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TEST di VERIFICA delle CONOSCENZE A

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Academic year: 2021

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A

CODICE: kLs49F3 5 febbraio 2016

TEST di VERIFICA delle CONOSCENZE

Facoltà di Ingegneria

Università Politecnica delle Marche

Per legge, tutti gli studenti intenzionati ad immatricolarsi a qualunque corso di laurea sono tenuti ad affrontare un test di verifica delle conoscenze a scopo orientativo.

Il test che affronterai oggi è rivolto agli studenti intenzionati ad iscriversi ad uno dei corsi di laurea triennale della Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche.

La prova consiste di 30 quesiti, ai quali dovrai rispondere nel tempo prefissato di 75 minuti.

Per ogni domanda sono proposte 5 alternative: la risposta esatta, 3 risposte errate e l'opzione "non rispondo". Alla risposta esatta viene attribuito il punteggio 1/30, alle risposte errate il punteggio 0/30, alla scelta "non rispondo" il punteggio 0.25/30. Per questo motivo, se non conosci la risposta ad una domanda è preferibile che tu scelga l'opzione "non rispondo" piuttosto che una a caso delle altre alternative. Ti segnaliamo inoltre che se decidi di non rispondere ad una domanda devi selezionare la scelta "non rispondo" perché se non farai alcuna selezione avrai il punteggio 0. Il test è superato con un punteggio non inferiore a 15/30 ovvero a 5/10.

Le prime 5 domande vertono sulla comprensione di un testo scritto, che troverai sul retro di questo foglio; le risposte devono essere dedotte esclusivamente dal contenuto del brano stesso e non dalle eventuali conoscenze che già possiedi sull'argomento. Le 20 domande che seguono hanno per argomento la matematica e la logica. Infine le ultime 5 domande riguardano argomenti elementari di fisica. Per rispondere ai quesiti di matematica e di fisica non sono richieste conoscenze che vadano oltre quelle della quarta classe della scuola superiore.

Per accedere al test, inserisci username e password che trovi nella scheda che ti è stata consegnata quindi seleziona il corso “TEST di VERIFICA delle CONOSCENZE” e segui le istruzioni che troverai indicate.

Attenzione, per accedere al quiz ti verrà richiesta una seconda password d'accesso: dovrai inserire il codice che trovi in questo foglio in alto a sinistra, sotto la lettera.

IMPORTANTE!! Conserva accuratamente username e password che ti sono state consegnate. Per poter accedere ai risultati dovrai collegarti nuovamente all’indirizzo http://testing.univpm.it/test ed accedere al corso “Test di Verifica delle Conoscenze” tra il 12 e il 20 febbraio 2016 utilizzando le medesime credenziali.

Buon lavoro!

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TESTO A

Il melodramma è una composizione teatrale in versi che, anziché essere semplicemente recitata, viene interamente cantata dagli attori-cantanti con l’accompagnamento di strumenti: come dice il suo nome, è appunto un dramma cantato (dal greco melos “canto” e drama “azione”). Poiché si avvale di scenografie, e spesso, di azioni coreografiche, il melodramma può essere considerato una delle manifestazioni artistiche più complesse elaborate dalla cultura italiana. Frutto della collaborazione di un poeta che scrive il libretto, cioè il testo in versi della vicenda da rappresentare, e di un musicista, che riveste le parole di musica, esso è una creazione tipicamente italiana. Come forma teatrale e come genere letterario, infatti, il melodramma nacque in Italia alla fine del XVI secolo.

Il primo melodramma a noi interamente pervenuto è l'Euridice, con musiche di Jacopo Peri e testo di Ottavio Rinuccini, rappresentato — per iniziativa e spese del ricco mecenate Jacopo Corsi — il 6 ottobre 1600 a Palazzo Pitti a Firenze, in occasione delle nozze di Enrico IV di Francia con Maria de’ Medici.

Contrariamente a quanto è stato spesso sostenuto in passato, il genere da cui nacque questa nuova forma artistica non fu la tragedia ma il dramma pastorale (con i suoi modelli eletti costituiti dall’ Aminta di Tasso e dal Pastor fido di Guarini) che al quel tempo riscuoteva larghissimo successo e la cui ambientazione arcadica sembrava pienamente consona.

Se i sottotitoli più utilizzati per le opere rappresentate nei primi decenni del Seicento sono «favola pastorale»

o «favola boschereccia», i soggetti sono prevalentemente mitologici, ricavati in massima parte dalle Metamorfosi di Ovidio. Il difetto principale della nuova forma teatrale era la sua mancanza di naturalezza, e i soggetti pastorali giustificavano l’infrazione delle leggi della verosimiglianza, perché a divinità mitiche come Orfeo, Dafne, Flora poteva accordarsi l’idea di dialogare cantando.

Lo stile di canto che caratterizzò le esperienze fiorentine viene di solito designato col termine di “recitar cantando”: si tratta di una sorta di declamazione musicale che non aveva ovviamente nulla a che fare con la musica greca, ma che aveva piuttosto legami con il tipo di melodia che caratterizzava il madrigale di quell’epoca. Si trattava insomma di un canto che tendeva a “imitare” le inflessioni della recitazione; questo modo di cantare, che prese presto il nome di stile recitativo, veniva accompagnato da strumenti come clavicembalo, organo, liuto o chitarrone, viola da gamba o violone con la tecnica del

basso continuo. Nei primi melodrammi però il “recitar cantando” veniva di tanto in tanto interrotto da un certo numero di pezzi chiamati arie: questi pezzi venivano impiegati per dare maggior spicco a certe situazioni sceniche, effusioni particolarmente patetiche o gioiose dei personaggi, prologhi, cori.

In questa prima fase della storia del melodramma un capitolo importante si svolse alla corte dei Gonzaga di Mantova, strettamente legata da rapporti diplomatici a quella fiorentina: qui nacque il melodramma più significativo di quel tempo, L’Orfeo, opera di colui che può ben dirsi il maggior compositore italiano del Seicento, Claudio Monteverdi (1567–1643).

Rappresentato per la prima volta nel Palazzo Ducale di Mantova nel febbraio del 1607, L’Orfeo si ricollegava alle vicine esperienze fiorentine: l’autore del libretto Alessandro Striggio fu sicuramente a Firenze in quel fatidico 1600 e si ispirò evidentemente allo stile di Rinuccini. Il soggetto scelto fu d’altronde lo stesso delle prime rappresentazioni fiorentine: la storia di Orfeo, figlio di Apollo che con il suo canto riesce a commuovere gli dei infernali a farsi restituire la sua amata Euridice era considerata quanto di più appropriato per illustrare la potenza della nuova forma di spettacolo.

L’Orfeo di Striggio-Monteverdi però, rispetto ai precedenti realizzati a Firenze, superava lo stadio teorico- sperimentale, offrendo per la prima volta la concreta rappresentazione musicale di situazioni drammatiche, attraverso la varietas delle forme e delle risorse: recitativi, arie (alcune di grande virtuosismo vocale), cori,

“sinfonie” strumentali, episodi di danza, capaci di rendere differenziata ed efficace la rappresentazione scenica.

Inoltre, per la prima volta nella storia dell’opera, Monteverdi indicò nella partitura a stampa gli strumenti da impiegarsi. L’organico rispondeva a precisi criteri drammaturgici: le scene pastorali connotate dalle sonorità giulive dei flauti e flautini, le scene infernali dai timbri cupi dei tromboni, viole da gamba, organo, i balli dai violini.

E’ da rilevare inoltre che L’Orfeo condivide con altre edizioni a stampa dei primi del Seicento dal punto di vista grafico alcune novità fondamentali. Prima di tutto le varie voci non sono più scritte separatamente, ma organizzate, in partitura, cioè disposte l’una sull’altra. Durante il corso del XVI secolo la musica vocale veniva stampata a parti separate: se ad esempio si doveva pubblicare un madrigale a 5 voci, le cinque parti che lo costituivano venivano scritte in cinque libretti diversi, uno per ciascun cantore, e ogni cantore eseguiva la sua parte senza avere sott'occhio le parti degli altri.

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