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IL NUMERO COMPLESSIVO DI OPERATORI

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Academic year: 2022

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I I L L V VA AL LO O RE R E D DE EL L M M ER E RC CA AT TO O

P P RO R OF F . . D D OM O ME EN NI I CO C O P P OS O S C C A A

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Indice

1 IL NUMERO COMPLESSIVO DI OPERATORI--- 3 2 IL VOLUME D’AFFARI GENERATO DAGLI OPERATORI DEL SETTORE --- 4 3 IL VALORE DEL MERCATO DEI SERVIZI BASICI DELLA CONSULENZA FISCALE E DELLA TENUTA DELLA CONTABILITÀ --- 6 BIBLIOGRAFIA --- 14

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1 Il numero complessivo di operatori

Al fine di elargire una corretta informazione sugli integratori alimentari, risulta importantissimo individuare l’ambito normativo all’interno del quale viene inquadrato questa grande classe di elementi. L’ Il numero complessivo degli operatori sul mercato della consulenza aziendale e tributaria è pari a 127.598. La nostra stima parte dai dati ufficiali dei commercialisti esercenti effettivi, riportati nell’ultimo rapporto statistico disponibile, esperti contabili, società tra professionisti di commercialisti, praticanti e si integra con il numero delle società di consulenza e di CAF. Comprendiamo che ci può essere un apprezzabile livello di approssimazione e di imprecisione per commercialisti che possono avere una posizione fiscale e previdenziale autonoma ma, di fatto, svolgono la loro attività principale in STP, società di consulenza o CAF. Ma è pur vero che ci sono altri soggetti presenti sul mercato come lavoratori autonomi della consulenza che non sono censiti in nessun albo o registro. Il numero stimato è pertanto piuttosto attendibile.

Tipologia di consulente aziendale/tributario Commercialisti (iscritti Casse - esercenti da Rapporto 2016) Tab.38 94.455

Esperti contabili (da Rapporto 2016) 742

Società tra professionisti (da Rapporto 2016) 282 Praticanti commercialisti iscritti al Registro (da Rapporto 2016) 13.111

Società di consulenza Tab.15 18.928

CAF (organizzazioni che comprendono diverse società) 80

Totale 127.598

Tabella 44 - Operatori sul mercato della consulenza aziendale e tributaria (nostra elaborazione su dati Casse Prev.za/FNC/Irdcec)

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2 Il volume d’affari generato dagli operatori del settore

Il fatturato prodotto dalle diverse tipologie di players considerate viene determinato, quanto ai commercialisti, partendo dal Volume d’affari medio Iva tratto dai rapporti e dai dati ufficiali (vedi tabelle 29-33 ) moltiplicato per il numero di esercenti effettivi ragguagliato agli iscritti alle Casse di Previdenza. Il dato delle società di consulenza e dei CAF è stato ripreso dai dati analizzati elaborati da Assoconsult e dalla Consulta nazionale dei CAF. Quelli riferiti agli esperti contabili sono stimati in rapporto alla metà del reddito e del fatturato dei commercialisti. Per i praticanti, infine, si stima un reddito minimo ragguagliato al limite fiscale e previdenziale per qualificare le prestazioni di lavoro occasionali. Il valore del comparto dei servizi di consulenza aziendale e tributaria vale quasi 14 miliardi di euro.

Fatturato complessivo

Volume affari medio 2013

Nr.comm.li sti attivi

Totale fatturato comm.listi (in mln) Fatturato totale prodotto dai

comm.isti attivi iscritti Casse

106.833,00 94.455 10.090.911.015

Fatturato distinto per macro- categorie

%(da tabella precedente)

Fatturato per macrocategoria

Contabilità e fiscale e attività strettamente connesse

68% 6.861.819.490

Revisione contabile 6% 605.454.661

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Operazioni straordinarie 5% 504.545.551

Consulenza direzionale 5% 504.545.551

Tabella 45 - Valore del mercato dei servizi di consulenza aziendale e tributaria (nostra elaborazione su dati Casse Prev.za/FNC/Irdcec)

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3 Il valore del mercato dei servizi basici della consulenza fiscale e della tenuta della contabilità

Nella tabella 38 abbiamo stimato in 6,86 mld (comprese le attività strettamente connesse relative alla costituzione di società, inoltri telematici, consulenza societaria, pratiche amministrative, liquidazione di aziende, consulenza del lavoro, amministrazione del personale, bilanci sociali, enti no profit, contenzioso tributario) il valore del fatturato dei commercialisti per quanto riguarda i servizi basici.

La percentuale di commercialisti che si occupa di queste attività, in misura più o meno prevalente rispetto alle altre, è pari al 90 %, corrispondente a 85.000 professionisti. Il dato è confermato dalle indagini statistiche citate nelle tabelle e nei paragrafi precedenti.

Possiamo ora provare a calcolare quanta parte del fatturato complessivo (comprensivo delle attività strettamente connesse) possa essere rappresentato esclusivamente dai servizi di contabilità, adempimenti fiscali, buste paghe e connesse pratiche amministrative. Lo facciamo interpolando le percentuali analitiche della tabella 37 con i risultati di un’indagine statistica presentata dal ricercatore della FNC Tommaso Di Nardo nel Congresso “Commercialisti e Giustizia” organizzato dal sindacato UNICO il 17 maggio 2014. Secondo il ricercatore, nell’ambito delle attività di base dei commercialisti, la consulenza contabile e fiscale a carattere continuativo a clienti stabili rappresenta il 60% del fatturato, gli incarichi professionali il 25 % e la consulenza specialistica il 15%. I dati sono in linea con le nostre conclusioni riportate in tabella 38. La differenza dell’8% in più da noi attribuita al settore contabile e fiscale deriva dall’inclusione delle attività di consulenza non continuative della stessa natura come quelle svolte in favore di privati non titolari di partiva iva e quelle di tipo occasionale. Riteniamo, tuttavia, che il dato da noi stimato in 6,68 mld si debba ridurre del 10 % a fronte dei servizi strettamente connessi al contabile e fiscale, al fine di ottenere il fatturato dei soli servizi basici dei commercialisti per il comparto in senso stretto (senza le attività

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connesse) può stimarsi in 5,36 mld come nella tabella seguente. A quello dei commercialisti vanno aggiunti i dati degli altri consulenti con gli opportuni aggiustamenti.

Il valore del comparto servizi di base di consulenza fiscale e contabile è pari a circa 7,3 miliardi di euro.

Tipologia di consulenti Numero Fatturato

Commercialisti 85.000 6.861.819.490

Esperti contabili (fatturato complessivo di tab.38 attribuibile ai servizi basici)

742 39.635.043

Società tra professionisti (il cui fatturato si assume incluso in quello dei comm.sti)

282 -

Praticanti comm.sti (si presume la stessa % dei comm.sti al valore del fatturato di tab.37)

13.111 44.577.400

CAF (v. conclusioni pgf 1.19 riportante i dati della Consulta nazionale dei CAF)

80 396.000.000,0

Totale 99.215 7.342.031.933

Tabella 46 - Valore dei servizi base di consulenza fiscale e contabile (nostra elaborazione su dati Casse Prev.za/FNC/Irdcec)

Nanismo

L’estrema parcellizzazione del tessuto produttivo e il carattere unifamiliare delle pmi italiane sono sempre stati il punto di forza della professione e sono proprio questi caratteri che nel tempo ne hanno frenato l’evoluzione. Secondo le indagini sulla categoria, gli studi professionali dei commercialisti sono molto numerosi e diffusi in tutta la penisola, ma sono anche molto piccoli e

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poco organizzati. Le indagini più recenti mostrano una progressiva riduzione degli studi individuali, che non favorisce, però, né l’associazionismo professionale né la costruzione di reti, bensì la pratica della condivisione di studio finalizzata ad abbattere i costi organizzativi ed operativi.

Crisi

La mancata evoluzione, o involuzione secondo alcuni, della professione ha inciso significativamente sulle performance economiche dei professionisti che, complice anche l’aggravarsi e il prolungarsi della crisi economica, sono stati costretti a rivedere i programmi di sviluppo e di riorganizzazione professionale elaborati nella prima metà degli anni duemila. Si tratta di una tendenza, certificata anche dai dati statistici sugli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e dalle indagini statistiche campionarie che li riguardano, svolte dall’IRDCEC negli ultimi anni, che colpisce in modo particolare le fasce più mature della categoria, mentre per coloro che hanno avviato la professione nella seconda metà degli anni duemila al tema dell’involuzione si sostituisce quello dell’estrema difficoltà di investire nell’apertura di un nuovo studio professionale.

Alti e bassi del networking

Le indagini mostrano, ad esempio, come il network professionale e la pratica della collaborazione in rete per sfruttare le economie di specializzazione senza incidere sulla scala produttiva, si è diffusa molto dal 2000 al 2007, per poi subire una pesante battuta d’arresto e una progressiva riduzione in seguito alla crisi. È evidente come i professionisti più in difficoltà siano andati alla ricerca delle economie di scala, tendenza questa che ha interessato soprattutto gli studi di piccola dimensione che erano stati più propensi a sviluppare network in precedenza. Per citare solo alcuni dati, basta considerare che la percentuale di network è prima salita dal 4% del 2000 al 17%

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del 2003 per poi crollare al 9% del 2013. Gli studi associati, che nel 2000 erano il 31%,nel 2003 erano il 28% e nel 2012 il 22%.

Esigenze di consulenza specifica

Su questa frontiera si delinea un’evoluzione particolarmente interessante della professione di commercialista che sol recentemente è diventata oggetto di analisi e indagini sulla categoria. Nel mondo globale fortemente interconnesso, l’emergere di nuovi modelli produttivi, di cui si è già detto, sta lentamente demolendo il mito della grande impresa e della produzione su larga scala per sostituirlo con i sistemi produttivi di pmi non più legati necessariamente al distretto industriale, ma reinseriti nelle filiere produttive diventate ormai globali. In questo modo, le pmi riconquistano la scena economica e produttiva mondiale e diventano le nuove protagoniste della crescita e dello sviluppo.

Ciò che cambia profondamente, però, è la gestione delle pmi che, costrette a fronteggiare una maggiore incertezza sia sul piano strategico che operativo, si trovano ad avere bisogno di una consulenza aziendale specifica. Da qui nasce quella nuova domanda di assistenza a maggiore contenuto di valore aggiunto che i commercialisti hanno la possibilità di intercettare immediatamente, essendo i primi fiduciari dell’imprenditore.

Tramonto del commercialista fiscalista

Non sappiamo ancora se da questa evoluzione possa nascere una vera e propria specializzazione professionale oppure se l’offerta è in grado di adeguarsi nell’ambito dei tradizionali modelli di studio. Le analisi a disposizione sono ancora scarse e poco strutturate per offrire risposte significative in tal senso, ma è evidente che accanto alla figura del commercialista fiscalista si va delineando quella del commercialista aziendalista, cioè di un professionista in grado

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di affiancare l’imprenditore nella gestione strategica e operativa e pertanto in grado di svolgere, dall’esterno, determinate funzioni manageriali a supporto della gestione e dello sviluppo delle pmi.

Se questa possa essere l’evoluzione naturale della professione di commercialista o se si tratta di una specializzazione riservata a quegli studi che decidono di investire risorse specifiche in questa direzione è ancora presto per dirlo, ma ci sembra opportuno che la categoria si interroghi a fondo su questa opportunità e scelga soluzioni adatte a valorizzare le competenze e il ruolo dei professionisti che dedicano gran parte del proprio tempo a seguire le sorti delle imprese loro clienti.

La consulenza aziendale

Le analisi disponibili sul tema ( si vedano ad esempio i risultati dell’Indagine statistica nazionale 2012 dell’Irdcec ) rilevano una forte attenzione da parte della categoria rispetto ad un’evoluzione della professione nel senso della consulenza aziendale, del controllo di gestione e della consulenza direzionale, ma allo stesso tempo evidenziano una forte resistenza, sia sul piano culturale che operativo, ad evolvere in tal senso. E qui veniamo al secondo aspetto problematico sopra richiamato che esercita un potere fortemente condizionante sull’evoluzione della professione, ovvero i limiti culturali soggettivi che derivano dal modello istituzionale della professione stessa.

Le analisi a cui ci riferiamo sono analisi statistiche campionarie e non indagini empiriche o studi di caso per cui non sono in grado di descrivere in dettaglio i processi in atto, ma ciò che emerge con chiarezza e assoluta evidenza è la scarsa propensione alla specializzazione verticale dei singoli studi che, al di là del posizionamento dei singoli professionisti, svolgono quasi tutti la cosiddetta “attività di base” rappresentata dall’assistenza e consulenza continuativa a clienti stabili in materia contabile fiscale. I dati dell’indagine 2012 coincidono perfettamente con quelli della prima indagine statistica nazionale del 2000 che delinearono i contorni di una professione allora definita “compatta e tradizionalista”.

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La riforma fiscale degli anni settanta

Allora la categoria era saldamente ancorata al modello tracciato dall’ordinamento professionale del 1953 e alla figura del commercialista così come si era venuta delineando negli anni settanta in seguito alla prima grande riforma fiscale, la riforma Visentini del 1971, che ha certamente svolto un ruolo determinante nello sviluppo della professione e, in particolare, nello sviluppo di quello che ancora oggi è considerato il core business, rappresentato dalla consulenza in materia contabile e fiscale. I due dati, certamente contrastanti, della forte aspettativa rispetto all’evoluzione della professione nel senso della consulenza aziendale e del forte ancoraggio alla consulenza contabile e fiscale dell’intera categoria, contengono indicazioni molto importanti per il futuro della professione, poiché esprimono la tendenza a voler ampliare le proprie competenze e la propria offerta di consulenza, stimolati in tal senso dalle imprese clienti, ma senza voler abbandonare il modello tradizionale che ha retto la professione negli ultimi quaranta anni.

Una nuova policy di categoria

Si tratta di indicazioni fondamentali per chi è tenuto ad adottare le policy di categoria, che, per quanto possano essere ulteriormente analizzate ed affinate, allo stadio attuale, indicano in maniera molto chiara la ricerca di un nuovo modello professionale che non può prescindere da logiche di integrazione verticali o orizzontali al momento non supportate né dall’ordinamento professionale né da specifiche normative, considerato ad esempio anche la finora fallimentare normativa in tema di società tra professionisti, né da specifici progetti di categoria. Sin qui ci si è soffermati in modo particolare sull’evoluzione della professione in senso aziendalista e non si è detto nulla sull’altro versante del percorso evolutivo, quello che vede il commercialista proporsi sempre più nel ruolo di professionista sussidiario della Pubblica amministrazione, esaltando così le

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competenze dell’area giuridica che insieme a quella economico-aziendale rappresenta il principale complemento all’area fiscale.

Specializzazione

Non v’è dubbio che negli ultimi anni l’attenzione della categoria su questo versante è stata notevole e che, come dimostrano gli stessi dati delle indagini statistiche, i commercialisti presidiano il campo con grande interesse e partecipazione. È chiaro, però, che si tratta di un’area a forte valenza specialistica che non è in grado di coinvolgere l’intera categoria. Secondo i dati dell’indagine 2012 dell’Irdcec già richiamata, ad esempio, solo il 23% dei commercialisti ha una formazione specialistica nell’area del diritto fallimentare e la stessa percentuale interessa coloro che individuano le procedure concorsuali come la propria area di specializzazione, mentre solo il 19% è impegnato come ausiliario del giudice in attività relative alle procedure concorsuali, giudiziarie e amministrative nella qualità di curatore, commissario giudiziale e liquidatore. Nelle precedenti indagini statistiche, quella del 2000 e quella del 2003, la percentuale di commercialisti che dichiaravano di svolgere incarichi giudiziali era più elevata e oscillava tra il 30 e il 35%. I dati, purtroppo, non sono direttamente comparabili, sia perché all’epoca il campione era costituito esclusivamente da dottori commercialisti sia perché i questionari e le domande differiscono significativamente. Sta di fatto che ulteriori indagini più recenti sembrano confermare il dato del 2012 che vede solo un commercialista su cinque impegnato nell’ “area tribunale”. Per completare il quadro delle possibili “specializzazioni” della professione, è interessante riportare gli altri dati dell’indagine 2012, in particolare quelli riferiti ai professionisti che si occupano di esecuzioni mobiliari e immobiliari (6%) o che sono mediatori (9%).A questi bisogna aggiungere, naturalmente, i professionisti che svolgono l’attività di sindaco e/o revisione legale dei conti (48%), i revisori negli enti pubblici territoriali (17%), il contenzioso tributario (56%), la consulenza contrattuale

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(44%), la consulenza societaria (56%), la consulenza aziendale (29%), la consulenza del lavoro (20%), la finanza agevolata (19%), l’amministrazione di aziende (20%), l’amministrazione di patrimoni e beni (44%), i bilanci sociali (18%), l’amministrazione del personale (14%), le perizie, le valutazioni e i pareri (49%), le operazioni straordinarie (40%). Sono alcune delle attività di funzione e/o di consulenza specialistica che la categoria presidia con elevata competenza e riconoscimento assoluto da parte del mercato e che rappresentano una prima chiara matrice su cui impostare il tema delle specializzazioni professionali, certamente centrale nel futuro della professione di commercialista.

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Bibliografia

 DOMENICO POSCA, “Diritto e Management Del Commercialista”, Ad Maiora, 2017.

 DOMENICO POSCA, “Commercialista 2.0”, Giuffrè, 2015.

 TOMMASO DI NARDO, “L’evoluzione della professione di commercialista”, (pubblicato sul numero di marzo 2014 di PRESS ).

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