Diritto delle
Relazioni
Industriali
Rivista trimestrale già diretta da
MARCO BIAGI
Pubblicazione T
rimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/02/2004 n° 46) arti
colo 1, comma 1, DCB (V
ARESE)
RiceRche Licenziamenti: vecchi paradigmi e nuove prospettive di regolazione RiceRche Analisi e proposte sul diritto del lavoro nel tempo di Industria 4.0 inteRventi Contrasto alla povertà e promozione del lavoro Il lavoro nelle imprese sociali Libretto famiglia e contratto di prestazione occasionale GiuRispRudenzaitaliana Libertà sindacale e ordinamento militare Subordinazione ed autonomia: il gioco dell’oca Sulla capitolazione autonoma delle prove testimoniali Compensazione delle spese processuali Il licenziamento per preteso (ma non realizzato) superamento del periodo di comporto Discriminazione sindacale: ancora sul caso Ryanair Sul controllo della regolarità del procedimento di costituzione delle RSA leGislazione, pRassiamministRativeecontRattazionecollettiva Collaborazioni etero-organizzate: il caso delle piattaforme di food delivery Rappresentatività e assetti contrattuali dopo l’accordo interconfederale 28 febbraio 2018 GiuRispRudenzaepolitichecomunitaRiedellavoRo Contrasto alla frode nella normativa previdenziale
applicabile ai lavoratori distaccati
N. 4/XXVIII - 2018
In questo numero
Diritto delle Relazioni Industriali
4
2018Diritto delle Relazioni Industriali fa parte della
International Association of Labour Law Journals
Direzione
Tiziano Treu, Mariella Magnani, Michele Tiraboschi (direttore responsabile) Comitato scientifico
Gian Guido Balandi, Francesco Basenghi, Mario Biagioli, Andrea Bollani, Roberta Bortone, Alessandro Boscati, Umberto Carabelli, Bruno Caruso, Laura Castelvetri, Giuliano Cazzola, Gian Primo Cella, Maurizio Del Conte, Riccardo Del Punta, Raffaele De Luca Tamajo, Pietro Ichino, Vito Sandro Leccese, Fiorella Lunardon, Arturo Maresca, Luigi Mariucci, Oronzo Mazzotta, Luigi Montuschi, Gaetano Natullo, Luca Nogler, Angelo Pandolfo, Roberto Pedersini, Marcello Pedrazzoli, Giuseppe Pellacani, Adalberto Perulli, Giampiero Proia, Mario Ricciardi, Mario Rusciano, Giuseppe Santoro-Passarelli, Franco Scarpelli, Paolo Sestito, Luciano Spagnuolo Vigorita, Patrizia Tullini, Armando Tursi, Pier Antonio Varesi, Gaetano Zilio Grandi, Carlo Zoli, Lorenzo Zoppoli.
Comitato editoriale internazionale
Antonio Baylos Grau (Castilla la Mancha), Janice Bellace (Pennsylvania), Jesús Cruz Villalón (Siviglia), Simon Deakin (Cambridge), Anthony Forsyth (Melbourne), Julio Grisolia (Buenos Aires), Thomas Haipeter (Duisburg), Patrice Jalette (Montreal), José João Abrantes (Lisbona), Maarten Keune (Amsterdam), Csilla Kolonnay Lehoczky (Budapest), Lourdes Mella Méndez (Santiago de Compostela), Antonio Ojeda Avilés (Siviglia), Shinya Ouchi (Tokyo), Miguel Rodriguez-Pinêro y Bravo-Ferrer (Madrid), Juan Raso Delgue (Montevideo), Jacques Rojot (Parigi), Malcolm Sargeant (Londra), Manfred Weiss (Francoforte).
Redazione
Paolo Tomassetti (redattore capo), Luca Calcaterra, Guido Canavesi, Lilli Viviana Casano, Matteo Corti, Emanuele Dagnino, Francesca De Michiel, Maria Del Frate, Michele Faioli, Marco Ferraresi (coordinatore Osservatorio giurisprudenza italiana, coordinatore Pavia), Cristina Inversi, Giuseppe Ludovico, Laura Magni (coordinatore Modena), Pietro Manzella (revisore linguistico), Marco Marzani, Emmanuele Massagli, Giuseppe Mautone, Mariagrazia Militello, Michele Murgo, Giovanni Battista Panizza, Veronica Papa, Flavia Pasquini, Pierluigi Rausei, Raffaello Santagata, Silvia Spattini, Michele Squeglia.
Comitato dei revisori
Francesco Basenghi, Vincenzo Bavaro, Mario Biagioli, Marina Brollo, Bruno Caruso, Maurizio Del Conte, Riccardo Del Punta, Vincenzo Ferrante, Luigi Fiorillo, Donata Gottardi, Stefano Giubboni, Pietro Ichino, Vito Sandro Leccese, Fiorella Lunardon, Marco Marazza, Arturo Maresca, Oronzo Mazzotta, Luca Nogler, Marco Novella, Antonella Occhino, Pasquale Passalacqua, Marcello Pedrazzoli, Adalberto Perulli, Giampiero Proia, Roberto Romei, Giuseppe Santoro-Passarelli, Patrizia Tullini, Armando Tursi, Antonio Vallebona, Pier Antonio Varesi, Gaetano Zilio Grandi, Carlo Zoli, Antonello Zoppoli, Lorenzo Zoppoli.
ADAPT – Centro Studi Internazionali e Comparati del Dipartimento di Economia Marco Biagi Diritto Economia Ambiente Lavoro – Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Viale Berengario, 51 – 41100 Modena (Italy) – Tel. +39 059 2056742; Fax +39 059 2056043. Indirizzo e-mail: [email protected]
Dipartimento di Studi Giuridici – Università degli Studi di Pavia
Corso Strada Nuova, 65 – 27100 Pavia (Italy) – Tel. +39 0382 984013; Fax +39 0382 27202. Indirizzo e-mail: [email protected]
Diritto delle Relazioni Industriali si impegna a procedere alla selezione qualitativa dei materiali pubblicati sulla base di un metodo di valutazione formalizzata e anonima di cui è responsabile il Comitato dei revisori. Tale sistema di valutazione è coordinato dalla dire-zione che si avvale anche del Comitato scientifico e del Comitato editoriale internazionale.
Pubblicità:
Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A. - Servizio Pubblicità, via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano -
tel. 02/38.089.335 - fax 02/38089426 e-mail: [email protected]
CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 2018
Unione europea E 130,00
Paesi extra Unione europea E 195,00
Prezzo di un singolo numero E 33,00
(Extra U.E. E 49,00)
Sconto 10% per i soci AISRI - soci ADAPT - abbonati Bollettino ADAPT - soci AIDP - soci GIDP
RIVISTA ON-LINE ALL’INTERNO DI “BIBLIOTECA RIVISTE” DAL 1991
U.E. abbonato E 34,00* non abbonato E 103,00*
*IVA esclusa
La rivista on-line riproduce, in pdf, i contenuti di ogni fascicolo dall’anno indicato fino all’ultimo numero in pubblicazione.
La sottoscrizione dell’abbonamento “abbonato” alla rivista cartacea garantisce un accesso al contenuto dal 1 gennaio 2018, o da qualunque data successiva di sottoscrizione, fino al 31 dicembre 2018.
La sottoscrizione dell’abbonamento “non abbonato” alla rivista cartacea garantisce un accesso di 365 giorni dalla data di sottoscrizione.
In seguito alla sottoscrizione sarà inviata all’abbonato una password di accesso.
Il sistema on-line Biblioteca Riviste permette la consultazione dei fascicoli attraverso ricerche: • full text
• per estremi di pubblicazione (numero e anno fascicolo) • per data
In caso di sottoscrizione contemporanea alle due riviste cartacee qui di seguito indicate sconto
10% sulla quota di abbonamento:
Unione europea Paesi extra Unione europea Diritto delle Relazioni Industriali E 130,00 E 195,00
Rivista Italiana di Diritto del Lavoro E 160,00 E 240,00
L’abbonamento alla rivista cartacea decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri relativi all’annata, compresi quelli già pubblicati.
Il pagamento può effettuarsi direttamente all’Editore:
• con versamento sul c.c.p. 721209, indicando chiaramente gli estremi dell’abbonamento; • a ricevimento fattura (riservata ad enti e società);
• acquisto on-line tramite sito “shop.giuffre.it”;
• oppure tramite gli Agenti Giuffrè a ciò autorizzati (cfr. pagine gialle).
Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 31 marzo di ciascun anno.
I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati al ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell’importo.
Le comunicazioni in merito a mutamenti di indirizzo vanno indirizzate all’Editore.
Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A. - Via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano.
I contributi pubblicati in questa rivista potranno essere riprodotti dall’Editore su altre, proprie pubblica-zioni, in qualunque forma
Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 1 del 4 gennaio 1991 R.O.C. n. 6569 (già RNS n. 23 vol. 1 foglio 177 del 2/7/1982)
Direttore responsabile: Michele Tiraboschi
Rivista associata all’Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 45%
Diritto delle Relazioni Industriali
Numero 4/XXVIII - 2018. Giuffrè Francis Lefebvre, Milano
Contrasto alla povertà e promozione del lavoro tra buoni propositi e vecchi vizi
Lucia Valente
Sommario: 1. Povertà e lavoro: tutto grava sui centri per l’impiego… – 2. …ma
nes-suno si occupa davvero di investire sul loro buon funzionamento. – 3. Ammortiz-zatori sociali: i buoni propositi e i vecchi vizi che non passano. – 4. Il trattamento speciale per le “aree di crisi complessa”. – 5. Operazione reddito sicuro. – 6. Gli accordi di ricollocazione. – 7. Cambiare la governance dell’Anpal. – 8. Osserva-zioni conclusive: rafforzare il ruolo dell’Inps per una effettiva integrazione tra politiche attive e politiche passive.
1. Povertà e lavoro: tutto grava sui centri per l’impiego…
A 10 anni dall’inizio della crisi economica il tema della lotta alla po-vertà e dell’assistenza ai disoccupati resta uno dei punti di maggiore at-tenzione da parte partiti politici nell’ultima campagna elettorale. Ed è evidentemente sentito come tale anche dalla maggior parte degli eletto-ri, se il M5S raggiunge il 33% dei consensi lanciando un messaggio di robusto aiuto ai poveri e ai disoccupati colpiti duramente dalla globa-lizzazione e dalla internazionagloba-lizzazione dei mercati; e, all’inverso, il Partito Democratico dimezza il proprio patrimonio di consenso anche per aver gravemente fallito nell’implementazione dei nuovi servizi di sostegno e assistenza intensiva nel mercato del lavoro per chi perde il lavoro.
In Italia le famiglie in povertà assoluta nel 2016 sono un milione e 619 mila: il 6,3% del totale, quasi il doppio del 3,5% registratosi nel 2007. Le persone in famiglie indigenti sono 4 milioni e 742 mila, 3 milioni in
più rispetto al 2007 (1). I primi anni della ripresa (tra il 2014 e il 2016) vedono un recupero dei redditi medio-alti: ma quelli bassi sono ancora diminuiti (2). Il Governo uscente ha avuto il merito di varare una misura universale di lotta alla povertà: il reddito d’inclusione (REI), entrato in vigore sul finire della legislatura, è attivo a partire da gennaio 2018; ma, non avendo posto questo capitolo tra le priorità sul piano finanzia-rio, il Governo stesso ha potuto destinare a questa misura soltanto due miliardi, col risultato di determinare un’area di operatività del tratta-mento molto modesta (3).
Nonostante gli sforzi profusi nell’ultimo quinquennio per combattere il disagio sociale, il Governo uscente non è dunque riuscito a soddisfare esigenze basilari di una platea di soggetti assai ampia. L’esito elettorale del marzo scorso sancisce una sorta di «evaporazione della politica» (4), mettendo in evidenza uno scarto preoccupante tra le enunciazioni di principio contenute nei programmi del partito maggiore del Centro-sinistra e la sua capacità di far fronte alla domanda di protezione socia-le con socia-le politiche attive per il lavoro (5) e il reddito d’inclusione (6). È
(1) Documento Centro Studi Confindustria n. 10-02 del 18 aprile 2018, una nota
tec-nica che valuta analogie e differenza tra REI e reddito di cittadinanza. Sono definite in condizione di povertà assoluta le famiglie con una spesa complessiva per consumi in-feriore al valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati essenziali, defi-niti in base all’età e al numero dei componenti della famiglia, all’area geografica e alla tipologia del comune di residenza (piccolo, grande comune, area metropolitana). Il valore del paniere è aggiornato annualmente dall’Istat.
(2) M.BALDINI, Perché aumenta la diseguaglianza in Italia, in Lavoce.info.
(3) I primi dati sul REI dicono che i beneficiari vivono in larga parte a Sud. Anche
perché molte domande di residenti al Nord sono state respinte per mancanza di requi-siti. Una severità che rischia di penalizzare il REI universale appena introdotto. Sul tema si vedano i dati Inps, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Istat analiz-zati da Gallo, in Lavoce.info.
(4) Traggo questa espressione dall’Indagine sul lavoro che cambia, condotta nel 2017
dal Dipartimento di Scienze sociali ed economiche della Sapienza, Università di Ro-ma, diretta da Carrieri da cui emerge che il 67,8% dei lavoratori non si sente rappre-sentato dalle forze politiche.
(5) D.lgs. n. 150/2015.
(6) D.lgs. n. 147/2017. Il REI costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lett. m, Cost., nel limite delle risorse disponibili nel
lavorati-stata invece premiata dagli elettori la promessa del reddito di cittadi-nanza (7): una misura universale probabilmente velleitaria, ma eviden-temente capace di suscitare una speranza di soluzione del problema na-scente dalla carenza di reddito e dalla carenza di posti di lavoro, effetto combinato della globalizzazione (che pone la fascia bassa della nostra forza-lavoro in concorrenza con quella dei Paesi in via di sviluppo) e della quarta rivoluzione industriale.
Il successo di questo capitolo programmatico del programma di Gover-no del Movimento 5 Stelle-Lega nella comunicazione politica si fonda su di un equivoco consapevolmente coltivato dai suoi estensori: il capi-tolo del programma di governo (19) è intitolato al Reddito di cittadi-nanza e pensione di cittadicittadi-nanza, cioè a un sostegno del reddito
essen-zialmente “per i soli cittadini italiani”, caratterizzato dal non assogget-tamento ad alcuna condizionalità, senza limite di durata predeterminata prevedendo in capo ai beneficiari obblighi assai blandi e generici (de-cadenza dal beneficio in caso di rifiuto allo svolgimento dell’attività la-vorativa richiesta); ma lo sviluppo del disegno di legge (prima firmata-ria Catalfo, AS 1148/2016) ricalca invece in tutto e per tutto lo schema del SIA (8) poi riproposto nel REI caratterizzato dal rigoroso
assogget-tamento del beneficio a un regime di condizionalità. L’abilità politica dei proponenti è consistita nel giocare sistematicamente su questo equi-voco, sottolineando l’assoggettamento a condizionalità nei dibattiti in sede tecnica, tra addetti ai lavori, sottolineando invece, di fronte al grande pubblico, l’assenza di condizionalità cui allude il nome dato alla misura (9). Assenza che, del resto, nel nostro Paese è resa comunque as-sai credibile dalla pluridecennale, conclamata inadeguatezza della strut-tura pubblica competente di rendere effettiva la condizionalità per
va delle persone in difficoltà. Si dovrebbe così creare un welfare di comunità focaliz-zato sulle reti di prossimità e l’accumulo di capitale sociale.
(7) Il reddito di cittadinanza è riproposto nel punto 19 del contratto di Governo di
Le-ga e Movimento 5 Stelle come «strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno […]. L’ammontare è fissato in 780,00 Euro mensili per persona singola, parametrato sulla base della scala OCSE per nuclei fami-liari più numerosi. A tal fine saranno stanziati 17 miliardi annui».
(8) Art. 60, d.l. n. 5/2012 convertito dalla l. n. 35/2012.
(9) Alludendo al modello sperimentato in Finlandia su 2mila cittadini. Qui si prevede
renza di personale e mezzi adeguati (10): quelli che il Governo prece-dente ha cercato di attivare con il Jobs Act, ma senza apprezzabili
risul-tati.
Il reddito di cittadinanza prevede dunque la presa in carico individuale della persona da parte del CPI e l’applicazione di criteri di condiziona-lità per l’erogazione del trattamento (11). Per potenziare il servizio pre-posto all’implementazione di questa misura, chi la propone prevede l’investimento di almeno 2 miliardi di euro (12) per assicurare che il so-stegno del reddito sia effettivamente condizionato alla accettazione di proposte di lavoro. Questo vuol dire che, se non si investe nella mac-china amministrativa, partire subito per dare un segnale politico forte su un punto strategico del programma di Governo rischia di tradursi in una colossale operazione assistenzialistica fondata esclusivamente sulle po-litiche passive.
Anche il REI, condizionato alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorati-va, ruota tutto intorno alla presa in carico integrata dei soggetti in con-dizione di vulnerabilità da parte dei CPI (13), presupponendo l’attivazione di un programma personalizzato comprendente misure di accompagnamento al lavoro (patto di servizio), sociali e/o sanitarie fi-nalizzata a superare le diverse condizioni di fragilità che allontano la persona dal lavoro e dall’inclusione sociale. Ne segue che il fattore chiave per favorire l’uscita dalla condizione di povertà non è tanto la somma di denaro ricevuta, quanto l’efficacia del percorso di riabilita-zione sociale e inclusione lavorativa dell’individuo e della famiglia. In base a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 147/2017, ai servizi alla persona previsti dal REI si accede previa valu-tazione multidimensionale finalizzata a identificare i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti: valutazione che tiene conto delle
(10) F.GIUBILEO, Centri per l’impiego: il costo del rinnovamento, in Lavoce.info.
(11) Artt. 9, 10 e 11, d.d.l. AS 1148/2013. Si veda anche il punto 19 del contratto di
Governo dove si prevede in modo assai generico la «decadenza dal beneficio in caso di rifiuto allo svolgimento dell’attività lavorativa richiesta».
(12) Il punto 19 del contratto di Governo Movimento 5 Stelle-Lega prevede un
inve-stimento di 2 miliardi di euro per la riorganizzazione e il potenziamento dei centri per l’impiego che fungeranno da catalizzatore e riconversione lavorativa dei lavoratori che si trovano momentaneamente in stato di disoccupazione.
(13) Cfr. art. 1, comma 386, l. n. 208/2015; accordo Conferenza Stato-Regioni 11
se e dei fattori di vulnerabilità del nucleo, nonché dei fattori ambientali e di sostegno presenti. In caso di esito positivo delle verifiche sul pos-sesso dei requisiti, il comune programma un’analisi preliminare, entro il termine di 25 giorni dalla presentazione della domanda di REI. Tale analisi preliminare ha l’obiettivo di orientare, mediante colloquio con il nucleo familiare, le scelte successive che porteranno alla definizione del progetto personalizzato ed è effettuata da operatori sociali apposi-tamente identificati dai servizi competenti, senza nuovi o maggiori one-ri per la finanza pubblica. Laddove, in esito all’analisi preliminare, la situazione di povertà emerga come connessa in via esclusiva alla sola dimensione della situazione lavorativa, l’articolo 5, comma 5, del de-creto legislativo prevede che il progetto personalizzato sia sostituito dal patto di servizio, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo n. 150 del 2015, ovvero dal programma di ricerca intensiva di occupazione, di cui all’articolo 23 del medesimo decreto legislativo nei limiti delle risorse disponibili. In tali casi, a norma del successivo comma 6 del succitato articolo 5, il Comune, responsabile dell’analisi preliminare, verifica l’esistenza del patto o del programma e, in mancanza, contatta tempe-stivamente il competente CPI, affinché gli interessati siano convocati e il patto di servizio venga redatto entro il termine di venti giorni lavora-tivi dalla data in cui è stata effettuata l’analisi preliminare. Entro il me-desimo termine, il patto è comunicato ai competenti servizi dell’ambito territoriale per le successive comunicazioni all’Inps ai fini della eroga-zione del beneficio economico del REI. L’articolo 6 del decreto legisla-tivo prevede che l’erogazione del REI sia condizionata alla sottoscri-zione del progetto personalizzato. In assenza di sottoscrisottoscri-zione del pro-getto, il REI non può essere erogato (14).
Entrambe le misure di lotta alla povertà, dunque, segnalano il bisogno di dar vita a un sistema capace di sostenere il reddito delle persone sen-za effetti negativi sulla loro partecipazione al mercato del lavoro, da contrapporre al sistema della cassa integrazione e della mobilità in de-roga, che questi effetti tipicamente producono e che è comunque uno
(14) L’art. 12 del decreto legislativo disciplina le sanzioni, nonché la sospensione e
strumento inappropriato e inadeguato per risolvere il problema della vulnerabilità delle persone in cerca di lavoro (15). Ma ciò che manca nel nostro Paese è proprio la struttura capace di evitare questi effetti ren-dendo effettiva la condizionalità. E questo è un problema che non si ri-solve tanto con l’emanazione di nuove norme di legge, quanto con una ben più problematica, difficile, faticosa attività di promozione e affi-namento delle capacità operative effettive delle strutture amministrative preposte alla funzione.
Questo studio si propone di esaminare la recente rapida evoluzione del-le norme con cui il del-legislatore si è proposto di far fronte aldel-le emergenze occupazionali, per mettere in evidenza il contrasto tra gli obiettivi di ri-forma virtuosa sempre enunciati in via di principio e la pratica affanno-sa degli interventi legislativi-tampone, sistematicamente consistenti in deroghe a quei principi per dare una risposta provvisoria all’emergenza. Lo studio si propone inoltre di discutere come questa normativa possa invece evolvere in un sistema integrato di politiche capaci di coniugare insieme lavoro e sviluppo economico, evitando i rischi dell’assistenzialismo e favorendo la partecipazione al mercato del lavo-ro.
2. …ma nessuno si occupa davvero di investire sul loro buon fun-zionamento
Nel 2014 il Jobs Act (legge n. 183/2014), proponendosi di favorire una
partecipazione attiva al mercato del lavoro, introduce una radicale ri-forma delle politiche per l’inserimento al lavoro dei disoccupati inten-dendo per tali i lavoratori privi di impiego che dichiarano in forma te-lematica la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il CPI L’obiettivo è circoscrivere la platea degli utenti e offrire adeguati servizi per il lavoro ai soli percettori di un sostegno del reddito. Lo stesso Jobs Act, tuttavia, non affronta il tema cruciale della
governance dei centri per l’impiego, in quanto essa è investita
(15) Per una recente analisi anche comparata delle politiche pubbliche orientate alla
lotta alla povertà si veda M.MARTONE, Il reddito di cittadinanza. Una grande utopia,
dall’imminente riforma della Costituzione; riforma che, tuttavia, verrà bocciata dal referendum del dicembre 2016.
Dopo tre anni di regime transitorio iniziato con la c.d. legge Del Rio si decide che il personale dei centri per l’impiego passi dalle Province alle Regioni entro il 30 giungo 2018. Il tutto a spese dello Stato, che finan-zia l’operazione con un trasferimento alle Regioni, cui vengono con-fermate le competenze gestionali in materia di politiche attive, di soli 235 milioni di euro (articolo 1, comma 794) appena sufficienti a coprire le spese per il personale (16). Soltanto con la legge di stabilità per il
2018, dunque, la riforma dei servizi per il lavoro avviata nel 2014 sem-bra giungere a un approdo normativo.
Nel frattempo, però, nelle tecniche applicate per i servizi all’incontro fra domanda e offerta di lavoro tutto è cambiato. Il recruiting per le
nuove competenze che funziona effettivamente si fa grazie a sofisticati algoritmi che permettono alle imprese di attivare processi di ricerca e selezione del personale in linea con le competenze richieste, riducendo i tempi e abbattendo i costi di transazione (17). Aumenta il numero delle persone che offrono lavoro attraverso le piattaforme digitali. Aumenta-no le transizioni dirette da lavoro a lavoro e aumentaAumenta-no di frequenza e di durata anche i periodi di non lavoro. Nel contempo la quota del pro-dotto destinata a remunerare la forza-lavoro si riduce a vantaggio della remunerazione del capitale; e, per far sì che aumentino le retribuzioni del lavoro bisogna pensare a nuove tutele per compensare i nuovi di-soccupati o didi-soccupati «obsoleti» (18); aumenta il fabbisogno di com-petenze digitali.
Messo di fronte ai bisogni dei cittadini che chiedono protezioni nel mercato del lavoro, nel 2015 il legislatore, consapevole delle difficoltà in cui versano i centri per l’impiego, cerca di circoscriverne la platea
(16) Art. 1, commi 793-808, l. n. 205/2017.
(17) Basti pensare a Vera, l’algoritmo frutto di una startup russa che ha predisposto un
programma d’intelligenza artificiale già operativo in tre mila multinazionali, che pro-cessa le risposte dei candidati profilandone carattere, attitudini, opinioni, capacità di fare squadra e che può intervistare 1.500 candidati al giorno. Sul tema si veda anche A.NEGRI, Recruiting 4.0: le tecnologie nell’incontro domanda offerta di lavoro, in
Boll. ADAPT, 2016, n. 41, e L.CAVESTRI, Il robot che fa i colloqui per IKEA, in Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2018.
(18) Disoccupati cinquantenni considerati troppo vecchi o troppo costosi dalle aziende.
Li chiama così V.GALASSO, A che presso rottamare gli ultra-cinquantenni?, in
dei soggetti da assistere nel mercato limitandola ai soli lavoratori privi d’impiego percettori di un sostegno del reddito (19). Analoga operazio-ne si registra per il REI. Il legislatore si concentra sulla composiziooperazio-ne e sul reddito del nucleo familiare e richiede, tra gli altri requisiti sogget-tivi, la presenza di almeno un lavoratore di età pari o superiore a 55 an-ni, che si trovi in stato di disoccupazione per licenziamento, anche col-lettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale intervenu-ta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 604/1966, ed abbia cessato, da almeno tre mesi, di beneficiare dell’intera prestazione per la disoccupazione, ovvero, nel caso in cui non abbia diritto di conseguire alcuna prestazione di disoccupazione per mancanza dei necessari requisiti, si trovi in stato di disoccupazione da almeno tre mesi. Inopinatamente, però, nel 2016 la platea dei sog-getti aventi diritto alle politiche attive viene estesa anche ai non percet-tori (20) e a chi è occupato ma con un reddito sotto soglia (21); allo stes-so modo viene allargata la platea degli aventi diritto al REI (22). Ma non viene disposto un piano di rafforzamento amministrativo capace di con-sentire ai centri per l’impiego, abbandonati a se stessi dopo lo smantel-lamento delle province, di offrire servizi agli utenti adeguati per quanti-tà e qualiquanti-tà. L’imponente mole di lavoro caricata sui CPI, cui nel 2017 si aggiunge la sperimentazione nazionale dell’assegno di ricollocazio-ne, lascia senza risposta decine di migliaia di persone. La battaglia refe-rendaria chiusa nel dicembre del 2016 con la bocciatura della riforma
(19) Art. 19, comma 1, d.lgs. n. 150 nella versione del 2015.
(20) Detta definizione, recata dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 150/2015 è
modifica-ta solmodifica-tanto un anno dopo dall’art. 4, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 185/2016 che allo
scopo di ampliare la platea dei soggetti da assistere nel mercato del lavoro ha sostitui-to alla parola “lavorasostitui-tori” la parola “soggetti”.
(21) Si veda la circ. Min. lav. 23 dicembre 2015, n. 34, che include tra i soggetti aventi
diritto alle politiche attive anche i soggetti impiegati in attività lavorative non a tempo pieno, o scarsamente remunerative, o non confacenti al proprio livello professionale o semplicemente perché alla ricerca di una occupazione più confacente alle proprie aspettative.
(22) La disposizione prevede che il REI diventi davvero universale il primo luglio
approvata dal Parlamento (23) lascia le Regioni in uno stato di paralisi che si ripercuote sul funzionamento dei centri per l’impiego che da esse dipendono. Analogo discorso vale per il REI. Il legislatore consapevole della carenza amministrativa e del necessario know-how dei CPI in
rife-rimento ai servizi specialistici collegati alla lotta alla povertà (24), stabi-lisce che per l’anno 2018 in fase di avvio del REI, in deroga a quanto previsto all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo n. 147/2017, l’Inps garantisca l’erogazione del trattamento economico pur in assenza della comunicazione dell’avvenuta sottoscrizione del progetto persona-lizzato d’inserimento al lavoro o del patto di servizio (articolo 25): an-cora una volta a essere sacrificata è la condizionalità del trattamento, e con essa un cardine essenziale del nuovo regime, senza il quale esso non riesce a emanciparsi dalle vecchie ma assai rassicuranti politiche passive.
3. Ammortizzatori sociali: i buoni propositi e i vecchi vizi che non passano
Per quel che riguarda gli ammortizzatori sociali tradizionali, nell’arco temporale 2009-2012 dichiarazioni di esubero ed eccedenze di persona-le si susseguono a ritmi impressionanti. Fpersona-lessibilità e sicurezza conti-nuano a essere declinate all’interno del rapporto di lavoro: concedere trattamenti economici mensili alle persone che rischiano di perdere o che hanno già perso il posto lavoro per lunghi periodi di tempo, resta ancora l’unico modo per affrontare le transizioni occupazionali. Questa incapacità di voltar pagina rispetto a una poco apprezzabile tradizione
(23) Che avrebbe inciso anche sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni nella
materia della tutela del lavoro.
(24) Le misure che gli operatori devono erogare sono così indicate nel piano di
raffor-zamento amministrativo dei CPI ancora in discussione in sede ministeriale: analisi della domanda e lettura del bisogno; progettazione e realizzazione di percorsi orienta-tivi per individui e per gruppi; analisi dei contesti lavoraorienta-tivi, sociali e organizzaorienta-tivi di riferimento; definizione di progetti di sviluppo sociale, professionale e personale con relativi piani d’azione; conduzione di colloqui individuali e di gruppo; gestione dei processi di apprendimento individuale e di gruppo; conduzione di laboratori di grup-po; progettazione e realizzazione di interventi personalizzati di accompagnamento al lavoro e alla formazione; assessment delle risorse personali e professionali; analisi
di mero sostegno del reddito si riscontra pure nell’operato dei tre Go-verni di centro sinistra susseguitisi nel corso della XVII legislatura (dal 2013 al 2018) (25), anche a causa del perdurare degli effetti della crisi economica.
Anche in questo periodo, come in precedenza, si finisce sistematica-mente col garantire ai lavoratori sospesi dal lavoro e ai disoccupati un sostegno del reddito che va oltre i limiti temporali sanciti dal legislato-re: garantendo ai primi la prosecuzione della cassa integrazione straor-dinaria e ai secondi la prosecuzione dell’indennità di mobilità. E si con-tinua ad attivare la cassa integrazione anche per le imprese non soggette alla relativa contribuzione, né alla disciplina dei fondi di solidarietà bi-laterali (26). Gli ammortizzatori sociali in deroga finanziati dalla fiscali-tà generale e dai fondi strutturali regionali (27) consentono di dare una risposta alle decine di migliaia di persone travolte dalla crisi economi-ca, concedendo trattamenti d’integrazione salariale anche a categorie d’aziende e lavoratori che ne sarebbero escluse. Il ricorso agli ammor-tizzatori sociali – sia ordinari sia in deroga, sia per il caso di sospensio-ne del rapporto di lavoro dovuto a crisi aziendali o a cessaziosospensio-ne di atti-vità, causali per le quali il rischio di disoccupazione è particolarmente elevato (28), sia per il caso di licenziamenti collettivi (29) – non è però mai accompagnato da un adeguato sistema di politiche attive per il la-voro. Detta carenza comporta l’erogazione di trattamenti economici di lunga durata a persone che, anche a causa del mutamento delle regole per l’accesso alla pensione, si trovano in difficoltà, ma senza alcuna misura efficace per la loro attivazione nel mercato.
Nel 2012, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, i tratta-menti in deroga possono essere concessi per periodi non superiori a 12 mesi grazie alla legge di stabilità (30). Questo significa per es. che per
(25) È ora in discussione un allungamento della CGIS in deroga fino al 31 dicembre
2018 in attuazione della legge di bilancio per il 2018. (26) Di cui all’art. 3, commi 4-41, della l. n. 92/2012.
(27) In particolare dal Fondo sociale europeo grazie all’intesa Stato, Regioni e
Provin-ce autonome sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regio-ni e le Province autonome di Trento e di Bolzano il 20 aprile 2011.
(28) Art.1, comma 1, d.l. n. 249/2004, convertito dalla l. n. 291/2004.
(29) Artt. 4 e 24, comma 3, l. n. 223/1991.
(30) Art. 33, commi 21-26, l. n. 183/2011, legge di stabilità per il 2012. Sul tema si
veda R.MULÉ, La genesi degli ammortizzatori sociali in deroga: la prospettiva del
cu-un lavoratore che ha compiuto 50 anni, gli ammortizzatori sociali ero-gati in occasione della cessazione del rapporto di lavoro possono arri-vare a 48 mesi salvo proroghe finanziate di anno in anno. Un tempo as-sai lungo se si consideri che il pericolo di restare disoccupati cresce quanto più a lungo durino i periodi di inattività della persona. La con-cessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa in-tegrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, può av-venire sulla base di specifici accordi governativi anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali particolarmente colpite dalla cri-si.
I trattamenti in godimento alla data di entrata in vigore della legge pos-sono invece essere prorogati per un massimo di 12 mesi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (31). Per evitare il significativo rischio di innesco di una path dependency, o comunque di atteggiamenti
opportu-nistici, la misura dei trattamenti è ridotta del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nel caso di proroghe successive. Soltanto nel caso di proroghe successive alla se-conda, i trattamenti di sostegno del reddito possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reim-piego organizzati dalla regione, anche miranti alla riqualificazione pro-fessionale. Ma non sono evidentemente queste restrizioni a risolvere il problema della lotta alla povertà in un clima sociale infuocato dagli ef-fetti dirompenti della crisi economica.
Nel 2012 il Governo tecnico, Monti-Fornero, si propone di avviare un processo di riforma: a tal fine la legge n. 92/2012 introduce misure per rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone (articolo 1, comma 1, lettera d). La legge annuncia la fine della indennità di mobilità, salvo
rimandarla per evidenti esigenze di pace sociale, al 1° gennaio 2017
ra di), Ammortizzatori sociali. Regole, deroghe, prospettive, Cacucci, 2009; D.G ARO-FALO, Gli ammortizzatori sociali in deroga: dal D.L. 185/2008 alla l. 191/2009,
Ip-soa, 2010; S.BUOSO, Uso e abuso della cassa integrazione in deroga, in q. Rivista,
2016, 503.
(31) Il sostegno del reddito viene trattato come un mero problema di finanza pubblica.
(articolo 2, comma 77), e la riforma degli ammortizzatori sociali sia in costanza di rapporto di lavoro sia in relazione ai nuovi eventi di disoc-cupazione (articolo 2: Aspi). Nel contempo, al fine di garantire la gra-duale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammor-tizzatori sociali di cui alla medesima legge n. 92/2012 e di assicurare la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016 la legge (art. 2, commi 64 e 66) conferma deroghe per nuovi eventi di sospensione e di-soccupazione e proroghe per trattamenti già in corso sia pure in un quadro di progressiva riduzione delle risorse e sulla base di specifici accordi governativi per periodi non superiori a dodici mesi; la norma conferma il decàlage del trattamento in caso di proroga: la misura è
ri-dotta del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nel caso di proroghe successive. A tal fine la spesa statale è incrementata di euro 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di euro 700 milioni per l’anno 2015 e di euro 400 milioni per l’anno 2016. Anche in questo caso, per incentivare l’occupabilità delle persone colpite dalla dichiarazione di eccedenza o di esubero, la legge stabilisce che i trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamen-te nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche mi-ranti alla riqualificazione professionale.
In considerazione del perdurare della crisi occupazionale e dell’esigenza prioritaria di assicurare adeguate risorse per gli interventi di ammortizzatori sociali in deroga a tutela del reddito dei lavoratori in una logica di condivisione solidale fra istituzioni centrali, territoriali e parti sociali, la legge di stabilità per il 2013 (32) prevede la riprogram-mazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 oggetto del Piano di azione e coesione per consentire il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni. La legge prevede inoltre l’autorizzazione di spesa di 200 milioni di euro per l’anno 2013 per gli ammortizzatori sociali in deroga (comma 254). Anche in questo caso la riprogrammazione dei fondi strutturali per finanziare politiche passive è connessa a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell’occupazione. La parte di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle Regioni stante la competenza concorrente in materia (articolo 117, terzo comma, Cost.). Con accordi
stipulati in sede regionale, ogni Regione individua le priorità di inter-vento in sede territoriale e la platea dei destinatari grazie ad accordi conclusi con le parti sociali.
Nel 2013, il nuovo Governo, preso atto del perdurare della crisi econo-mica, rilevata l’eccezionalità della situazione di emergenza occupazio-nale che richiede il reperimento di ulteriori risorse, anche tramite la ri-destinazione di somme già diversamente finalizzate dalla legislazione vigente, incrementa di 250 milioni le somme da destinare agli ammor-tizzatori sociali in deroga (33), prevedendo nel contempo per la prima
volta (articolo 4, comma 2) la necessità di fissare criteri omogenei per la concessione delle prestazioni nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati anche in considerazione della particolare rilevanza di spe-cifiche situazioni occupazionali di rilevanza nazionale. Il c.d. decreto “criteri” (34) viene emanato nel mese di agosto del 2014, quasi un anno dopo rispetto al decreto-legge n. 54/2013, ed è destinato a essere dero-gato più volte per fronteggiare situazioni emergenziali. Con grande co-raggio, il decreto anticipa in via regolamentare i contenuti della riforma degli ammortizzatori sociali che il Governo si accinge a promuovere sul piano legislativo e individua i criteri per l’erogazione degli ammor-tizzatori in deroga alla normativa ordinaria, con particolare riguardo ai termini di presentazione, a pena di decadenza, delle relative domande, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle pre-stazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre presta-zioni di sostegno del reddito, alle tipologie di datori di lavoro e lavora-tori beneficiari. Nello stesso anno 2013, la legge di stabilità per il 2014 (35), rifinanzia con 600 milioni gli ammortizzatori sociali in deroga e con 50 milioni le proroghe a 24 mesi della cassa integrazione straordi-naria per cessazione di attività. Ma per la prima volta il legislatore in-troduce una misura di politica attiva finalizzata all’accompagnamento al lavoro dei disoccupati: il contratto di ricollocazione che sarà di lì a poco la principale misura di politica attiva delle Regioni più attive sul
(33) D.l. n. 54/2013, convertito dalla l. n. 85/2013, art. 4, comma 1.
(34) D.m. n. 83473/2014, decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze si sarebbe dovuto adottare en-tro 60 giorni, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta-to, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 19 di-cembre 2013, nonché delle competenti Commissioni parlamentari e sentite le parti sociali.
versante dell’ammodernamento dei servizi per il lavoro e, a seguire, dello Stato che ne stravolgerà i contenuti più qualificanti tra cui il carat-tere negoziale (36).
Il 2014 è l’anno del Jobs Act (37) che, tra l’altro, reca i criteri per la ri-scrittura della disciplina degli ammortizzatori sociali, sia conservativi sia conseguenti al licenziamento, in un’ottica di attivazione obbligatoria del soggetto beneficiario (38). La legge per controbilanciare la riduzione delle tutele in materia di licenziamenti che non superino il vaglio giudi-ziale (39) introduce principi per un nuovo sistema di servizi per il lavoro
e di politiche attive per il lavoro tra cui gli accordi per la ricollocazione (articolo 1, commi 3 e 4, lettera p). In questo contesto assai
significati-ve sono le norme sulla costituzione di un Fondo per le politiche attisignificati-ve presso l’Inps per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupa-zione involontaria (40) e quelle relative alla costituzione di una Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (Anpal). Il legislatore intro-duce un sistema assicurativo universale contro la disoccupazione invo-lontaria rivolto principalmente a chi ha perso il lavoro finalizzato a dare un sostegno economico limitato nella durata durante il periodo di ricer-ca attiva di una nuova occupazione.
In attuazione della legge delega, il decreto legislativo n. 22/2015 riscri-ve la disciplina degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria (Naspi) introducendo una prima disciplina del contratto di ricollocazione (articolo 17) abrogata e riscritta dopo pochi mesi. Nello stesso anno, sempre in attuazione della legge delega n. 183/2014, il de-creto legislativo n. 148/2015 introduce disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro che, come vedremo verranno di lì a breve sistematicamente
(36) Per l’evoluzione dell’istituto anche in relazione alle delibere Anpal si veda A.
OLIVIERI, Le tutele dei lavoratori dal rapporto al mercato del lavoro. Dalla
postmo-dernità giuridica verso la mopostmo-dernità economica?, Giappichelli, 2017, 191 ss. e qui la
corposa bibliografia. (37) L. n. 183/2014.
(38) P. BOZZAO, Gli ammortizzatori sociali nel sistema del jobs act: una visione
d’insieme, in DLM, 2015, 519; E.BALLETTI, D.GAROFALO (a cura di), La riforma
della cassa integrazione guadagni nel Jobs Act 2, Cacucci, 2016.
(39) Definendo in modo del tutto inappropriato la nuova disciplina del contratto di
la-voro “a tutele crescenti” (art. 1, comma 7, lett. c, l. n. 183/2014).
(40) Istituito dall’art. 1, comma 215, della l. n. 147/2013 e incrementato dall’art. 17 del
derogati. Mentre l’apparato della cassa integrazione e della Naspi è da subito pienamente operativo, del tutto carente si rivela nell’ambito dell’attuazione del Jobs Act l’implementazione del sistema delle
politi-che attive, la disciplina dei servizi per il lavoro e della condizionalità, introdotto con il decreto legislativo n. 150/2015. La riscrittura delle causali per la cassa integrazione straordinaria (articolo 21) (da notare l’abolizione della cassa integrazione per cessazione di attività: supera-mento di un vero e proprio ossimoro), la revisione dei limiti di durata della stessa (12, 24, 36 mesi nel quinquennio mobile a seconda della causale: si vedano gli articoli 4 e 22) e della Naspi – rapportata, quest’ultima, alla storia contributiva del lavoratore (articolo 5) – im-pongono alle parti sociali e alle istituzioni regionali che siedono ai ta-voli di crisi di negoziare misure di attivazione sin dal momento in cui si apre una crisi aziendale. Il grave ritardo accumulato sulla messa a pun-to di un efficace sistema dei servizi per il lavoro e delle politiche attive induce il Governo a correttivi e deroghe al sistema normativo appena varato (41) per fornire ai territori strumenti di risoluzione delle crisi aziendali all’interno del rapporto di lavoro. Del resto le imprese non as-sumono stabilmente se non hanno prospettive di crescita: gli incentivi economici introdotti dal Governo da soli non bastano (42). C’è poi il grande tema delle transizioni industriali: interi settori investiti dall’innovazione tecnologica comportano la necessità di predisporre strumenti che favoriscano queste transizioni, assolutamente inevitabili, che siano in grado anche di combattere le distorsioni e le patologie che esse comportano. Il legislatore appare consapevole di questa realtà e nel decreto legislativo n. 148/2015 introduce un regime transitorio (articolo
(41) Succede spesso nel nostro ordinamento che fatta una riforma si attivino
immedia-tamente i correttivi: analoga situazione si ebbe con la l. n. 223/1991 rispetto alla l. n. 236/1993 intervenuta solo due anni dopo a stravolgerne gli effetti. Ma gli esempi sono numerosi: penso alla disciplina del lavoro accessorio o a quella delle collaborazioni coordinate e continuative. Sul punto si veda P.ICHINO, Il problema della
semplifica-zione del diritto del lavoro, in www.pietroichino.it.
(42) F.SEGHEZZI, M.TIRABOSCHI, Non (solo) incentivi ma risposte di sistema, Boll.
ADAPT, 2017, n. 37. Secondo i dati Istat l’80% dei nuovi contratti nel 2017 è a tempo
determinato. Non a casa il primo atto del Governo Lega/M5S è il d.l. n. 87/2018, che si propone di abbattere la precarietà del lavoro attraverso l’ingessatura del contratto a tempo determinato. Per un primo commento della norma si veda M.MENEGOTTO, F.
SEGHEZZI, S.SPATTINI (a cura di), Misure per il contrasto al precariato: primo
com-mento al decreto-legge n. 87/2018 (c.d. decreto dignità), ADAPT University Press,
44, comma 6) che consente alle Regioni di proseguire l’erogazione di ammortizzatori sociali anche in deroga alla legislazione appena intro-dotta (43) mentre il decreto legislativo n. 150/2015 rinvia a dopo il refe-rendum costituzionale la normazione di aspetti cruciali sui servizi per il lavoro, come l’indicazione dei livelli essenziali di prestazione, l’atto di indirizzo politico all’Anpal, la titolarità dei centri per l’impego, le competenze in materia di politiche attive, la messa a sistema di efficaci misure di attivazione al lavoro dei percettori di un sostegno del reddito, la condizionalità dei trattamenti, la nozione di offerta congrua. Molti di questi provvedimenti arriveranno alla fine del 2017, a quasi due anni di distanza dalla legge delega, e alcuni nel 2018 come il decreto sulla no-zione di offerta congrua necessario per il buon funzionamento del prin-cipio di condizionalità delle politiche passive (44).
Alla fine del 2015, la legge di stabilità per il 2016 (45) dispone un ulte-riore incremento di 250 milioni di euro per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, dettando disposizioni che ne allunga-no la durata o ne consentoallunga-no la proroga anche in deroga anche al decre-to ministeriale n. 83473/2014 per tutdecre-to il 2016.
4. Il trattamento speciale per le “aree di crisi complessa”
Nel 2016, il c.d. “decreto correttivo” del Jobs Act (46) introduce per la
prima volta l’utilizzo di ammortizzatori in deroga per le aree di «crisi industriale complessa» (47). Dette aree, per effetto delle norme per esse
(43) La norma consente alle Regioni di derogare al d.m. n. 83473/2014 per tutto il
2015, in misura non superiore al 5% delle risorse ad esse attribuite dallo Stato, ovvero in eccedenza a tale quota disponendo l’integrale copertura degli oneri connessi a cari-co delle finanze regionali ovvero delle risorse assegnate alla regione dell’ambito di piani o programmi specifici.
(44) D.m. 10 aprile 2018. Da notare che il decreto ministeriale all’art. 10, comma 1,
rinvia l’attuazione del complesso meccanismo introdotto dal decreto sulla condiziona-lità, alla piena operatività del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro. (45) Art. 1, comma 304, l. n. 208/2015.
(46) Art. 2, comma 1, lett. f, n. 1, d.lgs. n. 185/2016, che introduce il comma 6-bis,
all’art. 44 del d.lgs. n. 148/2015 successivamente modificato dall’art. 55-quater,
comma 1, del d.l. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 96/2017. (47) Di cui all’art. 27 del d.l. n. 83/2012, convertito con modificazione dalla l. n.
mi-espressamente varate, aumenteranno a dismisura: entreranno via via a farne parte quella di Rieti (2014), Piombino (2014), Livorno (2016), Gela, Taranto, Trieste (2017), Venafro-Campochiaro-Boiano (2017), Val Vibrata-Valle del Tronto-Piceno (2016), Terni-Narni, Frosinone (2016), Savona (2018), Termini Imerese (2011 e 2014), Venezia. A queste si aggiungono nel 2017, Acerra, Porto Vesme e Porto Torres-Sassari.
Per queste aree il Governo (48) autorizza un ulteriore finanziamento per 12 mesi per nuovi trattamenti di cassa integrazione straordinaria in de-roga alla durata massima prevista dal decreto legislativo n. 148/2015, entro il limite massimo di spesa di 216 milioni di euro per l’anno 2016 e di 117 milioni di euro per l’anno 2017. Per essere ammessa all’ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria l’impresa deve presentare un piano di recupero occupazionale che preveda appo-siti percorsi di politiche attive del lavoro concordati con la regione e fi-nalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordina-ria né secondo le disposizioni del decreto n. 148/2015 né secondo le di-sposizioni attuative dello stesso. A tal fine è prevista la stipula di un ac-cordo in sede governativa presso il Ministero del Lavoro e delle politi-che sociali con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della Regione.
In questo periodo si assiste a un inedito protagonismo del Ministero dello sviluppo economico, che avoca a sé la gestione delle vertenze per licenziamenti collettivi aventi ad oggetto unità produttive ubicate in di-verse province della stessa regione o in più regioni: c.d. plurilocalizza-te. Si realizza nei fatti una unificazione di materie che, per connessione, dovrebbero essere trattate congiuntamente da un unico ufficio o dipar-timento congiunto dei due diversi Ministeri, lavoro e sviluppo econo-mico, che invece a stento dialogano tra loro.
L’unificazione – non degli uffici che si occupano delle crisi ma dei due Ministeri – verrà realizzata dal Governo Lega-Movimento 5 Stelle dopo
sura non superiore al 50% per trattamenti di cassa integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga alla legislazione vigente preferibilmente da destinare alle aree di crisi industriale complessa.
(48) Comma 11-bis inserito all’art. 44 del d.lgs. n. 148/2015 dall’art. 2, comma 1, lett.
f, n. 3, del d.lgs. n. 185/2016 e successivamente modificato dall’art. 3, comma 1, del
d.l. n. 244/2016, convertito con modificazioni dalla l. n. 19/2017, e dall’art. 3-ter,
le elezioni del marzo 2018. Il nuovo super Ministero del lavoro e dello sviluppo economico è affidato a un Ministro che è anche vice Primo Ministro, il quale non vede il mercato come un campo di gioco gover-nato dai principi della sana concorrenza ma come un luogo in cui si consumano abusi e in cui occorre intervenire pesantemente, con legge, per riequilibrare le posizioni delle parti. In questa direzione si muovono provvedimenti quali: il tavolo per la legge sui riders; la norma anti
de-localizzazioni; la gestione dei tavoli Ilva e Alitalia; la reintroduzione delle causali per i contratti a tempo determinato e per ila somministra-zione a termine con il c.d. decreto dignità (decreto-legge n. 87/2018). La spinta a rifinanziare ammortizzatori sociali in deroga arriva dal Mi-nistero dello sviluppo economico che gestisce vertenze di portata na-zionale: Alcoa, Ilva, Embraco, Ideal Standard, Termini Imerese/Blutec, Almaviva sono solo alcuni esempi di vertenze che coinvolgono mi-gliaia di lavoratori. Durante le vertenze tutti i protagonisti – imprese, sindacati e anche le istituzioni territoriali – chiedono misure per garan-tire la continuità occupazionale e mantenere la pace sociale in territori fortemente compromessi dalla crisi economica. Per queste vertenze non bastano le politiche attive per il lavoro, grande riforma incompiuta del Governo Renzi-Gentiloni, ma è necessario studiare un sistema integrato tra lavoro e sviluppo economico capace di tamponare l’emorragia di posti di lavoro (49). Ai tavoli di crisi gestiti al Ministero dello sviluppo economico, ai quali l’Anpal è sempre assente, si fatica a trovare rispo-ste. Si prova con la partecipazione azionaria dei lavoratori (Alcoa) (50); si prova a coinvolgere Invitalia, la società del Mise deputata a trovare nuovi partner e a promuovere contratti di sviluppo per il c.d. revam-ping; si prova a convincere i sindacati ad avere un atteggiamento
colla-borativo (Almaviva-Napoli) in cambio di finanziamenti aggiuntivi di ammortizzatori in deroga, ad abbandonare atteggiamenti conflittuali e sperimentare nuove soluzioni produttive (Idealstandard salvata grazie a
(49) T. TREU, Una seconda fase della flexsecurity per l’occupabilità, in q. Rivista,
2017, 597, parla di una “correzione di rotta” e di un cambio di paradigma in base al quale si attribuisce crescente rilievo alla flessibilità interna rispetto alla flessibilità esterna ai fini della retention, cioè diretta a rafforzare la continuità e la stabilità del
rapporto di lavoro.
(50) Il piano d’investimenti per il rilancio del sito di Portovesme, ammonta a circa 135
un progetto di circular economy finanziato con un contratto di sviluppo
di Invitalia). Si capisce che la separazione tra i dipartimenti dei due Ministeri (lavoro e sviluppo economico) che hanno competenze sulle vertenze, non aiuta a trovare soluzioni utili alla gestione delle crisi e si capisce anche che è necessaria la contaminazione tra chi è in grado di conoscere la geografia delle imprese e chi è in grado di progettare poli-tiche di inserimento al lavoro. Per questa ragione sarebbe stato oppor-tuno organizzare un dipartimento congiunto tra i due Ministeri, deputa-to alla gestione delle vertenze a rilevanza nazionale. Le somme stanzia-te per rifinanziare la cassa instanzia-tegrazione straordinaria per le aree di crisi complessa servono a negoziare misure di flessibilità interna capaci di garantire la stabilità del lavoro con l’obiettivo di arrivare a trovare nuo-vi acquirenti o a rilanciare un sito produttivo (51). Basti pensare che a marzo 2017 vengono autorizzate 6,3 milioni di ore (52) di cassa integra-zione. Ma è ancora necessario sostenere i disoccupati che non hanno trovato un lavoro. Per questa ragione nel 2017 il Governo autorizza (53) le Regioni a utilizzare le risorse residue per la cassa straordinaria di cui si è detto (54), per la prosecuzione, senza soluzione di continuità e a prescindere dall’applicazione dei criteri di cui al d.m. n. 83473/2014, del trattamento di mobilità in deroga, per un massimo di dodici mesi, per i lavoratori che operino in un’area di crisi industriale complessa e che alla data del 1° gennaio 2017 risultino beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, a condi-zione (questa volta) che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Molti pia-ni di politiche attive elaborati delle Regiopia-ni non sono attuati per man-canza di risorse e sovente sono limitati alla stipula del patto di servizio personalizzato o poco più (55).
(51) Un esempio deriva dal settore dei call center.
(52) Per effetto della progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici, a marzo 2018
gli interventi per cassa integrazione in deroga sono stati pari a 0,4 milioni di ore auto-rizzate con un decremento rispetto del 94% se raffrontati con marzo 2017: dati Fonte Inps report mensile marzo 2018.
(53) Art. 53-ter, d.l. n. 50/2017 convertito dalla l. n. 123/2017.
(54) Di cui all’art. 44, comma 11-bis, del d.lgs. n. 148/2015.
(55) I dati del monitoraggio Inps non sono disponibili perché protetti da privacy.
auto-5. Operazione reddito sicuro
Con la legge di bilancio per il 2018 (56) il Governo introduce due misu-re volte a garantimisu-re la continuità del misu-reddito: la prima pmisu-revede un finan-ziamento con soldi pubblici di una ulteriore deroga al limite della dura-ta massima della indennità di mobilità e della cassa integrazione straor-dinaria per riorganizzazione (di 12 mesi) o crisi aziendale (6 mesi) en-tro il monte massimo di 100 milioni di euro per ciascun anno per gli anni 2018 e 2019 (57); la seconda introduce la disciplina dell’accordo di ricollocazione per i lavoratori a rischio di disoccupazione. Sullo sfondo incombe il caso Alitalia con circa 3 mila esuberi (58).
Per ottenere la deroga è necessario un accordo stipulato in sede gover-nativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la pre-senza della Regione o delle Regioni interessate, nel caso di imprese con unità produttive coinvolte ubicate in due o più regioni diverse; il pro-gramma di riorganizzazione (59), deve essere caratterizzato da
investi-menti complessi non attuabili nel limite temporale di durata di venti-quattro mesi (60), ovvero qualora il programma di riorganizzazione aziendale (61) presenti piani di recupero occupazionale per la ricolloca-zione delle risorse umane e azioni di riqualificaricolloca-zione non attuabili nel medesimo limite temporale.
Per essere ammessa all’intervento, l’impresa deve presentare piani di gestione volti alla salvaguardia occupazionale che prevedano specifiche azioni di politiche attive concordati con la regione interessata, o con le regioni interessate nel caso di imprese con unità produttive coinvolte ubicate in due o più regioni. Alle medesime condizioni e nel limite del-le risorse finanziarie sopra indicate, può essere concessa la deroga al limite di durata dell’intervento di integrazione salariale straordinaria
rizzati, un sistema di informazioni tratto dai suoi archivi informatici, aggiornato in tempo reale, su coloro che sono percettori di qualsiasi trattamento di sostegno al red-dito o sussidio legato alla condizione sul mercato del lavoro.
(56) L. n. 205/2017.
(57) Si veda il comma 133 che aggiunge il comma 22-bis al d.lgs. n. 148/2015.
(58) Il ricorso all’accordo di ricollocazione di cui all’art. 24-bis del d.lgs. n. 148/2015,
è previsto nell’accordo sottoscritto al Ministero del lavoro lo scorso 23 aprile per la proroga della CIGS.
(59) Di cui all’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 148/2015.
(60) Di cui all’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 148/2015.
per crisi aziendale, sino al limite massimo di sei mesi, qualora il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi volti a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata di dodici mesi.
Con una disposizione dedicata esclusivamente alle aree di crisi indu-striale complessa (comma 140), al fine di salvaguardare il reddito dei lavoratori ubicati in dette aree, vengono finanziati con 34 milioni di eu-ro nuovi interventi di integrazione salariale straordinaria al di fuori del-le causali previste dall’articolo 21 del decreto del-legislativo n. 148/2015. A tal fine è necessario un accordo stipulato presso il Ministero del lavo-ro e delle politiche sociali con l’intervento del Ministelavo-ro dello sviluppo economico e della Regione competente, nell’ambito del limite di spesa complessivo stabilito dalla norma fino al limite massimo di dodici mesi e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2018. La norma condiziona l’accesso al trattamento economico alla presentazione da parte dell’impresa di un piano di recupero occupazionale che preveda percor-si specifici di politiche attive del lavoro concordati con la Regione e fi-nalizzati alla rioccupazione dei lavoratori, dichiarando contestualmente che non ricorrono le condizioni per la concessione del trattamento di integrazione salariale straordinaria secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 148/2015. Analoga disposizione è prevista per l’indennità di mobilità in deroga per la durata massima di 12 mesi per le aree di crisi industriale complessa esclusivamente a favore dei lavoratori che cessino la mobilità ordinaria o in deroga nel semestre dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2018, a condizione che a tali lavoratori siano conte-stualmente applicate misure di politica attiva, individuate in un apposi-to piano regionale, da comunicare al Ministero del lavoro e delle politi-che sociali e all’Anpal. Con riferimento alle aree di crisi industriale complessa, la norma introduce un’ulteriore ipotesi di “proroga in conti-nuità” per tutto il 2018 della cassa straordinaria e della mobilità in de-roga al fine del compimento dei piani di nuova industrializzazione, di piani di recupero o di tenuta occupazionale relativi a crisi aziendali in-cardinate presso le unità di crisi del Ministero dello sviluppo economi-co o delle regioni (economi-comma 139) (62). Nei limiti di spesa del 50% delle
(62) Su iniziativa del ministro Calenda il d.m. n. 44/2018 stanzia ulteriori 9 milioni di
ulte-risorse assegnate alle Regioni (63), la norma (comma 145) consente alle stesse di autorizzare – a seguito di specifici accordi sottoscritti dalle parti presso le unità di crisi del Ministero dello sviluppo economico per un periodo massimo di dodici mesi – le “proroghe in continuità” delle prestazioni di cassa integrazione guadagni in deroga concesse entro la data del 31 dicembre 2016 e durata fino al 31 dicembre 2017. Il sistema degli ammortizzatori sociali in deroga, quindi l’investimento pubblico in politiche passive, consente alle parti sociali, alle Regioni e al Mini-stero dello sviluppo economico (per le imprese plurilocalizzate) quando si chiede loro di gestire le vertenze per i licenziamenti collettivi, di mantenere la pace sociale soprattutto in aree geografiche difficili, come quelle di crisi industriale complessa.
6. Gli accordi di ricollocazione
Sempre nella legge di bilancio 2018 vengono introdotte disposizioni che destinano risorse a lavoratori che accettino la ricollocazione antici-pata presso altre imprese.
Per i lavoratori in cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione o crisi aziendale i servizi di politica attiva potranno scattare ancor prima del licenziamento grazie ad accordi di ricollocazione (64) siglati da im-presa e sindacati nel quale andranno indicati ambiti aziendali e profili professionali a rischio di esubero. In particolare, il comma 1 dell’articolo 24-bis, prevede che la procedura di consultazione
sindaca-le di cui all’articolo 24 del decreto sindaca-legislativo n. 148/2015, finalizzata all’attivazione dell’intervento straordinario di integrazione salariale nei casi di riorganizzazione o di crisi aziendale in cui non sia espressamen-te previsto il completo recupero occupazionale, possa concludersi con un accordo che preveda un piano di ricollocazione dei lavoratori, con l’indicazione degli ambiti aziendali e dei profili professionali a rischio di esubero. Tale accordo è da intendersi ammissibile in tutte le ipotesi
riori 12 mesi per le crisi incardinate presso il ministero per lo Sviluppo Economico per il compimento dei piani di nuova industrializzazione.
(63) A norma dell’art. 44, comma 6-bis, del d.lgs. n. 148/2015. La norma è di difficile
applicazione in quanto è ancora in fase di definizione la certificazione delle risorse residue di cassa in deroga che possono essere utilizzate dalle Regioni e che deve esse-re effettuata dall’Inps.
di consultazione sindacale a norma del citato articolo 24 del decreto le-gislativo n. 148/2015. Resta escluso il ricorso all’accordo di ricolloca-zione nel caso in cui l’intervento straordinario di integraricolloca-zione salariale sia determinato da contratto di solidarietà.
L’assegno è spendibile in costanza di trattamento straordinario di inte-grazione salariale al fine di ottenere un servizio intensivo di assistenza nella ricerca di un altro lavoro. Il servizio ha una durata corrispondente a quella del trattamento straordinario di integrazione salariale e comun-que non inferiore a sei mesi. Esso è prorogabile di ulteriori dodici mesi nel caso non sia stato utilizzato, entro il termine del trattamento straor-dinario di integrazione salariale, l’intero ammontare dell’assegno. Il passaggio del lavoratore a rischio disoccupazione ad altro datore di la-voro è fortemente incentivato: sia sul piano fiscale per il lavoratore (65) sia con sgravi contributivi per il datore di lavoro (66). Considerata la
(65) Il lavoratore che, nel periodo in cui usufruisce del servizio di assistenza intensiva
alla ricollocazione, accetta l’offerta di un contratto di lavoro con altro datore, la cui impresa non presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa del datore in essere, usufruisce di un duplice beneficio: l’esenzione dal reddito imponibile ai fini Irpef delle somme percepite in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, entro il limite massimo di nove mensilità della retribuzione di
riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Le eventuali ulteriori som-me pattuite nella stessa sede sono invece soggette al regisom-me fiscale applicabile ai sensi della disciplina vigente in relazione al titolo per il quale sono erogate; la correspon-sione, da parte dell’Inps e con le modalità definite dall’Istituto, di un contributo men-sile pari al 50% del trattamento straordinario di integrazione salariale che gli sareb-be stato altrimenti corrisposto. Con riferimento a tale ultimo sareb-beneficio, l’importo
spettante al lavoratore andrà calcolato applicando al periodo residuo previsto dal pro-gramma di riorganizzazione o crisi aziendale, la percentuale di ore integrate media-mente osservata nel periodo di fruizione.
(66) Al datore di lavoro che assume il lavoratore nel periodo in cui usufruisce