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2. STATO DELL’ARTE

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2. STATO DELL’ARTE

2.1. Caratteristiche dei fluidi MR

2.1.1. Aspetti qualitativi

La scoperta dei Fluidi Magnetoreologici e i primi studi sul loro comportamento è da attribuirsi a Jacob Rabinow ricercatore presso la US National Bureau of Standards alla fine degli anni quaranta. L’interesse per questi fluidi è cresciuto con il passare del tempo grazie alla loro capacità di creare un semplice e veloce legame tra un sistema meccanico e l’elettronica di controllo. I fluidi MR hanno oggi le potenzialità per poter cambiare radicalmente il modo di progettare e di operare dei dispositivi elettromeccanici.

Questi fluidi appartengono alla categoria dei cosiddetti materiali “intelligenti”, ovvero materiali le cui caratteristiche chimico fisiche possono essere controllate elettricamente. I fluidi MR riescono, infatti, a cambiare in maniera semplice, rapida e soprattutto in modo reversibile il loro comportamento reologico a seconda del campo magnetico che li attraversa. In assenza di questo, il fluido si comporta come un liquido di viscosità paragonabile a quella di un olio; mentre in seguito all’applicazione di un campo magnetico assume l’aspetto di solido gelatinoso. Il passaggio da uno stato all’altro è repentino ed avviene in pochi millisecondi.

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I fluidi MR sono costituiti da fini particelle polarizzabili, di materiale ferromagnetico in sospensione in un liquido di base, generalmente un olio, o in alcuni casi, una soluzione acquosa. Le particelle hanno un diametro compreso tra 1 e 10 µm.

Figura 2.1 Immagine ingrandita di un

fluido MR.

Figura 2.2 Diversa struttura del fluido MR, in assenza e in presenza di un campo

magnetico. Nella foto di sinistra, le particelle sono disperse in modo casuale all’interno del fluido. Nella foto di destra, invece, le particelle formano delle catene orientate, nella direzione del campo magnetico applicato.

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stato energetico di non equilibrio. Le particelle tenderanno, quindi, a muoversi e riordinarsi per riportare il sistema in una nuova configurazione di minima energia. Una disposizione energicamente favorevole è quella d’avere le particelle unite tra loro a formare delle catene parallele alle linee di flusso magnetico. All’aumentare del flusso queste catene si aggregano tra di loro per formare vere e proprie colonne. Tali colonne, riducendo la mobilità del fluido, sono responsabili del macroscopico aumento delle caratteristiche viscose del fluido e del suo apparente stato solido.

Figura 2.3 Le due immagini illustrano il diverso comportamento del fluido. Nella foto di

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2.1.2. Proprietà reologiche

La reologia è la scienza che studia le proprietà di scorrimento fluido dei materiali.

Le proprietà' reologiche dei fluidi MR dipendono fortemente dalla concentrazione e densità' delle particelle, dalla dimensione delle particelle, dalle proprietà' della fase continua, dagli additivi aggiunti al fluido, dal campo magnetico applicato, dalla temperatura, e da altri fattori secondari. L'interdipendenza di tutti questi fattori e' molto complessa, ma per la progettazione di dispositivi magnetoreologici è sufficiente stabilire delle metodologie per ottimizzare le prestazioni di questi fluidi per le specifiche applicazioni.

Lo strumento utilizzato per determinare le proprietà fondamentali dei fluidi MR è il reometro. Questo è un dispositivo costituito generalmente da due cilindri concentrici aventi una velocità angolare relativa. Nell’intercapedine tra i due organi rotanti viene inserito il fluido. Nell’ipotesi che lo spazio tra i due cilindri sia sufficientemente piccolo, se comparato al raggio dei cilindri, il flusso del fluido può essere considerato planare. Ordine di grandezza dello spessore del fluido è dell’ordine di alcuni decimi di millimetro, mentre i diametri dei cilindri sono dell’ordine di decine di centimetri. Inoltre è presente un circuito elettromagnetico in grado di generare un flusso magnetico ortogonale alle due superfici dell’intercapedine. Di solito generano campi magnetici fino ad un valore massimo dell’ordine di un Tesla. Il gradiente della velocità tangenziale è un parametro controllato, modificando sia lo spessore del gap tra le superfici, sia cambiando la loro velocità relativa. Sotto queste condizioni è possibile misurare la tensione di taglio del fluido, in funzione del flusso magnetico che attraversa lo strato di fluido.

In assenza di flusso magnetico, i fluidi MR mostrano un comportamento tipico dei fluidi Newtoniani. La tensione tangenziale ha un andamento lineare in funzione del gradiente della velocità tangenziale:

γ η τ = ⋅&

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g V y V = ∂ ∂ = ~ γ&

essendo V la velocità relativa tra le due superfici in movimento e g lo spessore del fluido.

L’approssimazione fatta è valida solo se g è molto piccolo rispetto ai diametri dei rotori dello strumento di misura. Sotto queste ipotesi è possibile considerare che andamento della velocità sia lineare all’interno dello strato di fluido.

Nella figura 2.4 è riportato l’andamento della tensione tangenziale in funzione del γ& per un fluido MR, quando non è applicato il campo magnetico e mantenuto a temperatura ambiente. La curva è del fluido MR, prodotto dalla LORD Corporation, preso come riferimento per la progettazione della frizione, oggetto del presente lavoro di tesi. Si osserva che il fluido ha un comportamento pressoché lineare e quindi la viscosità è una costante, indipendente dal gradiente di velocità tangenziale.

Quando invece viene applicato un campo magnetico, le particelle in sospensione si uniscono a formare delle catene parallele alle linee di flusso. La loro presenza contrasta il moto delle superfici. In particolare, per avere uno scorrimento relativo, occorre superare una certa soglia di forza tangenziale necessaria a rompere le catene. Quindi, durante un moto relativo, le colonne di particelle si rompono e si ricreano continuamente (vedi figura 2.5). Tale forza aumenta all’aumentare del campo magnetico applicato.

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Recenti studi fatti da Filisko e Henley hanno mostrato che il fenomeno di rottura e successiva ricreazione delle colonne di particelle non è l’effetto primario che avviene nei fluidi MR. Filisko e Henley sostengono che le catene si uniscono a formare strutture geometriche compatte, definite lamelle, che si assottigliano verso uno delle due superfici. Queste strutture aderiscono ad una delle due superfici. Durante il moto relativo le lamelle rimangono intatte e scorrono rispetto all’altra superficie, in corrispondenza delle proprie estremità (vedi figura 2.6). Quindi la forza tangenziale non è necessaria a rompere le catene, ma per vincere gli attriti che nascono dal movimento reciproco delle lamelle rispetto alla superficie su cui scorrono.

La tensione tangenziale del fluido MR presenta, quindi, un valore di soglia, dipendente dal campo magnetico applicato, sotto il quale non esiste alcuno scorrimento relativo tra le superfici. Questo valore è denominato yield stress.

La transizione dalla fase di non scorrimento (fase solida) a quella di scorrimento (fase liquida), dovuta ad un progressivo aumento del γ& , avviene ad un diverso valore della tensione tangenziale rispetto alla transizione inversa da liquido a solido. Entrambi i valori di tensione tangenziale hanno lo stesso ordine di grandezza. Lo yield stress associato alla trasformazione da solido a liquido è definito static yield stress τ , mentre quello associato all’oppostay,s trasformazione è definito dynamic yield stress τ . I due valori sono molto simili, may,d

Figura 2.6 Teoria dello scorrimento relativo tra due superfici,

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d y s y, τ ,

τ >

Il modello, che meglio approssima il comportamento di un fluido MR soggetto a campo magnetico esterno, è quello di Bingham, tipico dei materiali viscoplastici. La legge che regola il modello è la seguente:    ⋅ + = = γ η τ τ γ & & B y(H ) 0 ) ( ) ( H H y y τ τ τ τ ≥ <

dove τ è lo yield stress espresso in funzione del campo magnetico applicato al fluido.y

Per valori di τ < non si ha scorrimento e quindi il materiale MR si comporta come un solido.τy Se però si aumenta la tensione tangenziale fino a portarla a valori maggiori di τ il liquidoy incomincia a muoversi.

Figura 2.7 Confronto tra il modello

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Nelle relazioni che caratterizzano il modello viscoplastico, il simbolo η rappresenta laB cosiddetta " viscosità' di Bingham ".E' importante sottolineare che η non è la viscosità' di unB fluido di Bingham. Infatti l'espressione di tale viscosita' e' data dalla relazione:

( )

B y B y η γ τ γ γ η τ γ τ γ η = = + ⋅ = + & & & & &

La viscosità così definita viene anche detta viscosità dinamica apparenteη .app

Si può' osservare che, per un dato valore di campo magnetico, la viscosità' apparente di un fluido di Bingham varia al variare del gradiente della velocità tangenziale, e in particolare tende all'infinito con γ& tendente a zero. Un tipico andamento è riportato in figura 2.8.

La viscosità apparente equivale all’inclinazione dell’andamento della tensione tangenziale in funzione del γ& . In presenza di un dato campo magnetico, quindi, all’aumentare del γ& si ha una progressiva diminuzione dell’inclinazione, ottenendo così un comportamento non lineare del materiale MR e un successivo appiattimento della curva. Tale fenomeno risulta molto più evidente per bassi valori di campo. Per alti valori dell’induzione magnetica, il valore dello yield

stress diventa preponderante rispetto al termine contenente γ& . La tensione tangenziale diventa

Figura 2.8 Tipico andamento della viscosità in funzione

del gradiente di velocità per un dato valore di campo magnetico.

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Come si osserva dalla figura 2.9 i fluidi magnetoreologici riescono ad avere valori di yield stress dinamico notevolmente elevati, dell'ordine di 50-100 kPa con valori d’induzione magnetica dell'ordine di 150-250 kA/m. Il valore di yield stress e' limitato, per i fluidi magnetoreologici, dalla saturazione magnetica. É importante notare che il valore dello yield stress dinamico non è una grandezza direttamente misurabile, ma può essere ottenuta estrapolando dal grafico il valore di τ & per (γ) γ& =0.

Nella progettazione di dispositivi elettromeccanici, che fanno uso di fluidi MR, e’ di fondamentale importanza conoscere la relazione che intercorre tra lo yield stress e il campo magnetico applicato. In figura 2.10 è riportato l’andamento dello yield stress in funzione dell’induzione magnetica, sempre per il fluido MR, utilizzato per lo sviluppo della frizione.

Figura 2.9 Andamento della tensione tangenziale in

funzione del gradiente di velocità per vari valori di induzione magnetica.

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Un interessante studio sulla dipendenza tra la concentrazione del particolato, le tensioni tangenziali e la viscosità del fluido è stato condotto da R. T. Foister.

Un aumento della percentuale in volume del particolato provoca un aumento dello yield stress a parità di campo di induzione magnetica nel fluido magnetoreologico. A tale aumento di percentuale in volume, però, segue un aumento, della viscosità del fluido. Di seguito sono riportati i grafici dello yield stress al variare della percentuale in volume di particelle (con un campo di induzione magnetica di 1 T) e della viscosità in assenza di campo magnetico al variare della percentuale in volume di particelle presenti in un fluido magnetoreologico.

Figura 2.10 Yield stress in funzione dell’induzione magnetica per il fluido MR

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Mentre lo yield stress può essere raddoppiato aumentando la percentuale in volume di particolato da 0.1 a 0.45, la viscosità in questo intervallo va da 15 a 200 centipoise.

Foister dimostra che una soluzione per aumentare il valore di yield stress di un fluido magnetoreologico per un certo valore di flusso magnetico, senza aumentare drammaticamente la viscosità a campo di induzione magnetica nullo è quella di utilizzare un fluido con una

Figura 2.10 Yield stress in funzione del

volume di particolato per un fluido MR.

Figura 2.11 Viscosità in funzione del volume

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meglio quanto, l’aumento della concentrazione del particolato, influisca sulle prestazioni dei dispositivi è essenziale introdurre il Rapporto Dinamico (Turn-up Ratio). Come precedentemente definito il Rapporto Dinamico esprime il rapporto tra la massima coppia ottenuta in uscita da un dispositivo magnetoreologico e la coppia di uscita dallo stesso dispositivo, con campo magnetico nullo. Nella progettazione di dispositivi magnetoreologici si tende, generalmente, a massimizzare tale rapporto, rendendo così trascurabile la coppia residua a campo magnetico nullo. Per un fluido magnetoreologico monomodale, un aumento della percentuale in volume della fase dispersa provoca una diminuzione del Turn-up Ratio, perché l’incremento percentuale dello yield stress, all’aumentare della percentuale in volume di particolato è inferiore all’incremento percentuale con cui cresce la viscosità del fluido a campo nullo.

Nei fluidi magnetoreologici bimodali, si osserva un netto aumento del Turn-up Ratio all’aumentare della percentuale di particolato. In figura viene presentato un grafico, ottenuto da Foister, che mostra la variazione dello yield stress per un fluido magnetoreologico sottoposto ad un campo di induzione magnetica di 1T, in funzione della viscosità per sospensioni monomodali

Figura 2.12 Yield stress in funzione della

viscosità, per diversi valori del campo magnetico applicato e per fluidi MR bimodali aventi diverse concentrazioni delle dimensioni del particolato.

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volume di particelle è mantenuta costante al valore di 55% del volume totale di fluido magnetoreologico.

La principale azienda produttrice di fluidi magnetoreologici commerciali è la LORD

Corporation.

In seguito sono riportate le proprietà reologiche dei principali quattro fluidi prodotti dall’azienda. La composizione base di questi fluidi è presentata nella tabella 2.1.

Le prestazioni magnetoreologiche dei quattro fluidi presi in esame sono state misurate con un reometro sperimentale formato da due piatti paralleli del diametro di 46 mm con un gap di 1 mm. Il reometro è in grado di applicare un campo di induzione magnetica superiore ad 1 Tesla attraverso il campione di fluido magnetoreologico. La figura seguente illustra l’andamento della tensione tangenziale che si ottiene, in funzione della densità di flusso magnetico, ad una velocità di deformazione di 26

s

−1.

Il valore della tensione tangenziale, essendo γ& basso, è approssimativamente uguale al valore di soglia del fluido. Dalla figura 2.13 si osserva che quando l’intensità del flusso è medio bassa la

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75 . 1 H y ∝ ≅τ τ

In tutte le formulazioni dei fluidi magnetoreologici, la viscosità del fluido in assenza di campo magnetico e funzione principalmente della fase continua e della percentuale in volume di particelle in esso sospese.

La viscosità dei quattro fluidi analizzati è stata misurata con un reometro TA Instrument CS500 utilizzante una geometria a cono e piatto (40 mm di diametro e 1° di angolo del cono). In figura sono mostrate le viscosità dei quattro fluidi magnetoreologici presi in esame in funzione della velocità di deformazione. La viscosità non dipende strettamente dalla percentuale in volume di ferro presente, quanto piuttosto dal tipo di composizione chimica del liquido portante. Per bassi valori di γ& le viscosità dei fluidi analizzati assumono un andamento a legge di potenza i cui indici sono compresi tra 0.75 e 1. Mentre per alti valori di γ& le viscosità tendono ad avere un comportamento asintotico, il cui valore dipende principalmente dalla percentuale in volume di ferro presente e dalla viscosità del liquido portante.

Figura 2.13 Tensione tangenziale in funzione del campo magnetico,

per i quattro fluidi presi in esame, per un valore del gradiente di velocità pari a 26 s-1.

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Figura 2.14 Andamento della viscosità in funzione del gradiente di

velocità, in assenza del campo magnetico ad una temperatura di 25°, per i quattro fluidi presi in esame.

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2.1.3. Proprietà magnetiche

La conoscenza delle caratteristiche magnetiche di un fluido magnetoreologici è essenziale per la progettazione dei dispositivi, perché sono parte integrante del circuito magnetico e sono l’elemento che offre la più grande riluttanza. Le curve di induzione magnetica dei quattro fluidi della LORD Corporation, analizzati, sono riportate in figura 2.15.

Come si può osservare l’ordine ascendente delle curve corrisponde ad un aumento della percentuale in volume di ferro nel fluido. L’andamento è pressoché lineare per valori di campo magnetico applicato superiori a 0.02/µ A/m, dove:0

10-2 10-1 100 10-2 10-1 100 0 0.2 0.4 0.6 0.8 0.2 0.4 0.6 0.8 µoH (T) Β−µ o H (T) 10-3 µoH (T) B (T) 1

Figura 2.15 Andamento della densità di flusso in funzione

dell’induzione magnetica applicata, per i quattro fluidi presi in esame. Ordine ascendente delle curve corrisponde ad una maggiore percentuale in volume del materiale

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ed è la permeabilità nel vuoto.

Nel grafico presentato si vede facilmente che la permeabilità di un fluido magnetoreologico è relativamente costante. Essa varia da 5 a 9 volte la permeabilità nel vuoto. La completa saturazione, per i fluidi magnetoreologici presentati, compare per campi magnetici superiori a

A/m /

4 .

0 µ0 .La polarizzazione (Bµ0H) di saturazione di un fluido magnetoreologico risulta

s

J

φ Tesla, dove

φ

è la percentuale in volume di particelle nel mezzo continuo e

J

s è la densità di polarizzazione di saturazione del particolato. Per esempio un fluido contenente il 30% in volume di ferro (Js =2.1Tesla) satura a circa (0.3)x(2.1)=0.63 Tesla. L'isteresi che può essere osservata è trascurabile ed in certi casi non apprezzabile.

In figura 2.16 è riportato la curva caratteristica B-H del fluido MR, prodotto sempre dalla LORD

Corporation, impiegato nel nuovo componente sviluppato.

Figura 2.16 Andamento della densità di flusso in funzione

dell’induzione magnetica per il fluido MR fluido MR MRF-241ES della LORD Corporation.

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2.1.4. Tempi di risposta

I fluidi magnetoreologici, sotto l’azione di un campo magnetico, sono in grado di cambiare il loro comportamento reologico in un intervallo di tempo dell’ordine di alcuni millisecondi. Nei dispositivi, che sfruttano i fluidi MR, tale intervallo di tempo non rappresenta però l’unica fonte di ritardo tra il segnale d’ingresso e l’uscita desiderata. I tempi di risposta sono, infatti, influenzati anche dalle caratteristiche costruttive del sistema e dall’abilità di creare un adeguato campo magnetico.

Un interessante studio sui tempi di transizione del fluido, attraverso una simulazione dinamica, è stato condotto da alcuni ricercatori della North Carolina State University [9].

All’inizio le particelle formano delle corte e frammentarie catene orientate nella direzione del campo applicato. In seguito queste corte catene si uniscono tra loro per formare catene più lunghe. Con il passare del tempo queste catene continuano a crescere fino a raggiungere uno stato stazionario, in cui non sono osservabili sensibili variazioni della struttura.

Figura 2.17 Simulazione nel tempo del comportamento delle particelle,

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Il tempo necessario per ordinare il particolato in colonne orientate è strettamente legato sia al intensità dell’induzione magnetica applicata sia al rapporto in volume delle particelle nel fluido.

Dalla figura 2.18 si osserva che, per un dato valore di campo magnetico, il tempo necessario alle particelle di formare una struttura stabile è inversamente proporzionale alla concentrazione di queste nel fluido.

I risultati, sul tempo di risposta della microstruttura, sono stati ottenuti in modo indiretto misurando in tempo reale la permeabilità del fluido. In figura 2.19 sono riportati i risultati ottenuti per diversi valori del rapporto in volume.

Figura 2.18 simulazione della struttura di un fluido MR in assenza e in

presenza di un campo magnetico per diverse concentrazioni del particolato.

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I dati sono stati interpolati su un andamento esponenziale del tipo: C e A t mu t t + − ⋅ = (1 − ) ) ( 1

dove t1 è la costante di tempo magnetica.

Figura 2.19 In rosso sono riportati i risultati sperimentali

della permeabilità relativa in funzione del tempo, per diversi valori di concentrazione del particolato. Mentre in blu sono riportate le curve interpolanti.

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Questa costante di tempo risulta inversamente proporzionale al rapporto in volume del particolato e al quadrato dell’induzione magnetica. Una legge che approssima questo comportamento e stata introdotta da M.R. Jolly.

2 2 1 1 C H C t n K c + ⋅ ⋅ ≅ φ− µ η

dove η è la viscosità del fluido portante, c µ è la permeabilità delle particelle e n è una costantek molto prossima all’unità. In figura 2.20 e riportato l’andamento di t1 per un valore di induzione

magnetica pari a 0.8E4 A/m.In blu sono riportati i dati della simulazione e in rosso l’andamento ricavato dalla legge sopra riportata, per un valore di n pari a 0.95.

Figura 2.20 Andamento della costante di tempo in funzione del

rapporto in volume del particolato. In rosso è riportato l’andamento approssimato con la legge di M.R. Jolly.

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2.1.5. Temperatura di funzionamento

I fluidi magnetoreologici sono in grado di operare, generalmente, in un range di temperatura compreso tra i -40 °C e i 150 C. Per questi fluidi l'elemento limitante sono le proprietà' della fase continua. In particolare se si utilizzano fluidi MR a base acquosa la massima temperatura di funzionamento è inferiore ai 100 °C.

In figura 2.21 è riportato l’andamento dello yield stress dinamico in funzione della temperatura per tre diversi valori dell’induzione magnetica. Solo una piccola variazione dello yield stress dinamico è osservabile nell’intero range di temperatura. Tale alterazione è da attribuirsi al cambiamento del rapporto in volume del particolato, causato dall’espansione e dalla contrazione del liquido portatore al variare della temperatura.

Figura 2.21 Oscillazioni del valore dello yield stress in funzione della

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2.1.6. Compatibilità con altri materiali e sedimentazione

I fluidi magnetoreologici presentano una certa abrasività che limita la durata delle parti del dispositivo a contatto con il fluido. Tale abrasività dipende da un numero di fattori associabili: al fluido magnetoreologico impiegato, al tipo di materiale con cui questo entra in contatto e alle scelte costruttive utilizzate per realizzare il dispositivo. D’altra parte un fluido magnetoreologico possiede proprietà' lubrificanti. Alcuni coefficienti di attrito relativi al contatto tra due materiali e lubrificati dai quattro fluidi magnetoreologici della LORD Corporation, sono riportati nella tabella 2.2.

I dati riportati sono stati misurati mediante un reometro Instron Model 4204, con una velocità di scorrimento di 2.6 mm/s e con forze normali variabili tra 10 N e 20 N (in assenza di campo magnetico). Si può vedere che la presenza del fluido magnetoreologico riduce il coefficiente d’attrito di un fattore che va da due a tre, rispetto al caso di contatto secco. Tuttavia è stata notata una scarsa riproducibilità delle misure; ciò è da attribuirsi alla complessità delle proprietà reologiche dei fluidi mangetoreologici, che rendono il coefficiente d’attrito dinamico funzione contemporaneamente della velocità' di traslazione e dello spessore del film.

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Inoltre nella tabella 2.3 è riportata la compatibilità dei quattro fluidi magnetoreologici, in esame, con i materiali utilizzati per le tenute.

Come ogni sospensione di particelle microscopiche in un mezzo fluido a densità' diversa, anche un fluido magnetoreologico è soggetto a sedimentazione. Per certe applicazioni, come freni o frizioni frequentemente utilizzate, il problema della sedimentazione è trascurabile perché il fluido è in continuo movimento; viceversa per altre applicazioni, come smorzatori sismici la sedimentazione è un grosso problema. Nella tabella 2.4. sono riportate le velocità di sedimentazione dei quattro fluidi.

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Per la prova il fluido è stato posto in un recipiente graduato di vetro e lasciato sedimentare per un tempo superiore alle cinque settimane a temperatura ambiente. È interessante notare che, maggiore è la percentuale in volume di fase dispersa, minore è la velocità di sedimentazione. In generale, come per i fluidi elettroreologici, la sedimentazione dipende dalle caratteristiche reologiche della fase continua, dalla superficie delle particelle, e dalla presenza di agenti attivi su di essa.

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2.1.7. Vita utile

La vita utile per i fluidi MR è strettamente legata alle specifiche condizioni di utilizzo. In ogni caso, dopo un periodo di utilizzo, tutti i fluidi mostrano un certo grado di deterioramento. Questo deterioramento si manifesta con un addensamento del fluido, che provoca la perdita delle caratteristiche Newtoniane del liquido MR in assenza di campo magnetico applicato. Tale fenomeno dipende generalmente: dal gradiente della velocità tangenziale, dalla temperatura a cui lavoro il fluido e dalla durata dell’operazione.

La LORD Corporation, per valutare la vita utile dei suoi fluidi per una particolare applicazione, consiglia di adoperare la misura della lifetime dissipepated energy (LDE):

⋅ ⋅ = life dt P V LDE 0 1

LDE rappresenta una stima dell’intera energia meccanica convertita in calore, nell’unita di

volume di fluido MR, durante l’intera vita del dispositivo.

P rappresenta la potenza meccanica istantanea convertita in colore, mentre V rappresenta il

volume occupato dal fluido MR all’interno della macchina.

I migliori fluidi MR attualmente in commercio riescono a sostenere una LDE dell’ordine dei 107 J/cm3. Per valori superiori il sistema diventa poco controllabile a causa dell’addensarsi del liquido.

Generalmente la vita di sistemi rotativi risulta più breve rispetto a quelli lineari. Freni e frizioni rotanti vengono realizzati impiegando un limitato volume di fluido. Tale liquido è inoltre sempre tutto utilizzato per rispondere al compito per cui è stato progettato. Al contrario i dispositivi lineari, quali ad esempio gli smorzatori dinamici, contengono una quantità di fluido molto maggiore rispetto a quella, che in un dato momento, è necessaria per far funzionare correttamente il sistema. In questo modo nei dispositivi lineari l’energia meccanica dissipata può essere suddivisa su un volume maggiore di fluido diminuendo così il valore della LDE.

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2.2. Criteri di dimensionamento per dispositivi a fluidi MR

2.2.1. Tipologie di scorrimento del fluido

I dispositivi, che impiegano fluidi magnetoreologici, possono essere divisi in tre diverse categorie. Ogni categoria è caratterizzata da un differente modo di scorrimento del fluido all’interno delle superfici, che lo contengono.

La prima tipologia di scorrimento è denominata Shear Mode. In questo caso le superfici, che delimitano il gap di fluido, possiedono un moto relativo di tipo tangenziale e il campo magnetico applicato è ortogonale allo scorrimento; come schematizzato in figura 2.22. Questa tipologia è particolarmente indicata per la realizzazione di freni o frizioni.

Essendo lo sviluppo e la progettazione di una nuova tipologia di frizione, l’argomento centrale di questa tesi, questa soluzione sarà sviluppata in modo approfondito nei prossimi paragrafi.

Nella seconda tipologia di scorrimento, denominata Flow Mode le superfici sono tra loro fisse mentre è il fluido che scorre rispetto ad esse. Anche in questa situazione il campo magnetico è

Figura 2.22 Modalità di scorrimento Shear

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Infine la terza tipologia di scorrimento è denominata Squeeze Mode. Le due superfici possiedono un moto relativo normale al film di fluido e le linee di campo magnetico sono parallele allo spostamento relativo delle superfici(figura 2.24). Questa terza tipologia, pur essendo meno utilizzata rispetto alle altre due, è impiegata negli smorzatori di vibrazioni che richiedono corse di piccolissima ampiezza.

Figura 2.23 Modalità di scorrimento Flow

Mode.

Figura 2.24 Modalità di scorrimento Squeeze

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2.2.2. Parametri di progettazione per dispositivi a tipologia Shear Mode

Il comportamento di un fluido magnetoreologico sottoposto l’azione di un campo magnetico, come precedentemente illustrato, è caratterizzato dal modello dei materiali viscoplastici di Bingham:    ⋅ + = = γ η τ τ γ & & B y(H ) 0 ) ( ) ( H H y y τ τ τ τ ≥ <

Nei dispositivi a geometria Shear Mode, il comportamento altamente viscoso del fluido MR, sottoposto all’azione di un campo magnetico, limita fortemente il movimento relativo tra le due piastre. La forza esterna che deve essere imposta sul sistema per mantenere il movimento relativo deve essere del tipo:

A

F =τ⋅

essendo τ ≥ e A, l’area di contatto tra il fluido e una delle due superfici (superficie attiva delτy sistema).

Per come è definita la tensione tangenziale dei fluidi MR, la forza F può essere pensata come somma di due termini: uno di tipo viscoso e uno dipendente dall’induzione magnetica.

A H g A S H F F F = η + τ( )=η⋅ ⋅ +τy( )⋅ (1)

dove S è la velocità di scorrimento, g lo spessore del meato di fluido e η la viscosità del fluido in assenza di campo magnetico.

Nel determinare la forza F per un dato valore di induzione magnetica, il termine viscoso è trascurabile rispetto al secondo termine. Generalmente esistono due ordini di grandezza di

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Ad esempio, se il dispositivo è composto da due piastre piane di 1cm2 distanti tra loro 1mm, una velocità relativa di 0.5m/s, con il fluido MR impiegato è quello della Lord Corporation precedentemente caratterizzato e si applica un induzione magnetica di 100kA/m, è possibile calcolare i due termini della forza, necessaria a mantenere inalterato il moto del sistema.

Conoscendo la velocità e lo spessore del meato si ricava che:

[ ]

s g S / 1 500 = = γ&

Noto il gradiente di velocità utilizzando il grafico relativo alla viscosità del fluido in funzione di γ& si ricava una η ≅ 60. Pas; mentre dal grafico relativo allo yield stress in funzione di H si ricava una valore di soglia di τy ~=45kPa. I due termini della forza assumeranno quindi un valore pari a: N F F F 1 10 45 10 1 10 0.03 4.5 4.53 10 1 5 . 0 6 . 0 4 3 4 3 ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ = + = ⋅ ⋅ = + = − − − τ η

La differenza tra i due è evidente.

Un parametro importante per la progettazione di una frizione o di un freno magneto-reologico è il rapporto dinamico (o di coppia controllata) λ .Tale rapporto esprime il rapporto tra la forza (o la coppia) nominale e quella campo nullo.

0 F FN

= λ

Dalle considerazioni fatte precedentemente sulla forza F il rapporto dinamico può anche essere portato nella forma:

τ τ η λ F H F F H F F F H FN ( ) ( ) ) 0 ( ) ( ≅ + = =

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Il rapporto di coppia controllata è una misura del range di coppia in cui il dispositivo può essere controllato. In genere si desidera che tale rapporto sia il piu’ alto possibile, cioè che la coppia a vuoto sia la più trascurabile possibile in funzione della coppia a campo applicato. Al fine di non incorrere in costi eccessivi di realizzazione del dispositivo è sufficiente verificare che il rapporto di coppia controllata effettivo sia superiore, o al limite uguale, a quello desiderato:

Desiderato N Effettivo N T T T T     ≥     0 0

In base alla scelta del rapporto dinamico desiderato e della potenza richiesta:

S F WR = τ ⋅

Rielaborando algebricamente l’espressione (1) è possibile determinare il minimo volume di fluido utile all’applicazione richiesta dal sistema.

R y W V ⋅ ⋅       = λ τ η 2

da questo è anche possibile determinare lo spessore del gap necessario.

S A F A V g y τ λ τ η         = = 2 S y ⋅ ⋅         = λ τ η

Una volta stabilito il valore del rapporto controllato che si vuole ottenere, il tipo di fluido che si vuole utilizzare e la potenza meccanica che il nostro freno/frizione deve dissipare, possiamo

(32)

Un’osservazione rilevante è che, mentre il volume utile dipende dal rapporto tra la viscosità e il quadrato dello yield stress ( / 2)

y

τ

η , i vincoli geometri dipendono solo da η / . Un altroτy parametro utilizzato nella progettazione è proprio l’inverso del primo rapporto:

η τ2

1 y

F =

Massimizzare F1 provoca una diminuzione delle dimensioni e dei pesi dell’intero dispositivo. È da notare che tale rapporto è funzione del gradiente di velocità tangenziale. In figura 2.25 sono riportati gli andamenti di F1 per i quattro fluidi della Lord Corporation analizzati.

All’aumentare dello Shear Rate si verifica un progressivo aumento del parametro F1, dovuto principalmente a una diminuzione della viscosità. Progettare dispositivi che hanno un range di funzionamento spostato verso alti valori di Shear Rate permette di realizzarli meno ingombranti e più leggeri.

Figura 2.25 Andamenti di F1 per i quattro fluidi della Lord

(33)

La tipologia di scorrimento dei fluidi magnetoreologici a Shear Mode è particolarmente indicata per trasmettere, in modo controllato, energia meccanica tra l’organo d’ingresso e quello d’uscita nelle frizioni. Generalmente le frizioni che sfruttano questo principio si presentano divise in due diverse configurazioni geometriche. Nella prima configurazione i rotori d’ingresso e d’uscita della frizioni sono costituiti da dischi, di ugual diametro, affacciati e nella cui intercapedine è contenuto il fluido MR. Nella seconda configurazione, invece, le due parti rotanti sono composte da cilindri di diverso diametro concentrici e nello spazio compreso è inserito il fluido. Nelle figure successive sono schematizzati i due diversi principi di funzionamento delle frizioni a fluidi MR.

Per quanto riguarda la soluzione a dischi, l’espressione della tensione tangenziale del fluido, in funzione dei parametri geometri riportati in figura, sarà:

) ( ) ( 2 1 H s r y τ ω ω η τ = ⋅ ⋅ − +

essendo ω − la velocità relativa tra i due dischi.ω

Figura 2.26 Configurazione a

dischi affacciati.

Figura 2.27 Configurazione a

(34)

In base a quanto descritto precedentemente, la coppia nominale può essere calcolata trascurando il termine viscoso della tensione tangenziale. Di conseguenza l’espressione della coppia nominale in funzione dei parametri geometri diventa:

(

3 3

)

0 2 ( ) 3 2 2 ) ( 0 i y R R y N H r dr H R R T i − ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ =

τ π π τ

Al contrario, la coppia a campo nullo tiene conto solo del termine viscoso. È importante osservare che tale termine dipende da r e in particolare la tensione tangenziale cresce in modo lineare all’aumentare di r. Come diretta conseguenza l’espressione della coppia a campo nullo ha una diversa dipendenza dai parametri geometrici rispetto a quella nominale.

(

4 4

)

0 1 2 3 1 2 0 ( ) 2 1 2 ) ( 0 i R R R R s dr r s T i − ⋅ − ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ − ⋅ =

η ω ω π π η ω ω

L’espressione del rapporto dinamico diventa quindi:

4 4 0 3 3 0 1 2 0 3 ( ) ) ( 4 i i y N R R R R H s T T − − ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = = ω ω η τ λ

Analoghe considerazioni possono essere fatte per la configurazione geometrica a cilindri. In questo caso se il meato, in cui è contenuto il fluido, è piccolo rispetto al diametro dei due cilindri, la tensione tangenziale del fluido può essere considerata indipendente da r.

) ( ) ( 0 1 2 H R R R y i m ω ω τ η τ + − − ⋅ ⋅ = dove 2 0 i m R R R = +

(35)

2 0 2 0 ) ( ) ( 2 2 ) ( m y i L y N H R dl H L R R T =

τ ⋅ π⋅ =π ⋅τ ⋅ ⋅ +

mentre la coppia a campo magnetico nullo è:

2 2 0 2 2 0 1 2 2 0 0 1 2 0 2 4 ( ) ) ( i i m L i m R R R R L dl R R R R T i − ⋅ ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅ =

η ω ω π π η ω ω

infine il rapporto dinamico per questo tipo di configurazione risulta:

2 2 0 2 2 0 2 1 2 0 ) ( ) ( ) ( 8 ) ( i i i o y N R R R R R R H F F ⋅ − + ⋅ − ⋅ ⋅ = = ω ω η τ λ

Gli attuali dispositivi a fluidi MR ricercano, generalmente, soluzioni costruttive che impiegano più dischi o cilindri per trasmettere la coppia desiderata. Un criterio per valutare quale, tra le due configurazioni analizzate, sia di preferibile utilizzo è quello di determinare la coppia che sono in grado di generare a parità di volume, occupato dai dischi o dai cilindri.

Il volume utile (vedi figura 2.28 ) potrà essere occupato da “m” piatti oppure “n” cilindri. Se g è lo spessore del gap ed s è quello del disco/cilindro si ottiene che:

) ( 2 g s H m + = ) ( 2 Re s g Ri n + − =

(36)

La coppia risultante dagli m piatti o dagli n cilindri che occupano il volume, sarà la somma delle coppie generate dalle singole superfici attive:

) (Re ) ( 3 2 3 3 Ri s g H TDTOT − + = πτ per i dischi

+ − =               + − ⋅ ⋅ +       + − ⋅ ⋅ =2( ) Re 0 2 2 ) ( 2 Re 2 ) ( 2 Re 2 s g Ri N CTOT g s s N H s g N H T πτ πτ per i cilindri

Volendo comparare tra di loro le due equazioni, è possibile non considerare sia l’altezza H che la tensione tangenziale τ in quanto elementi moltiplicativi in entrambe le equazioni. Fissati i valori

Figura 2.28 Volume utile occupato da m dischi o da n

(37)

Risulta evidente che la configurazione a cilindri è in grado di fornire una coppia maggiore per ogni valore di Re e di H (questo è vero anche al variare di g, s ed Ri).

Un altro vantaggio circa l’adozione del rotore a cilindri piuttosto che a dischi, è rappresentato dalla maggiore semplicità di montaggio dell’intero dispositivo. Adottare una configurazione a dischi significa infatti realizzare un pacco di dischi alternati ad anelli distanziali con una trasmissione di coppia, tra albero e carcassa, per attrito coulombiano tra gli anelli distanziali. Il tutto produce un grosso precarico sull’albero che risulta quindi di diametro maggiore rispetto alla configurazione a cilindri.

Figura 2.29 Andamento delle coppie TDTOT e TCTOT

(38)

2.2.3. Comportamento di transizione per un fluido MR impiegato per trasmettere una coppia

Le frizioni utilizzano i fluidi magnetoreologici per trasmettere e controllare la potenza meccanica tra l’organo ingresso e quello d’uscita. Se la trasmissione avviene senza che esista movimento relativo tra i due organi allora il fluido MR assume un comportamento simile a quello di un solido. Per stato solido si vuole sottolineare il fatto che le colonne di particelle ferromagnetiche si tendono ma non si rompono. Al contrario se gli organi rotativi possiedono un movimento relativo le colonne del fluido sono rotte e quindi lo stato in cui si trova il fluido MR è completamente diverso dal quello solido. Questa nuova situazione si definisce stato liquido del materiale MR. Da queste considerazioni è possibile estrapolare due parametri interessanti per il dimensionamento di queste tipologie di frizioni: la massima coppia statica (Tmaxstat ) e la minima coppia dinamica (Tmindyn).

Il primo parametro rappresenta la massima coppia che il fluido MR è in grado di trasmettere prima che le catene al suo interno si rompano e si crei un movimento relativo tra l’ingresso e l’uscita della frizione.

Il secondo parametro rappresenta, invece, la minima coppia che può essere trasmessa, durante il funzionamento con scorrimento relativo. Per valori inferiori a tale coppia, le colonne di particelle, all’interno del meato di fluido, si riformano e il sistema assume un comportamento senza moto relativo tra le superfici.

Un interessante studio sperimentale su questo fenomeno è stato condotto da D. Lampe ricercatore presso Dresden Universty of Technology [20]. Lo scopo della ricerca è quello di quantificare l’intensità delle due coppie. Questi valori sono determinati in funzione del campo magnetico.

(39)

Per le prove sperimentali è utilizzata una frizione a dischi con due superfici attive aventi entrambi un gap di 1.75 mmin cui è contenuto un fluido MR della Lord Corp; come mostrato in figura 2.30. Il sistema è in grado di registrare, alla frequenza di 50Hz, il tempo, le correnti nelle bobine, la coppia e la rotazione del rotore, rispetto alla posizione iniziale. La coppia in ingresso è fornita da un servomotore e varia nel tempo secondo la legge mostrata in figura con la linea tratteggiata.

Figura 2.30 Rappresentazione schematica della

frizione usata per le prove sperimentali

Figura 2.31 La linea tratteggiata esprime

l’andamento della coppia in ingresso nel tempo, mentre quella continua l’angolo di rotazione dell’uscita.

(40)

Sotto queste condizioni, il rotore incomincerà a muoversi quando la coppia supererà un certo valore di coppia (Tmaxstat ) e si fermerà quando la coppia scenderà al di sotto di un altro determinato valore(Tmindyn). L’andamento della posizione angolare del rotore è riportata in figura con la linea continua.

Un osservazione importante è che i due valori di coppia ottenuti (Tmaxstat Tmindyn) sono indipendenti dalla frequenza con cui viene applicata la coppia. In figura 2.32 vengono riportati i valori della coppia in funzione della rotazione angolare del disco per diversi valori della frequenza. Si osserva che la coppia per cui rotore incomincia a muoversi ( o a fermarsi) è sempre la stessa indipendentemente dalla frequenza.

Nel passaggio da solido a liquido il valore di coppia massimo si presenterà per un determinato valore angolare φ del disco rispetto alla sua posizione iniziale, superato il quale si avrà unaG diminuzione della coppia trasmessa. La diminuzione è attribuibile alla rottura delle colonne di particelle nel fluido e il conseguente passaggio allo stato liquido del materiale MR. Le colonne, soggette ad una coppia esterna crescente, prima di rompersi, assumeranno una configurazione inclinata rispetto alla direzione delle linee di flusso di un angoloϑ crescente.

Figura 2.32 La coppia in funzione della rotazione

(41)

Figura 2.33 Parametri

geometrici che caratterizzano il fenomeno.

Figura 2.34 Andamento della coppia in funzione

Per determinare l’andamento della coppia in funzione dell’angolo di rotazione φ è necessario conoscere la componete tangenziale della forza F indotta suller

particelle dal campo magnetico.

= e i R R r r dr F T(φ) (φ, )

In particolare per determinare l’angolo di passaggio φ non è indispensabile conoscere il valoreG assoluto diF ma solo la sua dipendenza da r ϑ :

4 3 2 sin ) cos sin 4 ( K Fr ∝ ϑ ϑ− ϑ

dove K è la lunghezza della catena delle particelle. Dalla figura sono inoltre ricavabili le relazioni:       = φ ϑ arctan sin S r ; K2 =S2 +r2sin

Sostituendo queste relazioni nella precedentemente espressione e andando poi ad integrare fra i raggio interno e quello esterno della superficie attiva del disco è possibile ricavare l’andamento della coppia normalizzata in funzione dell’angolo di rotazione. L’angolo di passaggio è pari a φ = 850. °.

(42)

2.2.4. Dimensionamento dei circuiti magnetici

Nella progettazione di dispositivi basati sui fluidi magnetoreologici è di particolare importanza la progettazione del circuito magnetico. LA presenza del circuito magnetico è necessaria a generare un opportuno campo magnetico nel fluido MR, a partire da una corrente elettrica di comando del dispositivo. Il più semplice circuito elettromagnetico, che può essere preso a riferimento per l’analisi e la progettazione, è quello illustrato in figura.

Il circuito magnetico è costituito da una C di materiale ferromagnetico e da una intercapedine di altezza g in cui è contenuto il fluido MR. Le superfici Af in contatto con il fluido, rappresentano

le superfici attive del dispositivo. Il flusso magnetico, le cui linee sono riportate in figura, è generato da N spire in cui scorre una corrente I.

Figura 2.35 Rappresentazione schematica di un semplice

(43)

Generalmente la progettazione del circuito elettromagnetico inizia con la scelta del punto di lavoro del fluido (H ,f Bf ). La coppia nominale TN è funzione del desiderato yield stress τ .y

Come esposto nei paragrafi precedenti, esiste una legge ben precisa tra la tensione tangenziale di soglia e il campo magnetico che attraversa il fluido (vedi figura 2.10).In questo modo è possibile associare per ogni valore della coppia un valore di B e dal grafico dell’induzione magnetica associarvi il relativo valore di H, determinando così il punto di lavoro.

Il flusso magnetico totale risulta:

f f A

B

= Φ

essendo Af la sezione del circuito in contatto con il fluido.

Il flusso magnetico è costante in ogni sezione del circuito.

... 2 1 =Φ = Φ = Φ =

Φ fluido ferro ferro

Per ogni ramo è possibile ricavare il punto di lavoro del materiale ferromagnetico. Dalla

Figura 2.36 Determinazione del punto di

(44)

s f f s s A A B A B = Φ = ⋅

essendo As la sezione del tratto di lunghezza s.

Dalla legge di induzione magnetica per il materiale ferromagnetico si determina anche il valore di Hs.

Utilizzando il teorema di Ampere è infine possibile ricavare il numero di Amp-spire necessarie per ottenere il valore di Bf richiesto nel gap.

Secondo tale teorema il valore della circuitazione di H relativa ad una curva chiusa Z equivale al flusso di corrente uscente attraverso una superficie W che si appoggia su tale curva Z, ovvero:

Hr ⋅dlr = Jr⋅dSr

Figura 2.37 Determinazione del punto di lavoro

per le parti in materiale ferromagnetico che costituiscono il circuito, nel grafico B-H.

(45)

Nell’ipotesi di lavorare entro i limiti della zona lineare del induzione magnetica sia del materiale ferromagnetico sia del fluido MR, è accettabile considerare le due rispettive permeabilità costanti. Sotto queste condizioni è allora possibile scrivere che:

µ B H = ed essendo A B= Φ risulta: A H ⋅ Φ = µ

Il teorema di Ampere può essere allora portato nella forma:

i i L H NI =

⋅ + ⋅ =Hf g Hs Ls NI

essendo Ls la lunghezza del ramo s-esimo del circuito.

Oppure introducendo la riluttanza del circuito:

= Z A dl R µ

Il teorema di Ampere diventa:

NI A dl dl H Z Z ⋅ =Φ⋅

⋅ =

µ e in definitiva

(46)

        + ⋅ Φ =

s s s f f A L A g NI µ µ

essendo Rf e Rs rispettivamente la riluttanza del gap di fluido e del circuito a C di materiale ferro

magnetico.

Per minimizzare il numero di Amp-spire è importante ridurre al minimo la riluttanza totale del circuito. Generalmente il traferro contribuisce maggiormente al valore della riluttanza complessiva del circuito. Infatti i materiali impiegati per realizzare elettromagneti hanno una permeabilità dell’ordine di alcune migliaia di volte maggiore di quella del vuoto, mentre la permeabilità del fluido MR arriva al massimo ad essere 9 volte µ . Esistono quindi più di tre0 ordini di grandezza tra le due permeabilità. Ad esempio se le sezioni sono all’incirca costanti e

100 ~ /g =

L si ottiene che la riluttanza del fluido risulta 10 volte maggiore di quella del circuito, come si vede dalle relazioni seguenti:

10 1000 100 1 ~ ~ = = = = f ferro ferro f s f L g L g R R µ µ µ µ

Pertanto in prima approssimazione la legge di Ampere che regola il sistema può essere scritta:

f f f f g B A g NI µ µ = ⋅ ⋅ Φ =

Una seconda condizione che generalmente viene richiesta al circuito ferromagnetico è che il suo peso non vada ad incidere troppo sul peso totale del dispositivo. Per ridurre il peso è necessario diminuire le sezioni As in ogni ramo del circuito, senza però spostare il punto di lavoro del fluido.

Se il flusso è costante in ogni ramo

s s f f A B A B ⋅ = ⋅ = Φ

(47)

L’unico modo per ridurre As è avere alti valori di campo magnetico all’interno di ogni singolo

tratto. Al limite Bs potrebbe essere uguale al valore di saturazione del campo magnetico per il

materiale utilizzato. È però indispensabile che non si verifichi mai la completa saturazione di un’intera sezione. Sotto queste condizione nasce quindi l’esigenza di scegliere un materiale ferromagnetico che abbia il punto di saturazione del campo magnetico il più alto possibile. È infine importante osservare che quanto fin qui riportato deve sempre essere verificato attraverso una analisi magnetica agli elementi finiti del circuito, in modo da garantire una migliore corrispondenza tra i dati teorici stimati e quelli reali.

(48)

2.2.5. Caratteristiche dei materiali ferromagnetici

I materiali ferromagnetici sono materiali aventi la capacità di essere magnetizzati da bassi valori del campo magnetico e di ritornare, una volta rimosso il campo, a un stato di induzione magnetica residua bassa. Materiali aventi queste caratteristiche sono essenziali per la costruzione di dispositivi in cui sono richieste variazioni della induzione magnetica, come solenoidi, relè, motori, generatori, trasformatori, ecc.

In seguito sono riportate le caratteristiche dei più diffusi materiali ferromagnetici presenti in commercio.

Tipiche caratteristiche dei materiali ferromagnetici sono:

• Alto valore del coefficiente di permeabilità magnetica • Alto valore dell’induzione magnetica di saturazione • Bassa perdita di energia per isteresi

• Bassa perdita a causa della nascita di correnti parassite in applicazioni con flussi magnetici alternati.

• Valore del coefficiente di permeabilità magnetica il più costante possibile al variare del campo magnetico applicato e della temperatura.

I materiali ferromagnetici più diffusi sono:

• Ferro puro

• Acciai a basso tenore di carbonio • Acciai al silicio

• Acciaio inossidabile • Leghe ferro/nickel • Leghe ferro/cobalto

I principali costituenti dei materiali ferromagnetici sono ferro, nickel o cobalto. Oltre questi materiali, nelle leghe vengono in genere usati degli elementi addizionali, per esaltare certe

(49)

in modo da ridurre la formazione di correnti parassite in dispositivi funzionanti in corrente alternata. Per esempio il ferro puro possiede delle ottime proprietà magnetiche, ma il suo basso valore di resistività provoca alte perdite per correnti parassite in applicazioni in corrente alternata.

Si riportano di seguito le principali caratteristiche delle più diffuse leghe ferromagnetiche esistenti in commercio.

Ferro puro

Il ferro puro reperibile in commercio possiede un grado di purezza che va da 99.1% Fe a 99.8% Fe. Nella tabella seguente sono riportate le principali caratteristiche magnetiche.

Induzione di saturazione 2.158 T Permeabilità magnetica 1.7104

Forza coercitiva 20A⋅ m−1

Resistività 9.8µΩ⋅cm

Acciai a basso tenore di carbonio

Sono materiali che possiedono proprietà magnetiche meno competitive rispetto a molte altre leghe, ma sono spesso usati per il loro basso costo. Questi acciai non sono in genere impiegati per le loro qualità magnetiche; ciò comporta che le qualità magnetiche possono variare in modo considerevole in dipendenza del metodo di fabbricazione. In genere questi acciai ricevono un miglioramento delle caratteristiche ferromagnetiche se viene effettuato, dopo la lavorazione, un trattamento di ricottura.

Nella tabella seguente sono riportate le caratteristiche magnetiche di un tipico acciaio a basso tenore di carbonio.

(50)

Acciaio 1010

Permeabilità massima 3800 Magnetismo residuo (da 1.5 T) 0.9 T

Forza coercitiva 80-160 A/m

Induzione di saturazione 2.15 T

Resistività 13µΩ⋅cm

Acciai al silicio (Prodotti laminati)

Gli effetti benefici dovuti all’aggiunta di silicio al ferro sono:

• Aumento della resistività elettrica con conseguente riduzione della formazione di correnti parassite.

• Sviluppo di orientazioni preferenziali nella struttura dei grani.

D’altra parte l’introduzione del silicio porta degli svantaggi:

• Diminuzione del valore dell’ induzione di saturazione. • Abbassamento della temperatura di Curie.

• Diminuzione della duttilità della lega ottenuta.

A livelli di silicio superiori a 4% la lega diventa difficilmente laminabile a freddo, per cui quasi tutte le leghe commerciali vengono prodotte con un contenuto di silicio inferiore al 3.5%.

Sono reperibili lamierini di acciaio al silicio orientati e non orientati. Gli acciai non orientati hanno una struttura molecolare isotropa, mentre gli orientati possiedono una struttura molecolare orientata in modo che lungo una certa direzione le prestazione magnetiche siano ottime. Le leghe orientate subiscono le più alte variazioni dell’induzione magnetica al variare dell’angolo di applicazione del campo magnetico, ma, allo stesso tempo sono quelle che, riescono a raggiungere valori dell’induzione di saturazione più elevati.

(51)

Acciai inossidabili

Gli acciai inossidabili ferritici sono ferromagnetici, e vengono generalmente usati per la fabbricazione di sedi di solenoidi e circuiti magnetici. Le loro caratteristiche magnetiche sono decisamente peggiori delle convenzionali leghe ferromagnetiche, e vengono usati per la costruzione di dispositivi che lavorano in ambienti corrosivi.

Leghe Ferro-Nickel

Le due principali classi di leghe Ferro-Nickel presenti in commercio sono:

• Leghe ad alto tenore di Nickel( circa 79% Ni). Queste leghe possiedono valori molto alti della permeabilità magnetica iniziale (dell’ ordine di 6.5104) e perdite per isteresi molto

contenute. Di contro possiedono valori molto bassi della induzione di saturazione(circa 0.8 T).

• Leghe a basso tenore di Nickel( da 45% a 50% Ni). Possiedono una permeabilità magnetica inferiore a quella delle leghe ad alto tenore (dell’ ordine di 1.2104), ma comunque superiore

a quella delle leghe Ferro-Silicio. L’ induzione di saturazione è notevolmente superiore rispetto alle leghe Ferro-Nickel ad alto tenore di Nickel (circa 1.5 T).

Leghe Ferro-Cobalto

Valori di induzione di saturazione superiori a quelli del ferro puro (circa 2.15T) possono essere ottenuti soltanto con leghe di ferro e cobalto. Il più alto valore di induzione di saturazione raggiunto ad oggi è circa 2.46 T ed è stato ottenuto con una lega contenente circa il 35% di cobalto. Nella figura 2.38 seguente sono mostrate gli andamenti dell’induzione magnetica al variare della percentuale di cobalto contenuto nella lega per vari valori del campo magnetico applicato.

La lega costituita da circa il 50% di cobalto risulta particolarmente interessante per l’elevato valore di induzione di saturazione raggiunto. Alcune di queste leghe sono prodotte dalla ditta

(52)

Figura 2.38 Andamenti dell’induzione

magnetica al variare della percentuale di cobalto contenuto nella lega

Tabella 2.5 valori del campo magnetico in funzione dell’induzione magnetica,

(53)

2.3. Frizioni e freni a fluidi MR esistenti

Frizione a fluidi MR realizzata dalla Osaka University

La frizione è stata ideata per sperimentare un nuovo tipo di attuatore che utilizzi i fluidi magnetoreologici, per il controllo delle coppia. Per la trasmissione della coppia è utilizzata una configurazione a shear mode. L’organo d’uscita è composto da un semplice disco, mentre quello di entrata ha una costruzione più complessa per potersi affacciare su entrambe le superfici del disco. In questo modo il dispositivo può sfruttare due superfici attive per la trasmissione della coppia. Nell’intercapedine tra i due organi rotanti è contenuto il fluido MR della Lord

Corporation MRF-132LD. Il circuito elettromagnetico, necessario a portare l’adeguato campo

magnetico nel gap, è costituito di materiale ferromagnetico SS400. Le parti non interessate al circuito sono invece di alluminio, mentre il carter esterno è di plastica.

Figura 2. 39 Rappresentazione schematica della frizione realizzata dalla

Osaka University. Nell’ingrandimento a destra sono riportati gli andamenti delle linee di flusso.

(54)

In tabella sono riportate le specifiche tecniche della frizione.

Per caratterizzare le prestazioni della frizione è stato realizzato un sistema di prova. L’ingresso della frizione è mantenuto in rotazione ad una certa velocità da un DC motor. La coppia viene trasmessa all’uscita applicando una certa corrente alla bobina. Per misurare tale coppia è stato montato in uscita dalla frizione un sensore di forza. In questo modo è stato possibile determinare gli andamenti della coppia in funzione del tempo.

Tabella 2.6 Le principali caratteristiche tecniche

della frizione.

Figura 2.40 Andamenti della coppia in uscita dalla frizione, in funzione del

tempo, per una corrente che passa da 0 [A] a 0.5 [A] e viceversa. Il rotore d’ingresso viene mantenuto ad una velocita costante di 30[rpm]

(55)

In figura 2.40 sono riportati gli andamenti della risposta nel caso sia applicata una variazione di corrente da 0 [A] a 0.5 [A] e viceversa, sempre all’istante 2 [sec], per una velocità del organo di ingresso di 30 [rpm]. Si può osservare che il tempo di risposta è abbastanza piccolo, pari a circa 50 millisecondi.

Una seconda prova è stata condotta per valutare l’influenza della velocità di rotazione sulla coppia in uscita. In questa prova la corrente delle bobine è mantenuta costante a 0.5; 1; 1.5; 2 [A] mentre la velocità di rotazione viene gradualmente aumentata fino ad arrivare ad un valore di 50 [rpm]. I risultati sono riportati in figura 2.41.

Dalla figura si osserva che la coppia d’uscita è quasi costante con la velocità di rotazione dell’organo d’ingresso.

Figura 2.41 Andamento della coppia in

funzione della velocità di rotazione del rotore d’ingresso per diversi valori della corrente applicata.

(56)

Giunto magnetoreologico di accoppiamento

Il brevetto seguente è relativo ad una frizione/freno magnetoreologica ed è di proprietà della GSE, Farmington Hills mentre gli inventori sono T. M. York, C. D. Gilmore, T. G. Libertiny( US 5,848,678)

Il dispositivo in figura 2.42 può essere utilizzato in svariate applicazioni, come freno, frizione o come giunto di accoppiamento tra due dispositivi. In figura è visibile uno statore 12 e un rotore 14 aventi come superfici attive cilindriche 37. Nel setto di separazione tra rotore e statore è presente un fluido magnetoreologico. Lo statore è composto da una parte frontale e una

Figura 2. 42 frizione/freno magnetoreologica, proprietà

(57)

materiale diverso: un pezzo 18 di materiale ferromagnetico, che costituisce il circuito magnetico e una parte 22 di materiale non magnetico. Due bobine 38 e 38’ generano un campo elettrico radiale rispetto alle superfici cilindriche attive del rotore. In figura sono mostrate in maggior dettaglio, le superfici attive del dispositivo.

Quando il fluido non è attraversato da un campo magnetico, il giunto trasmette una coppia trascurabile. Al contrario applicando una certa corrente alle bobine, il dispositivo è in grado di trasmettere una coppia proporzionale all’entità del campo e quindi della corrente che attraversa le bobine.

(58)

Frizione magnetoreologica General Motors

Il seguente brevetto è relativo ad una frizione magnetoreologica per applicazioni automobilistiche, ed è di proprietà della General Motors Corporation, Detroit, mentre gli inventori del dispositivo sono: Gopalswamy, Swaminathan, Jones, Gary Lee. (US 5,954,245)

Figura 2.44 Frizione magnetoreologica per applicazioni

automobilistiche, di proprietà della General Motors Corporation.

(59)

Con riferimento alla figura 2.44 è possibile dividere la frizione in tre parti principali: un albero di ingresso 63 collegato con un rotore a dischi 56, un albero di uscita 43, e una parte fissa 22 che alloggia la bobina 12. E’ interessante sottolineare alcuni accorgimenti previsti per il dispositivo per risolvere le criticità tipiche di una frizione per usi automobilistici. Uno dei principali problemi è lo smaltimento del calore sviluppato. Sono stati previsti dei fori assiali 22 sulla parte fissa del dispositivo allo scopo di permettere un raffreddamento ad aria o a liquido. In figura è mostrata una vista del particolare 17. I tagli radiali visibili in figura 2.45 sono stati previsti per limitare lo sviluppo di correnti parassite che, dissipando energia aumentano il calore sviluppato dal dispositivo.

Il problema della dilatazione del fluido magnetoreologico a causa dell’aumento di temperatura è stato risolto prevedendo delle camere piene di gas separate dalla zona lambita dal fluido mediante diaframmi elastici. Nella seguente figura è mostrata in dettaglio la camera di espansione.

Figura 2.45 I tagli radiali previsti per limitare lo sviluppo di

(60)

Infine un altro accorgimento degno di nota sono le scanalature curve previste nei dischi del rotore di uscita. La decisione di realizzare queste scanalature è dovuta alla necessità di prevedere un corretto rimescolamento del fluido magnetoreologico al fine di evitare il più possibile fenomeni di sedimentazione.

Figura 2.46 Paritcolare della frizione

Figura 2.47 Scanalature curve previste

(61)

Frizione magnetoreologica per il controllo della ventola del radiatore

Il seguente brevetto è relativo ad una frizione magnetoreologica dedicata alla regolazione della ventola di raffreddamento nelle automobili, ed è anche questa di proprietà della General Motors

Corporation, Detroit. Gli inventori del dispositivo sono: P.B. Usuro, A.L. Smith e Chi-Kuan

Kao. (US,6,318,531)

Figura 2.48 Frizione magnetoreologica dedicata alla regolazione

della ventola di raffreddamento nelle automobili, di proprietà della

(62)

Generalmente le ventole di raffreddamento del radiatore vengono controllate in base alla velocità stessa del motore. Un fluido viscoso generalmente silicone viene inserito tra l’ingresso e l’uscita della frizione che regola la ventola. La capacità di trasmettere coppia è affidata alla viscosità del liquido utilizzato. In questo caso non è realizzabile un cotrollo della velocità e della coppia. Con l’introduzione delle frizioni a fluidi magnetoreologici è possibile migliorare l’efficienza del sistema di raffreddamento, in quanto è possibile istante per istante far variare la viscosità del fluido e quindi controllare la coppia e la velocità in uscita.

La figura 2.48 mostra una sezione della frizione magnetoreologica.

Il dispositivo è formato da un ingresso 12 avente una estensione cilindrica 24 destinata alla trasmissione della coppia. La struttura del rotore d’uscita 14 è tale da creare una cavità assiale in cui ruota la parte cilindrica dell’entrata. Nell’intercapedine tra i due cilindri viene inserito il fluido. In questo modo si generano due superfici attive. Il campo magnetico viene generato da una bobina 38 montata sull’uscita. Essendo l’uscita rotante, per portare la corrente dall’esterno alla bobina, è necessario l’utilizzare dei contatti striscianti: formati dagli anelli 46 e 48 e dalle spazzole 50 e 52.

(63)

Freno magnetoreologico LORD MRB-2107-3

Il seguente brevetto è relativo ad un freno magnetoreologico ed è proprietà della LORD Corporation, l’inventore è J. D. Carlson. (WO 98/00649)

Nella figura 2.49 è mostrata una fotografia del freno magnetoreologico MRB-2107-3 commercializzato.

Nella figura 2.50 è rappresentata una sezione del freno magnetoreologico. E’ presente una sede 22a ed un rotore 28a a forma di disco. Una bobina genera un campo magnetico che attraversa il fluido magnetoreologico all’interno del dispositivo in direzione assiale. In figura è chiaramente visibile l’andamento delle linee di flusso del campo di induzione magnetica generato dalla bobina.

Figura 2.49 Freno magnetoreologico

(64)

Dalla figura si osserva che il circuito magnetico è formato da due parti 34a e 36a, bloccate tra loro assialmente tramite la vite 40a. Il dispositivo presenta un accorgimento per eliminare eventuali giochi assiali tra le parti del circuito magnetico causate dalle tolleranze di fabbricazione. Questa situazione deve essere assolutamente evitata, perché la presenza di un gap d’aria all’interno del circuito magnetico riduce drammaticamente le prestazioni del freno MR. Infatti dalla:

NI = RΦ

se R aumenta, a causa della presenza di un gap d’aria, la densità di flusso magnetico si riduce e così anche la massima coppia trasmessa.

(65)

quando la vite viene serrata, si comprimono creando delle forze assiali che garantiscono il contatto tra le due parti del circuito.

In figura 2.51 è riportata la curva caratteristica del freno magnetoreologico (coppia in funzione della corrente). Si riportano di seguito le specifiche tecniche dell’ MRB-2107-3.

Figura 2.51 Caratteristica meccanica del freno

magnetoreologico

Tabella 2.7 Le principali caratteristiche tecniche del

Figura

Figura 2.2 Diversa struttura del fluido MR, in assenza e in presenza di un campo
Figura 2.3 Le due immagini illustrano il diverso comportamento del fluido. Nella foto di
Figura 2.10 Yield stress in funzione dell’induzione magnetica per il fluido MR
Tabella 2.1 Composizione base dei principali fluidi MR prodotti dalla LORD Coporation.
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