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UN SERVIZIO DI DISCERNIMENTO. Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso (At 15,28)

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Academic year: 2022

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UN SERVIZIO DI DISCERNIMENTO

“Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso” (At 15,28)

Per la nostra condivisione, partiamo dalla Parola di Dio, precisamente 1Cor 12,4-10, laddove l'apostolo Paolo scrive: “4.Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5.vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6.vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7.A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8.a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza;

9.a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni;

10.a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue.”

All'esame del testo, premettiamo una brevissima presentazione della Lettera.

San Paolo, nell'indirizzo di saluto che rivolge agli abitanti di Corinto, scrive: “Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza” (1Cor 1,4-5). Inizia, dunque, la sua lettera con un ringraziamento a Dio per l'esistenza in quella comunità di tutti i doni carismatici. La lettera si articola poi in diversi passaggi che trattano: l'esistenza di vari partiti nella chiesa di Corinto con le conseguenti divisioni, varie questioni morali, quali il caso di incesto, l'appello ai tribunali pagani, la fornicazione, il matrimonio e la verginità, la questione delle carni degli animali sacrificati agli idoli i cui resti venivano venduti e consumati nei pressi del tempio.

La lettera prosegue quindi con l'esempio di Paolo, che afferma (al cap. 11)

“diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo”. Continua ancora con alcune regole sul buon ordine nelle assemblee, quali l'abbigliamento degli uomini e delle donne ed il comportamento durante il “pasto del Signore”; qualcuno, dice Paolo, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto, cioé si separa dalla celebrazione comune, con un atteggiamento contrario alla “cena del Signore”.

Arriviamo così al cap. 12 (che noi del RnS dovremmo conoscere a memoria !) che tratta dei doni spirituali o carismi, passo nel quale San Paolo, mosso dall'intenzione di non lasciare nessuno nell'ignoranza, fornisce una chiara spiegazione intorno alla eterogeineità dei carismi e, al contempo, intorno all'unità dello Spirito che li dona e li muove.

A questo proposito, può risultare utile ed interessante il “Commento alla prima lettera ai Corinti” di San Giovanni Crisostomo che così scrive:

“Vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1Cor 12,6-7). Che cos’è operazione (energhèmata)? Che cos’è carisma? Che cos’è diaconia? Le differenze stanno solo nei nomi, poiché le realtà pratiche (pragmatica) sono le stesse. Ciò che è carisma si identifica con la diaconia, si identifica con l’operazione. I segni richiamano una manifestazione dello Spirito: infatti a me credente è manifesto colui che ha lo Spirito per il fatto che è battezzato. Invece a uno che non è credente non è manifesto che una persona abbia lo Spirito in nessun altro modo che attraverso i segni (prodigiosi). Da questo proviene una consolazione non piccola: sebbene i carismi siano differenti, tuttavia la dimostrazione è una”.

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Il brano degli Atti che abbiamo letto all'inizio [“Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso”] é inserito nella parte in cui si tratta del primo Concilio della Chiesa. Da esso emerge la prassi della vita cristiana, il modo di discernere la volontà di Dio, e quindi la prassi di affrontare in maniera sinodale gli eventi storici per assumere e promuovere le

“ragioni dello Spirito”. In quel Concilio, emergono due posizioni fondamentali all'interno della vita ecclesiale delle prime comunità cristiane: quella di Pietro, più tradizionalista, e quella di Paolo più progressista. Il motivo oggetto di discussione e di confronto riguardava la scelta su come integrare la concezione ebraica della fede con la nuova realtà del Cristianesimo.

Il punto centrale e discriminante che offre la possibilità di una soluzione è dato dalla constatazione che lo Spirito Santo é sceso anche sui non circoncisi (quindi anche su chi non é giudeo) e “ha purificato i loro cuori con la fede” (At 15,9). La comunità, nel prendere atto dell'evento dell'effusione dello Spirito, comprende che la salvezza è opera della grazia e che prescinde dalla circoncisione. Di conseguenza, continuare a seguire la vita dei giudeizzanti, sarebbe stato un provocare Dio, non considerare la grazia della salvezza che è per ognuno.

Il versetto riportato [“Lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso” (At 15,28)] ci aiuta a comprendere il metodo di lavoro adottato: un vero esempio di come si devono affrontare e risolvere le divergenze o i problemi all’interno dei gruppi e delle comunità del RnS. Il racconto degli Atti sottolinea che ogni autentico discernimento implica un sincero e sereno dialogo tra le parti, seppur difficile e spesso laborioso; ciò al fine di giungere ad ascoltare la voce dello Spirito che si manifesta mediante “segni” ed eventi.

Ciò che importa é che il “noi” comunitario sia frutto del coinvolgimento di tutti in un clima di ascolto sincero e di discernimento libero da condizionamenti umani. Ma per far sì che le nostre decisioni siano assunte nella verità è indispensabile che sia lo Spirito a parlare, ispirare, muovere e convincere i cuori. Ma come procedere per realizzare un discernimento “libero” ? Cerchiamo di approfondire innanzitutto cosa si intende per

“discernimento” e quindi cosa si intende con il termine “spirituale”.

1. Cosa intendiamo con il termine “discernimento”

Il discernimento è un'esperienza che coinvolge il cuore della persona, luogo dell'affettività, della razionalità, delle decisioni. Il cuore, infatti, rappresenta, secondo la concezione biblica, l'io profondo, l’io autentico di ogni persona.

Concretamente il discernimento consiste “nell'entrare nella visione stessa che Dio ha della storia” mediante due atteggiamenti :

a) passivo, perché si tratta di lasciarsi guidare da Dio, dallo Spirito Santo;

b) attivo, poiché consiste nel comprendere, meditare, esaminare, saggiare, assumere responsabilmente una decisione.

In definitiva, si può affermare che il discernimento è al tempo stesso un atto di Dio e un atto umano. Da un lato, Dio illumina l'uomo e lo rende partecipe della Sua

“visione sul mondo” e dall'altro l'uomo collabora mettendo in gioco la sua libertà.

Il discernimento, nella sua accezione ordinaria, avviene per tappe ed esige:

la memoria per raccogliere le informazioni e giungere a una valutazione oggettiva della situazione da discernere. La memoria richiede attenzione e vigilanza per saper osservare e considerare le questioni nel modo più ampio possibile e senza premura. Attenzione all'esperienza umana, attenzione al proprio sentire, agli effetti interiori che scaturiscono dagli eventi che ci coinvolgono, come, ad esempio, la consolazione o la desolazione;

l'intelletto per poter separare, giudicare, distinguere. L'intelletto cerca anzitutto di

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comprendere i dati che la memoria ha raccolto, per poi catalogarli, valutarli, esaminarli alla luce delle “ragioni dello Spirito”, in modo da evidenziare i “pro” e i

“contro”. In questa fase è fondamentale l'illuminazione dello Spirito, i carismi di discernimento, da chiedere ed accogliere in preghiera. In questa seconda fase del discernimento si cerca di considerare i dati assunti alla luce della Parola di Dio, assemblandoli davanti a Dio e verificando di essere in comunione con Lui;

la volontà per assumere le scelte e le decisioni che ne derivano.

2. Cosa intendiamo con il termine “spirituale”

L'aggettivo spirituale rivela il soggetto principale del discernimento, che é lo Spirito Santo. Il discernimento nasce dal vissuto, dalle situazioni storiche, ma è lo Spirito Santo che permette di giungere alla conoscenza della volontà di Dio liberando l'essere umano da qualunque forma di illusioni, di ricerca del proprio piacere, dai condizionamenti che derivano dalle forze distruttive che ci impediscono di assumere la prospettiva di Dio.

L'intervento dello Spirito Santo dipende dalla docilità di cuore, dalla disponibilità a lasciarsi guidare dallo Spirito per vivere secondo lo Spirito.

3. Campo di applicazione del discernimento spirituale personale

Dopo questa prima considerazione sul significato del termine “discernimento spirituale” è opportuno precisare il motivo per cui risulta necessario esercitare questa vera e propria arte spirituale. La motivazione fondamentale consiste nel fatto che la vita cristiana è un cammino che richiede un'adesione continua ai desideri dello Spirito e un rifiuto costante ai desideri della carne come ben attesta l'apostolo Paolo: <Quelli che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli che invece vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace...Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi > ( Rm 8,5-7.9).

Solo attraverso il discernimento il battezzato aderisce ai desideri dello Spirito rifiutando quelli della carne. Eppure, afferma ancora S. Paolo, seppure battezzati, dobbiamo prendere atto di una guerra che avviene in noi. Infatti, se da un lato desideriamo il bene, allo stesso tempo non ne siamo capaci: <Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora , se faccio quello che non voglio, riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.> ( Rm 7,15-19).

Anche nella lettera ai Galati San Paolo ribadisce che “La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.” (Gal 5,17).

Se l'uomo rigenerato dalla grazia non prende posizione mettendosi dalla parte dei desideri dello Spirito corre il rischio di lasciarsi sballottare interiormente e lasciarsi trascinare dalle passioni peccaminose il cui frutto è la morte.

Dice uno dei padri del deserto: “Un fratello interrogò un anziano “Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli ? Gli disse l'anziano:

“Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. E' necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo, e così si umiliano anche gli altri pensieri.”

In definitiva, tutta la vita cristiana si svolge “al tempo stesso nella carne e nello Spirito, il che rende particolarmente arduo il discernimento da operare tra i due”. Il

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cammino di conformazione a Cristo (cfr 2Cor 3,18) dipenderà dalla nostra capacità di obbedire allo Spirito Santo lasciandoci ammaestrare da Lui (cfr 1Gv 2,27).

Il discernimento spirituale vale anche per l'esperienza carismatica per giungere a distinguere la differenza una vera manifestazione carismatica oppure una sorta di messinscena carismatica.

Applicazioni

A questo punto della nostra condivisione, ci soffermiamo su alcuni spunti di riflessione che ci possono aiutare a rendere concreti, nella nostra personale esperienza di responsabili, ogni parola e ogni suggestione.

• Vita nello Spirito e discernimento

La tentazione di “capire” con la sola testa o con il solo buon senso i problemi del gruppo è sempre presente. L’esperienza insegna, invece, che se al confronto su varie problematiche viene premessa la preghiera e l’invocazione dello Spirito Santo non solo si trovano soluzioni, ma soluzioni ispirate che saranno condivise da tutti.

Tutti conosciamo il brano di At 2,42 che ci presenta la prima comunità cristiana.

Tuttavia, nella lettura e nella comprensione del brano, è importante evitare di idealizzare la prima comunità cristiana, ma avere una giusta comprensione delle dinamiche che caratterizzano la vita fraterna e, in particolare, di alcuni atteggiamenti interni che, se non assunti responsabilmente e con discernimento pastorale, rischiano di compromettere il cammino di crescita.

La koinonia (cioé la comunione) descritta in At 2,42 non é una condizione che la comunità dei credenti, cioé la Chiesa, ha già raggiunto una volta per tutte; è piuttosto una meta da realizzare continuamente nel tempo. La comunità cristiana, in definitiva, è composta da peccatori in stato di conversione, da persone segnate da limiti, fragilità, peccati, ma che si lasciano continuamente rigenerare dalla misericordia di Dio.

Di conseguenza, un responsabile che svolge un ruolo pastorale dev’essere ben consapevole di due aspetti: 1. di vivere all’interno di una comunità in stato di conversione continua; 2. di fare parte lui stesso di questo cammino come fratello tra fratelli (cfr Dt 18,18ss:). Il responsabile non deve dimenticare di essere a servizio di una comunità imperfetta, costituita da uomini e donne di buona volontà che lottano ogni giorno contro le tentazioni per essere sempre più conformi alla volontà di Dio.

• Il discernimento dei carismi

I carismi sono un dono dello Spirito Santo in aggiunta alla grazia che è necessaria per raggiungere la salvezza. Sono segni di vita nuova promessi dal Signore Risorto e segno dell’azione operante dello Spirito. Misteriosamente ricevuti, indipendentemente dal merito personale, vanno donati agli altri per il bene della comunità. L’uso dei carismi richiede santità, prudenza ed umiltà per un esercizio efficace.

Il criterio di discernimento sui carismi è comunitario e la valutazione è sempre in ordine all’edificazione comune. Il corpo ben compaginato ne rivela la bontà e l’autenticità. L’esercizio dei carismi va promosso e non banalizzato, avendo cura che non si disperdano i doni di Dio. L’idea delle modalità che emerge dal testo degli Atti é quella di una consultazione aperta, fraterna, nel reciproco ascolto, senza altri obiettivi. La ricerca presuppone la preghiera, l’ascolto dello Spirito, ma anche la

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conoscenza delle persone che può maturare solo con un’assidua frequentazione.

Per questo motivo bisogna far parte del “gruppo dei discepoli” cioè di coloro che camminano insieme, condividono l’ascolto della Parola, vivono l’unione fraterna, spezzano insieme il pane eucaristico, partecipano alla comune preghiera (cfr At 2,42). Chi non frequenta non è nelle condizioni di conoscere e quindi non può essere nelle condizioni di discernere.

Per “cercare” ed “esaminare” i fratelli e le sorelle da chiamare a svolgere un servizio nel gruppo di RnS bisogna avere occhi illuminati dalla carità di Dio, cioé scevri da ogni simpatia o antipatia, bisogna chiedere allo Spirito Santo uno sguardo purificato per vedere ciò che occhio umano non vede.

L'umiltà, la semplicità, la verità, l'autenticità, sono condizioni necessarie per poter discernere, guardare e individuare i doni, le abilità spirituali che sono nei fratelli e nelle sorelle. Uno sguardo che sa anche rischiare, che non si affida sempre alle stesse persone, ma sa guardare oltre per una sempre più allargata compartecipazione.

• Ministeri, ambiti di impegno

Come abbiamo visto, la vita carismatica è l’ambito in cui coloro che sono chiamati ad esercitare il servizio pastorale si impegnano maggiormente nel discernimento. Infatti, la massima capacità del nostro servizio si esprime nella custodia della spiritualità carismatica e soprattutto nella sua diffusione. Il pastorale di servizio e i responsabili in genere non sono i detentori di tutti i carismi, né sono gli unici deputati ad esercitarli in una sorta di “sintesi carismatica”.

I ministeri derivanti dalla vita carismatica sono lo specchio della vita comunitaria. Non sono espressione del singolo, ma delle esigenze della comunità intera. Non sono strutture preordinate ma “mandati” che determinano “la costruzione” della comunità.

Nascono dall’ascolto dello Spirito e, una volta individuati, non vanno mai lasciati al fai-da-te.

• Nuova evangelizzazione e carismi

La nuova evangelizzazione, richiede interventi “mirati” in ogni ambiente sociale, secondo nuove metodologie, sia nei contenuti che nelle dinamiche.

La chiamata alla nuova evangelizzazione, come richiestoci da Giovanni Paolo II, esige la capacità di accogliere nuovi doni carismatici, ma anche lo sforzo di saperli riconoscere aprendosi sempre alla creatività inedita e sorprendente dello Spirito.

Alla nuova evangelizzazione, pertanto, è connesso l’uso di nuovi carismi, ma soprattutto la capacità dei Pastorali di Servizio di assecondarne l’accoglienza per un esercizio efficace.

Esplicitazioni utili per la riflessione

1) Chiunque eserciti una responsabilità di governo all'interno del gruppo di RnS è sempre inserito in una dinamica di discernimento permanente, che sia costantemente rivolta -da un lato - a sé stesso (cioé vigilare sulla propria chiamata), e – dall'altro lato - sia rivolta agli altri (vigilanza circa l’adesione dei fratelli/sorelle ad un cammino di conversione permanente).

2) I carismi sono donati in vista dell’evangelizzazione. Ogni responsabile é chiamato a verificare se il proprio gruppo sia ancora capace di portare a tutti la lieta notizia del Vangelo di salvezza. La prima verifica riguarda l'accoglienza dei vari membri e

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l'apertura alla manifestazione dei carismi comunitari. Il Pastorale di servizio assicura una giusta comprensione e adeguata crescita dei carismi ? Esiste sottomissione reciproca nell’esercizio dei carismi ?

3) Considerato che il Rinnovamento é ormai inserito pienamente nel tessuto ecclesiale, il gruppo (ma in maniera particolare i suoi responsabili) sente l’esigenza di non tenere gelosamente all’interno del RnS l’esercizio della carismaticità ma piuttosto desidera metterla generosamente a servizio della Chiesa, nei modi, nei tempi e nelle occasioni ooportune ?

Nel nostro cammino di crescita, una figura che ci aiuta molto è quella di Mosé.

Meditiamo sull'episodio del Libro dell'Esodo, capitolo 33. Quello che rende decisiva la figura di Mosè non é tanto la sua potenza guaritrice o la liberazione del suo popolo dalla schiavitù egiziana, quanto invece l'aver conversato «a faccia a faccia» con Dio, come fà l'amico con l'amico (cf Es 33,11). Questo accesso immediato a Dio permise a Mosé di comunicare al popolo la Parola di Dio e la Sua volontà di prima mano e senza falsificazione.

Mosè è l’ascoltatore di Yawhe e nel contempo l’ascoltatore del popolo; questo fa di lui una guida sicura e attenta nel discernere la volontà di Dio. Mosé é un riferimento sicuro di guida pastorale, in special modo nella sua capacità di dialogare con Dio. Questa familiarità aveva, tuttavia, dei limiti. Mosè, pur parlando con Dio, non vide mai il suo volto, ma solo le sue spalle (Es 33,21s). La visione piena di Dio sarebbe stata appannaggio del nuovo Mosè, cioé Gesù, che avrebbe vissuto al cospetto di Dio non solo come amico, ma come Figlio.

Anche noi, per mezzo di Cristo, abbiamo questo tipo di familiarità che ci dà accesso diretto al cuore del Padre, per discernere ciò che è buono, a lui gradito e perfetto (cf Rm 5,1-2).

--- Bibliografia essenziale

Progetto Unitario di Formazione, Ed. RnS, Roma 2010

Salvatore Martinez, Sulle orme dello Spirito, Ed. RnS, Roma 2002

Sebastiano Fascetta, Vivere nel potere dello Spirito, Ed. RnS, Roma 2006-2007 Patti Callagher Mansfield, Come una nuova Pentecoste, Ed. RnS, Roma 2005 Mario Panciera, Il Rinnovamento frutto del Concilio, Ed. RnS, Roma 2002.

Riferimenti

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