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A – Zona in destra d’Arno B – Zona in sinistra d’Arno

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BUTTERI M. CAP. 11 - CONCLUSIONI

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L’approccio interdisciplinare, con riferimento all’idrologia, all’idrogeologia classica e all’idrogeochimica, sul quale il presente studio si è basato, ha permesso di ricostruire dapprima le caratteristiche idrostrutturali e piezometriche di un tratto dell’acquifero freatico costiero della Pianura pisana, in destra e in sinistra della foce del Fiume Arno; i riscontri idrogeologici hanno inoltre consentito di meglio definire lo specifico aspetto dei fenomeni di intrusione marina, che si verificano attraverso il cuneo salino e la relativa interfaccia acqua dolce/acqua salata, sia lungo la linea di riva che lungo il tratto terminale dell’Arno.

Le condizioni fisiografiche di un comprensorio di bonifica, presenti in gran parte dell’area di studio, hanno poi suggerito l’esecuzione di un bilancio d’acqua, al fine di una migliore comprensione del funzionamento del sistema acquifero nel suo complesso in termini di ricarica e di valutarne quindi la risposta piezometrica, con i conseguenti fenomeni di contaminazione della falda freatica da parte di acque marine.

Nello specifico sono stati presi in considerazione tre diversi ambiti territoriali corrispondenti a differenti problematiche e alla disponibilità degli opportuni dati per risolverle:

A – Zona in destra d’Arno B – Zona in sinistra d’Arno

C – Zona del porto turistico di Marina di Pisa.

Il lavoro si è svolto in step successivi con i quali sono state ricostruite sezioni idrostratigrafiche, che definiscono la geometria dell’acquifero rappresentato anche per mezzo di un block-diagram, due campagne piezometriche e di rilevamento dei parametri chimico- fisici delle acque (nei periodi Ottobre 06 e Maggio 07, rappresentativi rispettivamente dei periodi di magra e di morbida della falda), nonché analisi chimiche di laboratorio rivolte ad una selezione di 4 punti d’acqua sotterranea, campionati a Ottobre 2006. Gli aspetti affrontati durante la discussione e i principali risultati raggiunti sono così riassumibili:

 Le ricostruzioni litostratigrafiche, che è stato possibile effettuare solo nelle Zone B e C,

hanno permesso di individuare la presenza di un acquifero freatico sviluppato in terreni

sabbiosi e sabbioso-limosi di origine eolica ed alluvionale, dello spessore compreso tra 12

e 14 metri e assimilabile ad un monostrato continuo, al di sotto del quale è presente un

livello continuo di argille-limose e limi-argillosi di origine marina e fluvio-palustre, il

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171 quale svolge un ruolo di substrato impermeabile nei confronti dell’acquifero freatico. Tale acquifero freatico risulta inoltre essere in connessione idraulica con il “1° Acquifero confinato in sabbie” della Pianura pisana.

 L’elaborazione dei livelli piezometrici ha evidenziato, sia per il periodo di magra che per quello di morbida, tre zone di massimo piezometrico, due delle quali allineate e corrispondenti alla zona di massima ricarica lungo il sistema dunare costiero; tali alti idromorfologici non risultano però essere centrati sul sistema dunare stesso, per un effetto combinato della riduzione dell’infiltrazione meteorica e del livellamento dei rilievi dunari prodotto dalla presenza dell’abitato di Marina di Pisa. La terza zona di massimo piezometrico si trova in una ristretta area in sinistra d’Arno in prossimità della foce.

Alle spalle del sistema dunare (nella vasta area della Colmate d’Arnino), sempre in entrambi i periodi di misura, sono state altresì individuate tre zone di minimi piezometrici chiusi sotto il livello medio del mare: le prime due sono ubicate rispettivamente in prossimità della sponda sinistra d’Arno ed in prossimità dell’alveo abbandonato d’Arno, e sono attribuibili a locali emungimenti usati per l’irrigazione di campi coltivati ed orti privati; la terza, situata in prossimità dell’impianto idrovoro di Marina di Pisa, è arealmente più vasta delle precedenti e, anche se i dati piezometrici a disposizione in tale zona sono scarsi, si può ragionevolmente ipotizzare che essa sia controllata dalla rete dei canali di drenaggio che convergono nella vasca dell’idrovora stessa.

Per quanto riguarda il rapporto tra la falda freatica ed il Fiume Arno, si dovrebbe

stabilire preliminarmente se il corpo idrico superficiale e quello sotterraneo siano in

continuità idraulica, ma ciò non è stato possibile per la mancanza degli opportuni dati

stratigrafici. Da un’analisi dei livelli piezometrici, per la Zona A sembrano sussistere

condizioni favorevoli all’alimentazione dal corso d’acqua verso la falda, sia nel periodo di

magra che nel periodo di morbida, mentre per la Zona B tale condizione sussiste solo in

un tratto compreso tra la Fattoria Arno Vecchio e S.Piero. Se confrontiamo i dati

piezometrici con quelli relativi alla conducibilità, sembra che i due corpi idrici non siano

in continuità idraulica a causa delle generalmente basse conducibilità registrate nei punti

d’acqua sotterranea adiacenti al corso del fiume. Se i due corpi idrici fossero in

collegamento idraulico, ci dovremmo aspettare dei valori di conducibilità più elevati nelle

acque sotterranee a causa di un’alimentazione della falda da parte del cuneo salino che

risale attraverso il corso del Fiume Arno, condizione verificata solo per un breve tatto

nella Zona C. Si deve comunque considerare che in tutto il tratto a valle di Pisa il fiume

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172 scorre in un alveo artificiale, probabilmente almeno in parte scavato su depositi limo- argillosi semipermeabili o impermeabili, e che i collegamenti con il corpo principale delle sabbie acquifere restano difficilmente definibili.

 L’elaborazione dei dati conducimetrici ha riscontrato comunque una buona convergenza (anche se non generalizzata per quanto sopra esposto) con i dati piezometrici e chimico- fisici.

Nella zona degli alti piezometrici centrati sul sistema dunare si rileva una bassa salinità della falda (valori compresi tra 1550 µS/cm e 350 µS/cm) e, date le condizioni idrostrutturali dell’acquifero freatico, si può ritenere, almeno in corrispondenza delle massime quote idromorfologiche, che essi costituiscano una sufficiente barriera idraulica contro l’intrusione marina; si deve comunque tener conto della discontinuità spaziale e della variabilità nel tempo di tale alto piezometrico e quindi del relativo effetto-barriera.

Viceversa, nella depressione piezometrica chiusa sotto il livello medio del mare in prossimità dell’alveo abbandonato dell’Arno, si misurano conducibilità elevate (valori compresi tra 3280 µS/cm e 8090 µS/cm), anche se i più accentuati fenomeni di intrusione marina sono invece originati dal cuneo salino dell’Arno e si propagano lungo un canale della rete di drenaggio posto a nord-ovest dell’impianto idrovoro (valori compresi tra 11000 µS/cm e 7370 µS/cm), esso stesso probabilmente responsabile del breve tratto del Fiume Arno che alimenta la falda (favorevole rapporto fiume/falda).

L’analisi chimica dei 4 campioni di acqua sotterranea ha evidenziato la presenza di acqua di mare a circa 14 m di profondità nella Zona C (per l’unico campione prelevato a tale profondità), in accordo con le sezioni conducimetriche eseguite per quella zona. Gli altri 3 campioni (prelevati superficialmente) non evidenziano mescolamento tra acque dolci ed acque di mare, ma se consideriamo il parametro SAR (Sodium Absorption Ratio) utilizzato per valutare gli effetti dovuti alla presenza di sodio nelle acque irrigue, che ne pregiudica la qualità nell’ambito di tale utilizzo, essi si collocano in una basso pericolosità di alcalinizzazione ed un alta pericolosità di accumulo salino nel suolo.

 L’idrovora di Marina di Pisa permette il sollevamento delle acque dalla rete di canali di acque basse e l’allontanamento delle stesse verso il mare attraverso il canale di acque alte (Mandracchio). Questo meccanismo determina, insieme ad un abbassamento del livello idrometrico, anche quello del livello di base della falda freatica e, conseguentemente, un maggior drenaggio della falda stessa verso i canali.

Dal bilancio idrogeologico del bacino di drenaggio dell’Idrovora di Marina di Pisa risulta

che essa, per quanto empiricamente gestita, assicuri un buon equilibrio tra ricarica e

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173 discarica della falda freatica e quindi un livello di base compatibile con la sua funzione di bonifica e senza innescare marcati fenomeni di intrusione salina.

In conclusione, per la salvaguardia quali-quantitativa della risorsa idrica di tale acquifero freatico costiero da possibili danni dovuti all’evoluzione del fenomeno dell’intrusione marina, è di primaria importanza preservare le zone di alto piezometrico allineate sul sistema dunare, in modo che esse possano operare da barriera idraulica contro l’intrusione marina stessa;

contemporaneamente, una corretta gestione dell’impianto idrovoro proteggerà le aree coltivate, sia dal rischio di allagamento che dal rischio di inquinamento dovuto alla risalita dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata; in questo senso sarebbe opportuno installare nel condotto di uscita dell’idrovora un flussimetro che misuri la portata emunta annualmente da tale impianto in modo da rendere più preciso e verificabile il bilancio idrogeologico del suo bacino di drenaggio.

Sulla base dei risultati conseguiti in questo lavoro sembra comunque opportuno un ulteriore approfondimento da articolare nelle seguenti fasi:

- Approfondire lo studio idro-stratigrafico nella Zona A e nella Zona B, attraverso prove penetrometriche e stendimenti geoelettrici, vista la penuria di dati attualmente disponibili;

- Infittire la rete dei punti di misurazione del livello piezometrico nella Zona B, soprattutto tramite la realizzazione di piezometri di controllo, che permettano il campionamento di acqua sotterranea a varie profondità in modo da rendere possibile la ricostruzione di profili conducimetrici anche per quest’area.

- Effettuare misurazioni in continuo della superficie piezometrica e della conducibilità mediante freatimetri registratori e conducimetri registratori. In particolare, esaminare le correlazioni idrodinamiche tra la falda freatica ed il Fiume Arno, attraverso anche una migliore definizione dei rispettivi livelli piezometrici e idrometrici.

- Approfondire le conoscenze idrochimiche delle acque di falda attraverso analisi ripetute con

maggiore densità di campionamento; in particolare avere la possibilità di analizzare acque di

falda profonde con il loro corrispettivo di superficie. Verificare, attraverso metodi di analisi

isotopica, la presunta esistenza di collegamenti idraulici tra l’Arno e la falda freatica.

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