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RASSEGNA STAMPA 02-07-2017

1. CORRIERE DELLA SERA Chemio-terapia 100 domande 100 risposte 2. REPUBBLICA PALERMO Muore di fumo passivo indennizzo milionario 3. LIBERO QUOTIDIANO Tumori e problemi nutrizionali spesso ‘malattia

nella malattia’

4. CORRIERE DELLA SERA Perché crediamo alle bufale

5. CORRIERE DELLA SERA Ragazzi e alcol: la famiglia è decisiva 6. CORRIERE DELLA SERA Scienziato non ti credo se mi vuoi far

cambiare idea

7. STAMPA Tempi moderni - I medici di Charlie non sono mostri 8. CORRIERE DELLA SERA Come comunicare i fatti a chi non li vuole

sentire

9. AVVENIRE La Federazione italiana malattie rare: «Ci sono nuove strade»

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1 di 1 03/07/17, 08:34

02-LUG-2017

da pag. 8 foglio 1 / 2

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ALIMENTAZIONE

Tumori e problemi nutrizionali spesso ‘malattia nella malattia’

La neoplasia può avere conseguenze negative sullo stato nutrizionale del malato: un pazienti su cinque affetti da neoplasia non supera la malattia per le gravi conseguenze della malnutrizione

Maurizio Muscaritoli

Un ruolo centrale e determinante spetta alla nutrizione clinica e artificiale dei pazienti oncologici con deterioramento nutrizionale dovuto alla stessa neoplasia in corso, allo stress chirurgico e al ridotto introito calorico. “La malnutrizione non può più essere considerata un ineluttabile effetto collaterale della malattia a cui rassegnarsi; essa è, infatti, prevenibile e reversibile a patto che l’intervento nutrizionale sia il più tempestivo possibile, divenendo parte integrante delle cure oncologiche – è la tesi sostenuta dal professor Maurizio Muscaritoli, presidente della Società Italiana di Nutrizione Clinica e Metabolismo (SINuC), in occasione del 2° Congresso nazionale della Società a Firenze – La perdita di peso, aumenta la tossicità indotta dalla radio-chemioterapia, peggiorala sensibilità delle cellule tumorali al trattamento antineoplastico, indebolisce le difese dell’organismo, aumentala frequenza e la durata dei ricoveri, provoca aumento delle complicanze post-operatorie e scadimento della qualità di vita”. Accanto all’innovazione tecnologica, negli ultimi anni l'oncologia ha fatto molti passi avanti nella scoperta e conseguente impiego clinico di nuovi farmaci (a bersaglio molecolare e immunitari) che hanno aumentato l'aspettativa di vita del paziente anche in fase avanzata, determinando una cronicizzazione della malattia e quindi la sopravvivenza. Nel complesso scenario individuato dalla European Association for Palliative Care(Eapc) delle cure palliative, terapie di supporto anche psicologiche alla tossicità di trattamenti chemio e radioterapici, s’inseriscono oggi le cure simultanee in ambito ambulatoriale, che

prevedono la collaborazione di medici e infermieri ospedalieri e medici e infermieri che operano sul

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territorio nel gestire il percorso del paziente e della sua patologia cronica.

“Nel 20% dei casi i problemi metabolico-nutrizionali possono costituire una ‘malattia nella malattia’.

La perdita di peso può essere causata da perdita di appetito; difficoltà a deglutire il cibo;

ostruzione al passaggio del cibo in un tratto dell’apparato digerente; alterata capacità di digerire o assorbire i cibi; conseguenze delle terapia antineoplastiche (nausea, vomito, diarrea,

infiammazioni del cavo orale dovute a chemio o radioterapia o alla chirurgia); ansia, paura o depressione – prosegue il professor Muscaritoli – Infine, le alterazioni del metabolismo, spesso indotte dal tumore, sono responsabili di uno ‘spreco’ di calorie e di muscolo con conseguente perdita di peso e quindi di forza fisica, nonché di maggiore affaticamento. Per prevenire la perdita di peso e di forza fisica possono essere realizzati virtualmente tutti i tipi di trattamento nutrizionale, a partire dalla prescrizione di un’adeguata dieta alimentare, all’integrazione con prodotti specifici per bocca, fino alla nutrizione artificiale, parenterale o enterale in ospedale o a domicilio. Se il paziente è ancora in grado di alimentarsi adeguatamente per la via naturale, è certamente

consigliata l’elaborazione di un piano dietetico personalizzato, il più possibile rispondente alle sue preferenze. Molto spesso, invece, il paziente neoplastico è sì in grado di alimentarsi normalmente, ma in quantità insufficienti a soddisfare i fabbisogni nutrizionali a causa dell’anoressia o delle conseguenze gastro-intestinali delle terapie. A seconda della situazione clinica, l’apporto calorico ritenuto adeguato dovrebbe essere di circa 30kcal per kg di peso al giorno ed quello proteico di circa 1.2 g per kg di peso al giorno. Valori inferiori, molto frequentemente riscontrati nei malati oncologici anche al momento della diagnosi, devono essere ritenuti a rischio di malnutrizione. Un introito calorico inferiore al 50-75 per cento dei fabbisogni per un periodo uguale o superiore a 7giorni richiede un intervento di nutrizionale artificiale”.

“Considerata la patogenesi multifattoriale della malnutrizione (per difetto e per eccesso) nel malato oncologico, è indispensabile considerare le cure nutrizionali come parte integrante di un approccio multimodale e multi-professionale che comprenda, in maniera variamente combinata, il supporto nutrizionale, la terapia farmacologica e l’attività fisica. Quest’ultima indispensabile per consentire il mantenimento ed il recupero della massa e della funzione muscolare – conclude Muscaritoli – Screening e valutazione nutrizionale devono entrare a far parte della valutazione

multidimensionale del malato oncologico, durante tutto il percorso terapeutico, ‘attivo’ e ‘palliativo’

ed infine, la presa in carico nutrizionale del malato oncologico va effettuata al momento della diagnosi di malattia e proseguita successivamente, come codificato nel cosiddetto ‘percorso parallelo metabolico-nutrizionale’ per il malato oncologico”. Diverso è il caso delle cure di fine vita, quando le linee guida suggeriscono un approccio rispettoso e appropriato, anche secondo

l’associazione internazionale Choosing Wisely si raccomanda di ‘non iniziare e non proseguire una nutrizione artificiale (per via parenterale o enterale) nei pazienti oncologici con malattia inguaribile in fase avanzata, aspettativa di vita inferiore a poche settimane. Non esistono ad oggi evidenze da studi osservazionali o sperimentali che ne dimostrino l’efficacia in termini di aumentata

sopravvivenza o migliore qualità di vita in questa situazione clinica. (MARTINA BOSSI)

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