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Un grazie speciale a tutti i miei professori, in particolare a Marco Giannini che mi ha accompagnato anche in questo lavoro conclusivo, per la disponibilità e la cortesia dimostratemi.

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Academic year: 2021

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1 RINGRAZIAMENTI

Prima di tutti voglio ringraziare la mia famiglia che, sostenendomi sempre, mi ha permesso di intraprendere la carriera universitaria e di raggiungere così questo importante traguardo.

Grazie a Matteo che in questi anni mi è sempre stato vicino, non facendomi mai mancare il suo appoggio.

Un grazie speciale a tutti i miei professori, in particolare a Marco Giannini che mi ha accompagnato anche in questo lavoro conclusivo, per la disponibilità e la cortesia dimostratemi.

Desidero poi ringraziare tutte le persone di Intersonda per avermi concesso di iniziare, proprio in occasione della stesura di questa mia tesi di laurea, un percorso lavorativo stimolante che, giorno dopo giorno, mi sta facendo crescere professionalmente e umanamente.

Come non ringraziare i miei amici: Alessandro, Andrea, Claudia, Ilaria, Ilenia, Samantha e Serena… i migliori compagni di viaggio che potessi desiderare per questa

“avventura pisana”.

Infine grazie a Giada ed Irene, le amiche di una vita: grazie per i sorrisi, gli abbracci, le

emozioni ma, soprattutto, grazie per avermi ogni tanto distratto dallo studio!

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2

(3)

3 INTRODUZIONE

La qualità è un concetto dinamico che ha sviluppato un’evoluzione nel tempo, in linea con il mutare del mercato e delle esigenze dei clienti.

J. M. Juran ha definito la qualità come un concetto senza tempo: “quality is a timeless concept, so the origins of the human approach to managing for quality are hidden in the mists of the ancient past”

[1]

.

Si tratta di un tema dibattuto negli anni che si rinnova continuamente in seguito all’evoluzione delle modalità di organizzazione e svolgimento dell’attività economica.

Se proviamo a dare una risposta al perché sia nato l’orientamento alla qualità i fattori che dovranno essere presi in considerazione saranno sicuramente molteplici, per citarne qualcuni: l’aumento del numero di scambi a livello internazionale, la globalizzazione, l’esistenza di pochi mercati di grandi dimensioni, la soddisfazione dei bisogni primari nei paesi industrializzati, ecc.

Le aziende che ad oggi riusciranno a vincere sul mercato, che si è reso sempre più competitivo, saranno quelle che hanno: la miglior localizzazione e capacità valutativa, ottime tecniche di reclutamento in grado di attrarre e trattenere le persone più talentuose, buona capacità innovativa, ma soprattutto, quelle che riusciranno a soddisfare in pieno e al meglio le esigenze della propria clientela facendo della qualità in azienda il proprio punto di forza.

Che cos’è quindi la qualità?

Una caratteristica di pochi o un’opportunità da cogliere per tutti?

“Ci si può spingere fino alla estrema raffinatezza della Rolls Royce che afferma:

“quality is an attitude of mind” (la qualità è un atteggiamento mentale).

Questa definizione, senz’altro suggestiva, sintetizza efficacemente l’idea che la qualità (totale) è ormai diventata sinonimo di una filosofia e prassi gestionale ispirata a criteri di miglioramento continuo, di responsabilizzazione e coinvolgimento di tutta la struttura organizzativa e non solo di omogenea applicazione di metodologie sia tecniche che manageriali”

[2]

.

Questa che stiamo vivendo è l’era della qualità, dove i consumatori/utilizzatori finali sono sempre più difficili da conquistare e fidelizzare in quanto sempre più attenti agli attributi tecnico-qualitativi dei prodotti/servizi, e dove la qualità, appunto, è divenuta

1

J.M. Juran, A History of Managing for quality, pag. 603, 1995.

2

Giorgio Pala, “La qualità. Perché, per chi e come farla”, FrancoAngeli Editore (1994), pag. 22.

(4)

4

fattore propulsivo deciso per il miglioramento continuo delle organizzazioni: un vero e proprio indicatore del loro stato di salute.

L’obiettivo alla base del presente lavoro è quello di indagare il reale significato della qualità in azienda, i presupposti da cui questa ha origine e le sue linee di sviluppo future, in particolare per quanto attiene l’applicazione della stessa ai sistemi di gestione aziendale, in linea con quanto disposto dalla norma internazionale UNI EN ISO 9001:2008.

Per approfondire al meglio queste tematiche viene analizzata la società Intersonda S.r.l.,

focalizzando particolarmente l’attenzione sul suo sistema di gestione e il suo livello di

adeguamento alla normativa di riferimento.

(5)

5

CAPITOLO UNO

L’EVOLUZIONE STORICA DEL CONCETTO “QUALITÀ”

[3]

In un periodo come quello attuale caratterizzato da una forte attenzione agli aspetti qualitativi del prodotti/servizi risulta quanto mai necessario cercare di ripercorrere l’evoluzione temporale che ha caratterizzato questa tematica.

Lo sviluppo delle argomentazioni legate alla qualità ha comportato infatti, negli anni, un analogo sviluppo dei modelli organizzativi aziendali, i quali si sono fatti sempre più complessi.

Partendo dal grafico riportato in Figura 1 ripercorriamo le principali tappe evolutive che hanno segnato il percorso di sviluppo della qualità, al fine di comprendere al meglio il susseguirsi dei cambiamenti avvenuti: dalle prime alle ultime tappe si svelerà gradualmente una radicale e interessante trasformazione.

Figura 1 - Evoluzione delle metodologie per il perseguimento della qualità

[4]

3

Fonti capitolo: Miolo Vitali P., (a cura di), "CORSO DI ECONOMIA AZIENDALE – Decisioni, processi decisionali e misurazioni", Vol. II., Giappichelli, Torino, 2000, pag. da 125 a 136;

https://elearning.ec.unipi.it/claroline/document/document.php?cidReset=true&cidReq=SECSP13

e Giorgio Pala, “La qualità. Perché, per chi e come farla”, FrancoAngeli Editore (1994), cap. 3.

4

Dalla figura si nota subito un aspetto interessante, cioè: i soggetti dedicati al controllo qualità in ciascun

periodo storico non si sostituiscono a quelli già presenti nella fase precedente, bensì si sommano ad essi.

(6)

6

Fonte: Miolo Vitali P., (a cura di), "CORSO DI ECONOMIA AZIENDALE – Decisioni, processi decisionali e misurazioni", Vol. II., Giappichelli, Torino, 2000 (pag. 127)

1.1. Modello artigianale

La qualità appare per la prima volta in maniera importante e compiuta con questo specifico modello, nel quale l’esecutore è, contemporaneamente, produttore e controllore del proprio operato.

Siamo all’inizio del XX secolo e si descrive un processo produttivo nel quale si realizza un contatto diretto tra chi produce (artigiano) e il consumatore finale, il primo recepisce dal secondo le specifiche esigenze di quest’ultimo: è proprio qui che nasce il primo approccio alla qualità.

Questo modello, per le sue caratteristiche intrinseche, può essere applicato solamente a contesti cosiddetti preindustriali e, cioè, contesti caratterizzati da:

• bassi volumi di produzione su nicchie o segmenti di mercato realizzati in funzione della specifica domanda (non si ha come obiettivo quello di aumentare il volume di produzione in quanto la capacità produttiva è già satura);

• tecnologie semplici;

team di lavoro ristretti e coordinati direttamente dall’artigiano;

• manodopera altamente qualificata.

Il Controllo Qualità (CQ) in questa fase è realizzato direttamente dall’artigiano sul prodotto realizzato.

Sarà, infatti, lui stesso a verificare la presenza delle caratteristiche richieste dal consumatore, anche se la sua capacità di riscontro sarà inevitabilmente legata al “saper fare” il prodotto: questo se fatto a mano difficilmente sarà ripetibile, da qui l’assenza di standardizzazione e l’impossibilità di creare degli standard qualitativi di riferimento e misurabili.

Risulta per questo evidente come in questo modello semplificato la qualità potenzialmente molto elevata non può essere garantita nel tempo.

Inoltre sorge un’altra criticità che non è possibile ignorare relativa al caso in cui il bene

realizzato debba essere collaudato: in questo caso, infatti, quest’ultima operazione sarà

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7

svolta del cliente stesso (alcune caratteristiche sono rilevabili soltanto con l'uso), con un ritorno d’immagine estremamente negativo nell’ipotesi in cui questo vada male.

La conseguenza più ovvia è che esiste la possibilità di consegnare prodotti non affidabili.

Ma cosa significa prodotto affidabile?

Un prodotto affidabile è un prodotto di qualità?

E’ proprio qui che inizia la distinzione tra qualità di sistema e di prodotto.

Quando si afferma che un prodotto è affidabile significa che dietro c’è qualità di sistema, questa permette di prevenire la formazione dello scarto ossia di un prodotto non conforme; la qualità di prodotto, invece, fa riferimento a fattori quali, ad esempio, materiali o componenti, ossia tutto ciò che compone il prodotto stesso e che è di uno standard superiore rispetto alla media.

Nel modello artigiano da una parte si ha la possibilità di garantire un’ottima qualità di prodotto (questo dipenderà dalla bravura dell’artigiano e dal materiale che deciderà di assemblare), dall’altra parte una scarsa possibilità di gestire la qualità di sistema poiché non ci sono processi standardizzati e parametri di riferimento oggettivamente misurabili.

Il CQ è, come si diceva, ex-post quindi la possibilità di perdita è doppia: una diretta perché se il prodotto non va bene dovrà essere rifatto, l’altra è una perdita d’immagine che si avrà nel caso in cui la non conformità venga rilevata dall’utilizzatore.

1.2. Produzione di massa

La bottega del maestro artigiano perde progressivamente d’importanza a favore delle fabbriche all'interno delle quali si radica un sistema di lavoro del tutto nuovo: la produzione di massa.

Con l’avvento della rivoluzione industriale e un mercato caratterizzato da una domanda molto maggiore dell’offerta, infatti l’obbiettivo diviene quello di produrre il più possibile al minor costo sfruttando, da un lato, le economie di scala

[5]

e, dall’altro, realizzando la standardizzazione dei processi

[6]

.

5

Le economie di scala rappresentano “i vantaggi di costo di cui si beneficia rispetto alla concorrenza per operare ad un livello dimensionale superiore”.

Non vanno confuse con i benefici economici che si hanno a seguito dell’utilizzo della capacità produttiva

disponibile, ossia con le economie di volume: quest’ultime “dipendono dalla minore incidenza a livello

(8)

8

L’innovazione tecnologica rappresenta qui un elemento fondamentale: nuove tecnologie appunto e possibilità di ottenere grandi quantità di energia a basso costo.

Il CQ viene fatto nei punti più critici (la scelta di questi è condizionata dai costi e dalle esigenze produttive) e sul prodotto finito, comunque sempre con una logica ex-post (i controlli vengono eseguiti al termine del processo produttivo applicando la logica del

“passa/non passa”).

In questa fase il CQ viene impiegato, di fatto, per stabilire l’affidabilità o meno del prodotto.

Manca ancora la correzione dei difetti all’origine: il controllo viene effettuato sul prodotto e non sul processo.

Gli anni ’30, ancora caratterizzati da una domanda superiore all’offerta, rivelano un’ulteriore ricerca dell’aumento dei volumi di produzione.

Considerando quest’ultimo fattore, unitamente all’aumento della complessità dei prodotti stessi, si rende allora necessario l’incremento dei controlli (sia intermedi che finali) e l’introduzione di metodi statistici: i cosiddetti controlli a campione.

Lo step in più che si ha in questo modello rispetto a quello artigiano è relativo all’adozione di concetti quali quello di standardizzazione, di misurabilità e controllo statistico appunto.

Evidente punto di debolezza è la deresponsabilizzazione della produzione.

unitario dei costi fissi” (costi che non variano al variare del fattore rispetto al quale il comportamento è studiato, quindi rispetto al cost driver) “a seguito dell’aumento del volume di produzione.

Le economie di scala rappresentano, invece, i minori costi di cui si beneficia passando a sistemi aventi una capacità totale superiore, dato un certo livello di … volume di produzione realizzata”.

Dove Cmd è il Costo medio.

“All’origine di economie di scala vi possono essere anche una maggiore produttività degli input per effetto della specializzazione degli impianti e del personale, … o la possibilità di ridurre i costi di alcuni input grazie a maggiori volumi di acquisto operando ad una scala superiore.

… Tuttavia oltre certi limiti … si presentano … diseconomie di scala, ossia aumenti di costi dovuti allo svolgimento delle attività ad un livello di output eccessivo”.

Fonte: Miolo Vitali P., (a cura di), "CORSO DI ECONOMIA AZIENDALE – Decisioni, processi decisionali e misurazioni", Vol. II, Giappichelli, Torino, 2000, pag. 121-122.

6

Vedi Ford e aziende strutturate secondo il modello di quest’ultima.

Henry Ford nel 1909 dichiarò che in futuro avrebbe prodotto un solo tipo di automobile, il modello T, con

un unico tipo di telaio “e che il cliente avrebbe potuto scegliere il colore che voleva, purché fosse nero”.

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9

Gli operai devono infatti limitarsi a svolgere in maniera ripetitiva e costante qualsiasi operazione attraverso una esasperata applicazione dei principi del taylorismo, conseguentemente si perde di vista la prospettiva del prodotto nella sua globalità.

La qualità viene quasi interpretata come una sorta di “problema” di chi compra, piuttosto che di chi vende: non si cerca di porsi nell’ottica del cliente per capirne le esigenze, ed è proprio questa mancanza di contatto diretto tra produttore ed utilizzatore che rende molto difficile generare un feed-back tra idoneità d’uso e specifiche.

1.3. La II Guerra Mondiale e gli anni immediatamente successivi

Rispetto alla fase precedente questa si caratterizza, dal punto di vista storico, per lo scoppio dei conflitti bellici che coinvolsero il mondo intero e che influenzarono tra gli altri innumerevoli aspetti anche l’evoluzione del concetto “qualità”.

Considerando gli anni ’35-’40 il modello industriale di riferimento a livello mondiale non poteva che essere quello statunitense.

In questo periodo la produzione è inevitabilmente orientata verso beni ad uso bellico e il CQ ha come obiettivo quello di garantire due fondamentali caratteristiche:

1. l’affidabilità del bene nell’adempiere le funzioni per il quale lo stesso è stato creato (caratteristica imposta al fine di garantire la sicurezza e la protezione dell’utilizzatore);

2. e la sua manutenibilità, ossia la facilità e la tempestività col quale su di esso possono essere effettuate riparazioni ed azioni di manutenzione.

La garanzia di queste due caratteristiche viene qui affidata ad una figura specifica quale è quella del progettista, il quale ha appunto il compito di assicurare la presenza di tali requisiti.

Nel frattempo sul mercato si registra, per la prima volta, una condizione di sostanziale equilibrio tra domanda ed offerta.

Proprio quest’ultima situazione darà un nuovo impulso nell’evoluzione del concetto

“qualità”.

Il periodo della ricostruzione, successivo alla II Guerra Mondiale, vede nel Giappone

(uscitone sconfitto) il nascere di un modello ancora diverso rispetto a quelli registrati

fino a quel momento.

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A cavallo tra fine anni ’40 ed inizio anni ’50 si registra un notevole flusso di tecnici ed esperti di management che dall’America si muovono verso il Giappone assumendo il ruolo di consulenti (si offrono per assistere le industrie locali a migliorare i loro metodi di produzione).

Il paese nipponico, però, si rende ben presto conto che, date le sue caratteristiche morfologiche (legate alle dimensioni e alla disponibilità di materie prime), non avrebbe potuto prendere a riferimento il modello statunitense.

La necessità è quella di rilanciare l’economia nel modo più veloce possibile.

Dovevano aggiungere qualcosa ai loro prodotti, e hanno scelto di aggiungere qualità in termini di funzionalità.

L’approccio globale alla qualità è reso possibile da una struttura organizzativa riconosciuta e documentata in un sistema integrato conforme a procedure gestionali e tecniche, predisposta per guidare persone, macchine e informazioni nel modo migliore e più pratico al fine della soddisfazione del cliente al minor costo possibile per l’azienda.

Il passo successivo che si realizza in questa fase è il passaggio dal CQ alla qualità di processo (sistema).

Evoluzione resasi necessaria in quanto l’offerta inizia in questi anni ad essere superiore alla domanda e, proprio in conseguenza di questo, il cliente (potendo effettuare delle scelte) diviene sempre più esigente e sempre meno tollerante nell’utilizzare dei prodotti/servizi da lui ritenuti scadenti.

Il prodotto deve rispondere alle specifiche date dal progettista in funzione dell’analisi dei bisogni dei consumatori.

La novità consiste nell’introduzione delle procedure, ossia le istruzioni da seguire per realizzare le azioni: ognuna di queste viene codificata in modo scritto per ottenere, una volta posta in essere, determinate specifiche di prodotto.

I controlli vengono fatti sui processi per analizzare se l’output di una data azione è conforme a quanto programmato.

Ci si muove così nella direzione della Qualità Totale coinvolgendo sempre più figure nell’ottenimento del livello qualitativo prefissato.

All’interno di questo modello si sviluppano quindi due approcci:

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quello GIAPPONESE espressione del Company Wide Quality Control (CWQC)

[7]

, proseguito successivamente con il Total Quality Control (TQC)

[8]

, questo approccio presentava però un punto debole che era quello di considerare le funzioni aziendali tra loro separate e non integrate a sistema.

Esso rappresenta comunque il punto di partenza dal quale si è partiti per arrivare poi alla definizione della norma ISO 9001.

Feigenbaum definì la qualità come “l’insieme delle caratteristiche di marketing, progettazione, produzione e assistenza attraverso le quali un prodotto o un servizio soddisfa le aspettative del consumatore”, inoltre osservò che la qualità dei prodotti e dei servizi è direttamente influenzata da quelle che lui definì “the 9 Ms”, ossia:

o Market attiene a tutta la parte relativa alla soddisfazione del cliente;

o Money quindi efficienza;

o Management l’orientamento alla qualità deve partire dal vertice aziendale;

o Men and women l’orientamento alla qualità deve essere condiviso da tutti gli uomini all’interno dell’azienda;

o Motivation bisogna motivare alla cultura della qualità;

o Materials per avere un output conforme alle richieste si deve realizzare un’adeguata selezione dei fornitori;

o Machines and Mechianization macchine e tecnologia devono essere adeguate;

o Modern information methods ossia metodi d’informazione moderni a supporto e coordinamento delle diverse azioni in modo da integrarle a sistema (sistemi informativi);

7

Ideatore del sistema Company Wide Quality Control è Ishikawa.

Alcune caratteristiche del CWQC: tassi di difettosità molto ridotti per l’enfasi posta sulle attività di prevenzione, per l’utilizzo accurato di strumenti tecnici ed organizzativi, per la capacità di governare i processi, per la continua ricerca del miglioramento; maggiore attenzione rivolta alle attese dei clienti attuali e potenziali e maggiore capacità di trasformazione delle stesse in prodotti capaci di soddisfarle.

Per un’analisi più approfondita consultare: Ishikawa k. (1992), Che cos’è la qualità totale, Il sole 24 ore, Milano.

8

Ideatore del sistema Total Quality Control è Feigenbaum.

Tra i principi cardine del TQC troviamo: la necessità di valutare come prima cosa le esigenze dei consumatori; la prevenzione dei difetti e dei reclami; la formazione a tutti i livelli dell’organizzazione; la focalizzazione sulla soddisfazione del cliente; la creazione di relazioni collaborative con i fornitori che generino la possibilità per entrambi le parti di accrescere la capacità di creare valore per il cliente e l’impresa; l’integrazione di tutte le funzioni aziendali in una visione sistemica.

Si tratta quindi di un approccio complesso che richiede il pieno sostegno del vertice aziendale.

Per un’analisi più approfondita consultare: Feigenbaum A.V. (1983), Total Quality Control, (3rd edition),

McGraw-Hill, New York.

(12)

12

o Mounting product requirements principio che afferma che i consumatori sono volubili e quindi le esigenze da soddisfare cambiano spesso.

Tutti questi fattori definiscono la necessità di gestire la qualità in azienda;

– quello OCCIDENTALE: l’approccio che si sviluppa in occidente a partire dal CWQC giapponese differisce, però, da quest’ultimo in conseguenza delle differenze culturali esistenti tra i due paesi.

Qui viene fatta molta più leva sugli aspetti tecnico-ingegneristici per migliorare progettazione e implementazione del sistema di trasformazione e, l’attenzione, è volta in particolare alla tenuta sotto controllo della percentuale dei difetti attraverso l’analisi di specifici indicatori tecnici da monitorare.

Una delle prime attività attraverso le quali le aziende occidentali hanno preso consapevolezza del CWQC giapponese è rappresentata dai circoli della qualità, nati appunto in Giappone.

Pala li definisce come “piccoli gruppi che svolgono volontariamente attività di controllo di qualità in un’unità organizzativa per realizzare la partecipazione del personale operativo alle attività di miglioramento”

[9]

.

1.4. Quality assurance – USA Anni ‘60

Questo modello nasce e si sviluppa nel settore aerospaziale e militare con il fine di garantire al cliente un prodotto con determinate caratteristiche (in particolare di sicurezza) e di ottenere l’evidenza documentata della qualità raggiunta.

Non si può ancora parlare di qualità totale, tuttavia, data la complessità produttiva dei settori in esame, i controlli non possono più essere fatti solo sul prodotto finito o in alcune fasi del processo: si rende necessario controllare la qualità della progettazione, si introduce un’otica di sistema dove il focus si sposta dal prodotto al processo e tutte le funzioni aziendali vengono considerate integrate.

Si controlla quindi il prodotto ma anche il processo, il quale attraverso una serie di azioni pianificate e sistematiche

[10]

deve consentire di ottenere il prodotto richiesto dal cliente con date caratteristiche (funzionali, tecniche, di prestazione).

9

Giorgio Pala, “La qualità. Perché, per chi e come farla”, FrancoAngeli Editore (1994), pag. 50.

Su questo argomento vedi anche: Giovanni Mattana, “Qualità, affidabilità, certificazione. Strategie,

tecniche ed opportunità per il miglioramento dei prodotti e dell’impresa”, FrancoAngeli Editore, pag. 46-

47.

(13)

13

L’assurance è, infatti, quella metodologia che prevede la progettazione/pianificazione di una serie di azioni che vengono messe a sistema e riescono a fornire, con un adeguato grado di confidenza, un prodotto che soddisfi le richieste del consumatore

[11]

.

Per la prima volta viene riconosciuto che la qualità è il risultato di sforzi congiunti di tutte le funzioni.

Ulteriore elemento caratterizzante di questo modello è la sensibilizzazione del personale: è importante che tutti, ad ogni livello dell’organizzazione, pensino bene alle azioni poste in essere perché il corretto svolgimento dei compiti assegnati è alla base dell’ottenimento di un prodotto di qualità.

Limite che si evidenzia in questo modello è che il sistema di produzione è valutato in base all’output e non in base a come è stato progettato (il fatto di avere un prodotto conforme non garantisce che il processo sia stato implementato correttamente, potrebbe trattarsi di un caso fortuito).

1.5. Il Total Quality Management (TQM)

Questa fase storica risulta caratterizzata da una sorta di convergenza dei sistemi economici nella direzione di un unico modello di qualità.

Gli anni successivi, infatti, sono caratterizzati da un lato dalla figura del Giappone, il quale adotta in pieno, e da tempo, le metodologie della qualità totale raggiungendo in tal modo posizioni di supremazia sui differenti mercati, dall’altro lato il mondo occidentale che comincia ora a comprendere il reale significato della qualità totale.

La filosofia di direzione aziendale che gradualmente si sta diffondendo nel mondo occidentale è il Total Quality Management (TQM).

Una precisa definizione di questo orientamento può essere rintracciata nella UNI EN ISO 8402:1995.

In essa si descrive il TQM come il “modo di governo di un’organizzazione incentrato sulla qualità, basato sulla partecipazione di tutti i suoi membri, che mira al successo a

10

Rimanda al concetto di olistico: è qualcosa di più della somma delle singole parti, la loro unione consente di creare valore.

11

La norma UNI EN ISO 9000:2005 definisce l’assicurazione della qualità come “parte della gestione per la qualità mirata a dare fiducia che i requisiti per la qualità saranno soddisfatti”.

Dove per gestione per la qualità si intende “attività coordinate per guidare e tenere sotto controllo un’organizzazione con riferimento alla qualità”.

La stessa norma aggiunge nelle note che “i requisiti possono riguardare aspetti quali l’efficacia,

l’efficienza o la rintracciabilità”.

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14

lungo termine attraverso la soddisfazione del cliente e comporta benefici per tutti i membri dell’organizzazione e della collettività”.

Da questa definizione è possibile trarre alcune considerazioni che ci permettono di comprendere meglio il carattere innovativo di questa metodologia.

Innanzitutto l’obiettivo dell’organizzazione non può essere la semplice soddisfazione del cliente ma, bensì, quella di tutti gli stakeholders aziendali.

Per far ciò primo punto importante che si richiede all’impresa è l’impegno costante e convinto della Direzione, la quale dovrà coinvolgere tutti i livelli dell’organizzazione e farli muovere nella medesima direzione.

In questo contesto diviene indispensabile la figura del leader aziendale, il quale deve saper interfacciarsi con ciascun dipendente diffondendo spirito di squadra e senso di appartenenza ad un gruppo, dividendo compiti e responsabilità in modo da esaltare potenzialità ed abilità di ciascuno.

Altro elemento caratterizzante conseguenza dell’adozione di un modello gestionale ispirato al TQM è la customer satisfaction, ossia la necessità di porre in primo piano la piena soddisfazione delle esigenze/aspettative del singolo cliente.

Un passo avanti importante rispetto all’idoneità d’uso indicata dal marketing che, fino ad allora, veniva realizzata a partire da un cliente “medio”, i cui bisogni differivano e creavano quindi uno scostamento (seppur anche minimo) rispetto a quelli del cliente reale

[12]

.

Infine, ulteriore elemento caratterizzante è la gestione dei processi nell’ottica del miglioramento continuo volta ad incrementarne efficienza ed efficacia.

Per far ciò l’azienda individuerà opportuni indicatori, che terrà costantemente monitorati, volti a verificare l’andamento delle performance aziendali e il raggiungimento degli obiettivi (quantificabili e misurabili) prefissati, potendo così intervenire se necessario.

Strumento utile a tal fine è il Ciclo di Deming

[13]

, il quale applicala la logica del Plan- Do-Check-Act, ovvero:

12

Su questa parte consultare: Giovanni Mattana, “Un quadro di riferimento per la qualità totale”, tratto da l’Impresa, n. 2 (1991).

13

Vedi per approfondimenti PDCA – Il Ciclo di Deming”,

http://qualitiamo.com/articoli/PDCA%20Il%20ciclo%20di%20Deming.html

e Giorgio Pala, “La qualità.

Perché, per chi e come farla”, FrancoAngeli Editore (1994), punto 3 pag. 143.

(15)

15

Plan (pianificazione) vengono definite le specifiche (caratteristiche intrinseche e tecnico-funzionali) e gli intervalli di tolleranza per capire se il prodotto può o meno essere accettato;

Do (fare) eseguire la produzione seguendo punto per punto quelle che sono le decisioni prestabilite;

Check (controllare) è il momento della verifica/misurazione, il controllo dovrebbe essere fatto su base quotidiana mentre una volta al mese si farà una vera e propria revisione del lavoro svolto per vedere se stiamo procedendo nella giusta direzione.

Nella fase di controllo: verranno misurati gli output del processo oggetto d’esame e saranno confrontati con quelli ipotizzati nella fase di Plan, dando una prima valutazione delle performance, nello specifico:

o se la fase di Check dà un esito negativo è necessario porre in essere un’azione di tipo correttivo (che non si limiti naturalmente ad una sorta d’intervento riparatorio sul singolo episodio ma, bensì, che diventi anche prevenzione per il futuro);

o se la fase di Check dà invece un esito positivo è importante attivare un ciclo di mantenimento per consolidare i risultati ottenuti, ma non solo: è altrettanto fondamentale innescare azioni di miglioramento che permettano di sviluppare idee che consentano di incrementare ulteriormente le prestazioni attuali (da qui ripartirà un nuovo ciclo PDCA);

Act (agire/aggiustare) accettazione o scarto del prodotto secondo una logica

statica.

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CAPITOLO DUE

GLI ASPETTI FONDANTI DEL CONCETTO “QUALITÀ”

Quanto è stato analizzato in precedenza costituisce l’evoluzione storica che il concetto

“qualità” ha subito.

Quello che invece andremo a fare in questo capitolo è sviscerare questa nozione al fine di analizzarne tutti gli aspetti fondanti e comprendere così cosa si intenda realmente ad oggi quando si parla di qualità.

Per arrivare a questo procederemo esaminando, ad uno ad uno, i seguenti aspetti:

le differenti interpretazioni che possono essere date al concetto “qualità”, discutendo in particolare le definizioni offerte dalla normativa internazionale;

gli attori che operano nel contesto oggetto di analisi;

gli standards ad oggi validi come riferimento per la qualità;

un’analisi dettagliata e specifica della norma UNI EN ISO 9001:2008, la quale rappresenta il fulcro attorno al quale questo intero lavoro si sviluppa;

infine, non certo per importanza, i costi della qualità, i quali anzi rappresentano un’importante voce di bilancio per tutte quelle aziende che decidono di intraprendere la strada della certificazione.

2.1. Le diverse forme assunte dalla qualità La molteplicità dei punti di vista che possono esistere determinano una pluralità d’interpretazioni nell’analisi del concetto di qualità, avremo così la qualità: progettata, offerta, attesa e percepita.

Vediamole più nel dettaglio:

la qualità progettata è il risultato di tutta una serie di studi, ricerche e approfondimenti che vengono effettuati per riuscire a realizzare un prodotto con determinate caratteristiche (ad esempio in termini di consumo, rumorosità, prestazioni);

la qualità offerta/erogata è il risultato di tutte le operazioni volte all’ottenimento

del prodotto, una sorta di risultato finale che si misura attraverso ciò che

l’azienda immette sul mercato;

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17

la qualità attesa rappresenta ciò che il cliente si attende in relazione ad un determinato prodotto al fine di soddisfare i suoi bisogni (impliciti, espliciti e latenti), questa è strettamente legata alla destinazione d’uso del bene.

E’ chiaro che le funzioni d’uso delineano un concetto dinamico (come poi lo è la qualità), perché quello che ad oggi viene considerato di base non lo era vent’anni fa (si pensi, ad esempio, al climatizzatore sull’automobile).

Se solo il consumatore ha il dubbio che certe funzioni base non vengono assolte difficilmente orienterà il suo acquisto verso quella categoria di prodotti.

Per concludere, quindi, la qualità attesa non è altro che ciò che il consumatore si attende in relazione alle caratteristiche d’uso del bene, dato un pacchetto di caratteristiche ritenute imprescindibili;

infine, la qualità percepita, è un insieme di connotazioni e di elementi che il consumatore ritiene importanti tanto da far crescere il livello qualitativo del prodotto oggetto d’interesse in relazione, non più alla funzione d’uso, bensì ai suoi bisogni.

Quest’ultimi costituiscono un elemento più complicato da determinare perché non restano omogenei passando da un soggetto all’altro.

La percezione è ancorata al singolo individuo e si forma in relazione al suo status sociale, al suo livello di reddito, al gruppo familiare di appartenenza, alle abitudini ecc.

La qualità percepita può formarsi sia prima che dopo l’acquisto, ne consegue che essa non è condizionata dall’uso del bene: potremo decidere di procedere all’acquisto semplicemente perché abbiamo sentito pareri positivi su di un dato bene, quindi sulla base di una percezione formatasi anteriormente all’uso.

La qualità percepita è quella che, senza ombra di dubbio, determina il successo o

il fallimento dell’azienda, in quanto determina la vendibilità di quanto offerto sul

mercato.

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Figura 2 - Rappresentazione grafica quattro qualità e relativi gap

Fonte:

http://www.qualitiamo.com/presentazioni/Il_modello_delle_4_qualita_e_dei_4_gap.pdf

Come riportato in figura 2 si può notare che tra le quattro definizioni di qualità esistono dei gap che le fanno, appunto, differire l’una dall’altra.

In particolare:

il gap di soddisfazione si ottiene dallo scostamento fra qualità percepita e qualità attesa, ed è rilevato al momento dell’Audit di Customer Satisfaction;

il gap di rilevazione dei bisogni e delle aspettative e di identificazione dei requisiti dei clienti che è dato dallo scostamento fra qualità progettata e qualità attesa e rilevato come mancata rispondenza delle offerte ai requisiti e alle aspettative (ricerche di Customer Satisfaction);

il gap di non conformità evidenziato dallo scostamento fra qualità erogata e qualità progettata, rilevato dai controlli di produzione;

infine il gap di comunicazione dato dallo scostamento fra qualità erogata e qualità percepita e rilevato dall’analisi della customer communication.

Il verificarsi di questi allontanamenti tra i quattro livelli della qualità fa ricadere nella condizione di errore in termini qualitativi che tecnicamente prende il nome di non conformità.

L’azienda deve condurre analisi accurate che le evitino di arrivare alla produzione di

quest’ultime e le permettano di continuare ad operare in modo profittevole sul mercato.

(19)

19

Prendiamo in considerazione una matrice di portafoglio

[14]

come quella di seguito riportata in figura 3, dove le variabili messe a confronto sono “prezzo” e “qualità percepita”.

Figura 3 - Matrice portafoglio prodotti

D C

A B

B P re zz o A

B Qualità percepita A

Consideriamo ora il caso di un’azienda che decida di collocarsi nel quadrante C, quindi:

fascia di prezzo alta, qualità percepita alta.

Se l’azienda stessa, però, sbaglia nell’analisi del prodotto e viene ad evidenziarsi l’esistenza di un gap come conseguenza della valutazione erronea della percezione del consumatore (la qualità percepita reale è inferiore a quanto si attendeva l’azienda, ossia non corrisponde alla qualità offerta), può accadere che questa subisca una migrazione che la collocherà nel quadrante D (fascia di prezzo alta, qualità percepita bassa).

Questa rappresenta una posizione pericolosa per l’azienda in quanto:

• a parità di prezzo alto i consumatori preferiranno i prodotti del quadrante C;

• a parità di qualità percepita bassa si preferiranno i prodotti del quadrante A;

• infine, indiscutibilmente, a tutti i prodotti del quadrante D verranno preferiti quelli di B, il quale rappresenta il posizionamento ottimale.

Abbiamo quindi potuto vedere come per l’azienda sia importante ridurre al minimo questi gap tra qualità per evitare errori che la possano porre in una posizione di mercato difficilmente difendibile.

14

La matrice di portafoglio è uno strumento che ci permette di mettere in relazione due dimensioni

rilevanti di un prodotto.

(20)

20 2.2. La qualità: aspetti definitori

Dopo aver osservato e descritto le diverse forme di qualità risulta quanto mai necessario dare una definizione puntuale della stessa.

Certo è che il concetto al centro di questa analisi è sfuggente, in quanto il voler in qualche modo definire la qualità implica sempre un certo grado di soggettività.

Essa è infatti strettamente legata al punto di vista di chi valuta e proprio in conseguenza di ciò se ne possono dare definizioni differenti.

“Per un uomo di marketing qualità vuol dire prodotti capaci di migliori prestazioni, tecnologia avanzata e quant’altro sia in grado di aumentare il fatturato di vendita.

Ingegneri e progettisti preferiscono riferirla a misure di precisione e quindi a minime tolleranze, mentre chi si occupa di produzione ragiona in termini di conformità alle specifiche di progetto e di metodi per fare bene le cose fin dalla prima volta”

[15]

.

Cerchiamo allora un modo puntuale per definire un concetto che si presta a così tante interpretazioni come è quello di “qualità”.

Per far ciò prendiamo a riferimento la normativa internazionale.

Una prima definizione di qualità è stata data da una norma

[16]

internazionale già nel 1995, ci riferiamo alla UNI EN ISO 8402:1995 che riporta: “qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare esigenze espresse o implicite”.

Dall’analisi di questa definizione ed in particolare della dicitura “l’insieme delle proprietà” emerge come far qualità significa oggettivare e quindi rendere misurabile una caratteristica, definire uno standard.

L’insieme delle proprietà e caratteristiche sopracitate deve essere mantenuto nel tempo garantendo una costanza qualitativa.

In questa prima definizione “espresso” significa “visibile”: tutto ciò che è percepibile con gli organi di senso.

15

Giorgio Pala, “La qualità. Perché, per chi e come farla”, FrancoAngeli Editore (1994), pag. 17.

16

Le norme hanno carattere volontario e privatistico, sono emanate da organismi non governativi e pertanto non hanno carattere cogente.

La volontarietà si riferisce, naturalmente, alla possibilità o meno di aderire alla norma: una volta presa la decisione in senso positivo, quello che la norma dice deve essere fatto!

Le specifiche tecniche possono essere emanate oltre che da organismi privati anche da organismi nazionali (Stato, Regioni, Province e Comuni), comunitari o internazionali: in questo caso non parleremo di norme ma bensì di regole tecniche, le quali saranno cogenti.

A volte l’argomento trattato dalle norme ha un impatto talmente rilevante sulla sicurezza delle persone o

dell’ambiente tanto che le Pubbliche Amministrazioni fanno riferimento ad esse attraverso richiami nei

documenti legislativi, trasformandole quindi in documenti cogenti.

(21)

21

Implicito, al contrario, rappresenta tutto ciò che non è visibile.

Le varie definizioni si sono evolute nel tempo grazie a rivisitazioni avvenute ad intervalli quinquennali.

La definizione attuale di qualità è quella riportata nella UNI EN ISO 9000:2005, la quale la definisce come il “grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti”.

Analizziamo punto per punto le parole che la compongono:

a) grado livello della qualità, espresso da un qualcosa che sia misurabile (ad esempio le classi per gli elettrodomestici, ad ognuna di queste corrispondono determinate caratteristiche garantite);

b) caratteristiche intrinseche non visibili (ad esempio il tempo di attesa ad un centralino);

c) requisiti questi potranno essere:

espressi, e quindi attinenti a richieste esplicite fatte direttamente dal consumatore;

cogenti, e quindi stabiliti dalla legge (il rispetto dei quali dovrà essere accuratamente controllato);

impliciti, in questo caso il consumatore non li richiede espressamente in quanto dà per scontato che ci siano.

2.3. Gli attori della qualità

Dopo aver definito la qualità e le sue varie sfaccettature possiamo passare ad analizzare i cosiddetti attori della qualità.

Alla base di tutti i sistemi di gestione esistono delle regole, che ad oggi troviamo schematizzate a livello internazionale.

In questo caso partiremo con l’analizzare quelli che sono i riferimenti ad oggi validi per fare qualità di sistema.

Si possono individuare tre attori della qualità:

1. enti di normazione,

2. enti di certificazione,

3. enti di accreditamento.

(22)

22

I primi rappresentano tutti quegli enti di natura non governativa, bensì privatistica, i quali stabiliscono le regole che devono essere rispettate per fare qualità.

Essi sono strutturatiti secondo una precisa e definita scala gerarchica, al primo posto troviamo l’ISO

[17]

ossia l’ente di standardizzazione internazionale.

Il termine ISO non è un acronimo ma deriva dal greco “ίσος“ e significa appunto

“uguale”, ”standardizzato”.

Questo ente riunisce panels tecnici su argomenti diversi e settori diversificati con l’intento di stabilire il modo in cui quest’ultimi possono essere uniformati.

Passando alla seconda posizione della scala gerarchica troviamo il Comitato Europeo di Standardizzazione o di Normalizzazione (CEN

[18]

).

Infine per ciascun paese troviamo l’ente che opera a livello nazionale ossia il Comitato di Normalizzazione Nazionale.

Ne consegue che una volta che l’ISO, a livello mondiale, emana una regola questa dovrà poi essere adottata da una sottodimensione di mercato (nel nostro caso l’Europa) ad opera del relativo organo competente (sempre nel nostro caso il CEN); a questo punto per divenire nazionale (italiana) la regola dovrà essere rielaborata dall’ente nazionale di unificazione (UNI

[19]

).

Gli scopi principali della normazione sono i seguenti:

a. “facilitare gli scambi (internazionali, nazionali, ecc.) … attraverso:

la definizione dei requisiti…;

dei controlli;

la certificazione che i requisiti sono rispettati.

Ciò assicura la compatibilità fra prodotti e la manutenibilità degli stessi, fra l’altro anche in aree geografiche lontane da quelle di origine; ciò aiuta ad eliminare le barriere tecniche che ostacolano gli scambi;

17

Per approfondimenti: http://www.iso.org.

18

Per approfondimenti: https://www.cen.eu.

19

L’UNI è un’associazione privata senza scopo di lucro fondata nel 1921 e riconosciuta dallo Stato e dall’Unione Europea, svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario ad eccezione di quello elettrico, elettrotecnico e delle telecomunicazioni, i quali sono di competenza del CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano).

Anche quest’ultimo rappresenta un’associazione di diritto privato senza scopo di lucro, è responsabile in ambito nazionale della normazione tecnica nei campi sopracitati, con la partecipazione diretta - su mandato dello Stato Italiano - nelle corrispondenti organizzazioni di normazione europea (CENELEC – Comité Européen de Normalisation Electrotechnique) e internazionale (IEC – International Electrotechnical Commission).

Per ulteriori approfondimenti: http://www.uni.com/ e http://www.ceiweb.it/it / .

(23)

23

b. migliorare l’economicità generale (e la produttività), sia a livello aziendale che nazionale ed internazionale, attraverso:

l’unificazione e precisazione dei metodi (alfabeti, linguaggi, simboli, codici, grammatiche, interfacce, modalità di prova, controllo, ecc.);

l’unificazione e compatibilità dei prodotti (semplificare la varietà, non necessaria, di prodotti e procedure);

c. facilitare la comunicazione tecnica sia a livello nazionale che internazionale e la mutua comprensione;

d. assicurare la sicurezza delle persone, la difesa dell’ambiente, ridurre i rischi (ad es. di incendio), ecc.;

e. salvaguardare gli interessi dei consumatori e quelli della collettività;

f. agevolare ed accelerare l’aspetto legislativo sia a livello di nazioni che di comunità di gruppi di nazioni”

[20]

.

Letteralmente le norme vengono indicate con la dicitura ISO seguita da un numero.

Nel caso specifico il numero che è stato assegnato alla qualità è il 9000, quindi si avrà:

ISO 9000, ciò significa che la norma è stata emanata dall’ente non governativo internazionale ma non è ancora norma europea.

Questo ulteriore passaggio, volto ad eliminare dalla norma quei riferimenti che non si adattano al contesto europeo, si identifica aggiungendo la dicitura EN.

Infine l’ultimo step che realizza il passaggio dall’Europa al singolo paese, nel caso specifico l’Italia, si identifica aggiungendo la dicitura UNI (questo generalmente consiste in una mera traduzione del testo).

Ecco come, per concludere, nel caso della qualità la norma verrà indicata come: UNI EN ISO 9000.

Il passaggio che si registra con più frequenza è il seguente ISO EN UNI, ciò non significa che non possa avvenire il contrario, e cioè che un singolo paese elabori uno standard valevole tanto nell’applicazione nazionale che in altre realtà (è quello che difatti è successo con i cosiddetti British Standards

[21]

).

20

Fonte: Giovanni Mattana, “Qualità, affidabilità, certificazione. Strategie, tecniche ed opportunità per il miglioramento dei prodotti e dell’impresa”, FrancoAngeli Editore, pag. 156.

21

Si tratta di norme promosse in tutto il mondo ed emanate dal Gruppo BSI (British Standards

Institution), fondato nel 1901 in Inghilterra come primo ente di normazione al mondo e cresciuto sino a

diventare una delle principali organizzazioni di servizi alle imprese.

(24)

24

Passiamo ora ad una breve analisi degli enti di certificazione.

La qualità ha elaborato degli standards universalmente riconosciuti adottando i quali si può ottenere un atto di riconoscimento, ossia un certificato che rappresenta la garanzia del possesso di dati requisiti.

Alcuni esempi di enti di certificazione: RINA, SGS, IQNET, DNV, ecc.

Per ogni settore produttivo, identificato da uno specifico codice, ci sarà un esperto in grado di certificare quelle peculiari attività.

Queste società seguono percorsi di accreditamento

[22]

.

E’ qui che ritroviamo il terzo attore della qualità rappresentato appunto dagli enti di accreditamento: enti nazionali indipendenti dagli organismi di certificazione che hanno il compito di legittimare quest’ultimi a rilasciare l’attestato di qualità.

Anche per gli enti di accreditamento è possibile individuare una scala gerarchica, nello specifico partendo dal vertice troviamo: un istituto internazionale con il compito di vigilare su quello europeo; il quale a sua volta monitora quello a carattere nazionale che, nel caso dell’Italia, è rappresentato da Accredia

[23]

.

Accredia è l'ente unico nazionale di accreditamento designato dal Governo italiano (il 22 dicembre 2009), ossia l'unico ente riconosciuto in Italia ad attestare che gli organismi di certificazione ed ispezione, i laboratori di prova, e quelli di taratura abbiano le competenze per valutare la conformità dei prodotti, dei processi e dei sistemi agli standards di riferimento.

Esso opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico e svolge un servizio di pubblica autorità, in quanto l'accreditamento è un servizio svolto nell'interesse pubblico ed un efficace strumento di qualificazione dei prodotti e servizi che circolano su tutti i mercati.

Accredia al suo interno sviluppa tre sezioni:

1. accreditamento delle società di certificazione, le quali devono essere previamente abilitate per lo svolgimento della loro attività;

La prima serie di norme ISO 9000 è stata sviluppata sulla base dello standard BSI, BS 5750, pubblicato per la prima volta nel 1979 e riconosciuto in tutto il mondo come lo standard di maggiore successo (è stato adottato da più di 950.000 organizzazioni in 175 Paesi).

Per approfondimenti: http://www.bsigroup.com/it-IT/Chi-siamo/La-nostra-storia/.

22

L'informazione ufficiale circa lo stato di accreditamento degli enti di certificazione è fornita dai

“Registri degli Organismi accreditati e riconosciuti LS-05, LS-06, LS-08 e LS-11”, questi sono disponibili all’indirizzo: http://www.accredia.it/ppsearch/accredia_orgmask.jsp?ID_LINK=265&area=7.

23

Per ulteriori approfondimenti consultare il sito: http://www.accredia.it/.

(25)

25

2. accreditamento dei laboratori di prova, svolgono determinate prove sui prodotti al fine di testare l’esistenza oggettiva di determinate caratteristiche (nello specifico sono state previste due sezioni separate, cioè: laboratori di prova e laboratori di prova per la sicurezza degli alimenti);

3. sistemi di taratura

[24]

, questi esistono perché ci sono delle differenze nelle unità di misura che un’azienda certificata non deve avere.

2.4. Gli standards per la qualità

La serie di norme ISO 9000, ossia la serie assegnata alla qualità, è uscita nel 1987 e da allora si è affermata come riferimento mondiale assoluto.

Gli standards per la qualità che ad oggi abbiamo come riferimento sono tre, ossia:

UNI EN ISO 9000 Dicembre 2005 Sistemi di gestione per la qualità - Fondamenti e vocabolario (emessa nel 2000; ultima revisione del 2005), la norma descrive il vocabolario ed i principi essenziali dei sistemi di gestione per la qualità e della loro organizzazione.

Non includendo requisiti, la certificazione di qualità, ai sensi della norma ISO 9000, non è conseguibile;

UNI EN ISO 9001 Dicembre 2008 Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti (emessa nel 1987, rivista una prima volta nel 1994 e revisionata sostanzialmente nel 2000; l’ultima revisione conclusa è stata nel 2008), la norma definisce i requisiti di un sistema di gestione per la qualità per una organizzazione.

Ad oggi è in corso una ulteriore revisione, la pubblicazione definitiva del documento è prevista per settembre 2015

[25]

.

24

La taratura avverrà ad opera dei laboratori di prova accreditati da Accredia.

A partire dal 1979 gli Istituti metrologici primari (IMGC/CNR, IEN e INMRI/ENEA) hanno effettuato l'accreditamento di numerosi Laboratori metrologici secondari quali Centri di taratura, costituendo così il

"SIT - SERVIZIO DI TARATURA IN ITALIA".

Con la legge 273/91 è stato costituito il Sistema Nazionale di Taratura.

Il 1 gennaio 2006 è diventato operativo l'INRIM, Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, che ha unificato IEN e IMGC/CNR.

Il SIT ha continuato a operare, come servizio dell'INRIM.

Il 20 marzo 2009 è stata costituita la Società Consortile a responsabilità limitata denominata "Consorzio Pubblico per l'accreditamento (COPA SCrl)", che ha condotto l'accreditamento dei Laboratori di taratura fino al riconoscimento di Accredia da parte del Governo in qualità di ente unico nazionale di accreditamento.

Con la stipula della convenzione tra INRIM e Accredia, dal 1° luglio 2010 anche SIT è entrato a far parte

di quest'ultimo e l’accreditamento dei Laboratori di taratura viene svolto esclusivamente dal Dipartimento

Laboratori di taratura di ACCREDIA, che assicura la continuità con il passato di SIT, garantendo

l’impiego delle conoscenze e delle competenze maturate.

(26)

26

I cambiamenti sembra saranno significativi, ecco le principali novità

[26]

:

- la prima possiamo definirla, se vogliamo, “parziale” in quanto concerne il contesto nel quale le aziende operano.

Già l’edizione del 2008 infatti riportava “la progettazione e l’attuazione del sistema di gestione per la qualità di un’organizzazione sono influenzate dal contesto nel quale essa opera”, il cambiamento consiste nel fatto che questo concetto viene spostato dalla parte introduttiva della norma a quella prescrittiva e che quindi si renderà necessaria una documentazione inerente appunto l’implementazione del sistema di gestione e il rapporto con il tessuto socio-economico nel quale l’impresa stessa vive ed opera;

- la seconda riguarda la necessità di valutare rischi ed opportunità (elaborando e presentando appropriata documentazione) nel momento in cui si va a definire il sistema di gestione aziendale, più nello specifico attiene al rischio di immettere sul mercato un prodotto/servizio non adeguato alle esigenze della clientela.

Si tratta di un concetto che era già presente in altre norme (vedi ISO 14001 per la gestione ambientale, oppure anche la OHSAS 18001 per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro);

- infine c’è da sottolineare che la nuova revisione della ISO 9001 permetterà un alleggerimento significativo della documentazione richiesta alle aziende: non ci sarà più il manuale e i concetti di

“procedura e registrazione” saranno sostituiti dal termine “informazione documentata”.

Lo spirito della nuova versione della norma sarà quello di muoversi nella direzione di documentare tutto ciò che serve realmente alle organizzazioni per gestire al meglio il loro lavoro, in quanto è l’azienda stessa il primo soggetto al quale i documenti dovranno essere utili.

25

Si prevede un periodo transitorio di 3 anni durante il quale le aziende potranno procedere con l’adeguamento: per i 18 mesi successivi alla data di pubblicazione della norma gli organismi di certificazione potranno continuare ad emettere e rinnovare certificati riferiti all’edizione 2008 della ISO 9001, successivamente al termine di questo primo periodo transitorio sono previsti altri 18 mesi durante i quali i certificati in essere rimarranno validi anche se riferiti alla “vecchia” versione della norma.

26

Fonte: Rivista periodica ICMQ Notizie n. 76 (Gennaio 2015), pag. 3 “Iso 9001 edizione 2015: cosa

cambia per le aziende?”.

(27)

27

La sfida da vincere per le imprese sarà, senza ombra di dubbio, quella di vivere questo cambiamento come un’opportunità ulteriore di miglioramento e di accrescimento della propria competitività su ciascun mercato di riferimento;

UNI EN ISO 9004 Dicembre 2009 Gestire un'organizzazione per il successo durevole - L'approccio della gestione per la qualità (emessa nel 1994, sostanzialmente revisionata nel 2000; ultima revisione del 2009), il documento è una linea guida per favorire in una organizzazione il conseguimento del successo durevole per mezzo della gestione per la qualità.

Mentre la ISO 9001 si occupa di efficacia interna stabilendo se il sistema di gestione in questione è capace di raggiungere gli obiettivi della qualità, la ISO 9004 introduce parametri di efficienza, ossia: dato un determinato sistema di gestione della qualità, suggerisce come migliorarlo al fine di ottenere anche migliori risultati economici.

Per rendere possibile questo la norma suggerisce otto principi di gestione per la qualità

[27]

i quali devono divenire parte integrante dell’operato aziendale:

1. orientamento al cliente - “ le organizzazioni dipendono dai propri clienti e dovrebbero pertanto capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti e mirare a superare le loro stesse aspettative”;

2. leadership - “i capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo dell'organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che coinvolga pienamente il personale nel perseguimento degli obiettivi dell'organizzazione”;

3. coinvolgimento del personale - “le persone, a tutti i livelli, costituiscono l'essenza dell'organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento permette di porre le loro capacità al servizio dell'organizzazione”;

4. approccio per processi - “un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo”;

5. approccio sistemico alla gestione - “identificare, capire e gestire (come fossero un sistema) processi tra loro correlati contribuisce all'efficacia e all'efficienza dell'organizzazione nel conseguire i propri obiettivi”;

27

I medesimi principi li troviamo elencati anche nella norma UNI EN ISO 9000:2005.

(28)

28

6. miglioramento continuo - “il miglioramento continuo delle prestazioni complessive dovrebbe essere un obiettivo permanente dell'organizzazione”;

7. decisioni basate su dati di fatto - “le decisioni efficaci si basano sull'analisi di dati e di informazioni”;

8. rapporti di reciproco beneficio per i fornitori - “un'organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore”.

APPROFONDIMENTO: IL PRINCIPIO GUIDA “APPROCCIO PER PROCESSI”

[28]

Il principio “Approccio per processi” fa parte, come appena detto sopra, delle otto linee guida suggerite dalla normativa internazionale e, assieme a quello del

“Miglioramento continuo”, ne rappresenta l’elemento cardine.

Come è noto, infatti, lo sforzo maggiore che oggi si richiede alle imprese è rappresentato da una spiccata attitudine verso il cambiamento e l’innovazione.

Diviene così indispensabile per le organizzazioni porre particolare attenzione al miglioramento dei processi aziendali: questi divengono un punto nevralgico dell’operare aziendale.

L’approccio per processi rappresenta tutt’oggi una delle innovazioni manageriali più importanti: individuare e gestire i processi diviene indispensabile per tutte quelle aziende che vogliono porre al centro del loro operato la creazione di valore per e con il cliente.

Concentriamoci ora sugli aspetti peculiari di questa metodologia andando ad indagare il reale significato del termine processo, per poi passare ad una puntuale analisi degli elementi che lo compongono ed, infine, ad un elenco delle sue principali caratteristiche.

Innanzitutto un processo “raggruppa attività

[29]

, appartenenti spesso a professionalità diverse, e legate fra loro da flussi significativi di informazioni,

28

Riferimenti approfondimento: Miolo Vitali P., (a cura di), "Strumenti per l'analisi dei costi. Percorsi di Cost Management", Vol. III., terza edizione, Giappichelli, Torino, 2009 – paragrafo I.4.2.

29

Miolo Vitali definisce attività qualsiasi impegno lavorativo effettuato all’interno dell’azienda (es.

l’azione di effettuare il pagamento delle fatture, quella di predisporre proposte di contratto, o quella di ricevere materiali per il magazzino).

Secondo Brimson gli elementi che costituiscono un’attività sono:

gli input, ossia le risorse impiegate per svolgere l’attività stessa (rappresentate dai diversi fattori

produttivi);

(29)

29

sulla base di un rapporto collaborativo del tipo cliente-fornitore per realizzare uno specifico obiettivo rilevante per l’impresa”.

Dalla definizione appena riportata è possibile distinguere quelli che sono gli elementi fondanti dei processi.

Anche per il processo, come per le singole attività, è possibile individuare gli elementi costitutivi dello stesso, ossia:

l’input rappresenta ciò che viene introdotto nel processo per essere trasformato;

i vincoli che regolano e limitano le modalità con le quali il processo stesso si svolge (comprenderanno, quindi, le diverse normative, informazioni e documentazione esterna all’azienda);

le risorse, ossia i fattori produttivi (persone, macchine, materie prime, capitali e servizi) e le competenze organizzative impiegate nel processo stesso;

infine l’output, il quale rappresenta la prestazione finale del processo (voluta o non voluta – pensiamo agli scarti della produzione).

Continuiamo evidenziando quelle che sono le principali caratteristiche che possono essere ritrovate in tutti i processi.

La prima cosa che possiamo evidenziare è che “i processi sono sotto-sistemi di attività inseriti nella gerarchia del sistema aziendale”: l’implementazione di un processo permette di collegare ad arte le singole attività e raggiungere il fine prestabilito della creazione di valore.

l’output identificabile e misurabile, rappresentato dal risultato prodotto dall’attività stessa (ad es.

l’output dell’attività di fatturazione sarà la fattura);

gli eventi esterni che generano l’avvio dell’esecuzione dell’attività (ad es. il fatto che un computer si rompa e richieda, quindi, interventi di ripristino);

le transazioni, ossia documenti fisici/elettronici associati alla trasmissione d’informazioni (es. ordini di lavorazione o registrazioni dei tempi della manodopera).

Per approfondimenti: Brimson J.A. (1992), Contabilità per attività, Franco Angeli, Milano (ed. or.

Activity Accounting: An Activity-Based Costing Approach, Wiley & Sons, New York, 1991).

Il concetto di attività che viene impiegato nel presente lavoro differisce, e non va quindi confuso, con quello di attività impiegato da Porter nella catena del valore.

Egli configura il suo modello considerando soltanto le attività strategicamente rilevanti al fine del conseguimento del vantaggio competitivo.

In un’azienda che applica l’approccio per processi, invece, si considerano sì le attività della catena del

valore ma, altresì, tutti quei sub-sistemi di operazioni che permettono la creazione di valore per il cliente

consentendo al sistema azienda di operare in modo efficiente ed efficace.

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