in chiaro”.

Il legislatore comunitario ha cercato di arginare gli effetti indesiderati e pericolosi di una liberalizzazione sfrenata rafforzando la regolazione nei settori in cui è opportuno tutelare l’interesse pubblico e proprio in tale ottica si giustifica il mutamento della precedente impostazione che comunque non elimina l’esigenza di una regolamentazione specifica dei servizi di interesse generale che tenga conto di tutte le peculiarità di tale materia, non soltanto per derogare ad una disciplina generale e tuteli la concorrenza nel rispetto del bene pubblico con tutto ciò che implica: giusto ed equo prezzo, qualità, abbordabilità del servizio…ponendo un freno agli eccessi di un mercato libero e selvaggio.

La proposta di direttiva BOLKESTAIN si pone in un’ottica di positiva continuità con l’obiettivo auspicato nel libro verde del 2003 di un intervento quadro unitario in materia di servizi di interesse generale.

(30)

5.1.Posizione della Commissione nella proposta della ‘Direttiva servizi’ modificata

La Commissione dopo la votazione in prima lettura effettuata dal Parlamento Europeo nel mese di febbraio ha introdotto diverse modifiche al testo originariamente presentato ed ha adottato una proposta modificata di direttiva riguardante i servizi nel mercato interno.

La disciplina si propone di facilitare la libertà di stabilimento delle imprese nell’UE e di liberalizzare gli scambi transfrontalieri e gli investimenti nei servizi.

Inoltre si propone di agevolare la prestazione dei servizi transfrontalieri la tutela dei consumatori e il controllo delle imprese.

Questi ultimi tre aspetti costituiscono gli elementi caratterizzanti la nuova ‘direttiva servizi’

In particolare relativamente alla costituzione di una impresa in un qualsiasi punto dell’UE la nuova disciplina consentirà alle imprese di completare on line tutte le formalità attraverso un punto di contatto unico per risparmiare tempo ed i regimi autorizzatori saranno più celeri, trasparenti e chiari e i costi dovrebbero diminuire al fine di facilitare le imprese

In merito alla prestazione dei servizi transfrontalieri viene previsto un regime che potenzia la libertà delle imprese di fornire servizi in qualsiasi punto UE e in quanto stati membri dovranno rispettare i diritti dei prestatori di offrire servizi in un paese diverso da quello in cui sono stabiliti.

(31)

Inoltre a tutti i fornitori di servizi dovrà essere garantito il libero accesso ad ogni attività di servizio e la libertà di esercitare tale attività in qualsiasi parte del territorio.

Mentre viene fatta salva la facoltà degli Stati membri di adottare disposizioni non discriminatorie, proporzionate e necessarie per motivi di mantenimento dell’ordine pubblico, di tutela della pubblica sicurezza, della salute pubblica e di protezione dell’ambiente.

Sul fronte dei consumatori infine viene innalzato il livello di protezione imponendo alle imprese di mettere a disposizioni dei consumatori senza distinzione tutte le informazioni sui servizi loro forniti e senza discriminare un consumatore per ragioni di residenza e di nazionalità

Il controllo delle imprese viene disciplinato con misure volte ad assicurare un controllo efficace tramite il rafforzamento, anche grazie all’utilizzo di un sistema di informazione elettronico ed ad un più rapido e diretto scambio di informazioni, una cooperazione amministrativa tra le autorità competenti a diversi livelli all’interno di ogni Stato membro.

In ordine all’ambito applicativo della proposta modificata dalla Commissione conformemente agli emendamenti del Parlamento Europeo restano esclusi i servizi finanziari, le telecomunicazioni, i servizi di trasporto, i servizi portuali, le cure sanitarie, i servizi sociali quali l’edilizia popolare, la custodia dei bambini ed il sostegno alle famiglie e alle persone in difficoltà, le attività connesse all’esercizio dei poteri pubblici, le agenzie di lavori interinale, i servizi di sicurezza privati nonché i servizi audiovisivi e di scommesse.

(32)

Infine, per i servizi di interesse generale viene confermata la esclusione dall’ambito di applicazione della emanando direttiva servizi mentre vi rientrano sempre come era nel testo di proposta approvato dal Parlamento europeo del 16 febbraio 2006 i servizi di interesse economico generale.

Viene specificato che per tali ultimi servizi la nuova disciplina non prevede una liberalizzazione e non prevede la privatizzazione dei soggetti fornitori né affronta l’ ‘aspetto del finanziamento’21.

21Il testo integrale della proposta modificata della Direttiva Servizi si trova su sito della

Commissione Europea: hhttp://europa.eu.int/internal market/services/servivces/services-dir/index en.htm

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