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PANORAMICA DEGLI AGENTI IMPIEGATI NELLA PREVENZIONE DEL CANCRO [1]

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PANORAMICA DEGLI AGENTI IMPIEGATI NELLA PREVENZIONE DEL

CANCRO [1]

Prove epidemiologiche sulla possibilità di prevenire il cancro

Il XX secolo è stato caratterizzato da un notevole aumento dell'aspettativa di vita e da un'incredibile rivoluzione delle principali cause di morte [2]. Per secoli e millenni, le popolazioni di tutti i paesi del mondo erano state decimate, spesso prematuramente, da malattie infettive e parassitarie. Con la scoperta dei batteri e successivamente di altri organismi patogeni, sia la medicina preventiva che quella terapeutica si sono dimostrate efficaci nel ridurre drasticamente l'importanza delle malattie trasmissibili come causa di morte nei paesi sviluppati. In una certa misura, ma con determinate eccezioni, un andamento simile si è osservato anche nei paesi in via di sviluppo.

Al contrario, le patologie cronico-degenerative, tra le quali le malattie cardio- e cerebrovascolari ed il cancro, occupano un posto di primo piano e si sono rivelate come le principali cause di morte nelle popolazioni in cui l'aspettativa di vita è quasi raddoppiata nell'arco degli ultimi 100 anni. Sebbene sia ancora difficile ottenere il pieno controllo di queste patologie, data la loro origine multifattoriale, con la fine del secolo appena trascorso lo scenario epidemiologico ha mostrato importanti cambiamenti; negli ultimi decenni infatti, in molti paesi si è potuta osservare una notevole riduzione della mortalità per malattie cardiache e cerebrovascolari. Inoltre, analizzando dati standardizzati in base al tempo, piuttosto che dati puramente legati alla mortalità, negli ultimi 15-20 anni nei paesi europei ed in USA si sono ridotti perfino i decessi legati al cancro [3].

Questi campioni dimostrano che è possibile prevenire tale malattia non soltanto in gruppi selezionati di persone, ma anche su scala nazionale. É da sottolineare, inoltre, che non si è verificata soltanto una riduzione nel numero dei dati relativi alla mortalità per tumore, alla quale possono aver contribuito i progressi nella diagnosi e nella terapia, ma anche una riduzione delle cifre relative all'incidenza, grazie all'efficacia delle strategie di prevenzione.

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È ormai comprovato che le mutazioni somatiche svolgono un ruolo chiave nella formazione di un tumore e in altre fasi del processo di carcinogenesi.

È inoltre dimostrato che le alterazioni del DNA possono contribuire anche allo sviluppo di altre condizioni patologiche, come la malattia ostruttiva cronica del polmone, l'aterosclerosi, le patologie degenerative del cuore ed il glaucoma.

Sebbene non si possa generalizzare, a causa del gran numero di condizioni diverse in gioco, è necessario sottolineare che malattie croniche differenti possono

condividere meccanismi che agiscono come determinanti patogenetici, tra cui il danno al DNA, lo stress ossidativo e l'infiammazione cronica [4].

Approcci alla prevenzione del cancro e di altre malattie che originano da mutazioni

Facendo riferimento all'obiettivo dell'intervento, esistono tre livelli di prevenzione: (a) prevenzione primaria, rivolta agli individui apparentemente in salute; (b) prevenzione secondaria, indirizzata ai pazienti allo stadio preclinico o precoce della malattia; (c) prevenzione terziaria, relativa ai pazienti affetti da tumore che abbiano già ricevuto una specifica terapia [5,6].

Classificazione dei meccanismi degli agenti di prevenzione

Nel 1988, De Flora e Ramel [7] proposero una classificazione dettagliata degli inibitori della mutagenesi e della carcinogenesi, poi periodicamente modificata [6,8,9]. Il seguente schema mostra un ulteriore aggiornamento di questa classificazione, che prende in considerazione i tre livelli generali della prevenzione, in relazione ai possibili meccanismi secondo i quali agiscono i fattori di prevenzione del cancro.

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In particolare, la prevenzione primaria, avendo come obiettivo quello di impedire l'insorgenza della malattia maligna, comprende sia l'inibizione delle mutazioni e della formazione del tumore, in ambito extracellulare o all'interno della cellula, sia l'inibizione della promozione del cancro.

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La prevenzione secondaria si avvale di vari meccanismi mirati a inibire tempestivamente la progressione di un tumore benigno verso la malignità.

La prevenzione terziaria si propone, invece, di prevenirne la ri-formazione locale e di inibire l'invasione e la metastatizzazione del cancro; sebbene essa non rientri nella definizione di prevenzione in senso stretto, viene comunque riportata nello schema 1, poiché vari meccanismi sfruttati a questo livello, sono comuni a quelli coinvolti nell'ambito della prevenzione primaria e secondaria.

Un ulteriore scopo della prevenzione è quello di impedire che si formi un secondo tumore primario, sia contemporaneamente che a distanza di tempo. Questo tipo di approccio, che viene spesso seguito negli studi di chemoprevenzione, è riferibile alla prevenzione primaria, in quanto si rivolge ad individui apparentemente sani relativamente al tumore che può manifestarsi in una fase più avanzata. In alternativa, un approccio del genere può essere inserito all'interno della prevenzione secondaria, dal momento che il secondo tumore, benchè clinicamente silente, può essere, quando si interviene, ormai ad uno stadio avanzato.

Chemoprevenzione delle mutazioni e del cancro

La prevenzione del cancro non è più agli esordi, ma finora essa non è stata completamente accettata né seguita.

Studi in vitro, su cavie animali e sull'uomo hanno contribuito ad identificare numerosi agenti potenzialmente in grado di ridurre il rischio di sviluppare cancro o altre malattie scatenate da mutazioni.

Come avviene quando si somministra un qualsiasi altro farmaco all'uomo, anche gli agenti impiegati nella chemoprevenzione devono presentare certi requisiti generali, tra cui basso costo (a), analisi relativa al rapporto rischio-beneficio e stima della popolazione cui possono essere destinati, maneggevolezza (b), disponibilità, condizioni di conservazione e via di somministrazione, tenendo anche presente che essi devono essere impiegati per lunghi periodi di tempo, efficacia (c) e sicurezza (d) [10].

L'espressione latina primum non nocere ci ricorda che la caratteristica più importante di un trattamento medico è quello di non produrre danni, soprattutto quando esso è indirizzato ad individui sani.

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Le priorità devono essere stabilite in base al tipo di intervento e al suo obiettivo; quindi, il requisito più importante perché una cura farmacologica venga impiegata nella terapia di pazienti colpiti da un tumore è l'efficacia, nonostante questo tipo di trattamento abbia un costo elevato ed una scarsa maneggevolezza, e sia spesso accompagnato da gravi effetti collaterali.

Al contrario, gli interventi di salute pubblica rivolti a soggetti sani in un quadro di prevenzione primaria, hanno costi ridotti, grande praticità d'uso ed elevata tollerabilità. Al momento però, è difficile immaginare un utilizzo diffuso di agenti farmacologici nell'ambito delle strategie per la salute pubblica; è tuttavia opportuno diffondere nella popolazione linee guida riguardanti la dieta e lo stile di vita, come dimostrato da numerose iniziative e dalle campagne di prevenzione del cancro che si tengono in vari paesi [11].

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