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Nocera Inferiore, Emergenza medici, ortopedia verso la chiusura

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Academic year: 2022

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Nocera Inferiore, Emergenza medici, ortopedia verso la chiusura

Ritorna l’emergenza medici all’Umberto I di Nocera Inferiore, a rischio chiusura il reparto Ortopedia. Lo denunciano i sindacati e il segretario aziendale del presidio di via San Francesco Vincenzo Ferrara. Entrambi chiedono un intervento m i r a t o , t e s o a g a r a n t i r e c o n t i n u i t à a u n r e p a r t o ristrutturato. “L’ospedale ha bisogno di un adeguamento degli organici anche per il personale medico oltre che del comparto.

Preme sottolineare – affermano -che allo stato attuale risultano in servizio 4 medici presso la Unità Operativa di Ortopedia e che queste esigue unità si trovano a dover gestire il reparto di degenza, il pronto soccorso ortopedico e l’attività ambulatoriale, non riuscendo quindi a garantire le attività sulle 24 ore e per sette giorni settimanali, situazione che determina una impossibilità di continuare a mantenere aperta una struttura che non riesce a soddisfare neppure i livelli minimi di assistenza”. Tali attività sono di fondamentale importanza, sia da un punto di vista della mission aziendale, considerando anche la mole di utenti provenienti dall’hinterland napoletano, sia per un discorso di continuità assistenziale che si trova ad offrire tale servizio”. Ferrara e Pastore chiedono alla Direzione Strategica Aziendale della Asl Salerno “un intervento deciso e decisivo” anche attraverso un reclutamento straordinario o mediante utilizzo di graduatorie già attive all’interno del Ssr, altrimenti la speranza che nel nosocomio si possano continuare al espletare le prestazioni di ortopedia sono sempre meno e se si considera che il servizio è organizzato in una struttura recentemente ristrutturata sarebbe un peccato.

“In conclusione – affermano i delegati della Cisl funzione pubblica salernitana – i medici sembrerebbe che non ci siano e

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quelli che ci sono non vogliono venire a Nocera. E’ un aspetto preoccupante”

“Liberate gli operatori sanitari di Polla”

di Erika Noschese

Sono sette gli operatori sanitari costretti all’isolamento presso il reparto di neurologia dell’ospedale di Polla. A denunciarlo è la Uil Fpl di Salerno che cerca di richiamare l’attenzione su quanto sta accadendo all’ospedale Luigi Curto.

Nei giorni scorsi, infatti, un paziente è risultato positivo al Covid.19; da allora, sette operatori sanitari del nosocomio di Polla sono confinati nel reparto di Neurologia, in attesa che la paziente venga trasferita negli centri presposti per mancanza di posti. “Gli operatori sono in tensione perché non c’è soluzione a breve”, ha dichiarato la Uil FPl di Salerno che chiede alla direzione dell’ospedale Curto di intervenire ad horas anche perché vi sono altri pazienti presenti e gli stessi operatori sanitari sono in grossa difficoltà e stress p e r i l p o s s i b i l e c o n t a g i o . “ U r g e a l p i ù p r e s t o u n coordinamento provinciale sul Covid 19.

L’Asl non può permettere tutto questo”, hanno dichiarato i sindacalisti.

ùIntanto, proprio al presidio ospedaliero di Polla è in arrivo, nei prossimi giorni, n macchinario che consentirà di processare i tamponi per la rilevazione del Covid-19, come ha comunicato il consigliere provinciale Giovanni Guzzo: “Accolgo con soddisfazione e una considerazione – meglio tardi che mai – le buone notizie che riguardano il presidio ospedaliero di Polla. Il nosocomio riceverà un macchinario che consentirà di

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processare i tamponi per la rilevazione del Covid-19 – ha dichiarato Guzzo – Il comprensorio valdianese è parte integrante di un piano regionale già partito, grazie esclusivamente all’instancabile azione che il presidente Vincenzo De Luca ha messo in campo per tutta la nostra regione: Polla lo riceve, dunque, alla stregua degli altri ospedali campani. In questo momento, a mio avviso, è fondamentale puntare tutte le risorse necessarie sulla trasformazione dell’ospedale di Sant’Arsenio in centro Covid-19. In questo modo, l’ospedale di Polla resterebbe Covid Free ed i cittadini sarebbero più propensi a farsi curare in questo centro ospedaliero senza la paura di restare contagiati”. Il consigliere lancia poi un appello affinché si tutelino i i lavoratori all’interno delle strutture ospedaliere. “Sono loro i protagonisti silenziosi di questa grande catena di responsabilità e senso civico, che ci vede tutti impegnati nel rispetto delle misure di contenimento del contagio”, ha infatti aggiunto Guzzo.

Batterio killer e morti sospette, l’ospedale di Eboli diventa un lazzaretto

Di Erika Noschese

Un vero e proprio sterminio quello che si starebbe verificando all’ospedale di Eboli a causa di un batterio killer incurabile che ha colonizzato tutto l’ospedale. A denunciarlo N. marito della figlia di un paziente ricoverato presso il nosocomio locale, morto a causa di un’infezione ospedaliera da Acinetobacter baumannii, il batterio killer incurabile che

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avrebbe colonizzato tutto l’ospedale, provocando altre morti, come avrebbero riferito in via confidenziale alcuni medici dell’ospedale. L’uomo era ricoverato presso il nosocomio di Eboli dallo scorso 11 agosto, a causa di una frattura che avrebbe provocato una serie di fatture. A causa dell’emergenza coronavirus ai familiari dei pazienti è ancora vietato l’accesso al nosocomio ma quotidianamente il primario del reparto di rianimazione aggiornava la figlia sulle condizioni di salute del padre, telefonicamente. Pochi giorni e la situazione precipita. Eppure, solo poche ore prima della morte, circa 36, il primario del reparto di rianimazione avrebbe rassicurato la figlia dicendo che si trattava di una infezione intestinale che si è allargata al sangue e che era fiducioso, tutto sarebbe andato per il meglio. a cercare di ricostruire quanto realmente accaduto e dare una spiegazione familiari dell’uomo sarebbero stati i medici del Cotugno che, attraverso la lettura della cartella clinica, sarebbero risaliti alla causa del decesso. Ma c’è di più: proprio i medici del nosocomio di Napoli avrebbero confermato alla famiglia che l’uomo era in coma da diversi giorni, dopo che il virus aveva letteralmente mangiato una parte del cervello, fegato, polmoni. Il tutto senza che la famiglia fosse aggiornata. “Già sapeva invece il primario, da tre giorni, di aver davanti l’ennesimo caso di infezione ambientale killer del suo reparto e da li a poche ore l’ennesima morte”, ha dichiarato l’uomo che ha già provveduto a sporgere regolare denuncia agli organi competenti e sollecitare il primo cittadino per provare a far luce su quanto accade all’ospedale di Eboli. “Abbiamo anche le registrazioni di qualche medico che sottovoce ci dice di non poterne più di avere a che fare con tante morti ingiuste oltre ad altre telefonate del primario”, ha aggiunto il genero della vittima.

La situazione è precipitata belle ultime settimane, quando si è reso necessario il trasferimento il Cotugno di Napoli dove l’uomo è morto 40 minuti dopo il ricovero. “Non ho mai visto una cosa del genere, un corpo ridotto così di un paziente che viene da un altro ospedale, sembra qualcuno trovato per

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strada. Dalle lesioni infettive cerebrali, polmonari, renali ed epatiche era già in come da almeno 7 giorni!”, avrebbe detto il medico del Cotugno ai familiari della vittima che ora chiedono di conoscere la verità e di accettare eventuali responsabilità.

«Da Procida», appaltati i lavori 122 posti letto per il Covid Hospital

di Andrea Pellegrino

Centoventidue posti letto di cui 14 nel reparto di terapia intensiva e sub intensiva. Cosı̀ il nuovo Covid Hospital che trasformerà l’attuale “Da Procida” di Salerno. L’azienda universitaria ospedaliera “Ruggi d’Aragona” ha recepito il piano predisposto dalla Regione Campania ed ha avviato le procedure per la trasformazione del plesso ospedaliero di Salerno città. Sessanta giorni il termine previsto per la fine dei lavori. Un milione e 700mila euro circa lo stanziamento per l’adegua- mento del presidio ospedaliero. Oltre le strutture saranno rifatti gli impianti dei tre piani dell’ospedale. Il primo (quello dedicato alla degenza) potrebbe essere operativo e pienamente funzionante entro i prossimi 15 giorni. Più lunghi i tempi per attrezzare i reparti di tera- pia intensiva e subintensiva. Quattro le ditte che si sono rese immediata- mente disponibili: la Cytec di Pozzuoli, la Gioma srl di Quarto, la Gramma srl di Ercolano e la Clv Costruzioni di Castellammare di Stabia. Ognuno di loro si occuperà di un re- parto. Tra gli altri plessi

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individuati dalla Regione Campania c’è quello di Scafati.

Stanziati 600mila euro circa per incrementare 70 posti letto di cui 4 di terapia intensiva. Al vaglio c’è anche la possibilità di atti- vare ulteriori 8 posti di rianimazione presso il “Mauro Scarlato”, plesso di Scafati, gestito dall’Azienda Sanitaria di Salerno. L’Asl intanto ha ac- quistato anche 10 ventilatori polmonari da destinare al presidio ospedaliero di Vallo della Lucania e a quello di Sarno. Rispettivamente 4 ventilatori arriveranno al plesso a sud di Salerno, sei, invece, a quello a nord della provincia salernitana. Inoltre previsti nuovi arredi per la struttura di Sarno, tra cui 7 letti elettrici per la degenza e due carrelli per emergenza e medicazioni. Infine istituiti 21 presidi di unità speciale di continuità assistenziale, tra cui due nel solo comune di Salerno.

Divieto di fumo, al Ruggi è solo un cartello

di Pina Ferro

Divieto di fumo disatteso nell’azienda ospedaliera “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno. Come testimoniano le foto scattate percorrendo alcuni corridoi e salendo le rampe di scala per raggiungere alcune unità operative, non mancano cicche di sigarette spente sui davanzali o sulle scale. In questo caso il dito non può essere puntato contro la direzione del nosocomio bensì contro lo s c a r s o l i v e l l o d i c i v i l t à d i t a l u n i s o g g e t t i c h e quotidianamente frequentano la struttura per lavoro o per stare vicino ai propri cari ricoveratu per patologie più o meno gravi. Sicuramente, oltre alla civiltà manca anche la

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sensibilità per capire che ci si trova in una struttura ospedaliera dove il fumo passivo può creare problemi seri ai pazienti già costretti a fare i conti con il loro precario stato di salute. Eppure, basterebbe uscire su un balcone o semplicemete attendere di essere fuori dalla struttura per accendersi la sigaretta. In alcuni casi, quando ai trasgressori è stato fatto notare che si trovavano in un luogo di cura , non è mancato chi si è mostrato quasi indignato dell’appunto che gli era stato mosso. Ha spento si la sigaretta ma con disappunto. Forse non basta sapere che nei luoghi di cura e dunque negli ospedali vige il divieto di fumo, forse abbiamo bisogno di chi ci sorveglia affinchè tale regola venga rispettata.

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Il Centro trapianti del rene rischia la chiusura

di Andrea Pellegrino

Il centro trapianti del rene del Ruggi d’Aragona rischia di chiudere. La struttura, per carenza di attività, sarebbe ad un passo dall’accorpamento con il Cardarelli di Napoli. Un nuovo centro di eccellenza dell’azienda ospedaliera universitaria di Salerno che potrebbe essere smantellato, con tutte le conseguenze del caso. Un nuovo ridimensionamento della struttura sanitaria, centro di riferimento dell’intera e vasta provincia salernitana. Tutto questo nel mentre si discute la realizzazione del nuovo complesso ospedaliero, a pochi passi dall’esistente, firmato da archistar internazionali, al vecchio “Ruggi” quello di via San Leonardo, si smantellano i reparti vitali, con nuovi disagi che si intravedono all’orizzonte per gli utenti. Da tempo la crescita dell’azienda ospedaliera universitaria si è arrestata inesorabilmente, per carenza di prestazioni e per carenza di personale. Vale per il “Ruggi d’Aragona” ma anche per le strutture collegate, a partire dal “Da Procida”, dove solo qualche settimana fa c’è stato lo stop per diversi giorni della piscina riabilitativa, fino al sempre più tormentato

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ospedale di Castiglione di Ravello, nel mezzo della sfortunata – sotto il profilo dell’assistenza sanitaria – Costiera Amalfitana. Ma, se confermato, l’accorpamento con la struttura ospedaliera napoletana del centro trapianti del Ruggi d’Aragona, sarebbe eclatante, soprattutto nei giorni in cui si festeggia la ‘rinascita’ della sanità in Regione Campania, per opera del governatore Vincenzo De Luca. Altro dato negativo è la scarsa donazione di organi, soprattutto in provincia di Salerno. Un ulteriore e determinate elemento che potrebbe contribuire allo stop ai trapianti al “Ruggi d’Aragona” che all’attivo dovrebbe avere circa 40 operazioni all’anno.

Ginecologia e ostetricia, carenza di personale e criticità

di Pina Ferro

Gravi carenze di personale e criticità nei repati di ostetricia e ginecologia dell’ospedal “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno. A chiedere un intervento concreto e, a fare una radiografia della situazione è la Cgil attraverso una nota inviata al commissario straordinario Vincenzo D’Amato, al sub commissario Sanitario Anna Borrelli, al responsabile del Sitra Luigi Memoli, al direttore medico di presidio Angelo Gerbasio. “Spiace dover constatare ancora una volta la grave sottovalutazione della problematica legata alla carenza del personale di comparto assegnato alle strutture di ostetricia e ginecologia”. Si legge nella nota. Le strutture in questione sono dotate di una rooming-in, 3 sale parto ed una sala post- partum – risveglio, un pronto soccorso

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ostetrico, 2 sale operatorie e due reparti di degenza ostetricia e ginecologia(quest’ultima ha momentaneamente sospeso l’attività). Nella nota la Cgil ha evidenziato che attualmente risultano in servizio 35 unitàche presumibilmente diventeranno 32 nel 2020 per pensionamento; di queste 5 sono esonerate dalla turnazione sulle 24 ore per ragioni legate alle condizioni di salute personali o per motivi familiari, 5 sono assenti per gravidanza/maternitàed infortunio non sostituite. La turnazione sulle 24 ore pertanto viene effettuata da 25 unità. “Le ostetriche sono presenti in tutte le linee di attivita, in collaborazione con ̀ le altre figure di comparto o in forma esclusiva ed in particolare: pronto soccorso ostetrico – circa 25 prestazioni/die – l’unica figura professionale presente è quella 3 ostetriche dal lunedı̀al venerdı̀(compatibilmente con congedi per ferie o malattia) e 2 nel fine settimana; ostetricia- (25 posti letto)1 ostetrica per turno h 24; Ginecologia. “Con la riapertura della ginecologia l’unica infermiera presente al rooming-in sarà

presumibilmente dislocata in reparto lasciando una sola ostetrica a fronte di una situazione cosı̀ complessa. Non dovrebbe essere necessario sottolineare gli elementi di criticitàpresenti in questa e nelle altre analoghe situazioni che si verificano nelle diverse linee di attivitàsia rispetto a l l a s i c u r e z z a d e i p a z i e n t i , s i a i n o r d i n e a l l a responsabilitàprofessionale delle operatrici coinvolte. Le infermiere assegnate sono 15 di cui 13 turnanti h 24 e 2 in t u r n o a n t i m e r i d i a n o c h e s i o c c u p a n o d e l l a p r e - ospedalizzazione, del Gom, del dh per Ivg .Le operatrici socio sanitarie sono 11 di cui 2 a turno fisso( 1 per benefici legge 104 ) e 9 turnanti h 24 che a metàgennaio 2020 diventeranno 8 per 1 pensionamento preceduto da circa 60 giorni di ferie residue”. La situazione non è certamente migliore in sala operatoria. “L’assoluta inadeguatezza del numero di infermieri ha già avuto notevoli ricadute sulle liste di attesa per interventi di elezione a causa del ridotto numero di sedute programmabili, ( numero che nel mese di dicembre si riduce addirittura a 4) e sta creando enormi difficoltà anche per la

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gestione dell’attivitàdi urgenza”.

Arrestato l’anziano pistolero, intervenuto a difesa del figlio medico

di Adriano Rescigno

Ha sparato in difesa del figlio. Questo è quanto trapela dalla tenenza dei carabinieri di Cava de’ Tirreni dopo che nel pomeriggio di lunedì dinanzi al pronto soccorso dell’ospedale cittadino si è assistito a scene di far west. L’arrestato dunque è Antonio Lambiase, settantenne, padre del medico Carlo Lambiase, aggredito a causa di un diverbio nato per un diniego verso due infermieri, padre e figlio, rispettivamente, Saturnino Stellato e Pietro Stellato, 60 e 35 anni, infermieri al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, ed al 118, che volevano accelerare la visita del nonno ottantenne, ma al «No» del medico si è scatenato l’inferno. Stando al punto delle indagini portate avanti dalla tenenza dei carabinieri di Cava de’ Tirreni, comandata dal tenente Vincenzo Pessolano e coordinate dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, Carlo Lambiase, medico chirurgo, avrebbe chiamato il padre Antonio, residente alla frazione Annunziata, che accorso pistola in mano ha gambizzato Saturnino Stellato scappando successivamente verso casa ma nella fuga, rincorso da Pietro Stellato, è stato ferito al tallone da un colpo esploso accidentalmente. Estratto il proiettile, Antonio Lambiase, professore di educazione fisica, geometra, imprenditore e con una passione per le cicas, è stato interrogato nei locali della tenenza di via Atenolfi, e

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successivamente trasportato al Ruggi d’Aragona in stato di arresto, presso il reparto dedicato ai detenuti con l’accusa di: porto abusivo d’arma da fuoco e lesioni dolose aggravate.

Pietro Stellato, figlio di Saturnino è stato denunciato a piede libero. Proseguono le indagini per stabilire l’esatta dinamica ma tutto lascia pensare che il figlio medico avrebbe allertato il padre dopo la prima discussione al pronto soccorso con i due infermieri e che quest’ultimo avrebbe sparato in difesa del figlio coinvolto per due volte in accese discussioni prima all’interno del Santa Maria dell’Olmo e poi di seguito all’esterno nei pressi del parcheggio delle autoambulanze.

Paziente allettata lasciata senza assistenza al Ruggi

Paziente allettata lasciata senza assistenza per ore. È una storia di malasanità quella che arriva dall’ospedale San Giovanni dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. A denunciarla l’avvocato Isabella Mangino, in qualità di legale di una paziente ultrasettantenne ricoverata nel reparto di medicina d’urgenza. La paziente in questione, da tempo allettata, è stata lasciata senza assistenza per alcune ore rischiando conseguenze ben più gravi. «La mia assistita – spiega l’avvocato – presentava delle e c c h i m o s i molto estese sulle braccia, delle quali nessuno si era accorto. Un’evidente rottura dei vasi sanguigni causata, p r o b a b i l – mente, da una serie di tentativi di prelievo andati a vuoto. Solo a seguito del mio intervento sul posto il personale ha provveduto, dopo ore, a fare io proprio dovere ed a somministrare i farmaci necessari. Un ritardo che poteva costare caro alla mia assistita, che ha seriamente rischiato

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un embolo ed un’infezione. Per questo motivo provvederò a denunciare l’accaduto alle autorità giudiziarie al fine di risalire alle reali responsabilità di tale accaduto, che si somma alle precarie condizioni igienico-sanitarie in cui versano i pazienti ed alla totale assenza di assistenza, a cominciare dalla s o m m i n i s t r a – zione del cibo, nei confronti dei pazienti allettati e con gravi patologie”. “Come legale della paziente – conclude Isabella Mangino – e come cittadina non posso tollerare che in una struttura pubblica accadano queste cose nel silenzio generale».

«In ospedale solo se necessario», l’appello del direttore Minervini

di Erika Noschese

«Recatevi in ospedale solo se necessario, non generiamo confusione inutile». A lanciare l’appello Mario Minervini, direttore sanitario dell’ospedale Santa Maria della Speranza di Battipaglia. A pochi giorni dalla chiusura del nosocomio, in programma il prossimo 5 settembre, in vista operazioni di disinnesco dell’ordigno bellico ritrovato in località Spineta, il Santa Maria della Speranza continua ad essere preso d’assalto, nonostante la campagna d’informazione messa in campo dalla direzione generale per permettere l’evacuazione dell’ospedale, come previsto dal piano per permettere il disinnesco della bomba in programma il prossimo 8 settembre.

Nella sola giornata di ieri, infatti, il nosocomio è stato preso d’assalto: circa 40 gli arrivi al pronto soccorso dell’ospedale di Battipaglia, tutti giunti con mezzi proprio e

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con codici che variavano tra il bianco e il verde. A chiedere di poter ricorrere alle cure dei medici del pronto soccorso anche una persona che chiedeva la rimozione del tappo di cerume: «In questi casi, già per prassi non si dovrebbe ricorrere al pronto soccorso ma ai medici di base – ha spiegato Minervini – Poi, in questa situazione diventa ancora più problematico». Ad oggi, infatti, il pronto soccorso del Santa Maria della Speranza funziona perfettamente ma proprio in virtù del dissinesco dell’ordigno bellico, il nosocomio si occupa solo dei codici gialli o rossi: «In questo caso, sono situazioni delicate. Noi prendiamo in carico questi pazienti, li curiamo, li stabiliziamo e poi li trasferiamo presso l’ospedale di Eboli dove abbiamo recuperato 25 posti letto – ha poi detto il direttore Minervini – La mia preoccupazione è che non siamo stati abbastanza incisivi ma abbiamo fatto quanto necessario, di più non sappiamo cosa fare». Intanto, il nosocomio chiuderà il prossimo 5 settembre. Le operazioni inizieranno alle 8 del mattino con le dimissioni di tutti i pazienti ricoverati e il trasferimento in altri presidi aziendali dei pazienti ricoverati in rianimazione. I bambini ricoverati presso la terapia intensiva neonatale saranno invece trasferiti presso il Presidio Ospedaliero di Nocera Inferiore. L’accettazione del pronto soccorso chiuderà, invece, alle 23.30 mentre rimarranno operative le 4 ambulanze che stazioneranno davanti al pronto soccorso fino al 7.30 dell’8 settembre. Il giorno successivo, alle 14, chiusura definitiva e completa del presidio ospedaliero, con allontanamento dalla struttura del rimanente personale e pattugliamento permanente da parte delle forze dell’ordine per evitare azioni di sciacallaggio.

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