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CAPITOLO 2 IL RISCHIO DI CREDIT VALUATION ADJUSTMENT IN BASILEA III 2.1 Il quadro di Basilea 2

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CAPITOLO 2

IL RISCHIO DI CREDIT VALUATION ADJUSTMENT IN BASILEA III

2.1 Il quadro di Basilea 2

Basilea 2 rappresenta un sistema di regole che hanno lo scopo di assicurare la stabilità patrimoniale delle banche, principalmente a garanzia dei depositi ma anche a garanzia della sicurezza ed efficienza del sistema bancario. L’accordo, ratificato nel 2004 ed entrato in vigore a partire dal gennaio 2007 (con la concessione di un’ulteriore proroga di un anno), è stato studiato, redatto e sottoscritto dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, istituito nella città svizzera nel 1974 dai governatori delle banche centrali dei Paesi del Gruppo dei Dieci26 per formulare le linee guida sulla regolamentazione dell’attività bancaria internazionale e promuovere la cooperazione nel campo della vigilanza. Le proposte del Comitato, pur non avendo potere legislativo, sono accettate come normativa vincolante da oltre 100 Paesi.

Si parla di Basilea “2” poiché rappresenta la revisione di un precedente accordo in vigore dal 1988, noto appunto come Basilea 1. Basilea 2 si articola in tre pilastri:

 il primo pilastro riguarda i requisiti minimi di capitale che le banche devono detenere per coprire le perdite inattese derivanti dal rischio di credito (tra cui quello di controparte), di mercato e operativo;

 il secondo pilastro riguarda il processo di controllo prudenziale, che si articola in due fasi integrate: 1) l’autovalutazione della rischiosità complessiva e la determinazione interna dell’adeguatezza del capitale (ICAAP) da parte della banca; 2) la revisione e la valutazione prudenziale da parte dell’Autorità di Vigilanza (SREP);

 il terzo pilastro riguarda la disciplina di mercato e la trasparenza delle banche nei confronti degli investitori affinché questi siano in grado di apprezzare l’adeguatezza del capitale della banca in questione.

Nel quadro regolamentare di Basilea 2 non viene previsto un requisito patrimoniale a fronte del rischio di Credit Valuation Adjustment, che sarà introdotto da Basilea 3.

Il CVA è un aggiustamento al fair value (o prezzo) degli strumenti derivati necessario per tener conto del rischio creditizio di controparte. Esso viene quindi visto come il prezzo del rischio di controparte. Tale prezzo dipende sia dal merito creditizio della controparte (ed i

26 I Paesi del Gruppo dei Dieci sono: Belgio, Canada, Francia, Giappone, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito,

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relativi credit spreads che variano nel tempo) che dai fattori di rischio di mercato sottostanti che influenzano il valore del derivato e l’esposizione. Il CVA è dunque volatile perché può subire cambiamenti nel tempo e per questo rappresenta un rischio. Quello che manca in Basilea 2 è proprio un requisito patrimoniale da detenere a fronte di possibili cambiamenti futuri nel CVA. Infatti, nella parte di Basilea 2 relativa al rischio di mercato, viene richiesto alle banche di detenere capitale a fronte della volatilità dei derivati facenti parte del trading book27, ma limitatamente alla volatilità del loro valore di mercato “privo di rischio”, cioè quel valore indipendente dalla controparte con cui sono negoziati. Manca, quindi, un requisito patrimoniale da detenere a fronte della volatilità del CVA.

Basilea 2 considera il rischio creditizio di controparte esclusivamente come una combinazione del rischio di default e del rischio di migrazione28, quindi il requisito patrimoniale richiesto nel primo pilastro a fronte di tale rischio non è in grado di catturare la natura di rischio di mercato del CVA e di coprire le perdite che il CVA stesso può generare.29

2.1.1 Il trattamento del rischio creditizio di controparte

Per chiarezza e completezza, vediamo brevemente come viene trattato il rischio creditizio di controparte in Basilea 2 e quali sono le metodologie utili per calcolarne l’esposizione. Questo anche perché l’adozione di una metodologia o l’altra sarà rilevante in Basilea 3 per stabilire il tipo di approccio che una banca dovrà usare per calcolare il requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA.

Il rischio creditizio di controparte (RCC) viene considerato nell’Allegato 4 del documento “Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali”30

del giugno 2006, noto appunto come Basilea 2, dove viene definito come «il rischio che la controparte di una transazione si renda insolvente prima del regolamento definitivo dei flussi monetari inerenti alla transazione stessa». Qui viene puntualizzato anche il fatto che «si

27 Il trading book o portafoglio di negoziazione è l’insieme delle posizioni in strumenti finanziari e materie prime

assunte in proprio, detenute con l’intento di beneficiare nel breve periodo di differenze tra prezzo di acquisto e di vendita o in vista di una prossima cessione o per svolgere negoziazioni con la clientela. Si distingue dal banking

book o portafoglio bancario che include le operazioni principalmente legate all’attività di intermediazione

creditizia (prestiti, partecipazioni…) e che si caratterizzano per una certa “immobilizzazione”. Infatti, se la composizione del banking book tende a restare stabile, quella del trading book può essere modificata sensibilmente nel breve termine.

28 Il rischio di migrazione è il rischio di deterioramento del merito creditizio di una controparte (downgrade).

Tale deterioramento può trovare riscontro concreto in un declassamento del rating del debitore ad opera di un’agenzia o ad opera degli analisti fidi della banca creditrice.

29 EUROPEAN BANKING AUTHORITY, op. cit., pag.24.

30 Esso rappresenta la versione italiana del documento intitolato “International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards”.

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determina una perdita solo se la transazione o il portafoglio di transazioni ha un valore economico positivo al momento dell’insolvenza». Viene inoltre fatto un confronto con il rischio di credito tradizionale, affermando che «diversamente dal rischio creditizio connesso con un prestito, dove l’esposizione è unilaterale, in quanto solo la banca mutuante sopporta un rischio di perdita, il rischio di controparte è bilaterale, poiché il valore di mercato della transazione può essere positivo o negativo per ognuna delle controparti. Tale valore è incerto e varia nel tempo secondo l’andamento dei fattori di mercato sottostanti».

Va precisato che la disciplina dell’Allegato 4 definisce esclusivamente le regole per la quantificazione del valore dell’esposizione soggetta al rischio di controparte, mentre il relativo requisito patrimoniale è determinato utilizzando i fattori di ponderazione per controparte previsti dalla normativa in materia di rischio di credito (metodo standardizzato oppure metodo IRB)31, fatto salvo quanto diversamente specificato.

Tale disciplina si applica a strumenti derivati OTC e operazioni SFT.

I metodi ammissibili per la stima dell’ammontare dell’esposizione (nel quadro del metodo standardizzato per il rischio di credito) o dell’Exposure at Default (nel quadro del metodo IRB) sono tre:

- il metodo dell’esposizione corrente (Current Exposure Method, CEM); - il metodo standardizzato (Standardized Method, SM);

- il metodo dei modelli interni (Internal Model Method, IMM).

Il metodo dell’esposizione corrente

Il metodo dell’esposizione corrente, applicabile unicamente ai contratti derivati OTC, permette di calcolare il valore di mercato del credito che sorge in favore di una banca. La metodologia di calcolo approssima il costo che la banca dovrebbe sostenere per trovare un altro soggetto disposto a subentrare negli obblighi contrattuali dell’originaria controparte negoziale qualora questa fosse insolvente.

31 «Il Comitato consente alle banche la scelta tra due metodologie per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte

del rischio di credito. La prima, denominata ‘metodo standardizzato’, consiste nella misurazione di tale tipologia di rischio in modo standardizzato, con l’ausilio di valutazioni esterne del merito creditizio. La metodologia alternativa, denominata ‘metodo basato sui rating interni’ o IRB, è subordinata all’esplicita approvazione dell’autorità di vigilanza e consente alle banche l’impiego dei loro sistemi interni di rating per il rischio di credito.» (COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, Convergenza internazionale della

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Secondo questo approccio, la banca calcola l’equivalente creditizio32 secondo la seguente

formula:

𝐸𝑞𝑢𝑖𝑣𝑎𝑙𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑐𝑟𝑒𝑑𝑖𝑡𝑖𝑧𝑖𝑜 = 𝐶𝑆 + 𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 dove:

 𝐶𝑆 rappresenta il costo di sostituzione totale (in base al prezzo corrente di mercato) per tutti i contratti con valore positivo. Il costo di sostituzione di ciascun contratto è dato dal suo fair value, se positivo. Il fair value è positivo se alla banca spetta una posizione di credito nei confronti della propria controparte.

Si parla anche di “esposizione corrente”, definita come il valore positivo di mercato che andrebbe perso in caso di inadempienza della controparte;

 𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 rappresenta una maggiorazione per la potenziale esposizione creditoria futura durante la vita residua del contratto. Essa tiene conto della probabilità che in futuro il valore corrente del contratto, se positivo, possa aumentare o, se negativo, possa trasformarsi in una posizione creditoria. Tale probabilità è legata alla volatilità dei fattori di mercato sottostanti nonché alla vita residua del contratto. L’esposizione creditizia futura (𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛) si determina moltiplicando il valore nominale di ciascun contratto per le percentuali indicate nella Tabella 2.1, applicate in base alla durata residua delle operazioni ed al tipo di fattore di mercato sottostante.

Tabella 2.1 Percentuali per il calcolo dell’esposizione creditizia futura (add-on) nel metodo dell’esposizione

corrente.

Fonte: COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, Allegato 4, giugno 2006.

32 L’equivalente creditizio rappresenta l’esposizione fissa che deve essere usata per “simulare” l’esposizione

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Nel definire questo metodo, il Comitato ha considerato per le banche la possibilità di ottenere uno sgravio patrimoniale per le garanzie reali, che devono essere appositamente riconosciute come idonee.

Esso ha prestato particolare attenzione anche alla questione della compensazione bilaterale, ossia alla ponderazione delle posizioni nette, anziché lorde, verso la medesima controparte risultanti dai vari contratti in essere. Infatti, è stato concesso alle banche di compensare le transazioni soggette a novazione o ad una qualche altra forma di compensazione giuridicamente valida.

L’esposizione creditoria (o equivalente creditizio) per le transazioni a termine compensate bilateralmente è calcolata come somma di due elementi:

1) i costi netti di sostituzione ai prezzi correnti di mercato, se di segno positivo;

2) una maggiorazione basata sul capitale nozionale sottostante. Questa viene calcolata in base alla seguente formula:

𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 = 0,4 ∗ 𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑜 + 0,6 ∗ 𝑁𝐺𝑅 ∗ 𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑜

dove:

 𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 è appunto la maggiorazione per le transazioni compensate;  𝑎𝑑𝑑-𝑜𝑛 𝑙𝑜𝑟𝑑𝑜 è la maggiorazione lorda pari alla somma delle singole

maggiorazioni per tutte le transazioni soggette ad accordi di compensazione giuridicamente efficaci con una controparte;

 𝑁𝐺𝑅 è il rapporto tra il costo di sostituzione corrente netto e quello lordo. Può essere calcolato a livello di singola controparte o su base aggregata per tutte le transazioni compensate bilateralmente.

Il metodo standardizzato

Il metodo standardizzato è utilizzabile dalle banche che, sebbene non autorizzate all’utilizzo dei modelli interni, intendono comunque avvalersi di metodologie di gestione del rischio più sensibili rispetto al metodo del valore corrente. Infatti, l’approccio standardizzato replica in maniera semplificata le metodologie di calcolo previste dal metodo dei modelli interni. Esso può essere utilizzato soltanto con riferimento alle esposizioni in derivati OTC.

Nell’ambito del metodo standardizzato l’esposizione è pari al prodotto dei seguenti due fattori:

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a) il maggiore tra il valore di mercato corrente netto delle transazioni con una determinata controparte e un valore dell’esposizione positiva attesa (EPE) definito dalla regolamentazione;

b) un fattore moltiplicativo denominato beta.

In particolare, l’ammontare dell’esposizione o l’EAD deve essere calcolato separatamente per ciascun insieme di compensazione33 in base alla seguente formula:

𝐸𝑠𝑝𝑜𝑠𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = 𝛽 ∙ 𝑚𝑎𝑥 (𝐶𝑀𝑉 − 𝐶𝑀𝐶; ∑ │ ∑ 𝑅𝑃𝑇𝑖𝑗 𝑖 𝑗 − ∑ 𝑅𝑃𝐶𝑙𝑗 𝑙 │ × 𝐶𝐶𝐹𝑗) dove:

 𝐶𝑀𝑉 è il valore corrente di mercato (current market value) delle transazioni con una controparte comprese nell’insieme di compensazione, al lordo delle garanzie reali, ossia 𝐶𝑀𝑉 =∑ 𝐶𝑀𝑉𝑖 𝑖 , dove 𝐶𝑀𝑉𝑖 è il valore corrente di mercato della transazione 𝑖;  𝐶𝑀𝐶 è il valore corrente di mercato delle garanzie assegnate all’insieme di

compensazione, ossia 𝐶𝑀𝐶 =∑ 𝐶𝑀𝐶𝑙 𝑙, dove 𝐶𝑀𝐶𝑙 è il valore corrente di mercato della garanzia 𝑙;

 𝑖 è l’indice che designa la transazione;  𝑙 è l’indice che designa la garanzia;

 𝑗 è l’indice che designa gli “insiemi regolamentari di attività coperte”. A ciascun “insieme di attività coperte” corrisponde un fattore di rischio nell’ambito del quale le posizioni di segno opposto possono essere compensate così da pervenire ad una posizione netta;

 𝑅𝑃𝑇𝑖𝑗 è la posizione di rischio per la transazione 𝑖 relativamente all’insieme di attività coperte 𝑗;

 𝑅𝑃𝐶𝑙𝑗 è la posizione di rischio per la garanzia 𝑙 relativamente all’insieme di attività coperte 𝑗.

33 L’insieme di compensazione viene definito dallo stesso Comitato di Basilea come «gruppo di transazioni

concluse con un’unica controparte soggette ad un accordo bilaterale di compensazione legalmente opponibile e riconosciuto […]».

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La posizione di rischio è una misura di rischio assegnata ad una transazione o ad una garanzia mediante l’utilizzo di un particolare algoritmo regolamentare che per brevità e per i nostri scopi escludiamo da questa trattazione34;

 │ ∑ 𝑅𝑃𝑇𝑖 𝑖𝑗 − ∑ 𝑅𝑃𝐶𝑙 𝑙𝑗│rappresenta la “posizione di rischio netta”, cioè la somma in valore assoluto delle posizioni di rischio, calcolata per ogni insieme di attività coperte;  𝐶𝐶𝐹𝑗 è il fattore regolamentare di conversione del credito relativamente all’insieme di

attività coperte 𝑗, da applicare alla posizione di rischio netta. Esso viene definito dal Comitato e cambia a seconda del tipo di strumento35;

 𝛽 è il fattore di scala regolamentare , fissato a 1,4.

Il metodo dei modelli interni

Il metodo dei modelli interni rappresenta la metodologia più sofisticata e più complessa che una banca può impiegare per misurare l’esposizione ai fini del rischio di controparte. Esso può essere utilizzato sia dalle banche che adottano il sistema IRB sia da quelle che adottano il metodo standardizzato per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito, purché soddisfino tutti i requisiti richiesti e ottengano l’approvazione da parte dell’Autorità di Vigilanza. I requisiti da soddisfare fanno riferimento sia agli standard qualitativi già previsti per la convalida dei modelli VaR per il calcolo del rischio di mercato sia ad elementi quantitativi aggiuntivi ed a requisiti operativi riguardanti i criteri di gestione del rischio di controparte, la verifica dell’utilizzo, le prove di stress, l’individuazione del rischio di correlazione sfavorevole ed i controlli interni36.

Una volta adottato il metodo dei modelli interni, la banca deve ottemperare ai requisiti richiesti su base permanente e può ritornare al metodo dell’esposizione corrente o al metodo standardizzato solo in circostanze eccezionali o per esposizioni irrilevanti, dimostrando che il ritorno a un metodo meno sofisticato non comporta un “arbitraggio” fra le regole di adeguatezza patrimoniale.

Secondo questo approccio, l’esposizione va calcolata per ciascun insieme di attività soggette a compensazione (netting set). Il modello deve considerare la distribuzione delle variazioni del valore di mercato dell’insieme di attività soggette a compensazione riconducibili alle

34 Per approfondimenti cfr. COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, giugno 2006, pagg. 293-295. 35 Per approfondimenti cfr. COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, op. cit., pag. 297. 36 Per approfondimenti cfr. COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, op. cit., pagg.

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oscillazioni dei fattori di rischio rilevanti (azioni, indici, tassi d’interesse, cambi ecc.) e, quindi, calcolare l’esposizione a ciascuna data futura in funzione dell’andamento delle variabili di mercato. Nella distribuzione possono essere incluse anche le garanzie finanziarie, a condizione che venga provata l’idoneità quantitativa e qualitativa del modello anche con riferimento a tali garanzie.

Nonostante la disciplina faccia riferimento ad un modello di simulazione, non è prescritta alcuna particolare forma di modello, perciò sono parimenti accettabili anche metodi analitici, purché idonei e autorizzati.

Nei metodi basati sui modelli interni di tipo EPE l’esposizione relativa ad un dato “netting set” viene calcolata secondo la seguente formula:

𝐸𝐴𝐷 = 𝛼 × 𝐸𝑃𝐸 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 dove:

 𝛼 rappresenta un fattore moltiplicativo prudenziale ed è posto pari a 1,4.

Le Autorità di Vigilanza possono stabilire discrezionalmente un coefficiente più elevato in casi particolari. Le banche possono richiedere l’autorizzazione ad effettuare stime interne di alfa (che non dovrà comunque essere inferiore a 1,2), calcolandolo come rapporto fra capitale economico risultante da una simulazione dell’esposizione verso tutte le controparti (numeratore) e capitale economico basato sulla EPE (denominatore);

 𝐸𝑃𝐸 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 è la media ponderata nel tempo dell’esposizione attesa effettiva (𝐸𝐸 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎) sull’arco del primo anno oppure, se tutti i contratti compresi nell’insieme di compensazione scadono prima dell’anno, sull’arco di tempo corrispondente alla scadenza del contratto con più lunga durata (“𝑠𝑐𝑎𝑑”).

In formule:

𝐸𝑃𝐸 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 = ∑ 𝐸𝐸𝑡𝑘𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 × ∆𝑡𝑘 min (1𝑎𝑛𝑛𝑜,𝑠𝑐𝑎𝑑)

𝐾=1

dove, a sua volta:

 ∆𝑡𝑘 = 𝑡𝑘−𝑡𝑘−1 sono i pesi e sono rappresentati dagli intervalli fra date future a cui l’intermediario stima le esposizioni attese;

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 𝐸𝐸𝑡𝑘𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 è l’esposizione attesa effettiva al generico tempo 𝑡𝑘, definita come la massima esposizione attesa stimata sino al tempo 𝑡𝑘 e calcolata in modo ricorsivo come segue:

𝐸𝐸𝑡𝑘𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 = max(𝐸𝐸 𝑡𝑘−1𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎, 𝐸𝐸𝑡𝑘) dove:

- 𝑡0 è la data corrente e la 𝐸𝐸𝑡0𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 è uguale all’esposizione corrente; - 𝐸𝐸𝑡𝑘 è l’esposizione attesa al generico tempo 𝑡𝑘, ovvero la media della

distribuzione dei valori positivi delle esposizioni appartenenti ad un “insieme di attività soggette a compensazione” al tempo 𝑡𝑘. Tale distribuzione è ovviamente funzione della distribuzione dei fattori di rischio di mercato al tempo 𝑡𝑘.

2.2 Le novità di Basilea 3 in relazione al rischio creditizio di controparte

Nel dicembre 2010, il Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria ha pubblicato un nuovo documento intitolato “Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari”37, noto come Basilea 3, che è stato poi rivisto nel giugno 2011 ed è entrato in vigore gradualmente a partire dal gennaio 2014. Esso rappresenta una risposta netta alla crisi finanziaria verificatasi pochi anni prima della sua pubblicazione, la quale aveva messo in luce molti aspetti di debolezza della regolamentazione allora in vigore, ossia Basilea 2. Tra le carenze della precedente regolamentazione troviamo: un eccessivo grado di indebitamento delle banche, un’inadeguata qualità del capitale, l’insufficienza dei buffers di liquidità, l’incapacità del sistema bancario di assorbire le perdite derivanti dall’intermediazione finanziaria, la prociclicità38 ed il rischio sistemico dovuto alle

interconnessioni degli intermediari finanziari a rilevanza sistemica (Systemically Important

37 Esso rappresenta la versione italiana del documento intitolato “Basel III: A global regulatory framework for more resilient banks and banking systems”.

38 Con prociclicità si intende la capacità della regolamentazione di accentuare un certo tipo di andamento del

ciclo economico. Essa ha origine dal fatto che sistemi risk sensitive come il metodo IRB per il calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito implicano che la banca sia condizionata dalla percezione del rischio nell’allocazione del capitale. Infatti, in presenza di una congiuntura economica positiva la percezione del rischio è bassa e le banche tendono ad accantonare poco capitale; in caso di una congiuntura economica negativa, le banche percepiscono molto rischio e sono costrette ad immagazzinarlo accantonando più capitale oppure a ridurre i prestiti concessi e aumentare l’onerosità. Il rischio maggiore è che nel caso di una fase recessiva tutte le banche decidano di ridurre il credito e si giunga così al problema del credit crunch (razionamento del credito).

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Financial Institutions, brevemente SIFIs). Questi “vuoti” lasciati da Basilea 2 sono stati colmati proprio con l’introduzione di Basilea 3, tra le cui finalità troviamo:

 il miglioramento della capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, indipendentemente dalla loro origine;

 il miglioramento della gestione del rischio e della governance;  il rafforzamento della trasparenza e dell'informativa delle banche.

E’ in particolare nell’intenzione di migliorare la copertura dei rischi che troviamo anche la volontà del Comitato di introdurre misure volte a rafforzare i requisiti patrimoniali a fronte delle esposizioni al rischio di credito di controparte derivanti dalle operazioni in strumenti derivati, pronti contro termine e finanziamento titoli. La finalità di queste misure è quella di innalzare le risorse patrimoniali a copertura di tali esposizioni, di ridurre la prociclicità, di fornire incentivi per una migliore gestione del rischio di controparte e di favorire il regolamento tramite controparti centrali dei derivati OTC, contribuendo così a ridurre il rischio sistemico nel sistema finanziario.

In questo ambito, il Comitato introduce le seguenti riforme:

1) la determinazione del requisito patrimoniale a fronte del rischio di insolvenza connesso al rischio di controparte utilizzando input che tengano conto di condizioni di stress. In particolare, le banche IMM39 devono utilizzare il requisito patrimoniale a

livello di portafoglio più elevato tra quello basato sull’EPE effettiva utilizzando dati correnti di mercato e quello basato sull’EPE effettiva calibrando i parametri sulla base di ipotesi di stress40. Ciò evita che i requisiti patrimoniali diminuiscano eccessivamente nei periodi di ridotta volatilità di mercato e contribuisce ad attenuare la prociclicità della regolamentazione;

2) la richiesta di un requisito patrimoniale a copertura di potenziali perdite dovute alla variazione dei prezzi di mercato, ovvero del rischio di rettifiche di valore della componente creditizia (Credit Valuation Adjustment, CVA) per effetto del deterioramento del merito di credito delle controparti. Lo schema di Basilea 2 contemplava il rischio di insolvenza della controparte ma non quello di CVA, che durante la crisi finanziaria ha causato perdite maggiori rispetto a quelle relative ai casi di insolvenza;

39 Le banche IMM sono le banche autorizzate ad utilizzare il metodo dei modelli interni (Internal Model Method,

IMM) per il calcolo del patrimonio di vigilanza a fronte del rischio di credito di controparte.

40 Per calcolare l’EPE effettiva utilizzando una calibrazione basata su ipotesi di stress, la banca deve calibrare

l’EPE effettiva impiegando una serie di dati di tre anni che includano un periodo di tensione per gli spreads sui

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3) il rafforzamento dei requisiti in materia di gestione delle garanzie reali e di costituzione iniziale dei margini di garanzia. Le banche con esposizioni in derivati ampie ed illiquide devono considerare periodi di adeguamento dei margini41 più lunghi per determinare i requisiti patrimoniali. Vengono così adottati standard aggiuntivi per rafforzare le prassi di gestione del rischio connesso alle garanzie reali; 4) la previsione di un fattore di ponderazione basso (2%) per le garanzie reali e le

esposizioni valutate ai prezzi di mercato detenute da una banca verso quelle controparti centrali (central counterparties, CCP) che soddisfano i requisiti più stringenti previsti dal Comitato sui sistemi di pagamento e regolamento (CSPR) e dall’International Organization of Securities Commissions (IOSCO) in materia di infrastrutture dei mercati finanziari, incluse le controparti centrali. Si creano così forti incentivi per le banche a trasferire le esposizioni verso tali CCP.

A ciò si aggiunge l’innalzamento dei fattori di ponderazione applicati alle esposizioni verso le istituzioni finanziarie42 rispetto a quelle verso imprese non finanziarie, al fine di contenere il rischio sistemico presente nel settore finanziario derivante dall’interconnessione fra banche e altre istituzioni finanziarie tramite i mercati dei derivati;

5) il rafforzamento dei requisiti per la gestione del rischio di controparte in diverse aree, inclusi il trattamento del cosiddetto rischio di correlazione sfavorevole (wrong-way risk), ossia i casi in cui l’esposizione aumenta quando la qualità creditizia della controparte si deteriora, e lo svolgimento efficace della valutazione retrospettiva delle esposizioni al rischio di controparte (backtesting).

2.2.1 Il requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA: l’approccio avanzato e quello standardizzato

Tra le varie riforme introdotte da Basilea 3 in relazione al rischio di controparte, quella più significativa e che più interessa ai nostri fini è l’introduzione di un requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA, aggiuntivo rispetto a quello previsto per il rischio di insolvenza della controparte.

41 Il periodo con rischio di margine viene definito dallo stesso Comitato di Basilea come il «lasso di tempo

intercorrente tra l’ultimo scambio di garanzie a fronte di un insieme di compensazione relativo ad una controparte resasi inadempiente ed il momento in cui la posizione viene liquidata ed è di nuovo coperto il connesso rischio di mercato».

42 Tra queste istituzioni troviamo sia le istituzioni finanziarie regolamentate di grandi dimensioni sia le istituzioni

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Come abbiamo già avuto modo di dire, il CVA43 rappresenta un aggiustamento al prezzo

“risk-free” di derivati OTC dovuto al potenziale default della controparte. Il rischio di CVA può essere invece definito come il rischio di subire perdite a causa della variazione dei valori del CVA, che può essere dovuta alle variazioni degli spreads creditizi della controparte o dei fattori di rischio di mercato da cui dipende il prezzo di mercato dei derivati. Infatti, già nel capitolo precedente abbiamo affermato che le perdite connesse con il CVA si possono verificare con l’aumento o dei credit spreads o dell’esposizione verso la controparte. Il requisito patrimoniale ha perciò la finalità di coprire il rischio di perdite dovute all’impatto della variazione dei prezzi di mercato sul rischio di controparte dei derivati. Tali perdite sono note proprio come Credit Valuation Adjustments o rettifiche di valore della componente creditizia dei contratti.

Nel paragrafo 2.1, abbiamo visto che lo schema di Basilea 2 contemplava esclusivamente il rischio di insolvenza e di migrazione della controparte ma non quello di CVA. Ciò che ha spinto il Comitato di Basilea a richiedere anche un requisito a fronte del rischio di CVA è il fatto che durante la crisi finanziaria quest’ultimo ha causato perdite maggiori rispetto a quelle relative ai casi di insolvenza, come abbiamo osservato nel capitolo 1. La maggior parte delle perdite è derivata non tanto dai defaults delle controparti ma dagli aggiustamenti del fair value dei derivati. Infatti, i derivati in essere sono stati svalutati non appena è divenuto chiaro che la probabilità che le controparti facessero fronte ai propri impegni fosse minore del previsto. E’ proprio questo ad aver messo in evidenza l’importanza di considerare il rischio di CVA come possibile fonte di instabilità finanziaria e la necessità di coprirlo con capitale. Così, Basilea 3 ha introdotto un requisito patrimoniale contro tale rischio, che va a fronteggiare la volatilità del CVA, cioè la possibilità di subire perdite non per il rischio che la controparte fallisca, ma per il fatto che il prezzo di questo rischio (il CVA) sia variato nella direzione sfavorevole. In particolare, il requisito di Basilea 3 va a coprire la volatilità della componente del rischio di credito del CVA, ossia i possibili cambiamenti nel CVA dovuti a variazioni nella qualità creditizia della controparte. Il requisito in realtà non copre la volatilità del CVA dovuta ad altri fattori, come le variazioni nel valore di mercato dei derivati.

Il Comitato specifica che nel calcolo del requisito una banca non è tenuta ad includere le transazioni con una controparte centrale (CCP) e le securities financing transaction (SFT), a meno che la sua Autorità di Vigilanza stabilisca che le esposizioni della banca a perdite CVA

43 Ci stiamo riferendo al CVA unilaterale e quindi non stiamo prendendo in considerazione il DVA (debt valuation adjustment), ossia quell’aggiustamento del fair value riferibile al proprio rischio di credito e non a

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derivanti da operazioni SFT siano rilevanti44. Inoltre, a seconda del metodo adottato per il

calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di controparte e del rischio specifico di tasso di interesse dei titoli di debito nell’ambito dei rischi di mercato, la banca dovrà calcolare un requisito patrimoniale avanzato oppure standardizzato a fronte del rischio di CVA. Per questo si distinguono:

a) le banche autorizzate ad utilizzare il metodo dei modelli interni (IMM) per il rischio di controparte ed il modello interno VaR per i rischi di mercato relativamente al rischio specifico di tasso di interesse dei titoli di debito, che devono calcolare il requisito avanzato;

b) tutte le altre banche, che devono calcolare il requisito standardizzato.

Il requisito patrimoniale avanzato per il rischio di CVA

Esclusivamente le banche di cui al punto a) possono utilizzare l’approccio avanzato poiché questo richiede l’utilizzo di una formula prestabilita dal regulator per il calcolo del CVA che è basata sull’esposizione attesa nel tempo calcolata proprio secondo il metodo IMM, oltre che sugli spread creditizi osservati sul mercato. Il requisito patrimoniale è poi determinato applicando al “portafoglio” dei CVAs ottenuti ed alle relative coperture il modello interno VaR per il rischio specifico relativo agli spread creditizi, tenendo fisse le esposizioni “IMM”. In particolare, queste banche devono:

1) simulare i credit spreads di tutte le loro controparti in derivati OTC su un orizzonte di 10 giorni;

2) calcolare l’impatto delle variazioni di tali spreads sul CVA per ogni controparte (misurato secondo la formula definita dal regulator) e sulle coperture ammesse45; 3) calcolare il VaR e lo Stressed VaR ad un livello di confidenza pari al 99% della

distribuzione delle perdite CVA ottenuta (vedi Grafico 2.1);

4) sommare il CVA VaR e lo Stressed CVA VaR e moltiplicare la somma per un coefficiente pari a tre per trovare il requisito patrimoniale. Quest’ultimo va calcolato

44 Il CRR (Capital Requirements Regulation),ossia il Regolamento (UE) 575/2013 con cui Basilea 3 viene

recepita a livello europeo, prevede una serie di transazioni esenti dal calcolo del requisito patrimoniale per il rischio di CVA. Tra queste troviamo: transazioni con una controparte centrale “qualificata”, transazioni con controparti non finanziarie aventi un ammontare totale di posizioni in derivati OTC inferiori ad una certa soglia, transazioni infragruppo, transazioni con fondi pensione e con controparti sovrane.

45 Le coperture ammesse, idonee a compensare il CVA, sono quelle utilizzate al fine di contenere il rischio di

CVA e gestite come tali. Tra queste possiamo trovare CDS su soggetti singoli (single-name), contingent CDS su soggetti singoli e indici di CDS. Sono esclusi i CDS in tranche o del tipo 𝑛𝑡ℎ-to-default. Ciò vale anche per il

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sull’insieme di CVA per tutte le controparti di operazioni in derivati OTC, unitamente alle coperture di CVA ammesse.

Grafico 2.1 Illustrazione dell’approccio avanzato per il calcolo del CVA VaR.

Fonte: J. GREGORY, Counterparty credit risk and credit value adjustment: a continuing challenge for global financial markets, Wiley, Chichester, 2012.

Questo modello VaR è circoscritto alle variazioni degli spreads creditizi delle controparti e non simula la sensibilità del CVA alle variazioni di altri fattori di mercato, come quelle delle attività, delle materie prime, delle valute o dei tassi di interesse sottostanti ai contratti derivati in essere con la controparte.

L’assunzione chiave dell’approccio avanzato è che, indipendentemente dal metodo di valutazione contabile utilizzato dalla banca per la determinazione del CVA, la formula per il calcolo del CVA da utilizzare al punto 2) di cui sopra deve essere quella semplificata stabilita dal regulator 46, ossia:

𝐶𝑉𝐴 = 𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇∑ 𝑚𝑎𝑥 {0, 𝑒𝑥𝑝 (−𝑠𝑖−1𝑡𝑖−1 𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇 ) − 𝑒𝑥𝑝 ( −𝑠𝑖𝑡𝑖 𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇)} 𝐸𝐸𝑖−1𝐷𝑖−1+ 𝐸𝐸𝑖𝐷𝑖 2 𝑇 𝑖=1 dove:

 𝑡𝑖 è il tempo dell’i-esimo intervallo temporale di rivalutazione, a partire dal tempo 𝑡0 = 0;

46 Per la derivazione matematica della formula con le varie semplificazioni cfr. EUROPEAN BANKING

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 𝑡𝑇 è la maggiore scadenza contrattuale all’interno degli insiemi di compensazione con la controparte;

 𝑠𝑖 è lo spread creditizio della controparte alla scadenza 𝑡𝑖, utilizzato per calcolare il

CVA di quella controparte. Esso è pari allo spread su CDS se disponibile, altrimenti deve essere approssimato in base alla classe di rating, al settore e alla regione della controparte;

 𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇 (Loss Given Default) è la perdita in caso di insolvenza della controparte e deve essere basata sullo spread di uno strumento di mercato della controparte (o, laddove tale strumento non sia disponibile, deve rappresentare una ragionevole approssimazione basata sul rating, sul settore e sulla regione della controparte). Essa si distingue dalla LGD utilizzata per il requisito IRB e per quello a fronte del rischio di insolvenza connesso all’RCC poiché è una valutazione di mercato e non una stima interna;

 il primo fattore della somma, ossia 𝑚𝑎𝑥 {0, 𝑒𝑥𝑝 (−𝑠𝑖−1𝑡𝑖−1

𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇) − 𝑒𝑥𝑝 ( −𝑠𝑖𝑡𝑖 𝐿𝐺𝐷𝑀𝐾𝑇)},

rappresenta un’approssimazione della probabilità marginale implicita nel mercato del verificarsi di un’insolvenza tra il tempo 𝑡𝑖−1 ed il tempo 𝑡𝑖. Tale probabilità, detta anche probabilità neutrale al rischio, rappresenta il prezzo di mercato per l’acquisto di protezione da un’insolvenza ed è diversa dalla probabilità di insolvenza reale. Dal momento che si tratta di una probabilità, la soglia minima è fissata a zero;

 𝐸𝐸𝑖 è l’esposizione attesa verso la controparte al tempo di rivalutazione 𝑡𝑖, dove le esposizioni dei diversi insiemi di compensazione per tale controparte sono sommate e la scadenza più lunga di ciascun insieme è data dalla scadenza contrattuale più lunga al suo interno;

 𝐷𝑖 è il fattore di sconto privo di rischio di insolvenza al tempo 𝑡𝑖, dove 𝐷0 = 1.

Le banche autorizzate ad utilizzare il metodo IMM per la maggior parte delle loro operazioni ma che impiegano il metodo dell’esposizione corrente (CEM) o il metodo standardizzato (SM) per alcuni portafogli minori possono utilizzare l’approccio avanzato anche per questi portafogli. Tuttavia, in tal caso il profilo EE deve essere ipotizzato costante e pari all’EAD calcolata con il metodo CEM o il metodo SM.

Il requisito patrimoniale standardizzato per il rischio di CVA

Le banche non autorizzate ad utilizzare il metodo dei modelli interni (IMM) per il rischio di controparte e/o il modello interno VaR per i rischi di mercato relativamente al rischio

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specifico di tasso di interesse dei titoli di debito non possono utilizzare l’approccio avanzato, ma devono calcolare il requisito patrimoniale standardizzato.

Quest’ultimo deve essere quantificato a livello di portafoglio utilizzando una formula che approssima in maniera semplice la dinamica del rischio di CVA. In particolare, tale formula approssima un approccio basato sul VaR per un orizzonte temporale di un anno, utilizzando un modello ad un fattore per la dinamica degli spreads creditizi di ogni controparte e basandosi sulle seguenti assunzioni47:

 la struttura a termine delle probabilità di default di ogni controparte è costante sull’orizzonte di un anno;

 la dinamica degli spreads creditizi di ogni controparte ha una distribuzione lognormale;

 l’interdipendenza tra tutte le controparti viene considerata tramite un modello Gaussiano ad un fattore con una correlazione pari al 50%;

 i “profili” dell’esposizione di ogni controparte sono approssimati mediante il prodotto tra la scadenza effettiva e l’esposizione al momento del default ad un anno;

 i CDS single-name coprono sia la componente sistematica che quella idiosincratica del VaR, mentre gli indici solo quella sistematica.

La formula è la seguente: 𝐾 = 2,33 √ℎ √(∑ 0,5 ∙ 𝑤𝑖∙ (𝑀𝑖𝐸𝐴𝐷𝑖𝑡𝑜𝑡− 𝑀𝑖 ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒 𝐵𝑖) − ∑ 𝑤𝑖𝑛𝑑∙ 𝑀𝑖𝑛𝑑 𝑖𝑛𝑑 𝑖 ∙ 𝐵𝑖𝑛𝑑) 2 + ∑ 0,75 ∙ 𝑤𝑖2 𝑖 ∙ (𝑀𝑖𝐸𝐴𝐷𝑖𝑡𝑜𝑡− 𝑀𝑖 ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒 𝐵𝑖) 2 dove:

 2,33 corrisponde al livello di confidenza del 99% per una distribuzione normale;  ℎ è l’orizzonte di rischio di un anno (in unità di un anno), ℎ = 1;

 𝑤𝑖 è la ponderazione applicabile alla controparte 𝑖 in base al suo rating esterno, come

raffigurato nella Tabella 2.2. Qualora una controparte sia sprovvista di rating esterno, la banca deve raccordare il rating interno assegnato alla controparte ad un rating esterno, previa approvazione dell’Autorità di Vigilanza;

 𝐸𝐴𝐷𝑖𝑡𝑜𝑡 è l’esposizione al momento dell’insolvenza della controparte 𝑖, sommata tra i

vari insiemi di compensazione, comprendente l’effetto delle garanzie. Essa è definita

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secondo il metodo prescelto dalla banca (IMM, SM o CEM). Per le banche non-IMM l’esposizione deve essere scontata applicando il fattore (1 − exp(−0,05 ∙ 𝑀𝑖))/(0,05 ∙ 𝑀𝑖);

 𝐵𝑖 è il nozionale delle coperture CDS single-name acquistate riferite alla controparte 𝑖 ed utilizzate per coprire il rischio di CVA. L’ammontare deve essere scontato tramite il fattore (1 − exp(−0,05 ∙ 𝑀𝑖ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒))/(0,05 ∙ 𝑀𝑖ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒);

 𝐵𝑖𝑛𝑑 è il nozionale totale degli indici di CDS acquistati a protezione ed utilizzati per coprire il rischio di CVA. L’ammontare deve essere scontato applicando il fattore (1 − exp(−0,05 ∙ 𝑀𝑖𝑛𝑑))/(0,05 ∙ 𝑀𝑖𝑛𝑑);

 𝑤𝑖𝑛𝑑 è la ponderazione applicabile agli indici di copertura, scelta tra le sette ponderazioni 𝑤𝑖 della Tabella 2.2 in base allo spread medio dell’indice 𝑖𝑛𝑑;

 𝑀𝑖 è la scadenza effettiva delle transazioni con la controparte 𝑖. Per le banche IMM deve essere calcolata in base ad una particolare formula resa esplicita nel paragrafo 38 dell’allegato 4 dell’Accordo di Basilea, per le altre banche è pari alla scadenza media ponderata per il nozionale;

 𝑀𝑖ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒 è la scadenza dello strumento di copertura con nozionale 𝐵𝑖. Se vi sono più

posizioni le quantità 𝑀𝑖ℎ𝑒𝑑𝑔𝑒∙ 𝐵𝑖 devono essere sommate;

 𝑀𝑖𝑛𝑑 è la scadenza dell’indice di copertura 𝑖𝑛𝑑. In caso di più posizioni, è pari alla scadenza media ponderata per il nozionale.

Tabella 2.2 Ponderazioni applicabili alle controparti nell’approccio standardizzato.

Fonte: COMITATO DI BASILEA PER LA VIGILANZA BANCARIA, Schema di regolamentazione

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E’ importante notare che le banche che hanno tutte le autorizzazioni per l’uso dell’approccio avanzato non possono optare per quello standardizzato. Infatti, mentre generalmente le metodologie più semplici sono più conservative e quindi conducono a requisiti patrimoniali più elevati, in questo caso secondo alcuni esperti del mercato la formula standardizzata condurrebbe ad un requisito inferiore rispetto a quello ottenuto con la formula avanzata48.

L’aggregazione con il requisito patrimoniale per il rischio di insolvenza

Una volta quantificato il requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA, questo deve essere aggregato con il requisito patrimoniale per il rischio di insolvenza connesso al rischio di controparte. A riguardo si possono distinguere:

A) le banche autorizzate ad utilizzare il metodo IMM ed il modello interno VaR per il rischio specifico di tasso di interesse dei titoli di debito;

B) le banche autorizzate ad utilizzare il metodo IMM ma non il modello interno VaR per il rischio specifico di tasso di interesse dei titoli di debito;

C) tutte le altre banche.

Per le banche di cui al punto A) il requisito patrimoniale complessivo a fronte del rischio creditizio di controparte è dato dalla somma di due componenti:

1) il valore maggiore tra: a) il requisito patrimoniale IMM basato sulle calibrazioni dei parametri correnti per l’EAD e b) il requisito patrimoniale IMM basato sulle calibrazioni dei parametri in ipotesi di stress per l’EAD;

2) il requisito patrimoniale avanzato per il rischio di CVA.

Le banche di cui al punto B) devono sommare le seguenti componenti:

1) il valore maggiore tra: a) il requisito patrimoniale IMM basato sulle calibrazioni dei parametri correnti per l’EAD e b) il requisito patrimoniale IMM basato sulle calibrazioni dei parametri in ipotesi di stress per l’EAD;

2) il requisito patrimoniale standardizzato per il rischio di CVA.

Tutte le altre banche devono determinare il requisito complessivo come somma delle seguenti due componenti:

1) la somma relativa a tutte le controparti dei requisiti patrimoniali basati sul metodo CEM o SM;

2) il requisito patrimoniale standardizzato per il rischio di CVA.

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Il Comitato di Basilea puntualizza che per il calcolo del requisito patrimoniale per il rischio di insolvenza (connesso al rischio di controparte) può essere utilizzata l’EAD “in essere”, che considera le rettifiche di valore della componente creditizia già contabilizzate dalla banca come svalutazione sostenuta, ossia come perdita CVA.

L’EAD in essere relativa alla controparte di un’operazione in derivati OTC è in particolar modo definita come il valore maggiore tra zero e la differenza fra la somma delle EAD di tutti gli insiemi di compensazione con la controparte e il CVA relativo a tale controparte già contabilizzato come svalutazione sostenuta. Tuttavia, la riduzione dell’EAD in base alle perdite CVA sostenute non si applica ai fini della determinazione del requisito patrimoniale per il rischio di CVA.

2.2.2 Le conseguenze sull’industria bancaria

Come ogni novità introdotta in un quadro regolamentare, anche l’introduzione del requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA ha avuto delle conseguenze sui mercati finanziari e sull’operatività delle banche49.

E’ naturale che, trattandosi di un requisito patrimoniale aggiuntivo, questa previsione regolamentare abbia portato innanzitutto ad un maggior costo di capitale per le banche. La maggior parte delle istituzioni bancarie ha dunque deciso di trasferire questo costo alle controparti negoziali, tramite un aumento dei costi di transazione. Questo ha avuto però i suoi riscontri negativi, determinando per molti clienti l’incapacità di entrare in nuovi contratti derivati, soprattutto per quelli che non hanno la possibilità di costituire garanzie per ridurre il rischio di CVA.

Un’altra conseguenza è quella di un incremento nell’uso dei collateral, che rappresentano uno strumento efficace per mitigare il rischio di CVA. Infatti, la mitigazione del rischio comporta la riduzione del requisito patrimoniale da detenervi a fronte. Così, le banche hanno cercato di rinegoziare i termini degli accordi di collateralizzazione esistenti o di convincere controparti che ne erano sprovviste a stipularne di nuovi. In particolare, le controparti “non collateralizzate” sono state convinte grazie alla concessione di prestiti a breve termine da parte delle banche stesse, utile a coprire il fabbisogno di collateral. Con questo accorgimento le banche non hanno fatto altro che trasformare il rischio di controparte generato dai derivati in rischio di credito derivante dai prestiti, lasciando invariato il livello complessivo di rischio ma riducendo il capitale. Infatti, l’aumento del requisito patrimoniale a fronte del rischio di

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credito dovuto alla concessione di nuovi prestiti viene compensato dalla riduzione di quello a fronte del rischio di controparte, in virtù dell’uso dei collateral che riducono l’esposizione all’RCC, e, contemporaneamente, il riconoscimento dei collateral riduce significativamente il requisito da detenere a fronte del CVA. Si tratta del cosiddetto “arbitraggio regolamentare”, ossia l’abilità della banca di sfruttare la regolamentazione a suo vantaggio per ridurre il capitale da detenere.

L’introduzione del requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA ha condotto anche al cambiamento dei modelli utilizzati per il calcolo dell’esposizione: molte banche hanno richiesto l’autorizzazione per l’applicazione del metodo dei modelli interni (IMM), che consente di ottenere un risparmio di capitale rispetto ai modelli meno sofisticati, come il metodo dell’esposizione corrente (CEM) o quello standardizzato (SM). Infatti, questo è vero non solo per il requisito patrimoniale a fronte del rischio di insolvenza (connesso al rischio di controparte), ma anche per quello a fronte del rischio di CVA, poiché questi modelli vengono utilizzati anche nel calcolo di quest’ultimo, nonostante siano stati originariamente pensati per la quantificazione del capitale da detenere a fronte del rischio di controparte. A seguito dell’introduzione del requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA, la decisione di molte banche di passare dai metodi non-IMM ai metodi IMM è stata dettata dal fatto che il risparmio di capitale può essere ottenuto non solo tramite l’approccio avanzato (che richiede l’autorizzazione all’utilizzo dei modelli interni per il rischio sia di controparte che di mercato), ma anche attraverso quello standardizzato, dove il metodo IMM può comunque essere utilizzato per quantificare l’EAD. Infatti, il regulator prevede che l’EAD da utilizzare nella formula per il calcolo del requisito standardizzato per il rischio di CVA debba essere quantificata tramite il metodo prescelto dalla banca, ossia IMM, SM o CEM.

Un’ulteriore conseguenza è quella dell’incremento nella domanda di derivati creditizi per far sì che questi possano essere utilizzati a copertura del rischio di CVA. Come si evince dalla Tabella 2.3, che rappresenta l’ammontare nozionale in essere (notional amounts outstanding) dei derivati creditizi OTC durante la crisi finanziaria, l’aumento si è avuto soprattutto con riguardo a prodotti su indici e opzioni su derivati creditizi (come opzioni su CDS). Tali strumenti sono stati considerati come una valida alternativa rispetto ai CDS per ridurre il requisito a fronte del rischio di CVA.

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Tabella 2.3 Ammontare nozionale dei derivati creditizi OTC durante la crisi finanziaria

(in miliardi di dollari).

Fonte: BANK FOR INTERNATIONAL SETTLEMENTS, Monetary and Economic Department, Statistical release-OTC derivatives statistics at end-June 2013, novembre 2013.

Ultima conseguenza è quella di aver disincentivato le banche a coprire i fattori di rischio del CVA diversi dagli spreads creditizi delle controparti che, come visto in precedenza, non vengono considerati da Basilea 3 nel calcolo del CVA.

2.3 Gli ultimi sviluppi: verso la revisione del framework del rischio di CVA

Nonostante Basilea 3 sia uno schema di regolamentazione piuttosto recente, ad oggi già si sostiene una possibile revisione del framework del rischio di CVA. Infatti, il Comitato di Basilea ha redatto un documento di consultazione intitolato proprio “Review of the Credit Valuation Adjustment risk framework”, pubblicato nel luglio 2015. Le motivazioni della revisione vengono ricondotte ad alcune carenze e criticità riscontrate nel framework corrente e sono tre:

1. catturare tutti i rischi di CVA e riconoscere un maggior numero di coperture del CVA. Infatti, il quadro regolamentare corrente cattura solo la variabilità del CVA che deriva dalle variazioni degli spreads creditizi delle controparti, senza tener conto di quella che deriva dall’esposizione, che è dovuta alle variazioni giornaliere dei fattori di mercato. Di conseguenza, il framework corrente non riconosce l’effetto mitigante di quegli strumenti che le banche utilizzano per coprire la variabilità del CVA dovuta alla componente dell’esposizione. Il documento proposto ha come obiettivo quello di prendere in considerazione questa componente e le relative coperture nell’ambito del

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requisito patrimoniale a fronte del CVA, fornendo così un miglior allineamento tra i rischi economici delle banche ed il capitale regolamentare e riducendo gli incentivi che momentaneamente le banche hanno a non coprire alcuni dei loro rischi;

2. allinearsi con le pratiche ed i modelli già utilizzati dalle banche a fini contabili. Infatti, negli ultimi cinque anni i modelli per il calcolo del CVA a fini contabili (diverso da quello a fini regolamentari) si sono sviluppati molto. E’ soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’IFRS 1350 che si è osservata una convergenza verso l’uso di parametri ricavati dal mercato (e non storici) all’interno del calcolo del CVA. E’ vero che anche il quadro corrente di Basilea 3 richiede l’uso di alcuni elementi ricavati dal mercato (spread creditizi e LGD), ma per le banche che utilizzano l’approccio avanzato l’esposizione viene determinata sulla base del modello IMM, che può essere calibrato sulla base di parametri storici. Così, il Comitato di Basilea ha proposto un nuovo trattamento del CVA che consente l’uso di modelli già operanti a livello contabile per la quantificazione dell’esposizione nel calcolo del CVA, seppur con la necessità di rispettare alcune condizioni. Nel timore che i modelli utilizzati per fini contabili non siano abbastanza prudenti, il Comitato ha proposto anche un’opzione alternativa che fonda il calcolo delle esposizioni ancora sui modelli IMM, ma rende ammissibili coperture previste per il CVA “contabile”, senza prescrivere una specifica formula regolamentare per il CVA;

3. allinearsi con la revisione del framework del rischio di mercato. Infatti, il requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA è strettamente connesso a quello previsto per il rischio di mercato, in quanto il CVA rappresenta un aggiustamento al prezzo di strumenti valutati al fair value ed è sensibile alle variazioni degli stessi fattori di rischio che impattano su tali strumenti. La revisione del framework del rischio di mercato con il cosiddetto “Fundamental Review of the Trading Book” (FRTB) si fonda proprio sulla sensibilità del fair value ai fattori di rischio di mercato e quindi il requisito patrimoniale per il rischio di CVA deve essere il più possibile coerente con i requisiti previsti dal FRTB. Così, il Comitato ha proposto un “FRTB-CVA framework”, che però si affianca ad un “Basic-CVA framework” prospettato per quelle banche che non riescono a calcolare regolarmente la sensibilità del CVA ad un insieme sufficientemente ampio di fattori di rischio di mercato. In ogni caso, il calcolo

50 L’IFRS 13 è entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2013. Verrà trattato in maniera più approfondita nel

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del CVA deve essere stand-alone, ossia senza che ci siano interazioni con gli strumenti inclusi nel trading book. Per questo, tutti gli strumenti che sono ammessi per la copertura del CVA devono essere trasferiti dal trading book al “CVA book”; viceversa per le coperture non ammissibili, che non devono influenzare il requisito per il CVA. La ragione sta nel fatto che il rischio di CVA ha una natura molto più complessa di quella della maggior parte delle posizioni del trading book.

Il nuovo framework previsto dal Comitato di Basilea si applica a tutte le transazioni in derivati che sono soggette al rischio di default della controparte, escluse quelle con controparti centrali qualificate, indipendentemente dal trattamento contabile. Sono incluse anche le Securities Financing Transactions (SFTs) che sono contabilizzate al fair value. Il Comitato propone una gerarchia di approcci per il calcolo del requisito patrimoniale per il rischio di CVA. Come anticipato, vengono prospettati due tipi di framework:

 “FRTB-CVA framework”, per quelle banche che soddisfano diverse condizioni fondamentali per il calcolo ed il risk management del CVA. Esso consiste di due approcci, ossia uno standardised approach per il CVA (“SA-CVA”) ed un internal model approach per il CVA (“IMA-CVA”), che è stato poi eliminato in un successivo documento di consultazione intitolato “Reducing variation in credit risk-weighted assets – Constraints on the use of internal model approaches”, pubblicato nel marzo del 2016;

 “Basic-CVA framework”, per quelle banche che non soddisfano le condizioni previste nel framework di cui sopra.

Secondo il Comitato, la previsione di due approcci è fondamentale perché non tutte le banche hanno le capacità e le risorse per poter calcolare la sensibilità del CVA ad un insieme sufficientemente ampio di fattori di rischio di mercato, come richiesto nel FRTB-CVA framework. Infatti, il calcolo di tale sensibilità è molto complesso dal punto di vista computazionale, poiché ogni calcolo del CVA richiede la simulazione dell’esposizione verso tutte le controparti.

Per poter essere autorizzata ad utilizzare il primo tipo di framework, ossia quello più complesso, la banca deve soddisfare tre criteri:

 l’abilità della banca di calcolare la sensibilità del CVA almeno ad un certo insieme di fattori di rischio di mercato;

 la conoscenza e l’utilizzo di una metodologia per approssimare gli spreads creditizi delle controparti “illiquide”, cioè quelle controparti i cui crediti non vengono attivamente negoziati sul mercato;

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 l’esistenza di una funzione dedicata appositamente al risk management del CVA (cd. “CVA desk”).

Sempre all’interno del FRTB-CVA framework, il Comitato propone anche di estendere le coperture ammissibili: in primo luogo, tra gli strumenti ammessi come copertura della componente creditizia del CVA vengono riconosciuti anche quelli che non fanno direttamente riferimento alla controparte (cd. “proxy hedges”); in secondo luogo, vengono riconosciuti anche quegli strumenti che hanno la finalità di mitigare e ridurre la sensibilità del CVA ai fattori di rischio di mercato da cui dipende l’esposizione (cd. “market risk hedges”).

Un’altra novità riguarda il calcolo del CVA, la cui definizione viene basata su un insieme di principi piuttosto che su una formula stabilita dal regulator come nello schema corrente. Molti di questi principi sono ricavati dalle best practices delle banche, cioè sono quelli che vengono già seguiti dalle banche nel calcolo del loro CVA a fini contabili, come: il calcolo del CVA come valore atteso delle perdite future; l’uso di probabilità di default e perdite in caso di insolvenza (loss given default) ricavate dal mercato e la simulazione delle esposizioni scontate. Per quest’ultima in particolare, il Comitato ha considerato due opzioni: la prima è quella di generare le esposizioni scontate utilizzando i modelli usati a fini contabili, la seconda è quella di farlo utilizzando i metodi IMM. La prima alternativa ha il vantaggio di favorire la convergenza tra il CVA contabile e quello regolamentare, ma lo svantaggio di porre il peso di un ulteriore controllo per assicurarsi che i modelli contabili siano idonei; la seconda alternativa, invece, non favorisce una simile convergenza ma assicura la qualità dei modelli senza imporre il fardello di un controllo aggiuntivo, dal momento che i modelli IMM sono già stati approvati dall’Autorità competente.

A differenza di ciò che viene richiesto dai principi contabili, le banche devono assumere di essere prive di rischio di default51 e quindi devono considerare esclusivamente il rischio di insolvenza delle controparti e non il proprio.

Per quelle banche che non vogliono o non sono capaci di calcolare la sensibilità del CVA sulla base di quanto richiesto dal regulator nel FRTB-CVA framework, viene proposto il Basic-CVA Framework, che consiste in un unico approccio, ossia il basic approach per il CVA (BA-CVA), che non rappresenta altro che lo sviluppo dell’approccio standardizzato corrente per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di CVA. A differenza di quanto previsto per il framework più complesso, il quadro basic si caratterizza per il mancato

51 L’assunzione in questione implica per le banche il calcolo del CVA unilaterale, senza l’inclusione del DVA,

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riconoscimento delle coperture a fronte della “componente esposizione” del CVA. Le uniche coperture ammesse sono quelle già previste dallo schema corrente, ossia CDS single-name, contingent CDS single-name e indici CDS, ma con un’estensione: gli strumenti single-name non devono fare necessariamente riferimento alla controparte negoziale, ma possono anche riferirsi ad entità legalmente collegate a quest’ultima o che appartengono allo stesso settore e regione.

Nell’ambito di questo approccio, il requisito patrimoniale per il rischio di CVA è calcolato come somma di due termini: il requisito patrimoniale per il rischio connesso con gli spread creditizi della controparte ed il requisito patrimoniale per il rischio legato all’esposizione. La formula per il primo elemento è piuttosto simile a quella definita nell’approccio standardizzato corrente, anche se vi sono comunque varie differenze:

 il fattore 2,33 che rappresenta il VaR al 99% della distribuzione normale standardizzata viene sostituito dal fattore 2,34 che rappresenta l’Expected Shortfall (ES) al 97,5% di tale distribuzione52. Il fattore non appare esplicitamente nella formula ma è parte delle ponderazioni presenti nella formula;

 l’EAD viene divisa per un fattore “alpha” per approssimare meglio l’esposizione attesa;

 la formula viene modificata al fine di catturare il rischio di base dovuto alla copertura imperfetta derivante da strumenti single-name che non fanno direttamente riferimento alla controparte in essere;

 viene introdotto uno specifico trattamento delle controparti con insiemi di compensazione multipli;

 vengono abbandonate le ponderazioni basate sul rating ed introdotte quelle basate sui credit spreads.

Il secondo termine della somma, ossia il requisito patrimoniale per il rischio legato all’esposizione, deve essere posto pari alla metà del requisito patrimoniale per il rischio connesso con gli spreads creditizi della controparte, una volta che questo è stato calcolato escludendo tutti i tipi di copertura.

52 Il VaR ad esempio al 95% di un portafoglio è la perdita minima che esso può subire nell’orizzonte predefinito

nel 5% di casi peggiori (o, analogamente, rappresenta la perdita massima che esso può subire nel 95% di casi migliori) mentre l’ES è la perdita media che esso può subire nel 5% di casi peggiori. Quindi, se l’ES è la media dei casi peggiori, il VaR è il migliore di tali casi.

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