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dai Discorsi alla nazione tedesca

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Academic year: 2021

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Leggi con attenzione il seguente brano e poi rispondi alle domande conclusive.

dai Discorsi alla nazione tedesca

Johann Gottlieb Fichte

Capitolo IV - In che cosa differiscono i tedeschi dagli altri popoli di origine germanica

Dissi che il sistema educativo, da me proposto in queste conferenze, deve essere usato prima di tutto da tedeschi con tedeschi, e che esso si adatta principalmente ed in primo luogo alla nostra nazione. Anche questa tesi deve essere dimostrata, e anche qui – come sempre finora – lo si farà muovendo da princìpi superiori e generali, ossia dimostrando ciò che il tedesco è in sé e per sé, indipendentemente dalla sorte che lo ha colpito, e cioè nei suoi caratteri fondamentali e perenni, provando come questi caratteri fondamentali lo rendano atto e capace di ricevere quest'educazione, a esclusione di tutti gli altri popoli europei. (...)

La differenza che prima di ogni altra e immediatamente si offre alla considerazione tra il destino dei tedeschi e quello delle restanti stirpi prodotte dal medesimo ceppo è questa: che i tedeschi rimasero nelle sedi primitive del popolo originario, gli altri migrarono verso nuove contrade; i tedeschi conservarono la loro lingua e la svilupparono, gli altri adottarono una lingua straniera che a poco a poco essi a modo loro trasformarono. (...)

Dei cambiamenti da noi indicati, il primo, il cambiamento di sede, è insignificante. L'uomo si ricostruisce una patria sotto qualsiasi lembo di cielo; e i costumi nazionali, lungi dal modificarsi col mutar di paese, molto più spesso si impongono al nuovo paese e lo modificano. (...)

Ma ben più importante, e tale che io ritengono costituisca un netto contrasto tra i tedeschi e gli altri popoli di schiatta germanica è la seconda differenza: quella della lingua. E voglio subito mettere in chiaro che l'importanza del fatto non sta nella natura specifica della lingua che una stirpe mantiene o di quella che un'altra stirpe assume, quanto piuttosto nel fatto che il primo popolo mantiene la propria lingua, e quegli altri ne assumono una straniera; né quel che importa è sapere da chi discendono coloro che continuano a parlare la propria lingua, ma se questa lingua sia stata parlata senza interruzione, poiché gli uomini sono foggiati dalla lingua molto più di quanto la lingua non lo sia dagli uomini.

Per mettere dunque ben in chiaro le conseguenze di una tale differenza nella formazione dei popoli, e il modo determinato in cui si configura il contrasto dei caratteri nazionali, che di necessità consegue a tale diversità, vi devo invitare, nei limiti del possibile e del necessario, a prendere in considerazioni la natura della lingua.

La lingua in generale, e in special modo la designazione degli oggetti per mezzo di suoni prodotti dalle corde vocali, non dipende da decisioni e accordi arbitrari; esiste invece una legge fondamentale secondo cui ogni concetto, nell'apparato linguistico umano, si trasforma in questo, e in nessun altro, suono. Come nell'apparato sensoriale dei singoli individui gli oggetti sono rappresentati con una determinata forma, colore, ecc. così essi nell'apparato dell'uomo sociale, la lingua, sono rappresentati con un determinato suono. Non è dunque l'uomo che parla, ma attraverso lui parla la natura umana e si annuncia ai suoi simili. Bisognerebbe dunque parlare in questi termini: la lingua è una sola, e del tutto necessaria.

Ora, in effetti la lingua in questa sua unicità per l'uomo in quanto tale, non ha mai potuto erompere per come è, in nessun tempo e in nessuno luogo; ovunque si è modificata e trasformata a seconda dell'influenza che la zona di cielo sotto cui si vive e l'uso più o meno frequente ha esercitato sull'apparato linguistico, e l'influenza che la successione degli oggetti osservati e designati ha esercitato sulla successione delle designazioni. Ma anche in questa varietà non regna affatto l'arbitrio, anzi regna una legge severa; ed è necessario che quando ci siano degli apparati vocali diversamente foggiati a seconda del variare delle suddette condizioni, si abbia non la lingua primitiva, originaria, ma delle modificazioni corrispondenti a tali variazioni.

Se noi chiamiamo popolo gli individui che sono soggetti alle medesime condizioni esterne capaci di influire sul loro apparato linguistico, che vivono insieme e che perfezionano la loro lingua con lo scambio continuo di essa, bisognerà dire che la lingua di questo popolo è quel che è, necessariamente, e che non il popolo esprime le sue conoscenze, ma le sue conoscenze si esprimono attraverso lui. (...)

Perciò una lingua resta sempre la stessa lingua. Se anche i tardi posteri non capiscono più la lingua parlata dai loro antenati, perché i passaggi graduali sfuggono loro, tuttavia esiste dal principio alla fine un continuo insensibile passaggio senza salti, il quale non è mai percepibile nel momento stesso in cui avviene: soltanto quando si aggiungono nuovi passaggi questa trasformazione diventa percepibile e viene avvertita come un salto. Non c'è mai stato un

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momento in cui gli uomini di una stessa epoca abbiano cessato di comprendersi tra di loro; loro assiduo interprete e mediatore fu sempre la comune forza naturale del linguaggio. Così si comporta la lingua come designazione di quegli oggetti che possono essere colti immediatamente dai sensi; questo è l'inizio di ogni lingua umana. Ma quando il popolo si innalza alla concezione del soprasensibile, questo soprasensibile, per poter essere richiamato quando si voglia e non esser confuso col sensibile dai primi e pochi che lo scoprirono, e per venire poi da questi enunciato e rivelato ai rimanenti, dovrà venire fissato in termini; la qual cosa non potrà accadere se non col designare un sé, quale organo del mondo spirituale, e col distinguerlo nettamente da un altro sé, organo del mondo sensibile: - e cioè contrapponendo un'anima, uno spirito al corpo materiale. Inoltre i vari oggetti di questo mondo soprasensibile, poiché si manifestano solo in quel loro organo soprasensibile e solo per esso esistono, solamente con la lingua potranno esprimersi, dicendo che essi stanno col loro organo nello stesso rapporto in cui si trovano gli oggetti materiali con l'organo loro; in questa equazione, a ogni oggetto soprasensibile verrà assegnato il suo posto nell'organo corrispondente della lingua. In questo campo la lingua non può fare di più: essa ci dà delle immagini sensibili di ciò che è soprasensibile, facendoci notare che è solo un'immagine, un simbolo. Chi vuol giungere alla cosa in sé deve mettere in moto i propri organi spirituali secondo la regola che l'immagine stessa gli detta. È evidente che questa designazione simbolica del soprasensibile si plasma sul grado di sviluppo della capacità cognitiva sensibile posseduta dal popolo in cui essa ha luogo;

l'inizio e il progresso di questo lavoro per giungere alla designazione simbolica sarà dunque nelle varie lingue molto diverso, secondo la differenza del rapporto che esiste nei vari popoli tra la loro formazione sensibile e quella spirituale. (...)

Così stan le cose in una lingua, che fin dai primi suoni sbocciati in mezzo al popolo, si è sviluppata in armonia con la vita sociale di esso, senza accogliere elementi estranei non esprimenti le intuizioni vissute del popolo stesso, o per lo meno non collimanti sensibilmente con tali intuizioni. Il popolo che possiede una tale lingua può accogliere in sé altre stirpi e altre lingue fin che si voglia; costoro, se, quanto a vedute e maturità, non sono in grado di innalzare il livello a cui la lingua fondamentale è ormai pervenuta e da cui lentamente continua a progredire, costoro resteranno muti e senza influenza su di essa; e questo fino al giorno in cui anche questi popoli assimilati non saranno entrati nell'ambito della cultura e delle idee del popolo che li ha accolti; ma allora non saranno essi che foggeranno la lingua, sebbene la lingua che li foggerà.

Tutto il contrario accade invece quando un popolo, rinunciando alla propria lingua ne adotta una straniera già compiutamente formata per designare ciò che è soprasensibile, e non già abbandonandosi all'influsso della lingua straniera e contentandosi di tacere finché non sia entrato nell'ambito delle idee di questa lingua straniera, ma pretendendo di imporle la propria corrente di idee, sicché d'ora innanzi, lasciando il campo intellettuale in cui si muoveva, debba seguire la nuova corrente. Alla parte sensoriale della lingua questo accadimento è senza conseguenze. In ogni popolo, infatti, i bambini devono comunque apprendere questa parte della lingua, come se i segni fossero arbitrari, ripercorrendo l'intero sviluppo precedente della lingua;

in questo campo sensoriale ogni segno vocale può essere perfettamente chiarito ricorrendo direttamente alla vista o al tatto di ciò che è designato. Al più potrebbe derivarne la conseguenza che la prima generazione di un popolo che muta in tal modo la propria lingua pur da adulti dovrà rifarsi un'anima di fanciullo; ma per i loro figli e per le generazioni venture tutto tornerebbe tosto nell'ordine antico. Ben più importanti invece sono le conseguenze per ciò che riguarda la parte soprasensibile della lingua. Infatti per i primi possessori della lingua le cose si sono svolte nel modo che ora è stato descritto; per i nuovi conquistatori il simbolo contiene un paragone con un'immagine sensibile che essi hanno già superato da tempo senza accluderne un equivalente spirituale, o che non hanno ancora avuto o che forse, come estranea alla loro sensibilità, non avranno mai. Tutto ciò che potranno fare, in tal caso, è farsi spiegare il simbolo e il suo significato spirituale; riceveranno così la piatta e morta storia di una forma straniera ma non mai una cultura propria, mai delle immagini evidenti e feconde di nuova vita; arbitrarie appariranno loro dunque quelle forme come già la parte sensoriale della lingua. L'intervento della nuda storia a spiegazione della lingua ne rende la parte simbolica morta e chiusa, ne interrompe il flusso perennemente fecondo. Sebbene costoro potranno, dopo un giro vizioso e per quanto è possibile muovendo da un punto morto, un bel giorno, a modo loro, riprendere lo sviluppo vitale della lingua adottata; resterà tuttavia quella parete separatoria, contro la quale lo svolgimento della lingua, considerata come forza della natura, uscendo dalla vita, è venuta a spezzarsi, e oltre la quale, rientrando nella vita, è tornata a fluire. Sebbene una tal lingua, increspata dalla superficie dal vento vitale, abbia l'apparenza di corrente viva, avrà pur sempre nelle sue profondità una parte morta, e per l'ingresso nel nuovo ambito ideale e la scissione dal suo vecchio si trova separata dalla sua viva radice. (...)

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Abbiamo risolto dunque il nostro primo compito e sappiamo in che consiste la differenza principale tra i Tedeschi e gli altri popoli di origine germanica. La differenza, sorta subito alla prima scissione del ceppo comune, sta in ciò: i Tedeschi parlano una lingua che vive fin nell'intimo dove sgorga dalle forze naturali; gli altri popoli germanici invece parlano una lingua che solo alla superficie dà segni di vita, ma nel suo intimo è morta. Dall'una parte vediamo vita e dall'altra parte morte: questa è la differenza; e non intendiamo in nessun caso parlare degli altri meriti interni della lingua tedesca. Tra la vita e la morte non c'è confronto; il valore della prima è infinito rispetto a quello della seconda. Perciò ogni confronto immediato tra la lingua tedesca e le lingue neolatine non ha senso, e costringerebbe a parlar di cose che non sono degne di discorso. Per parlare del valore intimo della lingua tedesca, bisogna metter questa di fronte ad una lingua del suo rango, originale, come lo è, per esempio, la greca. Ma per ora il nostro scopo è molto al di sotto di questo confronto.

Tutto lo sviluppo di un popolo dipende dalla natura della lingua da lui parlata: la lingua assiste ogni uomo nel suo pensare e nel suo volere, lo accompagna nelle più recondite profondità del suo spirito, lo limita o gli dà ali, secondo i casi: la lingua unisce tutti gli uomini che la parlano e ne fa un solo e comune intelletto: la lingua è il punto di contatto tra il mondo dei sensi e il mondo dello spirito, anzi ne fonde i due capi in maniera da renderli indistinguibili.

Ognuno capisce dunque che lo sviluppo dei Tedeschi che parlano una lingua viva sarà differentissimo da quello degli altri popoli di origine germanica che parlano una lingua morta.

Prima di tutto i Tedeschi hanno il mezzo di scandagliare anche più profondamente la loro lingua viva appunto perché la possono confrontare colla lingua romana che nel suo processo del simbolismo è tanto diversa dalla loro; e per lo stesso motivo possono comprendere la lingua romana meglio dei neolatini che in fondo sono rimasti sempre nell'ambito di una sola lingua; i Tedeschi, studiando la lingua romana, imparano nello stesso tempo in certo modo anche le lingue che ne sono derivate e, se è vero, per la ragione che si è detta, che essi sono in grado di apprendere la prima meglio dei neolatini stessi, sarà pur vero ch'essi possono per lo stesso motivo comprendere la lingua neolatina e possederla meglio e più profondamente di quelli stessi che la parlano; i Tedeschi perciò, servendosi di tutti questi vantaggi, sono superiori agli altri popoli, possono comprenderli perfettamente meglio che non si comprendano essi stessi, possono tradurli completamente. Al contrario, gli altri popoli potranno comprendere i Tedeschi soltanto dopo uno studio quanto mai faticoso della lingua tedesca e non saranno mai in grado di tradurre il tedesco vero e proprio. Ciò che in queste lingue si potrà apprendere solo dallo Straniero che le parla, saranno per lo più nuove mode linguistiche nate dalla noia o dal capriccio; ma bisognerebbe essere modesti per adattarsi ad accettarli. Noi invece, potremmo per lo più insegnare loro come dovrebbero parlare se volessero seguire lo spirito della loro madrelingua e le sue leggi e potremmo anche dire loro che la nuova moda non va bene e viola la buona tradizione. – Questa differenza, e come questa tante altre, abbiamo detto, risulta da sé.

È però nostra intenzione abbracciare tutte queste differenze insieme nel nesso che le stringe in unità e nel profondo, per caratterizzare i Tedeschi contrapponendoli agli altri popoli di origine germanica. Per ora riassumiamo in breve queste differenze così: 1. La cultura spirituale di un popolo che parla una lingua viva penetra nella vita. In popoli che non parlano una lingua viva, cultura e vita vanno ognuna per la propria strada. 2. Per conseguenza: il popolo che ha una lingua viva, prende sul serio la vera cultura spirituale e vuole che questa penetri nella sua vita;

al contrario, gli altri popoli considerano la cultura spirituale soltanto come un giuoco geniale senza nessuno scopo. Questi hanno soltanto spirito; il primo invece ha spirito e anima. 3. Da questo secondo punto risulta: i primi mettono in ogni cosa diligenza onestà e serietà; oltre a ciò si affaticano: gli ultimi invece si lasciano trasportare in balia della loro felice natura. 4. Segue da tutto insieme: nella nazione della prima specie la gran massa del popolo può essere coltivata e gli educatori di una tal nazione esperimentano nel popolo le proprie scoperte e vogliono coltivarlo. Invece, nella nazione della seconda specie, le classi colte si separano dal popolo e se ne servono soltanto come di un organo cieco per eseguire i loro piani. Nella prossima lezione discuteremo questi punti.

Domande

1. Fichte fa una distinzione fra lingue vive e morte, che però non corrisponde a quella che siamo soliti fare. Per quale aspetto? Fai qualche commento.

2. Fichte parla di ambito sensibile e soprasensibile (o spirituale) di una lingua. In che cosa consiste tale distinzione? Perché i problemi che riguardano l’applicazione di essa al livello soprasensibile non sussistono al livello sensibile? Riflettendo sull’ambito sensibile, Fichte fa un

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parallelo fra vista e udito: fornisci qualche parola di commento in proposito, chiarendo per quale ragione tale parallelo possa o meno essere considerato convincente.

3. Per quale aspetto, secondo Fichte, la lingua svolge un ruolo fondamentale nel carattere di un popolo? Tale aspetto riguarda l'ambito sensibile oppure l'ambito spirituale del discorso? Fornisci qualche commento.

4. Il punto di vista di Fichte sulla lingua nazionale ha valore per tutte le nazioni? Come, dunque, esso si inserisce nel movimento culturale di stampo nazionalistico che, nel tempo in cui egli scriveva queste considerazione, andava diffondendosi in tutta Europa? Fornisci qualche breve commento in proposito.

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