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Estate Cultura – Pag. 7 10 luglio 2007

Alleanza tra scienziati per dimostrare quanto è piccolo il vasto mondo

Quando sono lontane due persone che non si conoscono? Con l’obiettivo di rispondere a questa domanda un sociologo di Harvard, Stanley Milgram, quarant’anni fa ideò un semplice esperimento: inviò una lettera a 160 persone scelte a caso invitandole a spedire una cartolina già affrancata. La particolarità della prova consisteva nella richiesta di non raggiungere direttamente il destinatario ma servirsi di conoscenti che avessero maggiori probabilità conoscerlo. Milgram si aspettava un centinaio di passaggi, invece il risultato fu stupefacente: il numero minimo di intermediari, in media, risultò essere uguale a 5,5. Ciò significa che la nostra società è una rete fittissima e l’espressione

"com’è piccolo il mondo" assume valore scientifico: l’esperimento di Stanley Milgram dimostra che viviamo in un mondo piccolo. Successive ricerche condotte in altri campi hanno confermato che le reti di piccolo mondo sono molto diffuse in natura e costituiscono un modello di rete complessa, il cui studio trova applicazione in innumerevoli campi: dall’economia ai trasporti, dalla genetica all’epidemiologia, dalle neuroscienze agli ecosistemi, dalle comunità umane fino al Web 2.0 e le ultime applicazioni di Internet.

Oggi, per indicare la distanza tra esseri umani, si adopera un’espressione resa celebre da due omonime opere: la commedia teatrale di John Guare del 1991 e il film del 2003 di Fred Schepisise: "Sei gradi di separazione". Uno scenario descritto in maniera estremamente accurata nel 2002 da Albert-László Barabási (nella foto) nel libro Link (tradotto in italiano da Einaudi nel 2004): "Sei gradi di separazione" sono il prodotto della nostra società attuale, il risultato dell’insistenza con cui amiamo teneci in contatto.

Barabási, docente di fisica teorica all’Università di Notre Dame, Indiana (Usa), era a Pula (parco tecnologico) dal 2 al 6 luglio per partecipare ai lavori del congresso internazionale

"Complex Networks: from biology to information technology". Nel corso della lavori sono stati presentate oltre cento pubblicazioni scientifiche inerenti le proprietà dei sistemi caratterizzati da un’architettura di rete complessa.

Si tratta di infrastrutture critiche come Internet, il World Wide Web, la rete di fornitura elettrica, la rete dei trasporti, le reti biologiche e le reti sociali. Il congresso di Pula sulle reti complesse è stato organizzato da Alessandro Chessa (Università di Cagliari) e Guido Caldarelli (La Sapienza), creatori del Linkalab: neonato centro di ricerca italiano per lo studio delle reti complesse. «La nostra idea - spiega Chessa - è di collegare il mondo della ricerca con quello produttivo. Per farlo avremo sede in Sardegna ma lavoreremo a livello internazionale. La Sardegna è un laboratorio naturale per lo studio delle reti complesse perché è un sistema isolato, non troppo piccolo, ideale per condurre ricerche su reti elettriche, sanitarie, stradali ».

Quattro giorni di attività scientifica di altissimo livello che hanno coinvolto 130 esperti (biologi, fisici, informatici, sociologi) provenienti da ogni parte del mondo. A margine del congresso è stato organizzato un evento divulgativo dedicato alle reti complesse, animato dal conduttore televisivo Carlo Massarini. Si è trattato di un barcamp, in parole povere una conferenza non strutturata, ovvero un incontro informale tra esperti e non esperti senza una scaletta predefinita nel quale la discussione è guidata dagli interventi e dalle domande provenienti dal pubblico. Nell’auditorium di Sardegna Ricerche e nel blog www.linkalab.it sono stati così affrontati, con un linguaggio comprensibile, temi come

"Storie di un mondo connesso" e "La mente come metafora del cervello umano".

Andrea Mameli

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