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CAPITOLO II: IL PROCESSO RIFORMATORE E L’AMBITO POLITICO -DECISIONALE.

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CAPITOLO II:

IL PROCESSO RIFORMATORE E L’AMBITO POLITICO -DECISIONALE.

1) I MOTIVI DELLA RIFORMA.

La legge 24 ottobre 1977, numero 801 ha avuto il merito enorme di riportare le funzioni di informazione per la sicurezza nell’ambito di un contesto caratterizzato dal principio di legalità e del necessario rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti dalla Costituzione. Meriti considerevoli se si guarda al periodo, quelli di un provvedimento che più che voluto dal legislatore è stato imposto dagli eventi che hanno riguardato i servizi in quegli anni e dal sentimento dell’opinione pubblica in relazione ad essi. Tuttavia sorsero critiche da parte di chi sperava in un provvedimento più audace e, sin da subito, l’apparato delineato dalla legge venne criticato per essere incompleto, si riteneva che non fosse riuscito a rompere totalmente il rapporto strettissimo tra intelligence e apparato militare, vista l’ importanza del SISMI e la sua collocazione all’ interno del sistema1.

Oltre a questa principale questione erano emersi importanti punti di vuoto normativo, in relazione ad aspetti fondamentali: in primo luogo riguardo ad una più puntuale disciplina del segreto di stato, nonostante questa fosse stata oggetto di disciplina dalla legge, restavano importanti lacune in merito ai presupposti e ai limiti, essendo quella disciplinata dalla legge una normativa tesa a risolvere eventuali conflitti2 , l’articolo 18 della l. n.801/1977 affidava infatti una disciplina più puntuale ad una successiva legge da emanarsi, proposito mai compiuto. La disciplina sul segreto lasciava aperta una problematica che isolava il nostro da tutti gli altri ordinamenti europei, il carattere permanente del segreto di stato era una peculiarità tutta Italiana, di fronte al carattere di temporaneità dello staro negli altri ordinamenti3.

Altre lacune si registravano in materia di modus operandi dei servizi e delle relative garanzie funzionali per gli agenti, problema che venne in rilievo quando con l’ approvazione del testo unico sugli stupefacenti di cui al d.P.R. n. 309/1990, che ha riconosciuto a gli organi di polizia giudiziaria, la facoltà, fino ad allora ritenuta propria delle funzioni di intelligence, che

1

Romano G.; Parlamento e servizi di informazione e sicurezza: riflessioni su una riforma attesa da vent’ anni, in Il Parlamento della Repubblica, Roma, n11/2001

2

Mosca C., Segreto di stato e attività dei Servizi di sicurezza, in Rassegna della giustizia militare, n 3/1985

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Mosca C., Segreto di stato e attività dei Servizi di sicurezza, in Rassegna della giustizia militare, n 3/1985

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abbiamo visto essere radicalmente e naturalmente diverse da quella di polizia giudiziaria, di condurre operazioni sotto copertura sotto il controllo e direzione della Magistratura, con la conseguente possibilità di commettere reati nell’esercizio delle operazioni, con un apposito regime di garanzia 4. Per cui emergeva il problema di quale dovessero essere il trattamento e le garanzie funzionali più adatte per coadiuvare gli agenti dei servizi nell’esercizio delle loro funzioni, che, come già più volte ribadito, si configurano radicalmente diverse da quelle di Polizia Giudiziaria.

La mancanza di indicazioni in relazione al modus operandi, cioè a quelle che erano le principali tipologie di operazioni messe in atto dai servizi per la raccolta di informazioni, comportava necessariamente che il legislatore non avesse la possibilità di concedere garanzie funzionali agli attori di tali operazioni, non conoscendo come queste dovessero o potessero svolgersi.

Si capisce l’importanza di questa lacuna, la quale ebbe risvolti pratici che contribuirono non poco a rendere necessaria un’ulteriore riforma di questa peculiare funzione amministrativa. Tale mancanza lasciava infatti i servizi completamente soggetti all’ interpretazione giurisprudenziale, in relazione alla materia “cause di giustificazione” riguardanti azioni compiute da organismi dello stato, il più delle volte questa doveva essere condotta dagli stessi magistrati che poi vedevano, in relazione al caso concreto, apporre il Segreto di Stato per tutelare la segretezza di un operazione5. Da questa lacuna ne nasceva di conseguenza un altra, cioè quella di integrare la disciplina di regolamentazione dei servizi di informazione inserendovi le regole del suo rapporto con l’ autorità giudiziaria; la legge 801del 1977 regolava tale disciplina secondo un criterio di netta separazione, disponendo che qualunque tipo di relazione dovesse instaurarsi fosse “diaframmata” per il tramite della polizia giudiziaria6. Tuttavia la pratica delle relazioni tra i due organi dello Stato si evolse diversamente da come probabilmente il legislatore del ’77 l’aveva immaginata. Sempre più spesso, infatti, le indagini della magistratura, anche in relazione a fatti gravissimi e che contribuirono anch’essi a minare la credibilità e l’ attualità della disciplina dei servizi, venne a toccare l’ attività della nostra intelligence, portando alle volte a scontri istituzionali ai massimi livelli sulla legittimità dell’apposizione del segreto di stato da parte dei direttori dei servizi, ed

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Massera A.-Mosca C., I servizi d’ informazione, in trattato di Dir.Amm. (Cassese S.), Milano, 2000

5

Valentini M., Profili normativi dell’attività degli organismi informativi e delle forze di polizia nel contrasto alla criminalità organizzata, in Riv. Pol. II/III/2006.

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Valentini M., Profili normativi dell’attività degli organismi informativi e delle forze di polizia nel contrasto alla criminalità organizzata, in Riv. Pol. II/III/2006.

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inevitabilmente con il Governo, come conseguenza dei poteri del presidente del consiglio in materia di Segreto di Stato.

Questo modello risultava quindi problematico dal punto di vista pratico, presentando nel corso della sua storia delle lacune profonde che ne minavano la funzionalità e la portata innovativa.

Queste problematiche tecniche sono però solo alcune delle motivazioni che portarono a rendere, quella che, per l’epoca, era stata una riforma profondamente innovativa e di rottura con tutto quello che esisteva in precedenza in materia.

1,1) IL MUTATO SCENARIO INETERNAZIONALE E LE MINACCE.

Altre motivazioni e molto più influenti ed importanti erano da individuarsi nell’enorme cambiamento che il mondo subì per quanto riguardò lo scenario internazionale e quello dell’evoluzione delle minacce che i servizi di informazione e sicurezza dei vari paesi era ora chiamati a fronteggiare.

Con la caduta del muro di Berlino, che rappresenta la fine della guerra fredda, lo scenario internazionale in cui operavano i servizi era destinato a cambiare per sempre: la minaccia non era più quella tradizionale di un nemico chiaramente individuato, come era avvenuto nel periodo della guerra fredda, il mondo delle relazioni internazionali si faceva più complesso ed articolato, ed il sistema delineato dalla legge 801 del ’77, inevitabilmente figlia della sua epoca non appariva più in grado di adattarsi alle nuove esigenze in campo internazionale7.

Nel periodo della guerra fredda tanto i Nemici, quanto gli alleati erano chiaramente individuati e l’ obbiettivo era quello di difendere la sovranità e ed il corretto funzionamento della struttura democratica dello stato ma nel nuovo mondo che si stava formando, anche quelli che erano gli alleati ora si configuravano come dei concorrenti in una competizione su tutti i fronti attuata non tanto a difesa della sovranità, quanto a tutela dell’ ”interesse nazionale”8 concetto questo inevitabilmente più ampio della mera difesa della sovranità. La difesa della Sovranità va intesa oggi come un minimo necessario all’ interno della nozione di interesse nazionale che sicuramente la comprende ma che si espande ad altri campi e settori in cui non solo lo Stato, ma anche i singoli componenti di esso hanno interesse.

7

Soi A., L’intelligence italiana a sette anni dalla riforma,3 settembre 2014, in www. sicurezzanazionale.gov.it.

8

Soi A., Interesse nazionale, imprese e intelligence economica, 21 gennaio 2015, in www.sicurezza nazionale.gov.it

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Ad essere mutati non erano soltanto gli equilibri internazionali, ma anche il tipo di minaccia alla sovranità ed alla sicurezza dei cittadini, le organizzazioni criminali e le loro attività diventavano sempre più internazionali, rendendo necessario un interscambio di ed una collaborazione tra le intelligence dei vari paesi, cosa che prima avveniva solo in parte nei confronti di alcuni ed in modo molto parziale9.

Atro fenomeno di rottura e che ha contribuito non poco a cambiare quelli che erano le priorità e gli obbiettivi dell’intelligence è stato la crescita della minaccia del terrorismo di origine islamista, percepito come minaccia anch’essa globale di primo grado, con l’ intento di terrorizzare milioni di persone e di distruggere la comunità internazionale, imponendo ai Paesi occidentali ed arabo-moderati una più restrittiva e drastica interpretazione della legge Islamica10. Sicuramente gli attentati negli Stati Uniti dell’11 settembre del 2001, e le seguenti azioni di “lotta al terrorismo” hanno avuto un impatto tanto grande sulla percezione della sicurezza da rendere insicuro ciò che prima era percepito come sicuro. Tale mutamento non poteva non coinvolgere in pieno tutti i vari apparati amministrativi preposti ai controlli di sicurezza, dalle forze di polizia ordinaria alla sicurezza negli aeroporti, qualsiasi settore legato alla sicurezza risentì del cambiamento in corso e come tali anche i servizi di intelligence. Nella relazione del 2006 al Parlamento, La segreteria generale del CESIS scrive: “Il terrorismo internazionale di matrice islamista ha continuato a rappresentare la minaccia prioritaria di respiro globale che, incentrata sui teatri di crisi iracheno ed afgano si sta irradiando lungo molteplici direttrici. L’onda jihadista ha interessato il Nord Africa, ancora una volta drammatica ribalta, in Egitto, di azioni contro target turistici, il Sud Est asiatico e il subcontinente indiano in cui i gesti terroristici si innestano pericolosamente con istanze separatistiche.”11

La relazione rende bene l’immagine di una minaccia globale, lasciando impossibile immaginare come possa un apparato di intelligence, per quanto ben organizzato, possa reagire prontamente a questo tipo di minacce senza adeguati strumenti di cooperazione e di condivisione di informazioni da realizzare con gli apparati di altri stati preposti alla stessa funzione.

9

Soi A., L’intelligence italiana a sette anni dalla riforma,3 settembre 2014, in www. sicurezzanazionale.gov.it

10

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008

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Montagnese A., Neri C., L’evoluzione della sicurezza nazionale italiana, in www.sicurezzanazionale.gov.it

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Da considerare poi che l’ affermarsi dell’era digitale ha reso tutto il mondo un luogo più piccolo, mettendo in comunicazione realtà anche lontanissime e generando a suo tempo nuovi tipi di minacce quelle relative al cyberspazio, considerate dalle agenzie di intelligence di tutto il mondo come minacce di primaria grandezza12.

A mano a mano che queste nuove minacce crescevano e che il mondo diventava più globale le problematiche relative alla struttura della nostra intelligence si facevano sempre più pesanti, tanto da far si che tutti le principali forze politiche, nel corso di quelli anni, si siano spese per cercare di avviare un processo di riforma.

2) IL PROCESSO DI RIFORMA.

A spendersi per primo a favore di una ridefinizione dei servizi rispetto a come delineati da la disciplina del 1977 fu l’allora sentore Francesco Cossiga nel corso dell’undicesima legislatura, nella quale si ebbe anche il primo disegno di legge teso a dare a questi un nuovo ordinamento, costantemente ripresentato poi nelle successive13.

Un tentativo importate si ebbe nel 1993, sulla scia polemica lasciata dalla stagione dello stragismo mafioso che colpì l’ Italia durante l’estate del 1992-1993, strabismo perpetuato attraverso l’ azione dinamitarda, che portò all’esplosione di ordigni tesi ad uccidere interrompendo così la loro azione uomini dello stato e delle istituzioni, tra cui politici e Magistrati; il tentativo di riforma voleva riunire i un unico Servizio dotato di due articolazioni il sistema di raccolta di informazioni per la sicurezza, ed era stato promosso e portato avanti dall’allora Presidente del consiglio Carlo Azeglio Ciampi, tentativo destinato a rimanere tale a causa dell’interruzione anticipata della legislatura14.

Altre criticità che emersero con riguardo agli avvenimenti che coinvolgevano i servizi, vennero raccolte dal Comitato Parlamentare di controllo, che nella sua relazione al Parlamento indicava quelle che erano delle vere e proprie richieste di intervento da parte del legislatore, chiedendo che si mettesse ordine nella materia degli accessi e delle richieste di informazioni, che grazie all’ interpretazione erano cresciute selvaggiamente creando un

12

Montagnese A., Neri C., L’evoluzione della sicurezza nazionale italiana, in www.sicurezzanazionale.gov.it

13

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008

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Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008

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elemento troppo complesso e lento per un sistema il cui primi requisiti sono semplicità e celerità15.

Un’ altro progetto di riforma molto esteso venne elaborato da una commissione di esperti, istituita nel 1998, e presieduta dal Generale Roberto Jucci, progetto che prevedeva una riforma complessiva dell’intero sistema; tale progetto non venne mai tradotto in un disegno di legge e non approdò in parlamento in cui continuava ad avere la meglio l’ indirizzo di immobilismo, nonostante i tanti problemi già evidenziati16.

La tendenza all’ immobilismo è stata per lunghissimo tempo la strada che la maggiorate dei componenti del parlamento ha preferito, a innumerevoli criticità, già evidenziate da commissioni competenti, esponenti politici di primo piano, organi parlamentari e tentativi governativi, ogni progetto rimase tale e l’impianto legislativo ne risultò quasi immutato per trent’anni. Unici interventi legislativi in materia riguardarono, il primo la capacità informativa dei servizi nei confronti della criminalità organizzata, provvedimento preso per rendere più agevole la lotta contro di questa, e che non ebbe un impatto considerevole, quindi tutto sommato di poco conto 17, introdotto con legge 30 dicembre 1991 numero 410; il

secondo riguardo alla possibilità di richiedere intercettazioni telefoniche preventive nei confronti di soggetti sospettati di attività terroristiche o di eversione nei confronti dell’ordinamento costituzionale, previa delega da parte del Presidente del Consiglio ai direttori dei Servizi e dell’autorizzazione del procuratore di corte d’appello competente territorialmente, introdotto con legge 31 luglio 2005 numero 155. Sono da considerarsi entrambi provvedimenti di aggiustamento per cercare di venire incontro alle esigenze dovute all’ evoluzione delle minacce, anche scoordinate con il resto della disciplina, appariva strana la necessità di autorizzazione per l’intercettazione nell’ambito di un sistema che si voleva tenere separato dalla magistratura. Nonostante questi piccoli interventi le necessità di riforma si facevano sempre maggiori ma il legislatore sembrava impermeabile a queste.

La goccia che fece risvegliare il legislatore da questa fase di indecisione, nonostante l’ accurata riflessione già effettuata nel corso degli anni, fu anche questa volta un caso che suscitò clamore nell’opinione pubblica e non qualche dubbio sull’operato dei servizi, il caso del rapimento di Abu Omar. Il sequestro avvenuto il 17 febbraio del 2003 a Milano da parte di

15

Valentini m.; Il sistema di intelligenze in Italia, una riforma attesa da tempo in Riv. Pol. V-VI-VII/2005

16

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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agenti della CIA, ebbe un’importanza enorme nel dare una spinta al legislatore. Ebbe importanti ripercussioni giudiziarie, la Procura milanese cominciò ad indagare non solo sugli agenti della CIA, ma anche sui vertici del SISMI, tra cui il Generale Nicolò Pollari. L’aspetto che più ci interessa però sono stati i vari giudizi della Corte Costituzionale sui conflitti tra poteri dello Stato a causa dell’apposizione del Segreto di Stato da parte dei Governi Berlusconi prima e Prodi successivamente, conflitti che poi con sentenza numero 24 del 2014 vennero definitivamente risolti a favore del Governo e dell’apposizione del Segreto18.

Ancora una volta i fatti costrinsero il legislatore ad attivarsi.

Grazie ai dibattiti e agli studi, collezionati nel corso delle legislature precedenti con i vari tentativi di riforma, in Parlamento riuscì a svilupparsi un dibattito molto costruttivo e veloce, tanto che quasi tutte le forze politiche si convinsero su quali fossero le problematiche principali e concordarono su quelli che sembravano essere gli interventi per risolvere tale problematiche.

La legge di riforma è la legge 3 agosto 2007, numero 124, composta di 46 articoli, formatisi sulla base dell’esperienza trentennale della precedente riforma e su quelli che erano stati i rilievi tecnici e politici venuti a formarsi nel corso degli ultimi anni, una riforma Bipartisan, su cui praticamente tutto il Parlamento si trovò d’accordo ma ancora più importante una riforma di sistema, nata con la volontà di creare un “Sistema” d’ intelligence sul modello di quelli degli altri paesi Occidentali con i quali si sarebbe dovuto confrontare19.

2,1) IL “SISTEMA” DI INFORMAZIONI E l’INTERESSE NAZIONALE.

La legge di riforma si intitola infatti “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto”, dal nuovo contesto emergeva infatti la necessità di un sistema organizzato a difesa di un altro sistema, il “Sistema paese”. Il mutato delle minacce così come quello del contesto internazionale avevano, per forza di cose, mutato notevolmente l’ oggetto della tutela dei servizi di intelligence; se infatti prima della fine dell’Unione Sovietica il sistema era incentrato sulla difesa territoriale militare, il servizio che svolgeva operazioni esterne era il SISMI, cioè il servizio militare, ed il controllo di movimenti sovversivi ed organizzazioni illegali operanti nel territorio al fine di destabilizzare il procedimento democratico, riassumibili come difesa della Sovranità; ora questi aspetti che

18

Mariotti M., La condanna della corte di Strasburgo contro l’ Italia sul caso Abu Omar, in Diritto Penale Contemporaneo, 28 febbraio 2016.

19

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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restano fondamentali, sono affiancati da altre situazioni, si pensi a missioni militari all’ estero nell’ambito delle missioni di pace ONU, si pensi alla necessità di dare certezze alle imprese Italiane operanti nel nostro paese e all’ estero, alla tutela dell’incolumità dei singoli cittadini, aspetti tutti rientranti in quello che è stato definito l’ “Interesse Nazionale”20.

Alla tutela dello Stato si è sostituita come missione fondamentale dei servizi di sicurezza la tutela del Sistema paese, l’Interesse Nazionale si compone di molte più voci e molto più ampie rispetto a quelle dell’interesse Stato; è la risultante di vari interessi, aspetti ed attori che operano nell’ambito del Sistema Paese, di cui lo stato ordinamento è parte centrale e fondamentale ma non esaustiva.

La riforma da risposta alla necessità di tutela delle infrastrutture fondamentali del paese, così come alle sue “proiezioni internazionali” tanto pubbliche quanto private21 cercando di garantirle da minacce sempre più globali e asimmetriche.

L’ interesse da tutelare oltre a quello tradizionale della Sovranità nazionale e militare, risulta allargato anche a tutte la varie branche dell’attività economica nazionale inevitabilmente messe in una posizione di primaria importanza per la crescita di un paese dal fenomeno della globalizzazione22.

Questa nuova funzione, viene definita anche con qualche forzatura “intelligence economica”; diventa necessario cioè che l’ intelligence fornisca al decisore politico tutte quelle informazioni indispensabili per metterlo in grado di prendere decisioni di governo in campo economico commerciale, sviluppando le giuste strategie23. Attività molto simile a quanto già accadeva con le decisioni di politica estera, però calate nel nuovo ambito economico. Si tratta in pratica di tutelare il sistema economico industriale nazionale tanto da attacchi esterni, tanto nel reperire informazioni per sviluppare strategie per rendere competitive le imprese nazionali nel mercato globalizzato.

Un settore, lo si capisce immediatamente, di estrema delicatezza, già in fase di dibattito su questa nuova funzione dell’intelligence aveva prevalso un certo scetticismo, infatti la fama e l’ alone di segretezza che circondavano i servizi, almeno nell’opinione dei più, generavano un

20

Soi A., Interesse nazionale, imprese e intelligence economica, 21 gennaio 2015, in www.sicurezza nazionale.gov.it

21

Soi A., L’intelligence italiana a sette anni dalla riforma,3 settembre 2014, in www. sicurezzanazionale.gov.it

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Soi A., L’intelligence italiana a sette anni dalla riforma,3 settembre 2014, in www. sicurezzanazionale.gov.it

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certo scetticismo24. Non si riteneva cioè che settori in cui venivano in gioco interessi

economici privati dovesse essere oggetto dell’attività dei servizi. C’era nell’immaginario comune la possibilità, peraltro giustificata dai fatti del passato, che gli organi preposti a tale funzione l’avrebbero svolta non nell’interesse della collettività, ma nell’interesse dei singoli privati. L’ interpretazione tutela dell’Interesse Nazionale, ricompense infatti anche la tutela di quelle grandi imprese che vengono definite strategiche per l’ economia nazionale, perché collocandosi in un settore di particolare rilievo, hanno un attività che costituisce una aspetto fondamentale per la competitività del sistema paese; servivano però delle tutele adatte ad evitare deviazioni che si erano verificate troppo spesso in passato, ed ecco allora che la legge pone delle indicazioni tese a limitare e definire il campo d’ azione dei servizi in tale ambito25. All' articolo 30 della legge n.124/2007, si pongono della regole interpretative per limitare porre dei limiti alle azioni eseguibili nell’ambito di questa finalità, disponendo che il COPASIR, il nuovo comitato di controllo parlamentare, verifica che l’ attività si svolga “nell’esclusivo interesse e per la difesa della repubblica e delle istituzioni”26; anche i limiti posti dall’art 39 in materia di segreto di stato, affermando che sono coperti da questo “ i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’ integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento all’ indipendenza dello stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato”. Dall’interpretazione della normativa legislativa si capisce come la legge voglia porre un controllo forte, ed escludere che l’attività d’intelligence possa essere svolta come mero favore ad interessi privati. Necessario perché vengano tutelati dai Servizi, è il carattere di strategico per la nazione, dell’interesse in gioco, e quest’ultimo deve essere qualificato come tale da un’ esplicita e precisa decisione di carattere politico, soggetta al controllo Parlamentare; il vantaggio privato può trattarsi solo di un vantaggio indiretto, cioè conseguente all’ interesse della Repubblica e del sistema paese, è quindi effetto indiretto27.

Quello che la riforma del 2007 si propose di fare, fu di andare a disciplinare in modo completo questo quadro di funzioni ed esigenze che si erano venute a formare in seguito ai cambiamenti del contesto internazionale, se si leggono gli articoli 6 e 7 della normativa infatti si assegnano alle nuove Agenzie, AISE per il controllo esterno ed AISI per quello interno, i

24

Quaderno d’ intelligence 1,in Gnosis, De Luca Editori d’ Arte, marzo 2011.

25

Quaderno d’ intelligence 1,in Gnosis, De Luca Editori d’ Arte, marzo 2011.

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Quaderno d’ intelligence 1,in Gnosis, De Luca Editori d’ Arte, marzo 2011.

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compiti di vigilanza su molte nuove situazioni, in special modo quelle di tutela degli interessi politici, militari, economici, scientifici ed industriali28. Il compito loro affidato non è più

limitato quindi alla sola difesa dello Stato tradizionale, ma è il compito della difesa di un più ampio novero di interessi, tutti quelli della collettività nazionale, cioè di quel “sistema-paese” che sono oggi chiamati a tutelare29.

Il grande pregio di questa riforma è quello di essere equilibrata, nel senso che ha saputo dare risposte puntuali e precise alle principali problematiche emerse, senza però sbilanciarsi creando situazioni di possibile pericolosità istituzionale come quella sopra accennata. Il legislatore ha saputo quindi coniugare le necessità delle nuove funzioni dell’intelligence ampliando le possibilità delle strutture operative, ma ha anche rafforzato e semplificato un sistema di controllo sull’operato esecutivo e sulle decisioni politiche, delineando un unico “Sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica.”

La legge di riforma ha ampliato considerevolmente la sua portata con ben quarantasei articoli, tuttavia ne risulta una disciplina rapida e flessibile, anche grazie ad una novità considerevole cioè quella dell’affidamento alla normativa di secondo livello di alcune importantissime parti di disciplina, lasciando libero il Presidente del Consiglio di adattare la disciplina alle nuove situazioni che via via possono verificarsi30.

3) FONDAMENTO COSTITUZIONALE DELLA NUOVA DISCIPLINA.

Come per la riforma del ’77, anche ora emergeva la necessità di ancorare l’apparato delineato dal legislatore con le sue nuove funzioni al dettato ed ai principi costituzionali, in occasione della precedente riforma infatti era stato fatto un aggancio al dettato costituzionale, rompendo con la tradizione di organi amministrativi fino a quel momento rimasti in un terreno di semi-legalità.

Non mancano comunque teorie di pensiero che configurano come fondamento del sistema d’intelligence il normale appoggio costituzionale ai vari organi preposti al controllo della pubblica sicurezza, anche se il fatto che la funzione d’ intelligence presenti caratteristiche uniche rispetto alle altre forze di ordine pubblico ha reso dubbia quest’interpretazione, ritenendo necessario un ulteriore fondamento da attribuire ai servizi. Emergeva quindi la

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Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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Quaderno d’ intelligence 1,in Gnosis, De Luca Editori d’ Arte, marzo 2011.

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Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

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necessità di interpretazioni adatte a dare al sistema di intelligence un solido fondamento costituzionale, come avviene per tutti gli apparati statali previsti dalla legge.

Già la disciplina del ’77 aveva avuto il merito di riportare la funzione d’ intelligence, allora svolta dai due servizi, sotto l’ombrello dei principi costituzionali di legalità e di rispetto dello stato di diritto. Le dottrine hanno molato dibattuto su qual potesse essere un’ appoggio al sistema di intelligence nella nostra Carta Costituzionale, il compito infatti non è semplice in quanto, la funzione di informazione per la sicurezza ha caratteristiche peculiari che la rendono una funzione “sui generis” all’ interno dell’apparato statale31, tuttavia è necessario che anche questa funzione venga ricondotta ad un fondamento costituzionale. Con l’ affermazione delle costituzioni Liberal-democratiche, il precedente fondamento della Ragion di Stato, che in ambiti assolutistici ed autoritari ha rappresentato un sufficiente appiglio, non può più essere considerato valido, ma va ricercato un nuovo fondamento alla luce dello stato di diritto32. Non sembra si spossa arrivare ad un fondamento nemmeno con riferimento allo stato di necessità, cioè riportando la funzione ad un contesto di garanzia a tutela dello stato, non trovano infatti giustificazione certe azioni offensive o preventive caratteristiche del nuovo assetto della funzione.

Le principali posizioni della dottrina muovono tutte da una rilettura degli articoli 52 e 54 della Costituzione come già avvenuto per la legge del ’77: la funzione di informazione si fonderebbe sul dovere di fedeltà alla Repubblica sancito dall’art. 54 Costituzione, secondo tale impostazione, infatti, esso non si manifesterebbe in modo generalizzato ed eguale per tutti i cittadini, ma si articolerebbe sulla base delle specifiche funzioni ricoperte da ciascun soggetto e specificamente nell'ambito dell’esercizio di potestà pubbliche33. Quindi Il dovere di fedeltà alla Repubblica in capo a ciascun cittadino si concretizza in modo differente seconda della posizione che questo ricopre all’ interno dell’ordinamento, dunque in riferimento all’apparato di informazioni e sicurezza, il loro dovere di raccogliere notizie per tutelare la sicurezza della Repubblica e tutelare l’ordine democratico sarebbe conseguenza di questo. Per quanto riguarda l’articolo 52 Cost., la dottrina ha dato un interpretazione particolare al sacro dovere di fesa della patria del Cittadino, che andrebbe a costituire il fondamento delle attività di intelligence per quanto riguarda l’ambito esterno al territorio nazionale34.

31

Giupponi T.F., Servizi di informazione e segreto di stato nella l.n.124/2007, in scrtti in memoria di Luigi Arcidiacono.

32

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978

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Giupponi T.F., Servizi di informazione e segreto di stato nella l.n.124/2007, in scrtti in memoria di Luigi Arcidiacono

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In tale prospettiva quindi il dovere di fedeltà alla Repubblica che grava sul cittadino si pone alla base della difesa delle istituzioni democratiche, del corretto svolgimento della vita democratica nello stato da atti sovversivi od operazioni tese a ledere tali interessi; indi in definitiva la dottrina lo va a configurare come base di appoggio per l’ intelligence interna35. Il dovere di difesa della patria come base per l’attività di intelligence esterna.

Un’altra lettura vuole che come fondamento si prenda l’art. 5 Costituzione in combinazione con l’art 52, leggendo in combinazione il sacro dovere di difesa della patria con il principio di indivisibilità della Repubblica; In questa lettura il dovere di difesa viene a declinarsi quale finalità “di protezione della sicurezza dello Stato-Comunità, intesa come indipendenza nazionale unità e indivisibilità della Repubblica e come complesso di caratteri che ne esprimono la democraticità, contro ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico del sistema”36.

Da considerare che come per tutti gli interessi ed i principi costituzionalmente stabiliti, è necessario temperare e coordinarli con altri principi ed interessi contrari ma parimenti tutelati dalla Costituzione: in questo caso il principio di libertà di informazione, articolo 21 Cost., la tutela giurisdizionale dei diritti, art 24 Cost., la tutela della dignità umana e della persona37. L’ assetto dei fondamenti costituzionali della disciplina risulta invariato rispetto a quello che era per la legge numero 801 del 1977. La dottrina non è riuscita a creare innovazioni rilevanti sul tema.

Restano quindi validi i principi ed elaborazioni costituzionali, già ideati in concomitanza con la disciplina precedente.

4) L’ORDINAMENTO DEL SISTEMA POLITICO.

La legge 3 agosto 2007, numero 124 si divide in Capi, ognuno con il proprio argomento, a solo volta suddivisi in articoli: il Capo primo si intitola “Struttura del sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica”; il Capo secondo, “ Disposizioni organizzative”; il Capo terzo, “Garanzie funzionali, stato giuridico del personale e norme di contabilità”; Capo quarto

35

Giupponi T.F., Servizi di informazione e segreto di stato nella l.n.124/2007, in scrtti in memoria di Luigi Arcidiacono.

36

Anzon A., Servizi segreti, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 1992.

37

Giupponi T.F., Servizi di informazione e segreto di stato nella l.n.124/2007, in scrtti in memoria di Luigi Arcidiacono.

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“Controllo parlamentare”; Capo quinto, “Disciplina del Segreto” e Capo sesto “Disposizioni transitorie e finali”38.

Le innovazioni sono state molte e di grande importanza, tuttavia è possibile riassumere l’ intervento per sommi capi, essendo esso andato ad incidere maggiormente su Conferma del ruolo di perno centrale del sistema del vertice dell’Esecutivo ed ampliamento delle sue prerogative, con istituzione di apposito Dipartimento, presso la Presidenza del consiglio dei ministri, con scopi di coordinamento e gestione delle informazioni; mantenimento del così detto doppio binario attraverso il mantenimento di due Agenzie, in luogo dei vecchi Servizi; specifica disciplina della posizione, del ruolo e delle garanzie del personale operante per i servizi, andando così a colmare un vuoto legislativo importante; rafforzamento delle strutture di controllo ora divise sia da organismi amministrativi all’ interno del sistema sia da quelli operanti in sede parlamentare39, a queste se ne potrebbe aggiungere un’altra, cioè il maggior rilievo della regolamentazione come fonte di disciplina di aspetti sempre più rilevanti.

Il capo primo della legge si suddivide in otto articoli che vanno a costituire l’ ossatura, lo scheletro dell’apparto amministrativo definito come sistema, essi infatti si occupano rispettivamente di: Competenze del Presidente del consiglio dei ministri40; Sistema di informazione per la sicurezza della repubblica; Autorità delegata; Dipartimento per le informazioni per la sicurezza; Comitato interministeriale per la sicurezza della repubblica; Agenzia informazioni e sicurezza estera; Agenzia informazioni e sicurezza interna; Esclusività delle funzioni attribuite al DIS all’ AISE e all’ AISI.

La disciplina parla appunto di Sistema, facendo sue alcune le posizioni del dibattito riformatore che volevano dare un assetto più unitario alla materia.

Allora bisogna subito dire che la legge affida la posizione di vertice di questo sistema al Presidente del Consiglio dei ministri e ad un’eventuale Autorità delegata, cioè un sotto segretario o ministro senza portafogli cui il Presidente può delegare alcune funzioni, affiancati dal CISR, cioè un comitato interministeriale con funzioni ausiliarie, non deliberative, a quelle del Presidente o dell’Autorità delegata, che si avvalgono delle informazioni fornite dal DIS, il dipartimento delle informazioni per la sicurezza.

38

Legge 124/2007.

39

Giupponi T.F., Servizi di informazione e segreto di stato nella l.n.124/2007, in scrtti in memoria di Luigi Arcidiacono

40

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4,1) IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO.

La legge all’ art 1 disciplina le prerogative e la posizione del Presidente del Consiglio, nel Sistema, la disposizione si pone come architrave della Capo primo, e di conseguenza dell’intero sistema, infatti il ruolo de presidente si qualifica come centrale per tutta la materia, riprendendo ed anche ampliando le sue prerogative e, con queste , le sue responsabilità, in continuità con quanto fatto nella disciplina previgente41, tuttavia con delle significative innovazioni. La nuova disciplina come accennato poc’anzi, si importa ad un criterio unitario trattando tutto l’apparato come un unico Sistema e non più come due servizi totalmente separati con un debole coordinamento.

Il Presidente si colloca al vertice di questo sistema, e non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che ad essere immutato era la cornice costituzionale in cui sono organizzate le istituzioni, bisogna ricordare infatti che la riforma del’77 aveva affidato al Presidente le responsabilità non solo di indirizzo e coordinamento, rientranti nei suoi normali poteri costituzionalmente stabiliti, ma anche ulteriori poteri, impartire direttive ai ministri competenti ed organizzare il funzionamento delle relative attività, non invece rientranti nella normalità delle sue prerogative42.

La sentenza della Corte costituzionale numero 68 del 24 maggio 1977 aveva già indicato il Presidente del consiglio quale “naturale titolare della suprema attività politica ed amministrativa”, la scelta allora di un organo monocratico quale vertice del sistema di informazione per la repubblica, risultava una strada obbligatoria, questa infatti necessita di celerità e semplicità nel meccanismo decisionale e il presidente si colloca nella posizione istituzionale migliore per poterla impartire, in quanto vertice amministrativo-governativo ma anche responsabile politico di fronte al parlamento secondo quanto previsto per il rapporto di fiducia che intercorre tra governo e le Camere43.

41

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

42

Labriola S., Le informazioni per la sicurezza dello stato, Milano, 1978.

43

Sent.n.86 del 24 maggio 1977, in questa la corte afferma che: in base all’art. 95 Cost., è proprio il Presidente del Consiglio che “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile” ed a lui è inoltre affidato il compito di coordinare l’attività dei singoli Ministri, quindi anche, precisa la Corte, “dei singoli Ministri direttamente competenti in argomento anche in singoli casi”; sicuramente a lui spetta quindi anche la direzione ed il coordinamento di quella suprema attività politica consistente nella difesa dello Stato.

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Già nella previdente legislazione la figura del presidente veniva a configurarsi come “crocevia istituzionale” dal cui si diramano ed al quale fanno capo tutti gli organismi di informazione44,

la nuova disciplina conservando quest’aspetto, lascia inalterato il corpus principale dei poteri affidati al Presidente, restano intente infatti le tre direttrici in cui tali responsabilità si sviluppano: Alta direzione responsabilità generale, coordinamento delle politiche e funzioni in materia di Segreto di stato, rafforzate però dalle nuove previsioni e funzioni assegnate all’ intero Sistema.

Quelli che risultano maggiormente rafforzati risultano essere i poteri atipici del Presidente, infatti se la struttura dei poteri ricalca conservandola quella della normativa previgente, lo stesso vale anche per quella bipartizione di tali poteri individuata dalla dottrina; alcuni di essi infatti risulterebbero essere conformi alla normale posizione dell’organo nell’ambito della normale funzione di governo, così come delineata dall’articolo 95 Costituzione, mentre altri, quelli volti a definire il rapporti tra le varie istituzioni e gli altri organi, nonché il potere regolamentare, e di dare direttive ai ministri competenti, non sembrano rientrare nell’ambito prima detto ma appaiono come una deroga al normale ruolo del Presidente, che in rapporto a questi sembra configurarsi più come un ministro, la dottrina ha infatti parlato di Presidente-Ministro45. Questo secondo tipo di potestà del Presidente, risulta necessario per la particolarità dell’attività in questione; abbiamo infatti detto che gli organi di intelligence svolgono funzioni che non sono loro proprie e che queste necessitano di particolari accortezze nell’identificazione degli obbiettivi, della linea politica della gestione in relazione al loro oggetto particolare. Infatti gli scopi propri dei servizi, impongono decisioni rapide e precise, mentre i principi costituzionali impongono che tali decisioni vengano prese secondo le modalità stabilite dalla legge e dai soggetti più idonei all’ interno dell’ordinamento; il compromesso è stato raggiunto dando questa struttura bicefala alle attribuzioni del Presidente. Uno degli orientamenti emersi nel corso del dibattito parlamentare sulla riforma dei servizi di informazione, era stato quello di prevedere un unico Servizio, con più articolazioni interne, proprio per superare una divisione che si era formata tra i due servizi, quello militare e quello civile, non avendo acuto il CESIS il ruolo unificatore che si era sperato. Già si era parlato del mai approvato disegno di legge 1628 del 1993, presentato dal governo Ciampi, questo incarnava il progetto unificatore dell’unico servizio che non ebbe mai luce; tuttavia il principio unitario ebbe un enorme importanza nel dibattito Parlamentare sulla riforma e la sua

44

Massera A.-Mosca C.; I servizi d’ informazione, in trattato di Dir.Amm. (Cassese S.), Milano, 2000.

45

Massera A.-Mosca C.; I servizi d’ informazione, in trattato di Dir.Amm. (Cassese S.), Milano, 2000.

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influenza fu fondamentale; è proprio grazie a quest'orientamento che si ebbe la formazione dell’idea di Sistema unitario formato da più soggetti, autonomi ma tutti sottoposti ad un unica linea decisionale, stabilita dal Presidente, in quanto capo dell’esecutivo e quindi principale responsabile politico dell’operato degli apparati di governo di fronte al Parlamento46.

Se già queste esigenze erano emerse nel corso dell’approvazione della riforma del ’77, assumono ancora più valore all’ interno di un Sistema che vuole essere più accentrato rispetto a quello delineato dalla normativa previgente, soprattutto perché quest’ultima non era riuscita a dare la sistema il coordinamento che si proponeva di dare.

Andiamo a vedere come quindi quest’indirizzo unitario oltre che nella concezione del sistema ha influito sulle competenze spettanti al Premier, queste infatti risultano ampliate in tre direzioni: in primo luogo c’è ampliamento della sfera di in trecento diretto del Premier, infatti ora sono molti di più i poteri che gli spettano in via esclusiva47, essendo state invece ridimensionate le potestà che doveva esercitare coadiuvato dal comitato interministeriale, per esempio le nomine dei direttori e vice direttori delle Agenzie, competenza nella previgente configurazione dei Ministri di interno e difesa, previo parere del conforme del CIIS, oggi esercitata direttamente dal Presidente.

In secondo luogo si ha una marginalizzazione del ruolo attribuito ai Ministri di Difesa ed Interno, secondo il regime del ’77 questi erano gli organi preposti all’ organizzazione e manutenzione dei servizi, essendo questi uffici amministrativi permanenti collocati nell’ambito dei rispettivi ministeri, il SISMI nel Ministero della Difesa, il SISDE nel Ministero dell’Interno, con la nuova formulazione e l’ aumento dei poteri di controllo e di coordinamento del Dipartimento per le informazioni per la sicurezza (DIS), inserito nell’ambito della Presidenza del consiglio e a questo sottoposto, il ruolo del Premier viene a farsi molto più forte anche in questi campi, per mezzo del DIS.

in terzo luogo si sottolinea sempre come tra le nuove funzioni del DIS, in luogo del vecchio CESIS, elemento molto criticato del vecchio sistema, non vi siano solo quelle di

46

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008. In proposito è da ricordare l’ intervento del ministro Giuseppe Pisanu, in audizione alla Camera dei Deputati quando evidenziò la necessità di creare “un servizio segreto unico alle dirette dipendenze del Premier e articolato in branche specialistiche, uno strumento d’ intelligence unitario, agile e efficiente che

garantirebbe il coordinamento degli interventi ed eliminerebbe molte delle criticità del sistema binario”

47

Massera A.-Mosca C., I servizi d’ informazione, in trattato di Dir.Amm. (Cassese S.), Milano, 2000.

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coordinamento e gestione ed elaborazione delle informazioni, ma un vero e proprio potere gestorio delle Agenzie e di controllo del loro operato48.

Va da se che attraverso una struttura come quella del DIS, cui il legislatore ha voluto dare compiti molto incisivi nel nuovo sistema proprio per realizzare quell’unità di “Sistema” che era mancata, si vengono ad incrementare il potere decisionale e di gestione del Presidente del Consiglio su tutti gli aspetti che riguardano la funzione di informazione per la sicurezza. Una volta scelta la via unitaria, o per lo meno un indirizzo unitario questo non può che tradursi del rafforzamento degli organismi centrali e di vertice del sistema in questo caso il Premier. Altra distinzione che va fatta, con riguardo ai poteri del Presidente, è quella tra poteri Esclusivamente attribuite a questo, e poteri delebili ad altri organismi, in particolare ad un sottosegretario o ministro senza portafogli, che la legge qualifica come Autorità Delegata49. All’ articoli 1 primo comma la legge 124 del 3 agosto 200750 da un elenco delle competenze esclusive del Presidente, tra esse rientrano l’ alta direzione e la responsabilità politica generale, l’ apposizione del Segreto di Stato, la determinazione dei criteri, la determinazione delle risorse a disposizione del Sistema e la loro ripartizione.

Altri poteri che invece riguardano la gestione quotidiana dei servizi, sono delebili o esercitabili congiuntamente all’ Autorità delegata.

Il presidente si avvale inoltre insieme con l’ Autorità delegata del DIS, dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Repubblica, per l’ esercizio delle sue competenze di

48

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

49

Articolo 3 comm.1, legge n.124 del 20071: Il Presidente del Consiglio dei ministri, ove lo ritenga opportuno, può delegare le funzioni che non sono ad esso attribuite in via esclusiva soltanto ad un Ministro senza portafoglio o ad un Sottosegretario di Stato, di seguito

denominati «Autorità delegata».

50

Art.1, com.1 legge n.124 del 20071. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti, in via esclusiva:

a) l’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, nell’interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento;

b) l’apposizione e la tutela del segreto di Stato; c) la conferma dell’opposizione del segreto di Stato;

d) la nomina e la revoca del direttore generale e di uno o più vice direttori generali del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza;

e) la nomina e la revoca dei direttori e dei vice direttori dei servizi di informazione per la sicurezza;

f) la determinazione dell’ammontare annuo delle risorse finanziarie per i servizi di informazione per la sicurezza e per il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, di cui dà comunicazione al Comitato parlamentare di cui all’articolo 30.

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definizione della politica per la sicurezza nazionale; quest’organismo infatti riesce direttamente all’Autorità delegata o al Presidente del consiglio, e sono questi i soggetti che prendono le decisioni al fine di assicurare piena unitarietà nella programmazione della ricerca informativa del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica51.

Il sistema si presta ad unità in quanto sono gli organi decisori di vertice a prendere le decisioni, in merito alle azioni o alla politica da eseguire, e lo fanno sulla base delle informazioni loro comunicate dal DIS, che deve costantemente informare i vertici del sistema, il Presidente del consiglio o quando costituita l’Autorità delegata delle attività, delle missioni e delle situazioni che si stanno verificando, non solo in relazione alla politica di sicurezza ma anche per mettere il decisore politico, stiamo parlando del vertice dell’Esecutivo, al corrente di notizie che possono tornare utili per avere un quadro generale, all’ interno del quale prendere decisioni di politiche.

Essendo questa la posizione di vertice del sistema, ne consegue sì il potere decisionale appena descritto, ma ne conseguono anche una serie di responsabilità nei confronti del Comitato di controllo Parlamentare, e anche poteri di controllo amministrativo all’ interno dei sistema52.

Partendo dalla funzione di controllo Amministrativo è significativo intanto che sia il presidente del consiglio ad approvare il bilancio preventivo e quello consultivo dell’AISE, dell’AISI e del DIS, previo parere del Comitato interministeriale per la sicurezza53, l’organo collegiale del governo che va a sostituire il precedente, che non ha poteri deliberativi ma soltanto ausiliari, quelli deliberativi spettano al Presidente, e che sia sempre questo a stabilire sentiti i responsabili di DIS, AISE ed AISI54 a stabilire gli stanziamenti iscritti nell’unità di

base previsionale del Ministero dell’Economia e delle Finanze per le spese del sistema di informazione e sicurezza, stabilendo i fondi generali e quelli riservati dandone comunicazione al Comitato Parlamentare per la sicurezza della Repubblica, COPASIR.

Ed è proprio in relazione all’ interlocuzione con quest’organo, che si configura come organo di controllo del sistema anche qui in continuità con il vecchio COPACO, istituito dalla legge 801 del ’77.

51

Art 4 comma 2 L, n124 del 2007.

52

Valentini m.; Il sistema di intelligenze in Italia, una riforma attesa da tempo in Riv. Pol. V-VI-VII/2005.

53

Art.29 comm.3 sun b); l n.124 del 2007.

54

In sede di approvazione della riforma, si voleva evitare di indicare soltanto il responsabile del DIS così da dare a questo un potere eccessivo ed esclusivo di dialogo con il vertice del sistema tagliando fuori quelli che sono gli organi operativi, cioè le due agenzie.

(19)

Spettano infatti al Presidente del Consiglio il compito di trasmettere agli sei mesi, rispettivamente entro il 30 settembre ed entro il 30 marzo dell’anno successivo, al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica una relazione sull’attività dei Servizi di informazione, contenente un’analisi della situazione e dei pericoli per la sicurezza55.

informare il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica circa le operazioni condotte dai servizi per la sicurezza nelle quali siano state condotte dagli agenti attività qualificate dalla legge come reato56; comunicare tempestivamente al comitato tutte le richieste di cui all’articolo 270 bis c.p.p. e le conseguenti determinazioni adottate. Compito del Presidente in relazione ai reati commessi dagli agenti nell’esercizio delle loro funzioni è quello di confermare, all’ autorità giudiziaria o al giudice che procede, l’autorizzazione alle condotte adottate in via d’ urgenza da parte del direttore de Servizio interessato, informandone il DIS, il quale ha sua volta ha il dovere di informare il Presidente o L’Autorità delegata dell’autorizzazione57.

La conferma dell’autorizzazione viene data dal Presidente all’ autorità giudiziaria o al giudice che procede entro dieci giorni, viene comunicata all’ autorità che procede e al Comitato parlamentare58, se la conferma non avviene nei termini si considera negata.

Deve dare comunicazione al COPASIR, nella seconda relazione semestrale sulle linee essenziali dell’attività, comunicando altresì tutti i dati su: consistenza dell’organico, sul reclutamento , sulle chiamate dirette nominative, sui criteri adottati, e le prove selettive sostenute59.

Riceve inoltre dal COPASIR, riscontri su eventuali condotte poste in essere in violazione delle norme che regolano il funzionamento dei servizi di informazione60.

Di queste responsabilità di fronte ad un comitato parlamentare, in quanto organo interno al Parlamento, risponde con la normale responsabilità politica valida nel rapporto tra Parlamento e Governo. Infatti l’attività di informazione per la sicurezza della Repubblica svolta dal servizio viene fatta rientrare nell’ ambito della funzione di governo, e pertanto la responsabilità dell’esecutivo per questa è conforme al resto dell’ azione di Governo.

Si profila indi la possibilità, per il Parlamento tutto, di sfiduciare il Governo

55

Art. 33 comm. 1 e 10, l n.124 del 2007.

56

Art.33 comm. 4 l. n.124 del 2007.

57

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

Art 18 l. n. 124 del 2007.

58

Art 19 comm. 2, 4, 5, l.n.124 del 2007.

59

Art.33 comm. 11 e 12 l.n. 124 del 2007.

60

(20)

se dalle indicazioni sullo stato del sistema e sull’esercizio delle sue funzioni fornite a questo dal COPASIR, emerga una linea politica che non viene condivisa dal Legislatore.

In estrema sintesi la gestione del Sistema, essendo un’attività di governo, seppur particolare, ha effetti nel rapporto tra Governo e Parlamento come qualsiasi altra funzione affidata all’ Esecutivo.

Altra categoria importante di potestà attribuite al Presidente del consiglio è quella che riguarda il segreto di stato.

La legge 801 del 1977 affidava già al presidente la definizione delle linee generali di apposizione da parte dei direttori dei Servizi e il compito di confermare all’ Autorità giudiziaria l’apposizione del vincolo sui documenti oggetto d’ indagine, quest’impostazione aveva causato non pochi problemi nel corso degli anni generando problemi seri in vari conflitti tra poteri di fronte alla corte Costituzionale. Tuttavia la riforma andò a confermare quella che era l’impostazione della legge precedente, concentrandosi a risolvere i problemi della legislazione, anziché stravolgere completamente il sistema.

In relazione ai poteri affidati al Presidente del Consiglio egli dispone l’ apposizione e l’ eventuale annotazione del vincolo derivante dal segreto di Stato sugli atti, documenti o cose che ne sono oggetto61. riceve le richieste di accesso decorosi 15 anni dall’apposizione del segreto di Stato e dispone entro 30 giorni l’ accesso comunicandone la decisione al comitato parlamentare, ovvero conferma l’ apposizione del segreto di stato disponendo una o più proroghe del vincolo con provvedimento motivato in ogni caso con periodo non superiore a 30 anni62. Significativo è il fatto che qualora non ritenga di prorogare il vincolo dispone la

desecretazione del documento

Infatti la disciplina attuale prevede una durata limitata della vita del vincolo del Segreto di Stato, andando a riallineare la disciplina con le altre al livello internazionale, la disciplina della legge del ’77 prevedeva una durata illimitata di questo, da qui la necessità del Presidente di dare motivazione della proroga.

Riceve inoltre dall’Autorità giudiziaria la richiesta di eventuale conferma dell’apposizione del segreto di Stato opposto nel corso del procedimento penale, decidendo nel termine di trenta giorni63.

Viene inoltre chiamato a vigilare sulla corretta applicazione delle norme in materia di classifiche di sicurezza e determinare l’ambito dei singoli livelli di segretezza, i soggetti cui è

61

Art. 39, comm. 4 l. n.124 del 2007.

62

Art.39, comm. 5 e 6 l.n. del 2007.

63

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conferito il potere di classifica e gli uffici che, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, sono collegati all’ esercizio delle funzioni di informazione per la sicurezza della Repubblica, nonché i criteri per l’ individuazione delle materie oggetto di classifica e i modi di accesso nei luoghi militari o in quelli definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica.64

In conclusione la riforma delinea un assetto più accentrato, con maggiori poteri e responsabilità affidate alla figura di vertice, che può servirsi per esercitarle di un apposito organismo ausiliario l’Autorità delegata.

4,2) L’AUTORITA’ DELEGATA.

La possibilità per il Presidente del Consiglio di delegare, ad un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio o ad un Ministro senza portafogli, l’esercizio dei poteri che non gli vengono attribuiti in via esclusiva rappresenta una delle novità assolute della nuova disciplina rispetto al regime previgente.

L’ esigenza per la quale in sede di riforma il legislatore ha voluto provvedere ad istituire quest’organo, è quella di garantire l’unità del potere decisionale riconducendolo al Presidente del Consiglio pur tuttavia trovandosi di fronte all’ ostacolo materiale delle numerose competenze e responsabilità che già competono, anche al di fuori di quelle assegnate dal Sistema per le informazioni per la sicurezza della Repubblica, al vertice del potere Esecutivo. C’era quindi il rischio che ponendo in capo ad un organo monocratico, tanto impegnato, così tante competenze, che a risultarne sacrificata potesse essere la celerità e puntualità delle decisioni, caratteristiche che per quanto riguarda la materia trattata risultano essere di fondamentale importanza. Da qui la possibilità al Presidente del Consiglio di delegare l’esercizio delle sue funzioni ad una figura a lui riconducibile che lo sostituisca nella gestione quotidiana del Sistema, coadiuvato dall’azione del DIS e dal CISR.

L’ origine dell’istituto è da ricercarsi nella disciplina previgente, era infatti stabilito dalla legge numero 801 del 1977 la possibilità che il Presidente del Consiglio nominasse a presiedere il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza, il CESIS, un Sottosegretario di Stato e alla stessa figura erano attribuite altre funzioni amministrative la cui facoltà di delega era desunta da normativa di carattere generale65.

Questa possibilità venne presa ed estesa dal legislatore della riforma che si trovava di fronte alla necessità di dover conciliare l’ unicità del vertice politico responsabile con quella della

64

Art.43 comm. 1 l.n. 124 del 2007.

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effettività delle funzioni da espletarsi concretamente66, e la soluzione venne ricavata

ampliando la possibilità già prevista dalla legge del ’77, seppur in limiti molto circoscritti, di una delega ad un Sottosegretario di Stato.

Non sono mancate poi le posizioni critiche ad un tale innovazione ritenendo che l’attribuzione a questa di funzioni spettanti al Presidente del Consiglio sembrassero derogare al principio della responsabilità unica del Premier, trovandosi un Ministro senza portafogli o un sottosegretario in un posizione radicalmente diversa rispetto a quella del Capo dell’Esecutivo67.

Per capire come una tale delega possa funzionare in concreto, bisogna fare riferimento anche alla disciplina ordinaria della delega amministrativa, corte costituzionale già ci ha dato una prima indicazione con la sentenza numero 559 del 1988, riguardante il ben cinque conflitti di attribuzione promossi da regioni contro due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Nella sentenza la Corte chiarisce che la delega Amministrativa è un fenomeno estremamente vario e complesso, a cui non può essere data interpretazione univoca ma va risolta caso per caso; l’ esperienza amministrativa, prosegue la Corte, può assistere a varie ipotesi di delega, sia nell’ambito dei rapporti interrogatici che nell’ambito di rapporti intersoggettivi, tanto tra soggetti dotati di autonomi Costituzionale, quanto tra soggetti che non ne sono provvisti; anche in relazione all’ oggetto bisogna distinguere, si può trattare di delega di funzioni o attribuzioni, oppure del mero esercizio di facoltà anche solo il compimento di determinati atti o attività68. Ancora la delega può essere configurata come atto necessario per l’ esercizio di determinate funzioni oppure come atto di libera scelta da parte del delegante69. Poiché la

facoltà di delega viene a considerarsi come una deroga al normale regime delle competenze, avviene spesso che la sua possibilità sia prevista da atto di normazione primaria, che è poi quello che avviene in relazione all’ autorità delegata con la disciplina della legge 3 agosto del 2007 numero 124, essa prevede questa possibilità di delega da parte del Premier ad un sottosegretario o ministro, ma la decisione di merito, se effettuare o meno la delega è rimessa ad una libera decisione del soggetto delegante.

L’autorità delegata si configura come Eventuale nel sistema, in quanto ben possibile che il Presidente del Consiglio decida che non sia il caso di esercitare la delega.

66

Franchini, M., Il Sistema nazionale delle informazioni e l’Autorità delegata, in Giornale di diritto amministrativo, 2010.

67

Sen. Pastore I Commissione del Senato, riunione 20 marzo 2007.

68

Sentenza numero 559 dell’11 maggio 1988.

69

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Norme che vanno a richiamare tutti gli elementi necessari dell’istituto della delega amministrativa, e che sono di particolare interesse per quanto stiamo trattando, sono quelle contenute negli articoli 9 e 10della legge 23 agosto 1988 numero 400, che disciplinano la delega delle funzioni tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri senza portafoglio ed inoltre i Viceministro ed i Sottosegretari di Stato70.

Se si guarda a questo complesso organizzativo la delega viene a qualificarsi, nei suoi elementi essenziali, come atto organizzativo discrezionale per effetto del quale il delegante, in modo unilaterale, nei casi previsti dalla legge, investe in modo formale il delegato di una competenza derivata, revocabile, senza che ciò determini un trasferimento della titolarità del potere, che resta in capo al delegante ma soltanto l’ esercizio del potere stesso71.

in base a queste prime considerazioni è già possibile qualificare la delega prevista dalla legge come una normale delega amministrativa, che si colloca pienamente sulla scia di quello già previsto da altra disciplina.

Già nella prassi precedente alla riforma aveva preso piede il fenomeno di deleghe ben maggiori di quelle previste dal dettato della disciplina del ’77. Basandosi sul solido appoggio normativo dato dalla legge numero 400 del 1988 era ormai un’attività costante della prassi quella di delegare funzioni sempre più ampie: per fare un esempio di questa pratica messa in atto, il d.P.C.M. del 19 maggio 2006, aveva disciplinato per l’ ultima volta nel previgente sistema la delega di funzioni al Sottosegretario di Stato nominato alla funzione di presidente del CESIS, oggetto della delega erano anche la facoltà di rappresentare il Premier davanti al comitato parlamentare di controllo; le attività di coordinamento concernenti i compiti del CESIS72; l’adozione di provvedimenti in materia di stato giuridico, organizzazione del

personale direzione degli uffici, organizzazione ed ordinamento dei Servizi; e persino il compito di disporre testi normativi in materia avvalendosi di apposite commissioni di studio, ed in più qualsiasi altra funzione il Presidente del Consiglio ritenga di delegargli. Era poi

70

Art 9 legge 23 agosto 1988 numero 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, si propone di dare una struttura a tutta l’

organizzazione del governo; con riferimento ai capi della legge: Capo I gli organi del

Governo; Capo II Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Provincie autonome; Capo III Potestà Normativa del Governo; Capo IV Organizzazione amministrativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e riordino di talune funzioni; Capo V Personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri; Capo VI Norme transitorie e finali.

71

Mosca C., Gambacurta S., Scandone G., Valentini M., I Servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008.

72

Franchini, M., Il Sistema nazionale delle informazioni e l’Autorità delegata, in Giornale di diritto amministrativo, 2010.

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contenuta un’ elencazione delle materie che restavano nelle competenze esclusive del Presidente del Consiglio.

Si può osservare quindi come nei fatti la prassi applicativa della riforma del ’77 già si era dotata di strumenti per rendere al Premier più agevole il suo compito di “dominus” della funzione di informazioni per la sicurezza, ampliando molto oltre quelli che erano i limiti previsti dalla legge 801 del ’77 le facoltà delegabili ad un Sottosegretario di Stato, nella sua nomina a direttore generale del CESIS.

La riforma quindi va sostanzialmente a fotografare questa situazione che si era consolidata nella prassi già nella disciplina previgente, per rendere efficace il principio accentratore affermatosi in sede di dibattito Parlamentare, bilanciandolo con le esigenze di certezza e puntualità necessarie per la specifica e speciale funzione in questione. Lo strumento della delega si configura come particolarmente adatto a questo scopo, in quanto il delegante non perde la titolarità dei poteri ma ne concede solo il loro esercizio ad altro soggetto da lui scelto, mantenendo l’elemento della discrezionalità ed è sempre e comunque revocabile dal delegante; si può quindi affermare che la riforma altro non fa se non fotografare e disciplinare in modo più adatto e puntuale una tendenza già in atto, riportando il tutto sotto l’ ombrello legislativo, intervento quindi da considerare come positivo.

Importante sottolineare come la disciplina vada ad escludere qualsiasi possibilità per il Consiglio dei Ministri di esprimere pareri in merito alla delega, di norma necessario ai sensi art.9, comma 1 legge numero 400 del 1988, la legge intende ribadire ed affermare il ruolo monocratico e le finalità di accentramento nelle mani del Presidente del Consiglio, è solo questo soggetto che decide se e come concedere la delega, nel rispetto dei limiti imposti dalla Legge numero 124 del 200773.

Per quanto riguarda i limiti, bisogna individuarne uno in relazione al soggetto: il Presidente del Consiglio può delegare le sue funzioni ad un Sottosegretario di stato o Ministro senza portafogli, non tutti i soggetti posso essere destinatari della delega ma solo quelli già nominati, su proposta del Presidente del Consiglio, dal Presidente della Repubblica ministri senza portafogli o Sottosegretari74.

Altro limite espresso nella legge numero 124 del 2007 in relazione alla delega dell’esercizio di funzioni ad un Sottosegretario o ad un Ministro senza portafogli, riguarda l’esercizio delle funzioni delegabili:

73

Franchini, M., Il Sistema nazionale delle informazioni e l’Autorità delegata, in Giornale di diritto amministrativo, 2010.

74

Franchini, M., Il Sistema nazionale delle informazioni e l’Autorità delegata, in Giornale di diritto amministrativo, 2010.

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