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L Amicizia. L amicizia è una forma d amore

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Academic year: 2022

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L’Amicizia

Dice Qoelet: Cap 4

Meglio essere in due che da solo.

Lavorare insieme rende di più.

Se uno cade, il compagno può aiutarlo.

Ma se uno è solo e cade, nessuno lo aiuta a rialzarsi.

Se fa freddo, in due si può dormire insieme e star caldi,

ma uno da solo come si scalderà?

Quando si è aggrediti in due ci si può difendere.

Come dice il proverbio:

'Fune a tre capi, difficile a rompere'.

Con che cosa Dio ha fatto il mondo? Con la stessa sostanza di cui è fatto Lui. Dio è amore.

Un vescovo esaminava benevolmente un gruppo di ragazzi che dovevano ricevere la cresima.

Fece una domanda: «Da che cosa la gente riconosce che siamo cristiani?»

I ragazzi rimasero in silenzio, imbarazzati. Nessuna idea.

Il buon vescovo ripeté la domanda: «Qual è il segno per cui dimostriamo che siamo cristiani e cattolici?»

I ragazzi tenevano gli occhi bassi.

Il vescovo, per aiutarli, si portò la mano alla fronte, abbozzando un segno della croce.

Una ragazzina si illuminò.

«L’amore!» disse.

Il vescovo stava per dire: «Sbagliato!»

Si trattenne appena in tempo.

L’amicizia è una forma d’amore

I due pellegrini si arrampicavano su una strada impervia, mentre il vento gelido li flagellava. La tormenta stava per scatenarsi. Raffiche di schegge di ghiaccio sibilavano fra le rocce. I due uomini sapevano molto bene che se non avessero raggiunto in tempo il rifugio, sarebbero periti nella tempesta di neve.

Mentre con il cuore in gola per l'ansia e gli occhi accecati dal nevischio, costeggiavano l'orlo di un abisso, si udì un gemito. Un poveruomo era caduto nella voragine e, incapace di muoversi, invocava soccorso. Uno dei due disse: «È il destino. Quell 'uomo è condannato a morie. Acceleriamo il passo o faremo la sua fine». E si affrettò, tutto curvo in avanti per resistere alla forza del vento. Ma l'altro si impietosì e cominciò a scendere per le pendici scoscese e, caricatosi il ferito sulle spalle, risalì affannosamente sulla mulattiera. Imbruniva. Il sentiero era sempre più oscuro. Il pellegrino con il pesante ferito sulle spalle era sudato e sfinito, quando vide apparire le luci del rifugio. Ma ali 'improvviso inciampò e rimase allibito. Ai suoi piedi, assiderato dal freddo, era steso il corpo del suo compagno di viaggio. Lui era sfuggito alla stessa sorte solo perché si era affaticalo a portare sulle

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spalle il poveretto che aveva salvato nel burrone. II suo corpo, nello sforzo, aveva mantenuto il calore sufficiente per salvargli la vita.

La parabola è sull'amore. La vita è spesso un arrampicare a fatica in mezzo alle gelide spire dell'indifferenza e delle difficoltà. L'amore è il dono del calore che rende possibile arrivare alla mèta. Ma quante cose e quanti sentimenti sono compresi nella parola amore?

LE QUATTRO FACCE DELL'AMORE

Ma chi può arrogarsi il diritto di mettere ordine nel misterioso caleidoscopio dell'amore? Lo scrittore inglese C. S. Lewis ci ha provato. Ha distinto quattro forme principali d'amore e le ha chiamate con nomi differenti: affetto, amicizia, eros, carità.

Caro, dolce affetto

L'affetto è il più umile e diffuso degli "amori". Questo non significa che sia trascurabile. La sua manifestazione tipica è tra genitori e figli. È fatto di caldo benessere, della soddisfazione che nasce dallo stare insieme, di accoglienza e dono profondi, di tenerezza tranquilla. È il meno discriminante degli amori.

Questa specie di amore ignora le barriere di età, sesso, classe sociale, educazione. L'affetto è il tipo di amore più umile: non si da arie, è modesto, quasi furtivo. Si rivolge soprattutto alle persone (e magari agli animali) che ci sono familiari, che consideriamo quasi "parte di noi". L'affetto entra come componente di tutti gli altri tipi d'amore: porta calore e familiarità. Il regno dell'affetto è la famiglia. È qui che questo sentimento rivela tutta la sua forza. In modo particolare nel rapporto genitori-figli.

Amicizia: via dal gregge

La seconda forma dell'amore è l'amicizia. Secondo C. S. Lewis è «il meno naturale degli affetti, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e indispensabile. Qui i nostri nervi c'entrano ben poco; in questo sentimento non c'è nulla di tenebroso: nulla che faccia accelerare il polso, o arrossire, o sbiancare. È semplicemente un rapporto che si stabilisce fra individui. Quando due persone diventano amiche, significa che esse si sono allontanate, insieme, dal gregge». Senza l'eros e il suo aspetto sessuale nessuno di noi sarebbe nato. Senza l'affetto nessuno di noi avrebbe ricevuto nutrimento ed educazione. Ma gli uomini possono vivere e riprodursi anche senza amicizia. Da un punto di vista biologico, essa non è affatto indispensabile alla specie umana.

Eppure è importantissima, come ben sa solo chi ne fa l'esperienza diretta. «L'amicizia è superflua, come la filosofia, l'arte, l'universo stesso (Dio, infatti, non aveva bisogno di creare). Essa non ha valore ai fini della sopravvivenza; è piuttosto una di quelle cose che danno valore alla sopravvivenza» (C. S. Lewis).

Eros e innamoramento: basta un alito nei capelli

La terza forma dell'amore è l'innamoramento. L'amore tipico tra uomo e donna, che coinvolge totalmente la loro personalità sessuale. L'innamoramento è esclusivo, promette e vuole unione stabile, eterna fedeltà.

«Ti sarò sempre fedele» sono le prime parole che di solito pronuncia un innamorato autentico in tutta sin- cerità. L'esperienza non serve a metterlo in guardia contro le delusioni.

È la forma d'amore più possente, generatrice di vita e di felicità profondissima, ma anche la più difficile da mantenere e governare. Per crescere e sopravvivere ha bisogno delle altre forme d'amore.

Carità: si può amare il nemico?

La carità è la quarta forma dell'amore. Quella che attinge direttamente la sua forza dal Creatore stesso dell'amore. «Dio è Amore» afferma chiaramente la Bibbia.

C'è un amore speciale che permette all'uomo di amare ciò che, per sua natura, non è amabile: i lebbrosi, i criminali, i nemici, gli imbecilli, i burberi, chi si atteggia a uomo superiore, chi si fa beffe del prossimo, ecc.

Madre Teresa non mente, non scherzano le suore e i fratelli del Cottolengo, non fingono migliaia e migliaia

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di missionari, volontari, uomini e donne che "amano" i rifiuti e i paria della società. È l'amore-dono di Dio.

Dio è capacità immensa d'amore. Nella creazione ci ha dato questa capacità, che ha quindi la possibilità di andare oltre l'affetto, l'amicizia, l'eros. Ci portiamo dentro anche una gran carica di amore-bisogno per Dio: «Ci hai creati per Te» pregava Sant'Agostino «e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te». Ma Dio stesso vuole che l'amore-bisogno verso di Lui si trasformi in amore-dono verso tutti gli uomini. Dio funziona come uno specchio con la luce: l'amore che dirigiamo verso di Lui viene riflesso sugli altri. Un amore senza distinzioni e senza confini: questa è la carità. Un amore che si sviluppa nell'eternità di Dio. Per questo non avrà mai fine.

CHE COSA CI VUOLE PER ESSERE FELICI

L'insegnante aveva chiesto ai più piccoli: «Di cosa ha bisogno una persona se vuol essere felice?»

Le risposte furono di vario tipo: un bell'appartamento, delle buone pietanze, i soldi, non provare dolore...

L'insegnante li aiutò: c'è anche il lavoro, l'approvazione degli altri, la benedizione di Dio...

Tutto era scritto ben ordinato sulla lavagna.

«Abbiamo dimenticato qualcosa?», chiede il maestro.

Una bambina alzò la mano e disse: «Sì, un’altra persona».

TRE PAROLE

Una donna, ancor giovane, precipitò in una terribile depressione. Giorno dopo giorno, cominciò a rifiutarsi di uscire di casa; alzarsi da letto divenne una sorta di sofferenza sfibrante; mangiare una penitenza.

La luce del giorno le pareva fastidiosa. Le finestre restavano chiuse e le tapparelle abbassate.

I pensieri più neri le turbinavano in testa e spesso invocava la morte come una sorta di liberazione.

Il marito che l’amava teneramente, la circondava di affetto e di attenzioni, sempre più preoccupato e addolorato.

La convinse a farsi visitare dai più accreditati neurologi e psichiatri di mezzo mondo. Gli esimi professori ordinavano medicine e sedute di analisi, crociere, vacanze.

Provarono tutto, senza alcun esito.

La donna sprofondava sempre più nel suo universo di tetraggine e malinconia.

Eppure il marito la guarì. Con il suo semplice e disarmato amore e tre piccolissime parole.

Una mattino, le si avvicinò, la guardò con le lacrime agli occhi e disse:

«Hai ancora me».

Il vero amore trasforma e guarisce.

ESSERE AMABILI

Henry Drummond nel suo stupendo libro Il dono supremo, scrive:

In qualche momento della vita, ciascuno di noi si è posto la domanda che ha incalzato tutte le generazioni: "Qual è la cosa più importante della nostra esistenza?"

Molti ripetono che il tesoro più importante del mondo spirituale e la Fede. Su questa semplice parola si fondano tanti secoli di religione.

Reputiamo che la Fede sia la cosa più importante del mondo? Ebbene, siamo completamente in errore.

Nel XIII capitolo della Prima Lettera ai Corinzi, (San) Paolo ci riporta agli albori del Cristianesimo, in particolare al concetto di amore. Alla fine, dice: "Rimangono la Fede, la Speranza e l'Amore, tre esempi di virtù. La virtù più importante, però, è l'Amore."

Matteo ci da una descrizione classica del Giudizio Universale: il Figlio dell'Uomo è assiso su un trono e, come un pastore, separa i capretti dalle pecore.

In quel momento, la grande domanda dell'essere umano non sarà: "Come ho vissuto?", bensì: "Come ho amato?"

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La prova finale di ogni ricerca della Salvezza sarà l'Amore. Non si terrà conto di ciò che abbiamo fatto, di quello in cui abbiamo creduto, di ciò che ci siamo guadagnati. Non ci verrà domandato nulla di tutto questo; ci sarà chiesto invece come abbiamo amato il prossimo.

Gli errori che abbiamo commesso non saranno neppure menzionati: saremo giudicati sulla base del bene che non abbiamo fatto. Poiché tenere l'Amore chiuso dentro di sé significa andare contro lo spirito di Dio, quella sarà la dimostrazione che non Lo abbiamo mai conosciuto, che Egli ci ha amato invano e che Suo Figlio e morto inutilmente.

In concreto, però, «amare il prossimo come se stessi» richiede un vero e proprio apprendistato, sempre possibile per chi ha Gesù come Maestro.

LA MANO E LA SABBIA

Giorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.

Ad un tratto le chiese: «Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?».

La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l’alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva.

Tenne invece ben aperta l’altra mano: la sabbia vi restò tutta.

Giorgio osservò stupito, poi esclamò: «Capisco».

Mano aperta è imparare ad ascoltare l'altro. Cercare di capire quello che sta vivendo.

Senza questo ascolto sincero delle sue sofferenze, necessità e aspirazioni non è possibile il vero amore.

Mano aperta è imparare a dare. Non “prendere”.

Esistono anche i predoni. I rapaci dell’amore. Non esiste amore se non c'è impegno generoso, donazione disinteressata di

sé, gratuità. L'amore è tutto il contrario di accumulare, impadronirsi dell'altro, servirsene, approfittarsi di lui.

Infine, amare richiede di imparare a perdonare.

Accettare l'altro con le sue debolezze e le sue mediocrità. Non ritirare immediatamente l'amicizia o l'amore. Offrire ancora la possibilità di un nuovo incontro. Ripagare il male col bene.

«Non ho mai dimenticato di quando visitai una casa dove si trovavano tanti anziani, genitori di figli e figlie che dopo averli messi in istituto, li avevano abbandonati.

Mi recai in quel luogo e vidi che avevano di tutto, belle cose, ogni comodità, ma ognuno stava con lo sguardo fisso alla porta. E non vidi alcuno con sul volto un sorriso. Allora mi rivolsi alla Sorella e dissi:

«Come mai? Perché questa gente cui non manca nulla guarda sempre verso la porta? Perché non sorridono?».

Sono così abituata a vedere il sorriso sul volto della nostra gente... anche i moribondi da noi sorridono.

Mi rispose: «Questo capita quasi ogni giorno. Stanno aspettando, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli».

Soffrono perché si sentono dimenticati. Vedete... ci vuole amore. Quel tipo di povertà, quel trascurare l'amore, entra anche nelle nostre case.

Forse nella nostra stessa famiglia c'è qualcuno che si sente solo, che è in stato di sommo disagio, che si sente angosciato, questi sono momenti difficili per tutti. Noi siamo lì, presenti? Ci siamo ad accoglierli?

c’è una cosa importante da fare:

METTERE ORDINE NELLE NOSTRE RELAZIONI

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COME COMINCIA L’AMORE

La bambina, quattro anni, al papà: «Ma tu, - ha detto, - quando hai incontrato la mamma, come hai fatto a sapere che era la mamma?»

« Non ho capito». « Come hai fatto a capire che volevi amarla?»

«Ah, quello - ho detto. - L'ho capito dopo circa dieci minuti».

«E da cosa?»

«Quando ci siamo incontrati la prima volta, si è sollevata i capelli dietro la nuca, sopra la testa, e si è fatta uno chignon senza neanche un elastico, solo annodandoli».

«E allora?» « E allora lì ho capito che lei aveva disperatamente bisogno di un elastico. E io dei suoi capelli».

«E tu ce l'avevi, l'elastico?»

«No, ma quando la mamma lo ha scoperto ormai mi voleva già bene».

- Papa, - ha detto. - Ma allora l'hai imbrogliata!

- Forse un pochino, - ho detto, - ma il punto è che la mamma è stata la prima che mi abbia mai fatto venire voglia di cercare un elastico, capisci che intendo?

Mi ha guardato per qualche secondo.

- Tieni, papa, - mi ha detto sfilandosi l'elastico che le teneva su i capelli. - Cosi tu e la mamma non vi lasciate.

Lei ha riso, io per fortuna stavo affettando le cipolle. (Matteo Bussola)

Alimentate i legami con gli altri, ma ricordatevi dell’elastico: non siate invadenti, non giudicate, non criticate

Evitate i pessimisti, le persone troppo piene di sé e le persone competitive

State attenti ai vampiri

L’AMICIZIA È PAZIENTE

IL PANE BRUCIATO

«Dopo un lungo e duro giorno di lavoro, la mia mamma mise un piatto con marmellata, burro e pane tostato, molto bruciato, davanti al mio papà.

Ricordo che stavo aspettando che lo notasse. Nonostante lo avesse notato, mio padre prese una fetta di pane tostato, sorrise a mia madre e mi chiese com’era andata a scuola. Non ricordo cosa gli risposi, però mi ricordo che lo vidi spalmare burro e marmellata sul pane tostato e mangiarlo tutto. Quando mi alzai da tavola, quella sera, sentii mia madre chiedere scusa a mio padre per il pane molto bruciato.

Non dimenticherò mai quello che disse mio padre: "Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato".

Più tardi, quella sera, andai a dare il bacio della buona notte a mio padre e gli chiesi se veramente gli piaceva il pane tostato bruciato. Egli mi abbracciò e mi fece questa riflessione: “La tua mamma ha avuto una giornata molto dura di lavoro, è molto stanca, ed inoltre un pane tostato un po’ bruciato non fa male a nessuno. Un po’ di pane bruciato non deve ferire un cuore"».

La vita è piena di cose imperfette. Imparare ad accettare i difetti e decidere di apprezzare ognuna delle differenze degli altri è una delle cose più importanti per creare una relazione sana e duratura.

L’AMICIZIA VUOL DIRE FIDUCIA

I DUE AMICI

Il più vecchio si chiamava Frank e aveva vent’anni. Il più giovane era Ted e ne aveva diciotto. Erano sempre insieme, amicissimi fin dalle elementari. Insieme decisero di arruolarsi nell’esercito. Partendo promisero a se stessi e ai genitori che avrebbero avuto cura l’uno dell’altro.

Furono fortunati e finirono nello stesso battaglione.

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Quel battaglione fu mandato in guerra. Una guerra terribile tra le sabbie infuocate del deserto. Per qualche tempo Frank e Ted rimasero negli accampamenti protetti dall’aviazione. Poi una sera venne l’ordine di avanzare in territorio nemico. I soldati avanzarono per tutta la notte, sotto la minaccia di un fuoco infernale.

Al mattino il battaglione si radunò in un villaggio. Ma Ted non c’era. Frank lo cercò dappertutto, tra i feriti, tra i morti. Trovò il suo nome nell’elenco dei dispersi.

Si presentò al comandante.

«Chiedo il permesso di andare a riprendere il mio amico», disse.

«È troppo pericoloso», rispose il comandante. «Ho già perso il tuo amico. Perderei anche te. Là fuori stanno sparando».

Frank partì ugualmente. Dopo alcune ore trovò Ted ferito mortalmente. Se lo caricò sulle spalle. Ma una scheggia lo colpì. Si trascinò ugualmente fino al campo.

«Valeva la pena morire per salvare un morto?», gli gridò il comandante.

«Sì» sussurrò, «perché prima di morire, Ted mi ha detto: Frank, sapevo che saresti venuto».

Questo diremo a Dio in quel momento: «Sapevo che saresti venuto».

Sotto la maschera dell'amore si presenta spesso la violazione più grande della persona, perché il nostro amore viene sempre dato sotto condizione.

«Ti amerò se prenderai bei voti.» «Ti amerò se sarai all'altezza delle mie pretese.» A me piace pensare che ci sia almeno una persona al mondo che vi dirà semplicemente: «Ti amerò»... sapete, è così che dovrebbero essere le famiglie. Robert Frost ha detto: «La casa è quel posto dove, quando ci andate, vi accolgono sempre». E non dicono: «Te l'avevo detto. Non avresti dovuto farlo». Invece, mamma e papà accorrono e dicono: «Siediti. Adesso ti fasciamo le ferite... ritenta».

Voi dovete accettare che si prendano cura di voi.

Siatelo per qualcuno.

E quando questo viene offerto, per molti di noi accettare è molto più difficile che dare.

L'AMICIZIA SENTE IL BISOGNO DI ESPRIMERSI FISICAMENTE.

IL SORRISO

È la cosa che costa meno!

Saint-Exupéry Raccontò di essere stato catturato dal nemico e gettato in una cella. Era sicuro, dagli sguardi di disprezzo e dal rude trattamento che ricevette dai suoi carcerieri, che il giorno successivo sarebbe stato giustiziato.

«Ero certo che sarei stato ucciso» raccontò. «Ero nervoso e sconvolto. Cercai nelle tasche qualche sigaretta che fosse sfuggita alla perquisizione. Ne trovai una e per via del tremito alle mani riuscii a malapena a portarmela alle labbra. Ma non avevo fiammiferi; me li avevano portati via.

Guardai attraverso le sbarre il mio carceriere. Lui non ricambiò lo sguardo. D'altra parte, non si ricambia lo sguardo con una cosa, un cadavere. Lo chiamai dicendo: «Hai da accendere, por favor?» Mi guardò, scrollò le spalle e venne ad accendermi la sigaretta.

Quando si avvicinò e accese il fiammifero, i suoi occhi inavvertitamente si incrociarono con i miei. In quel momento sorrisi. Non so perché. Forse era nervosismo, forse era perché, quando si sta molto vicini l'uno all'altro, è difficile non sorridere. Comunque, sorrisi.

In quel momento fu come se una scintilla scoccasse fra i nostri cuori, fra le nostre anime umane. So che lui non voleva, ma il mio sorriso attraversò le sbarre e generò un sorriso anche sulle sue labbra. Mi accese la sigaretta ma rimase vicino, guardandomi direttamente negli occhi e sorridendo ancora.

Continuai a sorridergli, ora vedendolo come una persona e non soltanto un carceriere. E anche il suo modo di guardarmi sembrò assumere una nuova dimensione.

«Hai figli?» domandò.

«Sì, qui, qui». Tirai fuori il portafogli e nervosamente cercai le foto della mia famiglia. Anche lui tirò fuori le foto dei ninos e cominciò a parlare dei suoi progetti e delle sue speranze per loro. Gli occhi mi si riempirono

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di lacrime. Confessai di temere di non riuscire più a vedere la mia famiglia, di non avere più la possibilità di vederli crescere. Anche a lui vennero le lacrime agli occhi.

Improvvisamente, senza una parola di più, mi aprì la cella e in silenzio mi condusse fuori. Fuori dalla pri- gione, tranquillamente e attraverso strade secondarie, fuori dalla città. Lì, al margine della città, mi liberò. E senza una parola di più ritornò verso la città.

La mia vita fu salvata da un sorriso».

Sorridetevi l'un l'altro, sorridete a vostra moglie, sorridete a vostro marito, sorridete ai figli, sorridetevi l'un l'altro (non importa chi sia) e questo vi aiuterà a crescere con più amore l'uno per l'altro (Madre Teresa).

(L’ABBRACCIO)

Eppure avviene spesso che il tocco sia un mezzo di reciproca comunicazione molto più eloquente ed efficace delle parole e di altri strumenti espressivi. Cingere una persona con un braccio, posarle una mano su una spalla, è un modo per dirle: «Ti vedo», «Ti sento», «Mi stai a cuore». Ho visto persone piangere, mentre gli altri se ne stavano a guardarle, perplesse, imbarazzate. Capita che qualcuno porga un fazzoletto, ma è raro che elargisca un abbraccio.

I bambini e i cani entrano spesso nel discorso, durante il corso d'amore. «È buffo» ha osservato un giorno una ragazza, «ma nessuno esita a toccare un bambino, oppure ad abbracciare o ad assestare una pacca affettuosa anche al più strambo dei cani. Invece a volte io muoio dalla voglia che qualcuno mi tocchi, ma nessuno si sogna di farlo.»

L’AMICIZIA NON HA ETÀ

I veri amici rispettano sempre la libertà reciproca. Non stanno insieme per interesse. Anche se le loro condizioni economiche e sociali sono diverse, non sono i favori che fanno l'amicizia. Anche se gli amici si aiutano nelle difficoltà, l'amicizia vera è molto più dell'aiuto.

Anzi, chiedere troppo spesso aiuti e favori agli amici contribuisce a rovinare l'amicizia e a trasformarla in un peso insopportabile.

Gli amici si stimano, riescono a scoprire i lati buoni gli uni degli altri, si trattano correttamente.

L'amicizia non è solo stima, non è solo ammirazione. È anche amore. Solo l'amico vede veramente ciò che siamo e, qualunque cosa capiti, è dalla nostra parte. È anche importante, per conservare un'amicizia, che la stima e l'ammirazione vengano espresse.

L'amico vero ci costringe a «tirar fuori» la parte migliore di noi. Diventa quasi un bisogno istintivo. Diventa così vero l'antico detto «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Tuttavia un vero amico non vuole trasformarci a sua immagine, rispetta la nostra identità.

L'amico è fidato, si sa di poter contare su di lui a occhi chiusi e se abbiamo bisogno di qualche cosa possiamo chiedergliela con naturalezza. Non è mai umiliante chiedere qualcosa ad un amico. E tra amici ci si scambia doni con semplicità. Senza che per questo uno si senta «benefattore» dell'altro.

La vera amicizia è sempre scambio alla pari.

LA LUCERTOLA

C’era in India un magnifico monastero, famoso per il suo tempio ricco di statue, ricamate nella pietra e per un saggio e santo monaco che vi abitava. Ogni giorno, una piccola folla di persone arrivava nel monastero per ascoltare le lezioni del celebre “guru”.

Al tramonto, tutte le sere, i fedeli si ritrovavano nel tempio per l’offerta dell’incenso e le preghiere rituali.

Ma puntualmente, ogni sera, proprio nel momento in cui tutti i fedeli si erano raccolti in preghiera, spuntava quasi dal nulla una grossa lucertola.

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Una di quelle lucertole tipiche dei tropici, simile ad un drago in miniatura, dai colori vivaci e gli occhi curiosi e la lingua saettante.

Il rettile faceva una solenne entrata, incedendo tra l’altare e i fedeli, muovendo la coda come uno strascico e rivolgendo lo sguardo a destra e a sinistra, con calma olimpica. Compiuta la passerella, tornava nei suoi misteriosi appartamenti.

Naturalmente tutti i fedeli si distraevano e invece di meditare seguivano con gli occhi l’andirivieni della lucertola, bisbigliando e ridacchiando. I più ferventi scuotevano la testa e disapprovavano chiaramente le incursioni della lucertola, ma non osavano intervenire perché sapevano che il Guru aveva un rispetto assoluto per ogni forma vivente e non avrebbe approvato.

Un giorno, però, alcune delle donne presenti, dopo aver confabulato a lungo, si organizzarono per porre fine una volta per sempre a quell’intrusione fuori posto nel loro momento di meditazione, di quiete e di preghiera. Ognuna delle cospiratrici si avviò alla preghiera tenendo dietro la schiena una mazza da baseball o un bastone, grandi abbastanza da schiacciare la lucertola non appena si fosse presentata anche lei per le devozioni vespertine.

Sapevano che il guru avrebbe disapprovato, ma con la lucertola stecchita la questione si sarebbe comunque risolta. A volte è più facile chiedere perdono che chiedere permesso.

Quando il sole cominciò a tramontare, il sant’uomo, uomini e donne salirono tutti verso il tempietto. È a questo punto che avvenne qualche cosa di incredibile. Come tutte le sere si presentò anche la lucertola, con le donne che stringevano i bastoni, pronte all’azione.

Stavano per scattare all’attacco, ma subito dietro la lucertola spuntarono due piccole lucertoline che la seguivano timide, vicine vicine.

Le tre donne, che pochi istanti prima erano ben decise ad ucciderla, si fermarono e posarono i bastoni sotto i cuscini.

“Motherhood recognized motherhood” sorrise il santo monaco. «La maternità rispetta la maternità».

L'AMICIZIA È RASSICURANTE.

Da soli i preadolescenti non hanno il coraggio di fare certe cose, con gli amici si sentono di colpo dei «Superman». Insieme fanno le cose più pericolose. Soprattutto nella preadolescenza gli amici si aiutano a conquistare l'indipendenza. Solo con gli amici i preadolescenti possono parlare liberamente degli argomenti seri e importanti che è così difficile affrontare con i genitori e gli adulti in generale.

Con gli amici non ci annoia mai, si sta bene insieme. Si vive in un clima di libertà, di tranquillità, di confidenza e anche di avventura.

SAN GIUSEPPE SCEGLIE L’AMORE e non la legge!

VAI ALLA SORGENTE

Chiara e Francesco volevano incontrarsi di nuovo dopo una lunga separazione. Si accordarono su un posto in una valle vicino ad Assisi dove rimasero insieme. In fondo alla valle un torrente ha scavato il suo letto.

Ora venne che Klara arrivò all'ora concordata da un lato del torrente e Francesco dall'altro. Erano distanti solo pochi metri l'uno dall'altro, ma il torrente li separava.

Chiara gridò a Francesco: «Vieni da questa parte. Salta!»

Francesco, però, si rifiutò: "L'acqua è profonda e violenta, mi ucciderebbe. Cerchiamo un ponte».

Cercavano un ponte, ma non ce n'erano.

"Non è così che possiamo incontrarci oggi, torniamo a casa", disse purtroppo Francis.

Klara, però, è stata persistente: "Risaliamo il torrente fino alla sorgente.

"Lì l'acqua è bassa, possiamo attraversare e riunirci". Così hanno camminato lungo il corso del ruscello. Il sentiero diventa ripido e faticoso. Ci sono volute ore.

Ma la gioia di poter parlare tra loro ha fatto sì che Francesco e Chiara superassero gli ostacoli senza sforzo.

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Alla fine sono arrivati alla sorgente del torrente. Era cosi' forte e chiaro. Hanno sparso la sete. Hanno preso l'acqua della sorgente con le mani e l'hanno bevuta come una prelibatezza. L'acqua era come uno specchio in cui Chiara e Francesco trovarono la propria immagine.

"Questa e' la nostra vita", disse Clare. "Siamo in cammino, ognuno per la sua strada. Le persone non sono create solo per avere l'un l'altro e per divertirsi a vicenda. Le persone sono create per trovare insieme la loro strada verso la sorgente.

GESÙ LA TENEREZZA DI DIO di Suor Maria-Novella

Un testo, una parola, l'incontro di Gesù con la Samaritana, Avevo sete di ritrovare la sorgente che mi animava, sete di incontrare Gesù Cristo attraverso il Vangelo. Che fare? Che dire? Ero là con tutti i miei desideri, le mie aspirazioni, e la sua parola rivolta a me: «Dammi da bere» legata a quella di Gesù in croce: «Ho sete». Queste parole mi chiamavano ad amare, perché io ero amata così com'ero... Gli interrogativi restavano: vita consacrata, celibato, matrimonio? L'amore umano era importante per me, le amiche si sposavano e la divergenza delle nostre strade mi interpellava.

Il celibato consacrato che senso può avere oggi, che dice?

Due anni di dubbi, scoraggiamenti, ma anche di gioia e di liberazione. Paura di affrontare incomprensioni, di non essere riconosciuta come vera donna, timore che si trattasse di pura immaginazione...

Il Signore mi ha afferrata totalmente. È Lui la sorgente di questo Amore che io volevo universale e per tutta la vita voglio rispondere al suo sguardo d'amore, mettendo i miei passi nei suoi, per meglio amarlo, servirlo... Mi affascina il lavorare con altri per una stessa missione, partecipare al- l'annuncio di Gesù Cristo, parlare di Colui che è la Sorgente della Vita, condividere la vita degli uomini. È in essi e nella preghiera che incontro il Signore.

Aiutarsi a cercare Dio in una vita comunitaria, lavorando per lo stesso ideale, uniti nella preghiera, tutto questo ci da la gioia di vivere.

La preghiera

Dietro un’immaginetta della Madonna, dimenticata in un santuarietto di montagna, ho trovato la «Preghiera dell’accoglienza». Eccola:

Signore,

aiutami ad essere per tutti un amico, che attende senza stancarsi,

che accoglie con bontà, che dà con amore, che ascolta senza fatica, che ringrazia con gioia.

Un amico che si è sempre certi di trovare quando se ne ha bisogno.

Aiutami ad essere una presenza sicura, a cui ci si può rivolgere

quando lo si desidera;

ad offrire un’amicizia riposante, ad irradiare una pace gioiosa, la tua pace, o Signore.

Fa’ che sia disponibile e accogliente soprattutto verso i più deboli e indifesi.

Così senza compiere opere straordinarie,

io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,

Signore della tenerezza.

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MATERIALI

L'amicizia è cosa più esigente. L'amicizia richiede l'incontro di uguali. « L'amicizia è una mente in

due corpi», ha scritto il poeta Mencio.

Da un amico cerco sostegno premuroso e verità solida. A un amico offro la mia attenzione, il mio interessamento, la mia considerazione genuina, la mia sollecitudine più profonda. Nello sguardo di un amico scopro di essere attraente, in una sua risata di essere accattivante e nelle sue risposte di avere qualcosa di valido da dire. In un amico vedo qualcuno che rispetto per le qualità che ammiro e qualcuno che, per quanto possa trovarlo sorprendente, mi rispetta per i doni che fatico a vedere in me stesso. Sento la mia qualità personale nella presenza di un amico eccellente.

Un amico non è una parentesi nella vita. Un amico è la colla della vita, il centro di aggregazione che tiene insieme tutto il resto e ne valuta la consistenza. L'amicizia è un gioco di standard elevati e di eccessi selvaggi dove tutto è possibile, ma solo il meglio in entrambi di noi supera il test dell'accettabilità. Gli amici non guardano di traverso, ma interrogano. Gli amici non bloccano, ma consentono. Gli amici non controllano, ma rimangono in attesa. Gli amici non dominano, ma incoraggiano il meglio in me, finché non rimangono impurità. Gli amici non asfissiano, ma mi rendono libero. Gli amici non mi amano per il bene loro, ma per il mio bene. Mi amano nel modo in cui io voglio essere amato e non nel modo in cui essi vogliono amarmi. Un amico è l'altra faccia del mio animo.

L'amicizia può esistere nel matrimonio, questo è vero. Ma ancor più pericolosamente vero è che il matrimonio non può esistere senza amicizia anche se quel matrimonio non finisce mai.

Due cose affliggono il cuore umano e bloccano lo sviluppo dell'amore in noi. Una è il narcisismo e

l'altra è la mancanza di stima di sé. I narcisisti credono - anche se raramente sarebbero disposti a dirlo, forse -, di essere nati per avere gente che li sta aspettando. Queste persone affidano ad altri la responsabilità delle proprie vite e consumano tutto in funzione dei propri obiettivi. Esse

prendono, prendono e continuano a prendere, ma non restituiscono alcunché.

L'altro ostacolo alla santa amicizia è la scarsa stima di sé. Quello che non abbiamo dentro di noi

non possiamo darlo agli altri. Tutto quello che possiamo fare è attaccarci a qualcuno cercando

rifugio e identità.

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