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INTRODUZIONE
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L’ Iperplasia Prostatica Benigna (IPB) é l’alterazione più comune dell’unica ghiandola accessoria annessa all’apparato riproduttore maschile (Fossum, 2002). Studi condotti nel corso degli ultimi anni hanno stimato essere presente in una percentuale che si aggira attorno al 100% dei cani anziani non castrati (Leav et al., 2001). Per tale motivo attualmente molti Autori non definiscono più l’IPB una patologia vera e propria, ma parlano di alterazione fisiopatologica; Altri addirittura la considerano un fenomeno fisiologico che si instaura col progredire dell’età dell’animale e quindi legata al normale invecchiamento della ghiandola.
L’elevata incidenza di IPB é legata alle migliori condizioni di vita dei nostri animali che hanno portato, come diretta conseguenza, un aumento della longevità ed un incremento quindi di quelle patologie tipiche dell’età senile. Il paziente geriatrico é diventato infatti uno dei protagonisti della clinica quotidiana in un ambulatorio veterinario, similmente a quanto accade nell’uomo (Vannozzi, 2003).
I soggetti con iperplasia prostatica sono generalmente asintomatici, a meno che non si tratti di un fenomeno marcato; é da tenere presente però che, tranne le forme neoplastiche, l’IPB é imputata come causa predisponente comune di tutte le altre affezioni prostatiche, alle quali pertanto é spesso accompagnata. Quest’ultimo
2 motivo, insieme alla proposta di prendere la prostata canina come modello di studio per l’anomalo accrescimento della ghiandola umana (Leav et al., 2001), si uniscono al crescente interesse dei proprietari, a fini riproduttivi e morali, ad escludere la castrazione come soluzione all’ IPB, portando dunque alla scelta di una terapia medica.
Il nostro studio ha pertanto come epicentro proprio quello di monitorare la terapia con il farmaco oggi più usato: il Ciproterone acetato (CPA). Utilità e validità della terapia saranno così valutate: dal punto di vista medico, nei soggetti con sintomatologia clinica
sebbene aspecifica; a livello organico attraverso esame
ultrasonografico, indagine immunocitochimica ed
immunoistochimica, per indagare l’azione del CPA a livello dei recettori per gli androgeni (AR), essendo quest’ultimi espressi dalle cellule epiteliali e ritenuti coinvolti nella patogenesi dell’IPB (Chatterejee, 2003).
Il nostro lavoro sarà quindi:
Fra i soggetti affetti da patologie prostatiche portati alla
Clinica Veterinaria dell’Università di Pisa, selezionare i cani con IPB come unica alterazione presente e/o persistente dopo breve periodo di trattamento per lievi fenomeni concomitanti.
Mettere in evidenza i sintomi più frequenti in corso di IPB.
Fare diagnosi attraverso esame ecografico, eseguendo anche
un prelievo di campione bioptico e citologico (agoaspirato).
Studiare attraverso immunocito/istochimica l’espressione di
AR in corso di IPB previo trattamento farmacologico.
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Controlli successivi al trattamento evidenziando il
miglioramento della sintomatologia, la diminuzione del volume ghiandolare, nonché valutare un’eventuale variazione dell’immunoreattività delle cellule prostatiche e da tutto ciò evincere la validità della terapia e scegliere se continuarla o meno.
E’ importante sottolineare che per lo studio sarà necessaria una
biopsia da confrontare col campione cellulare ottenuto
dall’agoaspirato, sia per la diagnosi iniziale, che per un supporto alla valutazione della reattività immunocitochimica con quella immunoistochimica, più riproducibile ed oramai standardizzata. Fine ultimo sarà quello di valutare l’attendibilità di citologia e immunocitochimica su campioni ottenuti mediante agoaspirazione, essendo quest’ultima una tecnica semplice e poco invasiva, per essere adoperate in futuro nella diagnosi e nel monitoraggio della terapia.