• Non ci sono risultati.

Capitolo II

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo II"

Copied!
10
0
0

Testo completo

(1)

25

Introduzione alla decorazione a grottesche

2.1 Etimologia del termine

Durante il periodo di tesi ho potuto constatare come di sovente le persone non addette tendano a confondere il significato di “grottesche” con quello di “grottesco”; perciò ritengo opportuno iniziare chiarendo le origini e il significato di entrambi i termini affinché siano evidenti le differenze.

La testimonianza più antica del termine “grottesche” è quella di un anonimo pittore milanese che lo utilizzò in un divertente poemetto, noto come Antiquarie

prospettiche romane composte per prospectivo Milanese depictore e databile tra il

1496-’98, in riferimento all’ornato presente nella neo-scoperta Domus Aurea a Roma1.

‘Hor son spelonch’e ruinate grotte di stucco, di riliev’o altri colori di man di Cinabuba, Apell’e Giotte. D’ogni stagion son piene di pintori, più la state par che’ l verno infresche, secondo el nome dato da’lavori. Andian per terra con nostre ventresche, con pane, con presutto, poma e vino, per esser più bizzarri alle grottesche.

(2)

26

È ‘l nostro guidarel mastro Pinzino che ben ci fa abbottare el viso e l’ochi, parendo in ver ciascun spaza camino; et facci traveder botte, ranocchi, civette e barbagianni e nottoline, rompendoci la schiena co’ginochi’. 2

Molti studiosi sostengono che attorno agli anni ottanta del XV secolo per un caso del tutto fortuito (un cedimento improvviso del terreno che inghiottì anche le pecore al pascolo), venne rinvenuta le domus neroniana, la quale, all’epoca, non venne subito identificata come tale, bensì scambiata come una propaggine delle terme di Tito, situate a ponente, nelle immediate vicinanze. Secondo la O’Bryan3

, tra i primi a restituire la corretta identità al sito fu Raffaello4, ma ciò nonostante molti autori, fino alla fine del XVII secolo, continuarono a riferirsi al luogo come Bagni di Tito o di Traiano.

La data precisa della scoperta è tutt’oggi molto dibattuta; sebbene molti storici concordavano nel collocarla attorno al 1481, sostenendo che altrimenti ne avremmo testimonianza nelle decorazioni della Cappella Sistina, nella quale invece i riferimenti all’antico si limitano alla citazione di decori già noti ripresi dalla Villa di Adriano a Tivoli e dal Colosseo, negli ultimi anni, grazie alle ricerche di La Malfa, si tende ad anticipare la scoperta della residenza neroniana alla fine degli anni settanta del Quattrocento5.

La lussuosissima Domus Aurea, situata tra il Celio e l’Esquilino, fu costruita tra il 64 e il 68 d. C. per volere dell’imperatore Nerone che non era appagato della sua precedente abitazione (la Domus Transitoria). Venne dismessa già in epoca flavia e

2 Agosti, Isella 2004, pp. 28-29.

3 O’Bryan 2000, ma la studiosa lo deduce da alcuni riferimenti generici presenti in Dacos 1969. 4

La studiosa americana si riferisce alla celebre lettera al Papa del 1519.

5Tale proposta trova origine nello studio delle fonti iconografiche utilizzate dal Pintoricchio per la

realizzazione della decorazione a grottesche nella Cappella di San Girolamo a Santa Maria del Popolo che consente di stabilire nel 1478 un termine ante quem.

(3)

27 fu ricoperta in epoca traianea quando si voleva cancellare la memoria dell’imperatore Nerone e l’imperatore Traiano la utilizzò come fondamenta per la costruzione delle sue terme6. La sovrapposizione e la vicinanza di più costruzioni di epoche diverse quindi generò confusione nella mente degli scopritori del XV secolo i quali, inoltre, avevano una visione molto ridotta delle reali dimensioni dell’edificio; infatti, nel Quattrocento vennero riportate alla luce solo poche stanze che, per giunta, venivano esplorate calandosi da buchi del soffitto illuminando gli ambienti, ancora per metà pieni di terra, per mezzo di torce e candele. La visita alle sale della Domus probabilmente era simile ad una moderna esplorazione di speleologia; tanto che la gente cominciò a chiamare le stanze rinvenute “grotte” da cui il termine “grottesche” per indicare le decorazioni che ne impreziosivano gli interni. La Domus Aurea rimase in questo stato semi-sotterrato fino al 1913 quando Fritz Weege vi fece una

reportage fotografico che ci restituisce ancor oggi la visione di ciò che videro gli

artisti del XV secolo.

A questo punto, è necessario notare come nel XV, così come nel XVI secolo, quando veniva usato il termine “grottesca” per indicare la decorazione che si sviluppò in seguito alla scoperta della Domus neroniana e che godette di grande fortuna, in quel periodo non aveva un’eccezione negativa, ma era un termine “neutrale” che faceva riferimento solo al luogo che era servito come fonte d’ispirazione. Il pittore e storico, Giorgio Vasari, per primo estese il termine “grottesche” anche all’ambito architettonico, in particolare riferendosi alle innovazioni apportate da Michelangelo nel complesso mediceo di San Lorenzo a Firenze, ciò nonostante questa parola è da sempre stata utilizzata maggiormente in campo pittorico7.

In seguito, con la Controriforma e i suoi divieti, la nuova decorazione a grottesche perse progressivamente importanza, divenendo una ripetizione di modelli e un semplice ornamento utile come riempimento di spazi vuoti, come cornice di un soggetto principale. È nel XVII secolo, quando la decorazione a grottesche aveva

6 Dacos 1969, pp. 9-10. 7 Vasari 1997, vol. V, p. 309.

(4)

28

ormai assunto un ruolo secondario, che il termine “grottesco” cominciò ad assumere un’accezione negativa. Durante il XVI secolo la decorazione a grottesche era stata utilizzata anche all’interno delle grotte artificiali tanto in voga in quel periodo e nel secolo successivo, quando tali bizzarrie vennero viste di cattivo occhio, l’aggettivo “grottesco” iniziò gradualmente ad intendersi con il significato attuale Stranamente e bizzarramente deforme, riferito (…) in genere a tutto ciò che, per essere goffo, paradossale, innaturale, muove il riso pur senza rallegrare’8. Il termine “grottesco” è utilizzato anche in letteratura dove sta ad indicare una delle varianti della comicità, scaturita da una ricercata disarmonia fra gli elementi caratteristici che lo compongono o dalla contrapposizione fra aulico e plebeo.

Per amor di precisione e per necessità filologiche all’interno di questa tesi con il termine “grottesche”ci si riferisce soltanto alla decorazione in auge tra XV e XVI secolo che sarà anche il campo d’indagine di questa scelta.

2.2 Le grottesche del XV e del XVI secolo

Come precedentemente sottolineato, la decorazione a grottesche propriamente detta ebbe origine quando i pittori del XV secolo iniziarono a calarsi nelle stanze della Domus Aurea e, affascinati dalle antiche pitture murali, decisero di ridisegnarle nei loro taccuini per trarvi spunto e realizzare nuovi ornamenti per le residenze gentilizie di Roma e i loro esigenti proprietari smaniosi d’antichità.

Le pitture parietali della Domus neroniana appartengono al IV stile (dal 41 al 79 d.C.) che, non a caso, è noto anche con il nome di “Fantastico” poiché estremamente ricco di figure mitologiche, animali, vegetali, ibridi, dipinte in modo rapido, corsivo

(5)

29 e con colori brillanti come il rosso, il giallo, il blu e l’oro (figg.1-2). Questa decorazione sebbene si sia rivelata presto una preziosissima fonte di nuove idee, non risultò del tutto nuova alla conoscenza dell’antico di intellettuali e artisti del Rinascimento; infatti, la pittura dell’antica Roma non era del tutto sconosciuta grazie alla Villa di Adriano a Tivoli e al Colosseo, ma senz’altro la Domus Aurea offriva un repertorio molto più vasto a cui attingere. La decorazione romana che è il diretto antecedente delle grottesche rinascimentali comparve attorno al 50 a.C. e rimase in voga per tre decenni circa, prima di scomparire temporaneamente dal repertorio figurativo9.

La scoperta della lussuosa residenza imperiale avvenne in un periodo particolarmente favorevole all’assorbimento di nuovi spunti presi dal passato. La passione per il collezionismo di “anticaglie” infatti aveva preparato il terreno. La decorazione a candelabri, detta anche “a candelabre” (fig. 3), rappresenta una sorta di antecedente simile a quello delle grottesche: venne ripresa da fregi architettonici e dai bassorilievi di sarcofagi antichi ancor prima che si scoprisse la Domus Aurea ed era stata assorbita nelle decorazioni rinascimentali grazie alla sua conformazione atta ad adornare spazi stretti e allungati come quelli di pilastri, lesene e cornici. Eppure, come nel caso delle grottesche, la decorazione a candelabre nonostante la sua origine antica, non venne ripresa in modo totalmente fedele ma subì rielaborazioni: ad esempio, arricchendosi di un’iconografia che, sebbene anch’essa antica, non era originariamente correlata a questo decoro. In questo modo, la decorazione rinascimentale a candelabre vede associati quello monumentale romano con le insegne militari antiche (armi, corazze, pelli d’animali, targhe, ecc.), a cui presto si aggiunsero altri elementi quali panoplie e delfini, aumentando la sensazione di un ornamento fantastico e, nonostante l’origine, “anticlassico”10

. Infatti, la decorazione a candelabre come, successivamente, quella a grottesche risulta in antitesi con il concetto di mimesis, vale a dire di riproduzione della realtà. L’idea di equilibrio

9

Picard 1981, p. 143

(6)

30

precario, di mancanza di gravità, di puro decorativismo su fondo piatto, anticipano le caratteristiche che saranno proprie anche delle grottesche, le quali però porteranno tali peculiarità ad un limite estremo, presentandosi ancor più “sovversive” in quanto presto occuperanno una superficie molto più vasta assumendo un’importanza e un’autonomia maggiore.

Gli studiosi hanno evidenziato la presenza di putti, ghirlande e draghi già attorno alla metà del XV secolo, vale a dire molto prima che fossero state scoperte le decorazioni d’epoca neroniana. Eppure tali elementi erano in gran parte rielaborazioni di ornamenti d’origine medievale, derivati dai capitelli gotici, dai marginalia dei manoscritti e dai bestiari. Questa tradizione medievale andò a confluire e ad amalgamarsi con le nuove ricerche di prototipi antichi, dando vita ad una decorazione rinascimentale che, date le sue caratteristiche, è stata definita dall’Acidini come “proto-grottesca”11

. Sotto tale dicitura possiamo quindi trovare, fra tanti esempi, i decori sviluppatisi nell’atelier dei Lombardo, quelli delle porte e dei camini del Palazzo Ducale di Urbino e delle lesene della Camera Picta a Mantova, tra cui si ipotizza compaia l’autoritratto dello stesso Mantegna in uno dei mascheroni. La passione antiquaria che alimentò la cultura figurativa del XV secolo, come è noto, era ben lontana dal seguire criteri strettamente filologici c’era una sorta di‘presunzione di una possibile equivalenza tra il presente travestito all’antica e il passato classico’12,questo lo si riscontra anche nell’uso che venne fatto delle neo-scoperte decorazioni delle Domus Aurea. Nonostante, infatti, gli studi accurati che eseguivano gli artisti del XV secolo di tali pitture, i primi pittori che fecero uso di tale fonte, seppure l’intento di citare la decorazione antica per dar prestigio a quella moderna fosse evidente, non si preoccuparono di decontestualizzarla e, in taluni casi, di riprodurla con colori differenti (il retaggio medievale continuava comunque ad essere presente). I disegni più antichi che ci sono pervenuti sono quelli del Codex

11

Ibidem, p.16.

(7)

31

Escurialensis ipoteticamente restituito di recente alla mano di Baccio Pontelli13 e di altri cinque artisti della medesima bottega: mentre questi fogli presentano una riproduzione pedissequa delle pitture neroniane, nel Taccuino Senese di Giuliano da Sangallo, lo studio della fonte antica sembra alternarsi alla creazione di nuove grottesche e lo stesso può dirsi del taccuino da disegni di Amico Aspertini della Biblioteca Palatina di Parma n. 1535.

L’assorbimento del prototipo antico nella decorazione Quattrocentesca risulta comunque più “antichizzante” rispetto ai mutamenti che subirà durante il secolo successivo. Vedremo, infatti, come durante il XVI secolo, dopo la svolta data dagli affreschi della bottega di Raffaello ed in special modo dalle innovazioni apportate da Giovanni da Udine, la decorazione a grottesche acquisì caratteristiche nuove e del tutto estranee alla Domus Aurea. Nonostante quest’evoluzione, che può essere intesa come un allontanamento dalla fonte originale, l’assenza di ibridazione con altri tipi di decori fa sì che si possa intendere, assieme a quella del XV secolo, come la vera decorazione a grottesche che si sviluppò dalla scoperta della Domus neroniana.

2.3 XVII-XVIII secolo: grottesche, arabeschi e chinoiserie

Nei secoli successivi la decorazione a grottesche che, come già preannunciato, aveva subito un declassamento, svuotandosi di significato e divenendo ripetitiva, subì graduali modifiche dovute all’ibridazione con altri tipi d’ornamento.

La Controriforma impose nuove regole in pittura espresse tramite il cardinal Paleotti, il quale criticò aspramente la decorazione a grottesche. Nel condannarla il Cardinale sosteneva che essa fosse legata a culti pagani, già di per sé esecrabili, per giunta di origine ctonia, motivo per cui era doppiamente colpevole per la sua nascita

(8)

32

“demoniaca”. L’ambiente stesso in cui i pittori moderni lavoravano per copiare le decorazioni antiche, immersi nell’oscurità, secondo il cardinale suggeriva inquietanti pensieri agli artisti. Nonostante la corrispondenza tenuta con il colto napoletano Pirro Ligorio, che promuoveva questo decoro per i suoi significati allegorici accessibili solo all’elite, secondo il Cardinale le grottesche erano da abolire.

Nonostante queste critiche la decorazione a grottesche continuò ad essere in uso, ma perse quella posizione di primo piano che aveva acquisito nella prima metà del XVI secolo. Specialmente nelle città ove aveva avuto maggior fortuna, ancora nel XVII secolo produsse pregevoli risultati come le grottesche dipinte da Pietro da Cortona a Palazzo Pitti a Firenze e quelle di Palazzo Barberini a Roma.

Persino i luoghi di culto furono reticenti ad abbandonare totalmente la decorazione a grottesche, ne abbiamo testimonianza negli affreschi del chiostro di S. Maria sopra Minerva.

Durante il XVII secolo però avvenne una sorta di passaggio di testimone da Roma e dall’Italia in genere alla Francia. La potenza francese, infatti, con le opportune modifiche dovute alla nuova moda, divenne il moderno centro propulsore per questo ornamento. Charles Le Brun adornò con decori vegetali di lontana ascendenza neroniana lo Scalone degli Ambasciatori della Reggia di Versailles attorno al 1671, ma l’autore principale in Francia di tale ornamentazione fu Jean Bérain (fig.4), incisore e pittore, che eseguì, tra numerose opere, il decoro del soffitto della Galleria di Apollo al Louvre. Di fatto, però non si tratta più di decorazione a grottesche nel senso proprio del termine: il modello suggerito dalle pitture del IV Stile della Domus Aurea è ormai un lontano ricordo, l’antica residenza neroniana non venne più visitata dai pittori se non in sporadiche occasioni, gli equilibri arditi e la varietà di ibridi che contraddistinguevano le grottesche del cinquecento sono ormai quasi scomparsi. La decorazione del XVII secolo diviene più sinuosa e rifugge gli elementi mostruosi, prediligendo soggetti mitologici o reali come animali e uomini. Bérain è anche, impropriamente, considerato inventore delle cosiddette singeries, decori dati dall’aggiunta di scimmiette, spesso abbigliate, all’interno di racemi e volute di derivazione neroniana (figg. 5-6). Lo scopo di tale decoro è chiaramente satirico, le

(9)

33 scimmie imitano comicamente con abiti e movenze diverse categorie d’esseri umani (pagliacci, acrobati, ma anche i membri dell’aristocrazia). La presenza di scimmie nel decoro a grottesche è in realtà documentato già nel XVI secolo, ma solo nella seconda metà del secolo successivo, ad opera di Bérain, divenne molto diffusa. Durante il XVIII secolo, la decorazione che traeva origine dalla rielaborazione delle pitture neroniane si evolse ancora: grazie ad Antoine Watteau, tramite l’intermediazione del suo maestro Claude Audran, divenne sempre più “leggera” e svolazzante, tendendo ad un linearismo più marcato. È in questo periodo che si amalgamò con la decorazione ad “arabeschi”, che a sua volta aveva subito notevoli variazioni rispetto al decoro originario, ed anche con le chinoiseries. Il fascino della cultura e dei manufatti dei Paesi del Sol Levante fanno sì che nuovi motivi orientali si fondano con gli ornamenti occidentali. Nel celebre salotto del Palazzo Reale di Portici (fig. 7), ad esempio, è riconoscibile lo schema strutturale tipico delle grottesche, eppure i festoni di frutta e fiori risultano molto distanti per stile da quelli delle Logge vaticane; allo stesso modo anche la decorazione “a candelabre” è ormai totalmente trasformata e così pure quel che rimane dei pìnakes dei quali, non solo sono cambiati totalmente i soggetti rappresentati, ma non mantengono nemmeno l’originaria cornice quadrangolare.

Ovviamente, con il Neoclassicismo, grazie alla riscoperta di importanti siti archeologici come Ercolano e Pompei, l’interesse per le pitture della Domus Aurea si fece risentire e vennero rivalutate le grottesche del XVI secolo. Sarebbe erroneo credere però che la nuova decorazione a grottesche fosse completamente fedele a quella neroniana; infatti, si tratta comunque di un’interpretazione di questa, con chiare reminiscenze dell’evoluzioni subite durante il Rococò (fig. 8).

(10)

34

2.4 L’evoluzione del decoro dall’Antichità al XIX secolo

La decorazione a grottesche, come abbiamo visto, è senza soluzione di continuità dall’epoca romana ai primi del XIX secolo. Eppure, da quel che si evince, è altrettanto evidente che non si presenta mai uguale a sé stessa, bensì si trasforma continuamente mantenendo delle caratteristiche comuni che possono essere i soggetti rappresentati o la struttura su cui si basa l’ornamento, ecc. Indubbiamente ciò che accomuna tutte le varianti di tale decoro è l’ampio margine di libertà creativa che viene lasciato all’artista; infatti, rispetto ad altri generi pittorici, l’ornamentazione è meno soggetta a regole sebbene il nostro caso presenti tratti comuni sia con la categoria dell’ornamento che con quella della pittura di figura. L’utilizzo stesso che si è fatto di questa decorazione è cambiato nel tempo e con questo è variata la centralità o la marginalità delle grottesche che, a tratti, è stata più o meno vicina alla pittura di figura o all’ornamento. Alla fine è prevalso quest’ultimo e questa scelta ha determinato anche il suo declassamento. Le grottesche rappresentano un caso insolito della storia dell’arte dove l’esempio dell’antico non impose costrizioni alla fantasia del pittore, bensì gli fornì il modo per sfuggire alle regole, permettendogli di inventare nuove creature, di non rispettare le ferree leggi della mimési e lasciando quindi che donne, uomini e animali si librassero nell’aria come se fossero in assenza di gravità, ed infine immettendo irriverenti allusioni all’interno di tale pittura come se questa, date le sue peculiarità anti-convenzionali, potesse sfuggire alla censura di qualsiasi autorità. Quest’ampia libertà d’espressione, assieme alla notorietà che aveva assunto, è stata presto intesa come minacciosa e pericolosa, quindi la Controriforma ha cercato di porre dei freni alla sua ascesa. Questo ha determinato la scelta di considerare la decorazione a grottesche solo come un ornamento, privandola di quell’autonomia di cui aveva goduto soprattutto nella prima metà del XVI secolo, ma al contempo lasciandole un certo margine di libertà creativa in quanto prerogativa tipica di questo genere pittorico.

Riferimenti

Documenti correlati

Table 4 Dihedral and folding angles for the two symmetry independent molecules (A, B) in Ni- R-L1 (1R) and Ni-S-L1 (1S), respectively Complexes (molecule) Chirality at Ni a θ (°) b

In particular, we examined the effects of AS601245 and clofibrate, alone or in association, on apoptosis, differentiation, and PPRE binding activity of PPAR α in CaCo-2 human colon

Among the sources of scientific evidence, information generated via life cycle assessment (LCA) has received growing attention by policy-makers for identifying, selecting, and

geminata on benthic communities (both macroin- vertebrates and diatoms) at two sampling sites affected by the presence of blooms for most of the year; iii) to high- light the

Tralasciando gli altri scritti attribuiti ad Orfeo, fra i quali i Lithica, le Argonautiche, pure queste tramandate dalla tradizione manoscritta rinvenuta in Terra d’Otranto,

concentration and/or weakest material property) out of the entire specimen, the quasicrystal sample is likely to undergo an earlier crack nucleation/initiation compared to the

hand the authority of God – the holistic, theo-teleological reading of the world which had kept people meek and acquiescent through the instilled fear of