42
MATERIALI E METODI
43
2.1
Coltura di cellule staminali
Le cellule staminali possono essere coltivate in laboratorio e mantenute indifferenziate per lunghi periodi di tempo. Crescono su diversi tipi di supporti, dalle piastre Petri in plastica alle superfici in vetro dei vetrini portaoggetti. L’adesione al substrato viene resa più facile dalla presenza di uno strato di gelatina sulla superficie (coating), ottenuto mediante incubazione delle
piaste a 37°C per 5 minuti con 2 ml di gelatina 0,1% diluita in PBS 1x (Phospate Buffered Solution, Oxoid). Il coating media il contatto delle cellule alla superficie in quanto le integrine di membrana possono legarsi con la porzione proteica della gelatina. Essa infatti viene prodotta denaturando estratti di collagene, componente principale della matrice extracellulare in vivo, mimando quindi l’ambiente extracellulare che si ritrova in un tessuto reale. Per mantenere lo stato indifferenziato e impedire loro di intraprendere la via della senescenza cellulare, è necessario che vengano coltivate in presenza di fattori di crescita capaci di conservare la staminalità, come ad esempio il LIF. Il tasso di crescita di queste cellule è molto elevato e possono raggiungere la confluenza in pochi giorni. Per questo motivo vengono controllate giornalmente e se la popolazione cellulare ha colonizzato oltre l’80% della superficie disponibile (confluenza 80%) si procede con lo “splitting”, processo nel quale si provvede a separare le cellule dal substrato con la tripsina, e poi a ripiastrarle a concentrazione cellulare minore, ovvero vengono seminate 4x104 cellule/cm2.
PBS 1x Conc. H2O NaCl 130 mM KCl 2,7 mM Na2HPO4 8 mM KH2PO4 1,4 mM
44 Il mezzo in cui le staminali crescono, Embrionic Stem cells Medium (ES medium, composizione riportata nella Tabella 2.2), viene velocemente consumato (gli indicatori del mezzo virano dal rosa al giallo a causa di una acidificazione della soluzione dovuta al metabolismo cellulare), per cui deve essere giornalmente sostituito. Per le cellule coltivate in piastre P100 sono sufficienti 8/10 ml di ES Medium.
La temperatura di incubazione viene mantenuta costante a 37°C. Inoltre per evitare l’aumento del pH dei mezzi, la pCO2 dell’aria viene mantenuta anch’essa costante al 5%.
2.1.1 Tripsinizzazione
La tripsinizzazione è un processo attraverso il quale è possibile dissociare le cellule dal substrato di coltivazione. La trispina è una serina-proteasi che viene utilizzata per degradare le integrine di membrana che mantengono ancorate le cellule al coating delle piastre. Il siero contenuto in alcuni terreni di coltura inibisce l’attività dell’enzima ed è quindi necessario allontanarlo dalle cellule prima dell’applicazione della tripsina: per questo motivo si aspira via il mezzo presente e si effettua un lavaggio in Versene preriscaldato a 37°C. Il Versene è una soluzione tampone isotonica commerciale contenente EDTA, il quale chela i cationi Mg2+/Ca2+ che sono necessari al corretto funzionamento di numerose proteine di adesione di membrana. Per le cellule coltivate in
ES Medium Conc.
Glasgow Minimum Essential Medium (GMEM)
Fetal Calf Serum 10%
L-Glutammina 2 mM
Sodio Piruvato 1 mM
Aminoacidi Non Essenziali 1 mM
Penicillina-Streptomicina 100 U/ml
β-mercaptoetanolo 0,05 mM
Leukemia Inhibitory Factor (LIF) 1000 U/ml Tabella 2.2 - Composizione del mezzo di coltura delle cellule staminali.
45 P100 sono sufficienti 6 ml. Dopo il lavaggio il Versene viene rimosso e le cellule vengono ricoperte con 5 ml di soluzione contenente tripsina diluita allo 0,025% in Versene, preventivamente riscaldata nel bagnetto termostatico a 37°C. Si lascia agire per 5 minuti a 37°C, dopo di che si inattiva con circa 7-8 ml di FCS 10%. Si può verificare il corretto funzionamento della tripsina osservando la piastra e facendo muovere la soluzione al suo interno. Se le cellule si sono distaccate si possono vedere oscillare insieme al loro mezzo. Spipettando con la pasteur si possono separare le cellule le une dalle altre e favorire il distacco di quelle ancora adese. Adesso è possibile prelevare un’aliquota della sospensione per la conta delle cellule (vedi oltre), mentre le rimanenti vengono messe in una falcon e centrifugate a 1200 rpm per 5 minuti. Durante i miei esperimenti ho usato una centrifuga ALC modello PK130R. Formato il pellet si allontana il sovranatante e le cellule vengono risospese in ES medium. Per le piastre Petri P100 circa 8-10 ml sono sufficienti ed ottimali per la crescita di 2,5x106 di cellule, per le P60 invece è preferibile raccogliere 1,3x106 contenute in 3 ml di mezzo. La semina viene fatta goccia a goccia su tutta la superficie a disposizione e successivamente le cellule vengono uniformate con un movimento “a croce” della piastra.
Per la conta cellulare in camera di Bürker si caricano 10-20 µl della sospensione cellulare in uno spazio di 0,1 mm interposto tra il vetrino della camera di Bürker ed il supporto di vetro sottostante. Le cellule andranno a distribuirsi, per capillarità, all’interno di un reticolato di area totale 1 mm2, inciso sulla camera. Si contano quindi le cellule contenute all’interno dei 3 quadranti lungo la diagonale del reticolato (vedi Figura 2.1) e si fa la media dei 3
FCS Conc.
Dulbecco’s Minimum Essential Medium (DMEM)
Penicillina-Streptomicina 200U/ml
Fetal Calf Serum 100% 10%
Tabella 2.3 - Composizione del mezzo di inattivazione della tripsina.
Figura 2.1 - Camera di Bürker. I riquadri
gialli rappresentano le tre aree in cui vengono contate le cellule. La disposizione in diagonale garantisce una adeguata stima della distribuzione delle cellule lungo tutta
46 valori. Tenendo in considerazione che le cellule si trovano in un volume di 0,1 mm3, si moltiplica per 104 così da calcolare quante cellule sono presenti in ogni ml della sospensione. Per ottenere in numero totale di cellule basta quindi moltiplicare per gli ml totali in cui è stata risospesa la coltura cellulare.
2.1.2 Congelamento e scongelamento delle cellule
Lo stoccaggio di cellule nel lungo periodo avviene in azoto liquido, che le mantiene ad una temperatura di -196°C. Per permettere la sopravvivenza di cellule e tessuti a queste temperature estreme è necessario l’utilizzo di un crioprotettore, come il dimetilsolfossido (DMSO) utilizzato al 10%. Questa molecola riesce ad attraversare le membrane citoplasmatiche ed impedisce la formazione di cristalli di ghiaccio che potrebbero danneggiare le cellule. La molecola è però tossica per il metabolismo cellulare ed è quindi necessario mantenere le cellule nella freezing solution (ES Medium addizionato con DMSO al 10%) per il minor tempo possibile.
Per prima cosa è necessario tripsinizzare le colture ed inattivare la tripsina con il siero. Se ne preleva poi una aliquota che servirà per la conta. Le cellule vengono centrifugate a 1200 rpm per circa 5-6 minuti e nel frattempo è possibile contare l’aliquota prelevata con la camera di Bürker. Le cryovial contengono 1 ml di soluzione per cui si preparano mettendo 100 µl di DMSO in ognuna di esse. Ottenuto il pellet con la centrifuga si aspira il sovranatante e il pellet viene risospeso in un volume di ES Medium tale che contenga 5 milioni di cellule ogni 900 µl. Il numero di cellule è indicativo ma bisogna considerare che la mortalità durante lo scongelamento può arrivare al 50%, quindi si congelano circa il doppio delle cellule che vorremo piastrare. In ogni cryovial vengono aggiunti 900 µl della sospensione cellulare e la si ripone in un contenitore contenente ovatta. Il congelamento deve avvenire lentamente per evitare il più possibile la formazioni di cristalli, quindi si ripongono le fiale a -80°C overnight. L’ovatta serve per rallentare ulteriormente la velocità di abbassamento della temperatura. Il giorno seguente si mettono le cellule congelate nell’apposito contenitore da immersione in azoto liquido.
47 Le cellule così congelate possono poi essere riutilizzate successivamente ma, a differenza del congelamento, lo scongelamento deve essere rapido in quanto il DMSO 10% presente nella cryovial può essere tossico per la coltura. Le provette vengono messe a riscaldare nel bagnetto termostatico ad una temperatura di 37°C, facendo attenzione a lasciare un piccolo cristallo di ghiaccio all’interno, in questo modo si riducono i tempi in cui il DMSO 10% resta a contatto delle cellule metabolicamente attive. La sospensione di cellule viene prelevata con una pipetta pasteur e messa in 8-10 ml di GMEM caldo, facendo attenzione a sciogliere bene il cristallo di ghiaccio e a non lasciare mezzo nella provetta, infine si centrifuga come di consueto. Terminata la centrifuga il sovranatante contenente DMSO viene aspirato via e le cellule risospese nel loro mezzo di coltura finale. Durante la semina è consigliato distribuirle su tutta l’area a disposizione e prima di continuare con ulteriori manipolazioni è necessario lasciarle in coltura fino al giorno seguente.
48
2.2
Protocollo di induzione neurale
Le colture di cellule staminali embrionali sono state indotte al differenziamento neurale utilizzando il protocollo di differenziamento messo appunto dal dott. Bertacchi, riportato in Figura 2.2, durante i suoi studi sul ruolo della segnalazione di BMP nel differenziamento neuronale (Bertacchi, et al., 2013).
Il protocollo di differenziamento è composto di 3 fasi principali, della durata totale di 10 giorni, durante il quale le cellule vengono coltivate a 37°C, 5% di pCO2 ed in mezzo minimo chimicamente definito (chemically defined minimal medium, CDMM). I precursori neurali sono selezionati attraverso l’uso di substrati rivestiti di coating proteici selettivi per la linea neurale. La fase finale (step3) può essere estesa nel caso in cui si voglia far invecchiare la coltura e raggiungere il differenziamento di tipologie cellulare a comparsa più tardiva. Tuttavia prolungare eccessivamente il protocollo porta inevitabilmente la coltura a raggiungere la confluenza. Per questo motivo, durante i miei esperimenti sul ciclo cellulare, è stato necessario introdurre un ulteriore passaggio (step4) con lo scopo di diluire la coltura riducendo il numero di cellule presenti in ogni pozzetto.
Figura 2.2 - Protocollo di neuralizzazione. Esso è composto di 3 step della durata complessiva di 10 giorni. Le
cellule staminali vengono fatte differenziare nei 2 giorni dello step1 con la tecnica dei corpi embrioni. Durante lo step2 la coltura è arricchita di precursori neurali e si osserva la formazione delle prime rosette neurali. Durante lo
49 Il protocollo di base a 3 step è così suddiviso:
•
STEP 1
: la prima fase del protocollo ha durata complessiva di 2 giorni e prevede la formazione di corpi embrioidi (Figura 2.3).La coltura di cellule staminali viene tripsinizzata con lo stesso procedimento descritto nel capitolo Tripsinizzazione, le cellule vengono contate e risospese in DMEM/F12 preventivamente riscaldato in bagnetto termostatato a 37°C, così da lavare via ogni residuo di siero presente nella soluzione di inattivazione della tripsina. Si preleva un
volume della sospensione contenente 1,3 milioni di cellule, si raccolgono in una nuova falcon contenente 5-6 ml di DMEM/F12 e si ricentrifuga per 5 minuti a 1200 rpm. Si rimuove il sovranatante e si risospendono le cellule staminali in 3 ml di mezzo minimo CDMM addizionato con N2 (Invitrogen) e B27 (Invitrogen), infine si seminano su di una piastra P60 in cui è stato lasciato solidificare un sottile strato di gel di agarosio. La preparazione di queste piastre prevede la preparazione di una soluzione di agarosio nobile 1,3% in PBS 1x sterile (autoclavata), la quale viene fatta colare all’interno delle piastre in modo uniforme e lasciata raffreddare sotto cappa orizzontalmente; il giorno precedente al loro utilizzo si mettono 3 ml di DMEM/F12 nella piastra e si lascia condizionare O.N. (overnight). Poco prima della semina si rimuove il DMEM/F12 e si sostituisce con 1-2 ml di mezzo minimo di coltura N2B27.
La presenza dell’agarosio impedisce l’adesione delle cellule al fondo della piastra, mantenendole in sospensione. In queste condizioni esse tendono ad aggregarsi formando delle strutture sferiche galleggianti chiamate corpi embriodi (Embryoid
Bodies, EBs). All’interno dei corpi embrioidi le cellule si scambiano segnali di
contatto cellula-cellula e segnali molecolari solubili con azione autocrina e paracrina, sufficienti a indurre la formazione dei tre foglietti embrionali osservabili negli embrioni in vivo.
Figura 2.3 - Corpi Embrioidi.
Osservazione al microscopio ottico invertito al termine dello step1.
50 Il giorno seguente (giorno 2) si rimuove metà del volume di mezzo facendo attenzione a non aspirare anche gli EBs e si aggiungono 2 ml di mezzo fresco preriscaldato.
•
STEP 2
: lo step 2 inizia dal giorno 3 di coltura e dura un totale di 4 giorni (fino al giorno 6 del protocollo). I corpi embrioidi vengono raccolti con una pipetta e collocati in una falcon contenente 5ml di Versene caldo, si centrifugano 1 minuto a 1200 rpm per mandarli sul fondo, si aspira il versene esi procede con la tripsinizzazione
aggiungendo 6 ml di tripsina. Dopo la conta,
le cellule vengono lavate dal siero con DMEM/F12 e seminate in pozzetti di una piastra 24 wells per un totale di 1,5-1,8x105 cellule in 500 µl di mezzo a pozzetto, preventivamente rivestito con poliornitina (Sigma-Aldrich; 20 µ g/ml in acqua sterile, 2 ore a 37°C) e laminina di topo (Invitrogen; 5 µg/ml in PBS, 2 ore a 37°C). Il coating di poliornitina/laminina favorisce l’adesione solamente delle cellule neuroectodermiche, le altre resteranno in sospensione e andranno incontro ad apoptosi. Il mezzo di coltura viene giornalmente rimosso e sostituito con mezzo fresco adeguato.
Durante lo step 2 la coltura è ricca di precursori neurali disposti in strutture radiali chiamate rosette neurali. Durante questa finestra temporale (giorno 3 – giorno 6) è possibile applicare i trattamenti (vedi capitolo Risultati). Al fine di ridurre lo stress subito dalle cellule in seguito a tripsinizzazione, ogni trattamento è stato applicato sempre a partire dal secondo giorno dello step 2 (giorno 4 di coltura).
•
STEP 3
: questa fase inizia al giorno 7 di protocollo ed ha durata minima di 4 giorni. Le cellule dello step2 vengono tripsinizzate con 500 µl di tipsina e seminate in 500 µl di mezzo N2B27 in pozzetti di una piastra 24 wells rivestiti di poliorinitina/laminia, così come nello step precedente. In caso si voglia fare una marcatura dei campioni per immunocitochimica, il coating viene fatto su di un vetrino circolare adagiato sul fondo del pozzetto oppure direttamente in vetrini daFigura 2.4 - Rosette neurali. Osservazione
al microscopio ottico invertito al termine dello step2.
51 immunocitochimica Nunc Lab-Tek II Chamer Slide System (Thermo Scientific). Dal secondo giorno dello step3 (giorno 8 di protocollo) le cellule vengono coltivate in mezzo minimo N2 (stessa composizione chimica dell’N2B27 ma privo del supplemento B27), in modo da favorire il differenziamento terminale dei precursori in neuroni della corteccia. Lo step3 può essere esteso fino al giorno 18-20 di protocollo, tuttavia dal quinto giorno di step3 in poi, il mezzo utilizzato è nuovamente l’N2B27. È possibile eseguire una tripsinizzazione aggiuntiva durante lo step3 ed in questo caso le cellule devono essere riseminate a maggior concentrazione, 3x105 cellule a pozzetto, in quanto il numero di precursori ciclanti, con il passare del tempo, si riduce.
N2(B27) Conc.
Dulbecco’s Modified Eagle Medium/F12 (DMEM/F12)
L-Glutammina 2 mM
Sodio Piruvato 1 mM
Aminoacidi Non Essenziali 0,1 mM
Penicillina-Streptomicina 100 U/ml
β-mercaptoetanolo 0,05 mM
N2 1x
B27 (facoltativo) 1x
52
2.3
Estrazione di RNA
Per l’estrazione dell’RNA, i campioni vengono tripsinizzati come descritto precedentemente, raccolti e centrifugati per 5 minuti a 1200 rpm così da formare un pellet. Le cellule vengono lavate in PBS 1x (non è necessario risospendere), passaggio necessario per rimuovere i residui del mezzo di coltura. Il PBS di lavaggio viene aspirato via e i pellet possono essere congelati e conservati a -80°C oppure utilizzati immediatamente per la retrotrascrizione. È da tenere presente che in seguito a congelamento in assenza di agente crioprotettore, le cellule vengono pesantemente danneggiate e le RNAsi attive vengono liberate; questo potrebbe compromettere l’integrità degli mRNA che vogliamo estrarre e per questo motivo il pellet, in seguito a scongelamento, viene mantenuto in ghiaccio in attesa che tutto il necessario per l’estrazione sia pronto.
Nel mio tirocinio ho usato il kit NucleoSpin RNA II (Macherey-Nagel), il quale fornisce tutti i reagenti necessari per l’estrazione di pellet composti da un massimo di 5x106 cellule oppure di 30 mg di tessuto. Nel kit sono presenti delle colonnine centrifugabili in grado di legare specificatamente gli RNA presenti nei lisati cellulari, i quali vengono ottenuti mediante l’applicazione di uno specifico buffer di lisi fornito con il kit, addizionato con β-mercaptoetanolo, e successiva agitazione meccanica. Il protocollo prevede poi una serie di passaggi necessari a rimuovere i vari componenti cellulari e purificare gli RNA estratti da proteine, DNA genomico e sali. Il tutto si conclude con l’eluizione degli acidi ribonucleici legati alla colonnina in 40-60 µl di acqua RNAse-free. L’RNA si degrada velocemente e per questo motivo viene riposto immediatamente in ghiaccio durante i controlli successivi. Per controllare la purezza, l’estratto viene osservato per mezzo di uno spettrofotometro
NanoVue (GE Healthcare), il quale permette di verificare eventuali contaminazioni
proteiche, la quantità di sali rimasta nell’estratto e la concentrazione di RNA presente. Per la lettura sono sufficienti 2 µl di estratto senza necessità di diluirlo. Tenendo conto che gli RNA hanno un picco di assorbanza alla lunghezza d’onda di 260 nm, le proteine hanno picco a 280 nm ed i sali assorbono soprattutto a 230 nm, è possibile valutare la purezza dai rapporti di assorbanza forniti dallo strumento. Un rapporto 260/280>1,8 è solitamente considerato buono, così come un rapporto 260/230>2, tuttavia se il valore assoluto di
53 assorbanza a 260 è inferiore a 0,05 i parametri non sono affidabili. Generalmente il kit permette di isolare 15-30 µg di RNA per campione.
Il controllo dell’integrità degli mRNA viene fatto mediante corsa elettroforetica in gel di agarosio 1,3% in 50 ml di buffer Tris-Borato EDTA 0,5% (TBE). Un campione con buona integrità mostrerà due bande nitide corrispondenti rispettivamente agli rRNA 18S e 23S, una leggera banda corrispondente al precursore dell’ rRNA 23S ed una scia sfumata che rappresenta i vari mRNA di varia lunghezza (vedi Figura 2.5).
L’RNA può essere conservato a -80°C oppure immediatamente retrotrascritto.
2.4
Retrotrascrizione
La retrotrascrizione degli mRNA permette di polimerizzare una catena di DNA complementare (cDNA) a partire da uno stampo ad RNA. Gli mRNA estratti dai campioni dei miei esperimenti sono stati retro trascritti utilizzando le soluzioni e i reagenti forniti con il Reverse Trascriptase Core Kit 300 (Eurogentec). Il kit permette la retrotrascrizione di un massimo di 200 ng di mRNA per reazione con un rapporto 1:1, così da produrre fino a 200 ng di cDNA da utilizzare per le analisi di PCR descritte oltre.
La reazione di retrotrascrizione viene assemblata ponendo 5,95 µl del mix di reazione (vedi Tabella 2.5) in una eppendrof da 0,2 ml. All’interno della provetta viene poi aggiunta una aliquota contenente 200 ng di mRNA diluito con un volume opportuno d’acqua RNAsi-free in modo da avere 200 ng di acidi ribonucleici in un volume totale di 4,05 µl d’acqua. Il tutto è riposto in ghiaccio per preservare gli enzimi e mantenerli inattivi. I nonameri casuali (random nonamers) presenti nel mix di reazione vengono utilizzati dall’enzima EuroScript RT come primers da cui far partire la reazione di polimerizzazione delle catene di cDNA.
Figura 2.5 - Gel di elettroforesi per il controllo dell’integrità dell’RNA.
54 Oltre ai campioni è allestita anche un reazione di controllo in cui non mettiamo l’enzima Euroscript RT. Questo controllo negativo permette, durante le analisi per PCR, di identificare eventuali contaminazioni genomiche, infatti in questo controllo negativo non dovrebbe essere presente alcuna molecola di DNA ma solamente RNA.
La fase di retrotrascrizione, eseguita con il termociclizzatore MyCycler (BioRad), prevede una fase iniziale di 10 min a 25°C, seguiti da una seconda fase di 30 minuti a 48°C durante il quale gli enzimi sono attivi e provvedono ad allungare le catene di DNA nella soluzione. Una fase finale di inattivazione enzimatica di 5 min viene fatta a 95°C. Infine i campioni vengono portati dallo strumento a 4°C in attesa dell’operatore. I cDNA prodotti hanno concentrazione 20 ng/µl e vengono diluiti 40 volte in acqua così da avere la concentrazione ottimale di cDNA (0,5 ng/µl) per le analisi di PCR.
I cDNA diluiti devono essere conservati in un frigorifero a 4°C.
2.5
Real Time q-PCR
I filamenti di cDNA prodotti con la retrotrascrizione possono essere analizzati tramite la reazione a catena della polimerasi (Polymerase Chain Reaction, PCR), la quale permette di rilevare la presenza di una frammento di DNA, tramite l’amplificazione della sequenza compresa tra due primers, uno posizionato sul filamento senso e l’altro sul filamento antisenso. I primers sono oligonucleotidi sintetici di circa 20 aminoacidi, che si appaiano a sequenze bersaglio poste agli estremi della porzione di DNA che vogliamo amplificare.
Mix di Reazione Retrotrascrizione Conc.
Reaction Buffer (KCl e Tris-HCl fornito dal kit)
MgCl 5 mM
dNTP 500 µM
Nonameri Random 2,5 µM
Inibitore RNAsi 0,4 U/µl
Euroscript Reverse Trascriptase 1,25 U/µl Tabella 2.5 - Composizione del mix di retrotrascrizione.
55 L’enzima DNA polimerasi sfrutta queste oligonucleotidi come inneschi da cui far partire la reazione di polimerizzazione di nuove catene di DNA.
La fase di amplificazione della sequenza bersaglio prevede la ripetizione ciclica (24-40 cicli) di tre fasi: appaiamento (annealing), elongazione (elongation) e denaturazione (melting). Queste fasi sono contraddistinte da eventi che avvengono a temperature diverse, e la fase ciclica è anticipata da una breve fase di hold a 95°C della durata di 5 minuti.
a) Annealing: durante questa fase la temperatura viene mantenuta a 58°C per
15 secondi. Questa temperatura è sufficientemente bassa per permettere ai
primers di appaiarsi alle loro sequenze bersaglio, ma troppo elevata per
permettere l’appaiamento con sequenze che presentano un numero eccessivo di appaiamenti errati (missmatch). Generalmente la temperatura di appaiamento viene scelta 2-4°C al di sotto della temperatura di separazione dei primers dalla sequenza bersaglio.
b) Elongation: la DNA polimerasi estende i primers aggiungendo i
deossinucleotidi (dNTP) presenti in soluzione. L’elongazione dura 25 secondi e la temperatura viene mantenuta costante a 72°C.
c) Melting: nella fase finale della reazione tutti i filamenti appaiati vengono
separati alzando la temperatura a 95°C per 20 secondi. A tale temperatura, una normale DNA polimerasi si denaturerebbe perdendo la capacità di estendere i primers durante i cicli successivi. Per questo motivo, nella PCR, viene impiegata una particolare DNA polimerasi resistente alle alte temperature, chiamata Taq Polimerasi.
Step di PCR Temperatura Durata
Annealing 58°C 15 s Elongation 72°C 25 s
Melting 95°C 20 s
56 Nei miei esperimenti ho utilizzato il termocilcizzatore Rotor-Gene 6000 (Corbett). Questo strumento permette di analizzare l’incremento del numero di copie della sequenza bersaglio in tempo reale, secondo il principio di una particolare tecnica di PCR chiamata
Real-Time quantitative PCR (RT-PCR).
Nelle RT-PCR è presente una sostanza che emette fluorescenza se eccitata da un raggio laser, solamente quando si trova intercalata tra le basi di un doppio filamento di DNA. Quindi, mano a mano che la reazione di amplificazione procede, le copie di doppi filamenti di DNA aumentano e anche l’intensità di fluorescenza della soluzione aumenta. Questo permette allo strumento di calcolare la quantità di DNA presente nella provetta. Maggiore è il numero iniziale di copie della sequenza da amplificare, minori sono i cicli necessari di PCR per raggiungere il livello soglia di rilevazione dello strumento. La lettura del livello di fluorescenza viene fatta per ogni campione al termine di ogni ciclo e i dati vengono riportati in un grafico sul monitor del Rotor-Gene 6000.
La soluzione di reazione per una RT-PCR ha un volume totale di 20 µl (vedi tabella 2.7) e contiene 4 ng di cDNA totali, quantità che può essere variata a piacimento nel caso in cui si voglia anticipare o ritardare la curva di amplificazione, rimanendo però nel range ottimale per l’amplificazione (1-16 ng di cDNA). Tutti i reagenti necessari per la polimerizzazione operata dalla Taq Polimerasi sono contenuti in un mix pronto all’uso, il
SYBR Green (Invitrogen), il quale contiene un buffer di reazione, i dNTP, l’enzima, il
cloruro di magnesio (MgCl2 4 mM) e la molecola intercalante fluorescente SYBR Green®. Al termine della fase ciclica di amplificazione, lo strumento denatura completamente tutti i doppi filamenti alzando la temperatura gradualmente da 50°C a 99°C. In questa fase viene
Mix di Reazione Volume µl
SYBR Green 10
Primer Forward (senso) 0,5 Primer Reverse (antisenso) 0,5
H2O 1
cDNA 8
Tabella 2.7 - Composizione del mix di reazione di una RT-PCR.
57 misurato il decremento della fluorescenza (analisi di Melting), in quanto mano a mano che la temperatura sale sempre più filamenti si separeranno liberando il SYBR Green, il quale cesserà di emettere luce. Se i primer sono stati disegnati in modo specifico avremo un solo amplificato e durante l’analisi di melting avremo un unico picco di decremento della fluorescenza. In caso siano presenti altri amplificati avremo invece più picchi, ognuno dei quali corrisponderà alla temperatura di denaturazione dei vari amplificati. Questo può essere dovuto ad un appaiamento tra i primer che si amplificano a vicenda (in questo caso è possibile intervenire modificando la temperatura di annealing), a contaminazioni esterne di DNA, oppure ad una errata progettazione dei primer, i quali individuano più coppie di siti bersaglio, permettendo l’amplificazione di sequenze diverse da quella di nostro interesse. Durante gli esperimenti di PCR vengono sempre fatti alcuni controlli negativi elencati di seguito:
a) Al fine di ridurre gli errori di tipo tecnico, derivanti da un scarsa accuratezza manuale dell’operatore, vengono fatti dei triplicati tecnici, ovvero ogni campione viene riassemblato per tre volte, così da poter fare un analisi statistica adeguata sui valori ottenuti dall’amplificazione.
b) Viene assemblato inoltre un controllo –RT, proveniente dal campione di retrotrascrizione privo di enzima, la cui assenza di amplificazione assicura l’assenza di DNA genomico contaminante.
c) Un campione di controllo negativo all’interno del quale non viene messo alcun cDNA serve per controllare la pulizia dei reagenti.
I dati registrati dallo strumento sono poi analizzati in maniera semiquantitativa o comparativa, ovvero il ciclo di uscita (take off) della curva di amplificazione, cioè il momento in cui la curva esce dal background e l’intensità di fluorescenza cresce esponenzialmente, viene comparata con il ciclo di uscita di un gene di riferimento, come l’actina o un gene housekeeping. Nelle cellule utilizzate nei miei esperimenti il livello di espressione dell’actina rimane pressoché costante durante tutta la vita della cellula e quindi risulta essere un ottimo gene di paragone. Oltre al valore di uscita della curva di amplificazione lo strumento fornisce anche l’efficienza di amplificazione,
58 L’analisi statistica è stata eseguita come segue:
• Viene calcolata la media aritmetica dei valori di take off per i triplicati del gene target x e per il gene di riferimento y, rappresentati nelle equazioni dai simboli (Ct x) e (Ct y) rispettivamente.
• Si calcola l’espressione relativa con la seguente formula:
In cui ∆Ct = (Ct x – Ct y) rappresenta il valore di uscita del gene target “normalizzato” sul gene di riferimento. Questo è importante data l’impossibilità di caricare quantità esattamente uguali di cDNA in ogni preparato. Il valore -∆Ct viene usato come esponente di 2 poiché teoricamente ad ogni ciclo di amplificazione il numero di catene di DNA in soluzione raddoppia.
• L’errore viene calcolato secondo la teoria di propagazione degli errori (Nordgard, Kvaloy, Farmen, & Heikkila, 2006):
Nella formula x rappresenta il gene target mentre y rappresenta il gene di riferimento, l’Actina.
Poiché durante l’analisi statistica si normalizzano i valori sull’Actina, le differenze nella quantità di cDNA immessa nelle varie provette si annullano. Laddove viene messo meno cDNA avremo valori minori anche di Actina, e viceversa.
La significatività statistica è stata saggiata utilizzando un test di randomizzazione fornito dal software REST.
59
2.6
Progettazione dei primers da PCR
Un aspetto cruciale delle analisi per PCR è la scelta delle sequenze dei primers da utilizzare per l’amplificazione di un segmento del gene di nostro interesse. Trovare coppie di primers altamente specifiche, le cui temperature di melting siano uguali tra loro e alle altre coppie di primers presenti nelle reazioni che corrono in parallelo e che non formino dimeri tra loro è molto difficile. Per questo motivo vengono utilizzati dei software bio-informatici e database online.
Il database di riferimento da cui sono state prese le sequenze dei geni e degli mRNA di topo è consultabile sul sito web http://www.ncbi.nlm.nih.gov/.
I software per la ricerca di sequenze utilizzato è Primer3 (Rozen & Skaletsky, 2000) utilizzabile online all’indirizzo http://bioinfo.ut.ee/primer3-0.4.0/. Questo programma permette di impostare alcuni parametri tra cui la lunghezza in termini di numero di basi (nt) desiderata, la temperatura di melting ed il contenuto percentuale in GC della sequenza. Il software dà anche la possibilità di impostare la lunghezza dell’amplificato che desideriamo. Per i miei primers i parametri impostati sono i seguenti:
• Lunghezza primers: min. 18 nt, ottimale 20 nt, max. 27 nt
• Tm: min. 59°C, ottimale 60°C, max 61°C
• %GC: min 20%, ottimale 50%, max 80%
• Lunghezza amplificato: 100-300 nt
Quanto è possibile, una delle due sequenze dovrebbe collocarsi a cavallo della giunzione introne-introne o contenerne almeno una all’interno della sequenza da amplificare, così da ridurre al minimo eventuali falsi positivi dovuti a contaminazioni da DNA genomico. È consigliato anche evitare regioni conservate così che non vengano amplificate regioni appartenenti a mRNA di geni non voluti. Procedendo in questo modo, in caso di contaminazione da DNA genomico, la sequenza genomica amplificata conterrà l’introne e l’amplificato risultante sarà troppo lungo per una efficace reazione di RT-PCR.
60 Tra i risultati forniti dal programma sono stati scelti quelli i cui valori di appaiamento tra
primers all’estremità 3’ risultano pari a zero, in quanto esso è il parametro che sembra
compromettere maggiormente la funzionalità della coppia.
Un ulteriore controllo bio-informatico sulla qualità delle coppie di primers scelte è stato svolto con il software online PrimerBlast (Ye, et al., 2012) disponibile all’indirizzo http://www.ncbi.nlm.nih.gov/tools/primer-blast/. Esso analizza la sequenza del primer e mostra graficamente se ci sono omologie tra il target e altre sequenze presenti nel genoma dell’organismo, così da evitare appaiamenti in siti errati. La Tabella 2.8 sottostante elenca le sequenze dei primers utilizzati durante i miei esperimenti.
61
2.7
Immunocitochimica su monostrato
Questa tecnica permette di individuare l’espressione di una determinata proteina, utilizzando anticorpi specifici per essa. L’applicazione viene fatta su cellule coltivate in
vitro, sia su plastica che vetro.
Prima di procedere con la colorazione immunocitochimica, i preparati devono essere opportunamente fissati. Con la fissazione le cellule vengono uccise impedendo loro di andare in apoptosi, evento che rovinerebbe irreversibilmente il preparato.
Per fissare le cellule, una soluzione di parafolmaldeide 2% (diluita in in PBS 1x) viene messa nel pozzetto e lasciata agire per 12 minuti a temperatura ambiente (500 µl sono sufficienti per i pozzetti di una 24-wells o le camere di una chamberslide). Trascorsi i 12 minuti, la parafolmaldeide in eccesso viene rimossa per aspirazione e viene fatto un rapido lavaggio con 500 µl di PBS 1x.
Se i campioni non devono essere immediatamente utilizzati, possono essere conservati in PBS 1x a 4°C per un massimo di 3 giorni.
L’immunocitochimica prevede i seguenti passaggi:
1. Pre-bloccaggio: per migliorare la specificità dell’anticorpo primario, le cellule vengono incubate in una soluzione di bloccaggio (500 µl per vetrino o pozzetto di una 24-well) per 30-60 minuti, durante i quali le proteine contenute nella blocking
solution (vedi Tabella 2.9) vanno ad occupare qualsiasi sito di legame aspecifico
contenuto nei campioni. Se gli anticorpi sono rivolti verso antigeni nucleari o contenuti in organelli con membrana, la concentrazione di Triton X presente nella soluzione di bloccaccio viene aumentata allo 0,3%, anziché lo 0,1%. Se si usano degli anticorpi policlonali è consigliabile pre-incubarli con la soluzione di bloccaggio, per circa 30-60 minuti, così da eliminare eventuali anticorpi aspecifici. Per i monoclonali questo passaggio è superfluo, in quanto sono già altamente specifici.
62 2. Anticorpo Primario: si incubano le cellule con la soluzione contenente l’anticorpo primario (soluzione di bloccaggio addizionata con l’opportuno anticorpo, 300 µl a campione) per 2 ore a temperatura ambiente, oppure per una notte a 4°C. Le basse temperature migliorano l’efficacia degli anticorpi ma allungano i tempi di esecuzione.
3. Lavaggi: per rimuovere gli eccessi di anticorpo vengono svolti 3-4 lavaggi da 10 minuti usando 500 µl di PBS 1x. In questa frazione di tempo si può fare il bloccaggio dell’anticorpo secondario.
4. Anticorpo Secondario: gli anticorpi secondari utilizzati sono marcati con molecole fluorescenti e sono rivolti verso antigeni presenti sugli anticorpi primari. Durante questa fase viene messo un volume di 300 µl di soluzione di bloccaggio contenente gli anticorpi secondari in ogni campione e mantenuto per un minimo di 2 ore a temperatura ambiente. Poiché le molecole fluorescenti sono sensibili alla luce i preparati vengono protetti con un foglio di stagnola. Se è necessario marcare anche il DNA, è possibile aggiungere alla soluzione di anticorpo secondario un volume adeguato di DAPI.
5. Lavaggi: si rimuovono gli eccessi di molecole fluorescenti con 3-4 lavaggi in PBS 1x della durata di 10 minuti ciascuno. In questo modo si riduce l’intensità del fondo durante l’osservazione al microscopio a fluorescenza. In caso non sia stato aggiunto il DAPI nel passaggio precedente è possibile aggiungerlo adesso, durante uno qualsiasi dei lavaggi.
Per conservare i campioni marcati, un vetrino trasparente viene incollato sopra alla
chamberslides, oppure i vetrini circolari vengono incollati sopra un vetrino da sezione. La
colla utilizzata ha proprietà particolari ed è a base d’acqua, così da non rovinare né chimicamente né meccanicamente i campioni o la marcatura. Nel mio protocollo ho utilizzato un prodotto commerciale chiamato Aqua Poly/Mount (Polysciences).
Per il montaggio si lascia cadere una goccia di Aqua Poly/Mount sui vetrini da sezione e vi si adagia capovolto il vetrino circolare su cui sono state fissate le cellule (massimo 3 per
63 ogni vetrino copri oggetto). Se la coltura è stata fatta in chamberslides sono necessarie tre gocce per ogni camera e si ricopre il tutto con un vetrino copri oggetto pulito. Per le cellule coltivate in pozzetti di plastica si versa una goccia di colla in ogni pozzetto, su cui poi viene posizionato un vetrino circolare pulito di protezione. Si attende che il montante secchi e si conservano i preparati a 4°C in attesa dell’osservazione al microscopio.
2.8
Acquisizione ed elaborazione immagini
Le immagini delle colture marcate per immunocitochimica sono state scattate con una camera CoolSNAP cf (Photometrics), montata su di un microscopio a fluorescenza Eclipse
e600 (Nikon). Per ogni campo è stata acquisita un immagine per ognuna delle lunghezze
d’onda di interesse.
La conta delle cellule marcate con gli anticorpi fluorescenti è stata fatta utilizzando il software ImageJ sfruttando l’opzione “Cell counter”. Per ogni preparato le cellule presenti in tre o più campi casuali del vetrino sono state contate e i risultati analizzati statisticamente tramite un test di Student (t) a due code per campioni appaiati.
Soluzione di Bloccaggio Conc.
PBS 1x
Bovin Serum Albumin (BSA) 1%
Triton X100 0,1-0,3%
Tabella 2.9 - Composizione della soluzione di bloccaggio.
Anticorpo Titolo Organismo
Tbr1 1:400 Rabbit Ctip2 1:1000 Rabbit Satb2 1:400 Mouse Nkx2.1 1:400 Rabbit Pax6 1:600 Rabbit Ntub 1:1000 Mouse Tabella 2.10 - Elenco anticorpi utilizzati negli esperimenti di immunocitochimica.
64 Ho eseguito l’elaborazione delle immagini acquisite utilizzando Adobe Photoshop CS4, avvalendomi soprattutto delle seguenti funzioni: contrasto, luminosità, curve e livelli per il bilanciamento dei colori. Successivamente ho sovrapposto le immagini delle tre lunghezze d’onda creando un immagine a tre canali RGB, sempre con Adobe Photoshop CS4.
Per le analisi di Pixel Intensity media ho utilizzato la funzione measure di ImageJ. I valori ottenuti sono stati mediati ed analizzati statisticamente con un t di Student a due code in un foglio di Microsoft Office Excel 2007.
Figura 2.6 - Coltura di cellule neuronali marcate con immunocitochimica. In verde è
mostrata la marcatura del citoscheletro, ottenuta mediante l’applicazione di un anticorpo primario contro N-tubulina, ed un secondario marcato con un fluoroforo verde. In rosso è
rappresentata una marcatura di un antigene nucleare, Pax6, ed un anticorpo secondario coniugato con un fluoro foro rosso. La coltura è stata ottenuta coltivando le cellule secondo il protocollo descritto nel capitolo Protocollo di induzione neurale. Le cellule
65
2.9
Citofluorimetria a flusso
Le analisi citofluorimetriche per lo studio del ciclo cellulare (vedi capitolo Effetto del SAG e Ciclopamina sul ciclo cellulare) sono state eseguite con un citofluorimetro BD FACSCaibur della BD Bioscience.
Per la lettura del DNA ho marcato le cellule con una soluzione di Ioduro di Propidio, molecola che si intercala tra le basi del DNA, così da poterle rendere rivelabili. Il protocollo di marcatura prevede i seguenti passaggi:
1. Tripsinizzazione delle cellule come di consueto, raccogliere 5x105 cellule e centrifugarle per 10 minuti a 1200 rpm.
2. Rimuovere il surnatante e lavare il pellet con 500 µl di PBS 1x e ricentrifugare come sopra.
3. Risospendere le cellule in 500 µl di PBS facendo attenzione a separare bene le cellule e non lasciare aggregati.
4. Fissare le cellule mantenendo il contenitore in agitazione su un vortex e aggiungendo 1,5 ml (3 volumi) di EtOH al 95% freddo molto lentamente (goccia a goccia). Lasciare poi agire il fissativo per 5 minuti a temperatura ambiente.
5. Bloccare l’azione fissativa dell’EtOH diluendolo con 6ml di PBS 1x (3 volumi) e procedere con la colorazione. Le cellule così fissate, ma non ancora colorate, possono comunque essere conservate per una settimana a +4°C.
6. Per colorare le cellule con la soluzione di Ioduro di Propidio (vedi tabella 2.11) rimuovere la soluzione di PBS 1x ed EtOH centrifugando 10’ a 1200 rpm e aspirando via il surnatante.
7. Risospendere le cellule in 300 µl di Ioduro di Propidio 50 µg/ml e lasciare agire per un minimo di 15 minuti a temperatura ambiente (ottimale 30 minuti) oppure ON a +4°C. Durante la colorazione proteggere il campione dalla luce.
66 Il FACSCalibur analizza il volume cellulare misurando la dimensione “dell’ombra” generata da una cellula quando attraversa il raggio laser (Front Scatter, FSC). Successivamente misura la complessità citoplasmatica misurando il numero di fotoni deviati lateralmente in seguito all’impatto con gli organelli citoplasmatici (Side Scatter, SSC). Queste misurazioni vengono analizzate dal software CellQuest che ricostruisce un dot plot coi valori registrati (Figura 2.7). Per i miei esperimenti ho registrato un totale di 2x104 eventi per campione, così da avere una visione sufficientemente ampia dell’intera popolazione. Da questo primo grafico è possibile andare a eliminare i detriti e gli aggregati di cellule (doppietti) dal numero di eventi totale, così da rendere più leggibili e puliti anche i grafici successivi, riquadrando la porzione di eventi a cui siamo interessanti, così da escludere quelli all’esterno della finestra (gate).
Un secondo grafico, fornito dallo strumento, mostra il numero di eventi registrati per ogni valore di fluorescenza, da cui è possibile valutare
la proporzione di cellule che si trova in ognuna delle fasi del ciclo cellulare. I valori di voltaggio e soglia dello strumento sono stati impostati per ogni campione in modo tale che in questo grafico il picco delle cellule in G1 cada sul valore 200 di intensità e il picco delle cellule in G2 sul valore 400 (equivalente ad un contenuto doppio in DNA).
Soluzione di Ioduro di Propidio Conc
Ioduro di Propidio (Sigma) 50 µg/ml
Na Citrato 0,1%
RNAsi A (Sigma) 0,5 mg/ml
Nonidet NP40 (Sigma) 0,1%
Tabella 2.11 - Composizione della soluzione di Ioduro di Propidio.
Figura 2.7 - Dot Plot SSC/FSC nell’analisi al FACS. FSC: Forward
Scatter, misura della dimensione cellulare. SSC: Side Scatter, misura
della granulosità del citoplasma. L’area ovale permette di selezionare solamente gli eventi che si vogliono
67 Di seguito (Figura 2.8) è possibile vedere le differenze indotte da Smoothened Agonist (SAG) e Ciclopamina (Cyc) sulla proporzione di cellule nelle varie fasi del ciclo in relazione ad una popolazione di controllo (vedi capitolo Effetto del SAG e Ciclopamina sul ciclo cellulare).
Un terzo grafico (Figura 2.9) rappresenta invece la relazione tra dimensione cellulare e intensità di fluorescenza di ogni singolo evento. Da qui è possibile impostare le tre finestre (gates) in cui il software andrà a calcolare il numero di cellule che si trovano rispettivamente in fase G1, S e G2, restituendoci come risultato il valore percentuale. Da questi valori ho ricostruito i grafici con cui ho valutato gli effetti dei trattamenti chimici, in grado di alterare il normale proseguimento del ciclo cellulare, applicati durante gli esperimenti sulla modulazione del ciclo cellulare che descriverò oltre.
Figura 2.8 - Distribuzione delle intensità di fluorescenza cellulare misurata al FACS. FLA: intensità di
fluorescenza. Counts: numero di eventi. Da sinistra verso destra sono rappresentati: Controllo, SAG e Cyc rispettivamente (vedi capitolo Risultati). Il SAG stimola la proliferazione cellulare, aumentando il numero di
eventi registrati in fase S. La cyc blocca il ciclo cellulare, riducendo le cellule in fase G2.
Figura 2.9 - Dot Plot per l’analisi del ciclo cellulare al FACS. SSC: Side Scatter, misura
della granulosità cellulare. FLA: intensità di fluorescenza. I tre riquadri permettono di selezionare le cellule appartenenti alla fase G1 (sinistra), S (centro) e G2 (destra).