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1 1 La crisi nell’azienda

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Academic year: 2021

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1 1 La crisi nell’azienda

“Il processo di risanamento costituisce una fase traumatica, di passaggio da vecchi valori e comportamenti manifestamente dannosi ed esiziali per la vita dell’impresa a nuovi valori e comportamenti improntati ad una rinnovata e più realistica tensione verso il raggiungimento di situazioni di tranquillità prima e di posizioni di successo durevole poi”

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. Paolo Bastia

1.1 La Crisi si propaga nel tessuto italiano

Uno dei temi della economia aziendale è da sempre considerato quello sulla crisi d’impresa, principalmente a causa delle possibili ricadute che essa può generare sia in termini di costi ed eventuale cessione dell’attività sia in termini di opportunità e stimoli per la ricerca di nuovi equilibri e soluzioni. Inoltre, è utile ricordare che, secondo la visione organicistica, lo stato di salute o di dissesto di una singola impresa non è solo un fatto privato, a causa del ruolo che essa svolge in generale nel tessuto economico-sociale in cui è nata ed in cui si trova inserita e per il coinvolgimento degli interessi di una pluralità di stakeholders. La salute del tessuto economico dipende dallo stato di benessere delle singole “cellule”, ossia delle aziende che lo compongono; pertanto lo stato di crisi o, ancor peggio, l'eventuale passaggio alla fase terminale costituirebbe un danno diffuso a tutto il sistema socio- economico

2

.

Negli ultimi anni il fenomeno ha assunto una maggiore rilevanza nei dibattiti e negli studi economico-aziendali italiani ed internazionali sia per l’aumentata rischiosità dei processi aziendali dovuta, alla crescente complessità e dinamicità dei mercati ed alla globalizzazione, sia per gli effetti negativi che la recente congiuntura economica ha provocato sulle imprese. In particolare, il sistema

1 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pagina 101

2 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pag. 26 e segg.

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economico italiano, costituito per oltre il 90% da piccole e medie imprese spesso sottocapitalizzate ed abituate a ricorrere al credito bancario piuttosto che al mercato, è stato colpito in misura rilevante dalla crisi finanziaria mondiale. Vi è stata una forte contrazione del credito bancario alle imprese rendendo così ancora più difficile l’implementazione di misure atte ad arginare e governare lo stato di crisi. Dall'analisi trimestrale del 2014 dei dati elaborati dal Cerved, società specializzata nella gestione e nell’elaborazione di banche dati, sembrava che le sorti aziendali italiane tendessero ad un miglioramento sia pure lieve, ma l'analisi del secondo trimestre ha quantificato un allarmante aumento dei fallimenti aziendali, infatti da aprile a giugno 2014 il numero delle aziende italiane costrette a dichiarare fallimento è aumentato del 14,3% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 4.241

3

. Nel primo semestre 2014, ad arrendersi alla crisi sarebbero state oltre ottomila imprese, il 10,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2013, determinando un record dall’inizio della serie storica del 2001. A

“gettare” la spugna sono soprattutto le società di capitali, tra gennaio e giugno ne sono fallite più di seimila, ma anche le società di persone, che hanno avviato il 5,9% di procedure di fallimento in più rispetto all’anno scorso e le forme giuridiche con l’1,8%. La sconfortante tendenza ha coinvolto tutto lo Stivale: la rilevazione del Cerved ha infatti dimostrato che il fenomeno dei fallimenti si è diffuso dal Nord al Sud risparmiando solo il Nord-Est, dove l’incremento si è fermato al 5,5%, contro il 14% rilevato al Sud e nelle Isole, il 10,7% al Nord- Ovest ed il 10,4% al Centro. Se il settore dei servizi ha fatto registrare un tracollo verticale, infatti i fallimenti sono aumentati del 15,7% rispetto allo scorso anno, è andata meglio al comparto dell’edilizia, dove le procedure di fallimento sono calate passando dal 12,8% del primo semestre del 2013 all’8,2% ed a quello della manifattura, dove i fallimenti si sono quasi dimezzati, passando dal 10,5% del 2013 al 4,5% rilevato nei primi sei mesi del 2014

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.

L’amministratore delegato del Cerved, Gianandrea De Bernardinis, ha commentato: “Stiamo vivendo una fase molto delicata per il sistema delle piccole

3 http://www.repubblica.it/economia/2014/09/23/news/cerved_fallimenti_crisi_economica-96448082/

4 http://www.cicasitalia.eu/joomla/notizie/705-momento-difficile

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e medie imprese italiane. La nuova recessione sta spingendo fuori dal mercato anche imprese che avevano superato con successo la prima fase della crisi e stanno pagando il conto del credit crunch

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e ad una domanda stagnante da troppo tempo”

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. Occorre cercare di prevenire l'approdo delle aziende alla fase terminale, cercando di adattare il modello organizzativo - gestionale al nuovo contesto, che risulta più complesso ed arduo da affrontare; per tale ragione diviene importate il nuovo approccio alla crisi, il quale adotta una visione strategica che rivoluziona il modo di gestire il risanamento.

Prima di addentrarci nelle strategie di risanamento è essenziale delineare i tratti fondamentali dell'azienda come organismo mutevole e vulnerabile.

1.2 L’esigenza della duttilità contro la vulnerabilità aziendale

Secondo il Giannessi, “L'azienda è un’unità elementare del sistema economico generale, dotata di vita propria e riflessa, costituita da un sistema di operazioni, promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla composizione delle forze interne ed esterne, nel quale i fenomeni della produzione, della distribuzione e del consumo vengono predisposti per il conseguimento di un determinato equilibrio economico a valere nel tempo

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, suscettibile di offrire una

5Con il termine credit crunch significa stretta del credito, si indica un calo significativo (o inasprimento improvviso delle condizioni) dell’offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo, in grado di accentuare la fase recessiva. Per ulteriori approfondimenti si vedano: G. G. Santorsola; Banche e imprese nel credit crunch; Dirigenza bancaria; vol.36; n. 154; 2012. S. Milanesi; S. Rocchini; il credit crunch. F. Oldani; Credit Crunch e cambiamento;Mark up; vol. 19; n. 107; 2012.

6 http://argomenti.ilsole24ore.com/gianandrea-de-bernardis.html.

7 Secondo Giannessi l’azienda è “un’unità elementare dell’ordine economico generale dotata di vita propria e riflessa” sottolineando che “l’azienda pur avvalendosi dell’opera delle persone, è un fenomeno che, quando sussistono i concetti di ordine combinatorio, sistematico e di composizione, si distingue nettamente dalle persone stesse sia per il carattere autonomo della vita che in essa si svolge sia per la natura particolare delle finalità che essa persegue”. E. Giannessi; Appunti di economia aziendale; Pacini;

Pisa; 1979.

Sul punto anche Ferraris Franceschi sottolinea che “L’unità aziendale si presenta con una vita ed andamenti propri, diversi da quelli delle persone o categorie di persone che l’hanno costituita ed in essa operano. R. Ferraris Franceschi (a cura di) E. Cavalieri; Economia aziendale. Vol.1. Attività aziendale e processi produttivi; Giappichelli; Torino 2000; p.19.

Anche secondo Bertini “il fine dell’azienda; in quanto istituzione al servizio del soggetto economico per il perseguimento delle finalità personali di esso soggetto, non può che essere l’equilibrio del sistema

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remunerazione adeguata dei fattori utilizzati e un compenso proporzionale ai risultati raggiunti al soggetto economico per conto del quale l'attività si svolge”

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. L’azienda, in termini generali, può essere definita come un’unità economica organizzata per la produzione di beni e servizi al fine del soddisfacimento dei bisogni umani, la quale deve tendere al perseguimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo. L’impresa è un istituto destinato a perdurare nel tempo in un ambiente mutevole e dinamico, operando in un contesto economico-sociale dal moto perpetuo ed in continuo divenire

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. L’attività aziendale deve essere capace di adeguarsi a tale variazione, modificando la propria organizzazione interna, la propria ampiezza e complessità in base alle nuove esigenze produttive

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.

L’incessante mutevolezza delle necessità produttive rende così l’azienda un’organizzazione dinamica in atto

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, ovvero un complesso operante nel quale l'attività di lavoro deliberativa ed esecutiva di una o più persone si applica ai beni produttivi, al fine di conseguire un rendimento, ovvero un risultato economicamente utile. Da quest’ultima definizione emerge una connotazione

medesimo in tutti i suoi molteplici aspetti, ma ricondotto al comune denominatore economico”. Tratto da U. Bertini; Il sistema d’azienda. Schema di analisi; Giappichelli Editore; Torino 1990; pag. 44.

Si distingue pertanto la “funzione istituzionale” riconducibile ai fini primari dell'uomo o della società alla quale si lega la crescente responsabilità sociale dell'azienda, dalla “finalità propria” riconducibile a se stessa, ovvero vivere, riprodursi, auto-potenziarsi, crescere e creare ricchezza in un determinato contesto socio-economico. L. Giovanelli; Elementi di economia aziendale; Giappichelli Editore; Torino; 2007;

pag. 23.

8 E. Giannessi; Le aziende di produzione originaria; op. cit; vol I; pag. 67; 1958.

9 Le aziende; come ogni istituto economico o, se si vuole, come ogni società economica, si svolgono in un continuo divenire. Il dinamismo delle aziende ha espressione massima nella gestione e soprattutto nei processi economici”. Tratto da G. Zappa; L’economia delle aziende di consumo; Giuffré;editore; Milano;

1962; pag. 12.

“[…] L’azienda perdura, cioè in essa il processo dinamico è nettamente prevalente sull’elemento statico e strutturale che pure ne rappresenta l’indispensabile strumento. Un’azienda è un sistema in continuo movimento le cui operazioni aventi origine nel passato si realizzano nel presente e si proiettano nel futuro in un ciclo ininterrotto”. Cfr. E. Cavalieri; Ferraris Franceschi; Economia aziendale Vol.1. Attività aziendale e processi produttivi; Giappichelli Editore; Torino 2000; pag. 64.

10 R. Corticelli; Considerazioni sulle valutazioni di Bilancio. Bilancio di esercizio e amministrazione delle Imprese. Studi in onore di Pietro Onida; Giuffré; Milano;1981; p.87. Si riporta inoltre il pensiero di Cavalieri, il quale considera le imprese come “organizzazioni produttive che in vario modo assolvono la funzione di produrre beni o servizi per soddisfare bisogni individuali o collettivi”. A. Cavalieri;

Contabilità generale. Libro 1. Il modello economico di riferimento;Cedam; Padova; 2003. (introduzione).

11 Mutabilità e permanenza emergono dall'esempio fornito dall'Autore Pietro Onida, il quale sottolinea come nel sistema aziendale tutto si rinnovi con il passare del tempo, e nonostante cose e persone possano mutare, continuino a persistere i rapporti tra il complesso aziendale ed il mondo esterno. P. Onida;

Economia d’azienda; Utet; Torino; 1960; pag. 30.

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sistemica dell’impresa, qualificata come un’organizzazione composita, nella quale i componenti umani e tecnico-produttivi svolgono specifiche attività per il raggiungimento di un obiettivo comune.

Possiamo definire tale connotazione sistemica

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aperta, considerata la continua interazione con l’ambiente circostante in un rapporto di reciproca dipendenza;

complessa, essendo formata da elementi in reciproca, inscindibile e frequente correlazione multipla, il cui numero e la frequenza di tali relazioni sono talmente elevati da rendere frammentario e pressoché inutile l’esame isolato di alcune di esse; dinamica, poiché in grado di adeguare la propria struttura in base alle continue variazioni esterne; probabilistica, in relazione al grado di prevedibilità del suo comportamento

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.

Ottenere un risultato economicamente utile non significa associare al fine ultimo dell’impresa il soddisfacimento delle necessità produttive e finanziarie dell'uomo.

La primaria finalità dell’organismo aziendale è invece la sopravvivenza come entità autonoma, volta a creare valore perseguendo l'equilibrio durevole ed evolutivo.

Il sistema aziendale è metaforicamente assimilabile al sistema organico, biologicamente caratterizzato da continui processi di decomposizione e rigenerazione degli elementi che ne costituiscono la struttura produttiva. In base a tale definizione, l’unità produttiva si configura come una cellula facente parte del più vasto tessuto economico-sociale, la quale, secondo i principi di convenienza ed efficienza economica, “crea utilità mediante processi di acquisizione, trasformazione e scambio di ricchezza”

14

.

La realizzazione congiunta delle condizioni di equilibrio, strettamente correlate alla possibilità di sopravvivenza dell’impresa nel lungo periodo, è relativa agli aspetti economici, finanziari e patrimoniali delle attività realizzate, in quanto

12 La teoria sistemica dell’aziende nasce dai concetti dalla teoria generale dei sistemi e dall’evoluzione che questa ha avuto in diverse discipline, soprattutto di carattere scientifico e ingegneristico. 12 P. Bastia;

Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pag. 30

13 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pagg.

30 e segg.

14 S. Sciarelli; Il sistema d’impresa. Problemi di organizzazione e di gestione; Cedam; Padova; 1977; pag.

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esse, assunte come fondamento teorico nella pratica della pianificazione, rappresentano i limiti entro i quali devono muoversi le scelte strategiche poste in essere dal governo aziendale

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. Risulta quindi fondamentale mantenere il valore della produzione sistematicamente superiore al costo dei fattori che vengono consumati nel processo produttivo, difatti solo mantenendo positiva la differenza tra ricavi e costi della produzione l’azienda è in grado di “creare valore”

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. La creazione del valore, aspetto imprescindibile e necessario per tutti gli stakeholders, rappresenta un elemento vitale per l’azienda stessa, che deve fortificarsi e crescere assecondando la sua fisiologica tendenza allo sviluppo quali-quantitativo

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. L’equilibrio economico, elemento essenziale ai fini della sua sopravvivenza, è sia prospettico che dinamico, esso è infatti correlato alle future condizioni finanziarie dell’impresa ed è mantenuto attraverso un continuo scambio input-output con l’ambiente esterno.

L’insieme di forze, interne ed esterne, che agisce sul sistema aziendale influenzandone l’equilibrio gestionale nonché il funzionamento, rende l’impresa sensibile e vulnerabile alle diverse variazioni ambientali

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. Alcune variazioni ambientali, quali il progresso tecnologico, l’incremento demografico o il

15 Si riporta il pensiero di Amaduzzi, secondo il quale, con il saggio intitolato “Il sistema produttivo dell’impresa nelle condizioni del suo equilibrio e nel suo andamento” (1948); la verifica dell’equilibrio economico nel lungo e nel breve periodo deve essere posta in relazione con la verifica degli equilibri finanziari (di competenza e di cassa) sia con la possibilità di copertura dei fabbisogni finanziari a fronte degli investimenti programmati. Si veda E. Cavalieri; Le nuove dimensioni dell’equilibrio aziendale.

Contributo alla rivisitazione della teoria; Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale; marzo e aprile 2010; n.3 e 4; pagg. 125-126.

16 E. Cavalieri; Contabilità generale. Libro 1. Il modello economico di riferimento; Cedam; Padova;

2003; pag. 87.

17 “In questo sottile gioco di equilibri tra valore riconosciuto ai differenti stakeholders e valore riconosciuto all’organizzazione per garantirne la sopravvivenza e lo sviluppo, si estrinseca la professionalità di chi esercita la funzione di imprenditorialità”. E. Cavalieri; Le nuove dimensioni dell’equilibrio aziendale. Contributo alla rivisitazione della teoria; Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale; marzo e aprile 2010; n.3 e 4; pag. 132.

18 Per Bandettini, le aziende, cercando di adeguarsi a condizioni esterne previste o prevedibili, ma comunque sempre nuove, assumono di volta in volta posizioni di difesa da congiunture negative o, al contrario, promuovono presupposti tali da trarre i maggiori vantaggi da tendenze positive. Ciò tuttavia non significa che, nei confronti dell’ambiente, esse siano soltanto soggetti passivi: in concreto, per molti versi, si comportano anche come soggetti attivi, nel senso che le loro politiche di organizzazione, produzione e distribuzione influenzano, in vari modi e dimensioni, il mondo esterno. A. Bandettini;

Responsabilità sociali dell’azienda; Bilancio di esercizio e amministrazione delle Imprese. Studi in onore di Pietro Onida; Giuffré; Milano; 1981; pag. 334.

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continuo ampliarsi dei mercati, hanno infatti indotto le aziende a modificare costantemente la propria struttura produttiva e a subire così l’incremento dei rischi di economico legati alla disponibilità ed alla corretta amministrazione delle risorse

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, non riuscendo a remunerare in maniera congrua i fattori utilizzati.

L’assunzione del rischio

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, elemento esistente in qualsiasi tipo di attività, è tanto maggiore quanto più alto è il grado di variabilità nell’ambiente circostante all’azienda, la quale è sempre accompagnata da un sistema di rischi di natura specifica che trovano nel rischio economico generale

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, cioè la possibilità che l'azienda non riesca a remunerare in modo adeguato le risorse e i fattori utilizzati, l'elemento economico unificante. La variabilità del mercato, contribuendo a determinare ed a condizionare la possibilità di raggiungere o mantenere l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale, costituisce un imprescindibile fattore di sviluppo o di involuzione

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. Il rischio economico, che appare profondamente correlato all’indeterminatezza ambientale ed operativa, deriva dall’impossibilità che le scelte relative alla destinazione delle risorse economiche avvengano sulla base di elementi certi e precisi. Soggettività ed indeterminatezza del processo organizzativo e valutativo ne implicano, infatti, la relatività e la possibile inefficacia

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.

Il mondo capitalistico, profondamente consapevole che incertezza e rischiosità siano fattori sussistenti in misura più o meno rilevante, è conscio dell'eventualità

19 A. Bandettini; Il processo delle decisioni nell’organizzazione aziendale; Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia aziendale; Roma; novembre 1976; pag. 311.

20 “Se per ‘gestione dei rischi’ non intendiamo la mera attività di fronteggiamento invece il complesso di attività con approccio preventivo; concomitante e successivo si focalizza sull’individuazione, sulla valutazione e sul trattamento dei fenomeni aleatori (da cui possono derivare conseguenze negative), possiamo affermare che ogni manager è coinvolto nella gestione dei rischi”. S. Bianchi Martini; La politica dei rischi; op. cit.; 1996 pag. 297.

21 Per un maggior approfondimento si veda S. Garzella; Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle

“Potenzialità inespresse”. Una “visione” strategica per il risanamento. Giappichelli; Torino; 2005;

pagg. 19 e segg.

22 E’ importante riportare quanto affermato da Amaduzzi; il quale sottolinea come la variabilità del processo economico si manifesti con interrelazioni macro-microeconomiche. A. Amaduzzi; L’equilibrio delle imprese; Bilancio di esercizio e amministrazione delle Imprese. Studi in onore di Pietro Onida;

Giuffrè Editore; Milano; 1981; pagg. 684-685.

23 Sul punto Corticelli sottolinea come l’incertezza provochi il rischio e di conseguenza conoscenze non adeguate e politiche di destinazione del risultato effettuate sulla base di esse possano causare danni anche irreparabili per la società. R. Corticelli; Considerazioni sulle valutazioni di Bilancio; Bilancio di esercizio e amministrazione delle Imprese. Studi in onore di Pietro Onida; Giuffré; Milano; 1981; pag. 96.

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che errori relativi alla gestione o eventi esterni possano compromettere il corretto svolgimento dell'attività aziendale ed il conseguimento dei risultati attesi.

Monitorare costantemente le condizioni interne ed esterne all'azienda è una prerogativa necessaria per la valutazione del rischio imprenditoriale e la prevenzione dello stato di crisi aziendale o insolvenza.

Riguardo al concetto di crisi aziendale sono molteplici le interpretazioni ed i contributi di cospicua rilevanza e valore

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; alcune correnti di pensiero considerano lo stato di crisi come carenza di flessibilità e mancanza di adattamento all'ambiente circostante, altre come deterioramento dovuto all'insufficienza di creatività del management, altre ancora come stato conseguente al forte degrado delle risorse immateriali. La pluralità di definizioni attribuibili allo stato di patologia aziendale dipende dalle diverse prospettive da cui si osserva il fenomeno; tutto ciò può generare difficoltà di inquadramento della problematica ed incertezza in sede di determinazione della diagnosi.

Tutte le gestioni aziendali, in misura più o meno rilevante, hanno presentato fasi di declino durante il proprio ciclo vitale; in tali periodi è risultato determinante il ruolo del management, in particolare la capacità di adattamento e l’apertura alle innovazioni

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.

La sopravvivenza delle imprese efficienti e l'eliminazione di quelle che non lo sono è determinata dalla selezione continua che il mercato svolge, eliminando quelle imprese che non siano in grado di superare la fase negativa del ciclo economico. Tale processo trae origine dal rapporto concorrenziale che sussiste tra le aziende, volte a potenziare la propria competitività attraverso la minimizzazione dei costi sostenuti e la differenziazione.

La crisi difficilmente può essere attribuita ad un drastico ed improvviso cambiamento dell’ambiente, poiché essa è il frutto di un lento processo di

24 Si richiamano alcuni noti scritti di C. Caramiello; L’azienda nella fase terminale; Cursi; Pisa; 1968; V.

Coda; Crisi di impresa e strategie di superamento; Giuffré; Milano; 1987; L. Guatri; Turnaround.

Declino; crisi e ritorno al valore; Egea Editore; Milano; 1995; S. Sciarelli; Crisi d’impresa; Cedam;

Padova; 1995; C. Vergara; Disfunzioni e crisi aziendali; Giuffrè; Milano; 1988.

25 Come scrive Evans, il management di alto livello deve saper sfuggire alla crisi prima che si manifesti, mobilitando capacità di adattamento e innovazione, prima che essa diventi un fatto reale. P. Evans; The strategical outcomes of human resources management; Human Resources Management; n.1; 1986.

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deterioramento della strategia e della struttura aziendale nel tempo, che determina il passaggio da uno stato di equilibrio ad uno di disequilibrio; pertanto, grazie al processo involutivo, è possibile rilevare i sintomi anticipatamente.

Indagare e riconoscere i sintomi della crisi significa ricercare fenomeni che comportano incrinature o rotture nei rapporti di equilibrio che regolano il fisiologico evolversi della combinazione produttiva, individuando i punti di innesco del processo di crisi all'interno del sistema aziendale.

1.3 Il soggetto economico come artefice e risolutore della crisi

Si ritiene che la ricerca delle cause che danno origine allo stato di crisi sia uno dei passi fondamentali per poter superare questo fenomeno, occorre invece non soffermarsi esclusivamente sull’analisi delle stesse, ma è necessario indagare sulle condizioni di successo

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per raggiungere una nuova configurazione di ordine e di equilibrio, in grado di segnare una sostanziale discontinuità rispetto al passato. Diverse sono le opinioni a riguardo, ma molti concordano nel dare a tale fenomeno una lettura di tipo soggettivo, cioè attribuendo le origini delle cause di crisi ai comportamenti, a decisioni ed azioni umane.

Concorde con tale visione è Bastia, il quale afferma che le principali origini della crisi, indipendentemente dalle molteplici e variegate forme di manifestazione, debbano essere ricercate nell'imprenditorialità, in quanto la mancanza o l'errato svolgimento di essa darebbero origine al fenomeno tanto temuto; pertanto afferma che occorre esaminare la crisi dei valori imprenditoriali, analizzando prima di tutto che cosa si intenda per funzione aziendale

27

. Quest'ultima era individuata dagli economisti classici nel ruolo di imprenditore, inteso come soggetto che apporta il capitale. Risalta subito il limite di tale impostazione, in quanto escluderebbe i casi in cui l'imprenditore-investitore, che abbia finanziato

26 Per comprendere le difformità tra la configurazione tipica delle imprese di successo e quella della azienda in crisi si veda V.Coda; Crisi d’impresa e comportamento direzionale; in AA.VV.; Crisi d’impresa e sistemi di direzione; Etas; Milano; 1977; pag. 5 e segg.

27 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pagg.

18 e segg.

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l'impresa anche se non in maniera adeguata, abbia fatto ricorso ad un forte indebitamento. L'autore sopra citato afferma che “per giungere all'individuazione dei requisiti imprenditoriali essenziali per prevenire le crisi aziendali sia necessario definire le condizioni essenziali di successo di un'azienda di qualsiasi ordine (erogativa o produttiva, pubblica o privata) in mancanza dei quali si vengono a presentare disturbi ed alterazioni fino al pieno stato di crisi. Si tratta della tensione verso l'economicità o efficienza economica, da intendere come mai definita e sempre da ripristinare, in linea con il carattere dinamico ed evolutivo sia della gestione, sia dell'ambiente esterno”

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. Bastia individua una stretta correlazione tra imprenditorialità e tensione verso l'economicità, intendendo quest'ultima come l'attitudine a generare un processo durevole di creazione di ricchezza. La funzione imprenditoriale si sostanzia nella capacità di generare un’eccedenza del valore dei prodotti utilizzati tali da remunerare gli interessi sul capitale utilizzato, sia esso apportato a titolo di capitale proprio che di capitale di terzi e che generi un profitto imprenditoriale. Schumpeter per definire la funzione imprenditoriale richiama le attitudini dello status di imprenditore e la individua nella capacità innovativa che è anche l'elemento propulsivo del progresso del sistema economico

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. L'innovazione porta all'azienda una situazione di vantaggio competitivo che consente di ottenere un profitto differenziale ed essa non è fine a se stessa, ma deve esse valutata in relazione alla possibilità che dia luogo a nuove combinazione e sia quindi produttiva in termini di risultati aziendali. In linea con il pensiero di Bastia è la visione di Schumpeter, nella quale è implicita una concezione dinamica del sistema economico il cui progresso è legato al cambiamento, all'innovazione e al miglioramento

30

.

Un altro aspetto fondamentale della funzione imprenditoriale è che essa sia dominata da condizioni di rischio e di incertezza, poiché tale funzione è protesa

28 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pagg.

25 e segg.

29 J. A. Schumpeter; Theorie der wirtschaftlichen entwicklung; Duncker & Humblot; Lopsia; 1912; trad.

It. Teoria dello sviluppo economico; Sansoni; Firenze; 1921; J. A. Schumpeter; Unternehmer; in L.

Elster-A. Weber.; Handwoeterbuch der Staatswissenschaten; vol. 8; Jena; 1928; J. A. Schumpeter;

Capitalism, Socialism and democracy; Harper Row; 1942.

30 G. Mussati; Il problema dell’imprenditorialità. Un quadro di riferimento teorico e la possibilità di verifiche empiriche; G. Mussati (a cura di); Alle origini dell’imprenditorialità; cit.; pag. 16 e segg.

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verso il futuro e verso il nuovo. Il rischio è riconducibile ai risultati delle scelte, i quali possono essere in parte ignoti ed in parte previsti con un certo grado di probabilità e quindi anche essere misurati, grazie alle esperienze passate od a collegamenti logici e matematici o ad elaborazioni statistiche

31

.

L'incertezza invece sfugge a qualsiasi qualificazione e calcolo probabilistico e viene percepita attraverso giudizi soggettivi, facendo ricorso all'intuito personale oppure alle capacità discrezionali; tale attributo non conduce esclusivamente a risultati negativi, ma può talvolta essere fonte di successo ed opportunità

32

. In siffatto aspetto risiede la ragione e l'origine del profitto imprenditoriale, in quanto da un lato ricompensa la difficoltà dell'azione imprenditoriale volta allo sviluppo e dall'altro porta in evidenza i riflessi che la turbolenza imprenditoriale produce sulla gestione aziendale, aumentando il grado di incertezza del quadro di riferimento in cui vengono operate le scelte. Nonostante il fronteggiamento del rischio non costituisca un fattore originale del profitto dell'imprenditore, esso è comunque necessario per garantire la copertura dei costi, dato che la crisi è la mancanza di economicità ed addirittura la distruzione di ricchezza.

L'ultimo requisito imprenditoriale che viene messo in luce da Bastia ai fini dell'analisi delle origini dello stato patologico è la capacità di creare o modificare la struttura dell'impresa secondo un criterio di efficienza dei costi di transazione, alla cui origine si pone un fattore comportamentale che si integra con la razionalità limitata, si tratta “dell'opportunismo” o rischio morale connesso con il comportamento dannoso degli interlocutori dell'imprenditore come ad esempio clienti, fornitori o patners commerciali

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. Il concetto di opportunismo non deve essere equivocato con quello tradizionale di “interesse personale”, elaborato da

31 Per un’approfondita disamina dei fenomeni di rischio e dei condizionamenti che questi implicano nelle scelte economiche si consulti F. H. Knight; Risk; uncertainty ancd Profit; The Riverside Press Company;

Cambridge; 1948. Un analisi del sistema dei rischi in economia aziendale è stata sviluppata anche da U.

Bertini; Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale; Giuffrè; Milano; 1969.

32 S. Sciarelli; La crisi d’impresa. Il percorso gestionale id risanamento nelle piccole e medie imprese;

Cedam; Padova; 1995.

33Il concetto di opportunismo rappresenta una variabile comportamentale introdotta nell’analisi economica da O. E. Williamson; Market and Hierarchies: Analysis and Antitrust Implications; cit.; ed ampiamente accolta nell’ambito di filoni teorici contigui; come ad esempio nella “teoria dei costi di agenzia” di M. C. Jensen- W. Meckling; Theory of the Firm: Managerial Behavoir, Agency Cost, and Ownership structure; in Jounal of Financial Economics; vol. 2; n. 4; 1976.

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Smith, il quale sosteneva che questo fosse il motore di scambio che portasse ad un vantaggio vicendevole, soddisfacendo i bisogni di entrambi, che allo stesso tempo risultavano essere mezzi e fini della relazione di scambio. Il concetto di opportunismo

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si riconduce, invece, a comportamenti umani dettati dalla volontà di sfruttare deliberatamente condizioni di vantaggio relativo, secondo un orientamento non etico.

Questa variabile comportamentale può essere inquadrata nelle condizioni di rischio o di incertezza, ma, a differenza di quelle discusse poc'anzi, non si fonda sulla razionalità limitata, ma sulla volontà di sfruttare condizioni di asimmetria informativa a proprio vantaggio ed a danno della controparte contrattuale.

Con questo esame Bastia vuole far emergere l'importanza dei fattori soggettivi, in quanto essi si legano alle possibilità cognitive dell'uomo, riconoscendo in essi le origine che costituiscono l'essenza degli stati patologici delle aziende.

L'enfasi posta solo sulle qualità imprenditoriali è limitativa, poiché le origini della crisi devono essere ricondotte a coloro a cui è affidato il potere di dirigere l'azienda, occorre, quindi, ampliare l'oggetto in esame non limitandoci ad analizzare soltanto la funzione imprenditoriale, ma ad analizzare il governo d'azienda. All'interno di quest'ultimo sono riconducibili non solo la funzione esaltata da Bastia, ma anche la funzione manageriale. L'importanza di entrambe queste caratteristiche si evince da quanto afferma Bertini, il quale sostiene che

“come non esiste azienda senza imprenditorialità, così non esiste azienda senza managerialità

35

. “Imprenditorialità” e “managerialità” esprimono dunque due distinti ed imprescindibili aspetti della moderna realtà soggettiva dell'azienda ; anime diverse, in costante rapporto dialettico e in continua evoluzione tra loro, espressione distinte di un unico e indissolubile modo di essere”. Il ruolo del governo d'azienda è di estrema importanza, in quanto ad esso sono attribuiti i compiti, quali promuovere ed implementare un “sistema di idee” idoneo a conferire “sistematicità” ed “economicità” alla gestione, dotare l’azienda delle

34 Le radici del concetto di opportunismo sono però presenti nella teoria di F. H Knigt; del Moral Hazard, Risk; Uncertainty and Profit; cit.

35 U. Bertini; Il governo di impresa tra managerialità e imprenditorialità; Studi e informazioni; n. 4;

1984.

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risorse necessarie per realizzare un suo personale “sistema di obiettivi”, favorire un “sistema di decisioni” coerente con questi obiettivi, attivare un efficace ed efficiente “sistema di operazioni”, monitorare queste operazioni mediante un adeguato “sistema di controlli”, coinvolgere l’intero “sistema umano” nelle diverse fasi del processo, garantire ai terzi una gestione dell’azienda trasparente ed etica.

Con tali funzioni il governo viene classificato soggettivo, poiché rappresentabile da un sistema delle idee formato da quelle imprenditoriali, manageriali, operative, anche se soltanto le prime definiscono l'anima dell'azienda, i cui valori sono incorporati nei programmi di governo e nelle azioni poste in essere per la loro realizzazione e valorizzano le condizioni operative, infatti, il processo di governo si compone di una fase propositiva che qualifica il momento politico- volitivo e di una fase, attuativa che, successivamente, è seguita da quella esecutivo operativo

36

.

Con il carattere imprenditorialità si fa riferimento all'attitudine dell'azienda di proiettarsi nel futuro per individuare nuove possibilità di sviluppo, essa può manifestarsi attraverso un comportamento propenso all'innovazione ed al cambiamento, quindi l'accettazione del rischio d'impresa sembra costituirne un tratto peculiare.

La managerialità, invece, si caratterizza per le capacità tecnico organizzative in grado di garantire la corrispondenza della combinazione produttiva alle intuizioni imprenditoriali, si manifesta nella qualità di sviluppare in modo sinergico ed armonico le forze ed i fattori di natura interna ed esterna al fine di consentire all'azienda di raggiungere posizioni di eccellenza. Inizialmente, per quanto riguarda l'attitudine dell'imprenditorialità, tali caratteristiche venivano ricondotte esclusivamente alla matrice del capitale di rischio, mentre la managerialità veniva attribuita alla matrice nella conoscenza tecnica delle operazioni aziendali;

oggi, invece, si sostiene che le caratteristiche dalla prima possano essere fatte proprie dal management e, viceversa, le caratteristiche della managerialità siano individuabili nel sottosistema della proprietà. L’imprenditorialità e la

36 U. Bertini; Il sistema azienda; Giappichelli; Torino; 1989.

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managerialità sono anche il fondamento della dinamica intersoggettiva d’azienda e rappresentano la proiezione del “sistema aziendale delle idee”

37

sull’organizzazione, sulla gestione e sulla rilevazione dei fatti aziendali. Esse, nel loro estrinsecarsi, riflettono le particolari condizioni di contesto dell’azienda, che sono legate principalmente agli aspetti patrimoniali ed organizzativi della gestione e definiscono il “carattere del governo”

38

.

Secondo Bertini, gli elementi che esercitano la loro influenza sul governo determinandone il carattere sono l’entità del capitale di rischio ed il suo grado di concentrazione o di polverizzazione, la sua natura privata o pubblica, la complessità dell’organizzazione, il suo grado di sistematicità e di flessibilità.

L’entità del capitale di rischio esercita la sua influenza sul governo, in quanto determina le condizioni finanziarie dello sviluppo dell’azienda e circoscrive gli obiettivi della gestione, ad esempio un'elevata entità favorisce l’espansione e riduce il ricorso al credito; per contro un capitale di rischio di modesta entità determina una maggiore propensione all’affidamento bancario e limita il processo di sviluppo.

Il grado di concentrazione o di polverizzazione del capitale di rischio influisce sulla dinamica dei rapporti tra imprenditorialità e managerialità, in quanto un capitale di rischio molto concentrato determina un’imprenditorialità più forte ed autoritaria; al contrario un capitale di rischio molto polverizzato lascia più spazio alla managerialità.

La natura pubblica oppure privata del capitale di rischio condiziona la

“governabilità” dell’azienda in forza del diverso grado di “coscienza del rischio”

dei portatori di capitale pubblici rispetto a quelli privati ed ha significativi riflessi sulla qualità del management.

La maggiore complessità di un'organizzazione impone una struttura di governo maggiormente articolata ed una managerialità più determinata nella sua azione.

In un’organizzazione complessa, specie se relativa ad un’azienda di grandi

37 “Dato il peso determinante delle idee nella vita aziendale, come del resto in qualsiasi altra realizzazione dell’uomo, il sistema delle idee finisce per dare un’impronta decisiva sia al sistema delle decisioni sia al sistema delle operazioni”; U. BERTINI; Scritti di politica aziendale; Giappichelli; Torino; 1990.

38 U. Bertini ; Scritti di politica aziendale; Giappichelli; Torino; 1990; pag. 147.

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dimensioni, è forte, infatti, il rischio di asistematicità: si impone, allora, un monitoraggio continuo delle basi sistemiche dell’azienda.

La sistematicità e la flessibilità dell’organizzazione garantiscono la coerenza e la funzionalità dei vari processi gestionali e ne agevolano l’armonico inserimento nel progetto di governo mano a mano che vengono disegnati e ridisegnati i

“modelli operativi”. In particolare, la sistematicità “riduce” la complessità dell’organizzazione e l’elasticità ne favorisce il cambiamento; pertanto quanto più elevati saranno i gradi di sistematicità e di flessibilità dell’organizzazione, tanto più fluida sarà l’azione di governo

39

.

Alla luce della presenza sempre più massiccia di manager nell’area del soggetto economico ed anche in quella della proprietà, nonché del crescente allargamento della base azionaria imposto dalla globalizzazione dei mercati e del venir meno della “spinta da capitale di rischio”, l’imprenditorialità e la managerialità hanno perso molti dei loro caratteri originari e la linea di demarcazione esistente tra loro ed inizialmente ben definita sta divenendo sempre più evanescente. Ciò ha determinato il sorgere di una nuova “imprenditorialità di stampo manageriale”, meno vincolata alla logica del profitto, con un approccio di governo più innovativo, sia sul fronte organizzativo interno, che su quello delle relazioni esterne. Nella piena consapevolezza che ogni azienda costituisca una realtà a sé stante e che, quindi, l’imprenditorialità e la managerialità non possano avere canoni d’espressione comuni, è possibile individuare alcuni tratti distintivi del governo nelle differenti classi di aziende come, ad esempio, le caratteristiche delle piccole aziende si differenziano da quelle delle grandi aziende, piuttosto che aziende multinazionali. Queste caratteristiche, tuttavia, non si incontrano esclusivamente nel governo d'impresa, ma esse possono muoversi e svilupparsi liberamente all'interno dell'azienda e solo ad una parte di esse spetta la

39 “La sistematicità e flessibilità dell’organizzazione, infatti, favoriscono la circolazione delle idee, sia in senso verticale che in senso orizzontale, stimolano l’integrazione dei processi gestionali, facilitano le comunicazioni, sviluppano le conoscenze e le relazioni; sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Esse inoltre facilitano l’elevazione culturale dell’impresa e, nei casi più evoluti, quando il management sia in condizioni di esprimere al meglio le proprie competenze distintive, influiscono in modo determinante nei processi di “autoapprendimento imprenditoriale”. U.Bertini; Gli scritti di economia aziendale; 3° ed.

ampliata; Giappichelli; Torino 1995; pag. 114.

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responsabilità e l'autorità di governo dell'azienda. Diviene estremamente importante comprendere le dinamiche che guidano il sistema di governo ed orientano la volontà dell'azienda ed a tale fine la dottrina italiana fa prevalentemente ricorso al concetto di soggetto economico. La definizione di tale concetto diviene importante, poiché è necessario individuare i soggetti che guidano di fatto l'azienda, in primis, perché da essi dipendono le sorti dell'azienda e, successivamente, perché in caso di crisi è necessario poter intervenire su tale aspetto per poter ripristinare le condizioni di equilibrio.

Se da un lato tale concetto risolve il problema, in quanto al soggetto economico

40

si attribuisce la responsabilità e l'autorità di governo, dall'altro lato ne crea un altro, in quanto è difficile definire i confini di tale nozione. Quest'ultima complessità si è riscontrata a seguito dell'aumento della competizione e complessità gestionale, dello sviluppo dei mercati finanziari, così come delle modifiche e delle novità normative del diritto positivo, mentre precedentemente era più agevole, in quanto esso coincideva con la proprietà e quest'ultima si identificava con l'organo amministrativo

41

.

Dal punto di vista della definizione, il pensiero originario di soggetto economico era definito come “colui nell'interesse del quale si svolge l'attività di impresa”

42

e

40 Per Giannessi il “soggetto economico è la figura per conto della quale l’attività si svolge, su di esso grava la responsabilità del successo o dell’insuccesso dell’azienda: ad esso compete ottenimento di un compenso proporzionale ai risultati raggiunti o il sostenimento di una determinata perdita, ma anche quello che dà vita alla coordinazione aziendale, ne determina le linee operative fondamentali e ne subisce le conseguenze”. L’autore abbraccia la linea dei portatori di interessi istituzionali ritiene di dover includere nell’area del soggetto economico anche il capitale di risparmio e scrive: “Taluni autori ritengono che nella formazioni societarie il soggetto economico sia costituito dalla ‘maggioranza’, cioè dal gruppo di soci che domina l’assemblea e ne trae i maggiori benefici. A nostro avviso, tuttavia, malgrado che il gruppo di maggioranza determini di fatto le vie fondamentali della gestione societaria, il soggetto economico è costituito dall’intera assemblea e non dalla maggioranza [...] se è vero che nelle formazioni societarie la condotta dell’azienda è determinata dalla maggioranza, è vero che le persone o i gruppi di persone che costituiscono la minoranza avvallano tale condotta e ne assumono la piena responsabilità economica. […] i risultati della riguardano tutti i soci .” E. Giannessi; Appunti; op. cit.

pag. 71 e segg.

41 Bertini “un’oligarchia formata dagli esponenti più rappresentativi del capitale e dai dirigenti di grado più elevato”, che viene demandato il compito di armonizzare imprenditorialità e managerialità, nell’ottica di alimentare la sistematicità e quindi l’economicità. U. Bertini; Il sistema d’azienda; Giappichelli;

Torino; 1990.

42 “Il soggetto economico che esercita il controllo sull’azienda è la persona o il gruppo di persone nel cui prevalente interesse l’azienda è di fatto amministrata.” G. Zappa; Le produzioni nell’economica delle aziende; Giuffré; Milano; 1957; tomo I; pag. 86.

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da questo si sono diramate diverse definizioni, tra le quali spiccano tre diversi filoni interpretativi. Il primo di essi lo identifica con coloro che di fatto esercitano il potere di governo; spiegazione imprecisa e incompleta, che porta a rendere piuttosto arduo il compito dell'individuazione dei soggetti compresi nell'area dell'oggetto in questione.

Il secondo, che enfatizza il fattore umano, lo rappresenta nei portatori di interessi istituzionali. L'utilità di questa impostazione è quella di esaltare i due elementi fondamentali dell'azienda, ossia il sistema umano ed il capitale, per il raggiungimento dell’equilibrio economico durevole.

Infine, il terzo filone, che è possibile interpretare come un interpretazione sistemica delle precedenti, include nell'area del soggetto economico i soggetti istituzionalmente assegnati all'esercizio di tale potere; tale concetto lega la dottrina aziendalistica e quella giuridica, poiché per la comprensione dei soggetti a cui è demandata la guida dell'azienda occorre fare una prima analisi delle disposizioni normative e poi definire gli aspetti più informali e impalpabili della gestione.

Partendo dal punto di vista giuridico, l'articolo del c.c. 2380 bis stabilisce che che

“la gestione dell'impresa spetti esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale” ed il secondo comma sancisce che “l'amministrazione della società possa essere affidata anche a non soci”. Da tale definizione si può dedurre che nell'area del soggetto economico siano inclusi gli amministratori e, contemporaneamente, il diritto italiano riconosca ad altri soggetti, quali la proprietà ed agli organi di controllo, la possibilità di intervenire nell'area in esame, anche se quest'ultimi possono essere compresi nell'area del soggetto economico soltanto in maniera indiretta. Con riferimento alla proprietà tale qualifica può essere dedotta dall'articolo 2383 c.c il quale afferma che “ La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi di essi, che sono nominati nell'atto costitutivo e salvo il disposto degli articoli 2351, 2449 2450 del c.c.

Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre

esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del

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bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne l'iscrizione nel registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente”. È quindi il potere della nomina e revoca degli amministratori riconosciuto all'assemblea, ossia la proprietà, che la fa ricondurre in maniera indiretta nel soggetto economico ed a consolidare tale impostazione vi è l'articolo 2364 del c.c. che le attribuisce l'assenso sulle linee gestionali attraverso l'approvazione del bilancio. Occorre precisare che non tutti i portatori di capitale di rischio possano essere ricompresi nel soggetto economico, poiché si differenziano tra coloro che intervengono attivamente alla vita di impresa, ossia il capitale di comando e coloro che considerano tale apporto esclusivamente in termini di investimento finanziario, ossia il capitale di risparmio.

Per quanto concerne l'organo di controllo

43

, il legislatore non ha previsto la sua presenza in tutte le società e qualora sia previsto l'obbligo di tale organo l'ordinamento affida il compito di controllo sulla gestione e ne differenzia l'incisività in base alla dimensione, alla forma giuridica ed all'eventuale quotazione dell'azienda nei mercati finanziari ufficiali. L'espletamento di tale compito è previsto con l'osservanza di alcuni oneri, ma in particolare con la partecipazioni dei soggetti rappresentativi l'organo alle assemblee degli amministratori o con la presenza negli organi strettamente esecutivi. È proprio tale compito che permette di includere i soggetti dell'organo di controllo nell'area del soggetto economico, per il semplice fatto che sarebbero in grado di influenzare il processo di governo attraverso le loro indicazioni e con la

43 Si vedano G. F. Campobasso; Manuale; op. cit.; pag. 241 e segg.; AA.VV.; Diritto commerciale; op.

cit.; Ultima es.; G.U. Tedeschi; Il collegio sindacale a sistema dei controlli nel diritto societario comune e speciale; Giuffré; Milano; 2002; B. Iannello; La riforma del diritto societario; op. cit. cap. 4.

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partecipazione al processo decisionale dell'organo di amministrazione a cui è affidato il compito di guidare l'azienda.

Oltre alla proprietà ed all'organo di controllo occorre vedere se sia possibile includere in maniera indiretta atri individui nel soggetto economico. A tale dubbio è necessario rispondere positivamente, in quanto altri soggetti possono incidere sulle decisioni di governo, infatti possiamo includere anche il manager, al quale è affidato il compito esecutivo, ossia di implementare e realizzare le intuizioni imprenditoriali; lo stesso diviene quindi garante della funzionalità delle dinamiche produttive e del sistema informativo

44

. Concorde con tale ruolo affidato ai manager è Miolo Vitali che scrive nell'analisi delle nuove variabili competitive che “Tutto questo implica l'esistenza di un “manager professionale”, dotato di mentalità flessibile, cioè capace di “pensare in termini nuovi”, di interpretare gli elementi di giudizio e di realizzare le politiche e strategie formulate per mantenere un consistente divario concorrenziale, indispensabile per operare funzionalmente anche in tempi di turbolenza ambientale [...] per far questo occorre che si impegni nella programmazione e nella pianificazione con un ottica “propulsiva”, che sappia interpretare e risolvere i problemi posti dall'innovazione, che continui a migliorare la funzionalità dei legame tra le diverse “aree funzionali”, che sia in grado di cogliere con tempestività “i fatti nuovi”, gli andamenti anormali e tutto ciò che in qualche modo possa incidere sulle condizione di equilibrio economico durevole dell'azienda”

45

. Da tale pensiero si può evincere l'evoluzione del ruolo del manager il quale è passato da un ruolo passivo, il cui compito era circoscritto esclusivamente all'implementazione della strategia, ad un ruolo proattivo determinato dalla complessità del contesto in cui le imprese si trovano a competere; per tal ragione

44 Druncker sul tema propone l’analogia tra manager moderno ed il direttore d’orchestra. Al management, afferma, spetta la responsabilità di creare “ un insieme più grande della somma delle sue parti, un’entità produttiva che renda più della somma delle risorse che vi è immessa. Un’analogia è quella del direttore di un’orchestra sinfonica, attraverso il cui sforzo, intuizione e leadership le singole parti strumentali divengono l’insieme vivente di un’esecuzione musicale. Ma il direttore segue lo spartito del compositore;

egli è solo un interprete. Il manager al tempo stesso compositore e direttore”. P. Duncker; Manuale di Management; Etas; Milano; 1978; pag. 428.

45 P. Miolo Vitali; Il sistema delle decisioni aziendali, Analisi introduttiva; Giappichelli; Torino; 1993;

pag. 174 e segg.

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si richiede ai manager una caratteristica propria che in passato veniva riconosciuta esclusivamente all'imprenditore ossia la capacità innovativa. Ecco che in tal modo si rivoluziona il rapporto tra strategia e struttura il quale assume la natura circolare, in quanto tali elementi si influenzano reciprocamente e non è più possibile definire un processo lineare come quello che fu, in passato, sostenuto da Chandler, il quale affermava che dapprima si dovesse formulare una strategia ed in seguito progettare la struttura che renda possibile lo sviluppo dell'impresa lungo le direttrici della strategia

46

. Oggi invece si ritiene che l'idea che le strutture debbano essere in grado di modificarsi per rispondere agli indirizzi strategici sia valida come quella secondo la quale le strutture condizionino la circolazione delle informazioni ed incidano in modo determinante sull'organizzazione strategica. In tal ottica è possibile, come già detto precedentemente, includere il manager, quale artefice operativo della struttura, all'interno del soggetto economico.

In ottica di risanamento l'area del soggetto economico è destinata ad accogliere anche quei soggetti demandati all'attuazione della politica di rilancio dell'azienda, ossia a coloro che devono attivare e gestire un cambiamento volto a ripristinare le condizioni di equilibrio. Possiamo concludere che sia quindi assolutamente necessario includere nel soggetto economico tutti gli individui che di fatto esercitano il potere di governo o in qualche modo influenzano il processo strategico, ma, allo stesso modo, è opportuno prestare molta attenzione al fine di evitare di rendere troppo volatili i confini di suddetta area

47

.

1.4 La crisi, un argomento molto discusso

Il concetto di crisi è stato ampiamente trattato in letteratura, assumendo inizialmente connotati strettamente negativi in quanto essa è generatrice di perdite e di difficoltà per l’impresa; successivamente tale concetto è stato inserito in un contesto più ampio, nel quale la crisi viene vista come un periodo di

46 R. Normann; Le condizioni di sviluppo dell’impresa; Etas; Milano; 1993 op. cit; pag. 19 e segg.

47 S.Garzella; Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle “potenzialità inespresse”. Una ‘visione’

strategica per il risanamento; Giappichelli; Torino; 2005; pag. 45.

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sostanziale cambiamento che può condurre a conseguenze positive o negative.

Nell’ultimo periodo, l’attenzione di manager e studiosi si è poi spostata dalla gestione stretta della crisi alla gestione del rischio di crisi, concentrandosi sulle fasi che la precedono e sulla capacità di interpretare i suoi segnali premonitori in modo da intervenire tempestivamente e porre in essere le necessarie misure correttive.

La crisi è strettamente legata alla dinamica evolutiva dell’impresa che opera in un contesto competitivo complesso, caratterizzata da un’alternanza di fasi di successo e di insuccesso, più o meno ampie nel tempo. In questo senso la crisi può essere interpretata sia come uno stato patologico di malfunzionamento ed incertezza, sia come uno stato fisiologico, ossia una fase della dinamica evolutiva che inevitabilmente caratterizza le imprese. La crisi d’impresa è un fenomeno complesso e può essere osservato sotto diversi aspetti. Buttignon

48

, ad esempio, definisce la condizione di crisi come la situazione nella quale l’attività d’impresa distrugge valore economico, in prima istanza nella prospettiva degli azionisti e, successivamente, in quella degli altri stakeholders; essa si manifesta in termini di

“incapacità”, “inattitudine” dell’impresa a far fronte, con i flussi di cassa generati internamente e/o con un nuovo debito, agli impegni relativi al debito preesistente e può presentare diversi livelli di gravità, in base alla difficoltà di ripristinare le normali condizioni di gestione. Fazzini

49

, invece, identifica la crisi come uno stato patologico della vita dell’azienda che si verifica tendenzialmente in presenza di una situazione di squilibrio economico-finanziario che perdura nel tempo, con la conseguente difficoltà nel ripristinare la corretta funzionalità della gestione aziendale. Similmente, Aldrighetti e Savaris

50

fanno riferimento a un processo di deterioramento delle condizioni di equilibrio gestionale, che si manifesta attraverso un’alterazione della situazione economica, patrimoniale e

48 F. Buttignon; Il governo delle crisi d’impresa in Italia alla luce del nuovo quadro normativo: una riflessione introduttiva; Rivista dei dottori commercialisti; n. 2; pagg. 243-281; 2008.

49 M. Fazzini; Analisi di bilancio. Metodi e strumenti per l’interpretazione delle dinamiche aziendali.

Ipsoa; Milano; 2009.

50 F. Aldrighetti; R. Savaris; La riforma delle procedure concorsuali e i modelli di gestione dell’impresa in crisi; Progetto Smefin; 2008.

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22

finanziaria dell’azienda. Secondo il Guatri

51

, il percorso di crisi può essere descritto, come illustra la figura sottostante, come una sequenza di quattro stadi interdipendenti, caratterizzati ciascuno da specifiche manifestazioni.

52

“La crisi è la fase conclamata ed esternamente apparente del declino ed è un declino generalmente irreversibile senza consistenti interventi esterni” ed è preceduta da una fase di declino, nella quale iniziano a manifestarsi i sintomi. Il declino si articola negli stadi di incubazione e di maturazione; in questa fase si può notare il sorgere di fattori che denotano una perdita di valore nel tempo, quali l’affievolimento della capacità reddituale dell’impresa, l’aumento della rischiosità aziendale e la riduzione dei flussi economici, in particolar modo di

51 L. Guatri; Turnaround: declino; crisi e ritorno al valore; EGEA; Milano;1995.

52 Lo schema: I quattro stadi del percorso di crisi secondo Guatri; L. Guatri Turnaround: declino, crisi e ritorno al valore. EGEA; Milano;1995.

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23

quelli prospettici, seppur nella permanenza della loro positività. Nella fase di declino, se opportunamente individuata, il management ha l’opportunità di porre rimedio alle cause delle inefficienze, di risanare l’impresa senza sopportare costi ingenti, poiché le perdite economiche e la riduzione dei flussi non hanno ancora raggiunto livelli tali da provocare l’insolvenza. Nello stadio di maturazione gli squilibri ed i segnali di decadenza si manifestano all’esterno, accelerando così il passaggio dell’impresa allo stato di crisi. La linea di confine tra declino e crisi è assai labile e difficile da individuale; in generale, il declino può essere visto come un normale passaggio fisiologico della vita d’impresa, che, in assenza di adeguate misure correttive, conduce alla fase di crisi. Essa si manifesta attraverso rilevanti perdite economiche e di valore del capitale, squilibri finanziari, perdita della capacità di credito, in seguito alla ridotta fiducia da parte dei finanziatori e, più in generale, di tutti gli stakeholders come clienti, fornitori e personale, fattori che conducono all’insolvenza ed infine al dissesto. L’insolvenza, secondo quanto afferma l’art. 5, comma 2 della legge fallimentare “si manifesta con inadempimenti o altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”

53

. Essa è misurata in termini di flussi di cassa, insufficienti a coprire gli impegni sui contratti in essere e indica una situazione di tensione finanziaria. Il dissesto è lo stato in cui si verifica uno squilibrio patrimoniale definitivo per cui il valore delle attività è inferiore all’ammontare del debito in essere. Analizzando il problema da un punto di vista giuridico, l’ordinamento italiano non presenta una vera e propria definizione di crisi d’impresa, ma nella disciplina relativa ai presupposti per l’applicazione delle procedure giudiziarie è possibile rinvenire il concetto di stato di crisi quale situazione economica, patrimoniale e finanziaria in cui si trova l’impresa, tale da determinare il rischio di difficoltà nei pagamenti, ovvero l’incapacità di farvi fronte.

53 L’avverbio “regolarmente”, come chiarito dalla successiva relazione del Guardasigilli alla legge fallimentare, deve intendersi “non solo alle debite scadenze, ma anche con mezzi normali in relazione all’ordinario esercizio dell’impresa.”

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Riprendendo la definizione di Buttignon

54

la crisi non è altro che la risultante del concorso di diversi fenomeni tra loro collegati che autorafforzandosi danno vita a dei “circoli viziosi”. Data la complessità del fenomeno e dei meccanismi che danno il via alla sua formazione, risulta particolarmente difficile stabilire univocamente quali siano le cause del suo manifestarsi, ma, nonostante ciò l’individuazione dei fattori all’origine del deterioramento aziendale, ancor più se avviene in modo tempestivo, rappresenta la miglior premessa per la definizione e la riuscita delle strategie volte al risanamento.

Molteplici sono le cause che possono dar origine al declino ed alla crisi dell’impresa. Prima di passare ad analizzare le classificazioni, si tiene a precisare come il continuo crescere della complessità che caratterizza la società moderna sia considerato un fattore generante ed amplificante delle potenziali fonti di crisi per l’impresa, difatti i processi di innovazione, riguardanti soprattutto gli aspetti tecnologici, giuridici ed economici della società moderna, sono visti come possibili fattori generanti dello stato di difficoltà per l’impresa.

1.5 L’evoluzione della crisi in termini economico-finanziari

L’individuazione e la ricerca dei sintomi che hanno originato la crisi può essere preceduta da un’altra fase preliminare molto importante, dalla quale possono dipendere le sorti del processo di risanamento, tale stadio viene definito da Bastia

“fase pre-crisi”

55

; con essa si ha la percezione soggettiva dello stato patologico in cui si trova l’impresa, ossia una consapevolezza di un peggioramento e di un’alterazione delle condizioni di equilibrio, che si concretizza nello stimolo alla proprietà ed al management di avviare un processo, prima di analisi della crisi e, successivamente, di risanamento. Il successo di tale fase dipende dalle capacità cognitive dell’uomo

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, che, sia pur nel contesto di vincoli e condizioni che

54 F. Buttignon; Il governo delle crisi d’impresa in Italia alla luce del nuovo quadro normativo: una riflessione introduttiva; Rivista dei dottori commercialisti; n. 2; pagg. 243-281; 2008.

55 P. Bastia; Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali ; Giappichelli; Torino; 1996 cit. pag.

103 e segg.

56 Anche S. Garzella concorda che l’azienda dipenda dalle azioni umane, che afferma: “L’azienda è artefice, per mezzo degli uomini che la animano, del suo sviluppo. Sono infatti gli uomini che

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