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2 capitolo

Dalla difesa piombante a quella radente: il periodo di

Transizione.

Nella seconda metà del ‘400, in seguito l’utilizzo di nuove artiglierie1 e della loro

maggiore efficacia, si cominciò a progettare e a modificare le fortificazioni, dato che il modo di fare guerra si era evoluto. Dopo secoli di “difesa piombante” che aveva ormai codificato certi meccanismi d’assedio e di difesa e che fino a quel

momento era stata in grado di neutralizzare le armi ad essa coeva2, si passa alla

comparsa della nuova artiglieria, che stravolse il modo di fare architettura, portando così ad un periodo frenetico, in cui si sperimentano diverse forme3. L’architettura militare vive un periodo di trasformazione dovuto all’uso sempre più sistematico e distruttivo delle armi da fuoco, che porta alla sperimentazione di tutte le soluzioni, che rendono quest’epoca feconda dal punto di vista architettonico.

Questo periodo viene fatto iniziare più o meno con l’avvenimento della caduta di Costantinopoli nel 1453, causata dall’utilizzo temibile delle prime bombarde, che porta ai primi cambiamenti delle strategie di offesa e difesa4 e che si conclude con la soluzione definitiva del fronte bastionato, nella prima metà di ‘500, viene chiamato periodo di Transizione o di Transito. Poiché non si può chiamare né di difesa piombante né di difesa radente. Questo periodo è una sorta di pausa tra due momenti della tecnica guerresca, nel quale si susseguono schemi difensivi e offensivi del tutto sperimentali, che però non rinunciano alla tradizione, a cui si è

ancora legati5. Ci si trova davanti a posizioni contraddittorie, in cui l’innovazione

tarda ad imporsi e che alla fine del ‘400 avrà però il soppravvento. Il bastione

1 Labortatorio comunale di architettura, Una fortezza rinascimentale a Poggibonsi, Poggibonsi, Lalli

editori, 1987, pag. 73.

2 De la Croix H., Military consideration in city planning fortifications, New York, George Brasiller, 1972,

pag. 39.

3 Una fortezza rinascimentale a Poggibonsi, op. cit., pag. 73.

4 Masi L., La fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi, un prototipo di cantiere dell’architettura

militare del Rinascimento, Poggibonsi, Lalli Editore, 1992, pag. 26.

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non è, infatti, frutto di una semplice intuizione6, ma il susseguirsi di tentativi adatti alla difesa. Solo dopo varie tappe si arriva alla soluzione finale.

2.1 La difesa piombante

Prima dell’avvento della polvere da sparo, quindi, fino al XIV secolo, l’architettura fortificata si era servita di elementi caratterizzanti, che le avevo permesso di difendersi dalle armi temibili del tempo. I castelli medievali di tutta Europa possedevano caratteristiche peculiari che li accumunava e che permettevano la difesa piombante e quindi la loro superiorità sulle armi. Differivano probabilmente dalle condizioni politiche di ogni paese e dalla posizione geografica. Nelle fortificazioni del X-XII secolo si faceva ancora largo

uso di steccati, di terrapieni, di mura, non sempre solidissimi7 e quindi

efficacissimi. La pianta continuava ad essere regolare generalmente quadrangolare.

Ma col miglioramento tecnologico e le minacce sempre più organizzate, il XIII secolo vide un miglioramento nelle tecniche costruttive con rafforzamento delle difese e la sostituzione del legno con pietre e mattoni. Elemento di rilevanza delle fortificazioni di questo secolo, era la cinta muraria, che fino alla metà del 1400 rimarrà alta, fino a raggiungere anche 30 metri d’altezza8. L’altezza delle mura serviva ad impedire che i proiettili delle macchine da lancio le potessero scavalcare. Mura e torri, infatti, più erano alte e più risultavano essere efficaci, sia per evitare la scalata dell’assediante, che per predisporre la fortificazione al tiro piombante9. Spesso le mura venivano rinforzate con torri affiancate; per aumentare la protezione venivano costruiti due muri paralleli in pietra o

6 Perogalli C., Rocche e forti medicei, Milano , Rusconi, 1980, pag. 41. 7 Luisi R., Scudi di pietra, op. cit., pag. 33.

8 Taddei D., L’opera di Giuliano da Sangallo, op. cit., pag. 26. 9

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mattoni10, come avveniva in Spagna. Le mura non erano per forza sostenute da un terrapieno. Il loro profilo era perfettamente perpendicolare al terreno, appunto

per la difesa piombante11. Il tiro piombante era caratterizzato dalla forte

inclinazione della traiettoria, oltre che all’efficacia di chi lo eseguiva. Esso veniva effettuato quando il nemico non era ancora giunto sotto la cortina; ma non era sempre redditizio, poiché il tiro non sempre risultava preciso e perché si

cercava di colpire in un punto mirato12. Permetteva però di spaziare su un vasto

campo, che consentiva di bloccare l’attaccante a debita distanza13, utile quando i

difensori scarseggiavano, ma presto fu affiancato dal tiro basso e radente. Per tutto il Medioevo, però, il tiro piombante rimane radicato. Il vantaggio della difesa piombante era rappresentato dal dominare l’attaccante dall’alto, per cui era raro che la fortificazione venisse scalata in maniera diretta14.

Quindi più alte erano le mura è più ci si sentiva protetti, grazie all’utilizzo delle armi da getto. Le alte cortine, che constistono in tratti di mura tra una torre e l’altra, disponevano di dispositivi di difesa, come l’apparato a sporgere, che aveva lo scopo di permettere ai difensori il tiro piombante, senza doversi sporgere e quindi senza farsi colpire dai nemici. Infatti, vennero create delle caditoie, ovvero delle botole dalle quali si poteva lanciare ogni tipo di proiettile al nemico, mentre i merli servivano a riparare i difensori.

Le cortine erano scandite da salienti, intervallati tra loro da distanze minori della gittata delle armi disponibili (40 o 80 metri). Attraverso il tiro detto di “fiancheggiamento”, si cercava di eliminare gli angoli morti della cinta muraria e

di difendere la cortina15 che era considerata più esposta l’attaccante e quindi più

10 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale Piacenza-Bologna,18-221 marzo 1976, cura

dell’Istituto Italiano dei castelli, sezione Emilia-Romagna, Bologna , Lorenzini, 1978, pag. 95.

11

Taddei D., L’opera di Giuliano da Sangalloop cit., pag.27.

12 Cassi Ramelli, Dalle caverne ai rifugi blindati, Milano, Nuova Accademia editrice, 1964, op. cit., pag.

236.

13

A cura di Martegani A. e Tamborini M., Castelli e fortezze: l’architettura militare nei disegni e nei

documenti della Trivulziana: biblioteca trivulziana, castello Sforzesco , Milano 18 maggio-6 giugno 1993, Milano biblioteca Trivulziana, Milano Editori, 1989, pag. 7.

14 Cassi Ramelli, evoluzione dell’architettura fortificata, in Castelli e fortificazioni, op. cit., pag. 34. 15

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vulnerabile16. In questo modo da una torre si poteva colpire l’assalitore delle mura e della torre vicina, assicurando la difesa di tutto il complesso fortificato. Solo qualche volta c’era la scarpatura verso l’esterno, aggiunta di un muro inclinato alla base della cinta, che aveva la funzione di rafforzare le fondazioni, aumentandone la stabilità e tenere lontano dalle mura gli assedianti17, evitando l’operazione di mina. Quest’ultima consisteva nello scavare delle gallerie sotterranee da parte degli assedianti, al di sotto delle mura. Dopo di che si dava fuoco ai supporti di legno, posti a sostegno della galleria, provocando così il crollo delle mura e quindi l’incursione all’interno della fortificazione18. Le torri simbolo del castello19, erano il punto forte del sistema difensivo ed essendo molto più alte delle cortine, le difendevano dall’alto e venivano poste a protezione delle porte d’accesso e di tutti i punti considerati deboli. Le torri erano pure il punto comunicante tra le cortine, e se necessario ne interrompevano la continuità, attraverso l’uso di porte robuste, scale fisse o mobili o con ponticelle

lavatoie gettate sulle tagliate del cammino di ronda20. Le torri subiscono

un’evoluzione nell’arco del Medioevo, perché da quelle quadre, ben presto vengono preferite quelle tonde, agli spigoli della cinta esterna e qualche volta anche degli ingressi21.

Le torri scandivano appunto il cammino di ronda, che corrisponde ad un muro

che si trova sopra le cortine22 allargato con pochi corsi di mattoni a sbalzo verso

l’interno, o con maggiori sporgenze nel caso di beccatelli (merlatura a sbalzo

esterno), per poter equilibrare il peso23. Il cammino di ronda è un altro elemento

caratterizzante dell’apparato difensivo, che ha lo scopo di dividere in settori lo spazio percorribile sopra le mura, protetto da parapetto e merli e che spesso era

16

Cassi Ramelli, op. cit., pag. 233.

17

Luisi R., op. cit., pag. 36.

18 Luisi R., op. cit., pag. 34.

19 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale., op. cit., pag. 98.

20 Cassi Ramelli, op. cit., pag. 260

21 Vincenti A. Castelli viscontei e sforzeschi, Milano, Rusconi Immagini, 1981, pag. 28. 22 A cura di Martegani A. e Tamborini M., castelli e fortezze, op. cit., pag. 8.

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munito di bassi muri all’interno24. Il collegamento tra le torri era possibile grazie a portoncini o passerelle di legno, che potevano essere rimosse in caso di pericolo25.

“Nel Medioevo centrale si assiste ad un’evoluzione delle cortine e del cammino di ronda, con l’aggiunta di contrafforti (fig. 1), che posti all’esterno servivano a irrigidire e controventare il manufatto, ma che hanno il grosso difetto si creare angoli morti al tiro.

Figura 1: A sinistra piombatoie con caditoie portate a sbalzo più avanzate del paramento dei

contrafforti esterni notevolmente ravvicinati. A destra piombatoie continue con muro di merlatura portato da archi su mensole ( Palazzo Papale di Avignone) e fertisca angolare. ( Cassi Ramelli, Dalle caverne ai rifugi blindati, op. cit., pag. 237, fig. 129).

Così vengono creati dei contrafforti rivolti verso l’interno, realizzati con archi, per lo più a botte, voltate in parallelo alla cortina, così da permettere per la

larghezza del cammino di ronda, di porre armi e munizioni”26.

Sopra le mura oltre al cammino di ronda che rendeva più efficace la difesa

piombante, sul quale c’era la distribuzione operativa degli armati27, si trovavano

una serie di marchingegni, costituiti da sovrastrutture di legno o di pietra, più

24 Heinemann W., A history of fortification from 3000 B.C to A.D 1700, London, Sidney Toy

FSA-FRIBA, 1956, 196.

25 Luisi R., op. cit., pag.38

26 Cassi Ramelli, op. cit., citazione di pag. 260.

27 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

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sporgenti rispetto alle mura. Le mensole di legno, servivano per gettare i

proiettili, così come i beccatelli che ritroviamo sulle torri e sulle mura. Esse talvolta costituiscono solo un elemento di decorazione architettonica,

soprattutto nei secoli seguenti. Già dall’XI secolo nello spessore delle cortine e delle torri, appaiono le feritoie, una sorta di nicchia che ospitata generalmente un solo difensore, costituita da un tratto di volta conica ribassata e da un architrave di pietra nel muro, che si assottigliava e apriva una fessura verticale, dove si realizzava il settore di tiro28. Ovviamente da questa postazione era possibile effettuare quasi esclusivamente il tiro frontale. (fig. 2)

Figura 2: feritoia della rocca di S. Gimignano. foto

Quando il muro aveva uno spessore minimo, le feritoie erano costituite da una larga svasatura nel muro dall’interno verso l’esterno. La merlatura, che viene adottata in maniera generalizzata a partire dal XIII secolo, era uno degli elementi più efficaci per qualsiasi sistema difensivo (fig. 3). Era una caratteristica delle fortificazioni di tutti i tempi avere un riparo efficace per poter proteggere il difensore29.

28 Caciagli G., Il castello in Italia, Firenze, giorgio e gambi editori, 1979, pag. 193. 29

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La merlatura non sarebbe altro che l’alternarsi di parti piene e di parti vuote continue, che si ripetono per tutto il perimetro della cinta o solo in una parte di essa (fig. 4).

Figura 3: Castello di Sirmione. Veduta dei merli. Da Cassi Ramelli, op. cit., pag. 249, fig. 135.

Figura 4: borgo del Castello scali

gero di Sirmione,costruito nel 1259. Si noti la merlatura a coda di rondine e ponte, con opera avanzata a difesa della porta. Da Cassi Ramelli, Dal le caverne., op. cit., pag. 245, fig. 133.

Le estremità dei merli assumono diverse forme, diritta o incappucciata, rettangolare o bifida (guelfa o ghibellina)30.

In Italia le forme tradizionali rimangono quella a forma di parallelepipedo e a coda di rondine, mentre altrove vennero utilizzate fogge diverse che cambiavano

30

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da luogo a luogo: a triplice dentatura a Rodi, a fiore e a piramide in Spagna o a semicerchio31.

In molti castelli svevi , normanni e inglesi però, ritroviamo muri senza merli, perché già considerate sicure per la notevole altezza delle mura, anche perché erano muniti di fossato e scarpatura, tali da tenere lontani i nemici.

Alle merlature contenute a filo di muro, seguono quelle in aggetto, cioè su beccatelli, ovvero mensole multiple sovrapposte.

Tra un merlo e un altro, spesso venivano collocate le ventiere, che erano dei portelloni di legno che aumentavano il riparo, ma di essi non ci è giunto niente,

considerata la deperibilità del legno32. Per ragioni economiche, spesso il sistema

difensivo si basava sulle bertesche, ripari mobili tra un merlo e l’altro in aggetto per la difesa piombante (fig. 5).

Figura 5: disegno dell’apparato a sporgere. da Scudi di pietra, Luisi R., op. cit., pag.43,

fig. 33.

Per questo venivano costruite nei punti di maggiore interesse militare, sugli ingressi, agli angoli delle cinte murarie.

La porta principale o secondaria (posterula o postierla), costituiva anch’essa un elemento fondamentale della cinta muraria, ma era anche quello più vulnerabile di tutto il complesso e non ricopriva nessuno ruolo dal punto di vista difensivo.

31 Caciagli G., Il castello in Italia, op. cit., pag. 200. 32

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Anzi era il bersaglio privilegiato dagli assalitori, dato che poteva essere sfondata semplicemente con un ariete, o incendiata, dato che era di legno33. Per questo

motivo, i costruttori aggiunsero degli ostacoli34. In alcuni casi si raddoppiarono le

porte, munite dell’ante porta. (fig. 6)

Nei castelli feudali dal XII secolo fino al XIV, appena si entrava nella porta, si entrava subito in un atrio spazioso con doppia chiusura che immetteva in un cortile interno.

Figura 6: disegno dell’ingresso di un castello con ponte levatoio e saracinesca. Da Luisi R., op.

cit., pag.40, fig. 29.

Questa era la saracinesca, detta anche porta caditoia o levatoia, che era composta da un’inferriata di ferro a maglia quadra, sostenuta da catene o da corde avvolte su un verricello che venivano fatte scorrere verticalmente, in caso di pericolo, attraverso delle scanalature ricavate ai lati delle porte35. Altre volte la grata era di legno di quercia , che veniva intrecciata, bloccata con il ferro36. Il suo utilizzo era maggiormente prezioso nel caso in cui il castello non fosse munito di ponte levatoio o fossato. In alcuni casi la saracinesca e il ponte levatoio si trovano associati, per dare una protezione superiore.

33

Luisi R., op. cit., pag. 38.

34 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale, op. cit., pag. 96.

35 Vincenti A. Castelli viscontei e sforzeschi, Milano, Rusconi Immagini, 1981, pag. 28. 36

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Talvolta ad esse vennero aggiunte delle sbarre verticali munite di puntelli alla fine, per evitare che qualcuno s’infilasse dentro, mentre questa stava venendo giù. Era pure munita di due o più caditoie nelle volte dell’atrio o sulla parete di fianco, attuati per attaccare quelli che si erano introdotti di sorpresa, forzando la prima porta.

La saracinesca era dotata di una camera di manovra, che aveva il compito di sbarrare il primo ingresso, separata dalla camera di manovra per il secondo ingresso. C’erano poi dei meccanismi che permettevano di aprire le porte non in contemporanea, ma attraverso un’unica manovra che dava la sicurezza che in

caso di pericolo almeno una rimanesse chiusa 37.

Le porte erano numerose in funzione dei collegamenti con l’esterno e di solito erano collegate da un ponte levatoio, il cui uso si diffuse a partire dal XII secolo. Il suo compito era quello di filtrare l’accesso al castello e di interrompere ogni

contatto con il mondo esterno, in caso di assedio38. Il miglior sistema in Spagna,

ma anche quello più utilizzato in Italia e in Francia era costituito da lunghe e grandi travi che venivano montate sotto l’arco d’entrata, paralleli alla tavola del ponte, di cui gli estremi erano uniti al ponte da catene. (fig. 7)

Figura 7: Ponte levatoio, Castelvecchio 1354-75, Verona. Da Scudi di pietra, Luisi R., pag.39,

fig. 27.

37 Cassi Ramelli, op. cit., pag.269-270 38

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Gli altri estremi erano sostenuti da contrappesi, che venivano utilizzati per

sollevare il ponte39. Inizialmente si trattava di scomodi e poco maneggevoli ponti

“scorritori” e passerelle a segmenti rientranti l’uno nell’altro a cannocchiale, scorrevoli su carrelli o travi tondi40. Nel XIV ci si munisce di ponti più maneggevoli e sicuri. (fig. 8)

Esso costruito subito al di là dell’estremità mobile, o del ponte fisso, consisteva in un ponte di legno grande quanto la porta, sostenuto da catene e bolzoni i quali

attraverso un gioco di contrappesi, lo sollevavano41.

Figura 8: esempi di ponti levatoi e porte contigue. A: manovra “abbattuta”sul fossato

antistante. B:manovra di doppio ponte levatoio a comando unico. C:triplice sicurezza con levatoia in alto, doppia saracinesca e doppio ponte puntellabile. D: doppia levatoia al di là e al di qua della porta: alzando quella esterna, l’altra scorre verso l’alto per venire rialzata a braccia dei difensori.E-F: alzato e vista di ponticelli pedonali con un solo bolzone e catena a forcola. G: sezione di ponte levatoio abbattuto con semplice svincolo ad arganello. Da “evoluzione dell’architettura fortificata”, Cassi Ramelli, in Castelli e fortificazioni, a cura di Aurelio Natali, Milano Touring Club, 1994.

39 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale, op. cit., pag. 96.

40 Cassi Ramelli, op. cit., pag.270 41

(12)

In poco tempo il ponte levatoio assume quasi delle forme standardizzate, dato che le sue misure erano quasi sempre le stesse: largo da 3 metri a tre metri e mezzo e alto poco più di 5 metri42. Un altro ponte era quello a stadera, auto

bilanciato, una volta sollevato stava per metà fuori e metà dentro la porta43, che

insieme a quello “cascante”, che si lasciava cadere dentro il fossato contro la cortina44, erano impiegati meno.

In questi casi la porta veniva semplicemente chiusa con i battenti e la saracinesca. Il suo impiego era atto a garantire un maggiore controllo per possibili assalitori.

Al ponte levatoio presto viene affiancata un sistema di supplemento,eretto subito dopo all’estremità del ponte. Questo era il rivellino, o barbacane, che consisteva in un piccolo forte o recinto che aveva il compito di effettuare un controllo e

sostenere il primo urto, impedendo l’accerchiamento del nemico45.

La sua importanza sta nel fatto che prelude i futuri baluardi, ma già nel XV secolo, verrà preferita la casamatta, un vero e proprio fortilizio aggiuntivo senza merlatura ma ricco di feritoie46. Per aumentare la sicurezza delle porte, esse venivano chiuse con dei cancelli, così che rimanevano aperte solo le pusterle, porticine bene difendibili, che servivano per tentare di uscire o per i rifornimenti47. In Francia lungo il parapetto del barbacane venivano poste le caditoie. In Scozia l’entrata dei castelli era difesa con delle grate di ferro chiamate yetts, che scorrevano da un lato all’altro della porta.(fig. 9)

In Inghilterra le barre orizzontali si intrecciavano con quelle verticali e gli spazi tra le une e le altre venivano riempite con tavolette di legno, che ne aumentava le solidità48.

42

Cassi Ramelli, op. cit., pag. 271.

43

Heinemann W., A history of fortification from 3000 B.C to A.D 1700, London, Sidney Toy FSA-FRIBA, 1956, pag. 200..

44 Caciagli G. op. cit., pag. 214. 45

Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale, op. cit., pag. 93.

46 Caciagli G., op. cit., pag.216. 47 Luisi R., op. cit., pag.38. 48

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Figura 9: esempio di un battente di ferro degli yett, castello di Doune. Da Heinemann W., A History of fortification, op. cit., pag. 209.

Attorno alle mura c’era il fossato spesso pieno d’acqua, (fig. 10) che rendeva la fortificazione ulteriormente protetta. Questo accorgimento era già conosciuto dai

Barbari ancora prima che dai Romani49 e il suo impiego era redditizio soprattutto

in quei territori poco montagnosi, quindi poco difesi naturalmente. Infatti caduto un po’ in disuso durante il Medioevo fu di nuovo usato largamente quando le mura nel periodo di transizione iniziano ad abbassarsi e così anche la fortificazione ad affossarsi.

Figura 10: veduta generale del castello dei Conti a Gand, in Belgio, ripresa dal fossato. Da

Cassi Ramelli, op. cit., pag. 176, fig. 93.

49

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Il fossato che non sempre era pieno d’acqua era associato al muro di controscarpa50, che aveva il compito di tenere lontano gli assalitori, ai quali era impossibile scalare il muro che poteva avere diverse pendenze. Tanti sono gli esempi in cui la fortificazione è circondata dal fossato. La difesa grazie all’acqua, infatti, era una caratteristica comune delle costruzioni militari del tardo medioevo europeo51.

Questi elementi erano utilizzati più o meno in tutta l’Europa. Ovviamente i modelli non sono identici, ma il modo di difendersi era sempre legato al tiro piombante. Ovviamente la sua evoluzione non fu uguale dappertutto.

Tutti questi elementi che per tanto tempo hanno fatto fronte alle armi da lancio, con la nuova artiglieria verranno cambiati profondamente. Solo qualche elemento continuerà a svolgere la sua funzione difensiva, mentre altri saranno ancora presenti nelle epoche successive ma solo come ornamento.

2.2 Adeguamento alle armi da fuoco: i cambiamenti degli elementi

architettonici.

L’adattamento delle fortificazioni all’artiglieria è stato piuttosto tardivo, poiché l’artiglieria inizialmente s’impone, ma senza effetti contro le parti più basse delle

costruzioni, quando esse sono costruite accuratamente e quando sono massicce52.

Nel corso del XV secolo i difensori hanno l’opportunità di accertarsi degli effetti

del cannone e di conseguenza attuare le modifiche necessarie53.

La lentezza nell’adeguare la fortificazione alle nuove tecniche da guerra, però, era dovuto anche al culto, durante il ‘400, delle forme antiche54. Per cui, in un primo momento, ci si accontenta di aggiungere delle nuove opere ad una fortezza preesistente, più raramente il castello viene costruito ex novo, o si mettono in uso

50 Villena Pardo L., la tecnica medieval iberica, los castillos y sus elementos funcionales, in Architettura

fortificata: atti del primo convegno internazionale, op. cit., pag. 94.

51

Platt Colin, The castle in medieval England and Wales, Secker and Warburg, London, 1982, pag. 167.

52 Finò F.J., Forteresses de la France medievale, costruction, attaque, defence, Parigi, Picard, 1977, op.

cit., pag.307.

53 De la Croix H., op. cit., pag. 39. 54

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alcuni dispositivi di epoche precedenti55; qualche volta modificate e altre volte se ne inventano di nuove. Il risultato è una grande diversità nelle realizzazioni, tanto che queste entrano in contrasto con lo stereotipo del periodo precedente.

Quindi si sviluppa una forma intermediaria tra la fortificazione medievale e il successivo fronte bastionato “all’italiana”. In alcune fortificazioni il passaggio dal vecchio al nuovo è visibile sul costruito, in altri casi, questo passaggio non c’è proprio. Il rimodernamento delle vecchie opere portò come prima necessità la cimatura delle torri, che essendo molto alte, erano le più esposte ai colpi di cannone, che risultavano pericolose in caso di crollo e ormai inutili a dominare le

cortine56. In un primo momento però, continuano ad essere più alte delle cortine,

per poter difendere le mura, ancora con le armi da getto57. Era però ancora impossibile portare pezzi d’artiglieria sulle torri, perché troppo deboli per reggere

il peso e il rinculo dei grossi cannoni, non previsti e non prevedibili58. Si procede

a terrapienarle, creando una sorta di terrazzamento per poter mettere sopra le artiglierie e anche la loro forma tende a cambiare, da quadrate a tonde,

acquistando un diametro più grosso rispetto alle torri medievali e più tozze59.

Questa trasformazione era dovuta al fatto che il primo interesse dei difensori era quello di proteggersi, utilizzando le stesse armi dei loro assalitori.

L’opera del cambiamento avvenne per gradi, in base alle necessità60 delle opere

già esistenti. Dalle torri si passò all’ingrossamento delle mura e delle cortine, alle quali vengono aggiunte le scarpature61, già usate precedentemente, per rendere più sfuggenti le pareti alla percossa dei proiettili di ferro, i quali dovevano slittare sulla superficie, senza danneggiarla. Vista la forza ancora scarsa di penetrazione del proiettile, le mura resistevano ai colpi, che ancora venivano sparati a distanza di tempo l’uno dall’altro.

55 Finò F.J., op. cit., pag. 273. 56

Berardi D., a cura di, Rocche e castelli di Romagna., 1vol., Bologna, Edizioni Alfa, 1970, op. cit., pag. 33.

57 Centro Internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio” di Vicenza, Architettura militare veneta

del Cinquecento, Milano, Electa, 1988, pag. 22.

58

Cassi Ramelli , op. cit., pag. 328.

59 Finò F.J., op. cit., pag. 310.

60 De Vita R., a cura di, Castelli, torri e opere fortificate di Puglia, Bari, Editoriale Adda, 1974, pag. 387. 61 Santoro L., Castelli angioini e aragonesi nel regno di Napoli, Milano, Rusconi Immagini, 1982, pag.

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L’abbassamento delle mura era inizialmente relativo, anche perché si doveva

impedire la scalata62. Già munita di scarpatura addossata, si aggiunge una

“camiciatura” bassa, distanziata e parallela al muro, realizzata attraverso il riempimento di una striscia del fosso e con un secondo argine in muratura. Questo sistema di facile adozione in tutte le fortificazioni europee, prende il nome di “falsabraga”63.

Ma questo espediente dei terrapieni elevati nel fosso, sia come cuscinetti di copertura del muro, sia come capannati o false braghe, non hanno una lunga durata, perché col rafforzarsi delle armi, si ha la paura che venendo colpite, queste opere difensive cadano, sfasciandosi, riempiendo il fosso e quindi dando la possibilità agli aggressori di effettuare la scalata64(fig. 11).

Figura 11: Tempi successivi della cortina difensiva. 1) cortina alta con torri interposte

dominanti la cortina, ; merli e caditoie; successive scarpa ture esterne per evitare il pericolo di mina, di scalata degli assalitori e di angoli morti. 2) cimatura e livellamento delle torri per sfuggire ai danni del tiro avversario, camicia tura in terra molle della cortina, fasciatura con false braghe FB praticabili, rinforzo della cortina, fossato asciutto, primi accenni alla difesa radente; 3) abolizione dei merli e caditoie , raddoppio e contraffortatura delle mura, troniere o cannoniere M per difendere l’artiglieria e le casematte dentro la falsa braga; fossato con acqua, primi accenni di strada coperta N, spalti O in terra molle, muro di controscarpa. In alto schemi di speroni agli angoli smussati per evitare angoli morti di tiro agli angoli delle mura; 4) fosso asciutto allagabile con fustigata P, controscarpa a pendio naturale , muro scarpato, banchine per le artiglierie lungo il cammino di ronda; 5) scarpa e controscarpa in muratura, galleria di controscarpa Q, detta segreta,per battere di rovescio gli attaccanti scesi nel fossato, difese delle batterie in terra e rinterro dietro le piazzuole; 6) id. con muro basso staccato, situato al piede della scarpa col duplice intento di permettere la difesa vicino del fossato da parte dei fucilieri e di contenere l’eventuale frana di terra nel caso di breccia da parte nemica. Da Castelli e rocche

di Romagna, 1 vol., op. cit., pag. 28.

62 De la Croix H., op. cit., pag. 40.

63 Centro Internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio” di Vicenza, Architettura militare veneta

del Cinquecento, Milano, Electa, 1988, pag. 23.

64

(17)

Il fosso divenne elemento fondamentale per proteggere le mura; esso, infatti, proprio per agevolare i sistemi difensivi suddetti, venne scavato più largo ( non meno di 10 metri) e più profondo (sempre più di 2 metri)65, per evitare che in caso di crollo del muro, non si riempisse, facilitando il passaggio degli assalitori66 e per proteggersi dalle gallerie e dalle mine .

Essendo la soluzione più diffusa tra il XIV e XV secolo, il fossato, già in uso prima dell’avvento delle bocche da fuoco, venne costruito secondo diversi criteri. Vennero abolite, inoltre, quelle sovrastrutture, quali coperture, piattaforme, terrazze, caditoie, bertesche e merlature, meno resistenti e facilmente

incendiabili67. Anche il ponte levatoio perde molta importanza, anche perché era

costruito in legno, per cui la resistenza agli attacchi del cannone erano nulli. Ad esso si sostituì un ponte di muratura. Le vecchie torri quadrate e alte tendono a scomparire, distrutte o inglobate in altre strutture, vennero sistemate in maniera più accurata lungo il perimetro difensivo.

Quelle rimaste vennero chiamate torri maestre, che presero il posto di quelle rotonde al centro del recinto, divenendo elemento caratterizzante del periodo preso in analisi.

Si vanno a sostituire le rondelle, ovvero torri rotonde, che non erano più alte delle mura, ma risultavano essere una sporgenza delle mura stesse, costituendo così uno degli elementi più importanti del periodo di transizione. Esse poi

verranno chiamate torrioni68, caratterizzanti della rocca, il risultato più

significativo di questo periodo, con le sue varie sfumature. Di questo primo frangente del periodo di transito la costruzione più espressiva è appunto la rocca, della quale si hanno molte testimonianze, con differenze tra nuovo e vecchio. Di tutta Europa gli esempi notevoli sono in Italia. Le merlature vennero sostituite

con i merloni69, parapetti lunghi, bassi e arrotondati, che si trovano interposti tra

le bocche di due troniere e bombardiere che si servivano ancora di ripari di legno,

65

Caciagli G., Il castello in Italia, Giorgi e Gambi editori, Firenze 1979, pag. 212

66 De Vita R., a cura di, Castelli, torri e opere fortificate di Puglia, Bari, Editoriale Adda, 1974, pag. 387. 67 De Vita R., op. cit., pag. 387.

68 Taddei D., L’opera di Giuliano, op cit., pag. 28, nota 37. 69

(18)

simili alle vecchie ventiere. I merli ormai erano inutili perché le palle di cannone

le demolivano facilmente70.

Queste innovazioni servivano per posizionare la batteria di artiglieria sulle mura, che inizialmente risultò difficile, a causa dei pezzi troppo grossi e delle mura ancora non troppo robuste a sostenere il peso. Le feritoie s’arrotondarono e s’allargarono, passando da quelle verticali e a croce a quelle di foro rotondo con

svasatura conica, assumendo varie forme71. (fig.12)

Figura 12: A) B) C) D), feritoia a cilindro

a doppio schiancio ruotante intorno al suo asse al momento del tiro e poi richiudibile per rotazione. Si noti l’ampio spazio disponi bile per l’utilizzo del pezzo da parte degli artiglieri. Da Cassi Ramelli, op. cit., pag. 262, fig. 143.

.

Molti degli esperimenti venivano realizzati in scala relativamente piccola di castelli, per vedere i risultati prima di applicarla su vasta scala, che poteva essere molto costoso. Molti di essi vengono modificati, ma questo non è sufficiente a risolvere l’attacco dei cannoni. Alla fine del XV secolo, infatti, ci si rende conto che le murature, fortemente rinforzate, non possono resistere ancora a lungo agli impatti ripetitivi delle palle di cannone.

La spedizione di Carlo VIII di Francia contro il Regno di Napoli fu la causa scatenante delle innovazioni tempestive delle fortificazioni già in fase di

cambiamento in Italia72. Era impossibile far fronte alle bombarde francesi e

70 Santoro L., I castelli angioini e aragonesi, op. cit., pag. 130. 71 Heinemann W., op. cit., pag. 237.

72

(19)

pensare di difendersi con le vecchie fortezze. Ci si rendeva conto che bisognava staccarsi dal passato, perché i primi accorgimenti adottati sulle fortificazioni preesistenti non resistevano a lungo alle cannonate. Molte di queste, infatti, caddero davanti all’artiglieria francese.

Il difetto maggiore delle fortificazioni italiane era il materiale da costruzione. Infatti al nord si costruivano torrioni con la terra battuta, che avevano una maggiore resistenza contro le palle di cannone. Gli architetti italiani preferivano costruire in pietra e mattone, poiché consideravano le costruzioni in terra solo come soluzioni temporanee. Alla prima occasione queste dovevano essere sostituite da costruzioni da pietra. Ma presto si devono staccare dalla tradizione e

ammettono che i muri di pietra non resistono ai cannoni73.

Tutti gli accorgimenti suddetti sono la somma per soluzione finale, che portano alla progettazione di modelli di nuove fortificazioni, che non dipendono più dalle condizioni del terreno, ma dalle linee di tiro, principi di copertura e tiro d’infilata.

2.3 La rocca

Il periodo di transizione con le sue varie sperimentazioni, produce un tipo specifico di fortificazione, che si va a sostituire al castello: la rocca.

In origine il termine rocca, come sinonimo di rupe compare col significato di edificio fortificato con destinazione militare e residenziale. Inizialmente essa si trovava in posizione elevata, su alture rocciose, come quasi tutte le

fortificazioni74. Nel Medioevo il suo utilizzo era quasi esclusivamente per scopi

militari, ma con caratteristiche funzionali e strutturali, non molto differenti dagli edifici coevi.

La sua pianta era quadrata o rettangolare, comunque simmetrica munita di torre quadrata della stessa altezza delle mura, agli angoli del perimetro grosse torri

73 De la Croix, op. cit., pag. 41. 74

(20)

rotonde dette rondelle75. Nell’arco del 1400, periodo del suo massimo sviluppo, designa un castello per la maggioranza in pianura o comunque in territori pianeggianti76, con funzione prevalentemente militare, che ospitava le truppe di soldati stanziati sul territorio con il comandante come rinforzo della cinta muraria cittadina già esistente. La rocca, che rappresentava il fortilizio più aggiornato,

spesso viene chiamata quattrocentesca o rinascimentale77. Il progressivo

perfezionamento dell’arte bellica e l’uso esteso dell’artiglieria resero necessario l’adeguamento delle costruzioni difensive già esistenti alle nuove tecniche di guerra. Per cui anche la rocca subisce un’evoluzione generale, dalla forma elementare delle origini ad un complesso articolato. La rocca è la risposta ancora imperfetta al cannone; risposta non immediata perché si è già detto che i tentativi furono tanti, così come dimostrano le varie tappe cronologiche. Questo anche perché l’utilizzo delle nuove armi fu graduale e perché modificare un edificio imponente non era un’impresa tempestiva.

A caratterizzare la rocca sono la sua robustezza e l’imponenza dei torrioni rotondi, ideati per sostenere i colpi dell’artiglieria nella parte più esposta e

fragile, lo spigolo78. Qualche volta eretta su un basamento castellano preesistente.

Le sue funzioni principali furono di cittadella o di caserma79, contenendo in essa

gli armati, che non solo dovevano sostenere l’urto di possibili assalitori, ma dovevano organizzare anche i contrattacchi proprio per le funzioni svolte.

Proprio per le sue funzioni, la rocca raramente mostrava elementi decorativi e superflui; questo accadeva per la competenza degli architetti a cui era affidata la progettazione e la costruzione. La sua dislocazione può essere ancora in una posizione dominante, ma nel periodo in questione essa si trova inserita nella cerchia muraria, distinguendosi da essa per le sue caratteristiche funzionali. Grazie alla loro posizione, le rocche in linea di massima non hanno il fossato, ma hanno ponti levatoi, rivellini e tutti gli elementi sperimentati per la sicurezza dei castelli coevi, che stavano adattando queste misure, che sembravano utili contro

75

Luisi R., op. cit., pag. 133,134.

76 Tabarelli G. Castelli, rocche e mura d’Italia, Bramante edizioni, Busto Arstizio, 1983 77 Perogalli c., op. cit., pag. 35.

78 Vincenti A., Castelli viscontei e sforzeschi, op. cit., pag. 117. 79

(21)

le armi da fuoco. La pianta generale del complesso architettonico tende ad essere più articolata, anche se non si discosta, almeno inizialmente, dalla sua pianta originale. Si tratta ancora di rafforzamenti e potenziamenti di vecchi sistemi difensivi medievali, che poi subiscono delle trasformazioni radicali80. Infatti, all’interno della base dei torrioni si cerca di trovare spazio per le nuove artiglierie che hanno però l’inconveniente di riempirsi di fumo, dopo il tiro. Quindi era necessario che ci fossero delle aperture adeguate. Solo sul finire del secolo verranno ideate le troniere o cannoniere, che però erano troppo esposte al tiro

dell’assediante, perché troppo ampie81.

Le rocche sono munite di una forte scarpatura, che preludono la vicina bastionatura di prossima adozione. Va sottolineato che la presenza di torri rotonde non era una novità; infatti i castelli angioini e aragonesi del centro-sud italiano già da tempo avevano adottato le torri rotonde82. Già se ne faceva uso durante le crociate. Si era capito che la forma rotonda era più adatta a ricevere, ma soprattutto a respingere i colpi delle palle di cannone, essendo la superficie sfuggente83.

La vera innovazione dell’utilizzo della torre tonda in chiave “moderna”, deriva dal fatto che viene risolto, almeno in parte, il problema dell’angolo morto (fig. 13).

Figura 13: Torri quadrate, torri rotonde e bastione con angoli morti e traiettoria di tiro. Da Luisi

R., Scudi di pietra, op. cit., pag. 136, fig. 81.

80 Viganò M., “El fratin mi ynginiero”, i Paleari Fratino da Morcote, ingegneri militari ticinesi in

Spagna (XVI-XVII secolo), Bellinzona, Edizione Casagrande, 2004, pag.43.

81 Perogalli C., op. cit., pag. 37.

82 Architettura fortificata: atti del primo congresso internazionale Piacenza-Bologna 18-21 marzo 1976,

a cura dell’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Emilia-Romagna, Bologna, Lorenzini 1978, pag.32.

83

(22)

I colpi inflitti al diametro delle torri tonde continuavano ad essere efficaci, mentre tanti colpi venivano deviati grazie alla rotondità della superficie84(fig. 14).

Figura 14: tecnica di tiro contro torri quadrate e rotonde. Da Centro internazionale di studi di

architettura “Andrea Palladio” di Vicenza, L’architettura militare veneta del Cinquecento, Milano, Electa, pag. 25.

La merlatura si presenta ancora in aggetto, con apparato a sporgere per tutto il perimetro difensivo. Vengono utilizzati anche sistemi per il tiro piombante, anche se questo non ha più l’importanza del periodo precedente.

Le rocche o i castelli con prerogative difensive accentuate, erano richieste dai Signori, che volevano difendere i loro domini territoriali e tutelare il loro potere. Fecero ricorso a queste opere difensive l’Impero (Sacro romano Impero), il Papato, il Regno di Spagna e quello di Francia, intendendo, seppure con motivazioni diverse, ripristinare il prestigio politico sull’Italia85.

L’evoluzione degli apparati difensivi mutò l’aspetto delle fortificazioni. Le trasformazioni architettoniche venivano attuate in base alle esigenze difensive. Probabilmente la capostipite del nuovo tipo della rocca, è la Rocca Pia di Tivoli

(RM), realizzata intorno al 1461, con torrioni rotondi agli angoli86.

84 Luisi R., op. cit., pag. 134.

85 Caciagli G., Il castello in Italia, Giorgi e Gambi Editori, Firenze 1979, pag. 225. 86

(23)

La Rocca che si presenta ancora in forma arcaica, è stata costruita in due tempi,

ne denunciano il fatto le diverse altezze a “due a due” delle torri87. Infatti due di

queste superano ancora la cortina, dominandola. La pianta invece, rimane fedele all’originale.

Questa rocca è l’anello di congiunzione, almeno nel Lazio, tra il castello feudale e la rocca rinascimentale88.(fig. 15)

Figura 15: Rocca Pia a Tivoli. Da Architettura fortificata…, op. cit., pag. 32.

Nella parte settentrionale d’Italia, la zona più densa e avanzata per le rocche, è l’Emilia orientale e la Romagna, insieme alle Marche, la Toscana, valli del Magra e del Tevere e il regno aragonese89. La rocca di Ravenna (1456-1467) è

importante, perché darà spunto a tutte le altre costruzioni della regione90.

La Rocca di Imola (1472-74), infatti, è un perfetto esempio, in cui le caratteristiche proprie della rocca, sono messe in evidenza, facendone un edificio adibito esclusivamente a scopi militari, senza più nessuna funzione abitativa91. (fig. 16)

87

Perogalli C., op. cit.,pag. 38.

88 Tabarelli G., Castelli, rocche e mura d’Italia, op. cit., pag. 168 89 Viganò M., op. cit., pag. 43.

90 Perogalli C., op. cit., pag. 38. 91

(24)

Figura 16: Cittadella di Imola prima della ristrutturazione quattrocentesca. Da Taddei D.,

L’opera di Giuliano da Sangallo, op. cit. pag. 28, fig. 16.

Prima della sua ristrutturazione quattrocentesca la rocca era di forma quadrata, con angoli delle grosse torri quadrate, poste ad intervalli regolari, tipica architettura per la difesa piombante.

Con l’introduzione nell’arte della guerra delle nuove armi da fuoco, nella seconda alla fine del ‘400, le torri quadrate vengono inglobate nei nuovi torrioni rotondi. Questo particolare si riscontrerà anche in altri edifici successivi , per il fatto che per il buon funzionamento della cannoniera interna al torrione, era necessario un largo cammino per i fumi di volata. Nel caso di Imola la torre quadrata era stata svuotata al suo interno e attorno ricostruite le cannoniere a

torre; in questo modo si era creato il cammino dei fumi dell’artiglieria92(fig. 17).

Figura 17: rocca di Imola. Da Tabarelli, op.cit., fig. 336.

92

(25)

Per quanto riguarda il Ducato di Milano, si ha un solo esempio di fortificazione

all’avanguardia93 di questo periodo di cambiamenti: la rocca di Soncino. La rocca

venne iniziata nel 1473, per proteggere un confine, minacciato dai veneziani94. L’edificio rappresenta la rocca di questo periodo, che ha un fine solo ed esclusivamente militare. Modificato sulla base di un edificio medievale, al quale sono stati aggiunti i torrioni circolari e sporgenti, che insieme allo spessore delle mura, sono gli elementi innovativi. Rimane ancora legato agli schemi medievali, infatti, si trova la difesa piombante95.

In Toscana, invece, l’esempio più significativo della rocca di Transizione è rappresentato dalla Rocca Nuova di Volterra, che non ha precedenti simili. Di fondamentale importanza, perché è la realizzazione a cui si fa riferimento per capire l’architettura militare di Firenze. La sua realizzazione inizia nel 1472 e ultimata due anni più tardi96.

Eseguita dal Francione non presenta caratteristiche innovative. Solo più tardi il

Francione capirà l’importanza del puntone97. La forma è quella quadrangolare,

munita di mastio centrale e torrioni cilindrici ai vertici. Questa rocca si va ad

unire a quella precedente, attraverso delle lunghe cortine con beccatelli98, che da

a tutto il complesso una forma singolare. (fig. 18)

La rocca possiede un apparato a sporgere continuo, con beccatelli. La presenza del mastio rotondo isolato al centro del cortile distingue questa rocche da quelle

coeve della Romagna99.

Ma questo semplice adeguamento di vecchie opere, non bastava, così che quella che è stata chiamata architettura di transizione e che ha portato alla perfezione i sistemi di difesa medievale, non ebbe grandi fortune, dato che nell’arco di mezzo secolo venne abbandonata per essere sostituita col fronte bastionato.

93

Vincenti A., op. cit., pag. 112.

94 Tabarelli G., Castelli, rocche e mura d’Italia, op. cit., pag. 162. 95 Vincenti A., op. cit., pag. 171.

96

Severini G., Architetture militari di Giuliano da Sangallo, Pisa, Lischi, 1970, pag. 11.

97 Severini G., op. cit., pag. 16. 98 Tabarelli G, op. cit., tavole.

99 Centro Internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio” di Vicenza, Architettura militare veneta

(26)

Figura 18: pianta della Rocca di Volterra. Da Tabarelli, op. cit., tavola 369.

Infatti la rocca , ancora non era in grado di rispondere elle esigenze difensive e si presentava fragile100 davanti all’artiglieria che continuava a progredire101.

2.4 I prototipi del bastione

Il periodo di transizione dopo le sue sperimentazioni, che in parte avevano raggiunto lo scopo di difendersi dalle artiglierie, porta alla messa a punto di

prototipi, ovvero delle tipologie per l’applicazione del fronte bastionato102. Si era

capito che la rocca, con i torrioni rotondi, non era più in grado di sostenere i colpi sempre più frequenti e potenti dell’artiglieria103, anche perché non risolveva l’angolo morto. Si preferì, dunque, adottare una forma allungata, a cuneo o a

“becco”, rara in Italia ma già utilizzata in Francia e altrove in Europa104. Questa

nuova forma si prestava meglio alle necessità difensive, soprattutto se posto in asse di simmetria con la bisettrice dell’angolo105, l’antenato del bastione vero e

100 Martegani A. e Tamborini M., a cura di, Castelli e fortezze, op. cit., pag. 8. 101 Maravigna P., L’arte della guerra, op. cit., pag. 72.

102

Masi Luciana, La fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi, un prototipo di cantiere dell’architettura

militare del Rinascimento, Poggibonsi, Lalli Editore, 1992, pag. 33.

103 Coppa A., op., Galeazzo Alessi, op. cit., pag. 4. 104 Perogalli C., op. cit., pag. 39.

105

(27)

proprio, che si affermerà definitivamente nel XVI secolo. Alla fine del XV secolo le conoscenze continuarono ad affinarsi, passando in maniera graduale al forte munito di puntoni, al fiancheggiamento radente e al sempre maggiore

ingrossamento del circuito murario, che subirà una quasi totale scarpatura106. Dal

tiro difensivo frontale si era passati a quello radente. Si giunse al fiancheggiamento, cioè bloccare il nemico non soltanto frontalmente, ma anche sui fianchi, colpendolo dal maggior numero di punti. Questa nuova impostazione strutturale, aveva il pregio che ogni torrione poteva difendere quello contiguo, che però era attuabile solo se tutti i torrioni possedevano le stesse caratteristiche107. Inizia ad essere impiegato il puntone a forma pentagonale che Giuliano da Sangallo aveva concepito, dopo che Francesco di Giorgio aveva sperimentato la torre poligonale a Mondovia e quella ovale a Cagli108. La sua forma più sporgente verso l’esterno rispetto al torrione prevedeva la linea di difesa lungo i fianchi , tra le cortine e il cosiddetto orecchione, che nascondeva le

bocche da fuoco dal nemico109.

Anche le porte cambiano posizione, stando nascoste dietro ad uno spesso terrapieno dietro a un puntone, per non essere troppo esposta ai proiettili nemici. Il processo lento ma intenso di questo periodo, porta alla creazione di splendide forme, nella loro plasticità e proporzioni, secondo un ordine di altezze, che le rende le più belle costruzioni funzionali mai costruite110. È in Toscana che

nacque e maturò la nuova forma bastionata111.

Vengono aggiunte torri o torrioni disposti a tenaglia, soprattutto per assicurare la difesa fiancheggiante sull’ingresso112. In questo primo periodo, infatti, lo scopo era quello di difendere le cortine, che erano più esposte, attraverso il tiro

fiancheggiante che partiva dagli angoli del circuito murario113. (fig. 19)

106

Maravigna P, Storia dell’arte militare, op. cit., pag. 73.

107

Perogalli C., op. cit., pag. 37.

108 De la Croix, op. cit., pag. 40.

109 Cinti D., Le mura medicee di Sansepolcro, la storia e il recupero di un sistema difensivo, Firenze,

edizione Medicea, 1992, pag. 10.

110 De la Croix H., op. cit., pag. 40. 111 Perogalli C., op. cit., pag. 7. 112 Caciagli G., op. cit., pag. 223. 113

(28)

Figura 19: varia sporgenza del torrione angolare in funzione del tiro fiancheggiante: 1) con

angolo di gola di 90°- tiro pessimo; 2) con angolo di gola di 60°- migliore; 3) in condizioni di tangenza con passerella diagonale di raccordo e possibilità anche di tiro a rovescio favorevole; 4) ulteriore miglioramento nel caso in cui il torrione angolare sia posto all’estremo di cortine tanagliate; 5) torrione tondo avanzato, con singolare anticipazione di fiancheggiamento della cortina. Si tratterebbe di una delle prime rondelle che ha anticipato il fronte bastionato, B rondella; A torre; D fossato; C galleria di ronda. Da Cassi Ramelli, op. cit., pag. 283, fig. 150.

Le rondelle e i puntoni diventano parte integrante delle mura, in posizione intermedia oppure sono ad essa esterna e addirittura si spostano nelle casematte, in posizioni più avanzate, collegate da camminamenti sotterranei o corridoi murati, i capannati114, poste sul fondo del fosso di cui Francesco di Giorgio fu inventore. Da queste postazioni era molto più facile colpire l’assediante, dato che i capannati erano posti quasi a livello del suolo.

Il primo a teorizzare un cambiamento della pianta quadrangolare della rocca ad una forma più libera, fu proprio Francesco di Giorgio.

Il primo tipo di bastione, sembra essere la Rocca di Ostia, allo stato attuale delle conoscenze, che possiede le caratteristiche per porsi come punto di partenza

verso nuove soluzioni115. Costruita da Baccio Pontelli a partire dal 1479, la rocca

si presenta a forma triangolare con i torrioni ai vertici, di cui due circolari rivolti verso il mare, il terzo di forma trapezoidale, con il saliente verso terra.(fig.20). Al

posto delle merlature, si trovano già le troniere o cannoniere116. Secondo il Vasari

sarebbe stata costruita in base ad un disegno di Giuliano da Sangallo117.

114

Taddei D, op. cit., pag. 31.

115 Perogalli C., op. cit., pag. 41.

116 Centro internazionale di studi di architettura “Andrea Palladio”, di Vicenza, L’architettura militare

veneta del ‘500, op. cit., pag. 24.

117

(29)

Figura 20: pianta della Rocca di Ostia. Da Tabarelli, op. cit., tavole.

Ancora però si vede che l’asse non è in posizione simmetrica. Ancora non si è raggiunto lo scopo, ma si va in quella direzione. Essa infatti, rappresenta il sommario dello stato in cui l’architettura militare era arrivata alla fine del secolo. La struttura mostra ancora rimanenze medievali, come il mastio e le gallerie per la difesa piombante. Sono presenti le casematte, munite di cannoniere, che risultano essere le prime di questo genere118.

Anche il forte di Sarzanello (1492-1502), che si avvicina molto alla pianta della Rocca di Ostia, ovvero triangolare, mostra ancora i torrioni rotondi agli angoli. Il passo avanti della trasformazione, è costituito dal fortino triangolare, posto davanti al lato dell’ingresso, che somiglia ad un bastione119(fig. 21). L’idea di porre il puntone all’esterno della fortificazione era un’intuizione di questa fase costruttiva. Lo sviluppo della pianta è quello romboidale , che era considerato da Francesco di Giorgio, una delle migliori strutture. Questi primi esempi sono i primi passi del fronte bastionato vero e proprio, che si presenterà molto più complesso, sia per le forme che il bastione può assumere, sia perché risulta efficace solo se l’intero sistema è bastionato, così che si possa attuare il tiro radente incrociato e ogni bastione possa difendere quello vicino. La difesa redente teorizzata da Francesco di Giorgio e da Giuliano da Sangallo, consente di sparare dai pezzi d’artiglieria posti sulle troniere, che risultavano tangenti sia alla cortina , sia alla parete inclinata del puntone opposto o di fronte120.

118 De la Croix, op. cit., pag. 40.

119 A cura dell’Istituto Italiano dei Castelli, Architettura fortificata, op. cit., pag. 33. 120

(30)

Figura 21: puntone all’ingresso del forte di Sarzanello. Da Taddei D, La fortezza di Aulla, per

una proposta di riuso delle opere di architettura fortificata, Firenze, Medicea, 1983, pag. 103, fig. 53a.

A questo si pone rimedio con le troniere poste nelle murature dei torrioni, il più vicino possibile alla cortina, in modo da non essere perpendicolari al tiro dell’assediante. Il forte di Sarzanello è uno degli esempi più belli e significativi di questo periodo di Transizione, in cui il tiro fiancheggiante inizia ad essere risolto con l’ausilio di forme sporgenti e arrotondate121. A Civita Castellana sul finire del XV secolo, viene sperimentato il tracciato pentagonale irregolare con baluardi pentagonali e uno circolare122. (fig. 22)

Fig. 22: Civita Castellana, Forte Borgiano realizzato da Antonio da Sangallo. Irregolarmente

irregolare si articola su due cortili. Da Perogalli C., Rocche e forti medicei, op. cit., pag. 77, fig. 64.

121 Taddei D., La fortezza di Aulla, op. cit., pag. 104. 122

(31)

Dal punto di vista formale dei puntoni, il sistema difensivo sembra delineare un

punto d’arrivo verso il caratteristico schema dell’età moderna123. Anche a Poggio

Imperiale si riscontra il tracciato pentagonale, ma di forma allungata, con bastioni pentagonali, che sono privi di orecchioni. (fig. 23)

Figura 23: pianta della fortezza di Poggio Imperiale. Da Taddei D. La fortezza di Aulla, op.

cit., pag. 99.

Il progetto risale a Giuliano da Sangallo, poi subentra Antonio, con il quale

termina i lavori nel 1511124. Questo esempio è molto importante, perché

collocandosi in un periodo di sperimentazioni del bastione, è stato realizzato in maniera organica rapportandosi alla città125.

All’inizio del ‘500 si va affermando il nuovo tipo di fortificazione, che risulta indipendente, costituita dalla pianta quadrata con bastioni agli angoli, che ormai

sostituiva la rocca, che anche se non viene abbandonata, è ormai superata126. La

costruzione più significativa dell’inizio del ‘500, che conclude il periodo di Transizione insieme alla cittadella di Pisa127, è il forte di Nettuno, con il quale si raggiunge la maturità del sistema di difesa, in cui le innovazioni vengono messe insieme in maniera organica. Sono presenti, infatti, il fianco rettilineo ritirato,

123

Taddei D., La fortezza di Aulla, op. cit., pag. 109

124 Fara A., Bernardo Buontalenti, op. cit., pag. 86.

125 Masi L., La fortezza di Poggio Imperiale, op. cit., pag. 30. 126 Perogalli C., op. cit., pag. 83.

127

(32)

orecchioni e un duplice ordine di difesa fiancheggiante128. Costruito da Antonio da Sangallo a partire dal 1501 per il Valentino, il forte che si trova sul litorale

romano, viene considerato come l’ultima evoluzione del castello129. La

progettazione pare risalga però a Giuliano, fratello di Antonio, che avrebbe realizzato in alcuni disegni dei puntoni triangolari nei quali al loro interno

contenevano l’impianto di artiglieria per la difesa radente130. Nel forte di Nettuno

viene interamente applicato il sistema da lui disegnato. (fig. 24)

Figura 24: pianta del forte di Nettuno. Da Tabarelli G., Castelli, rocche e mura, op. cit., fig.

360.

Si presenta di forma quadrangolare, come la tradizione castellana e della rocca, che erano state screditate nel periodo di transizione da Francesco di Giorgio e Giuliano da Sangallo131.

Il forte costruito interamente in mattoni, ha quattro bastioni agli angoli di forma allungata e slanciata. Tutti e quattro presentano le stesse caratteristiche, muniti di cannoni con doppio ordine di artiglieria. Inoltre i pezzi sono presenti nel coronamento, che non ha stondatura, nelle casematte, con volte coperte in aggetto. L’inserimento del palazzo all’interno del forte viene fatto in maniera

raffinata132, anche se va a ostacolare la simmetricità del complesso, perfettamente

regolare. Il fianco ritirato era stata la soluzione migliore per poter inserire le troniere, dalle quali si poteva effettuare il tiro radente e rimanere nascosti al

128

Severini G., Le architetture militari di Giuliano da Sangallo, op. cit., pag. 39.

129 Tabarelli G., op cit., didascalia fig. 360.

130 Taddei D., L’opera di Giuliano Da Sangallo, o. cit., pag. 67. 131 Perogalli C., op. cit., pag. 87.

132

(33)

nemico133. Qui come nel forte di Sansepolcro, il baluardo ha gli orecchioni che

partono dalle cortine134. Il forte di Nettuno raggiunge la sua applicazione pratica,

col sistema di difesa bastionata. L’unico elemento arcaicizzante della struttura si nota nelle alte mura, che a partire dal fossato raggiungono l’altezza di 20 metri135. Sotto l’impulso di quello di Nettuno, nel 1509, venne costruita la cittadella di Pisa, anch’essa di forma quadrata, con soli tre bastioni, di cui oggi ne rimangono solo due. (fig. 25)

Figura 25: pianta del forte di Pisa dei fratelli da Sangallo. Da Perogalli C., op. cit., pag. 94, fig.

85.

I puntoni poligonali si presentano stondati, con le caratteristiche del fronte bastionato. Sono presenti tutte quelle caratteristiche che rendono la cittadella una delle creazioni più originali e moderne dei primi del ‘500, munita di troniere interne, con la gola del puntone dietro al traditore stondato136. Con il forte di Nettuno e la cittadella Nuova di Pisa e quella di Arezzo, si raggiunge la forma pura, che fa sì che la fortificazione cambi aspetto per sempre. Grazie ai fratelli da Sangallo che realizzano i primi bastioni in maniera sistematica, si avrà la sua

generalizzazione, che cambierà gli assetti urbani di città italiane ed europee137. In

seguito ai bastioni viene data maggiore solidità, con l’utilizzo di materiali più

133 Perogalli C., op. cit., pag. 87.

134 Fara A., Bernardo Buontalenti, op. cit.,pag. 91. 135

De la Croix, op. cit., pag. 44.

136 Taddei D., La fortezza di Aulla, op. cit., pag. 126.

137 A cura di Martegani A., Tamborini M., Castelli e fortezze: l’architettura militare nei disegni e nei

documenti della Trivulziana: Biblioteca Trivulziana, castello Sforzesco, Milano 18 maggio-6 giugno 1993, Milano, Editor, 1993, pag. 8.

(34)

duraturi, come il laterizio o la pietra, in base alla disponibilità138. Ciò che si riscontra in queste prime realizzazioni di fronti bastionati è che si ha

un’alternanza tra baluardi a conformazione pentagonale e circolare139.

Ovviamente tra le prime messe in opera del fronte bastionato, vanno ricordate anche quelle dell’Italia meridionale, che fu interessata anch’essa da questa innovazione costruttiva.

138 Coppa A., op. cit., pag. 4.

139 Fara A., Bernardo Buontalenti, l’architettura , la guerra e l’elemento geometrico, Genova, Sagep

Figura

Figura  1:  A  sinistra  piombatoie  con  caditoie  portate  a  sbalzo  più  avanzate  del  paramento  dei
Figura 3: Castello di Sirmione. Veduta dei merli. Da Cassi Ramelli, op. cit., pag. 249, fig
Figura 5: disegno dell’apparato a sporgere. da Scudi di pietra, Luisi R., op. cit., pag.43,
Figura 6: disegno dell’ingresso di un castello con ponte levatoio e saracinesca. Da Luisi R., op
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