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Il sito archeologico di Fonte Tasca, è situato nel comune di Archi

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Academic year: 2021

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Introduzione

Caratteristiche del sito di Fonte Tasca, Archi (Ch).

Il sito archeologico di Fonte Tasca, è situato nel comune di Archi. Giace su di un pendio a 160 m sul livello del mare. Il ritrovamento in superficie di vari reperti condusse nel 1974 alla scoperta del sito. L’anno successivo, fu effettuato dal Prof. Tomaso Di Fraia un saggio di ridotte dimensioni , che mise in luce uno strato in parte argilloso, contenente reperti e materiali carboniosi. Negli anni 1976 e 1977, altre trincee esplorative allargarono le ricerche del sito, con la restituzione sia di una stratigrafia più completa, sia di ulteriori reperti anche metallici. Fu però solo nel 1978, che fu individuata una stratigrafia più precisa. Infatti fu individuato un fossato, con profilo triangolare, ampio tra gli 8 e i 10 m e profondo tra i 2,5 e i 3,5 m. Questa struttura presenta tacche e buche nella roccia, effettuate probabilmente al momento della sua creazione per facilitare le

operazioni di discesa e risalita e di appoggio. Il riempimento di questa struttura non presenta caratteri uniformi, che vanno da strati argillosi nei livelli più bassi poveri di reperti, a livelli medi e superiori con una messe ben diversa e più ingente di materiali. E’ quindi ragionevole pensare che se all’inizio tale struttura fu utilizzata come sistema di drenaggio delle acque, in seguito ebbe funzione di discarica. A valle del fossato un’altra zona, denominata F, ha restituito una stratigrafia di 1-1,20 con un vespaio di pietre di piccole dimensioni giacente sul terreno sterile alla base. Ciò fa pensare alla presenza di più abitazioni. Sono presenti inoltre tre terrazzamenti probabilmente artificiali. Un’altra area sempre a valle del fossato, il settore N, presenta strati argillosi di colore grigiastro, che contengono materiali che sembra abbiano subito

rimescolamenti e dilavamento : sono infatti molto frammentati e usurati. Dal settore R, situato a monte del fossato, provengono ceramica, ossa, bronzi e carbone (Di Fraia, 1987).

I dolii di Archi.

L’individuazione di questa tipologia ceramica, è basata su alcuni parametri che comprendono la cronologia, la forma, la funzione e le dimensioni dei contenitori fittili in considerazione. Per quanto riguarda il primo punto, si può dire che questa categoria di contenitori appare nel Bronzo Recente e si sviluppa soprattutto nel Bronzo Finale. Si tratta di contenitori con ventre più grande del fondo e dell’orlo, anche se quest’ultimo è spesso più robusto delle altre parti del contenitore e presenta comunque un’ampiezza significativa. Se si prendono in considerazione il peso, le dimensioni, la mancanza frequente di elementi di presa e una misura ridotta del fondo, si può concludere che questi contenitori fossero usati come elementi fissi e non per essere trasportati.

Per quanto riguarda le dimensioni, si può indicare una capacità minima di 50 litri e massima di circa 400 litri.

Nel corso degli anni ’70 e ‘80 del XX secolo gli scavi di due dei più importanti siti abitativi del Bronzo Finale nell’Italia meridionale, Fonte Tasca di Archi (CH) e Broglio di Trebisacce (CZ), portarono alla luce una grande quantità di frammenti di contenitori di questo tipo e posero per la prima volta in modo forte il problema della loro interpretazione. Sia pure con approcci e risultati diversi, Peroni (1994) e Di Fraia (1996) arrivarono comunque alla conclusione che tali dolii fossero destinati all’immagazzinamento di derrate liquide e in

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particolare di olio, senza tuttavia escludere altri prodotti, sia pure in misura ridotta (Di Fraia 2000, p. 164).

Tra i siti italiani del bronzo finale, che hanno restituito una tipologia simile, vi è l’abitato di Sorgenti della Nova (VT) al confine tra Lazio e Toscana. Qui sono stati rinvenuti grandi contenitori di impasto di forma ovoide, cilindrica e biconica ad orlo estroflesso e con anse a maniglia e cordoni e tacche (Dolfini; Cardosa, 1997). Un altro sito è Timmari (MT), nel quale è stato rinvenuto tra l’altro un dolio cordonato di ceramica figulina, che è stato possibile ricostruire interamente(Bianco; Orlando, 1995). Da Broglio di Trebisacce (CZ), provengono vari frammenti di questa tipologia ceramica che appartiene a due classi di impasto: uno depurato e uno non depurato ( Peroni, 1984), e che presentano tracce di lavorazione al tornio. I numerosi frammenti rinvenuti nel sito di Archi, hanno invece la peculiarità di non presentare tracce di lavorazione al tornio, e di poter essere suddivisi in tre categorie sulla base della composizione della pasta: chamotte, figulina e impasto. Il fatto che tali contenitori non presentino tracce di lavorazione al tornio, è indice di una loro produzione in situ (Di Fraia, 2000).

Rinviando ai contributi già pubblicati per quanto concerne la problematica generale dei dolii, mi occuperò qui di analizzare i dolii di Archi soprattutto dal punto di vista tecnico-morfologico, per cercare di stabilire l’entità e la qualità di tale produzione e quindi per verificarne meglio il livello tecnologico e l’importanza economica.

Come accennato, i dolii di Archi si possono suddividere in tre categorie: A) Dolii in argilla depurata contenenti tritume di ceramica (chamotte), di dimensioni tra 1mm e 4 mm. Il colore predominante per questa categoria è il rosa o il beige e comprende contenitori di grandi dimensioni che spesso hanno all’orlo un diametro tra i 38 e i 62 cm. B) Dolii di figulina, che spesso si presenta farinosa al tatto, di colore arancio e beige giallastro e con dimensioni generalmente inferiori rispetto ai primi. C) Dolii di impasto, che comprendono contenitori di grande spessore (4cm), e solitamente di colore tra il nero e il rosso mattone. In tutte e tre le categorie vi sono sempre orli estroflessi, ispessiti e sfaccettati con una gola ampia e corpo espanso che si restringe verso il fondo. In generale la forma è a botte o piriforme.

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