Divisione ereditaria
Agenzia delle Entrate - Risposta ad interpello 6 febbraio 2020, n. 30
Salve le ipotesi di maggiori assegni o conguagli, agli effetti dell’applicazione dell’imposta di registro l’atto di divisione deve essere tuttora ricondotto tra quelli aventi natura dichiarativa contemplati dall’art. 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R., con conseguente assoggettamento ad imposta in termine fisso ed in misura proporzionale, con aliquota dell’1%.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass., Sez. V, 1° agosto 2019, n. 20736; Cass., Sez. V, 30 maggio 2018, n. 13637, ord.; Cass., Sez. V, 28 marzo 2018, n. 7606; Cass., Sez. V, 14 luglio 2017, n. 17512; Circolare Agenzia delle Entrate 28 maggio 2013, n. 18/E.
Oggetto: Atto di divisione ereditaria, tassazione ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
QUESITO
L’interpellante, in qualità di Notaio incaricato della sti- pula di un atto di divisione ereditaria, rappresenta che i signori X, Y e Z, sono proprietari per la quota di 1/3 ciascuno di un immobile abitativo con pertinenza e di un terreno agricolo, pervenuti in successione dalla signora W, rispettivamente moglie e madre dei citati eredi.
Gli stessi intendono procedere alla divisione della massa ereditaria, con attribuzione a ciascun coerede, a fronte della quota di diritto di 1/3 ciascuno, dei beni o diritti come di seguito indicato:
- alla prima figlia Z, assegnazione della piena proprietà del terreno;
- alla seconda figlia Y, assegnazione del diritto di nuda proprietà dell’immobile abitativo e relativa pertinenza;
- al padre X, assegnazione del diritto di usufrutto vitalizio dell’immobile abitativo di cui sopra e relativa pertinenza.
La suddetta abitazione costituisce residenza principale del Sig. X e della figlia Y.
Il Notaio istante afferma, al riguardo, che con lo stipu- lando atto di divisione verrebbero assegnati ai condivi- denti beni o diritti immobiliari per un valore pari alle quote loro spettanti di diritto, dando luogo ad una divi- sione senza conguagli.
Premesso quanto sopra, il Notaio istante chiede di cono- scere quale sia la corretta tassazione, ai fini della applica- zione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, in ordine al suddetto atto di divisione, in cui ad un condivi- dente titolare di quota di proprietà venga assegnato un diritto reale di godimento (nella specie, un usufrutto).
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente Il Notaio istante ritiene che l’atto di divisione ereditaria senza conguagli di cui alla fattispecie in esame debba essere assoggettato ad imposta di registro con l’aliquota dell’1 per cento, ai sensi dell’articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata
al Testo unico dell’imposta di registro, approvato con d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR) e alle imposte ipotecaria e catastale, nella misura fissa, di euro 200 ai sensi degli articoli 10 comma 2 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 e 4 della Tariffa ad esso allegata. Al riguardo, il Notaio istante osserva che gli articoli 34 del citato TUR e 3 della Tariffa, Parte I, allegata allo stesso, non distin- guono in merito alla qualità del diritto oggetto di asse- gnazione in sede di divisione.
Parere dell’agenzia delle entrate
La comunione ereditaria si scioglie con la divisione. Lo scioglimento della comunione ha come conseguenza l’at- tribuzione a ciascun condividente della titolarità esclusiva su una parte determinata dei beni o diritti posseduti in comunione.
Sulla base degli elementi esposti dal Notaio istante ed assunti acriticamente, secondo cui la fattispecie rappresen- tata configuri un’ipotesi di divisione ereditaria tra coeredi, in cui il valore delle assegnazioni è congruo e non sorgono obblighi di conguaglio in denaro, si osserva quanto segue.
Ai fini fiscali, la divisione è disciplinata dall’articolo 34 del TUR. Detto articolo dispone che“1. La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente (...).
I conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto (...) sono soggetti all’imposta con l’ali- quota stabilita per i trasferimenti mobiliari fino a concor- renza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi nella quota e con l’aliquota stabilita per i tra- sferimenti immobiliari per l’eccedenza. (...).
Quando risulta che il valore dei beni assegnati ad uno dei condividenti determinato a norma dell’art. 52 è superiore a quello dichiarato, la differenza si considera conguaglio.” Nel disciplinare la divisione, dunque, il citato articolo impone di raffrontare esclusivamente il valore comples- sivo della quota ricevuta rispetto al valore dell’intero compendio, in base alla quota spettante di diritto.
Pertanto, ai fini della corretta applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, dell’atto di divisione,
occorre considerare se esso realizzi un’assegnazione di beni o diritti, per ciascun condividente, di valore corrispon- dente o eccedente il valore spettante secondo la quota di diritto.
Come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 28 marzo 2018, n. 7606,“In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (...) mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione e non l’aliquota degli atti traslativi”.
Diversamente, qualora il valore della quota ricevuta sia superiore al valore della sua quota spettante di diritto, l’atto si considera vendita per la parte eccedente e,
pertanto, troveranno applicazione le aliquote proprie degli atti traslativi.
Premesso quanto sopra, nella fattispecie in esame in cui, come affermato dal Notaio interpellante, il valore dei diritti assegnati corrisponde al valore delle quote di diritto spettanti a ciascun condividente, si condivide la soluzione proposta, secondo cui il descritto atto di divisione debba essere regi- strato in termine fisso, con l’applicazione dell’aliquota pro- porzionale dell’1 per cento, prevista per gli atti aventi natura dichiarativa dall’articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR (circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E, par. 2.2.1).
Dovranno essere, inoltre, corrisposte le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna (Circo- lare del 21 febbraio 2014, n. 2/E, par. 1.2).
Divisione ed imposta di registro, tra diritto civile e diritto tributario
di Simone Francesco Marzo
Traendo spunto da una risposta ad interpello fornita dall’Agenzia delle Entrate, il contributo esamina le possibili ricadute in ambito fiscale, e precisamente ai fini della corretta applicazione dell’imposta di registro, della recente pronuncia con cui le Sezioni Unite della Cassazione hanno superato la tradizionale tesi della natura meramente dichiarativa della divisione, riconoscendovi invece natura costitutiva e traslativa. La disamina condotta porta a ritenere che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’art. 34 T.U.R. abbia autonomamente qualificato la fattispecie divisoria, attribuendovi una indubbia natura dichiarativa, salve le ipotesi di eventuali conguagli o maggiori assegni; il più recente riconoscimento di una generale natura costitutiva della divisione appare, dunque, irrilevante ai fini in discussione, trattandosi di una diversa qualificazione non in grado di incidere sulla considerazione del medesimo fenomeno quale risulta obbiettivata, agli specifici fini del tributo di registro, nel richiamato art. 34 T.U.R.
Premessa
Con la risposta n. 30 del 6 febbraio 2020, sopra riportata, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata sull’interpello proposto da un notaio che chiedeva di conoscere quale fosse la corretta tassazione, ai fini delle imposte di registro, di un atto di divisione di comunione ereditaria senza conguagli (1).
Se pubblicata solo pochi mesi prima, la risposta dell’Amministrazione Finanziaria probabilmente non avrebbe destato alcun interesse. Si può anzi
ragionevolmente ritenere che, sino agli inizi di otto- bre del 2019, nessun notaio avrebbe avvertito la necessità di interpellare l’Agenzia delle Entrate in merito alla corretta applicazione dell’imposta di regi- stro su un atto di divisione, tantomeno in caso di divisione senza maggiori assegni (2) né conguagli.
L’art. 34 del testo unico delle disposizioni concer- nenti l’imposta di registro di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 detta infatti una apposita disciplina per le divisioni (3), contemplando sia l’ipotesi della divisione con maggiore assegno sia quella della
(1) La fattispecie concreta portata all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, come desumibile dalla risposta, è la seguente: tre soggetti proprietari pro indiviso, per la quota di 1/3 ciascuno, di un immobile abitativo con pertinenza e di un terreno agricolo, perve- nuti loro per successione dalla moglie e madre dei citati soggetti, ed intendono procedere alla divisione della massa ereditaria con assegnazione al primo di loro della piena proprietà del terreno, al secondo della nuda proprietà dell’immobile abitativo e della rela- tiva pertinenza ed al terzo del diritto di usufrutto vitalizio dello stesso immobile abitativo e della relativa pertinenza.
(2) Per divisione“con maggiore assegno” si intende comune- mente quella a seguito della quale ad uno dei condividenti ven- gano attribuiti beni o diritti per un valore superiore rispetto a quello ad esso spettante in base alla quota di diritto vantato sulla cosa o sulla massa comune.
(3) La disposizione citata disciplina uniformemente la divisione della comunione ereditaria e la divisione della comunione ordinaria (come del resto avviene in ambito civilistico, giusto il rinvio operato dall’art. 1116 c.c. alle “norme sulla divisione dell’eredità, in quanto non siano in contrasto con quelle sopra stabilite”), e riguarda sia la
divisione con conguaglio, e dispone che sul (solo) maggiore assegno o sul (solo) conguaglio (nella misura in cui ecceda il 5% del valore della quota di diritto) debbano essere applicate le aliquote previste per gli atti ed i provvedimenti giudiziari aventi effi- cacia traslativa. Al di fuori di dette ipotesi, nella giurisprudenza di legittimità (4),nella dottrina (5) e nella prassi (6) si trova risalente e costante afferma- zione della sussumibilità della divisione negoziale o giudiziale tra gli atti ed i provvedimenti aventi natura dichiarativa di cui agli artt. 3 e 8, comma 1, lett. c) della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R. (7), con conseguentemente assoggettamento ad imposta pro- porzionale con aliquota dell’1%; tale conclusione, d’altro canto, traeva fondamento sull’altrettanto costante riconoscimento, ad opera della giurispru- denza civilistica (8), della natura meramente dichia- rativa della divisione, sia essa negoziale o giudiziale (9).
Alla luce delle rapide considerazioni che precedono, pertanto, nell’ipotesi prospettata dal notaio istante la divisione (senza maggiore assegno e senza conguagli) avrebbe dovuto pacificamente ritenersi soggetta ad imposta di registro con aliquota proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R.
I dubbi posti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 25021 del 2019
Vi è tuttavia che, con la sentenza n. 25021 del 7 ottobre 2019, le Sezioni Unite della Cassazione (10), pur riconoscendo che la tesi della natura dichiarativa della divisione avesse sin lì rappresentato“una delle costruzioni dogmatiche più risalenti e resistenti nella dottrina tradizionale”, l’hanno sottoposta ad attenta revisione, finendo per scardinare tale“dogma”. Nella richiamata pronuncia le Sezioni Unite giungono infatti ad affermare “che la divisione ha una natura specificativa, attributiva, che impone di collocarla tra gli atti ad efficacia tipicamente costitutiva e traslativa (efficacia, peraltro, della quale non si dubi- tava né nel diritto romano né in quello intermedio)”, ed ancora, che“la divisione non ha causa ricognitiva di effetti giuridici già verificatisi, ma - al contrario - ha causa attributiva e distributiva, in quanto ciascun condividente può divenire l’unico titolare di questo o di quel bene ricadente in comunione solo se vi sia stato un procedimento (contrattuale o giudiziale) che abbia determinato, con effetti costitutivi, lo scioglimento di quella comunione” (11).
Alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite si comprendono da un lato le incertezze del notaio
divisione della comunione su un unico bene, sia quella su una massa di beni.
(4) Si vedano, per limitarsi alle più recenti, Cass., Sez. V, 1°
agosto 2019, n. 20736; Cass., Sez. V, 30 maggio 2018, n. 13637, ord.; Cass., Sez. V, 28 marzo 2018, n. 7606, richiamata anche nella risoluzione in commento; Cass., Sez. V, 14 luglio 2017, n. 17512.
(5) Cfr., con riguardo alla disciplina vigente, A. Contrino, Note sulla nozione di“atto di natura dichiarativa” nel tributo di registro, in Rass. trib., 2011, 670; G. Scarano, commento agli artt. 34 T.U.R.
e 3, Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R., in N. D’Amati, La nuova disciplina dell’imposta di registro, Torino, 1989, rispettivamente 227 ss. e 483-484; F. Formica, voce: Divisione nel diritto tributario, in Dig. disc. priv., sez. comm., Torino, 1990, V, 89; per la dottrina pronunciatasi sugli omologhi previgenti testi normativi, cfr., L.
Rastello, Il tributo di registro, Roma, 1955, 672; A. Uckmar, La legge del registro, Padova, 1950, II, 228; P.C. Capello, voce:
Divisione (diritto tributario), in Noviss. Dig. it., Torino, 1960, VI, 38; G. Donnamaria, voce Divisione (diritto tributario), in Noviss. Dig. it., App. III, Torino, 1960, 57.
(6) Cfr. la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 28 maggio 2013, richiamata anche nella risposta in commento.
(7) L’art. 3 della Tariffa, Parte Prima, contempla gli “Atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura, salvo il successivo art. 7”. Ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), della Tariffa, Parte Prima allegata al T.U.R., alla medesima imposta proporzionale con aliquota dell’1% sono soggetti gli “atti dell’Au- torità Giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti di aggiudicazione e quelli di assegnazione, anche in sede di scioglimento di comunioni, le sentenze che rendono efficaci nello Stato sentenze straniere e i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali (...) di accer- tamento di diritti a contenuto patrimoniale”; la precedente lett. a) del medesimo art. 8, comma 1, invece, dispone che gli atti
dell’Autorità Giudiziaria “recanti il trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto ovvero su altri beni e diritti” sono soggetti alle stesse imposte stabilite per i corrispondenti atti. Alla luce delle richiamate disposizioni, il pro- blema della corretta tassazione della divisione ai fini dell’imposta di registro si pone negli stessi termini tanto per la divisione negoziale quanto per quella giudiziale.
(8) Cfr., inter alia, Cass., Sez. II, 7 novembre 2017, n. 26351, ord.; Cass., Sez. II, 10 gennaio 2014, n. 406; Cass., Sez. II, 12 ottobre 2011, n. 21013.
(9) Situazione diversa si presenta nella dottrina civilistica, nella quale già da tempo appare prevalente, ancorché non unanime, la tesi incline a riconoscere la natura costitutiva della divisione (in tal senso, tra gli altri, C.M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, Milano, 2017, 347; A. Luminoso, Divisione e sistema dei contratti, in Riv. dir. civ., 2009, 14; P. Forchielli - F. Angeloni, Della divisione, Art. 713-768 c.c., Bologna-Roma, 2000, 63; di diverso avviso, però, P. Gallo, Trattato di diritto civile, III, La proprietà, di diritti reali limitati, il possesso, Torino, 2019, 449; G. Azzariti, La divi- sione, in AA.VV., Trattato di diritto privato, diretto da Pietro Resci- gno, 6, Successioni, II, Torino, 1997, 467).
(10) La pronuncia si legge in questa Rivista, 2019, 649, con commento di C. Romano, Natura giuridica della divisione eredita- ria: la posizione delle Sezioni Unite, nonché in Contratti, 2019, 607, con nota di F.M. Bava, La divisione ereditaria quale atto inter vivos avente natura costitutiva. Per un commento alla pronuncia si vedano anche, D. De Giorgi - A. Bello, Scioglimento comunione ereditaria comprensiva di edifici“abusivi”: le SS.UU. risolvono il contrasto, in www.quotidianogiuridico.it, 29 ottobre 2019, non- ché, G. Amadio, L’efficacia costitutiva della divisione ereditaria, in Riv. dir. civ., 2020, 13 ss.
(11) Così, Cass., SS.UU., 7 ottobre 2019, n. 25021, parr. 5.3.2.
e 5.3.4.
interpellante (12) e, dall’altro, le ragioni di interesse per la risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate. Il riconoscimento da parte delle Sezioni Unite della
“efficacia tipicamente costitutiva e traslativa” anzi- ché “meramente ricognitiva di effetti giuridici già verificatisi”, infatti, solleva più di qualche dubbio in ordine al corretto assoggettamento della divisione all’imposta di registro con l’aliquota proporzionale dell’1% prevista per gli atti ed i provvedimenti aventi efficacia meramente dichiarativa, in luogo delle diverse (e tutte più alte) aliquote previste per gli atti ed i provvedimenti giudiziari aventi efficacia traslativa (13).
In sostanza, la riconsiderazione teorica di una costru- zione dogmatica ormai tralatizia, avvenuta per opera delle Sezioni Unite della Cassazione, potrebbe pro- durre conseguenze di ordine pratico assai rilevanti sulla corretta applicazione della disciplina fiscale, imponendo contestualmente di riflettere su alcuni dei temi“classici” del diritto tributario, come quello della sua autonomia rispetto alle altre branche del diritto e dei criteri ermeneutici da applicare qualora, nella definizione della fattispecie tributaria concor- rano concetti, termini o istituti elaborati in altri rami del diritto.
La risposta (non risolutiva) fornita dall’Agenzia delle Entrate
All’esito di una (forse troppo) sintetica esposizione della disciplina applicabile, con il documento di prassi da cui scaturiscono le presenti riflessioni l’Am- ministrazione Finanziaria risponde al quesito posto dal notaio interpellante richiamando la precedente circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E ed affermando di condividere la soluzione proposta da quest’ultimo, secondo cui“il descritto atto di divisione debba essere registrato in termine fisso, con applicazione dell’ali- quota proporzionale dell’1 per cento, prevista per gli atti aventi natura dichiarativa dall’articolo 3 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR” (14).
Pur nella sua laconicità, la risposta fornita dall’A- genzia al quesito sottopostole è molto chiara: salve le
ipotesi del maggiore assegno e dei conguagli, che non ricorrevano nel caso esaminato, l’atto di divisione deve essere ricondotto tra quelli aventi natura dichia- rativa contemplati dall’art. 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R., con conseguente assogget- tamento ad imposta di registro in termine fisso ed in misura proporzionale, con aliquota dell’1%.
L’Agenzia delle Entrate, però, non fa alcun cenno alla sentenza con la quale le Sezioni Unite della Cassazione hanno recentemente confutato la tesi della natura meramente dichiarativa della divisione e ne hanno invece riconosciuto la natura traslativa.
Tale silenzio può essere inteso essenzialmente in due modi: o l’Agenzia, pur consapevole del recente revi- rement della giurisprudenza in ordine alla natura dell’atto divisorio, ha ritenuto sussistenti valide ragioni per ribadire la riconducibilità dello stesso, sebbene ai soli fini tributari, tra quelli con efficacia dichiarativa ex art. 3 della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R. (15), senza però avvertire la necessità di effettuare anche solo un rapido cenno a tali ragioni; oppure, assai più realisticamente, nel pronunciarsi sul quesito sottopostole l’Amministra- zione Finanziaria si è limitata a ribadire l’orienta- mento tralatizio, senza tuttavia considerare che uno degli elementi sui quali tale orientamento si fondava (il costante riconoscimento della natura dichiara- tiva dell’atto divisorio) era nel frattempo venuto meno per effetto del più volte menzionato arresto delle Sezioni Unite.
Quale che sia la spiegazione del silenzio serbato dall’Agenzia delle Entrate, la risposta in commento lascia aperti, in pratica, tutti i dubbi posti dalla sentenza delle Sezioni Unite in ordine alla corretta applicazione dell’imposta di registro sullo sciogli- mento delle comunioni.
L’imposta di registro sulla divisione, tra diritto civile e diritto tributario
Come rilevato in dottrina e come già emerge dalle rapide considerazioni sin qui effettuate, la disciplina fiscale della divisione rappresenta da sempre “una
(12) D’altro canto, anche il Consiglio Nazionale del Notariato ha avvertito la necessità di approfondire tempestivamente l’argo- mento; si vedano, infatti, G. Petteruti - A. Pischetola, L’incidenza della sentenza della Cassazione n. 25021/19 sul trattamento fiscale della divisione, studio n. 183-2019/T, approvato dalla Com- missione Studi Tributari il 12 dicembre 2019.
(13) Il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili è soggetto alle aliquote stabilite dall’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al T.U.R. (cui rinvia, per i provvedimenti giudiziari, l’art. 8, comma 1, lett. a). Trattandosi di trasferimento di beni mobili, invece, l’aliquota applicabile sarebbe quella
“residuale” del 3% prevista dall’art. 9 della medesima Tariffa per gli atti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, nonché dall’art. 8, comma 1, lett. b), per i provvedimenti giudiziari
“recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura”.
(14) L’Agenzia delle Entrate precisa altresì che “dovranno essere, inoltre, corrisposte le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 200 ciascuna”.
(15) Nonché all’art. 8, comma 1, lett. c) della stessa Tariffa, Parte Prima.
cartina al tornasole […] sullo stato dei rapporti tra diritto civile e diritto tributario”, risentendo della
“risalente, talvolta estenuante, ‘querelle’ sulla natura dichiarativa o costitutiva dell’istituto civilistico” (16).
Per meglio comprendere tale osservazione è utile segnalare che, come ricordano le stesse Sezioni Unite nell’arresto più volte menzionato, nel diritto romano e sino al medioevo non vi era alcun dubbio sull’efficacia tipicamente costitutiva e traslativa della divisione (17), e che fu proprio al fine di attenuare l’asprezza dei prelievi fiscali sui trasferimenti immo- biliari che la giurisprudenza del periodo più tardo elaborò e riuscì ad imporre la “sottile tesi” (18) in base alla quale la divisione fosse da ritenersi un semplice atto ricognitivo e non traslativo della pro- prietà. L’imposizione di gravosi obblighi fiscali sui trasferimenti immobiliari, in definitiva, incise sull’e- laborazione sistematica dell’istituto della divisione, al fine di sottrarlo alla sfera degli atti traslativi e, in tal modo, agli obblighi tributari connessi a detta tipolo- gia di atti (19).
Per quanto sottile, l’idea della natura dichiarativa della divisione alla fine prevalse, fino ad assumere la valenza di un vero e proprio“dogma”, che ha mante- nuto sino alla più recente pronuncia delle Sezioni Unite.
A prescindere dalla correttezza o meno di tale costru- zione, è indubbio che la vigente disciplina dell’impo- sta di registro sia stata elaborata sulla base della concezione meramente dichiarativa della divi- sione (20). Tanto si evince chiaramente dall’art. 34 T.U.R., sia nella parte (comma 1, primo periodo) in cui dispone che “La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore com- plessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente”, sia in quella (comma 2) nella quale prevede che “I conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto, ancorché attuati mediante accollo di debiti della comunione, sono soggetti all’imposta con l’aliquota stabilita per i trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi
nella quota e con l’aliquota stabilita per i trasferi- menti immobiliari per l’eccedenza”.
Tali previsioni, in realtà, non sanciscono espressa- mente la natura dichiarativa dell’atto divisorio;
piuttosto, la presuppongono, ponendovi contestual- mente una serie di limiti funzionali alla migliore realizzazione dell’interesse fiscale. E così, in virtù dell’art. 34, comma 1, primo periodo, T.U.R., alla divisione deve attribuirsi efficacia traslativa limita- tamente alla sola parte di apporzionamento per effetto del quale taluno dei condividenti riceva un quid eccedente rispetto alle sue ragioni di diritto sulla cosa (o sulla massa) comune, con l’effetto che, per quella sola parte in eccedenza, si renderà dovuta l’imposta secondo le aliquote previste per i trasferi- menti (21). Analogamente è previsto per i congua- gli di ammontare superiore al 5% del valore della quota di diritto, in relazione ai quali il secondo comma dell’art. 34 T.U.R. dispone l’assoggetta- mento ad imposta di registro con l’aliquota stabilita per i trasferimenti mobiliari o immobiliari, a seconda della composizione della massa comune della cui divisione si tratta.
Entrambe le norme riguardano fattispecie nelle quali, in seguito all’apporzionamento nel quale si sostanzia l’operazione divisoria, a taluno dei condividenti siano assegnati beni o diritti di valore superiore al valore della quota di diritto sulla cosa (o sulla massa) comune, con la sola differenza che, nell’ipotesi di divisione con conguaglio, la disparità di valore è appianata mediante la datio del conguaglio. Come detto, peraltro, nessuna delle due norme sancisce expressis verbis che la divisione debba di per sé essere ricondotta tra gli atti aventi natura dichiarativa piuttosto che tra quelli ad efficacia traslativa. È chiaro, però, che la stessa esistenza di entrambe le disposizioni in esame si giustifica proprio e soltanto sul presupposto della natura dichiarativa dell’atto divisorio, ivi incluso quello con maggiore assegno o con conguaglio.
Se il legislatore tributario avesse inteso riconoscere efficacia traslativa alla divisione in quanto tale, infatti, le disposizioni in commento sarebbero state
(16) Così, F. Formica, Divisione nel diritto tributario, cit., 87.
(17) Tanto è precisato nella pronuncia a Sezioni Unite n. 25021 del 7 ottobre 2019; sul punto si vedano, per tutti, A. Guarino, Diritto privato romano, Napoli, 2001, 533, il quale afferma che“la divi- sione, per come era concepita e congegnata, aveva efficacia costitutiva”; A. Burdese, Divisione (diritto romano), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 413; P. Grossi, Divisione (diritto intermedio), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 417.
(18) La locuzione è ripresa da M.R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, Torino, 1998, 121; sul punto si vedano anche
P. Forchielli - F. Angeloni, Della divisione, Art. 713-768 c.c., cit., 50-51.
(19) Correttamente, G. Amadio, L’efficacia costitutiva della divisione ereditaria, cit., 41, nota che“Singolarmente, la preoc- cupazione che aveva indotto a creare il dogma della dichiaratività, sembra dunque riproporsi a seguito del suo superamento”.
(20) Sia essa, ripetesi, negoziale o giudiziale.
(21) In tal senso, F. Formica, Divisione nel diritto tributario, cit., 89-90; nello stesso senso, con riguardo al previgente art. 32, d.P.
R. 26 ottobre 1972, n. 634, G. Donnamaria, Divisione (diritto tributario), cit., 57.
sostanzialmente inutili, poiché qualsiasi divisione sarebbe stata di per sé soggetta all’applicazione delle aliquote previste per i trasferimenti sull’intero valore della cosa o della massa comune (22). In altri termini, nell’ottica del legislatore tributario la par- ziale equiparazione della divisione alla vendita (e, più in generale, agli atti aventi efficacia traslativa) pre- suppone proprio che la divisione in quanto tale non costituisca atto di natura traslativa.
Il superamento dei dubbi sollevati dal pronunciamento delle Sezioni Unite
Sulla base di quanto esposto nel paragrafo prece- dente, sembrano destinati a dissolversi i dubbi circa l’eventuale impatto del revirement giurisprudenziale sopra indicato sul corretto trattamento fiscale della divisione.
La riconducibilità della divisione tra gli atti di natura dichiarativa, ai soli fini dell’applicazione dell’impo- sta di registro e pur con le precisazioni fornite dall’art.
34 T.U.R., non scaturisce infatti dall’elaborazione dogmatica tradizionale di tale istituto, oggi messa in crisi dal pronunciamento della Cassazione, ma da una precisa indicazione del legislatore tributario, chiara- mente espressa proprio nell’art. 34 T.U.R. Le norme enunciate da tale articolo delineano, infatti, una
“regolamentazione tributaria della fattispecie diviso- ria (...) coerente e conchiusa in sé stessa” (23), perciò insensibile al recente revirement della giurisprudenza, ed agli effetti della quale la divisione è chiaramente ricondotta tra gli atti con efficacia meramente dichiarativa.
Rispetto a tale conclusione non vale opporre il prin- cipio di unitarietà dell’ordinamento giuridico, né obiettare che l’elaborazione della disciplina tributa- ria di cui si tratta abbia evidentemente risentito della
costruzione dogmatica dell’istituto prevalente all’e- poca della sua formulazione, ma non più in seguito alla sentenza delle Sezioni Unite del 2019.
La prima questione rinvia, come già precedente- mente accennato, ad un tema “classico” del diritto tributario, cioè quello della sua autonomia rispetto alle altre branche del diritto. Senza alcuna pretesa di ripercorrere esaustivamente i termini del dibattito dottrinale maturato sull’argomento sin dai primi decenni del Novecento (24), è qui sufficiente richia- marne gli approdi più recenti, secondo i quali l’uni- tarietà complessiva dell’ordinamento giuridico non costituisce un vincolo assoluto né per l’attività di produzione legislativa né per quella ermeneutica. Da un lato, infatti, i principi di unitarietà, coerenza e sistematicità dell’ordinamento costituiscono senza dubbio criteri ermeneutici ai quali attribuire priorità nell’individuare il significato di un termine o di un concetto che il legislatore tributario abbia tratto da un’altra branca del diritto senza fornirne una speci- fica nozione o qualificazione (25); dall’altro lato, però, è certo anche che il“legislatore fiscale è libero di qualificare autonomamente un qualsiasi fenomeno noto agli altri settori giuridici anche per introdurre regole difformi allo scopo di perseguire più efficace- mente le proprie finalità” (26). In virtù di tale ultima corretta constatazione, non vi è quindi alcun impe- dimento a ritenere che il legislatore tributario abbia potuto qualificare il“fenomeno divisorio” in termini meramente dichiarativi, ai soli fini dell’applicazione del tributo di registro ed a prescindere dalla analoga o contraria qualificazione che dello stesso fenomeno può darsi in ambito civilistico. Né pare che vincoli di ordine costituzionale imponessero la qualificazione fiscale della divisione in termini necessariamente traslativi, essendo anzi stato prospettato il contrario (27).
(22) Nello stesso senso, G. Petteruti - A. Pischetola, L’incidenza della sentenza della Cassazione n. 25021/19 sul trattamento fiscale della divisione, cit., 6, i quali giustamente notano anche che, sul presupposto della natura traslativa della divisione, non avrebbe alcun senso nemmeno verificare se l’eventuale congua- glio ecceda o meno il 5% del valore della quota di diritto,“perché anche al di sotto di tale soglia si dovrebbero comunque applicare i criteri impositivi più onerosi previsti per i trasferimenti, in palese violazione del dettato normativo”.
(23) Così, G. Petteruti - A. Pischetola, L’incidenza della sen- tenza della Cassazione n. 25021/19 sul trattamento fiscale della divisione, cit., 6.
(24) La prima trattazione organica dell’argomento risale, infatti, a E. Vanoni, Natura ed interpretazione delle leggi tributarie, Padova, 1932, passim; per alcune recenti riconsiderazioni, cfr.
S. Cipollina, Origini e prospettive dell’autonomia scientifica del diritto tributario, in Riv. dir. fin., 2018, I, 163 ss.; G. Falsitta, Per l’autonomia del diritto tributario, in Rass. trib., 2019, 257 ss.; F.
Paparella, L’autonomia del diritto tributario ed i rapporti con gli altri
settori dell’ordinamento tra ponderazione dei valori, crisi del diritto e tendenze alla semplificazione dei saperi giuridici, in Riv. dir. trib., 2019, I, 587 ss.
(25) Sul punto sia consentito rinviare a S.F. Marzo, La posizione del rappresentante rispetto all’obbligo di versamento dell’imposta di registro relativa al negozio stipulato in nome altrui, in Riv. not., 2019, II, 200, da cui alcuni ulteriori riferimenti.
(26) Così, F. Paparella, L’autonomia del diritto tributario ed i rapporti con gli altri settori dell’ordinamento tra ponderazione dei valori, crisi del diritto e tendenze alla semplificazione dei saperi giuridici, cit., 604-605.
(27) Secondo G. Petteruti - A. Pischetola, L’incidenza della sentenza della Cassazione n. 25021/19 sul trattamento fiscale della divisione, cit., 5, non si potrebbe ritenere conforme al princi- pio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. tassare l’atto divisorio attribuendovi efficacia traslativa, in quanto il condivi- dente “non acquisisce una potenzialità economica additiva rispetto a quella che gli spettava al momento della formazione della massa comune dei beni a dividersi - e corrispondentemente
Infine, è innegabile che il contenuto dell’art. 34 T.U.R. abbia risentito della concezione dichiarativa prevalente nel periodo in cui la disposizione veniva formulata. Il legislatore storico, però, non si è limitato a recepire la nozione di divisione come risultante dall’elaborazione dogmatica all’epoca prevalente;
nell’accogliere tale nozione, invece, vi ha apposto
“una serie di precisazioni e soprattutto di limiti, in omaggio al soddisfacimento di quell’interesse tribu- tario, che ne conformano la fattispecie impositiva”, offrendo in tal modo della disciplina fiscale dell’isti- tuto in commento “un tentativo di compiuta elaborazione” (28).
In definitiva, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro il legislatore dell’art. 34 T.U.R. ha autono- mamente qualificato la fattispecie divisoria, attri- buendo ad essa, nei limiti sopra indicati, una indubbia natura dichiarativa. Dovrebbe pertanto
risultare irrilevante il fatto che la giurisprudenza attribuisca oggi al medesimo fenomeno una generale natura costitutiva, trattandosi di una diversa qualifi- cazione non in grado di intervenire sulla considera- zione del medesimo fenomeno quale risulta obbiettivata, agli specifici fini del tributo di registro, nel richiamato art. 34 T.U.R.
Tornando, per concludere, al recente pronuncia- mento dell’Agenzia delle Entrate, alla luce di quanto sin qui detto si può convenire sulla correttezza della risposta fornita al notaio istante. Alcune perplessità sorgono, invece, sullo scarno percorso motivazionale posto a fondamento di tale risposta; la questione, probabilmente, avrebbe meritato una maggiore attenzione, al fine di esaminare (e, come visto, esclu- dere) il possibile impatto della pronuncia delle Sezioni Unite precedentemente più volte richiamata sul regime fiscale della divisione.
gli altri condividenti non vedono diminuirsi la loro sostanza eco- nomica - ma si verifica soltanto una differente allocazione/concen- trazione nella pars quanta dei diritti al medesimo spettanti sulla massa stessa”. Tale affermazione appare, invero, difficilmente sostenibile, considerato che il fatto indice di capacità contributiva assunto a tassazione dall’imposta di registro non è rappresentato dal verificarsi di un incremento patrimoniale in capo al contri- buente, come gli Autori citati sembrerebbero presupporre; in termini generali, quella di registro può essere definita un’imposta
“sull’attività giuridica” (così, N. D’Amati, La nuova disciplina
dell’imposta di registro, cit., 67), assumendo come fatto rivelatore di capacità giuridica la formazione dell’atto (non necessariamente di diritto privato) attraverso cui detta attività si esplica, sul presup- posto che ciò di per sé costituisca indice di forza economica, essendo però del tutto irrilevante che a tale fatto si correli un effettivo incremento patrimoniale per il contribuente.
(28) Così, nuovamente, F. Formica, Divisione nel diritto tribu- tario, cit., 89; nello stesso senso, come visto, G. Petteruti - A.
Pischetola, L’incidenza della sentenza della Cassazione n. 25021/
19 sul trattamento fiscale della divisione, cit., 6.