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BOZZA PIANO TRIENNALE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 2014 – 2015 - 2016Legge n. 190 del 6/11/2012

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(1)

I. R. C. C .S.

Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

CENTRO DI RIFERIMENTO ONCOLOGICO DELLA BASILICATA Rionero in Vulture (PZ)

C. R. O. B.

PIANO TRIENNALE DELLA PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE 2014 – 2015 - 2016 Legge n. 190 del 6/11/2012

BOZZA

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INDICE

Sommario

Sommario...2

Introduzione...4

Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione dell'IRCCS CROB...6

Normativa di riferimento...8

I soggetti dell'Istituto coinvolti nel processo di prevenzione e repressione della corruzione...10

Il Direttore Generale...10

Il Responsabile della prevenzione della corruzione ...11

Funzioni del responsabile della prevenzione della corruzione...12

Responsabilità amministrativa e disciplinare del Responsabile della...14

prevenzione della corruzione...14

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione...14

Funzioni dei Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione...15

Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.)...17

L'Ufficio procedimenti disciplinari – U.P.D...17

Tutti i dipendenti dell'Istituto...17

Responsabilità dei dipendenti per violazione delle misure di prevenzione...18

I Collaboratori a qualsiasi titolo dell'Istituto...18

Oggetto, finalità ed ambito di applicazione del P.T.P.C. Dell'IRCCS CROB...19

Inquadramento concettuale del rischio - Individuazione delle aree di rischio...21

Determinazione, per ciascuna area di rischio, delle esigenze di intervento utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, con l'indicazione di modalità, responsabili, tempi d'attuazione e indicatori...25

Misure di prevenzione di carattere trasversale...27

Individuazione, per ciascuna misura, del responsabile e del termine per l’attuazione, stabilendo il collegamento con il ciclo delle performance ...27

Il P.T.T.I. e gli obblighi di trasparenza previsti dal D. Lgs. n. 33/2013 ...29

Individuazione dei Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione e degli altri soggetti tenuti a relazionare al Responsabile ...30

Iniziative di formazione sui temi dell’etica e della legalità e di formazione specifica per il personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione e per il Responsabile della prevenzione della corruzione ...31

Definizione del processo di monitoraggio sull’implementazione del P.T.P.C. ...31

Individuazione delle modalità per operare l’aggiornamento del P.T.P.C. ...31

La gestione del rischio ...32

Mappatura dei processi attuati dall’Istituto ...33

Valutazione del rischio...34

Il trattamento del rischio e le misure per neutralizzarlo ...38

Le priorità di trattamento...38

Il monitoraggio e le azioni di risposta ...39

Aree di rischio individuate dall'IRCCS CROB ...39

Criteri di valutazione del grado di rischio...43

La trasparenza...46

Tracciabilità dei procedimenti ...47

Compiti del Responsabile della trasparenza ...48

Responsabilità del Responsabile della trasparenza ...49

Compiti dei dipendenti, responsabili delle posizioni organizzative e dirigenti...49

L'accesso civico ...51

Codici di comportamento – diffusione di buone pratiche e valori ...52

(3)

Obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse ...56

La formazione ...57

Meccanismi di formazione, attuazione e controllo ...63

delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione ...63

Procedure per monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti ...64

Procedure per monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere ...66

Misure ulteriori per la prevenzione della corruzione ...67

Trasmissione ed elaborazione dei dati relativi alla pianificazione, all'attuazione e all'impatto delle politiche anticorruzione ...69

Gestione ed uso dei dati raccolti in materia di prevenzione della corruzione ...70

Fasi e tempi di monitoraggio ...71

Aggiornamento e adeguamento del piano...74

Obblighi di informazione e di trasparenza (D.Lgs. n. 33 del 14 marzo 2013)...74

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Introduzione

Nel 1990 William Bratton, solerte funzionario di polizia, ricevette dal sindaco di New York, Rudolph Giuliani, l’incarico di gestire la sicurezza nella metropolitana di New York, in quel tempo teatro di gravi e frequenti crimini. Per ridurre questa esplosione di criminalità, Bratton pensò bene di ispirarsi alla teoria criminologica conosciuta come teoria delle “finestre rotte”. La teoria è riassumibile con la seguente metafora: una finestra rotta in un quartiere fornisce l’impressione di assenza di regole, invogliando a romperne altre e innescando una spirale di vandalismo che ha come epilogo il grande crimine. Su queste basi, il nostro solerte funzionario iniziò (metaforicamente) a

“riparare le finestre”. Per dare l’impressione di un ambiente in cui le regole erano rispettate - e prima tra tutti la regola secondo cui occorre pagare il biglietto per viaggiare - mandò la polizia a pattugliare stazioni e convogli in cerca di viaggiatori sprovvisti di biglietto. Ebbene, questa iniziativa ebbe come risultato una netta riduzione non solo dei reati minori, ma anche di quelli gravi, come stupri e omicidi. Morale: per pretendere il rispetto delle regole, occorre creare un ambiente di diffusa percezione della necessità di tale osservanza. Il riferimento al tema in esame non è casuale. Come insegna la vicenda di Bratton, perché il virus dell’illegalità non si diffonda sono necessarie due condizioni: un ambiente sterile e buoni anticorpi. Nel settore pubblico gli anticorpi sono, per esempio, i controllori esterni quali la Corte dei conti. Soffermiamoci, invece, sull’ambiente sterile. E’ arrivata finalmente al varo la l. 190/2012, finalizzata ad arginare i diffusi fenomeni corruttivi che, oltre ad ascendere quotidianamente alla ribalta delle cronache, hanno fatto precipitare l’Italia nella statistica dei paesi a rischio corruzione.

La Legge 190/2012 entrata in vigore il 28/11/2012 definisce le “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”. Il provvedimento legislativo è stato emanato in attuazione dell'art. 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata dallo Stato Italiano con la Legge n. 116 del 3 agosto 2009.

La predisposizione di un Piano anticorruzione rappresenta per l'Italia l'occasione di adeguarsi alle migliori prassi internazionali introducendo nell'ordinamento ulteriori strumenti in grado di dare nuovo impulso alle politiche di prevenzione del fenomeno corruttivo nella direzione più volte sollecitato dal Groupe d'Etats contre la Corruption (GRECO) in seno al Consiglio d'Europa, dal Working Group on Bribery (WGB) e dal Implementation Review Group (IRG) per l'implementazione della Convenzione contro la corruzione delle Nazioni Unite.

Operando nella direzione indicata dagli organismi internazionali, attraverso la sopracitata legge è stato introdotto nel nostro ordinamento un sistema organico di prevenzione della corruzione su due

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Ad un primo livello, quello “nazionale”, il Dipartimento della Funzione Pubblica predispone, sulla base di linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale, il P.N.A.

Piano, che successivamente è approvato dalla CiVIT, individuata dalla legge quale Autorità nazionale anticorruzione.

Al secondo livello, quello “decentrato”, ogni amministrazione pubblica definisce un P.T.P.C., che, sulla base delle indicazioni presenti nel P.N.A., effettua l'analisi e valutazione dei rischi specifici di corruzione e conseguentemente gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

La funzione principale del P.N.A. è quella di assicurare l'attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale. Il sistema deve garantire che le strategie nazionali si sviluppino e si modifichino a seconda delle esigenze e del feedback ottenuto dalla loro applicazione. Inoltre, l'adozione del P.N.A. tiene conto dell'esigenza di uno sviluppo graduale e progressivo del sistema di prevenzione, nella consapevolezza che il successo degli interventi dipende in larga misura dal consenso sulle politiche di prevenzione, dalla loro accettazione e dalla concreta promozione delle stesse da parte di tutti gli attori coinvolti. Per questi motivi il primo P.N.A. approvato in data 1 settembre 2013, è finalizzato prevalentemente ad agevolare la piena attuazione delle misure legali ossia quegli strumenti di prevenzione della corruzione che sono disciplinati dalla legge.

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Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione dell'IRCCS CROB

Ai sensi della Legge n. 190 del 6/11/2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione” l'IRCCS – Centro di riferimento Oncologico di Basilicata di Rionero in Vulture (di seguito più brevemente IRCCS-CROB), ogni anno adotta un Piano triennale di prevenzione della corruzione con la funzione di fornire una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e stabilire gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio.

Il presente piano di prevenzione della corruzione (di seguito piano) definisce, in fase di prima applicazione, i criteri di valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici e delle strutture aziendali al rischio di corruzione, individua le attività, che in primo avvio, vengono valutate ad elevato rischio di corruzione nell'ambito dell'Istituto ed indica, in relazione ad esse, nel rispetto della predetta normativa, l'adozione di misure e di meccanismi di informazione, formazione e controllo idonei a prevenire e contrastare da subito tale rischio. Il piano rappresenta dunque il primo atto di un processo destinato a costante sviluppo e progressiva correzione ed implementazione da apportarsi, con le cadenze temporali indicate del presente documento a seguito delle analisi e monitoraggi che saranno condotti dal Responsabile della prevenzione della corruzione e mediante l'adozione di idonee misure dirette a prevenire, impedire e contrastare il verificarsi di fenomeni di corruzione. Si intende per corruzione il caso di abuso da parte del dipendente del potere a lui affidato al fine di ottenere indebiti vantaggi privati. Sono ricomprese le situazioni in cui, a prescindere dalla rilevanza penale venga, in evidenza un malfunzionamento dell'amministrazione a causa dell'uso a fini o delle funzioni o dei compiti attribuiti, che possono rivestire carattere amministrativo, tecnico o sanitario o di altro genere e riguardare ogni dipendente quale che sia la qualifica ricoperta.

Il Piano triennale di prevenzione della corruzione viene adottato, ai sensi dell'art. 1, comma 8, della Legge n. 190 del 6/11/2012, entro il 31 gennaio di ogni anno. In fase di prima applicazione della norma tale termine è differito – ai sensi dell'art. 34 bis, comma 4, del D.L. 179/2012 convertito, con modificazione, dalla Legge n. 221 del 17/12/2012 – al 31 gennaio 2014.

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Il codice penale prevede diverse ipotesi di corruzione:

Art. 318 c.p. (Corruzione per un atto d'ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve, per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d'ufficio da lui già compiuto, la pena è della reclusione fino a un anno.

Art. 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni. La pena è aumentata se il fatto di cui all'art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata

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all'art. 319 c.p. ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene.

Art. 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari) Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 c.p. sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

Art. 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) Le disposizioni dell'art. 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio; quelle di cui all'art. 318 c.p. si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato. In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.

Art. 321 c.p. (Pene per il corruttore) Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'art. 319, nell'art. 319- bis, nell'articolo 319-ter e nell'art. 320 c.p. in relazione alle suddette ipotesi degli artt. 318 e 319 c.p., si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità.

Art. 322 c.p. (Istigazione alla corruzione) Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'art. 318 c.p., ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'art. 319 c.p., ridotta di un terzo. La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'art. 318 c.p. La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'art. 319 c.p.

Art. 322-bis c.p. (Peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri ) Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322 c.p., terzo e quarto comma, si applicano anche:

1. ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;

2. ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;

3. alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;

4. ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;

5. a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio.

Le disposizioni degli articoli 321 e 322 c.p., primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:

1. alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;

2. a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali.

Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.

Diversi dalla corruzione sono i reati di:

A. concussione (art. 317 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

B. abuso d'ufficio (art. 323 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.

C. rifiuto od omissione di atti d'ufficio (art. 328 c.p.): Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

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Normativa di riferimento

• D.Lgs. n. 39 del 08/04/2013 recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'art. 1, commi 49 e 50 Legge 190”. I suddetti commi prevedono che il Governo adotti strumenti legislativi idonei alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni corruttivi, senza nuovi o maggiori oneri di spesa per la finanza pubblica. In particolare con il suddetto Decreto si modifica in senso restrittivo, la normativa vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di responsabilità di vertice nella pubblica amministrazione e di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale con le funzioni pubbliche affidate.

• D.Lgs. n. 33 del 14/03/2013 sul “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione dell'informazione da parte delle pubbliche amministrazioni”. Il Decreto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi dei commi 35 e 36 art 1. Legge 190, definisce il principio generale di trasparenza, come:

“accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1, c. 1).

Nel provvedimento sono definite, in maniera vincolante, le norme e le sanzioni relative ai mancati adempimenti. Sono inoltre individuate le disposizioni che regolamentano e fissano i limiti della pubblicazione, nei siti istituzionali, di dati ed informazioni relative all'organizzazione e alle attività delle pubbliche amministrazioni; tali informazioni sono pubblicate in formato idoneo a garantire l'integrità del documento, deve essere inoltre, curato l'aggiornamento, di semplice consultazione e devono indicare la provenienza; devono inoltre risultare riutilizzabili; è fissato in 5 anni l'obbligo di durata della pubblicazione.

Pur rispettando i limiti imposti dalla normativa in materia di tutela della segretezza e della privacy, il principio della completa accessibilità delle informazioni è ispirato al “Freedom of Information Act” statunitense, che garantisce a chiunque l'accesso a qualsiasi documento o dato in possesso delle pubbliche amministrazioni. L'introduzione del “diritto all'accesso civico” mira a costruire e/o ad alimentare il rapporto di fiducia tra il Cittadino e la Pubblica Amministrazione e a promuovere il principio di legalità e la prevenzione della corruzione.

Nel dispositivo legislativo viene definita l'adozione del Piano Triennale per l'integrità e la trasparenza come sezione del Piano di prevenzione della corruzione che deve indicare le modalità di attuazione degli obblighi di trasparenza e gli obiettivi collegati con il piano delle performance.

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• Decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 16/04/2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'art. 54 del D.lgs. 30/03/2001 n.

165”. Il Codice approvato sostituisce il vigente Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica 28 novembre 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 84 del 10 aprile 2001). Esso è stato abrogato dall'art. 17, comma 3, del su citato decreto n. 62. Il Codice stabilisce l'obbligo di “assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico”.

Il regolamento si applica ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, il cui rapporto di lavoro è disciplinato in base all'art. 2, commi 2 e 3, del medesimo decreto. Riguardo a tale aspetto, viene precisato che “si è ritenuto di non poter accogliere le osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato con le quali si era chiesto di estendere l'ambito soggettivo di applicazione del codice a tutti i pubblici dipendenti, e questo in considerazione del fatto che l'art. 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001 trova applicazione soltanto nei confronti dei pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro è regolato contrattualmente.

Viene comunque specificato, all'art. 2, che le pubbliche amministrazioni destinatarie del codice estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal codice anche a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico, nonché ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche”.

Ulteriori strumenti legislativi di riferimento:

• Linee di indirizzo per la predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione del “Comitato Interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell'integrità nella pubblica amministrazione” del 13 marzo 2013;

• circolare n. 1 del 25/01/2013 – Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione – Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica;

• D.P.C.M. Del 16/01/2013 “Istituzione del Comitato interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”;

• D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001 recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”;

• artt. Da 318 a 322 del Codice Penale Italiano;

• Legge n. 116 del 3 agosto 2009 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/41, firmata dallo Stato Italiano il

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9 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno e modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale”;

• D.Lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”;

• D.Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, denominato “Testo unico sulla privacy”.

I soggetti dell'Istituto coinvolti nel processo di prevenzione e repressione della corruzione I soggetti dell'Istituto coinvolti nel processo di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità (di seguito soggetti coinvolti) e, pertanto chiamati a partecipare attivamente all'elaborazione del piano e all'attuazione e controllo di efficacia delle misure con esso adottate sono:

• il Direttore Generale

• il Responsabile della prevenzione della corruzione

• i Referenti per la prevenzione della corruzione per l'area di rispettiva competenza;

• Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.);

• l'Ufficio Procedimenti Disciplinari;

• tutti i dipendenti dell'amministrazione;

• i collaboratori a qualsiasi titolo dell'amministrazione.

E' onere e cura del Responsabile della prevenzione della corruzione definire le modalità e i tempi del raccordo con gli altri organi competenti nell'ambito del P.T.P.C..

Il Direttore Generale

Avuto riguardo alle disposizioni di cui al D.Lgs. 502/1992 e s.m.i., salva diversa indicazione da parte degli organi competenti, svolge le funzioni che la norma attribuisce all'organo di indirizzo politico delle pubbliche amministrazioni, e, pertanto:

• individua il responsabile della prevenzione della corruzione;

• adotta, su proposta del responsabile della prevenzione della corruzione, entro il 31 gennaio di ogni anno, il piano triennale di prevenzione della corruzione;

• garantisce, al responsabile della prevenzione della corruzione, un adeguato supporto, mediante assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti

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Il Responsabile della prevenzione della corruzione

Il Responsabile della prevenzione della corruzione (di seguito responsabile) è nominato dal direttore generale, di norma scelto tra i dirigenti amministrativi di ruolo in servizio, con criterio di rotazione.

Il relativo nominativo è comunicato alla Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT).

E' individuato, di norma, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio.

La designazione del Responsabile della prevenzione della corruzione deve essere comunicata alla Autorità Nazionale Anticorruzione.

Alla Autorità Nazionale Anticorruzione va anche comunicato l'indirizzo di posta elettronica certificata del Responsabile della prevenzione della corruzione individuato dal Direttore Generale.

L'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione si configura, di norma, come incarico aggiuntivo a quello già ordinariamente svolto dal dirigente individuato.

Non può essere nominato Responsabile della prevenzione della corruzione un dirigente che sia stato destinatario di provvedimenti giudiziali di condanna o di provvedimenti disciplinari e che non abbia dato dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo.

Nella scelta del Responsabile della prevenzione della corruzione va esclusa l'esistenza di situazioni di conflitto d'interesse.

In presenza di più aspiranti all'incarico, l'Istituto acquisisce la disponibilità e valuta.

Nell'affidamento dell'incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione si segue un criterio di rotazione/alternanza tra più dirigenti.

Considerato il ruolo e le responsabilità che la legge attribuisce al Responsabile della prevenzione della corruzione la scelta deve ricadere su un dirigente che si trovi in una posizione di relativa stabilità, per evitare che la necessità di intraprendere iniziative penetranti nei confronti dell'organizzazione amministrativa possa essere compromessa anche solo potenzialmente dalla situazione di precarietà dell'incarico.

Il responsabile per la prevenzione della corruzione resta in carico un anno.

L'IRCCS CROB individua nella persona dello stesso dirigente le figure del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della trasparenza, considerato che la trasparenza è una misura fondamentale per la prevenzione della corruzione.

L'Istituto assicura al Responsabile della prevenzione della corruzione lo svolgimento di adeguati percorsi formativi e di aggiornamento.

L'Istituto assicura al Responsabile della prevenzione della corruzione, in considerazione del suo delicato compito organizzativo e di raccordo, un adeguato supporto, mediante l'assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti della disponibilità di bilancio.

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L'appropriatezza delle risorse umane è assicurata non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, con il supporto di elevate professionalità, che dovranno peraltro essere destinate in specifica formazione.

Funzioni del responsabile della prevenzione della corruzione

Competono al responsabile le funzioni di seguito indicate, da svolgersi in stretta e costante collaborazione con i responsabili dei centri di attività e di risorsa:

• elaborare la proposta di piano triennale di prevenzione della corruzione, che viene sottoposta al direttore generale per l'adozione entro il 31 gennaio di ogni anno, (in fase di prima applicazione, gli enti adottano il P.T.C.P. e il P.T.T.I. entro il 31 gennaio e contestualmente provvedono alla loro pubblicazione sul sito istituzionale – Intesa tra Governo, Regioni ed Enti Locali per l'attuazione dell'art. 1 commi 30 e 61 della L. n. 190/2012 );

• definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;

• verificare l'efficace attuazione del piano e della sua idoneità;

• proporre modifiche al piano in caso di accertamento di significative violazioni o di mutamenti dell'organizzazione;

• verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici o strutture preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

• individuare il personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità;

• pubblicare, entro il 15 dicembre di ogni anno, sul sito web aziendale, una relazione recante i risultati dell'attività svolta e la sua trasmissione al direttore generale;

• monitorare il rispetto dei termini di conclusione dei processi e/o procedimenti da parte degli uffici e delle strutture dell'Istituto;

• monitorare i rapporti instaurati tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi, economici e non, di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione, attraverso appositi moduli da somministrare ai dipendenti, agli utenti, ai collaboratori esterni e ai fornitori in relazione agli importi economici in gioco;

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• garantire massima trasparenza a tutte le iniziative volte a prevenire, impedire contrastare il verificarsi di fenomeni di corruzione e ad assicurare l'osservanza della legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità.

Al fine di prevenire e controllare il rischio derivante da possibili atti di corruzione il responsabile può, in qualsiasi momento, chiedere ai responsabili delle UU.OO., di fornire per iscritto adeguata motivazione circa le circostanze di fatto e le ragioni giuridiche che hanno sotteso alle scelte effettuate relativamente ai procedimenti e/o processi di competenza.

Il responsabile può, in ogni momento verificare e chiedere delucidazioni per iscritto e verbalmente a tutti i dipendenti su comportamenti che possono integrare anche solo potenzialmente corruzione e illegalità.

Il responsabile accerta, altresì, che a tutti i dipendenti nonché al personale convenzionato venga consegnata, a cura dell'U.O. competente, copia del codice comportamentale e del piano della prevenzione della corruzione.

I compiti attribuiti al Responsabile della prevenzione della corruzione non sono delegabili, se non in caso di straordinarie e motivate necessità, riconducibili a situazioni eccezionali, mantenendosi comunque ferma nel delegante la responsabilità non solo in vigilando ma anche in eligendo.

L'imputazione della responsabilità per il verificarsi di fenomeni corruttivi in capo al Responsabile della prevenzione della corruzione non esclude che tutti i dipendenti delle strutture dell'Istituto coinvolte nell'attività amministrativa mantengano, ciascuno, il personale livello di responsabilità in relazione ai compiti effettivamente svolti. Al fine di realizzare la prevenzione, l'attività del Responsabile della prevenzione della corruzione deve essere strettamente collegata e coordinata con quella di tutti i soggetti presenti nell'organizzazione dell'amministrazione.

Il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di Responsabile della prevenzione della corruzione, comunque, motivato, è comunicato all'Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal Responsabile della prevenzione della corruzione.

Nel caso in cui nei confronti del dirigente della prevenzione della corruzione siano avviati procedimenti disciplinari o penali si procede alla applicazione dell'obbligo di rotazione ed alla conseguente revoca dell'incarico.

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Responsabilità amministrativa e disciplinare del Responsabile della prevenzione della corruzione.

A fronte dei compiti che la legge attribuisce al Responsabile della prevenzione della corruzione sono previsti consistenti responsabilità in caso di inadempimento.

In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il Responsabile della Prevenzione della corruzione risponde ai sensi dell'articolo 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, e s.m.i, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

a) di aver predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui all'art. 1 comma 5 della legge n. 190/2012 e di aver osservato le prescrizioni di cui all'art. 1 commi 9 e 10 della stessa legge;

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

In tal caso, la sanzione disciplinare a carico del Responsabile della prevenzione della corruzione non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il Responsabile della prevenzione della corruzione risponde ai sensi dell'articolo 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e s.m.i., nonché, per omesso controllo, sul piano disciplinare.

La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione per la selezione e la formazione dei dipendenti ad operare in settori particolarmente esposti al rischio della corruzione, da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione, costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale. La previsione di questa responsabilità dirigenziale rende necessaria la creazione di un collegamento tra l'adempimento normativamente richiesto e gli obiettivi individuali in sede di negoziazione dell'incarico dirigenziale e nello stesso inseriti.

Parimenti tali obiettivi devono essere inseriti nel Piano delle Performance in modo che siano oggetto di adeguata valutazione della performance individuale.

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione

La complessità dell'organizzazione dell'Istituto fa ritenere opportuno l'affiancamento al Responsabile della prevenzione della corruzione di Referenti, che costituiscono punto di riferimento per la raccolta delle informazioni e le segnalazioni al Responsabile della prevenzione

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della corruzione, fermi restando i compiti del Responsabile e le conseguenti responsabilità, che non possono essere derogati.

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione sono individuati con deliberazione del Direttore Generale, anche su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione.

I Referenti del Responsabile della Prevenzione della corruzione sono individuati di norma, nei Responsabili di tutte le strutture e articolazioni dell'Istituto.

Possono, altresì, essere individuati quali referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, in aggiunta a quelli indicati precedentemente, ulteriori dirigenti in possesso di specifica professionalità.

L'incarico di Referente del Responsabile della prevenzione della corruzione si configura come incarico aggiuntivo a quello già ordinariamente svolto dal dirigente individuato e non da luogo ad alcuna remunerazione.

Funzioni dei Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, al fine di assicurare, in modo diffuso e capillare, azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nell'Istituto, concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione.

I Referenti del Responsabile per la prevenzione della corruzione concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a:

1. individuare le attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione;

2. prevedere, per le attività individuate ai sensi al punto 1, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione;

3. assicurare, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi del punto 1, obblighi di informazione nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano anticorruzione;

4. monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

5. monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione;

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6. individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge.

7. verificare l'attuazione del piano e la sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione;

8. verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici proposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

9. individuare il personale da inserire nei programmi di formazione sui temi dell'etica pubblica e della legalità, in quanto chiamati ad operare nei settori nei quali è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione.

Le modalità di raccordo e di coordinamento tra il Responsabile della prevenzione della corruzione e i Referenti devono determinare un meccanismo di comunicazione/informazione, input/output per l'esercizio della funzione, secondo un processo bottom-up in sede id formulazione delle proposte top-down per la successiva fase di di verifica ed applicazione.

I Referenti del Responsabile della prevenzione della corruzione, per l'area di rispettiva competenza, svolgono attività informativa nei confronti del Responsabile, affinché questi abbia elementi e riscontri sull'intera organizzazione ed attività dell'Istituto.

I Referenti concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a curare che nell'Istituto siano rispettate le disposizioni del D.Lgs. n. 39/2013 sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.

A tal fine:

• segnalano al Responsabile della prevenzione della corruzione l'esistenza o l'insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al decreto, affinché il Responsabile proceda alla relativa, dovuta contestazione;

• segnalano, altresì, al Responsabile della prevenzione della corruzione i casi di possibile violazione delle disposizioni dello stesso decreto, affinché il Responsabile li segnali all'Autorità nazionale anticorruzione, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

I Referenti concorrono con il Responsabile della prevenzione della corruzione a curare la diffusione della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione ed il monitoraggio annuale sulla loro attuazione, in raccordo con l'Ufficio Procedimenti Disciplinari.

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Organismo Indipendente di Valutazione (O.I.V.)

L'O.I.V. (Organismo Interno di Valutazione):

• partecipa al processo di gestione del rischio;

• considera i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione nello svolgimento dei compiti ad esso attribuiti;

• svolge compiti propri connessi all'attività anticorruzione nel settore della trasparenza amministrativa;

• esprime parere obbligatorio sul Codice di comportamento adottato dall'Istituto.

L'Ufficio procedimenti disciplinari – U.P.D.

L'ufficio di disciplina (U.P.D.) di cui all'art. 55 bis, comma 4°, del D.Lgs. n. 165/2001, costituito quale Ufficio autonomo è presieduto dal Responsabile della Unità Operativa Affari Generali e Personale ed è composto in qualità di componenti da un Dirigente Medico, da un Dirigente Sanitario, da due componenti del personale del comparto, individuati con atto deliberativo del Direttore Generale.

Le funzioni di segretario sono affidate al personale amministrativo della Unità Operativa Affari Generali e Personale.

L'U.P.D.:

1) svolge i procedimenti disciplinari nell'ambito della propria competenza;

2) provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell'autorità giudiziaria;

3) propone l'aggiornamento del Codice di comportamento.

Tutti i dipendenti dell'Istituto

Tutti i dipendenti dell'Istituto partecipano al processo di gestione del rischio, osservano le misure contenute nel P.T.P.C., segnalano le situazioni di illecito al proprio dirigente o all'U.P.D., segnalano casi di personale conflitto di interessi.

Tutti i dipendenti dell'Istituto rispettano le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, i dipendenti rispettano le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, prestano la loro collaborazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, segnalano al proprio

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superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui siano venuti a conoscenza.

Responsabilità dei dipendenti per violazione delle misure di prevenzione.

Le misure di prevenzione e contrasto alla corruzione adottate dall'Istituto e trasfuse nel P.T.P.C.

devono essere rispettate da tutti i dipendenti e, dunque, sia dal personale che dalla dirigenza (art. 8 Codice di comportamento generale). La violazione delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare (art. 1, comma 14, Legge n. 190/2012).

I Collaboratori a qualsiasi titolo dell'Istituto

I collaboratori a qualsiasi titolo dell'Istituto osservano le misure contenute nel P.T.P.C. e segnalano le situazioni di illecito.

Figura 1. – I soggetti Istituzionali coinvolti nella prevenzione della corruzione.

IL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE

IL DIRETTORE GENERALE

I REFERENTI PER LA PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE

IL RESPONSABILE PER LA TRASPARENZA

I SOGGETTI ISTITUZIONALI COINVOLTI NELLA PREVENZIONE DELLA

CORRUZIONE

TUTTI I DIPENDENTI DELL'AMMINISTRAZIONE

L'UFFICIO PROCEDIMENTI DISCIPLINARI

(O.I.V.) L'ORGANISMO INDIPENDENTE DI

VALUTAZIONE

I COLLABORATORI A QUALSIASI TITOLO DELL'AMMINISTRAZIONE

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Oggetto, finalità ed ambito di applicazione del P.T.P.C. Dell'IRCCS CROB

Il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione dell'IRCCS CROB disciplina l'attuazione del complesso degli interventi organizzativi disposti dall'Istituto per prevenire il rischio della corruzione e dell'illegalità, in applicazione della Legge 6 novembre 2012, n. 190/2012, recante

“Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”, nel rispetto dei relativi decreti attuativi, in osservanza delle intese in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8, comma 1, del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, in aderenza al Piano Nazionale Anticorruzione, nonché alle circolari, alle linee guida, alle direttive, alle indicazioni, agli indirizzi ed alle delibere del Dipartimento della Funzione Pubblica, dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e delle ulteriori pubbliche Autorità a vario titolo preposte all'azione di prevenzione del rischio di corruzione e dell'illegalità.

Il P.T.P.C. Recepisce dinamicamente le modifiche alla legge, i decreti attuativi, le intese, le circolari, le linee guida, le direttive, le indicazioni, gli indirizzi e le delibere di cui al periodo che precede, nonché le prescrizioni del Piano Nazionale Anticorruzione.

Il P.T.P.C. è imprescindibile atto di natura programmatica dell'IRCCS CROB, in quando le disposizioni di prevenzione della corruzione sono attuazione diretta del principio di imparzialità che deve regolare l'azione amministrativa, di cui all'art. 97 della Costituzione.

Il presente piano, al fine di articolare una strategia complessiva per la prevenzione ed il contrasto del rischio della corruzione e di illegalità nell'IRCCS CROB e di assicurarne la concreta attuazione con un'azione coordinata e sistemica:

1. fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione, individuando quelli nell'ambito dei quali è più elevato il rischio medesimo;

2. indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il rischio della corruzione;

3. definisce le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari, nonché che le attività a rischio di corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale specificamente selezionato e formato;

4. definisce, per le attività individuate ai sensi del presente piano, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione;

5. stabilisce, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi del presente piano, obblighi di informazione nei confronti del Responsabile della prevenzione della corruzione, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano;

6. definisce le procedure appropriate per monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

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7. definisce procedure appropriate per monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione;

8. individua specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge;

9. disciplina le seguenti misure obbligatorie di prevenzione:

• Codici di comportamento.

• Obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse.

• La formazione.

• Patti di integrità negli affidamenti.

• Azioni di sensibilizzazione e rapporto con la società civile.

In aggiunta alle anzidette misure obbligatorie di prevenzione, la cui applicazione discende obbligatoriamente dalla legge o da altre fonti normative, il presente P.T.P.C. introduce e sviluppa, per tutte le aree di rischio individuate ai sensi del P.T.P.C. medesimo, misure ulteriori, ritenute necessarie e utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, tenuto conto del particolare contesto di riferimento dell'Istituto e valutati i costi stimati, l'impatto sull'organizzazione ed il grado di efficacia che si attribuisce a ciascuna di esse.

Il presente P.T.P.C. si applica a tutti i dipendenti e collaboratori a qualsivoglia titolo dell'IRSCCS CROB.

Il P.T.P.C. rappresenta lo strumento attraverso il quale l'Istituto sistematizza e descrive un

“processo”, articolato in fasi tra loro collegate concettualmente e temporalmente, che è finalizzato a formulare una strategia di prevenzione del fenomeno. In esso si delinea un programma di attività derivante da una preliminare fase di analisi che, in sintesi, consiste nell'esaminare l'organizzazione, le sue regole e le sue prassi di funzionamento in termini di “possibile esposizione” al fenomeno corruttivo. Ciò deve avvenire ricostruendo il sistema dei processi organizzativi, con particolare attenzione alla struttura dei controlli ed alle aree sensibili nel cui ambito possono, anche solo in via teorica, verificarsi episodi di corruzione.

Il P.T.P.C. quindi è un programma di attività, con indicazione delle aree di rischio e dei rischi specifici, delle misure da implementare per la prevenzione in relazione al livello di pericolosità dei rischi specifici, dei responsabili per l'applicazione di ciascuna misura e dei tempi. Il P.T.P.C. non è un documento di studio o di indagine, ma uno strumento per l'individuazione di misure concrete, da realizzare con certezza e da vigilare quanto ad effettiva applicazione e quanto ad efficacia preventiva della corruzione.

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Inquadramento concettuale del rischio - Individuazione delle aree di rischio

Dare una definizione universalmente accettata del termine “rischio” è un'impresa piuttosto ardua.

Nel linguaggio corrente, tale termine è utilizzato frequentemente e ciascun individuo possiede un'idea intuitiva del suo significato, spesso riconducibile al manifestarsi di un evento negativo o di una minaccia.

Nella letteratura scientifica, l'accezione data al termine muta in relazione alla prospettiva di analisi adottata dalla singola disciplina – psicologia, sociologia, management, microeconomia tra le altre – attraverso la quale si osserva il fenomeno, nonché al contesto di riferimento. All'origine di tale imprevedibilità, alla natura degli eventi che si possono definire rischiosi e all'estensione del concetto di rischio ai soli eventi sfavorevoli o anche a quelli favorevoli.

Nell'approccio manageriale, il rischio è definito come possibile divario tra la manifestazione di un fenomeno e la situazione attesa e, quindi, come un evento futuro e incerto che può influenzare il raggiungimento degli obiettivi di un'organizzazione.

In base a tale accezione il rischio, se valutato rispetto ad una situazione media o attesa, può avere sia delle manifestazioni negative (minacce) – a cui corrispondono risultati peggiori alle aspettative – sia manifestazioni positive (opportunità) – a cui corrispondono dei risultati migliori rispetto alla situazione attesa.

Nonostante tale doppia valenza, nelle discipline aziendali è più frequente il ricorso ad un'interpretazione negativa del fenomeno. Seguendo quest'ultima impostazione, il rischio può essere definito come potenziale manifestazione di un determinato evento in grado di influenzare “il mancato raggiungimento del fine per cui un'organizzazione viene creata”.

Focalizzandoci sull'agire della Pubblica Amministrazione e considerando come obiettivo l'utilizzo trasparente, efficiente, efficace e equo delle risorse pubbliche, è possibile individuare un rischio di fallimento etico per la cui definizione è necessario esplicitare alcuni concetti.

Innanzitutto il concetto di etica, il quale rimanda all'insieme delle regole e dei valori che consentono di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Quando si parla di “valori” si fa riferimento a principi in base ai quali si può dare un peso (giusto/sbagliato) alle possibili, azioni che un individuo può intraprendere. Le “regole” morali, invece, indicano il comportamento moralmente corretto in una data situazione. L'agire di un individuo o di un'organizzazione, in accordo con valori e regole morali fondamentali, è da ricondurre al concetto di integrità. Al contrario, in termini sintetici e generali, la corruzione può essere intesa come l'abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. E' evidente il legame e la correlazione esistente tra i diversi concetti: l'etica è il parametro per valutare l'integrità di un individuo o di un'organizzazione e l'integrità e la corruzione sono concetti speculari.

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Chiariti tali concetti, è possibile definire il rischio di fallimento etico come la possibilità che si verifichino comportamenti non etici, non integri o legati alla corruzione che influiscono in senso negativo sull'utilizzo trasparente, efficiente, efficace ed equo delle risorse pubbliche.

Al fine di comprendere il contesto di riferimento e il campo di applicazione della metodologia del risk management occorre, innanzitutto, chiarire che con tale espressione si intende il processo condotto ai diversi livelli di un'organizzazione finalizzato a identificare potenziali eventi rischiosi, di diversa natura, la cui manifestazione possa ostacolare il conseguimento degli obiettivi prefissati.

Tale processo, che segue l'analisi del contesto di riferimento e l'identificazione dei rischi in grado di influenzare il raggiungimento di un determinato obiettivo, mira ad effettuare una stima dei rischi sulla base di indicatori in grado di evidenziare la probabilità che l'evento possa verificarsi e l'impatto, di natura monetaria e non monetaria, che il verificarsi dell'evento stesso possa generare.

L'obiettivo del risk management non si esaurisce con l'analisi del grado di rischio a cui è esposta un'organizzazione, ma prevede, la valutazione del presidio dei rischi collegato al sistema dei controlli esistenti e l'introduzione di misure atte a prevenire, contenere e contrastare i rischi identificati.

Figura 2 – Le fasi principali di un sistema di risk management.

Analisi di contesto

↑ ↓

Informazione e comunicazione Identificazione eventi di rischio

↑ ↓

Attività di controllo Valutazione eventi di rischio

↑ ↓

Risposta al rischio Valutazione presidio rischio

L'individuazione delle aree di rischio ha la finalità di consentire l'emersione delle aree nell'ambito dell'attività dell'IRCCS CROB che debbono essere presidiate più di altre mediante l'implementazione di misure di prevenzione.

Rispetto a tali aree il P.T.P.C. identifica le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione.

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L'individuazione delle aree di rischio è il risultato di un processo complesso, che presuppone la valutazione del rischio, da realizzarsi attraverso la verifica “sul campo” dell'impatto del fenomeno corruttivo sui singoli processi svolti nell'Istituto.

Per rischio si intende l'effetto dell'incertezza sul corretto perseguimento dell'interesse pubblico e, quindi, sull'obiettivo istituzionale dell'IRCCS CROB, dovuto alla possibilità che si verifichi un dato evento.

Per evento si intende il verificarsi o il modificarsi di un insieme di circostanze che si frappongono o si oppongono al perseguimento dell'obiettivo istituzionale dell'IRCCS CROB.

Le aree di rischio variano a seconda del contesto esterno ed interno e della tipologia di attività istituzionale svolta dalla specifica amministrazione. Tuttavia, l'esperienza internazionale e nazionale mostrano che vi sono delle aree di rischio ricorrenti, rispetto alle quali potenzialmente tutte le pubbliche amministrazioni sono esposte. In conseguenza, la Legge n. 190/2012 ha già individuato delle particolari aree di rischio, ritenendole comuni a tutte le amministrazioni.

Queste aree sono elencate nell'art. 1, comma 16, e si riferiscono ai procedimenti di:

1. autorizzazione o concessione;

2. scelta del contraente per l'affidamento dei lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al D.Lgs. n. 163/2006;

3. concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

4. concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'art. 24 del D.Lgs. n. 150/2009.

I suddetti procedimenti corrispondono alle seguenti aree di rischio:

• processi finalizzati all'acquisizione e alla progressione del personale;

• processi finalizzati all'affidamento di lavori, servizi e forniture nonché all'affidamento di ogni altro tipo di commessa o vantaggio pubblici disciplinato dal D.Lgs. n. 163/2006;

• processi finalizzati all'adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario;

• processi finalizzati all'adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario.

Le suindicate aree di rischio comuni ed obbligatorie a tutte le pubbliche amministrazioni si articolano, a loro volta, nelle seguenti sottoaree:

A) Area: acquisizione e progressione del personale:

• Reclutamento.

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• Progressione di carriera.

• Conferimento di incarichi di collaborazione.

B) Area: affidamento di lavori, servizi e forniture:

• Definizione dell'oggetto dell'affidamento.

• Individuazione dello strumento/istituto per l'affidamento.

• Requisiti di qualificazione.

• Requisiti di aggiudicazione.

• Valutazione delle offerte.

• Verifica dell'eventuale anomalia delle offerte.

• Procedure negoziate.

• Affidamenti diretti.

• Revoca del bando.

• Redazione del cronoprogramma.

• Varianti in corso di esecuzione del contratto.

• Subapalto.

• Utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto.

C) Area provvedineti ampliativi della sfera delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto:

• Provvedimenti amministrativi vincolati nell'an.

• Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato.

• Provvedimenti amministrativi vincolati nell'an e a contenuto vincolato.

• Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale.

• Provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an.

• Provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an e nel contenuto.

D) Area provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario:

• Provvedimenti amministrativi vincolati nell'an.

• Provvedimenti amministrativi a contenuto vincolato.

• Provvedimenti amministrativi vincolati nell'an e a contenuto vincolato.

(25)

• Provvedimenti amministrativi a contenuto discrezionale.

• Provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an.

• Provvedimenti amministrativi discrezionali nell'an e nel contenuto.

Queste aree di rischio sono singolarmente analizzate ed indicate nel presente P.T.P.C. ed adattate alla specifica realtà organizzativa dell'IRCCS CROB. Le stesse che costituiscono un contenuto minimale obbligatorio per legge – non esauriscono, tuttavia, l'individuazione delle aree di rischio dell'Istituto. Il presente P.T.P.C. include, infatti, ulteriori aree di rischio, che rispecchiano le specificità funzionali e il contesto e che scaturiscono dal processo di valutazione del rischio.

L'individuazione delle aree di rischio, a parte quelle obbligatorie e comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, scaturisce dal processo di gestione del rischio.

Per i contenuti e le indicazioni sulla gestione del rischio si sono tenuti presenti i Principi e linee guida “Gestione del rischio” UNI ISO 31000 2010 (edizione italiana della norma internazionale ISO 31000), qui riconsiderati anche con un intento di semplificazione.

Determinazione, per ciascuna area di rischio, delle esigenze di intervento utili a ridurre la probabilità che il rischio si verifichi, con l'indicazione di modalità, responsabili, tempi

d'attuazione e indicatori

Il P.T.P.C. dell'IRCCS CROB indica le misure di prevenzione da implementare per ridurre la possibilità che il rischio si verifichi.

Le misure si classificano come:

• misure obbligatorie, sono quelle la cui applicazione discende obbligatoriamente dalla legge o da altre fonti normative;

• misure ulteriori, sono quelle che, pur non essendo obbligatorie per legge, sono rese obbligatorie dal loro inserimento nel presente P.T.P.C.

Il P.T.P.C. contiene tutte le misure obbligatorie per trattare il rischio e le misure ulteriori ritenute necessarie o utili, tenuto conto del contesto di riferimento dell'Istituto.

L'individuazione e la scelta delle misure ulteriori è effettuata mediante il confronto con il coinvolgimento dei titolari del rischio. Per “titolare del rischio” si intende la persona con la responsabilità e l'autorità per gestire il rischio.

Le misure ulteriori adottate dall'IRCCS CROB, che integrano misure di prevenzione diverse da quelle obbligatorie per legge e sono considerate in un'ottica strumentale alla riduzione del rischio di corruzione – sono le seguenti:

• l'intensificazione dei controlli a campione sulle dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto notorio rese dai dipendenti e dagli utenti ai sensi degli artt. 46-49 del d.P.R. n. 445/2000

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(artt. 71 e 72 del d.P.R. n. 445/2000); misura da attuarsi – con decorrenza immediata – da parte dei Responsabili di tutte le articolazioni aziendali, di modo da pervenire, entro il mese di dicembre 2015, alla effettuazione di un numero complessivo di controlli, riferito all’intero Istituto, che superi quelli attualmente ed obbligatoriamente effettuati di almeno il 30%;

• la previsione della presenza di più funzionari in occasione dello svolgimento di procedure o procedimenti “sensibili”, anche se la responsabilità del procedimento o del processo è affidata ad un unico funzionario; misura da attuarsi – con decorrenza immediata – da parte dei Responsabili di tutte le articolazioni aziendali;

• l'individuazione di “orari di disponibilità” dell’U.P.D. durante i quali i funzionari addetti sono disponibili ad ascoltare ed indirizzare i dipendenti dell’Istituto su situazioni o comportamenti, al fine di prevenire la commissione di fatti corruttivi e di illeciti disciplinari (art. 15, comma 3, d.P.R. n. 62/2013); misura da attuarsi – entro il mese di dicembre 2014 – da parte dei dirigenti che compongono l’U.P.D.;

• la pubblicazione sul sito internet dell’Istituto di casi esemplificativi anonimi, tratti dall’esperienza concreta dell’Istituto, in cui si prospetta il comportamento non adeguato, che realizza l’illecito disciplinare, e il comportamento che invece sarebbe stato adeguato, anche sulla base dei pareri resi dalla Autorità Nazionale Anticorruzione ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. d), della l. n. 190/2012; misura da attuarsi – entro il mese di dicembre 2015 – da parte dei dirigenti che compongono l’U.P.D.;

• intensificazione del rapporto tra l'U.R.P., le associazioni e le categorie di utenti esterni (canali di ascolto), in modo da raccogliere suggerimenti, proposte sulla prevenzione della corruzione e segnalazioni di illecito, e veicolare le informazioni agli uffici dell'Istituto competenti; misura da attuarsi – anche mediante la utilizzazione di tutti i canali di comunicazione possibili, dal numero verde, alle segnalazioni via web ai social media – da parte del Responsabile della U.O. Relazioni con il Pubblico, entro dicembre 2014;

• la regolazione dell’esercizio della discrezionalità nei procedimenti amministrativi e nei processi di attività, mediante circolari o direttive interne, in modo che lo scostamento dalle indicazioni generali debba essere motivato; misura da attuarsi, anche mediante la creazione di flussi informativi su deroghe e sugli scostamenti, da parte dei Responsabili di tutte le articolazioni dell'Istituto, a vario titolo competenti, entro dicembre 2014;

• l'implementazione, nell’ambito delle risorse disponibili, delle procedure di informatizzazione di gestione del personale; misura da attuarsi – entro dicembre 2014 – da parte del Direttore dell'U.O. AA.GG. e Personale, e del Responsabile del Servizio Informatico;

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