Spazi contemporanei per la città pubblica
Riqualificazione delle case ATC di via Bologna a Torino
Politecnico di Torino
Corso di Laurea Magistrale in Architettura per il Progetto Sostenibile A.A. 2017/2018
Relatore:
prof. Gustavo Ambrosini
Correlatori:
prof. Guido Callegari
prof. Angelo Sampieri
Candidati:
Federica Accornero, 228748 Gianluca Arduino, 224707 Martina Battisti, 224326
Spazi contemporanei per la città pubblica
Riqualificazione delle case ATC di via Bologna a Torino
Premessa
Introduzione. Torino città pubblica 1. Storie di spazi difficili
1.1 Un archivio di dati 1.2 Cinque spazi
1.2.1 Oltre la Stura, abitare uno spazio di ritaglio 1.2.2 Barriera di Milano, la città pubblica disaggregata 1.2.3 Via Bologna, differenze nella grande concentrazione 1.2.4 Mirafiori nord, abitare a fianco della Fiat
1.2.5 Via Artom, lo stigma e lo stereotipo 2. Via Bologna
2.1 Spazi per abitare la città pubblica 2.2 Via Bologna 265-267
2.3 Spazi domestici
3. Nuovi spazi, nuovi usi, nuove città pubbliche 4.1 Strategie di intervento. Esperienze europee 4.2 Spazi di connessione
4.3 Innesti
4.3.1 Addizione 4.3.2 Sopraelevazione
p. 9 p. 31 p. 33 p. 64 p. 73 p. 94 p. 123 p. 150 p. 176
p. 201 p. 204 p. 244 p. 266 p. 309 p. 310 p. 331 p. 341 p. 371 p. 395
Premessa
Questo progetto di tesi vuole interrogarsi sulla riqualificazione urbana e architettonica di una porzione di città pubblica e, in particolare, di un complesso di edilizia popolare in gestione all’ATC collocato nell’area limitrofa via Bologna, nella periferia nord di Torino.
Il tema centrale della riflessione da noi condotta è quindi la città pub- blica e in particolare l’edilizia residenziale pubblica torinese: essa costi- tuisce un patrimonio molto vasto e costruito in un periodo temporale abbastanza breve, che ha rappresentato lo scenario di un laboratorio progettuale volto alla sperimentazione di nuovi modi di costruire e abi- tare la città con l’obiettivo di permettere alle fasce sociali più deboli l’accesso ad abitazioni e servizi adeguati. Questo patrimonio edilizio, attualmente gestito per la maggior parte dall’Agenzia territoriale per la casa, presenta molteplici criticità che contribuiscono ad identificare col- lettivamente questi luoghi con forme di degrado e di disagio sociale ed abitativo, andando a fomentare immagini stereotipate e meccanismi di stigmatizzazione dei residenti e finanche di interi quartieri.
Per poter affrontare questo tema progettuale è indispensabile studiare la città di Torino, sia tramite la raccolta di dati sia mediante indagini sul campo, per indagare questi spazi difficili e comprendere come si abiti
anche diversificata. Le fotografie della città così emerse ci hanno fornito le basi per poter condurre delle riflessioni più puntuali riguardo alcune zone di Torino che tematizzano in particolar modo le problematiche del- la città pubblica. Ognuno dei frammenti urbani presi in considerazione (collocati nei pressi di Via Ivrea, Via Bologna e via Artom e in Barriera di Milano e Mirafiori Nord) è stato indagato attraverso esplorazioni sul campo per provare a raccontare le diverse storie che si dipanano tra le molteplicità e le peculiarità di questi spazi, ponendo in particolar modo attenzione alla presenza di una pluralità di edifici di edilizia residenziale pubblica di proprietà o in gestione all’ ATC.
Questi spazi sono il risultato di una stratificazione di caratteri storici e sociali, oltre che architettonici, e risultano totalmente eterogenei tra loro per le architetture che le plasmano, le destinazioni d’uso prevalenti, le consistenze e gli usi degli spazi e per le popolazioni protagoniste. Essi presentano però anche tematiche ricorrenti come la percezione che si ha di questi in relazione alla città, la leggibilità del tessuto urbano, la presenza di grandi arterie infrastrutturali poste ai margini dei tessuti residenziali, le destinazioni d’uso prevalenti e la grande presenza dei complessi di edilizia pubblica di proprietà o in gestione all’ATC.
Il secondo capitolo di questa tesi è incentrato quindi su una serie di considerazioni svolte sull’area attorno a via Bologna, identificata come la più idonea per la proposta progettuale sia per la sua collocazione all’interno del tessuto urbano sia per l’importanza tutt’ora assunta dalla città pubblica in questo territorio, e sul complesso residenziale colloca- to nella medesima via ai numeri civici 265-267 e prospiciente piazza
Sofia. Nonostante l’elevato numero di edifici di proprietà e in gestione all’ATC presenti nell’area, questi tre edifici sono gli unici di proprietà del Comune di Torino e totalmente gestiti dall’ATC, fattore che concede una maggior libertà nella fase attuativa di un possibile progetto di ri- qualificazione. Essi inoltre, sia per la dimensione dei fabbricati sia per la loro posizione, esercitano un forte impatto sull’area circostante oltre a presentare carenze per quanto riguarda la qualità degli spazi dove è evidente la scarsa manutenzione effettuata negli ultimi decenni.
Nel terzo ed ultimo capitolo si affronta infine il tema progettuale: la no- stra proposta vuole porsi all’interno del quadro delle strategie adottate in Europa delineato tramite lo studio di alcuni progetti di riqualificazione europei, per provare ad avviare un processo di trasformazione che al- trimenti non avverrebbe all’interno dell’area. L’intento è cercare una so- luzione ai limiti della città pubblica, e in particolare di questo frammen- to urbano: il progetto vorrebbe aumentare la qualità abitativa dell’area intervenendo principalmente nel lotto scelto come caso studio e sulla viabilità che costeggia il complesso residenziale. La volontà con cui ci siamo approcciati al tema dell’abitare al giorno d’oggi la città pubblica è stata indirizzata alla salvaguardia degli attuali alloggi in gestione all’
ATC, provvedendo alla riqualificazione energetica e ad alcuni interventi come l’aggiunta in facciata di balconi e serre solari, e alla costruzione di nuovi volumi che ospiteranno residenze temporanee per studenti e non oltre che a locali per laboratori e commercio, con il duplice compito di garantire il mix sociale e funzionale e contribuire anche ad ammortizzare il costo dell’intervento.
Introduzione
Torino Città Pubblica
La città pubblica rappresenta la stratificazione, secondo un processo cumulativo, delle risposte alla necessità delle fasce sociali più deboli di poter accedere ad abitazioni e servizi adeguati; nel corso dei de- cenni essa non si è limitata a voler migliorare solamente le condizioni abitative, ma ha contribuito a “proporre e sperimentare alternative ai tradizionali modi di costruire e abitare la città”1, affidando un ruolo fondamentale agli spazi aperti, ai luoghi pubblici e alle attrezzature pri- marie, perseguendo l’obiettivo di coniugare spazio costruito e aperto, privato e pubblico, residenza e servizi necessari.
La presenza più o meno accentuata della città pubblica in una deter- minata aree contribuisce in modo significativo alla loro stigmatizzazio- ne perché influisce sull’identità dei residenti divenendo in alcuni casi un “marchio” negativo che amplifica lo svantaggio individuale. Questi luoghi, infatti, “sono spesso annoverati, nell’immaginario collettivo, come luoghi del degrado fisico e sociale a causa di una diffusa, e a volte impropria, equivalenza tra lo status di “quartiere pubblico” e l’im- magine stereotipata del “quartiere popolare” quale contesto abitativo connotato da gravi forme di disagio”2. Tali quartieri vengono quindi delineati come altamente problematici e caratterizzati dal degrado sia fisico delle architetture e degli spazi, sia morale e sociale dei residenti e dei frequentanti.
Il concetto di “città pubblica” è sovente posto in correlazione con quello di “periferia” che viene identificata come lo scenario privilegiato in cui collocare i complessi popolari. Con la giustapposizione di que- sti due termini appare evidente, cartografie alla mano, che questo tipo
(1) Paola Di Biagi, La citta pub- blica : edilizia sociale e riqualifica- zione urbana a Torino, Torino, Alle- mandi, 2008, pag 12.
(2) Paolo Bozzuto, La costruzione dello stigma. L’emblematico caso di Quarto Oggiaro: dieci anni di rassegna stampa, in Francesco Infussi (a cura di), Dal recinto al territorio. Milano, esplorazioni nella città pubblica, Milano, Bruno Mon- dadori, 2011, pag. 90.
< Falchera vecchia
di grandi ensemble residenziali sono collocati nelle aree più marginali, cioè periferiche in senso geografico, spesso in posizione strategica in corrispondenza delle grandi arterie viarie, i “corridoi” che conducono fuori città, o posti come “cerniere” tra il tessuto urbano ed altri am- biti insediativi caratterizzati da funzioni specifiche, come le sedi delle grandi aziende come la Fiat a Mirafiori Sud, Snia-Viscosa e Michelin nell’area produttiva a Nord del fiume Stura di Lanzo.3 Un altro motivo che spiega il collocamento dell’edilizia economica popolare durante gli anni del miracolo economico è dato dal fatto che la scelta delle aree ‘’si indirizzava su aree solitamente più esterne alla città, l’ampiez- za e i costi delle quali si prestavano alla realizzazione dei consistenti quartieri di edilizia a basso costo”4. Questi quartieri appaiono così spesso “rigettati negli spazi delle periferie, in carenza non solo di stru- menti urbanistici, ma spesso anche di opere di urbanizzazione”5. Ad accomunare i grandi complessi di edilizia pubblica è, inoltre, la volontà, in fase progettuale, di predisporre dei blocchi autonomi ed indipendenti da cui derivava un forte isolamento dal resto della città, ne sono un esempio i quartieri di Falchera e Le Vallette.
La maggior parte dei complessi di edilizia popolare è comunque stata raggiunta ed assorbita dalle successive espansioni della città e, di conseguenza, ha subito dei mutamenti diventando qualcosa di diver- so rispetto a quello che era in origine, rimanendo comunque ben di- stinguibili nel tessuto consolidato a causa di caratteristiche specifiche come gli allineamenti planimetrici, il rapporto con gli spazi aperti e la serialità dei fronti. Come sostiene Paola Di Biagi, “queste parti di città mostrano ancora oggi, seppure in modo labile, le tracce degli studi
(3) Parlando del capoluogo mila- nese, Bozzuto individua due fun- zioni legate alla posizione strate- gica degli insediamenti di edilizia popolare: quello di corridoio di ac- cesso alla città e quello di cerniere che vincolano al capoluogo lom- bardo specifici sistemi insediativi.
Paolo Bozzuto, Quartieri al centro, in Francesco Infussi (a cura di), Dal recinto al territorio. Milano, esplorazioni nella città pubblica, Milano, Bruno Mondadori, 2011, pag. 141.
(4) Daniela Adorni, Maria D’Amuri, Davide Tabor, La casa pubblica.
Storia dell’Istituto autonomo case popolari di Torino, Viella, Roma, 2017, pag. 121.
(5) Ibidem.
sulle forme e sugli usi dello spazio abitabile, non solo di quello inter- no domestico, l’alloggio, ma anche di quello esterno, non costruito, pubblico e collettivo”6.
Lo status di periferia ha in seguito assunto anche un altro significato che non concerne la collocazione nel tessuto urbano, ma che rac- chiude al suo interno una connotazione negativa che suggerisce im- magini di degrado, marginalità funzionale ed elevata distanza sociale dal “centro” inteso come luogo privilegiato. Si consideri ad esempio la zona di Barriera di Milano che, nonostante sia posta ad una distanza ridotta, facilmente percorribile con i mezzi pubblici dal centro, e pre- senti un tessuto urbano non dissimile da quello del Quadrilatero7 per conformazione e tipologie architettoniche, è facilmente assimilabile alla periferia.
Si può, quindi, ritenere che i quartieri di edilizia popolare risultino pro- blematici non solo perché localizzati nelle frange più estreme della città, ma per il fatto di essere “luoghi di concentrazione territoriale del disagio, in cui l’iscriversi nello spazio, con le proprie caratteristiche, è componente stessa del problema oltre che sua manifestazione”8.
Qui infatti sono concentrati al massimo grado più problematiche: dal degrado fisico degli ambienti, alla segregazione degli spazi, alla con- centrazione delle popolazioni svantaggiate ed emarginate. La forma di “ghettizzazione” che si attua nelle aree a forte presenza di edilizia popolare genera un’immagine sia di isolamento sociale sia fisico, an- che a causa della mancanza di trasporti pubblici adeguati nel caso dei complessi posti agli estremi della città.
(6) Paola Di Biagi, La “città pub- blica” e l’Ina-casa, in P. Di Biagi (a cura di), La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l’Italia degli anni cinquanta, Donzelli, Roma 2010, pag. 3.
(7) Zona storica di Torino che co- stituisce parte del centro storico della città.
(8) Silvia Mugnano, Gli abitanti di aree degradate perdono la fluidi- tà e le interconnessioni spaziali e sociali? Il caso studio di quartieri di edilizia residenziale pubblica mi- lanesi, in Maurizio Bergamaschi, Matteo Colleoni, Franco Martinelli (a cura di) La città: bisogni, de- sideri, diritti. Dimensioni Spazio Temporali dell’esclusione urbana, Milano, Franco Angeli, 2009, pp.
75.
Le barre di Mirafiori Sud
>
>Complesso di via Artom
La raffigurazione della marginalità e del degrado dei quartieri popo- lari si rafforza generando una forte identificabilità di queste aree che sconfina in una stigmatizzazione territoriale: è la consistenza stessa della maggior parte dei quartieri di edilizia sociale che contribuisce a promuovere, o perlomeno non aiuta ad esorcizzare, questa stereoti- pizzazione della città pubblica.
In generale tutti i complessi di edilizia pubblica, ad esclusione delle presenze puntuali di dimensioni ridotte, presentano elementi comu- ni derivanti dalla progettazione di blocchi residenziali che vengono ripetuti indefinitamente e da ciò deriva l’anonimità che va a incidere sul senso di appartenenza e sull’identificazione con quei luoghi: un esempio lampante è la forte standardizzazione dei fronti a cui spesso corrisponde quella degli alloggi. Osservando, a questo proposito, il contesto torinese, l’esempio più immediato è certamente dato dal complesso residenziale di Mirafiori Sud, concepito come quartiere operaio per alloggiare i lavoratori della Fiat e gestito all’epoca dall’A- genzia INA-Casa ed oggi dall’ATC. La sua costruzione è stata, infatti, caratterizzata dall’adozione di un sistema costruttivo basato sulla pre- fabbricazione pesante al fine di velocizzarne la costruzione e limitarne i costi ma che ha determinato una forte standardizzazione degli edifici, contribuendo anche alla loro disposizione planimetrica che consiste in una distribuzione parallela degli edifici distanziati tra loro secondo una distanza utile per consentire il montaggio dei pannelli tramite gru.
Dopo questa sperimentazione la prefabbricazione pesante è stata lar- gamente impiegata per la costruzione di numerosi complessi tra cui quelli di Falchera Nuova, Corso Taranto, Via Artom e Via Ivrea, incre- mentando così la correlazione edilizia pubblica/bassa qualità.
< Complesso di via Ivrea
Falchera Nuova
>
Anche lo spazio aperto ha un ruolo chiave nella città pubblica, come sostiene Paola di Biagi, è “un elemento importante da sottolineare, quello che più di altri contribuisce a contraddistinguere in modo evi- dente questi quartieri da altre limitrofe espansioni”9.
La caratteristica comune degli spazi aperti racchiusi nella città pub- blica è rappresentata dal fatto che, come anche nel caso di Mirafiori Sud, risultano raramente ben progettati perché visti come elemen- to da frapporre tra gli edifici per distanziarli e non come veri servizi:
essi sono spazi aperti ma scarsamente abitabili ed abitati. È proprio lo spazio aperto dei grandi complessi di edilizia pubblica, in quanto possibile spazio della condivisione e non dell’emarginazione, a forni- re informazioni riguardo l’abitabilità di questi quartieri. Sovente, però, nei quartieri popolari esso assume un ruolo particolare: l’immagine che ne scaturisce dall’esterno è quella di un luogo introverso ed im- permeabile scandito da recinzioni e demarcazioni10; osservandolo dall’interno, invece, si possono cogliere i diversi materiali urbani che lo compongono e i diversi impieghi dei suoli. Lo spazio aperto è in prima istanza un luogo “praticato”, “una superficie attiva, connotata da caratteristiche fisiche e prestazionali peculiari”11 in cui si esplicano le azioni e le abitudini degli abitanti, e non “un supporto neutro sul quale si depositano in modo inerte una serie di oggetti, sfondo sul quale si svolgono in modo passivo le pratiche d’uso dei soggetti che lo abitano.”12 In molti casi è stato lo spazio aperto, sia pubblico sia privato, il palcoscenico principale degli interventi che si sono proposti di migliorare la qualità della città pubblica, si considerino ad esempio il noto Programma di Recupero Urba¬no per Via Artom Via Ivrea e Corso Grosseto, il Progetto Urban 2 per Mirafiori Nord, ma anche
(9) Paola Di Biagi, La “città pub- blica” e l’Ina-casa, in P. Di Biagi (a cura di), La grande ricostruzione. Il piano Ina-Casa e l’Italia degli anni cinquanta, Donzelli, Roma 2010, pag. 9.
(10) Si vedano come esempi i complessi di Mirafiori Nord e più in generale tutti quelli costruiti nella prima metà del Novecento.
(11) Stefano Pendini, Verso una reinterpretazione dello spazio pub- blico, in Francesco Infussi (a cura di), Dal recinto al territorio. Milano, esplorazioni nella città pubblica, Milano, Bruno Mondadori, 2011, pag. 242.
(12) Ibidem.
Complesso di via Ponchielli
>
Complesso di via Ivrea >
16° quartiere IACP in corso Grosseto
>
gli interventi previsti dai Contratti di Quartiere con risvolti sia a livello urbano che architettonico.
Per quando riguarda il sistema dei servizi, come accennato prece- dentemente, alla base della pianificazione di molti complessi di edilizia popolare c’era la volontà di proporre dei quartieri autosufficienti e in quest’ottica essi hanno assunto un ruolo importante. In alcuni casi, la progettazione dei servizi avveniva in contemporanea a quella resi- denziale, è il caso di Falchera e Vallette, in qualche caso le funzioni erano addirittura co-presenti all’interno degli stessi edifici, è questo il caso del quartiere di corso Grosseto in cui vi è la sperimentazione della casa collettiva capace di inglobare attrezzature e spazi comuni.
L’autosufficienza dei quartieri “nasceva dalle potenzialità dei progetti di creare sistemi autonomi prevedendo una serie di servizi tali da rendere un problema di pochissimo conto la collocazione urbana dei quartieri e i loro collegamenti con il centro città. Il fallimento di questa parte di progetto (i servizi) ha decretato il fallimento degli interi quar- tieri”13. In altri casi i servizi hanno raggiunto le aree residenziali solo in un secondo momento, ne sono un esempio i complessi di Via Artom e di Corso Taranto.
Osservando il patrimonio architettonico della città pubblica torinese emerge dal XII Rapporto dell’Osservatorio sulla Condizione Abitativa della Città di Torino che solo il 3,5% delle unità abitative nel territorio cittadino è annoverabile come edilizia sociale. Tale dato risulta in linea con la media nazionale italiana, circa il 4% del parco abitativo totale, ma risulta estremamente ridotto se paragonato a quelli di altri Paesi
(13) Nello Luca Magliulo, La gran- de dimensione nell’edilizia residen- ziale pubblica italiana. Demolire o riqualificare?, Edizioni Accademi- che Italiane, Saarbrucken 2015, pag 14.
109 87 65 43 7.000
2.000 2.500
001.5 3.000
500 2.000 3.000 109
87 65 43 21 60/80.000
Oltre 80.000
60/80.000
40/60.000
20/4 0.000 Oltre 80.000
60.000
40.000
0/20.0
00
500.851 unità abitative totali . Ripartizione per Circoscrizione.
Europei, come Olanda (circa il 30%), Regno Unito (circa 18%) e Da- nimarca (20%)14. Inoltre, i dati dimostrano che i finanziamenti pubblici per le abitazioni si sono ridotti nel corso degli anni, passando “dalle 35.000 abitazioni costruite nel 1984 alle 22.000 costruite nel 1988, per scendere al di sotto delle 2.000 nel 2004”15 .
La maggior parte di questo patrimonio, il 68%, è collocata in immobili costruiti negli anni che vanno dall’inizio del secolo scorso al 1980, il 14% nel periodo 1980-1990, mentre quelli costruiti negli ultimi 20 anni non superano il 18% dei totali.16 Si può quindi supporre che mol- ti dei complessi di edilizia residenziale pubblica a Torino risultino ormai obsoleti dal punto di vista funzionale e in condizioni tali da richiedere un progetto di riqualificazione, realtà che spesso si scontra con la carenza di fondi sufficienti a mettere in atto questi interventi. Questo patrimonio immobiliare “è costituito da edifici costruiti in epoche e in contesti ambientali molto diversi e, da punto di vista tipologico, sia i singoli edifici, sia i loro rapporti con il contesto urbano sono stati estremamente diversificati nel corso delle diverse stagioni della Cit- tà”17 e per questo motivo risulta necessario diversificare l’approccio ai diversi complessi e le strategie di intervento.
Inoltre, occorre tener presente che parlando dello stock di edilizia sociale l’insieme di tutti gli interventi residenziali pensati con finalità sociali non corrisponde all’attuale patrimonio pubblico: infatti, allog- gi e addirittura interi edifici facenti parte della città pubblica risultano oggi di proprietà privata, spesso in seguito al riscatto da parte degli abitanti.
Prendendo in considerazione le abitazioni attualmente gestite da
< Fonte degli elaborati a pagina a fianco: Città di Torino, XII Rapporto dell’ Osservatorio sulla Condizione Abitativa della Città di Torino, dati 2015.
(14) CECODHAS Housing Euro- pe’s Observatory, Alloggio sociale europeo 2012. Gli ingranaggi del settore, Bruxelles, 2012.
(15) Città di Torino, Piano casa 2009-2010. Torino, 2008.
(16) Città di Torino - Direzione ser- vizi sociali, area edilizia residenziale pubblica, XIII Rapporto dell’ Osser- vatorio sulla condizione abitativa della città di Torino, Torino, 2016.
(17) Gli anni recenti in Quader- ni dell’ATC, Quaderno 1, http://
www.atc.torino.it/multimediale/
presentazioni/quaderniatc/quad1/
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enti pubblici si può notare come raramente esse comprendano in- teri quartieri o ensemble, in molti casi solo una parte delle palazzine sono di proprietà dell’ente e, alcune volte, perfino soltanto un numero esiguo di alloggi al loro interno. L’immagine che si delinea della città pubblica risulta oggi alquanto frammentata, sia a livello della città, sia all’interno degli stessi complessi edilizi.
La richiesta di questa forma di edilizia a Torino è rimasta stabile dal 1998 al 2004 con circa 8.000 domande presentate ad ogni edizione del bando generale per l’assegnazione degli alloggi, per raggiunge- re le 9.900 domande nel 2007, mentre la VI edizione del bando18 (formalmente concluso a novembre 2016) ha registrato oltre 16.000 domande a cui dovranno essere ancora sommate quelle relative al 2017. Se questi numeri vengono confrontati con le assegnazioni di alloggi disposte dal 1996 al 2016 risulta la gravità del disagio abitativo nel capoluogo piemontese: in questo arco temporale, infatti, sono state effettuate solamente 11.503 assegnazioni, con una media infe- riore alle 600 unità all’anno. Nel 2016 le domande istruite sono state il 27% di quelle presentante, mentre quelle che hanno ottenuto effet- tivamente l’assegnazione non superano il 12%.
Il XIII Rapporto dell’Osservatorio sulla Condizione Abitativa della Città di Torino del 2016 ci fornisce, inoltre, informazioni riguardo la citta- dinanza dei facenti richiesta di alloggi di edilizia sociale: dal 1998 al 2016 è aumentata la quota di cittadini europei ed extra europei che oggi rappresentano il 46,9% a fronte del 53% di cittadini italiani.
Analizzando la tipologia di assegnazione per l’anno 2016, si rileva che
(18) Il VI bando per l’assegnazio- ne degli alloggi di edilizia socia- le indetto dalla città di Torino nel 2012, esso è stato un bando in- novativo perché sempre aperto e con validità di 6 anni a cui segue una proroga biennale concessa dalla Regione Piemonte.
le assegnazioni a partecipanti al bando generale sono state il 48%, il 24% quelle a titolo di Emergenza Abitativa e il 28% in seguito a se- gnalazione pervenuta dai Servizi Socio Assistenziali.
Lo stock abitativo in termini di edilizia sociale della città di Torino è oggi composto da circa 17.770 alloggi, di cui 11.344 di proprietà dell’ATC, 5.965 del Comune e 461 di altri enti. L’Agenzia Territoriale per la Casa svolge quindi un ruolo fondamentale nella risposta alle problematiche legate al disagio abitativo in quanto proprietaria di gran parte del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e gestore di di- verse proprietà del Comune.19 Esso “è un soggetto che persegue il pubblico interesse identificato con l’obbligo sociale di fornire appar- tamenti economici da porre a disposizione delle categorie di cittadini meno abbienti e di provvedere all’amministrazione e alla gestione del proprio patrimonio e di quello che le viene affidato da altri enti pubbli- ci” . Esso è nato come ex Iacp20 e, a seguito del decentramento di parte dei compiti in materia di edilizia pubblica dallo Stato alle Regioni, ha cambiato denominazione in Agenzia Territoriale per la Casa al fine di accrescere l’importanza del suo nuovo ruolo21 . Tra le varie funzio- ni, l’ente ATC si occupa di interventi e processi di recupero e riquali- ficazione allo scopo di conservare il proprio patrimonio, il tutto grazie alle risorse e ai fondi provenienti in parte direttamente dallo Stato, in parte dalle Regioni o da altre istituzioni.
La distribuzione di questi alloggi non è omogenea in tutta la città:
risulta dai grafici alla pagina 20, una maggiore presenza nella circo- scrizione 5 che corrisponde alla zona delle Vallette; valori intermedi si
(19) L’ente ATC, ATC Torino e Pro- vincia, <<http://storico.atc.torino.
it/www/chi_siamo.aspx>>, ultima consultazione [01/11/17].
(20) Iacp, acronimo di Istituto Au- tonomo Case Popolari, è un ente pubblico che viene istituito a Torino nel 1907 per volere del Comune al fine di far fronte al disagio causato dalla mancanza di abitazioni.
(21) Nel 1993 viene messa in atto una riorganizzazione dei ruoli dello Stato e delle Regioni in ambito di edilizia pubblica. Attualmente allo Stato spetta il compito di ripartire i fondi tra le diverse Regioni e di definire i criteri di accesso all’edili- zia pubblica da parte dei nuclei più fragili della popolazione, mentre alle Regioni spettano tutte le altre competenze quali la ripartizione delle risorse finanziarie tra i vari Co- muni, la rilevazione delle esigenze abitative e quindi la definizione di canoni agevolati, ma ancora la programmazione e la scelta della tipologia di intervento. Tale pro- cesso di decentramento dei com- piti ha fatto sì che si instaurassero delle differenze territoriali in ma- teria abitativa, infatti, sulla base di quanti fondi ciascuna Regione riserva all’edilizia residenziale pub- blica, ognuna di esse definisce i propri programmi in materia.
trovano nelle circoscrizioni 2, 10, 4, 6 e 7, che corrispondono rispetti- vamente all’area di Mirafiori Nord e Sud, a quella attorno al Parco della Pellerina, a quella al di là del fiume Stura e infine quella attorno a Porta Palazzo. Il riutilizzo di infrastrutture ereditate dalle Olimpiadi 2006 in- crementa il patrimonio pubblico nella circoscrizione 9 che comprende l’area del Lingotto, mentre nelle circoscrizioni 3 e 8 (pre-collinare) si riscontrano valori decisamente più bassi.
Negli ultimi decenni le problematicità legate al disagio abitativo si sono nuovamente aggravate, estendendosi oggigiorno anche alla porzio- ne del ceto medio che fatica ad accedere al mercato immobiliare, e che le politiche adottate per affrontare questa questione non risultano sufficienti, così come non lo è il patrimonio di edilizia pubblica a cui continua ad essere affidato un ruolo marginale, totalmente inefficace ad affrontare le problematiche attuali. Vista la complessità del patri- monio di edilizia pubblica, “Il tema del recupero dei quartieri di edilizia residenziale pubblica è oggi di grossa attualità in un territorio come quello italiano dove il problema della casa per le fasce deboli può dirsi ancora presente sia da un punto di vista numerico sia da un punto di vista qualitativo”22. Anche l’approccio stesso dell’Ente ATC è ora indi- rizzato maggiormente alla riqualificazione e al recupero degli immobili attualmente esistenti invece che a pianificare nuovi quartieri popolari.
La gestione del patrimonio di edilizia pubblica da parte degli ex IACP si scontra però con la scarsa disponibilità di fondi finanziari e una complicata gestione da parte delle Regioni. Il rapporto FederCasa del 2015 evidenzia, infatti, come:
(22) Nello Luca Magliulo, La gran- de dimensione nell’edilizia residen- ziale pubblica italiana. Demolire o riqualificare?, Edizioni Accademi- che Italiane, Saarbrucken 2015, pag. 3.
< Mappa dell’Atc; individuazione dei fabbricati di edilizia residenziale pub- blica di proprietà e in gestione all’Atc.
Rielaborazione di dati Atc.
“Il settore dell’edilizia sociale ha beneficiato sino al 1998 di un flusso costante di finanziamenti grazie ai quali è stato possibile ridurre sensibilmente il fabbisogno abita- tivo e contemporaneamente innescare processi positivi di crescita produttivi e di incremento dell’occupazione.
All’eliminazione dei fondi Gescal non è corrisposta alcu- na risorsa sostitutiva per permettere alle regioni di gestire le competenze, nel frattempo a loro attribuite, e quindi per garantire una continuità alle politiche del welfare nel settore abitativo.”23
(23) Rapporto FederCasa del 7 maggio 2015 L’edilizia residenziale pubblica. Elemento centrale della risposta al disagio abitativo e all’a- bitazione sociale, pag 6.
Storie di spazi difficili
Approcciandoci alla città con uno sguardo libero da preconcetti, ab- biamo condotto una riflessione sull’ambito cittadino volta a sviluppa- re una mappatura delle porzioni di territorio che possono presentare maggiori problematiche dal punto di vista sociale ed abitativo.
Questa ricognizione di Torino, che non vuole aver la pretesa di adden- trarsi nel più complesso campo di ricerca della morfologia sociale1, è stata redatta facendo affidamento su un’articolata raccolta di docu- menti e dati elaborati da istituzioni, enti di ricerca e studi statistici pre- cedentemente condotti, i quali sono stati poi rielaborati per costruire una serie di layer tematici necessari a sviluppare le diverse mappature della città.
In una città di questa complessità, come è presumibile, possono es- sere rilevate forti disomogeneità: la configurazione dello spazio urbano appare frammentata secondo criteri di differenziazione, in quanto ogni ambito tende ad accentuare la propria specializzazione e i caratteri della propria realtà. I problemi che affliggono queste aree vanno oltre la sola dimensione spaziale, si deve quindi tenere conto di altre varia- bili che concernono gli spazi aperti, gli spazi costruiti, la distribuzione
(1) Termine coniato dal sociologo francese Emile Durkheim, la mor- fologia sociale indaga le forme che assumono le società stabilendosi sul territorio, ovvero ‘’il significato geografico della struttura sociale dei singoli gruppi umani con l’esa- me del loro tenore e genere di vita, del loro grado di cultura ecc., in rapporto alle particolari condizioni dell’ambiente fisico, economico, umano’’ (http://www.treccani.it/
vocabolario/geografia).
1.1
Un archivio di dati
delle fasce deboli della popolazione e le interazioni che si creano tra tutti i fruitori.
Individuare i problemi inerenti alle diverse realtà esistenti è fondamen- tale nel percorso di ricerca che stiamo svolgendo per circoscrivere le possibili aree di intervento, luoghi in cui un progetto di riqualificazione di manufatti di edilizia popolare potrebbe avere ricadute che vanno oltre la scala del singolo complesso edilizio.
Attraverso la sovrapposizione dei layer ritenuti maggiormente signifi- cativi tra quelli analizzati e riportati qui di seguito, sono state messe in evidenza le aree ritenute, secondo i dati e le fonti analizzate, più pro- blematiche. Il risultato così fornito non vuole essere un “punto fermo”
riguardo la situazione torinese ma, bensì, una riflessione sui luoghi della città che risultano in questo preciso momento maggiormente stigmatizzati, ovvero quei luoghi che appaiono “marchiati” in modo negativo, contribuendo alla definizione di stereotipi, visioni generaliz- zate e semplicistiche della realtà.
L’identificazione con caratteristiche negative di determinate aree può condurre ad una vera “stigmatizzazione territoriale” che risulta stretta- mente legata alle loro specificità perché il vivere un determinato luogo influisce ampiamente sull’identità degli individui, rischiando di divenire fattore di penalizzazione e svantaggio, assumendo quindi un duplice ruolo: effetto dell’esclusione e fattore di una ulteriore emarginazione.
Per chiarire meglio questo concetto si può far riferimento agli studi di Silvia Mugnano che, parlando della città pubblica milanese, identifica come “l’alta densità del costruito e il ricorso alla standardizzazione de-
(2) Silvia Mugnano, Gli abitanti di aree degradate perdono la fluidità e le interconnessioni spaziali e so- ciali? Il caso studio di quartieri di edilizia residenziale pubblica mi- lanesi, in Maurizio Bergamaschi, Matteo Colleoni, Franco Martinelli (a cura di) La città: bisogni, de- sideri, diritti. Dimensioni Spazio Temporali dell’esclusione urbana, Milano, Franco Angeli, 2009, pp.
75-87.
gli edifici può soffocare la diversità ed omogeneizzare la popolazione e le attività commerciali in quanto ogni classe (economica, sociale, per gruppi di età, per etnie, per livelli culturali, ecc..) di popolazione è legata inevitabilmente al tipo (categoria, età, stato di conservazione, ecc..) degli edifici in cui lavora”2 e al contesto in cui ci si colloca.
In ultima analisi, l’obiettivo di questo capitolo è quello di delineare il profilo di una immagine istantanea della città di Torino, restando con- sapevoli del fatto che essa sia assai mutevole nel tempo e del tutto insufficiente a dare un giudizio complessivo dei luoghi indagati.
0 1 5 km N
Elaborazione dati da fonte:
Città di Torino, Servizio Telematico Pubbli- co, <http://aperto.comune.torino.it>, dati 2016.
> 25.000 ab.
20.000 - 25.000 ab.
15.000 - 20.000 ab.
POPOLAZIONE RESIDENTE (2016)
Suddivisione per zone statistiche
10.000 - 15.000 ab.
5000 - 10.000 ab.
1000 - 5000 ab.
< 1000 ab.
I. Le popolazioni residenti
La prima considerazione svolta riguarda le quantità e le caratteristi- che della popolazione che risiede nel territorio del comune di Torino.
Questa ha registrato nell’ultimo ventennio una lieve flessione quanti- tativa, passando da oltre 990.000 a circa 889.000 abitanti. (grafico seguente)
820.000 840.000 860.000 880.000 900.000 920.000 940.000 960.000 980.000 1.000.000
1990 1999 2000 2006 2010 2016
Questa variazione, come analizzato in seguito, deve essere messa in correlazione con alcuni fattori e fenomeni che interessano la popo- lazione torinese, come l’aumento del divario tra le nascite e le morti, l’affievolirsi dell’apporto dell’immigrazione straniera e la consistenza sempre maggiore della fascia degli over 65.
1 6,67%
2 4,86%
3 5,66%
4 6,22%
5 6,07%
6 6,61%
7 7,11%
8 6,31%
9 8,09%
10 4,30%
Circoscrizioni
(partenza) Circoscrizioni
(destinazione) 1 5,67%
2 5,42%
3 6,48%
4 6,24%
5 7,38%
6 7,35%
7 6,63%
8 8,28%
9 5,27%
10 3,18%
FLUSSI ALL’INTERNO DELLE CIRCOSCRIZIONI
Elaborazione dati da fonte:
Annuale statistico della città di Torino, cap. 3 - Demografia <http://www.comune.torino.it/>, anno 2015.
Riguardo alla distribuzione dei residenti nel comune di Torino, si può intuire come essi non siano ripartiti in modo omogeneo sul territorio della città ma esistano delle aree che ospitano raggruppamenti mag- giori, per questo motivo abbiamo ritenuto utile per le analisi succes- sive mappare le diverse concentrazioni di abitati per aree omogenee.
Dalla mappatura (pag. 30) si può notare che la maggior parte della popolazione è collocata nella porzione di città compresa tra i fiumi Po e Stura di Lanzo e i confini comunali a Sud-Ovest. Nella macroarea così delimitata, le sole zone che presentano una bassa densità di residenti sono quelle che hanno una netta focalizzazione non residen- ziale, come le aree cimiteriali e i grandi parchi, oltre al centro cittadino caratterizzato da una prevalenza commerciale/terziaria.
In relazione alla variazione della popolazione residente sono stati presi in considerazione i flussi migratori che considerano la quantità di spo- stamenti dei residenti, mettendo in relazione le immigrazioni e le emi- grazioni tra le circoscrizioni di Torino nei confronti di altri paesi limitrofi, di altri comuni piemontesi e di altre regioni italiane.
Si sono poi considerati i valori percentuali, con riferimento alla popo- lazione di ogni circoscrizione, di questi flussi per tipologia di sposta- mento: il dato che ne deriva suggerisce come il flusso dalla città verso l’esterno sia lievemente maggiore rispetto a quello opposto. Emerge, infatti, per quasi tutte le circoscrizioni ad esclusione della 1 Zona cen- tro e Crocetta, per la quale vale il contrario, che è maggiore il numero di persone che tende ad allontanarsi, rispetto al flusso immigratorio di nuovi abitanti.
0 1 5 km N
Elaborazione dati da fonte:
Città di Torino. Servizio Telematico Pubbli- co, <http://aperto.comune.torino.it>, dati 2016.
POPOLAZIONE STRANIERA (2016)
Suddivisione per zone statistiche
> 0.25%
0.20 - 0.24%
0.15 - 0.19%
0.10 - 0.14%
0.05 - 0.09%
< 0.05%
Se consideriamo, invece, i movimenti interni alla città, ovvero quelli che si verificano tra le circoscrizioni , i flussi in uscita maggiori coinvol- gono le popolazioni dei quartieri Nizza Millefonti, Lingotto e Filadelfia (Circ. 9) e Aurora, Vanchiglia e la zona collinare (Circ. 7); osservando i flussi in entrata, i quartieri con un bilancio positivo sono quelli di San Salvario, Cavoretto, Borgo Po (Circ. 8) e Borgo Vittoria, Madonna di Campagna, Lucento e Vallette (Circ. 5) (grafico pag. 32).
E’ stato ipotizzato come un maggior flusso emigratorio rispetto a quel- lo immigratorio possa essere interpretato come una volontà da parte dei residenti di andarsene dall’area d’origine sia per motivi lavorativi, sia per questioni riconducibili alle caratteristiche della zona e ai costi legati alle abitazioni.
(3) Questi dati sono riferiti all’anno 2015 e per questo motivo pren- dono in considerazione 10 circo- scrizioni invece che le attuali 8 (dal 2016, infatti, sono state accorpate le circoscrizioni 8,9 e 2,10).
2007 2010 2013 2014 2015 2016 60.000
80.000 100.000 120.000 140.000 160.000
20.000 40.000
0 1 5 km N
Elaborazione dati da fonte:
Città di Torino, Ufficio di Statistica,
<http://www.comune.torino.it>, dati 2015.
POPOLAZIONE OVER 65 (2015)
Suddivisione per circoscrizioni
30%
OVER 65
27%
25%
24%
23%
Osservando l’andamento della popolazione straniera residente che dagli anni Novanta era in costante aumento fino a superare le 142.000 unità, risulta in lieve diminuzione dal 2013. Dai dati dell’Ufficio di Sta- tistica del Comune di Torino emerge che gli stranieri residenti a Torino a fine 2016 sono 132.730, pari al 14,9% della popolazione cittadina.
Per quanto riguarda la nazionalità degli stranieri, relativamente all’anno 2016, la quota maggiore (43%) proviene da paesi appartenenti all’U- nione Europea, rimane consistente la porzione originaria dell’Africa (26%), mentre Europa, Asia e America presentano presenze minori sul territorio torinese (attorno al 10%).4
Andando più nel dettaglio la popolazione della Romania è da diversi anni la comunità migrante maggiormente presente a Torino con un totale di 52.626 residenti, seguono i marocchini (17.147), i peruviani e i cinesi (circa 7.500).5
Si è voluto poi valutare in quali zone sia maggiore la concentrazione di questo quantitativo di popolazione straniera. Viene così determinata, per microaree omogenee, la percentuale di residenti stranieri sulla popolazione totale. La maggior presenza di popolazione immigrata da Paesi esteri in una zona può, infatti, venire considerata un fattore significativo poiché può essere causa di tensioni interne con i resi- denti e di forme di emarginazione, sia essa volontaria o forzata. L’e- laborato (pag. 36) mostra in modo evidente come le concentrazioni maggiori siano nella zona a nord di Porta Palazzo e, soprattutto, in corrispondenza di Borgata Monterosa che ospita il 41% del totale6, in quella compresa tra il Lingotto e il fiume Po, e, in minor percentuale, a nord del fiume Stura di Lanzo.
(4) Fonte: <http://www.comune.
torino.it/>
(5) Centro di ricerca e documen- tazione Luigi Einaudi, Rapporto Giorgio Rota, 2015. La banca dati è consultabile all’indirizzo < http://
www.rapporto-rota.it/demografia.
html/> (Consultato il 14-11-2017) (6) Ibidem.
2000 2010 2014 2015 2016 80
100 120 140
20 40 60
0
Nati Morti
Come precedentemente accennato, uno dei fenomeni che riguarda la popolazione torinese, ma più in generale quella italiana, è un allar- gamento della forbice tra le nascite e le morti. Dal 2009 le nascite sono progressivamente diminuite fino ad arrivare a circa 7.000 bam- bini nati a Torino nel 2015 in controtendenza all’aumento registrato fino al 2008 (8.500 nati). “Tale incremento è da imputare all’apporto degli stranieri che proprio in quegli anni sceglievano sempre più nu- merosi Torino come loro residenza e nel contempo facevano più figli degli italiani […], la quota di neonati con uno od entrambi i genitori stranieri è comunque aumentata: a fine anni Novanta, con tali carat- teristiche, erano il 13,8% dei nati a Torino, nel 2015 quasi il 40%”7. Il numero delle morti, invece, è rimasto più o meno costante con circa 9.500 decessi all’anno.
Negli ultimi anni e a scala nazionale, la dimensione media delle fami- glie è diminuita a causa dell’aumento di divorziati e single e della ridu-
(7) Ibidem.
zione del numero di figli per famiglia.8 Contemporaneamente risultano in crescita i nuclei monogenitoriali.
Andando a considerare la composizione dei nuclei familiari residenti a Torino si può, infatti, notare come sia preponderante la presenza di persone che vivono da sole (oltre 200.000), i nuclei formati da due persone si attestino intorno a 120.000, quelli con tre-sei persone siano nettamente in inferiorità (circa 120.000 unità in totale), mentre quelli con più di 7 persone raggiungano a stento le 1.000 unità.
Un’altra tendenza che si registra riguardo alla popolazione è data dal progressivo invecchiamento che implica una consistenza sempre maggiore della fascia degli over 65. Questo è, inoltre, uno dei target con cui l’edilizia residenziale pubblica deve confrontarsi e a cui deve essere in grado di offrire soluzioni abitative ad esso consone perché rappresenta la naturale evoluzione dei nuclei famigliari a cui sono stati assegnati gli alloggi.
1999 2005 2009 2015 30,0
5,0 10,0 15,0 20,0 25,0
0,0 (8) Nel 2013 il 4,1% degli abitanti
di Torino è divorziato o separato, dato lievemente inferiore rispetto ad altre città come Roma e Ge- nova. (Fonte: Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, Rapporto Giorgio Rota, 2015).
0 1 5 km N
CRIMINI (2007-2013) Nr. crimini/ Nr. residenti
Suddivisione per zone statistiche
Elaborazione dati da fonte:
AA.VV., The Effects of the Urban Built Envi- ronment on Mental Health: A Cohort Study in a Large Northern Italian City. 2015. Con- sultabile su International Journal of Environ- mental Research and Public Health (www.
mdpi.com/journal/ijerph), anni 2007-2013.
min maxMax
Min
Proprio perché la popolazione ‘over 65’ può essere considerata una fascia potenzialmente debole, siccome racchiude al suo interno pen- sionati, anziani soli o non autosufficienti, nella relativa mappatura (pa- gina 9) sono state messe in evidenza le concentrazioni di per zona.
La situazione è meno disomogenea rispetto alle precedenti mappa- ture, si registra, infatti, una maggiore presenza di residenti over 65 in tutta la porzione sud della città, delimitata dal fiume Sangone (a Sud) e da Corso Rosselli (a Nord).
Mettere in evidenza gli aspetti della popolazione sopracitati è rilevan- te perché costituiscono le categorie e le condizioni sociali di quelle persone che a tutti gli effetti risultano essere la quota maggiore degli abitanti della città pubblica e in particolare dell’edilizia sociale.
0 1 5 km N
REDDITI MEDI PRO CAPITE (dati del 2009*)
Suddivisione per zone statistiche
Elaborazione dati da fonte: Diciottesimo Rapporto Giorgio Rota su Torino, 2017.
(http://www.rapporto-rota.it/)
* I dati relativi al 2009 sono purtroppo gli ultimi disponibili, in quanto l’Agenzia delle Entrate di Torino non ha poi più reso di- sponibili dati disaggregati per zone del ca- poluogo.
10.121,79 - 12.516,00 12.516,00 - 14.559,76 14.559,76 - 16.661,50 16.661,50 - 19.504,79
Elaborazione dati da fonte:
19.504,79 - 23.650,67
Valori nulli (sezioni con numeri minimi di residenti)
II. Condizioni economico-sociali
Un altro tema affrontato per evidenziare le aree più problematiche riguarda la presenza di conflitti quali atti violenti, attività illecite e atti di vandalismo, che contribuiscono a rendere alcune porzioni di città come meno sicure alla percezione dei residenti. Questo è un argo- mento complesso da affrontare vista la vastità dei fattori coinvolti e delle molteplici implicazioni, perciò verranno riportati alcuni dati deri- vati dalle Istituzioni senza indagare oltre in questa sede.9
Dall’analisi dei dati della Prefettura di Torino emerge che le zone a più alto tasso di criminalità sono distribuite abbastanza omogeneamente nel territorio della città, con rilevamenti maggiori in corrispondenza della zona attorno alla stazione di Porta Nuova e alla zona mercatale di Porta Palazzo, collocata tra i quartieri Aurora e Barriera di Milano, zone che sono divenute un campo fertile per attività illegali e altre problematiche anche a causa dell’elevata multietnicità degli abitanti.
(pag. 41)
Per ricavare una valutazione delle condizioni socio-economiche pre- ponderanti per ogni area e quindi la distribuzione delle fasce più po- vere della popolazione abbiamo, dapprima, osservato i dati riguardo i redditi medi pro capite per zone statistiche dell’Agenzia delle Entrate di Torino relativi al 200910 e i profili professionali dei residenti. In un secondo momento, per implementare queste considerazioni con dati più recenti, abbiamo preso in considerazione i valori immobiliari nelle aree.
(9) Dati ricavati da: Melis G., Ge- lormino E., Marra G., Ferracin E., Costa G., The Effects of the Ur- ban Built Environment on Mental Health: A Cohort Study in a Large Northern Italian City. 2015 Con- sultabile su International Journal of Environmental Research and Public Health ( www.mdpi.com/
journal/ijerph).
(10) Dopo l’anno 2009 l’Agenzia delle Entrate di Torino non ha più reso disponibili questi dati disag- gregati per zone del capoluogo, perciò non sono reperibili dati più aggiornati.
11%
10%
12%
5%
18%
19% 19%
8% 19%
14%
7%
20%
10%
18% 13%
10%
1%
1%
14%
9%
19%
12%
19% 15%
9%
13%
10%
19%
12%
20% 3%
15%
9%
15%
14%
15%
8%
20% 3%
2% 2%
2% 2%
18%
7%
14%
15%
14%
9%
20% 21%
3%
14%
9%
13%
12%
15%
13%
2%
13%
10%
12%
6%
17%
18%
2%
1%
0,3%
0,3%
1%
0,4%
21%
2%
17%
9%
14%
10%
19%
9%
19%
3%
15%
9%
16%
14%
15%
7%
20% 3%
1%
PENSIO NATI STUDENTI
DISO CC
UPA TI CASALINGHE
OPERAI
IMPIEG ATI
IMPRENDITORI
DIRIGENTI
ALTRO
1
CIRCOSCRIZIONI 2 3 4 5 6 7 8 9 10 PROFILI PROFESSIONALI DELLA POPOLAZIONE
Elaborazione dati da fonte:
ISTAT, <http://www.istat.it>, anno 2016.
Dalla prima di queste considerazioni (pag. 42) si confermano come le più benestanti le zone collinari e quelle centrali nei pressi di Porta Nuova (zona Comandi Militari, zona Crocetta e i pressi dell’Ospedale Mauriziano); mentre le zone più povere si collocano a nord di Corso Regina Margherita e soprattutto in Borgo Dora, zona Piazza Sofia, Monterosa, Monte Bianco, Aurora, Vallette e Falchera.
Nel grafico relativo all’occupazione (pag. 44)11 sono invece riporta- te, per circoscrizione, le percentuali di lavoratori e non appartenenti alle seguenti categorie: disoccupati, pensionati, studenti, casalinghi, operai, impiegati, imprenditori, dirigenti e altre professioni.
Secondo questa suddivisione, le zone che presentano il maggior nu- mero di popolazione con basso reddito sono quelle all’estremo nord (Circoscrizioni 5 e 6) ed estremo sud (Circoscrizione 10) che mani- festano anche la percentuale maggiore di disoccupati. Al contrario, quelle in cui il reddito della popolazione è ipoteticamente più elevato sono nei pressi del centro e della collina (Circoscrizioni 1 e 8).
L’ulteriore fattore di indagine, utile ad implementare e completare la considerazione fatta precedentemente, corrisponde all’analisi dei va- lori di mercato degli immobili.12 (pag. 46)
Si assume quindi che la popolazione potrà avere, in media, un reddi- to minore se residente in una zona in cui il valore degli immobili risulta basso; viceversa, nelle zone in cui i valori risultano alti, la popolazione avrà un reddito maggiore. Emerge quindi che le microzone in cui il valore di mercato degli immobili è minore sono quelle comprese tra il fiume Dora e il confine nord di Torino e l’area attorno al Lingotto.
(11) Vista la molteplicità delle ca- tegorie, questi dati sono stati poi adattati, sotto forma di mappatura, per consentire la sovrapposizione dei layer delle diverse analisi. Sa- ranno in seguito prese in conside- razioni tre categorie: disoccupati, basso livello di istruzione e lavora- tori manuali.
(12) I valori di mercato presi in considerazione sono riferiti alle 29 microzone definite dall’ OMI.
0 1 5 km N
VALORI IMMOBILIARI (ANNO 2016)
Segmento residenziale usato
Suddivisione per microzone
Elaborazione dati da fonte:
Osservatorio Immobiliare Città di Torino, <http://www.oict.polito.it/>, 2016.
< 1.500,00 €/mq 1.500,00 - 2.000,00 €/mq 2.000,00 - 2.500,00 €/mq 2.500,00 - 3.000,00 €/mq 3.000,00 - 3.500,00 €/mq 3.500,00 - 4.000,00 €/mq
> 4.000,00 €/mq
Sebbene, mettendo in relazione queste due ultime chiavi di lettura con quella del precedente paragrafo, le analisi giungano ad un ri- sultato concorde, esse trascurano in parte il ruolo protagonista che assumono l’edilizia pubblica e il social housing, che complicano ulte- riormente questo tipo di lettura, ma anche la tendenza delle famiglie di cercare di migliorare la loro qualità abitativa. Infatti, vista la situazione del patrimonio edilizio italiano, composta per la maggior parte da abi- tazioni di qualità inferiore rispetto agli standard delle costruzioni odier- ne, le famiglie aspirano a spostarsi in case di migliore qualità e con una migliore localizzazione al crescere della disponibilità economica.
Pertanto le fasce di popolazione con reddito minore, compresi quindi gli immigrati che coprono una larga parte della domanda abitativa, occupano gradualmente queste abitazioni di minor qualità collocate in aree marginali o problematiche o peggio ancora rimangono esclusi dall’accesso all’abitazione.
0 1 5 km N
INDICE DI DISAGIO ABITATIVO (2001-2011)
Valore percentuale
Suddivisione per zone statistiche
Elaborazione dati da fonte:
AA.VV., The Effects of the Urban Built Envi- ronment on Mental Health: A Cohort Study in a Large Northern Italian City. 2015. Con- sultabile su International Journal of Environ- mental Research and Public Health (www.
mdpi.com/journal/ijerph), anni 2007-2013.
Max
Min max
III. Manifestazioni del disagio abitativo
Il compito assunto dall’abitazione viene evidenziato da Enrico Maria Tacchi che afferma come “Il lavoro e la casa costituiscono, come è noto, due componenti essenziali per la definizione della persona, dal punto di vista sia psicologico sia sociologico”13; ne deriva la con- statazione di come l’identità della persona sia lesa e resa vulnerabile nel momento in cui uno di questi due elementi venga a mancare.
Tale constatazione è anche ribadita poichè: “[…] le richieste primarie rivolte alle pubbliche amministrazioni o alle istituzioni del privato so- ciale da parte delle popolazioni urbane più deboli, quali gli immigra- ti, sono fortemente concentrate sul binomio casa-lavoro”14. Infatti la difficoltà di accesso all’abitazione principale da parte delle fasce più svantaggiate della popolazione è inserita all’interno dei principali fat- tori di vulnerabilità urbana, che vede tra le sue cause la mancanza di abitazioni a basso costo. Tale fenomeno ha determinato l’intervento dello Stato per cercare di sopperire a tale mancanza attraverso il so- stegno dell’attività edificatoria, con lo scopo di favorire la proprietà e l’accesso alla casa, riconoscendo un “diritto sociale” non soddisfatto per un gruppo consistente della popolazione. Interessanti sono alcuni dati riguardanti la situazione Italiana, che vede il 12% delle famiglie al di sotto della soglia di povertà relativa15, mentre un dato ancora più inquietante mostra come le famiglie che non sono in grado di far fronte alle spese relative al canone d’affitto sono ben il 35% del totale.
A tal proposito, l’obiettivo delle politiche della casa è quello di recupe- rare le situazioni di disagio, attraverso progetti ampi in grado di gestire condizioni di disadattamento, talvolta devianza sociale, andando oltre
(13) Enrico Maria Tacchi, Il disagio abitativo come fattore di vulnerabi- lità sociale, in Maurizio Bergama- schi, Matteo Colleoni, Franco Mar- tinelli (a cura di) La città: bisogni, desideri, diritto. Dimensioni spa- zio-temporali dell’esclusione urba- na, Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 90-99.
(14) Ibidem.
(15) La povertà relativa è un pa- rametro che esprime le difficol- tà economiche nella fruizione di beni e servizi, riferita a persone o ad aree geografiche, in rapporto al livello economico medio di vita dell’ambiente o della nazione.
0 1 5 km N
EMERGENZA ABITATIVA (2012-2016)
Valore percentuale (valori ogni 1.000 famiglie in affitto)
Suddivisione per aree di censimento
Elaborazione dati da fonte: Diciottesimo Rapporto Giorgio Rota su Torino, 2017.
(http://www.rapporto-rota.it/) 10.5 - 16.4
EMERGENZA ABITATIVA*
7.8 - 10.5 5.6 - 7.8 3.9 - 5.6 0.5 - 3.9 0.0 - 0.0