INTRODUZIONE
Uno degli aspetti che determinano la qualità nutrizionale dei capolini di carciofo (Cynara cardunculus var. scolymus L. Fiori) è il contenuto di polifenoli bioattivi, responsabili della maggior parte delle proprietà antiossidanti e farmacologiche di questa composita. I polifenoli contenuti nel carciofo sono metaboliti secondari appartenenti al gruppo degli idrossicinnamati, in particolare acidi caffeilchinici (acido clorogenico, acido caffeico, cinarina ecc.) e flavonoidi (luteolina e forme coniugate).
L’impiego fitoterapeutico del carciofo è noto fin dall’antichità. In tempi moderni, gli studi sulle proprietà antiossidanti del carciofo (a partire dagli anni
’70), si sono concentrati soprattutto sugli estratti fogliari, comunemente usati dall’industria farmaceutica. Tuttavvia la letteratura specifica è carente di informazioni sul contenuto di antiossidanti nelle parti eduli del prodotto fresco.
Molteplici ricerche hanno dimostrato che il carciofo possiede spiccate proprietà antiossidanti, epatoprotettive, coleretiche ed ipocolesterolemiche (Gebhardt, 1998; Gebhardt, 2001; Brown e Rice-Evans, 1998; Wang et al., 2003;
Zapolska-Downar et al., 2002); inibisce inoltre l'ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL), apportando con la dieta sostanze naturali in grado di ridurre o prevenire l'aterogenesi, le malattie coronariche e i processi di carcinogenesi (Larson, 1998; Azzini et al., 2007).
L’attività epatoprotettiva degli estratti di carciofo è stata ripetutamente confermata da studi in vivo ed in vitro (Fintelmann, 1996; Dorn, 1996;
Gebhardt, 1998; Gebhardt, 2001; Speroni et al., 2003).
Le proprietà antiossidanti dei singoli composti, che costituiscono il complemento polifenolico degli estratti di carciofo sono assai diverse e quindi differente è il contributo delle singole molecole (acido clorogenico, acido caffeico, acido ferulico, ecc.), alla capacità antiossidante totale dell'estratto, così come viene valutato l’assorbimento e la biodisponibilità dei metaboliti degli acidi idrossicinnamici dopo ingestione delle parti eduli di carciofo (Wang et al., 2003;
Azzini et al., 2007).
Il contenuto di acido clorogenico, che è il polifenolo quantitativamente preponderante nelle parti eduli di carciofo, varia considerevolmente a seconda della varietà e dell’ambiente di coltivazione (Curadi et al., 2005).
Tale variabilità indica la possibilità di selezionare varietà di carciofo caratterizzate da un contenuto potenziato di polifenoli ed una maggiore capacità antiossidante.
Il carciofo ⎯ come molte altre specie coltivate ⎯ è in grado di formare micorrize
arbuscolari (AM), particolari simbiosi mutualistiche tra alcuni funghi presenti nel terreno e le radici delle piante.
La simbiosi micorrizica ha la capacità di ridurre i danni ossidativi causati da stress ambientali, come la carenza idrica e l'eccesso di sali, tramite meccanismi enzimatici (superossido dismutasi, catalasi, perossidasi) e non enzimatici (acido ascorbico), che difendono la pianta dall'accumulo di specie reattive dell'ossigeno. Sebbene all’inizio degli anni ’90 siano iniziate le prime ricerche sui cambiamenti metabolici
indotti dalla simbiosi con funghi AM nelle piante coltivate (Palma et al., 1993;
Arines et al., 1994; Giovannetti e Avio, 2002), allo stato attuale sono scarse le informazioni relative alle interazioni fra AM e carciofo e l’influenza della simbiosi sulla fisiologia del metabolismo secondario della pianta.
I progressi nella tecnica di micropropagazione hanno interessato anche la coltivazione del carciofo; durante gli anni ‘80 sono state messe a punto metodologie di moltiplicazione in vitro (Ancora, 1986; Morone-Fortunato e Tagarelli, 1989).
L’inoculazione con funghi AM di carciofo micropropagato (Morone-Fortunato e Ruta, 2003; Ruta et al., 2004; Morone-Fortunato et al., 2005; Morone et al., 2006), ha mostrato che la simbiosi micorrizica, oltre a ridurre lo stress da trapianto, determina un più rapido sviluppo delle piantine, conferendo maggiore resistenza agli attacchi patogeni e maggiore assorbimento di acqua e di elementi minerali (Giovannetti, 1990; Fortuna et al., 1992; Gribaudo et al., 1996).
Anche il materiale comunemente usato per la propagazione vegetativa del carciofo (carducci), può essere inoculato in fase di radicazione (Gianinazzi-Pearson, 1996;
Giovannetti e Avio, 2002).
Allo stato attuale, i dati disponibili in letteratura suggeriscono che l'impiego parallelo di biotecnologie ecocompatibili, quali la micropropagazione e la micorrizazione, possano migliorare la filiera produttiva del carciofo per ottenere piante altamente produttive, dotate di elevate proprietà antiossidanti.
Effettivamente il miglioramento qualitativo tradizionale appare più accessibile nei confronti di alimenti di origine vegetale, rispetto a tecniche innovative come la modificazione genetica.
A tal fine, sono necessarie informazioni sulla variabilità del contenuto polifenolico nelle parti eduli, sui modelli di accumulo degli antiossidanti durante il ciclo, e sull’influenza delle condizioni ambientali e colturali. Tra queste ultime, l’impiego di funghi micorrizici rappresenta una valida metodologia innovativa. È noto in letteratura l’effetto positivo svolto dalle micorrize sullo sviluppo delle piante, dovuto al miglior assorbimento di elementi minerali dal terreno. Più recentemente, le ricerche sui cambiamenti metabolici associati alla micorrizazione hanno evidenziato, nelle piante micorrizate, un incremento dell’attività di alcuni enzimi antiradicalici e della sintesi di composti antiossidanti (Porcel et al., 2003; Walter et al., 2000; Fester et al., 2002a/b).
Lo scopo della presente tesi è stato quello di indagare l’influenza dell’associazione micorrizica, utilizzando ceppi fungini diversi, sul complemento di sostanze fenoliche e sull’attività antiossidante degli estratti delle parti eduli dei capolini di carciofo. A tal fine è stata effettuata la quantificazione dei composti fenolici totali (TPC) e la determinazione della capacità antiossidante (ARP) negli estratti di carciofo della varietà tardiva “Terom”, ottenuti da piante micorrizate con Glomus mosseae (Nicolson et Gerdemann), Gerdemann et Trappe, e Glomus intraradices (Schenck et Smith), (figura 1e 2).
Fig. 1: ife intercellulari e arbuscoli in radici di carciofo colonizzate da Glomus mosseae (Nicolson et Gerdemann), Gerdemann et Trappe
(da Martelloni, 2005).
Fig. 2: spore intraradicali in radici di carciofo colonizzate da Glomus intraradices (Schenck et Smith)
(da Martelloni, 2005).