CONCLUSIONE
Il presente studio presenta alcune limitazioni, in primis il ridotto numero di casi clinici sottoposti all’intervento. Questo purtroppo deve essere attribuito al cospicuo costo di un intervento CUE che non tutti i nuclei familiari possono o sono disposti ad affrontare. Inoltre trattandosi di una procedura chirurgica nuova, poco conosciuta e pubblicizzata, abbiamo riscontrato una notevole titubanza da parte dei proprietari ad accettarla serenamente.
Ciò nonostante nei 17 mesi in cui ho svolto questo lavoro sono riuscita ad includere la totalità degli interventi CUE effettuati in territorio italiano, essendo questo uno studio multicentrico.
I risultati ottenuti sono stati eccellenti, con recuperi funzionali completi, scomparsa di zoppia e di dolore. I casi che abbiamo sottoposto ad intervento non avevano più a disposizione alternative terapeutiche convenzionali ed erano articolazioni considerate ad uno stato terminale di artrosi. Per questi pazienti l’intervento CUE è stata una vera e propria chirurgia di salvataggio dell’arto.
Per tale motivo, nonostante il basso numero di casi, possiamo affermare che la Canine Unicompartimental Elbow è sicuramente una tecnica con grandissimo potenziale, scarso rischio di complicazioni e capace di garantire ottimi risultati a lungo termine nel trattamento della sindrome del compartimento mediale.
Risulterebbe sicuramente utile per eventuali studi futuri aumentare il numero di centri specializzati capaci di poter offrire tale intervento,
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pubblicizzandolo maggiormente, sensibilizzando i proprietari al problema della sindrome ed informandoli adeguatamente sui rischi ed i benefici. In tal modo risulterebbe molto più agevole aumentare il numero dei casi totali ed approfondire meglio le biodinamiche degli impianti protesici e le eventuali complicazioni che potrebbero verificarsi.
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