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In queste condizioni, lo stress ossidativo avviene come conseguenza dello sbilanciamento tra la produzione di specie reattive dell’ ossigeno (ROS) e la capacità del corpo di intermediare reazioni detossificanti

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INDUZIONE DELLE PROTEINE DELLO SHOCK TERMICO CONTRO LO STRESS OSSIDATIVO

Le proteine dello shock termico (Hsp) sono una famiglia di proteine altamente conservate espresse ubiquitariamente a responsabili dello stress;

tali proteine in condizioni fisiologiche normali(31) sono espresse a basso livello. Le Hsp possono funzionare come chaperoni molecolari, facilitando il folding proteico, prevenendo l’aggregazione delle proteine, o indirizzando le proteine impropriamente aggregate verso vie degradative specifiche. Una caratteristica generale di tutti i chaperoni e i co-chaperoni è la loro abilità nel ridurre l’aggregazione trattenendo i polipeptidi liberi in piani di legame intermedi per promuovere in seguito una nuova aggregazione. Le Hsp sono classificate in sottofamiglie a seconda del loro peso molecolare, come piccole Hsp (16-30 KDa), Hsp40, la Hsp predominante nei mitocondri, Hsp60, Hsp70, Hsp90, Hsp100 e la più grande Hsp110. In risposta allo stress cellulare, come l’ipertermia, i danni ossidativi, i danni fisici o gli stress chimici, l’ espressione delle Hsp aumentano drammaticamente. Questa generale e coordinata attivazione dell’ espressione delle Hsp, detta risposta allo shock termico (HSR) è un onnipresente meccanismo di adattamento degli organismi, che spazia dai batteri ai mammiferi, e che li aiuta nella sopravvivenza e nell’ adattamento in un ampio range di sfide ambientali.

Le Hsp svolgono ruoli versatili nelle cellule, a partire da ruoli primari in condizioni di non stress, inclusa la regolazione del controllo qualitativo delle proteine, alla decisione di vita e di morte in seguito a stress cellulare, attraverso la loro interazione con i membri della cascata della morte cellulare per apoptosi.

Le Hsp inoltre giocano un ruolo in numerosi altri processi cellulari che si verificano durante e dopo l’ esposizione allo stress ossidativo, e che sono

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caratteristici di varie condizioni patologiche, inclusa l’ischemia, i danni cardiovascolari e le neurodegenerazione.

In queste condizioni, lo stress ossidativo avviene come conseguenza dello sbilanciamento tra la produzione di specie reattive dell’ ossigeno (ROS) e la capacità del corpo di intermediare reazioni detossificanti.

Questo sbilanciamento può avvenire sia in seguito ad una produzione eccessiva delle ROS, come osservato nei danni ischemici, oppure per una diminuzione nella capacità degli enzimi antiossidanti. Come risultato, il normale ambiente intracellulare di riduzione è compromesso, e ciò porta all’ ossidazione e all’ aggregazione di proteine vitali e del DNA, ed infine ad una perdita delle normali funzioni cellulari. Non appena le proteine non funzionali ossidate si accumulano, le vie infiammatorie si attivano. In ogni modo, i cambiamenti cellulari nello stato redox, possono anche essere un segnale per l’attivazione della cascata apoptotica. Proprio per le loro funzioni versatili, le Hsp possono intervenire a vari livelli dello stress ossidativo. In primo luogo, alcune Hsp, soprattutto membri della famiglia delle Hsp70 e dei suoi co-chaperones, giocano un ruolo cruciale nella classificazione delle proteine e nel controllo qualitativo attraverso la selezione e l’incanalamento delle proteine aberranti nel proteozima e nei lisozimi per la degradazione(32).

Quindi la rimozione delle proteine danneggiate è aiutata dalle Hsp. In alcuni casi, in cui le proteine misfolded possono essere recuperate, sono ancora le Hsp che promuovono l’ aggregazione delle proteine danneggiate.

D’ altra parte, alcune Hsp, quali l’ Hsp27, Hsp70, Hsp90, possono regolare in modo negativo l’apoptosi legando ed inibendo alcuni membri della cascata apoptotica, mentre alcune Hsp hanno un’ azione antiinfiammatoria.

Quindi, anche se le vie della morte cellulare sono state attivate, le Hsp possono intervenire in soccorso delle cellule evitandone la morte.

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È ben noto che l’esposizione allo stress precondizionamento incrementa la tolleranza delle cellule allo stress successivo, effetto che è stato dimostrato essere dovuto, almeno in parte, ad un incremento nella sintesi delle Hsp successivo allo stress di precondizionamento.

Quindi, l’incremento della sintesi delle Hsp può non solo correggere le proteine mal ripiegate, ma può prevenire attivamente i danni subiti dalle proteine in seguito allo stress ossidativo (Figura 13).

Stress ossidativo

Figura 13. Il ruolo della risposta da shock termico nella protezione cellulare a seguito di stress ossidativo.

Gli effetti benefici delle Hsp a seguito di stress ossidativo: gli effetti dello stress di precondizionamento.

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E’ stato detto che un leggero stress di precondizionamento, come una leggera ipotermia o ischemia, migliorano le conseguenze dei successivi danni da stress. Questo fenomeno dimostra che gli organismi sono capaci di adattarsi allo stress, e questo adattamento porta ad un aumento della tolleranza cellulare per lo stress. Nonostante l’esposizione prolungata ad un forte stress sia dannosa, uno stress più leggero attiva l’ HSR e questo può avere effetti benefici sia nell’ immediato che a lungo termine. In effetti, l’esposizione transitoria a quasi ogni tipo di stress ambientale può avere un effetto protettivo incrociato contro altre forme di stress severo; ciò significa che un “piccolo stress” può veramente giovare alla causa! Quindi, è stato mostrato che lo stress di precondizionamento può proteggere il miocardio, i muscoli scheletrici, così come i neuroni da un successivo stress ossidativo soprattutto per quanto riguarda i danni ischemici. Ci sono un numero di geni che sono up-regolati da una successiva esposizione ad uno stress precondizionante, tra cui un gruppo di Hsp, soprattutto l’ Hsp70 ma anche l’Hsp27 e l’Hsp60. Ciascuna di queste Hsp ha effetti citoprotettivi. In effetti, le possibilità da sopravvivenza neuronale sono legate alla capacità delle cellule di aumentare la sintesi di Hsp70. La resistenza del miocardio e dei muscoli scheletrici ai danni ischemici, risulta essere correlata con i livelli di Hsp70, i quali aumentano la successiva esposizione allo stress di precondizionamento. In aggiunta alla Hsp70 ed alle Hsp, altri gruppi di proteine sono up-regolate attraverso uno stress di precondizionamento, incluso un ampio range di fattori di trascrizione così come NFkappaB, geni antiossidanti, fattori di crescita, così come numerose vie di segnalazione protein tirosin-chinasi e protein chinasi mitogeno attivate(33/34). Inoltre, gli effetti di uno stress di precondizionamento sono tali per cui tutti i meccanismi di difesa cellulare agiscono insieme contro qualsiasi successiva esposizione allo stress ossidativo.

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Benchè modelli di stress di precondizionamento possano essere di scarso utilizzo quando nella progettazione di strategie terapeutiche da utilizzare in seguito al danno, una comprensione degli effetti molecolari e cellulari di uno stress di precondizionamento, potrebbe essere utile a determinare i livelli ideali e la composizione delle Hsp protettive e di altri mediatori citoprotettivi. Nonostante ci sia una risposta cellulare complessa allo stress di precondizionamento, difficile da imitare terapeuticamente, è comunque possibile designare come bersaglio, componenti individuali di questa risposta.

Un approccio che ha preso a modello gli effetti dello stress di precondizionamento, ha esaminato gli effetti dell’ up-regolazione dei livelli dell’ Hsp70.

Vari studi hanno perciò esaminato gli effetti dell’ up-regulation dell’ Hsp70 in topi transgenici in cui l’ Hsp70 era sovraespressa esprimevano al massimo l’ Hsp70, nonostante questi topi, chiaramente imitassero solo in parte le condizioni che si verificano dopo lo stress di precondizionamento.

Utilizzando questo approccio sono stati esaminati gli effetti dello stress ossidativo/ischemico, benché i risultati siano stati a volte contraddittori.

Quindi, mentre alcuni studi hanno riportato la protezione del danno dell’

ischemia cardiaca nei topi don una sovraespressione di Hsp70, altri anno mostrato che gli stessi topi transgenici Hsp70 non tolleravano l’ ischemia celebrale dei topi normali. Come valutato a livello morfologico, nonostante l’ analisi MRI (risonanza magnetica per immagini) in vivo suggerisse che i topi con sovraespressione di Hsp70 avevano lesioni cerebrali più piccole rispetto ai topi wild type(35/36). In particolare, questi risultati hanno suggerito che, nonostante l’ Hsp70 da solo non sia sufficiente a mimare le azioni protettive dello stress di precondizionamento, è certamente un elemento importante degli effetti citoprotettivi del precondizionamento, cosi che le

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terapie che hanno lo scopo di up-regolare le Hsp70 possano apportare qualche beneficio.

Comunque, uno dei più difficili ostacoli nello sviluppo di una terapia basata sull’ Hsp per qualsiasi danno che riguardi lo stress ossidativo, è il corretto tempismo dell’ induzione o distribuzione dell’ Hsp, che deve avvenire in una zona relativamente piccola.

Gli effetti benefici delle Hsp in seguito allo stress ossidativo:

meccanismo d’ azione delle Hsp.

Molti danni dei tessuti che hanno luogo come conseguenza dello stress ossidativo, si verificano dopo i danni reali, ad esempio in seguito alla riperfusione nello stress ischemico. Perciò, esiste una chiara opportunità terapeutica per un efficace trattamento che agisca prima che accada la morte cellulare irreversibile. Dal momento in cui un numero di eventi e vie intracellulari sono attivati come conseguenza dello stress ossidativo (Figura 12), un efficace terapia antiossidante avrà bisogno di 1) essere efficace nel rilevare i cambiamenti intracellulari 2) essere capace di proteggere contro il misfolding delle proteine e 3) essere capace di prevenire gli eventi downstream, come le reazioni infiammatorie crescenti e l’ attivazione delle vie apoptotiche. E’ noto che le Hsp giocano un importante ruolo in tutti questi meccanismi cellulari.

Le Hsp come sensori di cambiamenti cellulari redox.

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Forse la prima linea di difesa contro i danni dello stress ossidativo proviene dalle attivazioni molecolari che riconoscono cambiamenti redox all’ interno dell’ ambiente intracellulare. Nei batteri il chaperone Hsp33 è uno dei sistemi proteici specializzati che riconosce questo cambiamento.

Questa proteina avverte i cambiamenti redox nelle cellule attraverso i suoi numerosi residui di cisteina altamente reattivi che lavorano in coordinazione con gli ioni zinco.

Seguendo i cambiamenti nello stato redox, lo zinco è rilasciato da questi legami e si formano legami disolfuro intramolecolari, che attivano a turno l’ attività della proteina chaperone Hsp33. E’ evidente inoltre, l’esistenza di un simile sistema sensoriale Hsp-basato nelle cellule eucariotiche, e cioè l’omologo di Hsp33, l’Eme ossigenasi-1(HO-1 o Hsp32), e l’ Hsp72(37/38/39). Queste scoperte suggeriscono che l’Hsp33 è altamente specializzato nell’

avvertire condizioni di stress in cui le proteine non si ripiegano come conseguenza dello stress ossidativo.

Infatti, sembra che questa Hsp abbia un duplice sistema sensoriale; il dominio dello zinco avverte i cambiamenti redox, mentre un’ altra regione collegata percepisce le proteine non ripiegate.

La piena attivazione dell’ Hsp33 richiede che entrambi i domini siano attivati(40). Ci sono prove per la redox-sensibilità di HO-1, ma l’esatto meccanismo molecolare di questa funzione non è ancora del tutto identificato. Comunque, è chiaro che Hsp33 e i suoi equivalenti funzionali nelle cellule eucariotiche, così come HO-1 e i chaperoni che si trovano nel reticolo endoplasmatico (ER), hanno un unico ruolo nell’ avvertire i cambiamenti redox e nel ribilanciare la capacità di folding delle proteine intracellulari al fine di superare l’ accumulo di proteine ossidate(41/42).

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L’ isoforma inducibile dell’ Eme ossigenasi, (HO-1 o Hsp32) è, come già detto un enzima coinvolto nella degradazione dell’ Eme a biliverdina, monossido di carbonio e ferro (Figura 11).

L’ espressione di Hsp32 è indotta in risposta ad una serie ampia e diversificata di fattori che inducono stress ossidativo, e per esempio questo enzima è indotto dall’ ossido nitrico nell’ infiammazione, nell’ ipossia e nello stress ossidativo in un ampio range di tessuti.

L’ espressione di Hsp32 è regolata attraverso l’attivazione del comune fattore di trascrizione per le Hsp, fattore 1 di shock termico (HSE1). L’

espressione di Hsp32 e i suoi effetti antinfiammatori ed antiapoptotici, sono utilizzati come protezione in numerose malattie come l’infarto cardiaco e il danno da ischemia riperfusione.

Il ruolo delle Hsp nella riparazione e nella rimozione delle proteine danneggiate.

Una volta che l’ ambiente intracellulare diventa più ossidato come risultato dello stress ossidativo, un numero di componenti intracellulari come il DNA, i lipidi e le proteine, possono subire ossidazione.

Le proteine che sono particolarmente sensibili ai cambiamenti intarcellulari di pH, allo stato redox e all’ ambiente ionico, possono facilmente perdere la loro iniziale conformazione ripiegata, per diventare mal ripiegate.

La presenza di proteine mal ripiegate può indurre all’ attivazione dell’ HSR attraverso l’ attivazione dell’ HSF1. I “sensori” primari di proteine mal ripiegate sono Hsp70 e Hsp90, che hanno un duplice ruolo nella

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regolazione dell’ HSR. Da una parte, in condizioni di non stress queste Hsp si legano a HSF1 monomerico che in questa forma si trova in forma inattiva.

Quando proteine mal ripiegate appaiono nelle cellule, Hsp70 e Hsp90 rilasciano HSF1 per eseguire la sua funzione primaria di assistenza nell’

aiutare il corretto ripiegamento delle proteine danneggiate. Questo porta ad una riduzione del livello delle Hsp disponibili a legarsi con l’ HSF1, così che l’ HSF1 libero può ora trimerizzare e traslocare verso il nucleo per attivare la trascrizione delle Hsp (Figura 14) (43)

Figura 14. Elementi di attivazione di HSF-1: potentiali bersagli per i farmaci. La figura mostra I principali elementi di attivazione di HSF-1, il principale fattore di trascrizione che porta alla induzione della sintesi delle Hsp. I potenziali bersagli dei farmaci sono: (1) complesso citoplasmatico di HSF-1 e Hsp90; (2) translocatione al nucleo diHSF-1; (3) distributione intranucleare di HSF-1; (4) complesso nucleare di HSF-1 e Hsp90; (5) retrotranslocatione di HSF-1 al citoplasma.

Così, Hsp70 e Hsp90 non solo trasportano le proteine mal ripiegate ma, attraverso la loro capacità di legarsi all’ HSF1, possono anche regolare l’

espressione di altri geni dello shock termico, giocando in tal modo un ruolo di primo piano nella regolazione dell’ HSR. Molti agenti farmaceutici che regolano a monte l’espressione delle Hsp e inducono l’ attivazione di HSF1

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lo fanno attraverso l’ inibizione dell’ Hsp90, portando ad una attivazione di HSR attraverso i meccanismi descritti sopra(43). Molti di questi composti che modificano le Hsp, sono stati sviluppati come agenti anticancro, dal momento che le Hsp sono noti markers di molte cellule tumorali e la loro inibizione (per esempio di Hsp32 o Hsp90) può ridurre la divisione cellulare nelle cellule cancerose(44/45/46).

Comunque nella terapia del cancro, inibitori dell’ Hsp90, come la geldanamicina ed il suo analogo meno tossico 17AAG, il ridicicol e i suoi analoghi possono avere effetti collaterali indesiderati, e come risultato dei loro meccanismi di attivazione, essi potrebbero sovra regolare l’

espressione di hsp, come descritto sopra, del resto l’ inibizione dell’ Hsp90 risulta nella sovra regolazione dell’ Hsp70. Questo effetto di inibizione dell’

Hsp90, benché non desiderato per la terapia del cancro, può essere utilizzato con successo in altre condizioni patologiche in cui l’ obiettivo è di prevenire la morte cellulare così come accade nella neuro degenerazione (Figura 15).

Figura 15 . Struttura della Hsp90 in “open state”

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Uno sforzo combinato di molti chaperoni, incluso quello dell’ Hsp70 e dell’

Hsp90, insieme ad altri co-chaperoni, normalmente assicura il corretto legame di tutte le proteine sia di quelle sintetizzate ex-novo che di quelle mal ripiegate. I maggiori chaperoni (Hsp70 e Hsp90) hanno una limitata selettività per le proteine clienti, ma i co-chaperoni che sono associati con loro provvedono al sistema con una certa client-specificità in modo da influenzare l’ attività e la conformazione delle proteine clienti.

Per esempio, Hsp70 riconosce residui idrofobici nelle proteine che sono esposte in modo passeggero.

In ogni modo, il destino delle proteine mal ripiegate, per esempio proteine che devono essere rilegate o destinate alla distruzione, è una decisione complessa che richiede specifiche interazioni tra un numero di chaperoni, i loro co-chaperoni e le proteine misfolded (Figura 16).

17-AAG

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I co-chaperoni, perciò, giocano un ruolo cruciale nel decidere il destino delle proteine misfolded. Veramente, Hsp70 non può esercitare le sue funzioni intracellulari senza assistenza da parte dei co-chaperoni, i quali modificano le sue funzioni. Alcuni co-chaperoni, come l’Hop (Hsp70- Hsp90 Organising Protein), l’ Hip (Hsp70 Interacting protein) e membri della famiglia delle Hsp Hsp40/Dnaj, promuovono un client legame ed una attività ATPasica e sono coinvolti nella funzione di trasporto e di ripiegamento delle Hsp (Figura 17 ).

Figura 17. La figura mostra l’azione coordinata di un range di chaperoni coinvolti nel meccanismo di “folding” di proteine native e la clearance di proteine misfolded. Il misfolding delle proteine è rilevata dall’Hsp 7, che poi forma complessi con Hsp90 e con un certo numero di co-chaperoni. L’associazione del complesso con i co-chaperoni come p23, Hsp40, Hip o Hop, farà aumentare l’attività ATP-asica di Hsp70 e quindi il refolding della proteina client. Se il complesso proteina-Hsp70-Hsp90 si associa con co-chaperoni come CHIP e BAG si avrà in Hsp70 una diminuzione dell’attività ATPasica e di rofolding e successivamente ubiquitinazione della proteina client. La proteina ubiquitinata sarà quindi diretta la proteasoma per la degradazione.

Figura 16. Complesso Hsp90 - cochaperon cdc37 (in verde) - proteina “client” cdk4 chinasi (in rosso)

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Altri co-chaperoni come il Bag-1 e il CHIP (proteina che interagisce con la porzione carbossi terminale di Hsp70), quando associati con Hsp70, inibiscono l’attività ATPasica che è richiesta per il legame.

CHIP interagisce con altre proteine attraverso i 3 tetratricopeptidi (TPR) interagendo con le regioni N terminali ed inoltre posseiede un’ attività di E3 ubiquitina ligase nel suo dominio C terminale della U box in aggiunta alla sua attività di chaperone(47/48/49). Questo co-chaperone sembra essere cruciale nel definire la funzione dell’ Hsp specifica con cui interagisce.

Inoltre, può inibire l’ attività ATPasica dell’ Hsp70 e attraverso la presenza delle sue proteine client ossidate, le dirige verso il proteosoma per la degradazione.

Comunque, la decisione se ripiegare o degradare una proteina danneggiata è fatta a livello di interazione proteina-proteina e avviene tra 2 proteine client, i chaperoni ed i loro co-chaperoni.

In ogni modo, in alcuni casi, quando l’ammontare delle proteine ossidate è elevato, queste possono anche essere degradate attraverso i proteosomi senza l’ ubiquitinazione, suggerendo che in condizioni estreme il normale sistema può essere sorpassato.

Le piccole Hsp così come Hsp27, riescono a proteggere contro le proteine slegate seguendo la via dello stress ossidativo, comportandosi come un agente antiossidante.

Questo effetto protettivo dell’ Hsp27, è principalmente mediato dalla capacità di questa Hsp di trattenere il glutatione nella sua forma ridotta, perfino in condizioni ossidative, ripristinando in tal modo l’ omeostasi redox(50/51).

Quando le cellule sono esposte ad uno stress ossidativo prolungato ed i proteosoma diventa sovracaricato, un secondo mezzo di difesa che utilizza il lisosoma, può essere impiegato per neutralizzare le cellule proteiche danneggiate, in modo da prevenire la loro aggregazione. Questo processo

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detto “autofagia mediata da chaperoni (CMA)” coinvolge particolari proteine citosoliche solubili nel lisosoma, che provvedono allo spezzettamento delle proteine alterate. I substarti di questo sistema mostrano un motivo target nella loro sequenza amminoacidica KFERQ, che è riconosciuto attraverso un sistema chaperone-co-chaperone che contiene l’ Hsp70. E’ ben noto che questo sistema è attivato nella starvesine, ma bassi, ma bassi livelli cronici di stress ossidativo possono ugualmente indurlo nel rene e nel fegato(52/53). Inoltre, membri della famigli delle Hsp70 giocano un ruolo cruciale nello scegliere substrati per entrambi i sistemi di degradazione delle proteine sia quello mediato dal proteosoma che quello mediato dal lisosoma. Perciò, per un sistema di controllo di qualità capace di liberare le cellule da proteine danneggiate in condizioni di stress cellulare come i danni ossidativi, è fondamentale che i meccanismi coinvolti nella segnalazione verso questi sistemi, lavorino in modo ottimale.

GLI EFFETTI ANTI-APOPTOTICI DELLE Hsps

Un prolungato stress ossidativo può portare alla morte cellulare attraverso l’

attivazione delle vie apoptotiche di morte cellulare benché ci siano prove che in queste condizioni la morte avvenga per un processo di necrosi cellulare(54/55). Il rilascio di ROS può scatenare un numero di vie intracellulari che mandano segnali al nucleo. Comunque è stato descritto che, in condizioni di stress ossidativo, si ha l’ attivazione di entrambe le vie apoptotiche, sia quelle mitocondriali che quelle di membrana mediate dai recettori, così come le vie non mediate dalla caspasi che riguardano il rilascio del fattore che induce l’ apoptosi (AIF). Membri della famiglia

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delle Hsp possono interagire con queste vie complesse di morte cellulare a diversi livelli. Inoltre, gli effetti intracellulari di alcune Hsp così come Hsp27, Hsp70 e Hsp90, vanno oltre la loro capacità di mantenere le proteine in uno stato di folding competente, in quanto possano mantenerle in uno stato di ripiegamento intermedio.

Alcune Hsp interagiscono principalmente con delle proteine apoptotiche che sono attivate attraverso le vie dell’ apoptosi mediate dai mitocondri. Le Hsp perciò giocano un ruolo importante nel mantenimento e nella potenziale sopravvivenza delle cellule comportandosi come proteine antiapoptotiche, una funzione che sembra essere indipendente dalla loro attività di chaperone. Nelle cellule stressate, Hsp70 e Hsp90, possono legarsi all’ Apaf-1 (fattore-1 attivante le proteasi dell’ apoptosi ) in modo da inibire gli eventi lungo il processo di attivazione dell’ Apaf-1. Apaf-1 è normalmente attivato dal citocromo c rilasciato dai mitocondri, e questa attivazione porta alla formazione dell’ apoptosoma e alla successiva attivazione della caspasi-9.

Hsp27 può inibire l’ apoptosi sia attraverso l’inibizione del rilascio del citocromo c mitocondriale, sia legando direttamente il citocromo c. Inoltre, Hsp70 impedisce anche il rilascio dell’ AIF dai mitocondri, prevenendo in tal modo la morte cellulare caspasi indipendente.

GLI EFFETTI ANTINFIAMMATORI DELL’ Hsp70

Uno degli eventi che si manifestano in seguito ai danni ossidativi è l’

attivazione delle vie infiammatorie. La risposta infiammatoria è soprattutto regolata dalla trascrizione del fattore NFkappaB. NFkappaB è normalmente

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situato nel citosol, legato e inibito dall’ IkappaB. In seguito allo stress ossidativo, NFkappaB è rilasciato attraverso questa inibizione, trasloca al nucleo ed attiva la trascrizione a valle dei mediatori infiammatori come l’

iNOS, citochine infiammatorie come TNF-α, interleuchine e la ciclossigenasi inducibile (COX-2). Benchè inizialmente un meccanismo citoprotettivo, processi infiammatori possono trasformarlo in uno stimolo dell’ apoptosi indotta, conducendo successivamente alla morte cellulare.

L’ evidente incremento suggerisce che ci sia una regolazione complementare tra l’ Hsp70 e i mediatori infiammatori, come la COX-2 e il fattore di trascrizione NFkappaB.

In modelli di infiammazione e ictus, l’esposizione ad uno stress come il precondizionamento o all’ up-regulation dell’ Hsp70 risulta capace di ridurre l’ espressione della COX-2 e la produzione di NO. Queste azioni antinfiammatorie dell’ Hsp70 sono mediate dal legame dell’ Hsp70 all’

NfkappaB e alla sua successiva inibizione. E’ stato dimostrato che l’ Hsp70 previene la traslocazione nucleare dell’ NFkappaB e questo effetto è mediato, almeno in parte, dall’ inibizione degli eventi a monte che provocano l’ attivazione dell’ NFkappaB. D’ altra parte, l’ infiammazione è di per se uno stimolo per l’ upregulation della produzione di Hsp70. Un meccanismo a feedback negativo esiste tra mediatori infiammatori ed Hsp70. Per esempio, la sovra espressione di COX-2 inibisce la sintesi dell’

Hsp70 in seguito allo shock termico, e questa inibizione può essere invertita attraverso l’ esposizione agli inibitori della COX-2. Inoltre in un modello di stress cellulare in cui l’inibizione farmacologica del proteosoma risulta nell’ upregulation dell’ Hsp70, l’ addizione di inibitori di NFkappaB incrementa successivamente la sintesi dell’ Hsp70, implicando un ruolo regolatorio negativo dell’ NFkappaB nel meccanismo di HSR (Heat shock response).

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Numerosi studi che utilizzano vari induttori farmacologici delle Hsp come l’ immunosoppressore FK506, hanno mostrato che il Geranile acetato (GGA), induttore dell’ Hsp70, o composti a base di erbe come il celastrolo, hanno effetti antiinfiammatori. In modo abbastanza sorprendente i farmaci antiinfiammatori non steroidei che inibiscono la COX-1 e la COX-2, incrementano anche la sintesi dell’ Hsp70. In ogni modo, questa azione dei FANS è probabilmente mediata dall’ attivazione dell’ HSF1 piuttosto che dall’ inibizione dell’ NFkappaB.

Infine, ci sono risultati evidenti che dimostrano che le Hsp hanno effetti benefici quando testate in sistemi che modellano aspetti specifici degli effetti dello stress ossidativo, così come proteine misfolding, apoptosi o infiammazione. E’ ormai stabilito che come risultato dell’ esposizione ad uno stress come il precondizionamento, la corretta composizione e locazione dei complessi delle Hsp può preparare una cellula ad affrontare successivi stati di stress ossidativo. Le Hsp che giocano un ruolo nella percezione dello stress ossidativo sono coinvolte anche nel ripristino fisiologico della conformazione proteica durante e dopo lo stress, e sono inoltre capaci di inibire le vie di morte cellulare, incluse le vie infiammatorie e apoptotiche. Le Hsp sono coinvolte in un elevato numero di vie cellulari e possono costituire il target per numerosi interventi terapeutici.

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IL RUOLO DELLE Hsp NEI DISORDINI CHE COINVOLGONO LO STRESS OSSIDATIVO.

Neurodegenerazione

Nonostante che la causa di molti disordini neurodegenarativi sia molto specifica, di solito interessa particolari popolazioni neuronali, fatto che risulta in un caratteristico fenotipo clinico, è molto probabile che la maggior parte di questi danni condivida comuni vie patogeniche. Per esempio, un numero di meccanismi incluso l’eccitotossicità da glutammato, l’eccessiva produzione di ROS che conduce a danni ossidativi, il danneggiamento del trasporto assonale, la liberazione di proteine, la neuroinfiammazione l’

attivazione di cascate apoptotiche, sono tutte implicate nel giocare un ruolo in un numero di danni neurodegenerativi come il morbo di Alzheimer (AD), il morbo di Parkinson (PD), il morbo di Huntinghton (HD), e la SLA. Per alcuni di questi danni, la generazione di modelli di topi transgenici è stato un utile strumento sperimentale non solo per investigare disagi patogenici, ma anche per test preclinici. Infatti esistono numerosi studi, che descrivono gli effetti benefici dell’ upregulation delle Hsp in modelli di danni neurodegenerativi incluso il PD e l’ AD così come il disordine che risulta da un tratto di poliglutamina espanso, come HD, l’ atassia spino cerebellare (SCA) e la malattia di Kennedy (KD; o meglio conosciuta come atrofia muscolare spino-bulbare). Simili effetti protettivi delle Hsp sono stati inoltre osservati in modelli cellulari di altri danni neurodegenerativi come la tossicità indotta dall’ α-synucleina, dove l’ Hsp70 è sovraespressa, o trattamenti con geldanamicina hanno mostrato che hanno un effetto citoprotettivo. In un modello in vivo di sclerosi multipla , un corto stress

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come il precondizionamento ipertermico, ha mostrato un eccezionale livello di neuro protezione che è accompagnato dall’ aumento dei livelli di Hsp70 e una ridotta attivazione di NFkappaB. E’ importante notare che, questi effetti di un condizionamento termico in questo modello di MS, può essere parzialmente imitato dall’ applicazione di 17-AAG un inibitore della Hsp90.

In modelli cellulari di SLA, l’Hsp70 sovraespresso si è dimostrato capace di ridurre formazioni aggregate, di migliorare l’ attività di trasporto e di incrementare la sopravvivenza cellulare. Questi effetti citoprotettivi delle Hsp non sono limitati soltanto all’ Hsp70, poiché le sovraespressione simultanea di molteplici Hsp, incluso Hsp70, Hsp40 e Hsp27 è una strategia citoprotettiva di maggior successo, almeno in vitro.

Sfortunatamente tali risultati positivi in vitro, non hanno dato risultati altrettanto positivi in vivo. Un promettente approccio all’ up regulation delle Hsp in vivo è stata la generazione di topi transgenici che sovraesprimevano specifiche Hsp. Analizzando queste, con il modello di topo SOD1 della SLA, è stato dimostrato che la sovraespressione sia di Hsp70 che di Hsp27 non protegge i motoneuroni dalla morte cellulare nei topi SOD1 in vivo. In ogni modo, maggior successo è stato ottenuto utilizzando approcci farmacologici per up-regolare l’ espressione di Hsp in vivo. Per esempio, il trattamento dei topi SOD1 sia con arimoclomol, un derivato idrossilaminico, che con celastrol, un ingrediente attivo di un farmaco di derivazione vegetale cinese, salva i motoneuroni dalla morte cellulare portando ad un incremento nella sopravvivenza e ad una migliore performance in vivo. Queste scoperte suggeriscono che una manipolazione genetica della espressione delle Hsp nei topi, che si ha con l’ up-regulation di Hsp specifiche individuali, sia una strategia meno efficace quella che riguarda l’ induzione farmacologica dell’ HSR endogeno, e perciò mima più precisamente gli effetti di uno stress come il precondizionamento.

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Comunque, poiché tutte le funzioni delle Hsp richiedono un’ interazione finemente sintonizzata tra le Hsp stesse, i loro co-chaperoni e le proteine clienti, non è sorprendente che l’ incrementata espressione di una specifica singola Hsp sia meno efficace dell’ attivazione di un’ intera via citoprotettiva. Perciò è probabile che, la co-induzione di molteplici Hsp sia una strategia di maggior successo rispetto all’ upregulation di Hsp individuali. Perciò strategie terapeutiche che attivano l’ HSF1 sono probabilmente particolarmente efficaci nel proteggere i neuroni dallo stress ossidativo nelle patologie neurodegenerative.

Patologie cardiovascolari: danni ischemici al cervello e al cuore.

L’ ictus è la più grande causa di diverse problematiche invalidanti negli Stati Uniti e in Europa, risulta da uno scompiglio nel sangue che giunge al cervello ed è dovuto sia a ischemia, causata da trombosi o embolo che ad emorragia. La mancanza di sangue al cervello, lascia i neuroni senza un supporto nutrizionale, imponendo in tal modo uno stress metabolico alle cellule. Quando l’ ossigeno e il glucosio vengono a mancare, la produzione di ATP è ridotta, fatto dovuto ad un fallimento dei processi che sono energia-dipendenti, incluso il mantenimento del potenziale della membrana neuronale. Questo provoca di conseguenza una serie di eventi che includono il rilascio di glutammato nello spazio extracellulare, l’ afflusso di Ca+, l’ attivazione di secondi sistemi messaggeri dell’ infiammazione, e le vie apoptotiche di morte cellulare. In più, l’incremento di glutammato extracellulare ha un effetto citotossico sui neuroni limitrofi. La mancanza dell’ apporto di energia conduce alla generazione di ROS e danni ossidativi, e un ulteriore peggioramento del danno cellulare. Inoltre nell’ ictus c’è una rapida attivazione di un numero di vie distruttive. Quando l’ apporto di sangue è ripristinato alla parte danneggiata del cervello, questo reintroduce

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ossigeno che può causare ulteriori danni ossidativi (danni di riperfusione).

In seguito ai danni dell’ ischemia riperfusione si ha un aumento transitorio dell’ espressione di Hsp in alcune regioni del cervello, come l’ ippocampo lo striato e la corteccia entorinale, raggiungendo il punto max 24-48 ore dopo il danno. Mentre l’ Hsp70 è indotta nei neuroni danneggiati dentro queste regioni, l’ upregulation dell’ Hsp27 diviene predominante nelle cellule gliali in seguito allo stress ischemico.

La mancanza dell’ apporto di sangue al muscolo cardiaco ha effetti deleteri come osservato nel cervello in seguito al colpo apoplettico. Nell’ ischemia cardiaca, così come l’ infarto del miocardio, la produzione di ROS e stress ossidativo, gioca un ruolo maggiore nella patologia che conduce alla morte delle cellule del muscolo cardiaco. E’ ampiamente dimostrata l’ induzione delle Hsp nell’ ischemia cardiaca e l’ inversa relazione tra i livelli di Hsp nel cuore e la resistenza all’ ischemie. Si è visto che l’ attivazione della via dell’ Eme ossigenasi (HO) è un importante elemento negli effetti protettivi dello shock termico da precondizionamento nel cuore.

Vari studi hanno esaminato gli effetti della sovraespressione delle Hsp sugli esiti sia dell’ ischemia cerebrale che di quella cardiaca. La ricerca che utilizza topi transgenici che esprimono specifiche Hsp ha prodotto risultati contrastanti in modelli di ischemia cerebrale. Inoltre, l’ analisi istopatologia dei topi con sovra espressione di Hsp70 indica che queste cavie hanno lo stesso grado di infarto dei loro cuccioli non transgenici, benché in vivo la tecnica di imaging MRI abbia suggerito che subito dopo un danno ischemico in questi topi le lesioni fossero più piccole. La sovraespressione di Hsp70 indotta da virus in vivo, ha anche mostrato di avere effetti benefici e di poter salvare neuroni da successivi danni ischemici suggerendo che l’

upregulation dell’ hsp70 può veramente essere neuro protettiva nell’ ictus.

Inoltre, in modelli di ischemia cardiaca gli effetti protettivi della sovraespressione genetica di Hsp70, sono inequivocabili. In seguito al

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danno ischemico, i topi che sovraesprimono Hsp70 hanno un grado di infarto più piccolo e funzioni del miocardio migliori rispetto ai loro cuccioli non transgenici. La sovraespressione di piccole Hsp come Hsp27, ha effetti protettivi simili. Comunque, l’ induzione farmacologica delle Hsp ha portato a buoni risultati per quanto concerne la presenza dei neuroni dai danni ischemici. Per esempio è stato dimostrato che il pretrattamento con la prteina chinasi C (PKC), l’ induttore genarylgenarylacetone (GGA) o la geldanamicina, è neuro protettivo in modelli di ratti con ischemia cerebrale.

In questi ratti sia il livello di Hsp27 che di Hsp70 sono risultati significativamente elevati come conseguenza del trattamento e il grado di infarto è ridotto in modo significativo rispetto agli animali non trattati.

Poiché lo stress ossidativo gioca un ruolo importante in un numero di danni e meccanismi distruttivi è probabile che qualsiasi terapia che sia di successo nel ridurre i livelli di stress ossidativo, possa avere un impatto significativo nel trattamento di un’ ampia gamma di malattie. C’è un ampia prova che l’

attivazione dell’ HSF1 e della successiva elevazione nella sintesi di un numero di Hsps e loro co-trasportatori possano proteggere contro gli effetti deleteri delle proteine slegate, apoptosi e infiammazione, in modelli di danni neurodegenerativi e cardiovascolari. Comunque a discapito della prova lampante per il ruolo protettivo delle Hsps in condizioni che riguardano lo stress ossidativo, usare candidati non medicinali che hanno come fine effetti citoprotettivi delle Hsps è stato approvato per il trattamento di qualsiasi danno neurodegenerativo e cardiovascolare. Di contro, piccole molecole inibitrici di Hsps, specialmente Hsp90, si mostrano promettenti come agenti anticancro e per esempio il potente Hsp90 inibitore 17-AAG è attualmente nelle prove cliniche per il

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trattamento dei diversi tipi di cancro. Poi, a discapito dell’ ampio volume di usi preclinici che dimostrano il ruolo citoprotettivo delle Hsps in condizioni ossidative, queste risultano avere fallito fino ad ora nel trasferire gli effetti terapeutici in approcci clinici. Una possibile ragione per la mancanza di progressi può essere ricercata nei numerosi esperimenti preclinici, in cui la strategia consiste nel pretrattare o nel prelevare livelli di Hsp prima dell’

applicazione dello stress sperimentale in vivo, il quale non riflette situazioni cliniche. D’ altra parte, poiché Hsps hanno un ampio range di ruoli intracellulari, è possibile che obiettivi generalizzati delle Hsps non siano un’ attraente possibilità terapeutica per compagnie farmaceutiche che preferiscono sviluppare specifiche terapie per specifici danni. Inoltre, un così generalizzato approccio per l’induzione delle Hsps avrebbe bisogno di tenere conto degli effetti cellulari delle Hsps e per esempio considerare gli effetti promotori del tumore delli induzione dell’ HSF1. Comunque, queste considerazioni possono essere sorpassate attraverso lo sviluppo di una scoperta rapida e mirata degli induttori Hsp. Piccole molecole induttrici dell’ HSR possono essere una via efficiente per indurre un appropriato Hsp e l’ espressione del co-trasportatore e, se questi possono passsare la barriera sanguigna cerebrale, questi induttori possono persino essere efficaci nei danni del CNS. Ad oggi, comunque, solo una manciata di questi composti è stata testata per la tossicità e solo una piccola parte è stata correntemente presa in considerazione per il trattamento di danni con stress ossidativo incluso l’ ictus e la SLA. Lo sviluppo futuro di tale terapia basata sulle Hsp citoprotettive potrebbe dipendere dal successo di queste prove dagli induttori dell’HSP.

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