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ROMA

Homo sapiens digitalis o uomo-dato?

A Roma Aspen Insitute riunisce filosofi, scienziati, imprenditori e docenti italiani che vivono e lavorano all'estero

La monetizzazione del “dato”oggi è nelle mani di poche aziende. Se è vero che l’azienda offre un servizio che il cliente ripaga esplicitamente in denaro e implicitamente in dati, è altrettanto vero che il cliente deve poter dare un valore ai dati che cede come parte della transazione. Ne sono esempio applicazioni come l’italiana Weople, che consente alle persone di mettere in sicurezza i propri dati personali e monetizzarli, rispettando il GDRP. E’

quanto emerso dalla XI Conferenza delle Comunità dei Talenti italiani all’estero dal titolo “Homo sapiens digitalis o Uomo-dato?”, che si è tenuta nella sede di Aspen Institute di Roma. La Comunità dei Talenti italiani all’estero è un team di lavoro nato all’interno di Aspen Institute Italia. Conta 187 membri provenienti da 37 paesi tra cui Giappone, Nigeria, Svezia, Svizzera, USA. Ne fanno parte autorevoli rappresentanti del Paese e giovani che stanno costruendo brillanti carriere, fuori dall’Italia, in campi che spaziano dal mondo delle imprese, università, ricerca, cultura, arte, sport. La riflessione avviata quest’anno dal gruppo di lavoro ha riguardato, nello specifico, i rischi e le opportunità nella nuova era digitale. Tre i punti di cui si è dibattuto:

1. La Cina rappresenta un grande laboratorio vivente della digitalizzazione, in grado di indicare quale potrebbe essere la società digitalizzata di domani.

L’effetto combinato dei processi di globalizzazione economica e di digitalizzazione rende molto difficile applicare in ambito domestico le regole del diritto interno, soprattutto nei Paesi dove è in vigore lo Stato di diritto.

2. L’evoluzione della relazione fra uso del dato personale e riservatezza mostra approcci differenti a seconda dei Paesi e delle culture, in particolare in Cina, Europa e Stati Uniti. Ciò porta a due riflessioni. Una di natura giuridica – sulla relazione fra logiche di natura causale e logiche di data analytics – per cercare di capire come in Occidente ci si accosti al problema. Una di natura politica, che riguarda invece il bisogno ancora insoddisfatto di un consenso internazionale su condivisione dati e tutela della privacy.

3. Per cogliere le opportunità offerte dal digitale bisogna superare i limiti della mappatura dell’“uomo dato” e dei ritardi delle aziende che rischiano di utilizzare le opportunità del digitale in modo acritico. E’ inoltre necessario un nuovo dialogo tra mondo culturale, legislatore e aziende, sia per evitare il prevalere di una posizione acritica, sia una chiusura che penalizzerebbe l’innovazione. Lo dimostrano diversi esempi di utilizzo virtuoso dell’“uomo dato”, a beneficio sia del singolo, sia della collettività: dall’identificazione digitale dell’individuo, alla medicina personalizzata, al mondo dei consumi e delle relazioni.

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2 In conclusione, si tratta di disegnare un’agenda incentrata sulla persona, dove

la tecnologia deve generare progresso, in primo luogo umano e sociale: non cieco positivismo o concentrazione di obiettivi mirati a creare ricadute economiche che generano diseguaglianze, altrimenti si rischia la negazione delle essenziali conquiste di civiltà maturate nel secondo dopoguerra.

3 luglio 2019 | 11:36

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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