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CAPITOLO SECONDO

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Academic year: 2021

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CAPITOLO SECONDO

IL DELITTO D’ONORE E LA SUA

EVOLUZIONE

SOMMARIO: 2.1. Introduzione. 2.2. Il delitto

d’onore nell’antichità. 2.3. L’evoluzione del

delitto d’onore in Italia. 2.4. La lunga battaglia

per l’abolizione dell’art. 587 c.p. 2.5. Il delitto

d’onore oggi. 2.6. I delitti d’onore e la violenza

domestica.

2.1

. INTRODUZIONE.

La nostra società è cambiata notevolmente. Nel corso dei secoli, le abitudini e le condizioni di vita, il progresso tecnologico, i diritti delle donne e le libertà hanno subìto un’evoluzione: ci sono state numerose riforme, soprattutto a partire dagli anni ’70 nell’ambito del diritto della famiglia; riforme riguardanti la posizione dei coniugi all’interno della

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sfera privata e i diritti della donna si sono notevolmente estesi ed ampliati. Questa è la situazione che, almeno apparentemente, tutti noi siamo capaci di scorgere.

In realtà, però, nonostante i traguardi che la società ha raggiunto, non possiamo confermare che tale evoluzione si sia realizzata anche all’interno di ogni nucleo familiare italiano, del nord, del centro o del sud. Pensiamo, ad esempio, ai molteplici abusi che il marito esercita ancora nei confronti della figlia o della moglie; alla possibilità o meno che viene data alla donna di poter lavorare e quindi di esercitare qualsiasi attività professionale; alla libertà della persona in generale.

Siamo circondati da fatti di cronaca riguardanti maltrattamenti, violenze e talvolta omicidi che, quotidianamente, occupano le pagine dei nostri giornali.

Possiamo riflettere sul motivo per cui tali maltrattamenti avvengono, se la donna si sia davvero emancipata o se è solo un’illusione, se esiste la tutela dei diritti della donna e se incida prepotentemente il fatto di poter appartenere ad una certa cultura. In particolar modo, a causa dei notevoli flussi migratori degli ultimi anni, l’Italia ha dovuto fare i conti con altre culture: è difficile conciliare l’ordinamento italiano con gli ordinamenti di altri paesi. È difficile conciliare non solo norme diverse, ma anche tradizioni, usi e costumi diversi.

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Negli ultimi anni, a causa dell’elevato numero di omicidi che si sono verificati nel nostro Paese all’interno di nuclei familiari sia italiani che stranieri, è “riemerso” il cosiddetto delitto d’onore.

2.2.

IL

DELITTO

D’ONORE

NELL’ANTICHITA’.

Il delitto d’onore ha una storia antichissima.

Già nell’antica Grecia secondo la legge di Dracone (621 a.C.) il marito tradito poteva punire l’adulterio. Tale legge distingueva gli omicidi in base al grado di responsabilità personale prevedendo due categorie di soggetti: da un lato coloro che avevano involontariamente commesso un omicidio, ai quali veniva inflitta la pena dell’esilio; dall’altro lato coloro che volontariamente avevano commesso un omicidio e che sarebbero stati condannati a morte dall’areopago. Dracone, attraverso questo decreto, poneva fine alle sanguinose vendette intrecciate dai parenti della vittima. Il reato era così riconosciuto da un apposito tribunale. L’unica eccezione riguardava i delitti d’onore. Infatti, in caso di illegittima

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relazione carnale della moglie, della figlia, della sorella o della concubina, al cittadino ateniese era consentito ucciderla se colta in flagranza.

Nell’orazione di Lisia “Per l’uccisione di Eratostene” troviamo l’esempio calzante della concezione del tempo: l’opera si realizza per la difesa di Eufileto, cittadino ateniese, che viene accusato di omicidio premeditato da parte dei parenti dell’ucciso, Eratostene. L’intento dello scrittore è quello di dimostrare la legittimità dell’omicidio in quanto delitto d’onore. Eufileto, infatti, avrebbe scoperto la relazione carnale illegittima della moglie con Eratostene. Al tempo, l’adulterio presentava aspetti riconducibili ad una logica sia risarcitoria sia vendicativa. La polis considerava l’adulterio un comportamento molto pericoloso e lesivo dei principi e dei valori su cui si basava la comunità1. Lisia, cerca di giustificare il comportamento di Eufileto contrapponendo due tipologie di persone: da un lato chi, utilizzando la violenza, si fa odiare dalla vittima e dall’altro chi, attraverso la seduzione, cade nella trappola dell’adulterio, disgregando la famiglia e i valori in cui aveva creduto fino a quel momento.

Nel mondo attico l’adulterio viene quindi concepito come forma di disonore e di ingiuria non soltanto nei

1 Cfr. Mario Fumagalli, Adulterio e omicidio a causa d’onore:

un’occhiata ai codici antichi e moderni,

http://studenti.liceobeccaria.it/2012/02/23/adulterio-e-omicidio-a-causa-d-onore-un-occhiata-ai-codici-antichi-e-moderni/, Ultima consultazione 25 Marzo 2013.

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confronti del marito, ma anche nei confronti della collettività. Il cittadino ateniese, che nella propria casa aveva poteri sovrani, poteva perciò uccidere l’adultero sorpreso in flagrante. Una situazione diversa si verificava quando l’adulterio si consumava fuori dalle mura domestiche: in questo caso il reato era considerato volontario. Nel caso in cui il marito avesse scoperto la relazione carnale all’interno delle mura domestiche, avrebbe avuto la possibilità di uccidere l’uomo oppure di costringerlo a pagare una multa a titolo di risarcimento del danno arrecato all’onore della famiglia.

La donna era sempre considerata un soggetto passivo e non poteva comunque difendersi dinanzi ad alcun tribunale.

Nel diritto romano poi la tutela dell’istituzione familiare veniva garantita anche attraverso la lex Julia de

adulteriis coercendis, approvata da Augusto nel 18 a.C. Tale legge prevedeva che la moglie infedele ed il complice venissero processati e nel caso in cui l’adulterio fosse accertato, entrambi erano soggetti alla pena della relegatio

in insulam2oppure della publicatio3. Il padre della donna, avrebbe potuto uccidere la coppia se colta in flagrante.

2 Era un allontanamento temporaneo del soggetto in un luogo isolato o

in un’isola. Il soggetto, in questo periodo, non avrebbe perso lo status di cittadino romano.

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Nell’antica Roma adulterio e stupro venivano qualificati in maniera diversa rispetto al mondo attico. Nel diritto ateniese l’adulterio veniva identificato come l’unione sessuale con donne libere all’interno dell’oikos e lo stupro come rapporto carnale al di fuori dell’oikos; nel diritto romano l’adulterio è il rapporto carnale della donna sposata con un altro uomo, e lo stupro il rapporto sessuale con una donna non sposata. Per il mondo attico la chiave di lettura ruota intorno all’oikos, ovvero l’abitazione; nel mondo romano l’elemento fondamentale è lo status della donna.

Nell’antica Roma l’accusa di adulterio veniva proposta dal marito o dal padre della donna. Nel caso fossero trascorsi sessanta giorni e il padre o il marito non avessero ancora formulato l’accusa, quest’ultima poteva essere realizzata anche da estranei.

La legge di Augusto tutelava in maniera piuttosto consistente il marito e la famiglia disonorati dall’adulterio: se il marito non accusava la moglie, sarebbe stato condannato di lenocinio a dimostrazione del fatto che l’adultera non poteva essere lasciata impunita.

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2.3.

L’EVOLUZIONE

DEL

DELITTO

D’ONORE IN ITALIA.

Il delitto d’onore in Italia è stato previsto dal Codice Penale Rocco, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 23 Novembre 1930 durante il fascismo, ed è rimasto in vigore fino agli anni ’80.

Per poterlo analizzare e contestualizzare dobbiamo innanzitutto interrogarci sul significato di “onore”.

Fin dai tempi più remoti, questo è stato considerato un elemento di grande importanza all’interno di una comunità che riguarda diversi aspetti della vita sociale come la sfera personale, familiare, professionale, civile o religiosa.

Tra i vari significati che ci vengono proposti da un dizionario, leggiamo: “l’onore inteso come integrità di

costumi, costante rispetto e pratica dei principi morali propri e della comunità”; “onore inteso come gloria, vanto e fama” 4.

Onore è quindi, sinonimo di reputazione e rispetto; tocca la dignità di cui un soggetto gode all’interno di una società.

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Rivestono particolare importanza due significati di “onore”. Il primo lo raffigura come comportamento posto in essere da un soggetto consapevole di voler aderire a valori e comportamenti legati a codici non scritti, che esprimono la cultura e la tradizione di una determinata società. L’altro significato riguarda la funzione e il ruolo che un soggetto ha all’interno di un gruppo.

L’onore è questione antichissima: nella remota aristocrazia era legato alla distinzione di classe. I ceti più bassi e più poveri non potevano ribellarsi ai ceti più alti: ricchezza, onore e gerarchia sociale non potevano essere messe in discussione. Quindi l’onore era legato al gruppo di appartenenza, al ceto.

La situazione è sicuramente cambiata nel corso dei secoli, tanto che nel mondo occidentale moderno, l’onore non è più stato identificato come un elemento riguardante un gruppo o un ceto, ma piuttosto come un elemento caratteristico dell’individuo, del singolo soggetto. La concezione di onore si è trasformata in stima o reputazione di cui un soggetto poteva avere all’interno del gruppo.

L’uomo ha da sempre dovuto fare i conti con il giudizio degli altri; vive in una comunità e fin dalla nascita i genitori cercano di trasmettere al figlio valori, usi e costumi caratteristici della loro cultura, spesso

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legata al luogo in cui si vive. Il fatto che qualcuno possa non rispettare regole o culture o usi e costumi propri della comunità in cui una persona nasce, fa sì che possa essere sottoposto al giudizio non solo del proprio nucleo familiare, ma di una comunità intera. La persona può essere semplicemente disonorata.

È per questo motivo che molto spesso, l’onore, viene identificato come un sentimento comunitario che deve necessariamente nutrirsi del giudizio altrui: l’uomo comunitario, particolarmente attento al decoro e al costume, necessita di proteggere se stesso e la sua famiglia da eventuali giudizi e cerca di mantenere viva la buona reputazione che gli altri hanno di lui e del nucleo familiare.

In passato, ad esempio, l’onore per la donna consisteva nel manifestare e dimostrare fedeltà verso il marito: spesso le donne indossavano cinture di castità come sorta di impedimento di eventuali rapporti extramatrimoniali. Inoltre era molto importante, che la donna, arrivasse al matrimonio vergine e pura.

Al contrario l’onore per l’uomo era raffigurato dalla forza, dal coraggio e dalla virilità. L’uomo doveva mantenere economicamente la moglie e i figli, doveva esigere rispetto da parte del proprio nucleo familiare affinché la comunità non potesse disonorarlo. Il disonore

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avrebbe recato un malessere nell’uomo sottoposto a giudizi e pregiudizi.

Attraverso questo excursus riusciamo a comprendere il motivo della nascita dei delitti d’onore: essere stato tradito nelle regole sociali, ferito, essere stato sottoposto al giudizio di estranei per atti o atteggiamenti che la moglie ha avuto (come ad esempio l’adulterio)5.

L’onorabilità sessuale, dai tempi più remoti, quindi, è stata il “biglietto da visita” della famiglia: il pensiero di cosa gli altri possano realmente pensare di noi, la paura dell’uomo di non poter essere all’altezza, di non saper probabilmente gestire e garantire una sicurezza economica e sociale alla propria donna. L’uomo deve tenere “immacolato” l’onore, deve cercare di mantenere un certo “ordine” all’interno della propria famiglia; la donna, dall’altra parte, deve saper rispettare le regole che il marito ha impartito all’interno della famiglia; deve esserci una sorta di reciprocità tra i doveri dell’uomo e della donna. La donna deve sapersi comportare all’interno della comunità per far sì che l’uomo e il nome della sua famiglia non vengano disonorati.

La donna è lo strumento intorno al quale ruota il delitto d’onore, considerata oggetto di proprietà dell’uomo. Nell’antica Roma la donna era di proprietà

5 Cfr. Rita Uggeri, “Il delitto d’onore e la sua storia abrogativa”,

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del padre, che poteva decidere quale sarebbe stato lo sposo adatto e idoneo per la figlia, che una volta sposata diventava proprietà del marito. La famiglia era lo specchio della società: se la moglie tradiva il marito, quest’ultimo poteva ucciderla senza dover subire un processo ma nel caso fosse stato l’uomo a tradire la moglie, questo sarebbe stato condannato non perché adultero ma in quanto aveva coinvolto la donna di un altro uomo. Il pater familias, quindi, poteva avere relazioni extraconiugali con schiave e libere. Alla moglie non era consentito. La sottomissione femminile è ancora attuale.

A partire dal codice penale Rocco, il delitto d’onore avveniva in particolari circostanze e il diritto veniva invocato dall’uomo nel momento in cui doveva “ripristinare” l’onore che la donna (in particolare, la moglie) gli aveva fatto perdere.

Il diritto per l’uomo si esercitava in riferimento all’art. 544 c.p., all’art. 587 c.p., art. 592 c.p. e all’art. 578 c.p.

L’art. 544 c.p. richiamava il matrimonio cosiddetto “riparatore” che si realizzava secondo due casistiche. In un primo caso, dal momento che lo stupro veniva identificato come un’offesa alla moralità pubblica e al costume della società, l’aguzzino sposava la sua vittima e la pena veniva automaticamente cancellata in quanto

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tutto tornava “dentro le righe”. La donna, naturalmente, veniva schiavizzata e costretta a sposare l’uomo che aveva abusato di lei. In un secondo caso, invece, il matrimonio riparatore si effettuava per la cosiddetta “fuitina”, ovvero un allontanamento volontario della coppia che desiderava sposarsi, contro il volere delle rispettive famiglie. L’art. 587 c.p. metteva in primo piano omicidi per lesioni per causa d’onore; l’art. 592 c.p. per abbandono del neonato per un motivo d’onore; infine l’art. 578 c.p. per infanticidio (casi d’onore nei quali la donna uccide il bambino appena nato).

Iniziamo l’analisi dell’articolo 587 c.p. che recita:

“ chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onore suo o della sua famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge,con la figlia o con la sorella”.

Innanzitutto la prima domanda che è opportuno porci è capire quando si integrasse l’ipotesi di cui all’articolo 587 c.p.. Da quanto possiamo dedurre dalle parole “…nell’atto in cui ne scopre la illegittima

relazione carnale e nello stato d’ira…”, il coniuge doveva trovarsi in una situazione certa e determinata:

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doveva, infatti, scoprire il coniuge adultero mentre aveva rapporti carnali e quindi sessuali con un’altra persona, risultarne adirato fino al punto di tentare di uccidere entrambi. La circostanza attenuante era che vi fosse, al momento del delitto, uno stato d’ira tanto grande da giustificare il fatto. Quindi, analizzato in questi termini, il delitto d’onore, era una vera “licenza ad uccidere”6.

Il secondo aspetto è cercare di definire meglio il “coniuge” che viene citato dall’articolo. Il termine coniuge, come sappiamo, è un termine generico e non fa distinzioni di sesso. In realtà l’ordinamento italiano non stabilisce una vera e propria equità tra uomo e donna. In passato, come ancora oggi, anche la donna poteva trovarsi nelle vesti dell’assassina: scoprire una relazione extraconiugale del marito e, presa dall’ira, ammazzare marito e amante. Sotto certi aspetti l’ordinamento italiano in casi rarissimi ha cercato di adottare lo stesso trattamento sanzionatorio anche nei confronti della donna ma questo non sempre è avvenuto7, proprio perché vigeva l’idea che uomo e donna non potessero essere posti su uno stesso piano. Proprio per questo motivo, pur non specificando all’interno dell’articolo 587 c.p. il sesso del coniuge, l’ordinamento ammetteva una pena minima solo ed esclusivamente per l’uomo.

6 Cfr. Rita Uggeri “Il delitto d’onore e la sua storia abrogativa”,

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Il terzo aspetto da prendere in considerazione è capire il significato dell’espressione “relazione carnale”. In merito all’articolo 587 c.p. la relazione carnale veniva identificata come una vera e propria relazione sessuale consenziente e consapevole dell’adultera. In questo caso specifico, infatti, non veniva invocato l’articolo riguardante il cosiddetto “matrimonio riparatore” in quanto si escludevano eventuali violenze e abusi nei confronti della donna. L’atto sessuale avveniva consensualmente8.

L’ultimo aspetto da puntualizzare riguarda l’ira, ovvero lo stato psicologico alterato al momento della scoperta del tradimento. Il coniuge che scopriva la relazione extraconiugale poteva decidere sulla vita e sulla morte del coniuge adultero e dell’amante. L’ira, che consiste nella reazione dell’uomo ad una mancanza di rispetto, ad un tradimento inflitto dalla propria donna. La concezione di “proprietà” della donna cui abbiamo brevemente accennato in riferimento al mondo antico romano, torna protagonista anche in questo ambito. La donna, proprietà indiscussa del marito, che tradisce e disonora la famiglia, può essere uccisa. Quindi, in caso di adulterio, l’uomo attraverso l’uccisione della moglie, cercava di ripristinare quello che la società considerava il bene più caro: l’onore e il decoro.

8Cfr. Stefania Scarale, Delitto d’onore,

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L’analisi del codice Rocco ci presenta anche altre sfaccettature dell’onore. In particolar modo, oltre all’articolo 587 c.p., esistevano anche gli articoli 522 e 544 c.p. che disciplinavano il ratto a scopo di matrimonio. In questo caso specifico, ad esempio, l’uomo decideva chi sposare e, per evitare eventuali rifiuti da parte del padre di famiglia della futura sposa, con il consenso dei genitori di lui, rapiva la ragazza e la teneva rinchiusa per un certo numero di giorni tanto da far pensare che fosse disonorata. Nell’arco di tempo in cui la ragazza rimaneva rinchiusa, l’uomo abusava di lei9. Aspettava quindi il momento giusto per riportarla a casa mettendo la famiglia di lei davanti a tre opzioni: dare in sposa la ragazza all’uomo che l’aveva rapita e che aveva abusato di lei; costringere la ragazza a suicidarsi; ammazzare colui che aveva indotto la ragazza a disonorare la famiglia10. In relazione all’articolo 522 c.p. il colpevole avrebbe dovuto scontare una pena detentiva da uno a tre anni; mentre l’articolo 544 c.p. non prevedeva alcuna pena nel caso in cui il rapinatore avesse preso in sposa la vittima.

Infine l’articolo 578 c.p. riguarda l’infanticidio. In questo caso si faceva riferimento a situazioni particolari nelle quali la donna, dopo aver subito violenze o maltrattamenti doveva prendere una decisione in merito

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al nascituro, prova del disonore. L’attenuante, in questo caso, veniva concessa solo se la donna veniva “sedotta e abbandonata” e quindi nei casi in cui la donna rimaneva incinta per rapporti carnali non consensuali. Nei casi in cui la donna non riusciva ad uccidere il piccolo, spesso lo abbandonava.

Per il codice Rocco il delitto d’onore quindi è costruito attorno allo scandalo pubblico (nella maggior parte delle ipotesi realizzato dalla donna) che può arrecare un danno all’immagine dell’uomo. Per questo motivo, ossia per cercare di restaurare l’onore perduto, i membri potevano intraprendere azioni non sempre legali nei confronti delle donne.

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2.4.

LA

LUNGA

BATTAGLIA

PER

L’ABOLIZIONE DELL’ART. 587 c.p.

Abolire l’articolo 587 c.p. è stata un’impresa piuttosto difficile.

Il 4 Gennaio 1966 il Ministro di Giustizia, Oronzo Reale, affermò di voler modificare il codice penale in riferimento all’articolo 587. Da un’intervista che lo stesso Ministro rilasciò al quotidiano La Stampa, le strade da poter intraprendere per perseguire questo obiettivo erano due: la prima consisteva nell’abolire l’articolo 587 c.p. e ricondurre il delitto d’onore alle attenuanti contenute nell’articolo 62 c.p.11 (in particolar

11 L’articolo 62 c.p. “Circostanze attenuanti comuni” recita:

“Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o

circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:

1) l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale; 2) l’aver agito in stato d’ira, determinato da un fatto ingiusto

altrui;

3) l’aver agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale o delinquente per tendenza;

4) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;

5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con la azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa; 6) l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno,

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modo ai numeri uno e due dell’articolo); la seconda consisteva nel non abolire l’articolo, limitandosi a modificare le pene, aumentandole e portandole da un minimo di nove anni ad un massimo di quindici anni12.

Nel primo caso, l’intento del Ministro sarebbe stato quello di infliggere al colpevole una pena uguale a quella posta per tutti gli altri omicidi; nel secondo caso, la fattispecie sarebbe rimasta, ma con un aumento della pena.

Conducendo un’analisi più approfondita, emerge che l’intento del Ministro non era però così drastico e netto come appariva: dal punto di vista legislativo non sarebbe cambiato molto in quanto, o in un modo o in un altro, all’interno del codice penale si sarebbe continuato a prevedere la fattispecie dei “delitti d’onore”.

L’idea di eliminare la fattispecie cominciò in seguito a diffondersi. I propositi del Ministro non sarebbero stati efficienti ed efficaci: infatti, il progetto realizzato da Oronzo Reale, non ebbe esito positivo.

Un secondo tentativo fu posto in essere dal Senato oltre dieci anni dopo. Il 14 Dicembre 1977; ma anche questa volta sorsero problemi alla Camera.

mediante le restituzioni; o l’essersi prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56 c.p., adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato”. 12 Il Codice penale Rocco, ricordiamo, sanzionava il delitto d’onore

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Dopo la legge sul divorzio13, la riforma del diritto di famiglia e la legge sull’aborto14, l’intera società italiana e, in particolar modo le donne, attendevano con ansia la riforma del codice penale riguardante il delitto d’onore.

Il 15 Maggio 1980 il Senato la approvò su proposta di Carla Ravaioli, abrogando l’articolo 587 c.p. unitamente agli articoli 544 e 592 c.p.

Il 23 Luglio 1981 la legge viene approvata dalla Commissione Giustizia del Senato e il 5 Agosto 1981, attraverso l’approvazione finale, l’Italia abroga con la legge 442 i delitti commessi per causa d’onore.

All’epoca questa legge rappresentò un vero e proprio traguardo per la dignità della figura femminile, finalmente separata da quella dell’uomo; fu una sorta di “ciliegina sulla torta” dopo la serie di riforme ed evoluzioni che si erano realizzate in materia a partire dagli anni ’70.

Prima di allora era difficile parlare di parità tra uomo e donna e di reale uguaglianza tra i sessi. La Costituzione esisteva già ma le donne continuavano a vivere in uno stato di inferiorità rispetto all’uomo, particolarmente nell’ambito familiare.

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, l’Assemblea Costituente aveva introdotto i valori costitutivi dello Stato con l’intento di creare una società

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basata su principi democratici, sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica e sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. Il principio di eguaglianza è un principio fondamentale, disciplinato all’articolo 315; in relazione al quale possiamo dichiarare che non esistono differenze e distinzioni tra uomo/donna, ricchezza e povertà. Gli uomini, intesi come individui, sono tutti uguali dinanzi alla legge. È necessario però approfondire che cosa si intende per uguaglianza.

L’articolo 3 della Costituzione, pone l’uguaglianza da un punto di vista “formale”: lo Stato non può emanare provvedimenti o norme discriminatorie, ovvero che non rispondano correttamente agli elementi sopra elencati (razza, lingua, religione ecc..). In particolar modo, in riferimento alla sfera femminile, lo Stato sottolineava ancora di più il fatto che la donna dovesse avere gli stessi trattamenti dell’uomo: avere la stessa retribuzione per una mansione lavorativa equivalente a quella di un uomo; poter prendere decisione e non sottostare al marito; avere diritto di voto.

15 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine

economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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Al secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, invece, l’uguaglianza a cui si fa riferimento è di tipo “sostanziale”: lo Stato deve eliminare le situazioni che possano offendere la pari dignità dei cittadini e sostenere, invece, situazioni che possono tutelare la persona.

Attraverso l’articolo 3 della Costituzione, la figura della donna cambia notevolmente e assume un connotato diverso: le donne, da sempre, erano stato oggetto di discriminazioni giuridiche; ad esempio, non potevano votare, non potevano svolgere funzioni come quella di magistrato in quanto ritenute “psicologicamente” inadatte, non potevano avere la stessa retribuzione di un uomo in relazione ad un’uguale mansione. Le donne durante il fascismo erano discriminate: erano semplicemente madri e mogli, “generavano figli per la patria”, soldati da mandare in guerra16.

Dopo il fascismo e, in particolare con l’introduzione della Costituzione, la situazione cambia: c’è voglia di libertà, di cambiamento e di trasformazione. La donna non è solo madre, moglie e figlia: la donna è una persona e tutto ciò che viene realizzato sul suo corpo, sulla sua persona, tocca la sua dignità di donna17.

16 Cfr. Sara Noticelli, Sì, la Costituzione riconosce tutti i diritti delle donne, Rivista Donne e società, 21 Febbraio 2010.

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La donna ricerca la libertà, una libertà che magari non piace a padri e mariti; la donna vuole costruirsi un destino, un futuro, un lavoro; vuole gestire il “suo” corpo e non vuole essere gestita. Tale libertà significa poter orientare il proprio corpo e poter essere indipendente, poter prendere decisioni senza il consenso del padre o del marito. Il corpo era ed è della donna e soltanto la donna poteva decidere su se stessa: lavorare come gli uomini, avere il loro stesso coraggio, assumere funzioni importanti nell’ambito lavorativo.

Purtroppo, nonostante l’articolo 3 della Costituzione, in Italia la situazione risultava essere ancora difficile per la presenza del vecchio diritto di famiglia il quale stabiliva che la ragazza era di proprietà del padre o del fratello o del marito. Vi era, dunque, all’epoca questo contrasto tra volontà della donna di potersi emancipare e, quindi, chiedere la parità di diritti e, dall’altra parte, non riuscire a “scavalcare” quel potere rigido posto nelle mani del capo famiglia, potere dal quale la donna sembrava non potersi ribellare.

In merito a ciò, la Costituzione, all’articolo 29 afferma: “La Repubblica riconosce i diritti della

famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità famigliare”.

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La Repubblica, quindi, riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, basata sulla necessità di pari dignità dei coniugi, implicando condotte che non siano discriminatorie e umilianti nei confronti della persona. Ciò nonostante, nei primi venti anni, tale principio non fu preso molto in considerazione; l’idea che continuava a prevalere era quella di una vera e propria disuguaglianza nel rapporto tra i coniugi; il capo famiglia si trovava in una posizione di superiorità rispetto alle figlie e alla moglie e questo non permetteva alcuna libertà della donna all’interno del nucleo familiare.

Soltanto con gli anni ’70 la situazione cominciò a cambiare, soprattutto grazie alla riforma del diritto di famiglia del 1975.

Il nuovo diritto di famiglia prefigurava un nuovo modello di famiglia e di società: non parliamo più di capo famiglia, ma semplicemente di marito; con il matrimonio, sia la moglie che il marito vengono posti su uno stesso piano; si acquisiscono gli stessi diritti e doveri ed ogni membro della famiglia deve soddisfarsi da un punto di vista lavorativo, professionale ed economico.

Non esistono discriminazioni, non esistono sottomissioni. Non è più soltanto compito della donna educare i figli: entrambi i coniugi devono prendersi cura

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della prole, educarla; devono “coabitare, collaborare e contribuire ai bisogni della famiglia”. Pian piano viene meno il modello di famiglia autoritario; anche il ruolo della donna cambia e, di conseguenze quello dell’uomo deve adattarsi all’idea di società e cultura più aperta e rispettosa.

Tuttavia, nonostante queste riforme, le statistiche degli anni ‘70 confermano il fatto che nel nucleo familiare, nella sfera privata, la donna continua a vivere in una condizione di subalternità: i dati ISTAT rivelano un numero considerevole di “omicidi d’onore” avvenuti in quegli anni ventuno nel 1970 e diciotto nel 1971; quattordici nel 1972, dieci nel 1973, diciannove nel 1974, ventotto nel 1976 fino ad arrivare negli anni ’80 a ben settantotto omicidi per causa d’onore18.

Queste statistiche dimostrano che c’era una vera e propria contraddizione nella libertà: se da una parte la donna italiana aveva ottenuto il diritto di voto, poteva decidere autonomamente, riusciva a realizzare le prime conquiste in ambito lavorativo, poteva divorziare e abortire; in alcuni casi nella sfera privata (ma anche nella sfera pubblica dal momento che la legge sul delitto d’onore è del 1981), la donna continuava ad essere di “proprietà” dell’uomo. L’onore maschile costituisce ancora oggi un elemento significativo per alcune

18 Cfr. Rita Uggeri, Il delitto d’onore e la sua storia abrogativa,

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famiglie italiane e, nonostante il miglioramento complessivo della condizione della donna, questa continua ad avere paura19, come dimostrano le cronache relative agli accennati casi di femminicidio.

L’unica possibilità era intervenire e riformare le disposizioni del Codice Rocco in materia di delitti d’onore in quanto tali disposizioni erano semplicemente espressione di un modello femminile appartenente al mondo arcaico.

L’Italia abrogò i delitti d’onore nel 1981 con la legge n. 442.

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http://www.levocianti.it/wp-2.5. IL DELITTO D’ONORE OGGI.

Negli ultimi anni il delitto d’onore è riemerso. Hina Saleem è l’esempio calzante di una ragazza che viene uccisa dal padre in nome dell’onore. Oltre ad Hina esistono altre donne immigrate e che si sono ritrovate “prigioniere” della cultura, di usi e tradizioni del paese di origine.

Probabilmente, l’onore ha subìto nel corso negli anni una vera e propria evoluzione.

L’excursus effettuato, mostra che il delitto d’onore nel corso dei secoli è cambiato: dall’antico mondo attico, all’antica Roma fino ad arrivare al codice Rocco del 1942. L’Italia ha dovuto combattere a lungo tra due realtà contrastanti: da una parte la continua persistenza del delitto d’onore all’interno del codice penale e, dall’altra parte, una lenta evoluzione del ruolo della donna attraverso il riconoscimento di tutta una serie di diritti che fino a quel momento risultavano latenti.

Nonostante nel 1981 il delitto d’onore sia stato abrogato, giuristi e studiosi si sono chiesti quale sia stata la trasformazione e l’evoluzione del delitto d’onore da allora fino ai giorni nostri.

Il delitto d’onore esiste ancora. Si manifesta in maniera diversa da come si manifestava precedentemente, ma è ancora presente in Italia e nel resto del mondo.

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Prima del 1981, questa figura di reato faceva emergere la forte disuguaglianza tra genere maschile e femminile: da una parte il gruppo degli uomini e, quindi, padri, fratelli, mariti ecc.. che ricattavano, insultavano, picchiavano, stupravano e uccidevano le donne; dall’altra parte il gruppo delle donne, madri, figlie che attraverso tutta una serie di comportamenti erano oggetto di disonore per la famiglia.

Lama Abu-Odeh20 ha analizzato il delitto d’onore nel sistema penale occidentale e nel sistema penale orientale. Questi due sistemi, messi a confronto, non risultano essere diversi tra loro. Infatti, Abu-Odeh sottolinea che in Occidentale l’elemento intorno al quale ruota il sistema culturale e legislativo è la “passione”; mentre in Oriente parliamo ancora di “onore”.

Questi due elementi, apparentemente diversi, sono molto contigui. L’“onore” in Oriente, corrisponde nella sostanza alla “passione” in Occidente21.

In Occidente, infatti, grazie ad una lenta evoluzione sia legislativa che culturale, è avvenuto un passaggio fondamentale: se prima, fino agli anni ’80 si parlava di violenze in nome dell’onore, oggi è possibile far riferimento a tutta una serie di violenze familiari che avvengono per motivi passionali. La parola chiave è “delitto passionale”.

20 È una studiosa e professoressa alla Georgetown University Law

Center e al centro universitario degli studi arabi e moderni.

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Quotidianamente, sia in Italia che in Europa, si verificano fatti di cronaca che vedono come protagoniste donne uccise o violentate per gelosia: è da molti anni, infatti, che la gelosia viene utilizzata come mezzo di giustificazione da parte dei colpevoli e, quindi, riconosciuta come attenuante in molti tribunali. Ancora oggi è possibile parlare di una discriminazione tra uomo e donna in quanto l’attenuante della gelosia, utilizzata e riconosciuta all’interno dei tribunali ha una valenza maggiore per gli uomini rispetto alle donne22.

Studiando l’elemento dell’onore è possibile distinguere due categorie di uomini: da una parte quelli che aggrediscono madri, figlie e sorelle (e tali atteggiamenti non sono ben visti dalla società, soprattutto se compiuti da uomini di origine extra-europea23); dall’altra parte uomini che aggrediscono mogli o ex fidanzate in quanto disperati o psichicamente disturbati. Da qualche anno molti studiosi hanno soprannominato queste uccisioni e aggressioni come femicidi24.

In realtà, tali omicidi vengono identificati come la forma più estrema di violenze che vengono realizzate dai familiari sulla vittima. La vittima attraverso una serie di umiliazioni, violenze e insulti pubblici, si sente “portatrice

22Cfr. Giulia Garofalo, op. cit.

23 Gli uomini di origine extra-europea che violentano, uccidono e

maltrattano le donne in famiglia, vengono soprannominati “mostri musulmani”.

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di disonore” sia all’interno della famiglia sia all’interno della comunità nella quale vive.

Le violenze intra-familiari vengono denunciate poche volte: i media, secondo alcuni, risultano essere la fonte maggiormente utilizzata per conoscere e approfondire aspetti e realtà riguardanti violenze in nome dell’onore. Le ricerche che sono state realizzate dai media, negli ultimi anni, hanno segnalato che le violenze riguardanti donne e ragazze, vengono strettamente intersecate con la sfera dell’onore. Tale onore non è solo sociale e sessuale ma, in alcune circostanze (per esempio in Pakistan) è collegato al fenomeno economico. È il caso, ad esempio, della donna che decide di lavorare fuori casa o di studiare in una città diversa da quella di origine contro il volere della famiglia.

Nella sostanza, il concetto di onore può cambiare in relazione al tipo di realtà e di contesto in cui ci troviamo, al tipo di famiglia e di cultura.

Così il concetto di onore ha cominciato ad assumere connotati diversi e questo è uno dei motivi per cui molti studiosi hanno collocato tali violenze nella categoria del femminicidio25.

Una psicologa americana, Phyllis Chesler, ha mostrato che, tra il 1989 e il 2009, ci sono state ottantasette vittime in Occidente e centotrenta nel Terzo mondo e che circa l’84% dei delitti commessi in Occidente, sono opera di

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islamici. In realtà, il Ministro egiziano Moushira al – Khattab ha affermato che la questione inerente i delitti d’onore, non può essere generalizzata a tutti gli islamici perché riguarda soltanto alcuni di essi. Gli islamici radicali, ad esempio, affermano che i delitti d’onore non appartengono all’islam.

Dopo una serie di delitti d’onore avvenuti in Gran Bretagna, il Muslim Council of Britain, ha affermato: “Lasciateci considerare l’esempio di un uomo islamico a cui è stato dato il carcere a vita per aver tagliato la gola di sua figlia in un “Delitto d’Onore” dopo che lei ha iniziato a frequentare un cristiano. Questa è una storia tragica di differenze inconciliabili tra un padre che aveva un’educazione, dei valori islamici tradizionali, e una figlia che aveva una vita culturale non islamica. Ma un devoto islamico che comprende la sua religione correttamente non prenderebbe mai un’altra vita. In realtà simili tragedie non hanno niente a che vedere con la vera fede”26. Tale documento mostra che gli omicidi in nome dell’onore possono avvenire per malintesi e sono legati all’ignoranza e al non – rispetto della morale e delle leggi. L’uomo agisce perché disonorato dai comportamenti della donna che decide di abbandonare i principi islamici, di sposare un cristiano e di avere un’indipendenza economica. La donna islamica sembra non avere libertà di scelta. Alcune

26 Valentina Colombo, Islam e delitti d’onore, in www.lisistata.com ,

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organizzazioni per la difesa degli islamici sostengono che i delitti d’onore non siano connessi all’Islam o ai musulmani in generale: tali delitti avvengono in ogni parte del mondo e possono essere commessi anche da non musulmani. Infatti, nella rivista American Muslim, Sheila Musaji27 ha scritto che “i delitti d’onore non sono solo un problema musulmano”28.

Il numero dei delitti d’onore è aumentato molto: nel 2000, le Nazioni Unite, hanno stimato che ogni anno avvengono cinquemila delitti d’onore. Tra il 2002 e il 2004, le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione per “dar fine ai delitti d’onore e ad altri crimini collegati all’onore”. Infatti, nel 2004, alcuni legislatori britannici hanno deciso di riaprire vecchi casi per identificare se realmente potessero essere qualificati come “delitti d’onore” o no29. Nel 2007, nella provincia di Punjab in Pakistan, ci sono stati milleduecentosessantuno omicidi d’onore30.

Il delitto d’onore è un fenomeno globale che ritroviamo in Italia, nel Regno unito, in Germania, in Francia, in India, in Pakistan, ed in molti paesi del medio oriente e dell’Africa. Alcuni giuristi in merito ad

27 Sheila Musaji è autrice di molti articoli e, in particolare, è direttrice

della rivista trimestrale American Muslim.

28 Phyllis Chesler, Delitti d’onore sono semplicemente violenza domestica?, in Middle East Quarterly, Primavera 2009, p. 62.

29 Cfr. Phyllis Chesler, La tendenza mondiale dei delitti d’onore, in Middle East Quarterly, Primavera 2010.

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innumerevoli omicidi avvenuti in nome dell’onore nei paesi islamici, si sono domandati come questo tipo di reato sia sanzionato e come venga disciplinato dal codice penale. Il Presidente siriano Bashar al–Assad, il 1 Luglio 2009, ha abolito l’articolo 548 del codice penale: tale articolo aboliva la punizione per un uomo che avesse ucciso un membro femminile della famiglia in una situazione provocata da “atti illegittimi”; lo stesso avveniva nei confronti di un marito che avesse ucciso sua moglie a causa di adulterio. Il nuovo articolo 548 afferma: “Colui che trova sua moglie, sua sorella, sua madre o sua figlia di sorpresa, ingaggiata in un atto sessuale illecito e la uccide o la ferisce senza intenzione, deve svolgere almeno due anni di prigione”. Dal 2009, quindi, la pena corrisponde a due anni di prigione; precedentemente, questo non accadeva e il killer beneficiava di completa esenzione dalla pena31. Tale articolo sembra, infatti, dimostrare che il problema non sia generalizzato all’islam e alla religione, quanto alle donne. Infatti, il parlamentare inglese John Austin avverte che “l’uccisione di donne da parte dei membri della famiglia per proteggere il loro ‘onore’ è più esteso in Europa di quanto si pensi” e che le famiglie uccidono figlie o donne che si rifiutano di coprire i loro capelli, i loro volti,

31 Cfr. Valentina Colombo, Islam e delitti d’onore, www.lisistrata.com ,

(33)

il loro corpo e che hanno un’inclinazione a vestire in modo occidentale, a frequentare amici cristiani, bere e fumare32.

2.6. DELITTI D’ONORE E LA VIOLENZA

DOMESTICA.

Una distinzione che è opportuno effettuare riguarda i delitti d’onore e le violenze domestiche. Unni Wikan, un antropologo sociale docente presso l’Università di Oslo, ha affermato che il delitto d’onore è “un omicidio effettuato da una commissione della famiglia allargata, allo scopo di ripristinare l’onore dopo che la famiglia è stata disonorata”33.

La violenza domestica viene identificata invece come un comportamento realizzato da uno o entrambi i compagni in una relazione intima di coppia, quale ad esempio il matrimonio o la coabitazione.

32 Cfr. Giulio Meotti, Hina e le altre ragazze uccise in nome della Sharia. Boom di delitti d’onore, articolo in Il foglio.it,

http://www.ilfoglio.it/soloqui/3354.

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Quindi, benché in Occidente, gli islamisti e i gruppi femministi continuino ad affermare che i delitti d’onore sono una forma di violenza domestica “stile occidentale”, in realtà non è così.

Un’analisi piuttosto approfondita condotta dalla scrittrice Phyllis Chesler ha mostrato una serie di caratteristiche proprie del delitto d’onore e della violenza domestica.

Le due categorie di reato si differenziano per alcuni elementi.

Innanzitutto, la violenza domestica viene commessa da uomini di ogni fede e generalmente verso donne adulte. Nasce all’interno di un rapporto di coppia: tale reato viene, di solito, commesso da mariti adulti nei confronti di mogli adulte o compagne intime. Il killer, a differenza di quello che accade nel delitto d’onore, non parla mai di “onore”: le cause che portano il marito o il compagno ad abusare della moglie e infine ad ucciderla riguardano elementi futili, come ad esempio il fatto di non aver cucinato bene, oppure di sospettare un eventuale tradimento, di aver denunciato le violenze all’autorità e quindi di aver chiesto semplicemente aiuto. L’omicida non è un eroe ma è semplicemente un criminale: viene identificato come “sociopatico” o mentalmente malato34.

34 Cfr. Phyllis Chesler, Delitto d’onore verso violenza domestica, in

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Dall’altra parte, la studiosa si sofferma sui delitti d’onore.

I delitti d’onore sono aumentati in modo esponenziale tra il 1989 e 2009. Le vittime sono prevalentemente ragazze giovani la cui età media equivale ai ventitré anni. Tale statistica si riscontra in tutte le regioni geografiche. Lo studio elaborato da Phyllis Chesler ha evidenziato che tali delitti sono commessi principalmente da islamici nei confronti di ragazze molto giovani (figlie o sorelle) islamiche. I killer sono principalmente i padri che decidono di pianificare in modo piuttosto accurato il delitto. A differenza, infatti della violenza domestica nella quale l’omicida non pianifica e non organizza l’evento, in questo caso il padre, con la collaborazione della famiglia, decide le modalità e i tempi in cui poter uccidere la vittima. Sono coinvolti tutti i membri della famiglia in quanto subiscono l’autoritarismo del capo famiglia: maschi, cugini, zii, nonni, moglie, sorelle e fratelli sono complici dell’uccisione della vittima35.

Il delitto d’onore si realizza in quanto la giovane donna ha disonorato la famiglia, il padre o la sua comunità: a livello mondiale il 58% delle vittime vengono uccise perché troppo occidentali o perché non hanno rispettato la cultura di origine e le tradizioni36. Le infrazioni poste in

35 Cfr. Phyllis Chesler, op. cit.

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essere dalle figlie costituiscono, infatti, la più grande umiliazione per la famiglia e per la comunità. Le donne risultano essere troppo indipendenti, autonome, desiderano un’educazione e una carriera avanzate e vogliono sposare uomini non-islamici. Si rifiutano di sposare cugini e di indossare veli islamici tradizionali.

Almeno la metà dei casi di delitti d’onore è compiuta con ferocia barbarica: le vittime sono state torturate e non sono morte istantaneamente ma per agonia. La vittima spesso viene stuprata, bruciata viva, lapidata o picchiata a morte, soffocata lentamente, pugnalata più volte, sgozzata. Il killer, a differenza della violenza domestica, non mostra rimorso: si considera, in questo caso, una vittima in quanto, uccidendo la donna, ha difeso la sua famiglia dai comportamenti non consoni della ragazza; ha cercato, quindi, di ripristinare l’onore della famiglia e della comunità37.

È difficile recuperare statistiche chiare e precise in quanto la natura dei delitti d’onore è prevalentemente privatistica. Nonostante ciò, nel 2000, il Fondo delle Nazioni Unite ha stimato che ben cinquemila donne, ogni anno in tutto il mondo, vengono uccise “in concerto” da fratelli, zii, cugini, padri e parenti38.

37 Cfr. Phyllis Chesler, Delitto d’onore verso violenza domestica, in

www.trankyouoriana.it , 29 Maggio 2009.

38Cfr. Cannella Stillwell, Delitti d’onore: quando l’antico e il moderno si

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