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IL DANNO ESISTENZIALE Orientamenti giurisprudenziali del Tribunale di Torino

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IL DANNO ESISTENZIALE

Orientamenti giurisprudenziali del Tribunale di Torino

In caso di morte istantanea della vittima in dipendenza di fatto illecito da più parti è stata sollevata la questione della risarcibilità del danno biologico del danno biologico dell’erede - congiunto, segnatamente al titolo per cui egli sia legittimato ad agire, ovvero se egli subisca un danno diretto ed in proprio, agendo così iure proprio, o piuttosto non possa agire iure hereditatis per il danno biologico subito dal de cuius.

Un caso concreto al Tribunale di Torino

Il Tribunale di Torino (Sent. 8.8.95, Pres. Damiano, Est. Foiera . Parasole c. Sara assicurazioni, in Resp. Civ. e Prev. 1996, 282) chiamato a decidere dell’azione risarcitoria proposta iure proprio nonché iure hereditatis da G.P., figlio erede di F.M., deceduta istantaneamente a seguito di incidente stradale, ha fatto luce sul problema, evidenziando i fondamenti giuridici delle due tipologie di danno.

Anzitutto il Tribunale ha ritenuto non accoglilibile la domanda dell’erede relativamente al

risarcimento del danno subito dal soggetto deceduto, essendo, ad avviso del Tribunale stesso - ed in questo richiamando gran parte della giurisprudenza di merito e di legittimità - il danno biologico diritto personalissimo non trasmissibile e quindi non risarcibile a soggetto diverso da quello che ha subito la lesione, oltre che non acquisibile al patrimonio della vittima qualora questa deceda istantaneamente in quanto l’evento morte coincide con la perdita della capacità giuridica della vittima stessa.

Nell’affrontare invece la questione relativa al danno che l’erede asseriva aver subito in proprio per la perdita della madre con cui conviveva stabilmente, il Collegio giudicante ha affermato la

fondatezza e risarcibilità di tale danno, seppure a determinate condizioni.

Punto di partenza: Sentenza n.184/86

Con lucidità e rigore la pronuncia fonda le proprie motivazioni anzitutto ripercorrendo la storia dottrinale e giuridica del danno biologico, partendo proprio dalla nota sentenza della Corte

Costituzionale n. 184/86 la quale qualificava il danno biologico come danno evento, interno al fatto illecito colposo - menomazione dell’integrità psicofisica della persona il cui referente normativo è individuato nel coordinato disposto dell’art. 2043 c.c. e 32 Cost. - in contrapposizione al danno non patrimoniale o morale, quale danno conseguenza, ovvero le sofferenze, l’angoscia ed il patema d’animo ed il cui riferimento normativo è l’art. 2059 c.c.

Le successive evoluzioni giurisprudenziali hanno ulteriormente affinato la definizione del danno biologico oggi univocamente inteso come menomazione dell’integrità psicofisica della persona in sé e per sé considerata in quanto incidente sul valore uomo in tutta la sua concreta dimensione che non si esaurisce nella sola attitudine a produrre ricchezza ma si collega alla somma delle funzioni naturali afferenti al soggetto nell’ambiente in cui la vita si esplica ed aventi rilevanza non solo economica ma anche biologica, sociale, culturale ed estetica.

Danno sofferto dai familiari è degno di protezione giuridica

Il Tribunale di Torino, su tali basi - presupponendo che il principio nel neminem laedere sia norma in bianco il cui precetto deve essere il volta in volta integrato con i diritti ed i valori personali costituzionalmente garantiti e tutelati - ed in questo uniformandosi alla giurisprudenza della Suprema Corte, ha quindi ritenuto che il danno sofferto dai familiari conviventi della vittima

Tagete n. 2-1997 Ed. Acomep

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deceduta per fatto colposo sia degno di protezione giuridica, in esplicito riferimento alle norme costituzionali a tutela della famiglia.

Il Collegio ha infatti considerato che proprio perché la famiglia, è formazione sociale riconosciuta e tutelata dall’art. 29 della Costituzione nel cui ambito si esplicano quelle “attività realizzatrici della persona umana” meritevoli di riconoscimento normativo (art. 2 Cost.), che ricevono

concretizzazione da quelle norme del codice civile quali gli artt. 143, 147 e 316 che regolano in modo preventivo rispettivamente i diritti ed i doveri ta i coniugi dell’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla coabitazione ed alla collaborazione nell’interesse della famiglia, i diritti dei figli verso i genitori al mantenimento ed il diritto all’esercizio della potestà genitoriale, tali diritti acquisiscono una garanzia ed una tutela costituzionale anche al di fuori della sfera familiare.

Il Collegio ha quindi inteso affermare il principio per il quale, essendo la famiglia una formazione sociale al cui interno si esplica la personalità di ciascun componente, estrinsecantesi in quei diritti inviolabili costituzionalmente riconosciuti e garantiti, quindi valevoli erga omnes, il fatto illecito del terzo incidente nel diritto di un congiunto determina in via immediata e diretta la lesione dei diritti correlati degli altri congiunti e costituisce in forza del principio generale del neminem laedere, quel danno ingiusto di cui all’art. 2043 c.c. risarcibile iure proprio.

Il danno esistenziale

Fin qui la sentenza in esame di fatto ricalca, peraltro con notevole lucidità e chiarezza espositiva - va detto - l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale della Suprema Corte.

Quel che merita segnalare è l’ulteriore notevole passo avanti effettuato dal Tribunale di Torino nel prospettare un inquadramento unificante delle varie fattispecie di danno derivato ai congiunti della vittima, laddove la soppressione dei rapporti coniugali, la perdita di un figlio, la morte di un genitore possono generare nei superstiti tipi di danno aggiuntivi rispetto alla classica tripartizione danno biologico - danno morale - danno patrimoniale.

Si introduce il concetto di danno esistenziale i cui contorni e contenuti, di volta in volta individuati sulla base del diritto leso, non possono che essere delineati alla luce dei valori costituzionalmente garantiti ex art. 2 Cost. in rapporto ai quali devono necessariamente essere valutate le singole situazioni soggettive attive, compresse dal fatto illecito altrui e ciò proprio al fine di evitare che, al di là di qualsiasi costruzione nominativa, germoglino richieste di tutela risarcitoria in relazione a posizioni soggettive che l’ordinamento giuridico non eleva a diritti inviolabili dell’uomo

costituzionalmente tutelati.

Va da sé che siffatta descrizione del danno esistenziale postuli un onere probatorio che non può che essere a carico della parte che intenda far valere il proprio diritto risarcitorio, a norma dell’art. 2697 c.c., non potendosi, secondo quanto asserito dal Tribunale, affermane che ad ogni lesione del diritto del superstite possa conseguire ipso iure il risarcimento del danno.

Resta da vedere in quali termini possa essere effettivamente raggiunta la prova richiesta: mentre può essere di certa facilità dar ragione della titolarità della posizione soggettiva attiva risultata lesa non pare altrettanto automatico, - almeno dalla lettura della sentenza - una volta accertata la

singolarità dei rapporti antecedenti all’illecito, il riconoscimento del conseguente danno in rapporto alla prova sulle circostanze soggettive ed oggettive che lo caratterizzano in concreto.

Tale definizione del danno esistenziale implica che l’unico criterio di liquidazione da adottarsi non può che essere quello dell’equità valutati i singoli casi concreti, purché l’equità non travalichi le risultanze probatorie e non affoghi in valutazioni soggettive e personalizzate.

Avv. Renato Ambrosio Foro di Torino

Tagete n. 2-1997 Ed. Acomep

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