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Capitolo 2 Qualità della luce.

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Capitolo 2

Qualità della luce.

2.1 Influenza della qualità della luce sulle risposte

fotomorfogeniche.

Come riferito in precedenza l’importanza, della luce, per le colture in vitro, riguarda soprattutto l’effetto che ha sulle risposte fotomorfogeniche. Si può parlare, quindi di fattore di informazione più che di fonte di energia per l’attività fotosintetica. Mentre l’intervallo di valori di lunghezza d’onda della luce nel campo del visibile, dell’occhio umano, varia da 400 nm a 800 nm, per le risposte fotomorfogeniche il range di valori è maggiore e varia da 200 nm a 800 nm. Questa differenza è dovuta alla presenza, all’ interno delle piante, di particolari molecole dette fotorecettori in grado di catturare la radiazione luminosa a lunghezze d’onda diverse rispetto al campo del visibile. In generale i fotorecettori delle piante vengono così suddivisi:

1) fotorecettori fotosintetici, localizzati nei tilacoidi dei cloroplasti e

responsabili dell’assorbimento della luce come energia.

2) fotosensori, specifici pigmenti responsabili delle risposte fotomorfogeniche.

Per le colture in vitro, sono i fotosensori ad essere importanti; tuttavia non si può parlare di un unico fotorecettore ma esso varia col variare dello spettro di emissione della luce. ( Horwitz e Gressel, 1986).

I fotorecettori conosciuti oggi sono:

• Fitocromo, capace di assorbire lunghezze d’onda comprese tra 280 nm e

800 nm

• Fotorecettori Blu/UV-A, tra cui il criptocromo, che assorbono radiazioni

inferiori a 500 nm.

• Fotorecettori UV-B, in grado di assorbire nell’ ultravioletto con un picco

oscillante intorno ai 290 nm e insensibili a lunghezze d’onda superiori a 350 nm.

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2.1.1 Il fitocromo.

I primi studi che ipotizzarono l’esistenza del fitocromo quale recettore della luce risalgono a Borthwich e Hendricks nel 1952 analizzando la diversa germinabilità dei semi di lattuga varietà Gran rapids. Gli esperimenti condotti evidenziarono che le germinazione era stimolata, oltre che al buio, da trattamenti luminosi a lunghezza d’onda diverse, in particolare la luce rossa. La scoperta più interessante fu che, gli stessi semi una volta irradiati con luce rossa, se investiti da un fascio di luce rosso-lontano o far-red subivano l’inibizione della germinazione. In seguito a questi risultati, si affermò il concetto di fotoreversibilità dell’effetto fisiologico indotto dalla luce, quindi la fotorisposta variava in base al tipo di luce utilizzata. Il pigmento responsabile di questo tipo di effetti fu isolato attraverso un particolare tipo di spettrofotometro e gli fu dato il nome di fitocromo. Il fitocromo è una cromoproteina composta da due catene polipeptidiche simili, aventi entrambe un gruppo cromoforo, che è il responsabile dell’ assorbimento della luce ed ha un peso molecolare che si aggira intorno ai 120.000 dalton. La fitocromobilina ha la capacità di mutare la posizione dei doppi legami della catena polipeptidica, andando a formare due isomeri particolari che hanno un massimo di assorbimento della luce a lunghezze d’onda differenti, inducendo la pianta a fotorisposte differenti in relazione al tipo di luce assorbita. I due isomeri sono: 1) Fitocromo 660, indicato con la sigla Pr, avente come picchi di assorbimento

380 nm e 660 nm.

2) Fitocromo 730, indicato con la sigla Pfr, a sua volta capace di assorbire la

radiazione luminosa con lunghezza d’onda a 730 nm.

Questi diversi picchi di assorbimento sottolinenano la capacità di interconversione delle due forme di fitocromo , in base al tipo di impulso luminoso e quindi i diversi effetti che hanno sulla pianta. Potremmo definire il fitocromo come un interruttore molecolare regolato dalla lunghezza d’onda della luce irradiata. Il Pr, in seguito all’assorbimento di luce rossa (680 nm), si converte in Pfr definita come la forma attiva del fitocromo.

Gli effetti indotti da questo continuo interconvertirsi tra le due forme si ripercuote sulle diverse fotorisposte indotte nella pianta: germinazione dei semi, inibizione dell’ allungamento del fusto, regolazione della fioritura, regolazione del’espressione di alcuni geni. Se osserviamo lo spettro di assorbimento delle due forme possiamo notare che sia il Pr che il Pfr sono presenti contemporaneamente, inoltre è difficile trovare la presenza di uno degli isomeri senza l’altro. Si è creata

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una sorta di equilibrio detto fotostazionario . Questo equilibrio è rappresentato attraverso una formula matematica: = Pfr/(Pr+Pfr), dove:

è il fotoequilibrio, Pfr è il fitocromo attivo prodotto e ( Pr+Pfr) rappresenta il fitocromo totale.

Il valore di questo rapporto oscilla tra 0,8 e 0.03, nel primo caso è massimo il Pfr quindi è maggiore la luce rossa, viceversa quando è 0.03 è massimo il Pr quindi la luce rosso lontana o far-red. Si può dire che questi due tipi di luce rappresentano le condizioni estreme per il sistema fitocromo (Lercari, 1988). Fankhauser è ruscito a dimostrare che il fitocromo si comporta come una serina chinasi, quindi un enzima, in grado di influenzare il proprio grado di fosforilazione, così come quello delle sue proteine compagne. In generale gli effetti fisiologici del fitocromo possono essere cosi riassunti:

1) massima efficienza a 660 nm;

2) fotoreversibilità della risposta mediante trattamento a 660 e 730 nm;

3) efficacia dei brevi trattamenti ( minuti o anche solo flash luminosi);

4) risposta indipendente dall’intensità;

5) manifestazione fisiologica che deve estrinsecarsi anche al buio, cioè non c’è esigenza di illuminazione continua, ma l’effetto è appunto indotto dalla luce e si manifesta all’oscurità.

Furuya suddivide i fitocromi in due grandi categorie:

1) Fitocromo di tipo I, che in seguito all’irradiazione con luce rossa si degrada

facilmente (fotolabile) è presente ampiamente nei tessuti eziolati, la sua forma Pfr è poco stabile.

2) Fitocromo di tipo II, presente nella maggior parte delle piante superiori e

caratterizzato da una forma Pfr molto più stabile.

In malus domestica si osservò che l’esposizione per 5 minuti alla luce rossa dei germogli, induceva la produzione di nuovi germogli laterali. Se gli stessi germogli una volta irradiati con luce rossa, subivano un trattamento di con luce rosso lontano, vediamo che la differenziazione di germogli era inibita ( Liu et al, 1983). Le risposte del fitocromo, tuttavia, non sempre avvengono con brevi esposizioni e a bassa irradianza. Esiste infatti un’ altra classificazione, riguardantele diverse risposte fotomorfogeniche che si hanno in base all’irradianza (Lercari, 1988). Questa classificazione può essere così riassunta:

1) Risposte a bassissima irradianza, V.L.F.R( Very Low Fluence Responce);

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3) Risposte ad alta irradianza, HIR ( High Irradiance Responce);

Le V.L.F.R. influenzano fenomeni quali la sintesi della clorofilla e la germinazione dei semi. Esse sono indotte da valori di intensità luminose molto basse tra 10-4 e 10-1 µmolm-2s-1 e generalmente non mostrano fotoreversibilità. Sono caratterizzate da un esigua trasformazione di Pr in Pfr ed hanno un valore di fotoequilibrio che varia tra 10-6 e 10-3.

Le L.F.R sono in grado di influenzare sia processi fisiologici transitori interni alla pianta quali il movimento dei cloroplasti ed il flusso ionico, ma anche processi fotomorfogenici come lo sviluppo del fusto e l’ espansione fogliare. Queste risposte sono indotte da brevi esposizioni alla luce rossa con intensità variabile tra 10 e 1000 µmolm-2s-1 e sono completamente reversibili. La reversibilità consiste nel fatto che attraverso un’irradiazione con luce far-red, tutto il fitocromo pfr formatosi in precedenza si converte in fitocromo Pr.

Le H.I.R vanno ad influenzare un maggior numero di fenomeni rispetto alle precedenti tra cui l’espansione cotiledonare, la sintesi di antociani e flavonoidi, il controllo fotoperiodico della fioritura, la germinazione dei semi etc. Queste fotorisposte necessitano di lunghe esposizioni ad alta irradianza in modo da favorirne la massima espressione ( Macinelli e Rabino, 1978).

La variabilità delle condizioni sperimentali, oltre che il vasto spettro di assorbimento, non sempre rende possibile associare una determinata fotorisposta ad un fotorecettore specifico. A volte alcune risposte potrebbero essere ricondotte all’azione associata di più fotorecettori. Ricordiamo che oltre al fitocromo vi sono i criptocromi e la clorofilla. In generale possiamo dire che gli spettri di emissioni della luce ai quali si hanno maggiori risposte sono luce rossa, luce blu, UV-A, UV-B, luce rosso lontana.

2.1.2 Il Criptocromo.

Per la luce blu (Brigg e Huala [23]1999) è stato possibile caratterizzare quattro fotorecettori:

1) criptocromo 1 ( CRY1); 2) criptocromo 2 ( CR 2); 3) fototropine;

4) zeaxantine;

Il CRY1 fu isolato da Cashmore nel 1999 in seguito ad un esperimento condotto su un mutante di Arabidopsis thaliana, e affermò che il CRY1 appartiene alle

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flavine ( Cashmore et al, 1999). Lin osservò che, in seguito a trattamenti con UV-A condotti su UV-Arabidopsis thaliana e tabacco per controllarne l’espressione genica, il livello di CRY1 era molto alto e che l’ipocotile era poco allungato. Si dedusse che il CRY1 controlla il carattere lunghezza dell’ipocotile (Lin, 1995). Le fuzioni fisiologiche indotte da CRY1 e CRY2 spesso tendono a sovrapporsi in diverse risposte quali:

1) inibizione allungamento ipocotile;

2) induzione della sintesi di antocianine;

3) espansione cotiledonare;

4) controllo fotoperiodico della fioritura;

( Lin, 1998; Somers, Devlin e Kay, 1998; Guo et al., 1998).

2.1.3 Recettori UV-B.

L’influenza della radiazione ultravioletta sulle piante è oggetto di studio da diversi anni. Le risposte che esse inducono nelle piante sono: riduzione della taglia delle piante, riduzione della superficie fogliare, distruzione dei carotenoidi, aumento di spessore della lamina fogliare, aumento di brillantezza dei colori, accumulo di antociani, nei tessuti. Studi compiuti da Sbrana e Lercari (1989) avevano come obiettivo di valutare l’attitudine a “filare” delle piantine in vivaio, sfruttando l’effetto brachizzante della radiazione UV. Per quanto riguarda il recettore responsabile dell’assorbimento dei raggi UV è stato rilevato che sono molti i componenti che hanno un picco di assorbimento degli UV-A e UV-B, quindi è difficile poter associare un singolo fotorecettore o più fotorecettori associati ad indurre una determinata fotorisposta nella pianta. ( Mohr, 1986; Gaba e Black, 1987; Sbrana e Lercari; 1989).

2.2 Induzione fotomorfogenica di diverse qualità di luce.

Dopo aver presentato quelle che sono le molecole responsabili dell’assorbimento della luce e dei loro effetti sulle piante, vediamo come luci di diverse qualità, possono influenzare le diverse risposte fisiologiche e morfologiche nei germogli allevati in vitro. Già Hilmann nel 1984 mise in evidenza come l’esposizione dei germogli alla luce influenzava la dominanza apicale. In particolare la luce blu e rossa, sbilanciando il rapporto citochinine/auxine a favore delle citochinine,

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favorivano la schiusura di gemme ascellari e quindi la moltiplicazione dei germogli, con una forte riduzione della dominanza apicale.

2.2.1 Effetti indotti dalla luce rossa e far-red.

Gli effetti riguardanti la luce rossa sono stai i primi ad essere studiati ed a mostrare interessanti risultati soprattutto per quanto riguarda la proliferazione dei germogli allevati in vitro.

Il fotorecettore della luce rossa è, come abbiamo visto, il fitocromo responsabile dell’assorbimento della luce rossa e rosso lontano (far-red ). Il fitocromo nella sua forma attiva Pfr sembrerebbe in grado di alterare il bilancio ormonale interno, provocando la riduzione della dominanza apicale con aumento dello sviluppo dei germogli laterali. ( Jensen et al. 1998; Morelli and Ruberti, 2000; Muday and murphy, 2002). In studi effettuati da Baraldi (1988) e da Muleo e Morini ( dati non pubblicati) su due diversi portinnesti di pesco, GF655 e GF677 si è notato come al diminuire dell’intensità luminosa corrispondeva un maggior numerosi germogli prodotti. Sempre Morini e Muleo osservarono che applicando due intensità differenti pari a 10 e 40 µmolm-2s-1, si ottenevano rispettivamente 5.2 e

3.5 germogli per coltura, quindi oltre alla qualità della luce anche l’intensità gioca un ruolo importante nelle risposta all’impulso luminoso. Comparando i risultati ottenuti utilizzando la luce rossa con quelli ottenuti con il controllo ( luce bianca), si osservò che il numero di germogli formati era superiore nelle prove condotte con luce bianca, ma la lunghezza media dei germogli era maggiore nei trattamenti con luce rossa. ( Morini e Muleo, dati non pubblicati).

Studi effettuati da Lethaman (1978)e successivamente da Norton hanno (1988) evidenziato come la luce rossa influenzi il contenuto di citochinine all’interno degli espianti. Trattamenti prolungati con la luce bianca portavano ad una riduzione della produzione di germogli; mentre sottoponendo gli stessi germogli ad esposizione con luce rossa, si notò una ripresa della proliferazione. Si affermò che la luce rossa favoriva la produzione di citochinina. Bisogna comunque dire che le risposte seguite ad un trattamento luminoso, dipendono sempre dalla specie trattata, quindi si è soggetti ad una certa variabilità di risultati in base al genotipo. Lercari e Micheli (1981) notarono come aumentando il fotoperiodo e quindi l’esposizione alla luce, si migliorava la produzione di citochinine. Negli ultimi tempi tempi si è appurato che la relazione tra citochinine e forma attiva di fitocromo, Pfr, favorisce la proliferazione poichè le citochinine stesse si

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legherebbero al Pfr e ne impedirebbero la fotoconversione in Pr. ( Fankhauser 2002).

2.2.2 Effetti indotti dalla luce blu.

Nel 1986 Chèe effettuando degli studi sulla vite, notò come la schiusura delle gemme laterali era molto più elevata su germogli trattati con luce blu rispetto a quelli trattati con luce rossa. Quasi a dire che l’effetto inibitorio della luce blu, sulla dominanza apicale era migliore di quello indotto dalla luce rossa. Il fotorecettore della luce blu attiverebbe il PAL (fenil-alanina-ammoniolase) responsabile della produzione di alcuni monofenoli, cofattori di enzimi responsabili dell’ossidazione dell’IAA con riduzione degli effetti della dominanza apicale. Mentre la luce rossa inibirebbe la IAA-ossidasi.

Questi risultati sarebbero in contrasto con quanto detto fino ad ora, cioè che la luce rossa non inibisce la dominanza apicale rispetto alla luce blu. In realtà studi condotti su diverse specie arboree da frutto dimostrerebbero che più che inibire la dominaza apicale , la luce blu favorisce la schiusura di gemme alla base dei germogli, quindi è la luce rossa ad inibire il vero effetto della dominanza apicale (Morini e Muleo (dati non pubblicati); Muleo e Thomas 1997; Muleo et al 2001 su MRS 2/5); su MM106 (Casano, 1995) su M9 (D’Abramo, 1998) e GF677 ( Morini e Muleo dati non pubblicati).

2.2.3 Effetti indotti da altri tipi di luce.

Oltre agli effetti della luce rossa e blu sulle colture in vitro vi sono altre luci con una lunghezza d’onda intorno ai 550 nm che possono indurre reazioni fotomorfogeniche nelle colture. È stato analizzato su lattuga ( Dougher e Bugbee, 2001), che la luce gialla è in grado di influenzare direttamente la proliferazione dei germogli, mentre la luce verde è in grado di alterare la regolazione dell’apertura stomatica e l’orientamento dei cloroplasti in piante di Mougeotia (Lechowski e Bialczyk, 1987). Casano nel 1995 ha osservato che la luce gialla su MRS 2/5 favoriva l’allungamento dei germogli, mentre la luce verde aveva lo stesso effetto su GF677. La luce verde svolge un ruolo importante sull’attivazione delle cellule di guardia degli stomi. Infatti mentre la luce blu influisce sulla differenziamento dei tessuti e degli stomi, che però hanno forma rotonda e non sono attivi, la luce verde condiziona il cambio di forma da rotonda ad ellittica degli stomi e l’attivazione delle cellule di guardia ( Kinoshitae Shimazaki, 1999; Spalding 2000).

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2.2.4 Influenza di diversi tipi di luce sulla radicazione.

Vediamo ora di riassumere quelli che possono essere gli effetti che la luce , a diverse lunghezze d’onda, può avere sulla radicazione dei germogli allevati in vitro, essendo questo il tema centrale di questo lavoro di tesi. Le conoscenze a riguardo non sono molte soprattutto per la mancanza di una strumentazione adatta negli anni passati. Studi condotti su Prunus mahaleb ( Hedtrich, 1977) hanno rilevato come la luce far red inibisce la radicazione. La luce blu ha anche effetto inibitorio su germogli di betulla coltivati in vitro ( Pinker et al, 1989). Sugli effetti che la luce blu ha sulla rizogenesi però vi sono anche pareri positivi: Chèe, nel 1986 ha potuto notare come in vitis la percentuale di radicazione dei germogli dopo un trattamento con luce blu era notevolmente aumentata. Molti autori concordano sull’effetto inibitorio che la luce rossa può avere sulla rizogenesi se i germogli sono allevati su un substrato con un adeguato livello di NAA. La luce rossa infatti ha uno scarso potere degradante nei confronti dell’ IAA, quindi nel germoglio si ha un eccesso di auxina che è inibitorio per il processo di radicazione.

I pareri sull’interazione tra contenuto di auxina e luce rossa o blu non sempre sono in accordo. Infatti in alcune specie la radicazione su substrato senza auxina e trattato con luce rossa o blu, ha dato risultati non inferiori a quelli ottenuti utilizzando un substrato con auxina. Mentre la presenza di auxina si rende necessaria se i germogli sono esposti alla luce rosso lontana o al buio.

In MM106 (Casano, 1995) gli effetti positivi sulla rizogenesi dell’ IBA sono incrementati se i germogli sono trattati con UV-A seguita da luce gialla o blu. In MRS 2/5 la radicazione risente negativamente dell’assenza di auxina nel substrato di crescita soprattutto se trattato con luce gialla, rossa e buio. In Myrtus comunis in presenza di luce rossa o rosso lontana, la radicazione risulta completamente inibita in assenza di auxina nel substrato. ( Rolli et al, 2002). Nell’ M9 ed in presenza di auxina, i trattamenti con luce gialla o rossa hanno dato risultati migliori rispetto ai trattamenti con luce bianca o buio. ( D’Abramo, 1998).

Alcuni studi condotti su azalea in vivo, hanno evidenziato come i trattamenti con luce blu e rossa non hanno avuto alcun effetto rizogeno. Risultati differenti si sono avuti in vitro, in cui successivamente a trattamenti con luce blu, la radicazione è stata veloce ed abbondante rispetto a quelli effettuati con luce rossa. Gli autori, alla luce di questi risultati, concordano col fatto che la luce blu favorisce la traslocazione dei carboidrati mentre la luce rossa la inibisce. (Britz e Sager, 1990).

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