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TITOLO
I CRUSCOTTI DI CONTROLLO AZIENDALI.
La Balanced Scorecard italiana per le Piccole e Medie Imprese
AUTORE
Simone Brancozzi
EDITORE
Brancozzi & Partners Consulting srl
2 SITI WEB
www.controlloaziendale.it www.cruscottodicontrollo.it
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COLLANA 'GESTIONE E SOLUZIONI DELLE CRISI AZIENDALI' Le crisi d’Impresa: analisi e cause
Previsione della crisi Aziendale Prevenzione delle crisi d’impresa
Il turnaround. La soluzione delle crisi nelle aziende in perdita ALTRI
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6 Chi è Simone Brancozzi?
Queste sono alcune recensioni su Simone Brancozzi, prese direttamente dal social network LinkedIn.
“Simone ha un’intelligenza viva ed è molto brillante. La sua dinamicità e capacità professionali gli permettono di essere sempre creativo e propositivo”. 19 gennaio 2012
Elena Loddo, Partner, Loddo Associati Dottori Commercialisti
“Simone Brancozzi lo considero uno dei migliori esperti di Web Marketing in Italia perché abbina, oltre alle conoscenze del mondo on line, tutta la sua esperienza che ha come Commercialista e ancor prima come Docente. Le sue competenze sono di altissimo spessore, è sempre attento alle tue richieste e riesce a trasformare le tue idee in azioni semplici e realizzabili.
Nonostante il suo profilo on line sia aggressivo e bizzarro, di persona invece manifesta una capacità comunicativa e innovativa straordinaria che me lo fanno considerare un consulente al Top del mercato. Lo consiglio a Aziende, Professionisti e Imprenditori; Simone e le sue iniziative possono salvare Aziende e professionisti in crisi e diventare un punto di riferimento anche per le aziende di successo. Mi ritengo fortunato ad averlo incontrato”. 3 novembre 2012
Principali qualità: Ottimi risultati, Gradevole, Spiccata creatività Vincenzo Borchia
“Simone ha una conoscenza quasi enciclopedica di quello che tratta. Conosce di cosa parla e con esempi e casi pratici ti fa capire la sua visione. È un piacere collaborare con una persona che come lui ha le idee chiare e riesce a stimolarti nel tuo business. Confrontarsi con lui è sempre profittevole!”. 21 gennaio 2011
Principali qualità: Gradevole, Esperto, Spiccata creatività Luca Rapini
“Simone’s main feature is his versatile attitude to face and solve problems, finding out new opportunities in unexpected realities. I quite appreciated his engagement to support small and medium companies, by offering them innovative tools to approach increasingly challenging economic scenarios. To have an idea of his enterpreneurial capacities, will you please give a look at the following website: http://www.controlloaziendale.it and, best of all, jump to his Facebook page (Il piccolo imprenditore italiano) at: https://www.facebook.com/pages/Il-Piccolo-Imprenditore- Italiano/51947563720 Last but not least... We’re working together on a brand new project aiming at carrying "digital dashboard technology" as well as "key performance indicators" to the arm’s lenght of even small companies in our Country. As somebody once wrote: you get what you measure.
Well, Simone’s contribution there really looks incomparable!
Sharing his optimistic mood in everyday life, I can well assert that the true key of everyone’s success mainly comes out from our own inner strong will”. 11 gennaio 2011
7 Renato Zanichelli, Owner, Studio Professionale Zanichelli
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Prefazione
Questo testo è dedicato a tutte le piccole e medie imprese, che vogliono imparare a controllare efficacemente le attività aziendali.
Uno studio statistico riporta che concentrarsi su un massimo di quattro obiettivi, permette di raggiungerli tutti; ma se ci si concentra su sei obiettivi, se ne portano a casa a malapena tre. Superati i sei, c’è il forte rischio di realizzarne solo due.
Per questo, molti imprenditori decidono di ridurre i loro obiettivi, sacrificando molte potenzialità, contenute all’interno dell’azienda. Il loro timore è quello di fare il passo più lungo della gamba.
Un’azienda non deve giocare al ribasso, perché una sua necessità fisiologica e naturale è quella di crescere continuamente, ponendosi via via obiettivi sempre più grandi e ambiziosi.
Eppure, il timore di non riuscire a gestire la propria attività è molto forte. L’imprenditore si sente solo e ha paura di non riuscire a gestire tutti i processi in modo efficiente.
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«E se mi sfugge di mano la situazione?», «E se non mi rendo conto di andare nella direzione sbagliata?», «E se il lavoro di una vita mi sfugge dalle mani, come la sabbia in un pugno?». Questi sono alcuni dei dubbi più frequenti, che ho riscontrato durante la mia lungo esperienza.
Siccome amo le sfide, siccome odio essere schiacciato dai limiti;
siccome amo l’universo delle piccole e medie imprese, perché ci sono nato e cresciuto, ho deciso di trovare una soluzione a questo blocco.
Mi sono domandato: «Cosa serve in un’azienda, per crescere ed investire nel proprio lavoro, senza rischi, in tutta tranquillità?».
Semplice: serve una buona dose di vitamina C, dove “C” sta per CONTROLLO.
Le piccole e medie imprese, infatti, spesso non sanno controllare la loro attività, non sanno misurare i processi della propria azienda e non sanno se si stiano verificando inefficienze.
A questo difetto, sono riuscito a porre rimedio, dopo lunghi anni di studio e sperimentazione. Ho ideato un sistema per aiutare gli imprenditori a controllare tutte le principali attività aziendali, in modo da non perdere mai di vista il buon andamento dell’azienda. L’ho chiamato CRUSCOTTO DI CONTROLLO.
Il mio cruscotto di controllo è uno strumento innovativo: è semplice, efficace, economico, alla portata di tutte le PMI.
10 Molti imprenditori potrebbero dire: «Ma che me ne faccio del cruscotto di controllo, non perché non potrebbe essere utile, ma perché mi basta il bilancio!».
I bilanci redatti a fini civilistici e di controllo, hanno la caratteristica, purtroppo, di non essere contemporanei ai fatti aziendali. Se dovessimo controllare il primo trimestre del 2013, con il bilancio lo analizzeremmo ad aprile!!!
Con il cruscotto di controllo, invece, possiamo controllare l’azienda in tempo reale, momento per momento. Potremmo così correggere la gestione, nello stesso momento in cui riscontriamo la disfunzione, non dopo il trascorrere di mesi.
Controllare la gestione con i bilanci è come guidare una macchina, guardando nello specchietto retrovisore, per verificare se la strada appena percorsa è stata quella giusta! Capite da soli l’inutilità: che senso ha verificare se la strada percorsa è corretta, solo dopo averla percorsa?
Più che un buono specchietto retrovisore, conviene allora avere un ottimo navigatore satellitare, che vi guida momento per momento, chilometro dopo chilometro.
Il controllo aziendale non può essere un processo a-posteriori, effettuato dopo aver compiuto certe azioni; ma deve realizzarsi in fieri, ossia durante l’accadere dei fatti, in tempo reale.
11 Esaminando i bilanci, per quando realizziamo che qualcosa non ha funzionato, potrebbe essere già tardi.
Il cruscotto di controllo previene l’insorgere delle situazioni di rischio.
Apro una minuscola parentesi, riguardo all’importantissima differenza fra previsione e prevenzione. La PREVISIONE è un processo che si effettua, solo quando si verificano già i sintomi del fenomeno che vogliamo prevedere. Esempio classico: se ho raffreddore, mal di gola e dolore alle ossa, sicuramente andrò incontro all’influenza. In questo caso, io faccio una previsione, ossia dall’analisi dei sintomi, traggo una conclusione.
«PREVENZIONE» non è un sinonimo di previsione (come molti potrebbero pensare), ma ha un significato molto diverso. Prevenire significa agire in modo che non si verifichino i sintomi o le cause (i prodromi) del fenomeno, che voglio evitare. Se voglio prevenire l’influenza, non mi imbottisco di antinfiammatori, non appena riconosco di averne tutti i sintomi; condurrò invece uno stile di vita tale, da non incorrere nei sintomi stessi, che la causano.
Io prendo gli antinfiammatori, in seguito ad una previsione; metto sciarpa e cappello durante, se voglio effettuare una prevenzione dell’influenza.
12 Nell’azienda il discorso non è dissimile: prevedo le situazioni critiche, se già ci sono dei segnali preoccupanti, che mi inducono a ritenerle molto probabili. Al contrario, prevengo le situazioni critiche, se faccio del tutto per evitare che si verifichino i fenomeni che le causano.
Poiché tale argomento riguarda da vicino il controllo aziendale, consiglio la lettura dei miei volumi II e III della mia collana «GESTIONE E SOLUZIONI DELLE CRISI AZIENDALI», disponibili online ai seguenti indirizzi (clicca per aprire i links):
1. Previsione della crisi Aziendale;
2. Prevenzione delle crisi d’impresa.
Il cruscotto di controllo si situa sul versante della prevenzione, perché il monitoraggio costante e approfondito di tutte le attività aziendali, permette una gestione sempre ottimizzata, evitando di produrre situazioni critiche per la vita dell’impresa.
Contenuto:
Nel primo capitolo, introdurrò il problema del controllo, riprendolo e confermandolo nel secondo. Nel terzo capitolo, invece, descriverò in stile saggistico la Balanced Scorecard. Finalmente, nel quarto spiegherò in cosa consiste il mio cruscotto di controllo. Aggiungo, a mo’ di corollario, una breve appendice sul time management.
13 Se non sapete resistere e volete subito scoprire come funziona il mio CRUSCOTTO DI CONTROLLO AZIENDALE, cliccate su:
www.cruscottodicontrollo.it
oppure guarda il mio VIDEO sul CRUSCOTTO DI CONTROLLO AZIENDALE a questo link: Video del cruscotto di controllo
In caso contrario, preparatevi un drink, mettetevi comodi e continuate la lettura!
Simone Brancozzi
14 Prefazione
1. UNA SORTA DI INTRODUZIONE 1.1 La tranquillità
1.2 La crisi
1.3 Quando la bilancia non basta 1.4 La quercia
1.5 La morte e la fanciulla 2. IL CONTROLLO 2.1 Cosa occorre
2.2 La situazione delle piccole e medie imprese 2.3 Il mercato attuale
3. LA BALANCED SCORECARD 3.1 Le aree di analisi
3.2 La costruzione di una Balanced Scorecard 3.3 I cinque principi della BSC
3.4 Perché utilizzare la balanced score card 3.5 La raccolta dei dati
4. IL CRUSCOTTO DI CONTROLLO AZIENDALE 4.1 La costruzione del Cruscotto di controllo
15 4.2 Esempi pratici di cruscotti di controllo
4.3 Il risultato finale
4.4 Commento di un cruscotto di controllo 4.5 L’Apprendimento e Sviluppo
4.6 La logica degli indicatori 4.7 Il mio servizio
Concludo
Contatti
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1. UNA SORTA DI INTRODUZIONE
1.1 La tranquillità
Ogni progetto, ogni idea, ogni grande successo parte da un elemento tanto semplice, quanto potente: il desiderio. Il desiderio è la spinta che muove l’animo a compiere qualcosa.
Mi sono spesso chiesto, quale sia quella molla, che spinge l’imprenditore ad essere quello che è: ad alzarsi tutte le mattine alle sei, lavorare fra mille difficoltà, correre dei rischi e, ad oggi, affrontare il terribile momento di crisi economica.
Ho trovato la risposta. Questa molla si chiama Passione: l’amore per quello che facciamo diventa desiderio, spinta a realizzare qualcosa di importante, di significativo.
Una volta che l’imprenditore ha costruito quel qualcosa, la spinta propulsiva non si esaurisce, ma si fonde ad altre esigenze. Al desiderio iniziale, si uniscono desideri meno ideali, ma dal forte impatto concreto.
17 Cosa desidera l’imprenditore affermato, che ha già una sua azienda?
L’imprenditore non desidera più costruirla, perché l’ha già realizzata;
semmai desidera crescere ulteriormente, evitando il rischio del declino.
L’imprenditore desidera poter controllare la sua azienda, in modo semplice, per non avere spiacevoli sorprese. Dopo i tanti sacrifici e il tanto lavoro, vorrebbe permettersi il lusso di passare il sabato e la domenica con la famiglia o con gli amici, lui che pur di mettere in piedi la sua attività, aveva lavorato anche il sabato notte e la domenica!
In sostanza, desidera solo una meritata tranquillità, che però non coincide tout court con il «non avere problemi». L’imprenditore è un uomo, che per natura e vocazione è abituato ad avere problemi e a trovare le giuste soluzioni. Egli non è tranquillo, quando non ha la cognizione effettiva del problema.
I problemi, le soluzioni complesse non sono il vero ostacolo alla tranquillità. Quest’ultima sorge dalla misconoscenza dello stato vero ed effettivo delle cose.
Quando l’imprenditore non riesce a rendersi conto degli eventi (perché non ha gli strumenti adeguati per analizzarli) è stressato. Lo stress, il nemico della tranquillità, non nasce dall’assenza di problemi, ma dall’incertezza, dalla mancata conoscenza dello stato attuale delle cose.
18 Al contrario, l’imprenditore è tranquillo, quando può dare un peso ed una misura ad ogni situazione che gli capita davanti. Se ho un problema, ma ho tutti gli strumenti per quantificarlo e per poterlo superare, che bisogno ho di essere stressato?
La conoscenza delle cose è la fonte numero uno della tranquillità.
Pensateci bene: quante domeniche avete passato, in preda all’angoscia, perché non eravate sicuri di aver fatto la scelta giusta, perché non eravate sicuri di essere in pari con la produzione?
Se l’aveste saputo, non sareste stati angosciati; semmai, sareste stati mossi dalla volontà di risolvere prontamente ed efficacemente il problema.
Quando uno conosce bene il problema, quando conosce momento per momento le varie aree del sistema aziendale, non ha motivo di essere stressato, perché in ogni momento sa quali leve muovere, per correggere quegli ostacoli che possono frapporsi alla realizzazione degli obiettivi.
Sapere che c’è un problema, conoscere il problema, sapere dove intervenire per risolverlo, è già avere in mano la soluzione.
È molto peggio sospettare che ci sia una situazione di pericolo, ma non sapere precisamente dove e come, perché non si dispone di idonei mezzi di analisi e prevenzione.
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1.2 La crisi
Quando un imprenditore non conosce i processi della sua azienda, non ne risente solo la sua tranquillità psicologica. C’è un nemico molto più temibile, che striscia nella penombra, pronto a colpire. Questo nemico ha il nome di «Crisi aziendale».
Non pensate che la crisi sia un qualcosa che alla vostra impresa non capiterà mai. Ogni azienda, dalla più grande alla più piccola, è esposta al pericolo delle inefficienze, che conducono alla crisi di liquidità. Il fenomeno, al giorno d’oggi è reso ancora più evidente dalla crisi internazione.
Teniamo presente il grafico sottostante (Figura 1):
L’analisi della crisi aziendale e la prevenzione con il cruscotto aziendale
Brancozzi & Partners Consulting Srl
I stadio II stadio
maturità declino crisi insolvenza
PREVENZIONE PREVISIONE
EMERSIONE della CRISI con sintomi di
natura economica
Aggravamento della situazione con l'emersione delle difficoltà finanziarie
Figura 1
Nella prima colonna, vediamo la fase iniziale di ogni azienda, in cui si sviluppa armoniosamente, raggiungendo il massimo delle sue potenzialità. Generalmente, quando l’apice viene raggiunto e non c’è più crescita, si dice che l’azienda entra nella fase di maturità.
Se i dirigenti non riescono a portare nuova linfa all’interno dell’azienda (cioè se non riescono ad innovare e a restare competitivi), la maturità si trasforma in declino: l’azienda invecchia rapidamente, non riesce più a sostenere il passo dei tempi, il mercato.
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Si entra così nel primo stadio della crisi, contraddistinto dalla fase del DECLINO: l’azienda subisce le prime perdite economiche, che sono il primo segnale dell’avanzamento della crisi. Se non si interviene tempestivamente e se non si conoscono gli strumenti adeguati per avviare un risanamento, l’azienda precipita nel secondo stadio, cioè nell’INSOLVENZA.
Quando la crisi non è manifesta e resta all’interno dell’azienda, ogni previsione diventa difficile. È nella fase di maturità che cominciano a verificarsi le prime inefficienze (mancanza di formazione, mancanza di innovazione, etc.), che poi possono sfociare nel declino e, quindi, nella crisi.
Certamente, attraverso l’analisi dei bilanci1, io posso prevedere la crisi; ma - come ho spiegato nella prefazione - la previsione si può fare, perché la crisi già è in atto. Attraverso i dati di bilancio, io vedo la crisi, ma a-posteriori, quando i segnali preoccupanti sono stati registrati, perché si sono già verificati.
L’attenzione va spostata nella fase di maturità: è qui che si debbono concentrare i massimi sforzi, per garantire la prevenzione, al fine di scansare ogni possibile fattore di declino.
1 Vedi par. 1.3
22 La prevenzione si effettua, tenendo sotto controllo - quotidianamente - le leve del sistema aziendale.
Se volete approfondire questo delicatissimo tema, vi consiglio la lettura della mia collana di ebooks «GESTIONE E SOLUZIONI DELLE CRISI AZIENDALI», di cui sono apparsi quattro volumi (cliccate per aprire il link):
1. Le crisi d’Impresa: analisi e cause;
2. Previsione della crisi Aziendale;
3. Prevenzione delle crisi d’impresa;
4. Il turnaround. La soluzione delle crisi nelle aziende in perdita.
Trovate inoltre tutti i miei servizi sulla gestione delle crisi aziendali, nel sito WWW.CONTROLLOAZIENDALE.IT.
1.3 Quando la bilancia non basta
Gli attuali sistemi di controllo, basati sugli indicatori di bilancio e sul rating, hanno molti difetti:
1. In primis, trascurano efficacia e flessibilità dell’azienda (fattori di fondamentale importanza, durante la crisi);
23 2. Implicano procedure di analisi molto complesse e poco
trasparenti;
3. Misurano l’azienda nel breve, non nel lungo periodo;
4. Manca l’attenzione riguardo alle cause: si guarda il dato, ma non si capisce cosa l’ha determinato;
5. Trascurano del tutto i beni immateriali, cioè per le componenti di immagine (l’azienda vale molto per il suo know how, per la capacità di saper fare, cioè i brevetti, i marchi, il tipo di produzione. Basandomi solo sul bilancio, trascuro tutti questi fattori);
6. Non forniscono informazioni sul rapporto con la clientela: se l’azienda mantiene un rapporto privilegiato con la clientela, non raggiungerà mai la maturità. Per questo, però, occorre valutare costantemente il grado di soddisfazione della clientela. Al tempo stesso, bisogna lavorare per aumentare la fidelizzazione dei clienti e per trovarne di nuovi.
Figura 2
1.4 La quercia
L’azienda non è una sommatoria di dati di attivo e passivo. Essa è un organismo vivo, complesso.
Possiamo paragonarla ad una robusta quercia, che cresce, si evolve, genera rami, foglie, fiori e frutti.
24 Come tutti le piante, se la quercia vuole diventare rigogliosa, deve crescere su un terreno fertile, l’humus.
Anche l’azienda, allora, deve crescere su un terreno fertile, che garantisca i minerali necessari per la crescita.
Figura 3 .
L’humus aziendale è dato:
dalla qualità e sviluppo delle risorse umane;
dalle politiche degli investimenti;
dalla conoscenza del mercato;
dalle competenze tecnologiche;
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26
dalle relazioni socio-economiche;
dalla manutenzione degli impianti;
dai rapporti con la clientela.
Questi sono gli elementi indispensabili, senza i quali un’azienda non può né crescere, né restare in vita.
Nell’humus, affonda le radici il tronco, che è sia la sua struttura portante dell’albero, sia la via percorsa dalla linfa, che porta alimento alle foglie, ai fiori, ai frutti.
Metaforicamente, il tronco della nostra azienda è dato dai processi, che irrobustiscono e creano crescita economica.
I processi formano la gestione caratteristica dell’impresa e sono ripartiti in quattro aree: acquisto, produzione, amministrazione e vendita.
In primavera, i rami della quercia gemmano, dando vita ad una chioma verde e sontuosa. Così, i processi aziendali fanno sbocciare l’azienda, generando il risultato economico: costi, flessibilità, relazioni con la clientela, innovazione e sviluppo, qualità, etc. Questi costituiscono una conseguenza dei processi produttivi. Se un’azienda ha un tronco sano (i processi produttivi), anche la chioma sarà rigogliosa (i processi derivati).
L’insieme della gestione caratteristica e dei processi derivati portano alla nascita dei frutti: i ricavi.
27 Con tale metafora, voglio sottolineare quanto le imprese siano organismi molto complessi. Per quanto piccole possano essere, vedete quanti processi fondamentali ci sono. Per arrivare al frutto, il ricavo, la strada è molto lunga e tortuosa. Dalle radici bisogna risalire lentamente verso il tronco, poi ai rami, fino alle foglie; dopodiché bisogna aspettare la fioritura.
Se l’agricoltore/imprenditore avrà avuto buona cura del suo albero, i fiori si trasformeranno in frutti; altrimenti non si raccoglierà un bel niente.
1.5 La morte e la fanciulla
Dai paragrafi precedenti, si intuisce come l’azienda non sia qualcosa di semplice, di meccanico, di ripetitivo. Per avere un’impresa sana, non basta far andar veloce le macchine e fare i prezzi buoni.
Un’azienda è un organismo complesso, vivo, dinamico e, come tutti gli esseri viventi, è esposto alle ingiurie del tempo. Un’azienda cresce: da bambina, diventa adolescente, poi donna. E può arrivare alla maturità.
Qui sta la differenza fondamentale con la nostra metafora biologica:
gli esseri umani, le piante e gli animali, quando giungono alla maturità,
28 acquistano un’aura di saggezza e venerabilità. Nei loro volti, occhi, corteccia, rami, potete leggere il “segno dell’esperienza”.
Per un’azienda, questo momento non deve mai arrivare: essa deve restare perennemente giovane e fresca, se non vuole incorrere in difficoltà a mano a mano crescenti, sino ad essere divorate dalla crisi.
L’azienda è come una bella ragazza, che non deve invecchiare. È un’avvenente fanciulla, scortata dalla sinistra presenza di due ombre: Crisi e Morte.
Permettetemi di indulgere un attimo nella poesia, non per farvi perdere tempo, ma per capire meglio.
Questo discorso mi riporta alla mente uno struggente lied di F.
Schubert, intitolato La morte e la fanciulla. Si tratta di un canto, che raffigura il dialogo fra una fanciulla e la Morte. La fanciulla scongiura la Morte di andar via, di non perseguitarla più e di lasciare che la sua giovinezza continui. La morte, tranquillamente, le chiede di prenderle la mano e di non preoccuparsi, perché fra le sue braccia si «addormenterà tranquillamente».
L’azienda, quest’eterna fanciulla, non deve giammai cedere alle lusinghe della Morte – cioè il Declino, la Crisi, l’insolvenza -, ma deve preservarsi sempre giovane.
L’azienda non deve invecchiare.
29 Come si può realizzare tale scopo? Come fa un’azienda a non raggiungere mai la maturità?
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2. IL CONTROLLO
Ricapitoliamo.
Ho detto che l’imprenditore, che ha costruito un’azienda sana e solida, desidera tranquillità. Questa non è così facile da perseguire, perché l’azienda è come una grande quercia: è un essere complesso, articolato. I suoi processi interni sono molteplici e, prima che dalle radici si arrivi al frutto (al ricavo), c’è un lungo percorso da compiere, denso di insidie.
Come il sapiente giardiniere concima, pota, innaffia, così l’imprenditore deve mantenere efficienti i processi, saper dove togliere e dove invece investire.
Questo non è facile.
Fin ora si è sovente servito dell’analisi di bilancio, che non è del tutto efficace. Abbiamo visto, infatti, che l’analisi di bilancio presenta dei limiti.
Il suo difetto fondamentale è che si tratta di un’analisi a-posteriori:
vede il fenomeno, quando è già in atto.
31 Per questo motivo, non si tratta di un valido strumento per scongiurare la Morte dell’azienda: la CRISI.
Cosa deve fare allora l’imprenditore per gestire la sua impresa, efficacemente, quotidianamente e globalmente? Insisto sugli ultimi tre avverbi: la gestione deve essere efficace, perché deve poter raggiungere gli obiettivi prefissati. Deve poi essere quotidiana, perché un dirigente deve avere la possibilità di verificare, in tempo reale e in ogni momento, l’andamento dei processi aziendali. La gestione deve essere infine globale:
non ci sono settori privilegiati e altri non privilegiati. Di una pianta sono più importanti le radici, il tronco o le foglie? È tutto importante!
In un’azienda, dunque, ogni attività ha il suo peso e concorre a determinare l’andamento complessivo. Se un solo settore mal funziona, è possibile che lentamente renda deboli anche altri compartimenti aziendali.
2.1 Cosa occorre
Ecco che l’azienda ha bisogno della sua vitamina C: il Controllo.
L’imprenditore deve essere in grado di controllare tutto quello che avviene sotto ai suoi occhi.
Quali caratteristiche deve avere il controllo aziendale?
32 Uno strumento di controllo deve essere:
1. Semplice: deve avere poche funzioni, in modo che sia utilizzabile da tutti, in modo quasi intuitivo;
2. Completo: non deve trascurare nessun settore aziendale, ma deve aiutare l’imprenditore a tenere conto della globalità dei processi;
3. Costantemente attivo, cioè deve funzionare ed essere consultabile giorno per giorno, ora per ora; il controllo è efficace se è contemporaneo ai processi, non posteriore.
Io ho realizzato un sistema di controllo aziendale, che rispetta tutti questi requisiti e che rappresenta una vero punto di svolta nel settore.
Ho creato uno strumento semplice da usare, che tiene conto della globalità dei processi aziendali, nella quotidianità del lavoro svolto.
Ho chiamato il mio sistema di gestione, CRUSCOTTO DI CONTROLLO AZIENDALE (clicca se vuoi scoprire subito di cosa si tratta) oppure guarda il Video al seguente link: Video del cruscotto di controllo
Si tratta di uno strumento costruito su misura per le piccole e medie imprese, che riscontrano sempre troppe difficoltà nella gestione.
33 Sottolineo che il mio Cruscotto di Controllo Aziendale si basa su analisi scientificamente valide e su un modello di controllo, elaborato da due studiosi americaniG, Kaplan e Norton, chiamato BALANCED SCORECARD.
Io non ho fatto altro che adattare il loro strumento alle esigenze tipiche delle piccole e medie imprese del nostro paese. Da qui, il sottotitolo del mio ebook: «La balanced scorecard italiana per le piccole e medie imprese».
Prima di dire in cosa consiste il mio servizio, ritengo più che doveroso descrivere più dettagliatamente la balanced scorecard. Desidero mettere in luce con estrema chiarezza i pregi di questo modello e i suoi fondamenti scientifici, cosicché emerga con ancor più vigore la bontà del mio cruscotto di controllo aziendale.
2.2 La situazione delle piccole e medie imprese
Le piccole e medie imprese italiane stanno attraversando un momento davvero difficile. La durissima crisi internazionale ha causato il fallimento e la chiusura di moltissime piccole imprese.
34 Si tratta di una doppia tragedia: da un lato, si sono perse nel nulla un numero incredibile di attività produttive, con la conseguente sparizione di migliaia di posti di lavoro; dall’altro, con la crisi economica, sta venendo meno il nerbo dell’economia del nostro paese, costituito per la grandissima parte proprio da piccole e medie imprese.
Per capire di fronte a quale sciagura siamo di fronte, tenete conto che da gennaio a marzo 2013 hanno chiuso 3637 imprese, ovvero una media di quaranta al giorno!!!
Un numero così elevato di fallimenti e chiusure è dovuto certamente alla congiuntura economica sfavorevole, ma la colpa non può essere tutta imputata alla crisi. Diciamo che quest’ultima è stata favorita dalle caratteristiche intrinseche delle piccole e medie imprese italiane (PMI).
Queste, infatti, sono tuttora caratterizzate da numerose situazioni problematiche. Elenco le principali:
scarso ricambio generazionale;
competitività estera (soprattutto orientale);
scarse capacità di crescita;
insufficiente grado di cooperazione;
limitate capacità e conoscenze gestionali di base dell’imprenditore;
scarsa attitudine alla misurabilità dell’azione imprenditoriale.
35 Il controllo di gestione riguarda proprio quest’ultimissima voce, la
«misurabilità dell’azione imprenditoriale», meglio riassumibile con la locuzione «misurazione della performance aziendale».
Le PMI sono rimaste molto indietro su questo tema, benché se ne discuta da qualche decennio almeno.
Il piccolo imprenditore italiano, cui ho anche dedicato un fan page su Facebook, non è abituato a seguire con metodo le attività della sua impresa. Quando gli si domanda «Come sta andando la sua azienda?», egli resta un po’ spaesato, tanto da rispondere evasivamente e con sdegno.
Altre volte, risponde «A gonfie vele!», ma si basa solamente sul fatturato:
spesso, ignora persino il volume di margine di contribuzione prodotto dalla sua azienda!
Questo comportamento molto approssimativo, quasi incosciente, è davvero deleterio. Non sapere realmente «come va la nostra azienda» può avere effetti devastanti, perché non si ha la conoscenza esatta degli strumenti adatti a correggere le inefficienze.
Ogni imprenditore, dunque, deve misurare quantitativamente e qualitativamente quanto accade giornalmente in azienda e lo deve fare attraverso informazioni sintetiche e, soprattutto, confrontabili nel tempo e nello spazio.
36
Diciamo che l’idea del cruscotto di controllo aziendale è nata proprio dalla mia esperienza professionale, che mi ha portato a confrontarmi con tante PMI. Io sono un commercialista consulente aziendale: ho capito molto presto che occorreva mettere a disposizione degli imprenditori uno strumento di controllo economico, semplice da usare, completo e costantemente aggiornato.
2.3 Il mercato attuale
La situazione delle PMI è aggravata dalla struttura del mercato odierno. La crisi economica ha fatto breccia, non solo per le inefficienze interne all’azienda, ma anche per il rapporto che ha l’azienda con il mondo circostante2. Se l’azienda perde la cognizione del mondo esterno (del mercato), essa rischia di restarne tagliata fuori.
L’impresa non è una monade, cioè un essere ermeticamente chiuso, ripiegato sul suo stesso interno. Essa è collegato ad un mercato, ad una società, alle scelte politiche delle nazioni.
2 E. Giannessi, Le aziende di produzione originaria. Le aziende agricole, Curzi, Pisa, 1960: «Le aziende sono dotate di vita propria e riflessa: di vita propria, perché il moto di ciascuna azienda è differente da quello di ogni altra e dal moto stesso del sistema economico generale; di vita riflessa, perché un’azienda avulsa dal mercato e dall’ambiente non è concepibile, ritrovando essa in questi elementi le sue ragioni essenziali di vita».
37
La bravura del dirigente/imprenditore sta anche nella capacità di leggere e capire il mondo che ci circonda.
Come può un’azienda chiusa in se stessa pensare di reggere, anche solo per un momento, all’intensa pressione competitiva delle economie emergenti?
Un imprenditore/dirigente, per quanto piccola sia la sua impresa, deve saper progettare e realizzare le giuste offerte competitive, ossia le necessarie strategie, per soddisfare i bisogni del mercato e per adattare il sistema aziendale ai cambiamenti strutturali connessi con il proprio tempo:
ad esempio, nuovi bisogni dei clienti, nuove tecnologie, nuovi mercati, nuove tipologie di prodotti, nuovi strumenti comunicativi, come il Web marketing3.
Il mondo sta diventando sempre più veloce: le cose cambiano più rapidamente che in passato; dunque, un prodotto o una tecnologia invecchiano molto più rapidamente.
Per questo, controllare il presente e programmare il futuro sono i due principali obiettivi che le PMI debbono perseguire.
Ogni impresa deve ragionare per obiettivi. L’obiettivo è il raggiungimento di uno scopo; è la trasformazione in concreto di un progetto, che è frutto di una passione, un sogno, un desiderio. Il
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conseguimento degli obiettivi rende l’impresa e le persone che la costituiscono vitali, creative, dinamiche.
L’obiettivo deve essere smart, cioè brillante e visibile. Il lavoro va organizzato con priorità e sequenze, sfruttando bene il tempo4.
Pensare per obiettivi significa avere un’organizzazione efficiente:
lavorare con metodo e senza sprechi non è un lusso, ma un bisogno ed un dovere di ogni attività, che vuole essere duratura.
Le aziende devono vivere giorno per giorno, con un occhio fisso e vigile al futuro.
I tradizionali sistemi di controllo direzionale (basati unicamente su variabili economico-finanziarie ed orientati al breve periodo) hanno perso gran parte dell’efficacia, che hanno avuto nei decenni precedenti. Occorre considerare anche gli aspetti di lungo periodo, per riuscire a prevenire i cambiamenti, attraverso una struttura estremamente adattabile.
In tal senso, è necessario superare la logica della rigida separazione tra il controllo strategico, il controllo direzionale e quello operativo: i tre settori devono confluire in un unico sistema integrato.
Dobbiamo disporre di un sistema di controllo globale dell’azienda.
Analizziamo, dunque, il modello sul quale si basa il mio cruscotto di controllo aziendale.
4 Vedi Appendice.
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3. LA BALANCED SCORECARD
5La balanced scorecard (BSC) è un modello di controllo, ideato dagli studiosi americani Robert Kaplan e David Norton. Essi la descrissero per la prima volta nel 1992, in un articolo dal titolo The Balanced Scorecard:
Measures that drives performance6.
Kaplan e Norton giunsero alla formulazione della balanced scorecard, dopo un lungo studio di modelli di controllo - per l’epoca innovativi - usati da aziende, coinvolte nel loro progetto.
Un primo punto d’approdo fu dato dalla Corporate Scorecard7, in cui, oltre ai tradizionali indicatori, ne comparivano altri per la misurazione del tasso di progresso aziendale: tempi di consegna, efficacia dei processi, qualità dei prodotti, ecc.
5 Per questo capitolo, oltre alle mie conoscenze, mi sono servito della tesi di laurea di un mio ex-praticante, Simone Rossi, che in quel luogo ha dedicato una bella analisi alla Balanced Scorecard.
6 R. S. Kaplan, D. P. Norton, The Balanced Scorecard: Measures that drive performance, in Harvard Business Review, January-February, 1992.
7 Questo modello fu applicato dalla Analog Devices.
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La Corporate Scorecard fu poi ampliata, fino ad ottenere la Balanced Scorecard8. Il temine «balanced» indica che la scheda di valutazione (scorecard) è bilanciata, cioè che tiene in modo armonico di tutti i fattori rilevanti, sia nel breve, che nel lungo periodo.
L’aspetto rivoluzionario della balanced scorecard era dato dall’estrema importanza, data ai beni intangibili di un’impresa. Come ho scritto nel primo capitolo, i beni dell’azienda non sono costituiti solamente dai beni immobili e dai capitali. I beni immateriali (intangibles) concorrono a determinare il valore di una ditta: includono i marchi, le relazioni fra clienti, la formazione e la motivazione del personale, i progetti di innovazione.
Fino a vent’anni fa, tali aspetti erano erroneamente trascurati.
Tradizionalmente, la performance era determinata con i soli indicatori contabili, senza considerare fattori, come l’importanza del lavoro delle risorse umane, nei vari livelli dell’organizzazione. Ciò era dovuto ad una miopia del management, cioè della direzione, poco attenta alla costituzione di un gruppo di lavoro affiatato e competente, poco sensibile all’importanza delle pubbliche relazioni, e così via.
Per capire l’importanza degli intangibles, vi porto quest’esempio. Se vi chiedo cosa vi viene in mente, se dico «Apple», voi che mi rispondete?
8 Il termine “balanced” sta ad indicare la necessità di trovare un equilibrio tra i fattori di misurazione, cogliendo obiettivi sia di breve periodo che di lungo periodo all’interno delle diverse prospettive di analisi.
41 Son sicuro che non mi parlerete del valore dei capitali e dei capannoni della grande azienda. Penserete subito all’Ipod, all’Iphone, alla rivoluzione di questi prodotti; penserete al logo (la mela), a Steve Jobs.
Ecco, un’azienda sana diventa un valore culturale, all’interno della società. Perché ciò accada, non si deve restare legati ai soli processi produttivi concreti.
Vado oltre: la nostra epoca digitale ci ha catapultati nell’era ultratecnologica; ma tecnologia digitale significa informazione. La nostra è la Knowledge Era (era della conoscenza).
L’informazione diventa un elemento strategico. Da un lato, riguarda tutte le risorse umane dell’azienda, che debbono essere qualificate, motivate, debbono saper lavorare in team, per sviluppare nuovi prodotti e creare un brand.
Il tarlo peggiore, nel comportamento di tutti gli uomini che fanno un’impresa, è l’abitudine. L’informazione, sotto l’aspetto della formazione, scongiura quest’atteggiamento di pigrizia: occorre incentivare sempre un atteggiamento propositivo e creativo da parte dei vari soggetti.
D’altro canto, l’informazione riguarda il cliente: occorre comunicare con la società, mostrarsi e farsi conoscere, per trovare nuovi clienti ed imporre il proprio brand.
42 Dall’informazione (beni intangibili), deriverà il potenziamento della gestione dei beni tangibili: capitali, produzione, etc.
La Balanced Scorecard (BSC), dunque, ha l’obiettivo di guidare la strategia aziendale, attraverso la misurazione di tutti i principali processi aziendali. Con un tale strumento, la direzione può costantemente monitorare e correggere quei settori, in cui si verificano inefficienze.
Passo a descrivere in concreto la struttura della BSC.
3.1 Le aree di analisi
La BSC è una scheda valutativa, in cui vengono individuati quattro livelli di analisi, in cui è scomposta l’azienda nella sua globalità.
Per ogni area si stabiliscono degli obiettivi, cioè dei miglioramenti da raggiungere.
A sua volta, ogni area di controllo è suddivisa in sotto-aree, cui viene assegnato un peso, cioè un valore numerico, in relazione all’obiettivo previsto.
Si individuano poi degli indicatori, il cui buon funzionamento determina la salute di ogni sotto-area e, di conseguenza, dell’area intera.
43 Procediamo però con ordine. Vediamo quali sono le quattro grandi aree, su cui si deve esercitare il controllo.
1. Prospettiva finanziaria (financial perspective)
Essa comprende le tradizionali misure economiche-finanziarie. Gli indicatori evidenziano la positività o negatività delle scelte compiute dalla direzione nel passato.
Il controllo dell’area finanziaria:
1. aiuta a valutare il grado di appetibilità dell’azienda nei confronti dei propri azionisti o soci;
2. ci consente di stabilire se il valore potenziale osservato e percepito nelle altre aree.
Senza ombra di dubbio, l’area finanziaria è la più importante, in termini di tenuta. Si può eccellere negli altri settori, ma senza un riscontro economico tangibile e misurabile, almeno nel lungo periodo, nessuno sarebbe disposto ad investire alla cieca in azienda.
Tra gli indicatori di quest’area, troviamo i tradizionali parametri delle analisi economico-finanziarie d’impresa:
1. l’albero del ROE;
2. l’analisi del margine di contribuzione;
3. la leva operativa e quella finanziaria;
4. gli indici o i flussi economico-finanziari;
44 5. il tasso di crescita dei ricavi e degli utili;
6. il Net-Present-Value;
7. l’EVA.
3. Prospettiva dei clienti (customer perspective)
Quest’area comprende tutti gli indicatori, che quantificano la capacità dell’azienda di soddisfare le esigenze dei clienti: qualità, tempestività, servizio, prezzo, etc.
L’obiettivo è quello di capire come ci vedono i nostri clienti (customer based). Questo è un dato essenziale: in un mercato estremamente competitivo, è fondamentale avere il plauso dei consumatori. Perciò gli indicatori di quest’area saranno costituiti dai tradizionali metodi di ricerca di mercato: sondaggi, visite/interviste al cliente, gruppi focalizzati sul cliente.
I suddetti metodi sono potenziati e completati dalle opportunità, offerte dal Web. Il sito aziendale può contenere pagine dedicate alla relazione con i clienti: per esempio, si può far compilare un questionario online.
In tal senso, il cambiamento epocale deriva dai Social Networks, dove l’azienda ha la possibilità di dialogare costantemente con i suoi fans e clienti, attraverso la chat, i posts, i commenti, le condivisioni.
45 I parametri vengono definiti mettendosi nella prospettiva del cliente, o vengono forniti dallo stesso cliente durante le analisi di mercato; o ancora vengono definiti tramite l’attività di benchmarking, che consiste nel confrontare i propri risultati con quelli di aziende eccellenti, nello stesso settore di appartenenza.
Oltre a tali categorie di parametri, si possono individuare gli indicatori di tipo lagging e lead: i primi misurano il grado di successo delle azioni passate; i secondi permettono di misurare le azioni in corso, finalizzate al raggiungimento di un obiettivo.
Tra gli indicatori di tipo lagging, troviamo ad esempio:
1. La quota di mercato;
2. Il tasso di fidelizzazione;
3. I risultati della customer satisfaction (soddisfazione del cliente);
4. Il tasso di crescita dei clienti.
Tra gli indicatori leading, invece, troviamo la valutazione dei prodotti in base all’opinione espressa dai clienti, allo scopo di generarne la soddisfazione. La valutazione tiene conto:
1. Degli attributi del prodotto/servizio (come funzionalità, qualità, prezzo);
2. Dell’immagine dell’azienda (valutando la pubblicità, la comunicazione, ecc.);
46 3. Delle relazioni con i clienti (tempi di consegna, giudizi,
valutazioni del servizio post vendita, ecc.).
3.Prospettiva dei processi interni (Business process perspective)
Qui, il focus si sposta sullo svolgimento dei processi interni. Per le imprese, non abituate a ragionare in termini di processi, questa risulterà l’area più complicata.
In particolare, il controllo dell’area dei processi interni è finalizzato a raggiungere un gradi di efficienza tale, da generare la piena soddisfazione del cliente. L’obiettivo è quello di condurre certe attività dell’impresa in modo più efficiente ed efficace.
Gli obiettivi dell’area clienti vengono tradotti in indicatori relativi ai processi critici e alle competenze chiave, presenti in azienda.
Mentre gli approcci tradizionali tentano di migliorare e monitorare i processi esistenti, la BSC compie un passo ulteriore: identifica interamente quei nuovi processi, in cui l’impresa deve eccellere, per conseguire gli obiettivi finanziari e customer based.
L’area dei processi interni, perciò, è orientata ai processi di lungo periodo: lo scopo è quello di decidere una linea di sviluppo, tenendo conto della spinta del mercato e delle esigenze/bisogni/soddisfazione dei clienti.
47 Il controllo dei processi interni è strategico, se l’azienda vuole durare a lungo. Un obiettivo di lungo periodo scongiura il pericolo che l’impresa possa entrare nella sua fase di maturità.
Da questo punto di vista, la Balanced Scorecard diventa uno strumento potentissimo di prevenzione dei fattori di rischio di una crisi.
Gli indicatori di quest’area puntano alla misurazione del grado di efficienza ed efficacia, delle operazioni condotte. Fra gli indicatori di efficienza troviamo:
Misure di produttività (rapporto output/input, valore aggiunto per dipendente, ecc.);
Misure degli sprechi (somma degli scarti, percentuale di rilavorazioni, numero interventi di riparazione, ecc.);
Indicatori della tecnologia (tasso automazione, numero componenti presenti nel prodotto finale, ecc.);
Indicatori di efficienza rispetto al fattore tempo (lead time di produzione, delivery time, time to market, ecc.).
Gli indicatori di efficacia, invece, debbono quantificare la capacità di raggiungere gli obiettivi; sono volti a monitorare la qualità dei processi, sia sotto il punto di vista del cliente che dell’impresa.
4. Prospettiva dell’apprendimento e dello sviluppo (Learning and growth perspective)
48 Quest’area della BSC tiene sotto controllo la capacità dell’impresa di migliorare, innovando.
Anche qui l’obiettivo è di lungo periodo, al fine di garantire la continuità di efficienza e sviluppo.
Se un’impresa ottiene enormI ricavi in un dato anno, non è detto che continuerà a farlo nell’anno successivo. Ciò è determinato dal fatto che i prodotti di oggi sicuramente non andranno bene in futuro, perché le esigenze della società e del mercato cambiano.
Sarà necessario apportare miglioramenti tecnologici ai prodotti in questione, cambiare tipo di prodotti, o studiare metodi di produzione che garantiscano costi più bassi.
A tal fine, è fondamentale curare la formazione, l’utilizzo e l’ottimizzazione delle risorse umane. Il mercato attuale ha bisogno di collaboratori che sappiano lavorare in gruppo, per gestire processi complessi e per stilare nuovi progetti. In più, la continua evoluzione tecnologica, impone un continuo aggiornamento dei macchinari utilizzati, cui corrisponde una debita formazione dei collaboratori, preposti al loro funzionamento.
Kaplan e Norton hanno evidenziato accuratamente questo aspetto, mostrando che la divisione fra soggetti preposti alla direzione e soggetti preposti all’operatività è sempre meno netta. Il lavoratore è sempre più uno
49
knowledge workers, cioè un operatore che possiede una specifica conoscenza/competenza9.
La flessibilità del mercato impone una maggiore complessità dei processi aziendali, unita ad una maggiore adattabilità dell’impiego delle risorse. Come può un operatore svolgere più compiti diversi, se non ha la dovuta formazione polivalente10?
Gli autori11 propongono la BSC come una scheda di valutazione bilanciata ed integrata, per:
chiarire ed aggiornare la strategia aziendale;
comunicare la strategia all’interno dell’organizzazione;
allineare gli obiettivi personali e divisionali della strategia aziendale;
identificare ed allineare le attività strategiche;
condurre delle verifiche periodiche della performance, per migliorare la strategia e le attività di apprendimento.
La BSC fornisce ai manager e agli imprenditori un quadro complessivo, quadripartito, in cui concentrare le misure della performance aziendale.
Per ciascuna area, sarà opportuno controllare12:
9 Non dimentichiamo che nelle lingue anglosassoni, conoscere (to know) ha la stessa radice di poter fare (can).
10 A tali aspetti, la BSC dedica un “quadro” specifico, nel quale far confluire indicatori atti ad accrescere la motivazione, le conoscenze e le abilità dei dipendenti aziendali.
11 Cfr. R. S. Kaplan, D. P. Norton, “L’uso strategico della balanced scorecard”, in Harvard Business Review ed.
italiana, settembre-ottobre, 1996.
1. la validità delle previsioni sia per quanto riguarda gli scenari esterni, che quelli interni all’impresa;
2. l’eventuale esistenza di fattori critici di successo, alla luce degli aggiornamenti del settore di riferimento;
3. se l’evoluzione del processo di formazione di risorse e competenze procede secondo tempi e modalità previsti.
Poi, a seconda del settore economico in cui l’impresa opera e a seconda degli obiettivi, ciascuna area della BSC assumerà un peso diverso, con indicatori scelti ad hoc.
Nella figura sottostante, potete vedere la rappresentazione originale delle quattro aree (perspectives) della BSC:
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12 Cfr. P. Parini, Vantaggio competitivo e Controllo strategico, Giappichelli, 1996, Torino.
51
3.2 La costruzione di una Balanced Scorecard
Per la costruzione della BSC si deve partire dal presupposto che ogni organizzazione è unica, «per questo motivo si deve seguire un procedimento personalizzato, per costruire una scheda di valutazione bilanciata»13.
Nonostante ciò, ci sono dei presupposti fondamentali, che possono essere considerati validi per tutte le aziende.
Essenzialmente, il sistema di una BSC si compone:
1. di una mappa strategica;
2. di una serie di mappe strategiche di processo/ Stretegic Business Unit (SBU);
3. di una mappa organizzativa.
La prima cosa, dunque, da fare è stilare una mappa strategica, cioè un piano operativo e di monitoraggio. Il punto di partenza è la vision, cioè il progetto di sviluppo, che risponde alla domanda: quali obiettivi si vogliono realizzare, nel lungo periodo?
13 R. S. Kaplan e D. P. Norton, “Non solo finanziarie le misure del successo”, art. cit.
Nel successivo step, si delineano le aree della BSC, ossia le quattro prospettive di analisi del modello.
Contemporaneamente, si dovranno individuare quei fattori critici di successo (FCS), che realmente permettono di raggiungere gli obiettivi. Il superamento dei fattori critici permetterà di arrivare all’obiettivo.
È necessario che tali fattori critici soddisfino quattro requisiti:
rappresentare vere e proprie azioni specifiche da intraprendere;
essere associati agli obiettivi;
essere relazionabili agli imperativi di creazione del valore;
essere misurabili.
A questo punto, non resta che decidere quali indicatori usare per quantificare i fattori critici e di successo.
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Nonostante esistano degli indicatori standard, quelli più significativi nascono da un attento esame della specifica realtà aziendale14. Agli indicatori viene assegnato un valore numerico ideale, che poi viene confrontato con il dato reale, per vedere se la prestazione aziendale, in quel settore, è stata eccellente, accettabile o scadente.
Gli indicatori devono possedere alcuni attributi fondamentali:
Bilanciamento: significa poter riflettere su tutte quelle dimensioni che creano valore in azienda;
Vitalità: debbono rispecchiare gli elementi chiave degli obiettivi e dei fattori critici (è bene concentrare gli indicatori, in modo da averne il minor numero possibile, per favorire una visione d’insieme degli obiettivi)
Allineamento alla strategia: tutte le attività, iniziative e competenze promosse in azienda debbono ripercorrere quel solco tracciato dalle strategie;
Dinamicità: all’occorrenza, le strategie debbono adeguarsi ai cambiamenti ambientali;
Accessibilità: debbono essere facilmente consultabili dagli individui preposti al controllo;
Semplicità: debbono essere facilmente comprensibili, per favorirne l’accettazione.
14 Le misure «devono essere cucite addosso all’organizzazione in maniera sartoriale per essere sicuri di poterle utilizzare come strumento di management»14.M. De Vito, V. Salvo, W. Lanzani, Balanced Scorecard: dalla teoria alla pratica, Franco Angeli, Milano 2007, pag. 53.
Ecco sotto un esempio di mappa strategica:
All’interno di ognuna delle aree specifiche, sono individuati gli obiettivi specifici, che fungono da indicatori. Abbiamo così:
nell’area finanziaria il bisogno di ridurre i costi ed aumentare i clienti;
nell’area clienti l’obiettivo di migliorare la soddisfazione;
nell’area dei processi interni l’esigenza di automatizzare la produzione e migliorare la relazione con il cliente;
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nell’area di sviluppo e crescita l’obiettivo di aumentare la motivazione psicologica dei collaboratori.
Notate come i vari indicatori siano collegati fra loro, pur facendo parte di aree diverse. Il pregio della BSC risiede anche nella grande capacità di controllare ogni indicatore, in vista del miglioramento di obiettivi in diverse aree specifiche.
La mappa strategica è supportata da una causality map, uno strumento di supporto all’analisi, che evidenzia le relazioni causali fra obiettivi strategici e FCS. Lo scopo è vedere come questi siano integrati tra loro ed interagiscano, per creare valore economico.
Mentre la mappa strategica mostra come da obiettivi generici si giunge alle azioni elementari, la causality map mostra come ogni singolo FCS (o come ogni singola leva d’azione aziendale) crea valore economico direttamente o indirettamente, a seconda delle inferenze causali.
La causality map serve a trasportare l’azienda verso l’equilibrio economico e finanziario, migliorando la conoscenza dei processi aziendali e massimizzando i risultati.
Ogni imprenditore dovrebbe tenere sempre a portata di mano una stampa della mappa strategica e della causality map, per favorire
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un approccio olistico e creativo nei confronti della direzione aziendale15.
La mappa organizzativa, infine, (o accountability map) è strutturata secondo la gerarchia organizzativa ed è composta da una scorecard aziendale e da una scorecard per ogni processo/SBU principale.
La scorecard aziendale raccoglie tutti gli indicatori della mappa strategica, mentre le scorecards di processo/SBU raccolgono tutti quegli indicatori che fanno capo ad un singolo processo.
Le mappe organizzative rappresentano un eccellente strumento di reporting direzionale, perché consentono di monitorare i principali fattori critici di successo degli obiettivi aziendali. Chi dirige potrà così avere sempre sottomano i dati dei vari indicatori, controllando momento per momento se ci sono scostamenti significativi fra i processi reali e gli obiettivi programmati.
15 Cfr. C. Selenati, BSC, valore del sistema ed alcuni suggerimenti pratici, in Budget, n. 44, IV trimestre, 2005.
57 SITI WEB
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3.3 I cinque principi della BSC
La BSC porta a risultati strepitosi, nelle aziende che l’adottano. La chiave di questo successo è riposta in due semplici parole: «Allineamento e concentrazione»16.
La BSC consente alle imprese di concentrare ed allineare sulla strategia organizzativa le risorse fondamentali (le squadre di executive, le unità di business, le risorse umane, le IT e le risorse finanziarie).
Kaplan e Norton, esaminando i casi di successo, hanno delineato cinque principi ispiratori della strategia aziendale.
Principio 1: tradurre la strategia in termini operativi
Occorre saper trasformare la BSC in una descrizione coerente, affinché possa essere messa in atto. La BSC, infatti, è uno schema di dati privo di valore, se non si riesce a trasformarla in azioni concrete per attuarla.
Questa descrizione è realizzata dalle mappe strategiche.
Principio 2: allineare l’organizzazione alla strategia
16 R. S. Kaplan, D. P. Norton, L’impresa orientata dalla strategia: balanced scorecard in azione, Isedi, Torino, 2002, pag. 13.
62 Le singole strategie vanno correlate e integrate fra loro.
I settori essenziali (finanza, produzione, marketing, vendite, acquisti e progettazione) non possono lavorare indipendentemente uno dall’altro, altrimenti si creerebbero ostacoli dovuti all’assenza di comunicazione fra le varie aree.
Principio 3: fare della strategia il lavoro quotidiano di ciascuno
La strategia deve essere comunicata. Questa è una conditio sine qua non, perché ciò che viene pianificato in consiglio di amministrazione deve essere poi comunicato ai dipendenti dei vari settori.
Il modo migliore per realizzare questo compito è quello di perfezionare la comunicazione orizzontale fra i vari livelli. In tal modo, si fa sì che ci sia un’adeguata formazione fra le risorse, per quanto riguarda gli obiettivi e il modo di realizzarli. Al contempo, si deve motivare il personale, dal punto di vista psicologico: è necessario che gli obiettivi siano condivisi da tutti, affinché si lavori con tenacia ed efficienza.
La motivazione del personale può passare attraverso tre processi distinti:
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1. Comunicazione ed istruzione, per spiegare ai dipendenti le strategie ed ottenere il loro consenso17;
2. Messa a punto degli obiettivi personali e di squadra, per creare armonia fra lavoro dei singoli e lavoro di squadra;
3. Sistemi di incentivazione e retribuzione, per collegare il lavoro individuale agli obiettivi della BSC (in questo modo, la retribuzione dipende dalla realizzazione degli obiettivi, da parte dei dipendenti).
Principio 4: fare della strategia un processo continuo
La strategia deve essere gestita in modo continuo, non puntuale, affinché il controllo sia costante e completo. Ciò favorisce un miglioramento dei rapporti di lavoro fra le risorse umane, perché i responsabili si confrontano quotidianamente sull’analisi dei dati, sull’identificazione dei problemi e sulle nuove opportunità.
Principio 5: mobilitare le risorse per il cambiamento attraverso la leadership degli executive
La BSC è un processo di cambiamento ed è fondamentale che esso parta dal management aziendale. Quest’ultimo deve accendere la miccia, dare l’impulso allo sviluppo.
17Il caso dell’industria petrolifera Mobil è esemplare: qui la BSC è stata diffusa addirittura presso tutti i gestori di rifornimento dei carburanti al fine di aumentarne la consapevolezza attorno alla strategia. Cfr. R. S. Kaplan, D. P. Norton, L’impresa orientata dalla strategia: balanced scorecard in azione, op. cit., 2002.
La direzione aziendale deve saper adottare uno stile comunicativo vincente, per promuovere il lavoro di squadra. I progressi, infatti, non hanno successo, se l’attuazione della BSC non passa attraverso la sinergie fra risorse.
L’assenza di collaborazione porterebbe sicuramente all’insorgere di inefficienze.
Figura 6
3.4 Perché utilizzare la balanced score card
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