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Appunti del corso ”Algebre e gruppi di Lie“

Denis Nardin

19 luglio 2011

(2)
(3)

Indice

1 Algebre di Lie 5

1.1 Algebra inviluppante universale . . . . 5

1.2 Algebre nilpotenti, risolubili, semisemplici . . . . 6

1.2.1 Algebre nilpotenti . . . . 6

1.2.2 Algebre risolubili . . . . 7

1.2.3 Algebre semisemplici . . . . 10

1.3 Rappresentazioni di sl 2 (k) . . . . 13

1.4 MANCANTE: La decomposizione di Jordan . . . . 14

1.5 Decomposizione di Cartan . . . . 15

1.6 Teoria assiomatica dei sistemi di radici . . . . 18

1.7 MANCANTE: teoremi di coniugio, isomorfismo e esistenza . . . 22

1.8 Teoria delle rappresentazioni . . . . 23

2 Gruppi di Lie 29 2.1 Gruppi e sottogruppi di Lie . . . . 29

2.2 Algebra di Lie di un gruppo di Lie . . . . 34

2.3 Rivestimenti di un gruppo di Lie . . . . 35

2.4 SL n (C) . . . . 37

2.5 Algebre di Clifford e gruppi spin . . . . 39

3

(4)
(5)

Capitolo 1

Algebre di Lie

Un’algebra di Lie g ` e uno spazio vettoriale equipaggiato di un’applicazione bilineare [−, −] : g × g → g tale che

• [xx] = 0 per ogni x ∈ g.

• [x[yz]] + [y[zx]] + [z[xy]] = 0 per ogni x, y, z ∈ g (identit` a di Jacobi).

Un sottospazio h di un’algebra di Lie ` e detto ideale se per ogni x ∈ g [xh] ⊆ h.

Se h ` e un’ideale lo spazio quoziente g/h possiede una struttura naturale di algebra di Lie. Una rappresentazione di un’algebra di Lie ` e un omomorfismo di algebre di Lie g → gl n (k), dove gl n (k) ` e l’algebra di Lie delle matrici n × n con [AB] = AB − BA.

1.1 Algebra inviluppante universale

Osserviamo che ogni algebra associativa A su k ` e in modo naturale un’algebra di Lie, con la struttura data da [xy] = xy − yx.

L’algebra inviluppante universale di un’algebra di Lie g ` e un’algebra associativa U(g) con un omomorfismo di algebre di Lie g → U(g) tale che per ogni algebra associativa A e per ogni omomorfismo di algebre di Lie g → A esiste un unico omomorfismo di algebre associative U(g) → A che fa commutare il diagramma

g U(g)

A

Teorema 1. Per ogni algebra di Lie esiste un’algebra inviluppante universale U(g), unica a meno di isomorfismo.

5

(6)

Dimostrazione. L’unicit` a a meno di isomorfismo ` e chiara perch` e U(g) ` e definita tramite una propriet` a universale. Sia T (g) l’algebra tensoriale su g vista come spazio vettoriale. Definiamo

U(g) = T (g)/(xy − yx − [xy] | x, y ∈ g)

dove quozientiamo rispetto all’ideale bilatero generato. ` E chiaro che g → U(g) ` e un omomorfismo di algebre di Lie. D’altro canto, se A ` e un’algebra associativa e g → A ` e un omomorfismo di algebre di Lie, prima di tutto si estende unicamente a un omomorfismo di algebre associative da T (g) → A, inoltre passa al quoziente a un omomorfismo U(g) → A, per cui g → U(g) ` e proprio la nostra algebra inviluppante universale.

Teorema 2 (Poincar` e-Birkhoff-Witt). Sia g un’algebra di Lie e sia {z 1 , . . . , z n } una base di g come spazio vettoriale. Allora una base di U(g) come spazio vettoriale ` e data da

{z 1 t

1

· · · z n t

n

| t 1 , . . . , t n ∈ N}

In particolare g → U(g) ` e una mappa iniettiva.

1.2 Algebre nilpotenti, risolubili, semisemplici

Se g ` e un’algebra di Lie, il suo centro ` e

Z(g) = {x ∈ g | ∀y ∈ g [xy] = 0}

Se Z(g) = g, g ` e detta abeliana. Un’algebra di Lie g si dice semplice se non ha sottoalgebre non banali e se non ` e abeliana.

1.2.1 Algebre nilpotenti

Un’algebra di Lie g ` e detta nilpotente se la successione centrale, definita da g 0 = g g i+1 = [gg i ]

`

e definitivamente nulla (cio` e esiste n > 0 tale che g n = 0.

Proposizione 1. Sia g un’algebra di Lie

1. Se g ` e nilpotente allora lo sono tutte le sua sottoalgebre e i suoi quozienti.

2. Se g/Z(g) ` e nilpotente allora lo ` e anche g.

3. Se g ` e nilpotente e non banale allora Z(g) 6= 0.

Dimostrazione. ` E chiaro che se h ⊆ g, allora h i ⊆ g i e analogamente se h

`

e un quoziente di g allora h i ` e un quoziente di g i , per cui il punto 1 segue

immediatamente. Inoltre se g/Z(g) ` e nilpotente esiste i tale che g i ⊆ Z(g),

quindi g i+1 = 0. Infine se g ` e nilpotente esister` a i tale che g i 6= 0 ma g i+1 = 0,

per cui g i ⊆ Z(g).

(7)

1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 7 Lemma 1. Sia g una sottoalgebra di gl(V ) composta di elementi nilpotenti.

Allora esiste v ∈ V tale che gv = 0.

Dimostrazione. Dimostriamolo per induzione su dim g. Il caso dim g = 0 ` e ovvio. Sia h una sottoalgebra massimale. Allora h agisce in modo naturale sullo spazio vettoriale g/h, per cui per l’ipotesi induttiva (essendo dim h < dim g), possiamo trovare un x ∈ g tale che [hx] ⊆ h. Di conseguenza il normalizzatore di h contiene propriamente h. Ma h era massimale, per cui h ` e un ideale di g.

Ma allora dim h = dim g − 1, perch` e se dim g/h > 1 possiamo trovare una sottoalgebra propria (e.g. quella generata da un elemento), e la controimmagine sarebbe una sottoalgebra tra g e h, contro la massimalit` a di h. Quindi dim g = dim h + 1, per cui possiamo trovare x ∈ g tale che

g = x ⊕ h . Ora, per ipotesi induttiva, l’insieme

{v ∈ V | hv = 0}

`

e non vuoto. Inoltre ` e x-invariante, infatti se hv = 0, abbiamo hxv = [hx]v + xhv = 0

per ogni h ∈ h. Quindi, poich` e x ` e nilpotente, possiamo trovare v tale che xv = 0 e hv = 0, cio` e gv = 0.

Corollario 1. Sia g una sottoalgebra di gl(V ) fatta di elementi nilpotenti. Al- lora possiamo trovare una bandiera 0 = V 0 ⊆ V 1 ⊆ · · · ⊆ V n tale che gV i ⊆ V i−1 . In particolare g ` e nilpotente.

Dimostrazione. Per induzione su dim V . Prendiamo v dal lemma tale che gv = 0. Allora g agisce in modo naturale su V /hvi. Sollevando la bandiera data dall’ipotesi induttiva, abbiamo la tesi.

Teorema 3 (Engel). Sia g un algebra di Lie. Allora ` e nilpotente se e solo se tutti gli elementi sono ad-nilpotenti.

Dimostrazione. Se g ` e nilpotente ` e chiaro che tutti gli elementi sono ad-nilpotenti.

Per il viceversa andiamo per induzione su dim g. Se tutti gli elementi sono ad- nilpotenti, allora ad g ` e una sottoalgebra di elementi nilpotenti di gl(g). Per il lemma possiamo trovare x ∈ g tale che (ad g)x = 0, cio` e [gx] = 0, cio` e x ∈ Z(g). Ma allora g/Z(g) ` e un’algebra di Lie di dimensione inferiore in cui tutti gli elementi sono ad-nilpotenti. Allora g/Z(g) ` e nilpotente. Ma allora g ` e nilpotente.

1.2.2 Algebre risolubili

Un’algebra di Lie g si dice risolubile se la successione derivata, definita da g (0) = g g (i+1) = [g (i) g (i) ]

`

e definitivamente nulla, cio` e se esiste n tale che g (n) = 0.

(8)

Proposizione 2. Sia g un’algebra di Lie

1. Se g ` e risolubile allora lo sono anche tutte le sue sottoalgebre e i suoi quozienti.

2. Se h ` e un ideale risolubile di g tale che g/h ` e risolubile allora anche g ` e risolubile.

3. Se h 1 , h 2 sono due ideali risolubili allora anche h 1 +h 2 ` e un ideale risolubile.

Dimostrazione. Il punto 1 ` e ovvio (se h ⊆ g allora h (i) ⊆ g (i) e analogamente per i quozienti). Per quanto riguarda il punto 2, sappiamo che esiste i tale che (g/h) (i) = 0, cio` e g (i) ⊆ h (i) . Quindi g ` e risolubile.

Per quanto riguarda il punto 3, consideriamo la successione esatta 0 → h 1 → h 1 + h 2 → (h 1 + h 2 )/h 1 → 0

allora h 1 ` e risolubile, d’altro canto (h 1 + h 2 )/h 1 = h 2 /(h 1 ∩h 2 ) ` e risolubile perch` e quoziente di risolubile. Quindi h 1 + h 2 ` e risolubile.

Quindi esiste un unico ideale risolubile massimale chiamato il radicale di g (Rad(g)).

D’ora in poi il campo base k sar` a algebricamente chiuso di caratteristica 0.

Lemma 2. Sia g una sottoalgebra risolubile di gl(V ). Allora esiste un v ∈ V che sia autovalore comune per tutti gli elementi di g.

Dimostrazione. Dimostriamolo per induzione su dim g. Possiamo trovare un ideale h di dimensione 1. Infatti [gg] ` e un ideale proprio (se no g non sarebbe risolubile) e g/[gg] ` e un’algebra abeliana, per cui ogni suo sottospazio (e in particolare un sottospazio di codimensione 1) ` e un ideale. Per ipotesi induttiva h ha un autovettore comune v , cio` e esiste λ ∈ h tale che

W = {v ∈ V | hv = λ(h)v per ogni h ∈ h}

`

e non banale. Fissiamo x ∈ g tale che g = h ⊕ x. Se dimostriamo che W ` e invariante per x possiamo concludere come prima (basta trovare un autovettore per x in W e possiamo perch` e il campo ` e algebricamente chiuso). Ma se v ∈ V

h(xv) = x(hv) + [hx]v = λ(h)xv + λ([xv])v

perch` e h ` e un ideale e perci` o [hx] ∈ h. Ci rimane da dimostrare solo che λ([hx]) = 0.

Fissiamo v ∈ V non nullo e consideriamo per ogni i ≥ 0 lo spazio W i = Span(v, xv, . . . , x i v) .

Inoltre sia m tale che {v, . . . , x m v} sia una base dell’unione di tutti i W i . Vorremmo dire che h agisce in modo diagonale su W m e che per ogni h ∈ h tr W

m

h = mλ(h). Infatti un’immediata induzione d` a che ∀h ∈ h

hx i − λ(h)x i ∈ W i−1 .

(9)

1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 9 Quindi in particolare

tr W

m

[hx] = mλ([hx]) .

Ma, poich` e [hx] ` e il commutatore di due endomorfismi di W m , ha traccia nulla.

Quindi mλ([hx]) = 0. Poich` e ora k ha caratteristica 0 abbiamo λ([hx]) = 0 come cercato.

Teorema 4 (Lie). Sia g una sottoalgebra risolubile di gl(V ). Allora g stabilizza una bandiera

Dimostrazione. Andiamo per induzione su dim V . Per il lemma precedente possiamo trovare v ∈ V non nullo tale che sia un autovettore comune per tutta g.

Quindi in particolare hvi ` e g-invariante. Ma allora applicando l’ipotesi induttiva a V /hvi abbiamo la tesi.

Corollario 2. Sia g un’algebra di Lie risolubile, allora ha una bandiera di ideali.

In particolare g ` e risolubile se e solo se [gg] ` e nilpotente.

Dimostrazione. Se g ` e risolubile possiamo applicare il teorema di Lie a ad g.

Una bandiera di sottospazi di g stabilizzata da ad g ` e esattamente una bandiera di ideali.

Quindi se g ` e risolubile sia

0 = g 0 ⊆ g 1 ⊆ · · · ⊆ g n = g

la bandiera di ideali. Se scegliamo una base di g tale che g i = hx 1 , . . . , x i i, in questa base tutte le matrici di ad g sono triangolari superiori, perci` o tutte le matrici di ad[gg] = [ad g ad g] sono strettamente triangolari superiori e perci` o nilpotenti. Quindi ad[gg] ` e nilpotente e perci` o anche [gg] ` e nilpotente.

Inoltre ` e chiaro dalle definizioni che se [gg] ` e nilpotente allora g ` e risolubile.

La forma di Killing di un’algebra di Lie ` e una forma bilineare simmetrica data da

κ(x, y) = tr g (ad x ad y) . Con un semplice conto si verifica che vale

κ([xy], z) = κ(x, [yz]) .

Teorema 5 (Criterio di Cartan). Sia g una sottoalgebra di gl(V ) con dim V <

∞. Supponiamo che tr(xy) = 0 per ogni x ∈ [gg] e ogni y ∈ g. Allora g ` e risolubile.

Corollario 3. Sia g un’algebra di Lie tale che [gg] stia nel nucleo della forma

di Killing. Allora g ` e risolubile.

(10)

1.2.3 Algebre semisemplici

Un’algebra di Lie g ` e detta semisemplice se il suo radicale Radg ` e nullo 1 . Proposizione 3. Un’algebra di Lie g ` e semisemplice se e solo se la sua forma di Killing ` e non degenere.

Dimostrazione. Sia A il nucleo della forma di Killing di g (i.e. A = g ). ` E chiaro che ` e un ideale di g, perch` e per ogni x, z ∈ g e ogni y ∈ A

κ([xy], z) = κ(x, [yz]) = 0 .

Osserviamo che ad A ` e risolubile per il criterio di Cartan. Ma allora anche A ` e risolubile. Quindi A ` e contenuta nel radicale di g. In particolare se g ` e semisemplice κ ` e non degenere.

Il viceversa vale solo in caratteristica 0. Prendiamo un ideale abeliano h di g e facciamo vedere che h ⊆ A. Questo chiaramente implica la tesi perch` e un’algebra senza ideali abeliani ` e semisemplice (ogni algebra risolubile ha un’ideale abeliano non banale!). Ora se x ∈ h e y ∈ g vorremmo far vedere che κ(x, y) = 0. Ma ad x ad y(g) ⊆ h e quindi (ad x ad y) 2 g ⊆ [hh] = 0. Perci` o

κ(x, y) = tr(ad x ad y) = 0 .

Lemma 3. Sia g algebra di Lie e h ideale. Allora la forma di Killing di h coincide con la restrizione ad h × h della forma di Killing di g.

Dimostrazione. Siano x, y ∈ h. Voglio far vedere che ad g x ad g y ha la stessa traccia di ad h x ad h y. Infatti prendiamo una base di h e completiamola ad una base di g. In questa base le matrici di ad g x e ad g y sono della forma

∗ ? 0 0



dove al posto dell’asterisco ci sono le matrici di ad h x e ad h y. Questo implica la tesi.

Teorema 6. Sia g un’algebra di Lie semisemplice. Allora esistono h 1 , . . . , h t

ideali semplici di g tali che

g = h 1 ⊕ · · · ⊕ h t . Inoltre ogni ideale semplice di g ` e uno degli h i .

Dimostrazione. Andiamo per induzione su dim g. Se g ` e semplice abbiamo la tesi. Prendiamo h 1 un ideale di g e consideriamo h = h 1 l’ortogonale rispetto

1

Ricordiamo che il radicale di un’algebra di Lie ` e il massimo ideale risolubile.

(11)

1.2. ALGEBRE NILPOTENTI, RISOLUBILI, SEMISEMPLICI 11 alla forma di Killing. Il criterio di Cartan applicato a h ∩ h 1 ci dice che ` e un ideale risolubile, per cui h ∩ h 1 = 0. Ma allora

g = h ⊕ h 1

e la forma di Killing ` e non degenere se ristretta ad h o h 1 . Perci` o per ipotesi induttiva g si scrive come somma di ideali semplici.

Sia ora h un ideale semplice di g. Allora [hg] = [hh 1 ] ⊕ · · · [hh t ]

Ma se h 6= h i per nessun i ne segue che [hh i ] ⊆ h ∩ h i = 0. Quindi [hg] = 0, cio` e h abeliano, assurdo perch` e h ` e semplice.

Osserviamo che in particolare se g ` e semisemplice [gg] = g.

Consideriamo ora una rappresentazione φ : g → gl(V ) e supponiamo che sia fedele (i.e. che φ sia iniettivo). Prendiamo per ogni x, y ∈ g

β(x, y) = tr V (φ(x)φ(y)) .

Questa ` e una forma bilineare simmetrica associativa (i.e. β([xy], z) = β(x, [yz])) e non degenere. Per vederlo basta mimare le dimostrazioni per la forma di Killing (che ` e il caso φ = ad).

Ora sia x 1 , . . . , x n base di g e sia y 1 , . . . , y n base duale rispetto a β. Allora l’elemento di Casimir di φ ` e

c φ = X

i

φ(x i )φ(y i ) ∈ gl(V ) .

Lemma 4. L’elemento di Casimir c φ commuta con l’azione di g (cio` e ` e un g-omomorfismo).

Dimostrazione. Fissiamo x ∈ g e poniamo [xx i ] =

n

X

j=1

a ij x j [xy i ] =

n

X

j=1

b ij y j .

Ma dall’equazione β([xx i ], y j ) + β([xy j ], x i ) = 0 segue che a ij + b ji = 0. Infine

[φ(x), c φ ] =

n

X

i=1

[φ(x), φ(x i )φ(y i )] =

=

n

X

i=1

[φ(x), φ(x i )]φ(y i ) + φ(x i )[φ(x), φ(y i )] =

n

X

i=1 n

X

j=1

(a ij + b ji )φ(x i )φ(y i ) = 0

Lemma 5 (Schur). Sia g un’algebra di Lie e siano V, W due g moduli ir-

riducibili. Se φ : V → W ` e un omomorfismo di g-moduli allora o φ ` e un

isomorfismo o ` e l’omomorfismo nullo.

(12)

Dimostrazione. Osserviamo che ker φ ` e un sottomodulo di V . Poich` e V ` e ir- riducibile o ` e tutto (e in tal caso φ ` e nullo) o ` e 0 (e in tal caso φ ` e iniettivo.

D’altro canto se φ ` e iniettivo la sua immagine ` e un sottomodulo non nullo di W e quindi ` e tutto.

Quindi in particolare se k ` e algebricamente chiuso un qualunque endomor- fismo φ di un g-modulo irriducibile ` e la moltiplicazione per uno scalare. Infatti deve avere un’autovalore λ e allora φ − λId ` e un endomorfismo non iniettivo (e perci` o ` e 0).

Osserviamo ora che se g ` e semisemplice e φ : g → gl(V ) ` e una rappresen- tazione di g φ(g) ⊆ sl(V ). Infatti

φ(g) = φ([gg]) = [φ(g)φ(g)] ⊆ [gl(V )gl(V )] = sl(V ) . In particolare se dim V = 1 φ(g) = 0.

Una rappresentazione ` e irriducibile se non ha sottorappresentazioni pro- prie. Una rappresentazione ` e completamente riducibile se ` e somma diretta di sottorappresentazioni irriducibili.

Lemma 6. Sia g un’algebra di Lie semisemplice e sia V un g-modulo con un g-sottomodulo W di codimensione 1. Allora W ha un g-modulo complementare in V

Dimostrazione. Senza perdita di generalit` a assumiamo che V sia un g-modulo fedele e che W sia irriducibile. Infatti se W 0 ⊆ W ` e un sottomodulo massimale proprio ci basta costruire un complementare per W/W 0 in V /W 0 . Notiamo inoltre che V /W ` e un g-modulo di dimensione 1, per cui dev’essere un modulo banale.

Prendiamo ora l’elemento di Casimir c φ . Questo lascia invariato W perch` e

`

e somma di prodotti di elementi di φ(g). Perci` o, per il lemma di Schur, c φ | W

`

e la moltiplicazione per uno scalare. D’altro canto c φ agisce banalmente su V /W perch` e questa ` e un modulo 1-dimensionale su di un’algebra semisemplice.

Quindi

tr W (c φ | W ) = tr V (c φ ) ⇒ c φ | W = 1 dim W Id .

Quindi W ∩ ker c φ = 0. Ma d’altro canto c φ ` e un g-sottomodulo di V per cui W ⊕ c φ = V .

Teorema 7 (Weyl). Sia φ : g → gl(V ) una rappresentazione di un’algebra di Lie semisemplice g. Allora φ ` e completamente riducibile.

Dimostrazione. Senza perdita di generalit` a assumiamo φ fedele (altrimenti basta

usare il teorema applicato a φ(g), ricordando che quozienti di algebre semisem-

plici sono semisemplici).

(13)

1.3. RAPPRESENTAZIONI DI SL 2 (K) 13 Andiamo per induzione su dim V . Prendiamo W un sottomodulo di V e dimostriamo che ha un complementare. Su Hom k (V, W ) possiamo dare la struttura standard di g-modulo data da

(xf )(v) = x(f (v)) − f (xv) . Consideriamo Γ, Λ ⊆ Hom k (V, W ) definito da

Γ = {f ∈ Hom k (V, W ) | ∃λ ∈ k f | W = λId}

Λ = {f ∈ Hom k (V, W ) | f | W = 0} .

E chiaro che Γ e Λ sono sottomoduli e che Λ ha codimensione 1 in Γ. Quindi ` ha un complementare per il lemma 6. Sia f ∈ Γ tale che Γ = f ⊕ Λ. Possiamo rinormalizzarlo di modo che f | W = Id. Osserviamo che hf i ` e un modulo di dimensione uno e perci` o banale. Quindi

(xf )(v) = xf (v) − f (xv) = 0 cio` e f ` e un g-endomorfismo di V .

Vogliamo dimostrare che ker f ` e un complementare di W . E chiaro che ` ker f ∩ W = 0. Inoltre poich` e f ` e un g-endomorfismo, ker f ` e un sottomodulo.

Infine il rango di f ` e esattamente la dimensione di W (perch` e f (V ) = W ) per cui dim ker f + dim W = dim V , che implica

ker f ⊕ W = V che ` e la tesi.

1.3 Rappresentazioni di sl 2 (k)

Osserviamo che sl 2 (k) ` e un’algebra semisemplice. Per cui per il teorema di Weyl

`

e sufficiente classificare tutte le rappresentazioni irriducibili.

Una base di sl 2 (k) ` e data dalle tre matrici x = 0 1

0 0



y = 0 0 1 0



h = 1 0 0 −1

 . Osserviamo che

[hx] = 2x, [hy] = −2y, [xy] = h .

Consideriamo lo spazio vettoriale h generato da x e h. Si vede immediatamente che ` e una sottoalgebra di Lie risolubile, per cui c’` e un autovettore comune v.

hv = λv xv = µv . Inoltre

λµv = hxv = xhv + [hx]v = (2µ + λµ)v

(14)

per cui µ = 0.

Poniamo ora

v i = y i i! v Per induzione si vede che

hv i = (λ − 2i)v i

yv i = (i + 1)v i+1

xv i = (λ − i + 1)v i−1

v −1 = 0

Consideriamo Span(v i | i ≥ 0). Questo come si vede ` e un sottomodulo, per cui dev’essere ` e tutto. Poniamo ora

V α = {v ∈ V | hv = αv} .

Abbiamo visto che v i ∈ V λ−2i . Poich` e dim V < ∞ (e quindi ci sono solo un numero finito di α tale che V α 6= 0) deve esistere n tale che v n 6= 0 ma v n+1 = 0.

Allora

0 = xv n+1 = (λ − n)v n

per cui λ = n ∈ N. Inoltre `e chiaro che dim V = n + 1, e che una base `e {v, v 1 , . . . , v n }

In questa base l’azione di sl 2 (k).

h 7→

n 0 · · · 0

0 n − 2 · · · 0 .. . .. . . . . .. . 0 0 · · · −n

x 7→

0 n · · · 0 .. . . . . .. .

0 · · · 1

0 · · · 0

y 7→

0 0 · · · 0 1 0 · · · 0 .. . . . . .. . 0 · · · n 0

 .

Queste sono chiaramente rappresentazioni irriducibili (e quindi sono tutte).

1.4 MANCANTE: La decomposizione di Jordan

Teorema 8. Sia x ∈ gl(V ). Allora esistono unici x s , x n ∈ gl(V ) tali che x s ` e semisemplice (diagonalizzabile nella chiusura algebrica), x n ` e nilpotente e [x s x n ] = 0. Inoltre x s , x n sono esprimibili come polinomi in x.

Teorema 9. Sia g un’algebra di Lie semisemplice. Allora per ogni x ∈ g es- istono unici x s , x n tali che ad x s ` e semisemplice, ad x n ` e nilpotente e [x s x n ] = 0.

Inoltre se g ` e una sottoalgebra di gl(V ) questa decomposizione coincide con la

decomposizione del teorema precendente.

(15)

1.5. DECOMPOSIZIONE DI CARTAN 15

1.5 Decomposizione di Cartan

In tutta questa sezione g ` e un’algebra di Lie semisemplice.

Un’algebra torale ` e una sottoalgebra h di g composta completamente di elementi semisemplici.

Proposizione 4. Ogni algebra torale h ` e abeliana.

Dimostrazione. Prendiamo x ∈ h. Vogliamo dimostrare che ad h x = 0. Poich` e

`

e diagonalizzabile ci basta far vedere non ha autovettori non nulli. Prendiamo un autovettore y ∈ h tale che

[xy] = ay

Allora se consideriamo la restrizione di ad h y a V = Span(x, y) questa ` e nilpo- tente. Siccome ` e anche diagonalizzabile abbiamo che ad h y| V = 0, cio` e a = 0.

Sia quindi h una sottoalgebra torale massimale di g. La restrizione della rappresentazione aggiunta rende g automaticamente un h-modulo. Inoltre ad h

`

e composto di elementi a due a due commutanti, perci` o ` e simultaneamente diagonalizzabile. Possiamo quindi trovare una famiglia finita Φ ⊆ h r {0} tale che

g = C(h) ⊕ M

α∈Φ

g α . Qui per ogni α ∈ h poniamo

g α = {x ∈ g | [h, x] = α(h)x ∀h ∈ h}

e C(h) = C g (h) = g 0 ` e il centralizzatore di h.

Lemma 7. Siano α, β ∈ h . Allora [g α g β ] ⊆ g α+β .

Inoltre se α + β 6= 0 allora g α e g β sono ortogonali rispetto alla forma di Killing.

Dimostrazione. Sia x ∈ g α ,y ∈ g β . Allora per ogni h ∈ h [h[xy]] = [[hx]y] + [x[hy]] = [α(h)xy] + [xβ(h)y] = (α + β)(h)[xy] . Cio` e [xy] ∈ g α+β .

Ora, se α + β 6= 0, esiste h ∈ h tale che (α + β)(h) 6= 0. Allora per ogni x ∈ g α , y ∈ g β

(α + β)(h)κ(x, y) = κ(α(h)x, y) + κ(x, β(h)y) =

= κ([hx], y) + κ(x, [hy]) = κ([hx], y) + κ([xh], y) = 0 che ` e la tesi.

Corollario 4. La restrizione di κ a C(h) ` e non degenere.

(16)

Lemma 8. Sia h una sottoalgebra torale massimale. Allora C(h) = h.

Proposizione 5. Per ogni α ∈ Φ poniamo t α ∈ h definito da α(h) = κ(t α , h) per ogni h ∈ h. Inoltre per ogni α, β ∈ h poniamo (α, β) = κ(t α , t β ).

1. Φ genera tutto h come spazio vettoriale.

2. Se α ∈ Φ allora −α ∈ Φ.

3. Siano x ∈ g α , y ∈ g −α . Allora

[xy] = κ(x, y)t α . E inoltre esistono tali x, y con [xy] 6= 0.

4. (α, α) 6= 0 per ogni α ∈ Φ.

5. Per ogni x ∈ g α esiste un unico y ∈ g −α tale che, posto h α = 2t α

κ(t α , t α ) l’algebra generata da x, y, h α sia isomorfa a sl 2 (k)

Dimostrazione. Osserviamo che se Φ non generasse tutto h , esisterebbe h ∈ h non nullo tale che α(h) = 0 per ogni α ∈ Φ. Ma allora h ∈ Z(g) = 0, assurdo.

Ora, se α ∈ Φ ma −α 6∈ Φ g α sarebbe nel nucleo della forma di Killing (` e ortogonale a tutti i g β con β 6= −α). Ora, se x ∈ g α , y ∈ g −α , abbiamo che [xy] ∈ g 0 = h. Ma

κ([xy], h) = κ(x, [yh]) = α(h)κ(x, y)

per cui [xy] = κ(x, y)t α (stanno entrambi in h e rappresentano lo stesso fun- zionale tramite κ). Inoltre per ogni x ∈ g α esiste y ∈ g −α con κ(x, y) 6= 0, perch` e altrimenti x starebbe nel nucleo di κ.

Supponiamo ora che (α, α) = α(t α ) = 0. Consideriamo l’algebra S = {t α , x, y} dove abbiamo scelto x ∈ g α , y ∈ g −α di modo che [xy] = t α . Allora questa ` e risolubile, perch` e [t α x] = [t α y] = 0, quindi ad g S sarebbe risolubile. Ma questo ` e assurdo perch` e allora ad g t α ∈ [ad g S, ad g S] sarebbe nilpotente, contro l’ipotesi su t α .

Il punto 5 invece ` e ovvio.

Proposizione 6. 1. Se α ∈ Φ, allora dim g α = 1.

2. Se α ∈ Φ gli unici suoi multipli in Φ sono α e −α.

3. Se α, β ∈ Φ allora hβ, αi = 2(β,α) (α,α) sono interi e β − hβ, αiα ∈ Φ.

4. La α-stringa di radici per β ` e lunga hβ, αi, cio` e l’insieme {i ∈ Z | β + iα ∈ Φ}

`

e un intervallo di lunghezza hβ, αi.

(17)

1.5. DECOMPOSIZIONE DI CARTAN 17 Dimostrazione. Per ogni α ∈ Φ prendiamo S α = hx α , y α , h α i isomorfa a sl 2 (k).

Ora se consideriamo

M = h ⊕ M

c∈k

×

g .

questo ` e un S α -modulo e perci` o ha per pesi numeri interi. Prendiamo ora v ∈ g . Questo ` e un autovettore di h α di autovalore

[h α v] = cα(h α )v = 2cv, .

Quindi gli autovalori di h sono {2c | g 6= 0} ⊆ Z. Ora, gli autovettori di autovalore 0 sono dati da h, per cui le uniche sottorappresentazioni di peso pari sono quelle contenute in ker α (che ` e somma di rappresentazioni 1 dimensionali) e la rappresentazione aggiunta di S α . In particolare 2α non ` e una radice (non ci sono sottorappresentazioni di M di peso 4). Perci` o se α ` e radice 1 2 α non lo ` e.

Di conseguenza non ci sono rappresentazioni di peso dispari, cio` e M = h ⊕ g α ⊕ g −α .

Quindi gli unici multipli di α che stanno in Φ sono α e −α. Inoltre dalla dimostrazione ` e chiaro che g α = Span(x α ) e perci` o ha dimensione 1.

Prendiamo ora α, β ∈ Φ e consideriamo la α-stringa di radici per β, cio` e poniamo

N = M

i∈Z

g β+iα .

Questo ` e ancora un S α -modulo. Inoltre se v ∈ g β+iα ` e autovettore di autovalore β(h α ) + 2i perch` e

[h α v] = (β + iα)(h α )v = (β(h α ) + 2i)v .

Quindi β(h α ) = hβ, αi ` e un intero e inoltre la lunghezza della α-stringa per β ` e esattamente la dimensione di N , cio` e hβ, αi.

Consideriamo ora il sottospazio vettoriale E Q di h generato su Q dagli elementi di Φ. Questo ha dimensione n = dim g. Infatti sia α 1 , . . . , α n una base di h contenuta in Φ. Allora voglio dire che

Φ ⊆

n

M

i=1

i .

Infatti sia β ∈ Φ. Sappiamo che esistono c 1 , . . . , c n ∈ k tali che β = c 1 α 1 + · · · + c n α n . Allora per ogni j = 1, . . . , n vale

hβ, α j i =

n

X

i=1

c ii , α j i .

Questo ` e un sistema di n equazioni in n incognite a coefficienti razionali che possiede un unica soluzione 2 . Perci` o ha soluzione in Q, cio`e c i ∈ Q.

2

Perch` e la forma (, ) ` e non degenere.

(18)

Infine dimostriamo che (, ) ristretta a E Q ` e definita positiva. Infatti se β ∈ E Q (β, β) = κ(t β , t β ) = tr(ad g t β ad g t β ) = X

α∈Φ

α(t β ) 2 > 0

dove l’ultima uguaglianza segue dalla scrittura di ad g t β nella base data dai g α . Quindi ponendo E = E QQ R abbiamo costruito una mappa

(g, h) 7→ (E, Φ)

che associa a ogni algebra di Lie (corredata di una sottoalgebra torale massimale) una coppia data da uno spazio euclideo e di un sistema di radici in esso.

Infatti per ogni spazio euclideo E definiamo un suo sottoinsieme Φ ⊆ E r{0}

come un sistema di radici se valgono le seguenti propriet` a:

1. Φ genera E come spazio vettoriale su R.

2. Se α ∈ Φ gli unici multipli di α in Φ sono ±α.

3. Per ogni α, β ∈ Φ i valori hβ, αi = 2(β,α) (α,α) sono interi.

4. Per ogni α ∈ Φ le simmetrie σ α che mandano x in x − hx, αiα lasciano Φ invariato.

1.6 Teoria assiomatica dei sistemi di radici

Supponiamo di avere un sistema di radici Φ ⊆ E. Osserviamo che per ogni α, β ∈ Φ se θ ` e l’angolo tra α e β

hβ, αi = 2(β, α)

(α, α) = 2||β||

||α|| cos θ . Ma allora

hβ, αihα, βi = 4 cos 2 θ

`

e un intero minore o uguale a 4. Questo lascia poche possibilit` a per θ. Supponi- amo ||β|| ≥ ||α|| e che non siano proporzionali (nel qual caso β = ±α). Allora le possibilit` a sono

hα, βi hβ, αi θ ||β||/||α||

0 0 π/2 indeterminato

1 1 π/3 1

-1 -1 2π/3 1

1 2 π/4 2

-1 -2 3π/4 2

1 3 π/6 3

-1 -3 5π/6 3

(19)

1.6. TEORIA ASSIOMATICA DEI SISTEMI DI RADICI 19 Lemma 9. Siano α, β ∈ Φ non proporzionali. Se (α, β) > 0 (rispettivamente (α, β) < 0) allora α − β ∈ Φ (rispettivamente α + β ∈ Φ).

Dimostrazione. Senza perdita di generalit` a supponiamo ||β|| > ||α||. Facciamo il caso (α, β) > 0. Allora dalla tabella sappiamo che hα, βi = 1. Ma allora

α − hα, βiβ = α − β ∈ Φ .

Definiamo il gruppo di Weil W di Φ come il sottogruppo di GL(E) generato dalle riflessioni σ α per α ∈ Φ.

Lemma 10. Se ξ ∈ GL(E) manda Φ in s` e, allora per ogni radice α ξσ α ξ −1 = σ ξα

Una base di Φ ` e un sottoinsieme ∆ ⊆ Φ tale che

• ∆ ` e una base di E.

• Ogni elemento β di Φ si scrive come somma concorde di elementi di ∆, cio` e

β = ± X

α∈∆

ε α α

!

con ε α ∈ {0, 1}

Vogliamo dimostrare che esistono basi, anzi in un certo senso vogliamo

“trovarle tutte”. Sia per ogni α ∈ E

p α = {x ∈ E | (x, α) = 0}

(l’iperpiano ortogonale ad α). Le camere di Weil sono le componenti connesse di

E r [

α∈Φ

p α .

Lemma 11. Esiste una corrispondenza biunivoca tra le camere di Weil e le basi di Φ.

Dimostrazione. Se C ` e una camera di Weil e γ ∈ C definiamo le radici positive come

Φ + = {α ∈ Φ | (α, γ) > 0} .

Osserviamo che questo dipende solo da C e non da γ. Inoltre chiamiamo radici negative quelle radici che non sono positive (Φ ). Diciamo che una radice pos- itiva α ` e indecomponibile se non ` e somma di altre radici positive. Definiamo quindi

∆(C) = {α ∈ Φ + | α indecomponibile } .

E chiaro che ogni radice ` ` e combinazione concorde di elementi di ∆(C) (se un

α ∈ Φ + ` e decomponibile lo scrivo come α = β + β 0 e poi induco, tanto sono un

numero finito). Quindi in particolare generano. Ci manca da dimostrare solo

(20)

che siano linearmente indipendenti. Osserviamo che per ogni α, β ∈ ∆(C) α − β non ` e una radice, per cui (α, β) ≤ 0. Scriviamo ora una combinazione lineare

X

α

r α α = 0

Separando nei due lati le r α positive da quelle negative X

r

α

>0

r α α = X

r

β

<0

(−r β )β .

Chiamiamo ε il valore comune. Allora (ε, ε) = X

r

α

>0,r

β

<0

−r α r β (α, β) ≤ 0

Per cui dev’essere ε = 0. WLOG allora r α > 0 per ogni α. Ma, preso γ ∈ C risulta

0 = X

α

r α (α, γ)

e poich` e tutti gli addendi del membro di destra sono positivi dev’essere r α = 0 per ogni α.

Viceversa per ogni base possiamo determinare una camera. Infatti ` e suffi- ciente prendere un γ tale che (γ, α) > 0 per ogni α ∈ ∆ e associare a ∆ la camera in cui sta γ.

Lemma 12. Sia α ∈ ∆. Allora se β ∈ Φ + , con β 6= α, allora σ α β ∈ Φ + . Dimostrazione. Infatti scriviamo

β = X

γ∈∆

k γ γ .

Poich` e β non ` e proporzionale ad α esiste γ 6= α con k γ > 0. Ma in σ α (β) = β − hβ, αi cambia solo la coordinata di α, per cui σ α (β), che ha un coefficiente positivo, dev’essere una radice positiva.

Teorema 10. Sia Φ ⊆ E un sistema di radici e ∆ una sua base e sia W il gruppo di Weil di Φ. Allora

1. Se γ sta in una camera esiste σ ∈ W tale che σγ ∈ C(∆) (cio` e il gruppo di Weil ` e transitivo sulle camere).

2. Se ∆ 0 ` e un’altra base di Φ esiste σ ∈ W tale che σ(∆ 0 ) = ∆ (cio` e W ` e transitivo sulle basi).

3. Se α ∈ Φ esiste σ ∈ W tale che σ(α) ∈ ∆.

4. W ` e generato dai σ α per α ∈ ∆.

(21)

1.6. TEORIA ASSIOMATICA DEI SISTEMI DI RADICI 21

Dimostrazione. Dimostreremo prima i primi tre risultati per il sottogruppo W 0 = hσ α | α ∈ ∆i

e poi dimostreremo che W 0 = W . Fissiamo γ ∈ C(∆).

(1). Consideriamo

δ = 1 2

X

α∈Φ

+

α

Sia σ ∈ W 0 tale che (σ(γ), δ) sia massimo. Vogliamo dire che (σγ, α) > 0 per ogni α ∈ ∆ (e quindi in Φ + ).

Infatti sappiamo che

(σ α σγ, δ) ≤ (σγ, δ) . Ma

(σ α σγ, δ) = (σγ, σ α δ) =

σγ, 1 2

X

β∈Φ

+

σ α (β)

 = (σγ, δ − α) = (σγ, δ) − (σγ, α)

dove la penultima uguaglianza ` e data dal fatto che σ α α = −α, ma che σ α

permuta le altre radici positive. Cio` e (σγ, α) > 0 per ogni α ∈ Φ + , che ` e quello che volevamo dimostrare.

(2). ` E una ovvia conseguenza di (1) e della corrispondenza biunivoca tra basi e camere di Weil.

(3). Per (2) ` e sufficiente far vedere che α appartiene ad almeno una base.

Prendiamo γ ∈ p α tale che γ 6∈ p β per nessun’altra radice β 6= ±α. Possiamo quindi trovare γ 0 tale che (γ 0 , α) = ε > 0, ma |(γ 0 , β)| > ε per ogni altra radice β 6= ±α. Ma allora α ` e indecomponibile tra le radici positive rispetto a γ 0 . Infatti se

α = β 1 + · · · + β k ⇒ (γ 0 , α) = (γ 0 , β 1 ) + · · · + (γ 0 , β k ) > ε assurdo.

(4). Basta far vedere che σ α ∈ W 0 per α ∈ Φ. Possiamo trovare ξ ∈ W 0 che manda ξ(α) ∈ ∆. Ma allora

ξσ α ξ −1 = σ ξα ∈ W 0 e perci` o σ α ∈ W 0 .

Un sistema di radici si dice irriducibile se non ` e scrivibile come unione disgiunta di due sistemi di radici ortogonali.

Data una base ∆ = {α 1 , . . . , α n }, la matrice di Cartan di Φ ` e la matrice (hα i , α j i) ij . Osserviamo che, poich` e due qualsiasi basi sono coniugate, la matrici di Cartan non dipende dalla scelta della base (a meno di riordino).

Un modo comodo di codificare l’informazione della matrice di Cartan sono

i diagrammi di Dynkin. Il grafo di Coxeter di ∆ ` e il grafo che ha per vertici

gli elementi di ∆ e ha esattamente hα i , α j ihα j , α i i archi tra i vertici α i e α j . Il

(22)

diagramma di Dynkin ` e il grafo di Coxeter con l’informazione aggiuntiva che i lati multipli (che accadono solo quando α i e α j hanno moduli diversi) sono ortientati verso la radice di modulo massimo.

E chiaro che il sistema di radici ` ` e irriducibile se e solo se il suo diagramma di Dynkin ` e connesso. Inoltre la matrice di Cartan (e perci` o il diagramma di Dynkin) determina completamente il sistema di radici.

Teorema 11 (Teorema di Classificazione). Sia Φ un sistema di radici ir- riducibile di rango l. Allora il suo diagramma di Dynkin ` e uno dei seguenti:

A l (l ≥ 1) :

1 2 3 l − 1 l

B l (l ≥ 2) :

1 2 3 l − 1 l

C l (l ≥ 3) :

1 2 3 l − 1 l

D l (l ≥ 3) :

1 2 3 l − 2

l − 1

l

E 6 :

1 3 4 5 6

2

E 7 :

1 3 4 5 6 7

2

E 8 :

1 3 4 5 6 7 8

2

F 4 :

1 2 3 4 G 2 :

1 2

1.7 MANCANTE: teoremi di coniugio, isomor- fismo e esistenza

Questa sezione conterr` a gli enunciati di tre teoremi molto importanti che n non sono stati fatti a lezione.

Teorema 12 (di isomorfismo). Siano g, g 0 algebre di Lie semisemplici e siano h, h 0 sottoalgebre torali massimali di sistemi di radici Φ, Φ 0 rispettivamente. Sup- poniamo che esista un isomorfismo ξ di Φ con Φ 0 che induce quindi un isomor- fismo di algebre di Lie tra h e h 0 . Inoltre fissiamo ∆ base di Φ e per ogni α ∈ ∆ scegliamo un isomorfismo ξ α : g α → g ξα . Allora esiste un unico ξ : g → g 0 isomorfismo che estende gli isomorfismi di h e di g α .

Quindi algebre di Lie con sistemi di radici isomorfi sono isomorfe.

Teorema 13 (di coniugio). Sia g algebra di Lie semisemplice e siano h, h 0 sottoalgebre torali massimali di g. Allora esiste un automorfismo ϕ : g → g tale che ϕ(h) = h 0 .

Quindi tutte le sottoalgebre torali massimali di un’algebra di Lie semisem-

plice hanno sistemi di radici isomorfi.

(23)

1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 23 Teorema 14 (di esistenza di Serre). Sia Φ un sistema di radici e sia ∆ = {α 1 , . . . , α l } una sua base. Sia g l’algebra di Lie generata dagli elementi

{x i , h i , y i | i = 1, . . . , l}

soggetti alle relazioni

• [h i h j ] per ogni i, j.

• [x i y i ] = h i e [x i y j ] = 0 per i 6= j.

• [h i x j ] = hα i , α j ix j e [h i y j ] = −hα j , α i iy j per ogni i, j.

• (ad x i ) −hα

j

i

i+1 x j = 0 e (ad y i ) −hα

j

i

i+1 y j = 0 per ogni i 6= j

Allora g ` e un’algebra di Lie semisemplice finita, la sottoalgebra generata dagli h i ` e un’algebra torale massimale e il sistema di radici ` e naturalmente isomorfo a Φ.

Quindi per ogni sistema di radici esiste un’algebra di Lie semisemplice.

1.8 Teoria delle rappresentazioni

Sia V un g-modulo (non necessariamente finito). Scegliamo inoltre un’algebra torale massimale h e una base ∆ del sistema di radici. Sia λ ∈ h . Definiamo lo spazio-peso di λ come

V λ = {v ∈ V | hv = λ(h)v ∀h ∈ h} . Quegli elementi λ ∈ h per cui V λ 6= 0 sono detti pesi di V .

Un vettore massimale v ∈ V (di peso λ) ` e un vettore non nullo in V λ = {w ∈ V | hw = λ(h)w} tale che per ogni α ∈ ∆ g α v = 0. Se V ` e finito esistono sempre vettori massimali. Infatti sia

B(∆) = h ⊕ M

α0

g α

una sottoalgebra di Borel. Questa ` e risolubile e perci` o ha un autovettore comune per il teorema di Lie, che ` e un vettore massimale.

Un g-modulo V si dice standard ciclico se esiste un vettore massimale v di peso λ tale che

V = U(g)v .

Proposizione 7. Sia V = U(g)v standard ciclico e sia Φ + = {β 1 , . . . , β n } l’insieme delle radici positive. Allora

(a) V ` e generato dai vettori y β i

1

1

· · · y β i

n

n

v. In particolare V ` e somma diretta dei

suoi spazi peso.

(24)

(b) I pesi di V sono della forma

µ = λ − X

α∈∆

k α α dove i k α ∈ N.

(c) Per ogni peso µ dim V µ < ∞ e in particolare dim V λ = 1.

(d) Ogni sottomodulo di V ` e somma diretta dei suoi spazi peso.

(e) V ` e indecomponibile e ha un unico sottomodulo massimale.

Dimostrazione. (a) ` e una conseguenza immediata del teorema di Poincar` e-Birkoff- Witt. Infatti sia g − = L

α∈Φ

g α . Allora

V = U(g)v = U(g )U(B(∆)v = U(g )v . (b) segue da (a). Infatti tutti i vettori della forma y β i

1

1

· · · y β i

n

n

v stanno nello spazio peso corrispondente a

λ −

n

X

j=1

i j β j

(si tratta di un banale conto) per cui, sostituendo le espressioni dei β j in termini degli elementi della base abbiamo la tesi.

(c) segue ancora da (a). Infatti per ogni peso µ V µ = Span(y β i

1

1

· · · y β i

n

n

v | µ = λ −

n

X

i=j

i j β j }

e lo spazio vettoriale sulla destra ` e chiaramente di dimensione finita (e di dimensione 1 quando µ = λ).

(d) Prendiamo W sottomodulo di V . Sappiamo che w = P

µ v µ con v µ ∈ V µ

(perch` e V ` e somma dei suoi spazi peso), dobbiamo dimostrare che v µ ∈ W . Se cos`ı non fosse prendiamo w controesempio con il minor numero di addendi non nulli

w = v 1 + · · · + v r v i ∈ V µ

i

.

E chiaro che r > 1 (se no non sarebbe un controesempio). Senza perdita di ` generalit` a supponiamo v 2 6∈ W . Poich` e µ 1 6= µ 2 , esiste h ∈ h tale che µ 1 (h) 6=

µ 2 (h). Allora

µ 1 (h)w − hw = (µ 1 (h) − µ 2 (h))v 1 + · · · + (µ 1 (h) − µ r (h))v r ∈ W

`

e un controesempio pi` u piccolo, assurdo.

(e) Basta prendere

W = M

µ6=λ

V µ .

Questo ` e chiaramente un sottomodulo. Inoltre contiene tutti i sottomoduli pro-

pri per cui ` e l’unico sottomodulo massimale (e perci` o non ha un complementare,

quindi V ` e indecomponibile).

(25)

1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 25 Osserviamo che se V ` e un modulo standard ciclico, il peso del vettore mas- simale ` e caratterizzato dall’essere massimale tra tutti i pesi di W (cio` e se µ ` e un peso di V λ − µ ` e un peso positivo). Quindi il peso massimale di un modulo standard ciclico ` e ben definito. Inoltre anche il vettore massimale ` e ben definito a meno di proporzionalit` a, infatti dim V λ = 1.

Teorema 15 (Esistenza e unicit` a). Per ogni λ ∈ h esiste esattamente un unico modulo V (λ) standard ciclico irriducibile di peso λ, eventualmente non finito.

Dimostrazione. Cominciamo con l’unicit` a. Siano V, W due moduli standard ciclici irriducibili di peso λ e siano v, w vettori massimali. Consideriamo il g-modulo V ⊕ W . ` E chiaro che (v, w) ` e un vettore massimale di peso λ.

Prendiamo ora T = U(g)(v, w). Questo ` e un modulo standard ciclico. Con- sideriamo le proiezioni p V , p W sui due fattori. Poich` e V, W sono irriducibili p V (T ) = V e p W (T ) = W . Quindi ker p V e ker p W sono due sottomoduli massi- mali di T . Ma T , essendo standard ciclico, ha un solo sottomodulo massimale, per cui ker p V = ker p W . Cio` e

V ∼ = T / ker p V = T / ker p W ∼ = W .

Veniamo all’esistenza. Ricordiamo la notazione dell’algebra di Borel B(∆) = h ⊕ M

α∈Φ

+

g α .

Prendiamo ora D λ = kv e diamogli una struttura di B(∆)-modulo in questo modo

g α v = 0 ∀α ∈ Φ + e hv = λ(h)v ∀h ∈ h .

Quindi D λ ha una naturale struttura di U(B(∆))-modulo. Definiamo ora Z(λ) = U(g) ⊗ U(B(∆)) D λ

dove il prodotto tensore ` e fatto dando a U(g) la naturale struttura di U(B(∆)) modulo destro. Questo ha una naturale struttura di U(g)-modulo, anzi ` e stan- dard ciclico perch` e

Z(λ) = U(g)(1 ⊗ v)

e si vede immediatamente che g α v = 0 per ogni α ∈ Φ + . Quindi Z(λ) ha un unico sottomodulo massimale W . Bene, definiamo V (λ) = Z(λ)/W , questo ` e un g-modulo standard ciclico irriducibile.

Lemma 13. In U(g) valgono le relazioni per α, β ∈ ∆, k > 0

• [x α y β k ] = 0 se α 6= β.

• [h α y β k ] = −kβ(h α )y k β .

• [x α y α k ] = −ky α k (k − 1 − h α ).

(26)

Dimostrazione. Sono tutte una facile induzione, partendo dal fatto che α − β 6∈

Φ.

Sia ∆ = {α 1 , . . . , α n } una base di Φ. Un peso λ ∈ h ` e detto dominante intero se si pu` o scrivere nella forma

λ =

n

X

i=1

m i ω i m i ∈ N

dove (ω 1 , . . . , ω n ) ` e la base duale di n

i

i

i

)

o

i , di modo che hω i , α j i = δ ij . Teorema 16. V (λ) ` e finito dimensionale se e solo se λ ` e dominante intero.

Inoltre i pesi di V (λ) sono permutati dal gruppo di Weil.

Dimostrazione. Assumiamo che V (λ) sia finito. Per ogni α ∈ ∆ sia S α = Span(x α , y α , h α ) una copia di sl 2 (k). Allora v ` e un autovettore di h α di peso λ(h α ). Ma gli autovettori di h in una rappresentazione di sl 2 (k) sono sempre interi positivi o nulli. Per cui λ(h α ) ∈ N. Da questo segue la tesi, perch`e

λ =

n

X

i=1

i , λiω i =

n

X

i=1

λ(h α

i

i .

Viceversa supponiamo che λ sia dominante intero. Poniamo m i = λ(h i ) ∈ N e (x i , h i , y i ) = (x α

i

, h α

i

, y α

i

)Fissiamo un vettore massimale v. La dimostrazione si svolger` a in vari passi. Indichiamo la rappresentazione con φ : g → gl(V ).

• Per cominciare guardiamo il vettore w = y i m

i

+1 v. Se j 6= i combinando la prima parte del lemma 13 con il fatto che x j v = 0 abbiamo che x j w = 0.

D’altro canto, sempre per il lemma 13

x i w = y m

i

+1 x i v − ky m i

i

+1 (m i − h i )v = −ky i m

i

+1 (m i − m i )v = 0 . Quindi w ` e un vettore massimale. Ma questo ` e impossibile perch` e il suo peso ` e λ − P

i (m i + 1)α i (sempre con un conto del lemma 13, per cui w = 0.

• Indichiamo con S i = h i ⊕ g α

i

⊕ g −α

i

la copia di sl 2 (k) in g associata al peso α i . Ora V contiene un S i -modulo finito dimensionale, precisamente lo span dei vettori v, y i v, . . . , y m i

i

v. Infatti per il punto precedente ` e stabile per y i e per il lemma 13 ` e stabile per x i e h i . Definiamo ora V 0 come la somma di tutti gli S i -sottomoduli finiti di V . Sappiamo che V 0 6= 0.

Inoltre x α V 0 ⊆ V 0 per ogni α ∈ Φ. Infatti se W ` e un S i -sottomodulo, lo ` e anche x α W . Quindi V 0 ` e un g-sottomodulo di V , ma V ` e irriducibile per cui V 0 = V .

• Vediamo ora che φ(x i ), φ(y i ) sono endomorfismi localmente nilpotenti di V 3 . Infatti ogni w ∈ V sta in un S i -sottomodulo finito dimensionale, e l`ı φ(x i ) e φ(y i ) sono nilpotenti.

3

Ricordiamo che un endomorfismo l di uno spazio vettoriale V ` e localmente nilpotente

se per ogni w ∈ V , esiste n ∈ N tale che l

n

w = 0.

(27)

1.8. TEORIA DELLE RAPPRESENTAZIONI 27

• Possiamo quindi definire

s i = exp φ(x i ) exp φ(−y i ) exp φ(x i ) .

Infatti l’esponenziale di un endomorfismo localmente nilpotente l ` e sempre ben definito perch` e per ogni vettore w ∈ V la serie

(exp l)w =

X

j=0

1 j! l j w

ha solo un numero finito di termini non nulli (ed ` e ovviamente lineare).

Inoltre s i (V µ ) = V σ

i

µ dove µ ` e un peso e σ i = σ α

i

` e una riflessione.

Lemma 14. Per ogni x ∈ gl(V ) localmente nilpotente vale l’equazione (exp x)y(exp x) −1 = (exp ad x)y ∀y ∈ gl(V ) .

Dimostrazione. Infatti ad x = l x +r −x dove l x y = xy, r −x y = −yx. Questi sono due endomorfismi commutanti di gl(V ), per cui

exp ad x = exp(l x + r −x ) = (exp l x )(exp r −x ) = l exp x r exp −x .

Perci` o, svolgendo un po’ di conti

s i φ(h i )s −1 i = φ((exp ad x i )(exp ad −y i )(exp ad x i )h i ) = φ(−h i ) . s i φ(h j )s −1 i = φ((exp ad x i )(exp ad −y i )(exp ad x i )h j ) = φ(h j − 2h i ) . e quindi se w ∈ V µ risulta

h i s i w = s i (s −1 i h i s i )w = s i (−h i w) = −µ(h i )s i w = (σ i µ)(h i )(s i w) h i s i w = s i (s −1 i h i s i )w = s i (−h i w) = −µ(h j − 2h i )s i w = (σ i µ)(h j )(s i w) .

• Quindi l’insieme dei pesi ` e stabile per l’azione del gruppo di Weil 4 e dim V µ = dim V σµ se σ ∈ W .

Facciamo ora vedere che i pesi sono in numero finito. Per cominciare osserviamo che i pesi dominanti sono in numero finito. Infatti se µ ` e un peso dominante di V allora ovviamente anche µ + λ ` e ancora dominante (anche se potrebbe non essere pi` u un peso di V ). Ma λ − µ ` e somma di radici positive, per cui

(λ + µ, λ − µ) ≥ 0 ⇒ ||µ|| ≤ ||λ|| .

Quindi i pesi dominanti sono in numero finito. D’altro canto un peso ` e dominante se e solo se sta nella camera di Weyl associata alla base ∆

4

ricordiamo che il gruppo di Weil ` e generato dalle σ

i

(28)

scelta. Ma il gruppo di Weyl agisce transitivamente sulle camere, per cui ogni peso ` e coniugato ad un peso dominante. Poich` e il gruppo di Weyl ` e finito, anche l’insieme dei pesi lo ` e. Ma allora

V = M

µ∈Π(V )

V µ

`

e finito.

(29)

Capitolo 2

Gruppi di Lie

Un gruppo di Lie G ` e una variet` a differenziabile che ha una struttura di gruppo tale che le mappe µ : G × G → G di moltiplicazione e le mappe ι : G → G di inversione siano lisce. Indichiamo per ogni g ∈ G con L g : G → G la mappa di moltiplicazione a sinistra per g.

2.1 Gruppi e sottogruppi di Lie

Un campo di vettori X su G ` e detto invariante a sinistra se per ogni h ∈ G d(L g ) h X h = X gh .

Un sottogruppo ad un parametro ϑ di G ` e un omomorfismo di gruppi di Lie ϑ : R → G.

Teorema 17. Sia G un gruppo di Lie. La mappa ϑ 7→ ϑ 0 (0) ` e una corrispon- denza biunivoca tra l’insieme di tutti i sottogruppi ad un parametro e lo spazio tangente a G in e G e .

Dimostrazione. Siano ϑ, ϕ due sottogruppi ad un parametro tali che ϑ 0 (0) = ϕ 0 (0). Derivando in s la relazione

ϑ(t + s) = ϑ(t)ϑ(s) = L ϑ(t) ϑ(s) e valutandola in s = 0 otteniamo

ϑ 0 (t) = d(L ϑ (t)) e ϑ 0 (0) .

e l’unicit` a segue dal teorema di esistenza e unicit` a per le equazioni differenziali ordinarie.

Per quanto riguarda l’esistenza prendiamo v ∈ G e ed estendiamolo a un campo di vettori invariante a sinistra ponendo v x = d(L x ) e v. Consideriamo l’equazione

ϑ 0 (t) = v(ϑ(t) .

29

(30)

Possiamo trovare ε > 0 tale che esista un’unica soluzione ϑ : (−ε, ε) → G tale che ϑ(0) = e. Osserviamo che per |t|, |s| < ε/2 vale

ϑ(t + s) = ϑ(t)ϑ(s) .

Infatti entrambe le espressioni valgono ϑ(t) se s = 0 e soddisfano la stessa equazione differenziale.

Definiamo ora

ψ(t) =

 ϑ  t

N

 N

dove |t| < N ε. Questa definizione non dipende dalla scelta di N , infatti se N, M soddisfano entrambi l’ipotesi

 ϑ  t

N

 N

=

 ϑ

 t M N

 M N

=

 ϑ

 t M

 M

Questa ψ ` e un sottogruppo ad un parametro che coincide con ϑ in un intorno di 0, per cui ci da l’esistenza.

Definiamo la mappa esponenziale ϑ : G e → G data da exp(v) = ϑ v (1)

dove ϑ v ` e l’unico sottogruppo a un parametro tale che ϑ 0 v (0) = v. La mappa esponenziale ` e liscia per il teorema di regolarit` a delle soluzioni di un’equazione differenziale ordinaria:

Teorema 18. Sia Ω aperto di R n , I ⊆ R intervallo contenente lo 0. Sia inoltre v : I × Ω → R n funzione C . Allora per ogni y 0 ∈ Ω esiste un ε > 0, un V intorno di y 0 e una funzione f : (−ε, ε) × V → Ω tale che

( f (0, y) = y ∀y ∈ V

∂t f

(t,y) = v(t, f (t, y)) ∀(t, y) ∈ (−ε, ε) × V

Teorema 19. Dato φ : G → H omomorfismo di gruppi di Lie. Allora il seguente diagramma commuta:

G e H e

G H

dφ e

φ

exp exp

Dimostrazione. Osserviamo che se v ∈ G e abbiamo che ϑ

e

(v) = φϑ v (sono entrambi sottogruppi a un parametro con lo stesso vettore tangente). Quindi valuntando in 1:

exp(dφ e (v)) = φ exp(v)

che ` e la tesi.

(31)

2.1. GRUPPI E SOTTOGRUPPI DI LIE 31 Teorema 20. La mappa esponenziale ` e un diffeomorfismo da un intorno di 0 a un intorno di e.

Dimostrazione. Per il teorema della funzione inversa basta mostrare che d(exp) e

`

e invertibile. Ma se prendiamo v ∈ (G e ) 0 = G e d(exp) e v = d

dt exp(tv) t=0

= d dt ϑ v (t)

t=0

= v . per cui d(exp) e = id.

Ricordiamo il noto fatto che la componente connessa dell’identit` a di un gruppo topologico G ` e un sottogruppo normale chiuso.

Proposizione 8. Sia G un gruppo topologico e G 1 la componente connessa dell’identit` a. Sia inoltre S ⊆ G 1 un intorno dell’identit` a. Allora hSi = G 1 . Dimostrazione. Infatti hSi ` e aperto perch` e per ogni x ∈ S, xS ⊆ hSi. D’altro canto ` e chiuso, perch` e se y 6∈ S, yS ∩ hSi = ∅.

Teorema 21. Sia G un gruppo di Lie connesso, H un altro gruppo di Lie. Allo- ra ogni omomorfismo di gruppi di Lie ϑ : G → H ` e completamente determinato da d(ϑ) e : G e → H e .

Dimostrazione. Prendiamo U 0 ⊆ G e , U ⊆ G intorni di 0 e di e tali che exp : U 0 → U sia diffeomorfismo. Analogamente per V 0 ⊆ H e , V ⊆ H. A meno di restringere U, U 0 possiamo supporre ϑ(U ) ⊆ V . Allora

ϑ| U = exp | V

0

◦ dϑ e | U

0

◦ (exp U

0

) −1 .

Quindi almeno il comportamento locale di ϑ ` e determinato da dϑ e . D’altro canto se ϑ, ϑ 0 sono due omomorfismi con lo stesso differenziale l’insieme

{x ∈ G | ϑ(x) = ϑ 0 (x)}

`

e un sottogruppo che contiene un intorno dell’identit` a. Per il lemma contiene tutto G perch` e ` e connesso.

Lemma 15. Sia G un gruppo di Lie e ϕ : U → G una carta in un intorno dell’identit` a tale che ϕ(0) = e. Allora

µ(ϕ(x), ϕ(y)) = ϕ(x + y + o(|x| + |y|))

dove x, y ∈ U tali che il loro prodotto stia nell’immagine di ϕ e dove | · | ` e una qualunque norma su U .

Dimostrazione. La mappa di moltiplicazione µ : G × G → G ` e C , per cui in coordinate si pu` o srivere come

µ(x, y) = µ(0, 0) + ax + by + o(|x| + |y|) .

Ora µ(0, 0) = 0. Si tratta di far vedere che a = b = 0. Ma se x = 0, µ(0, y) = y

per ogni y ∈ U , per cui dev’essere b = 1. Analogamente per a = 1.

(32)

Teorema 22. Sia G un gruppo di Lie abeliano connesso. Allora esistono a, b ∈ N tali che

G ∼ = T a × R b dove T = S 1 = R/Z.

Dimostrazione. Per cominciare dimostriamo che exp : G e → G ` e un omo- morfismo di gruppi. Infatti prendiamo v, w ∈ G e . Allora per ogni N ∈ N

exp v exp w =  exp  v

N

 N  exp  w

N

 N

=  exp  v

N

 exp  w

N

 N perch` e G ` e abeliano. Ma per il lemma precedente

exp v exp w =

 exp  v

N + w

N + o  1 N

 N

= exp(v + w + o(1)) . Infine facendo tendere N a ∞

exp v exp w = exp(v + w) .

Quindi exp(G e ) ` e un sottogruppo di G che contiene un intorno di e (perch` e exp

`

e diffeomorfismo locale), quindi ` e tutto G. Perci` o G ∼ = G e / ker exp .

Ma il nucleo di exp ` e un sottogruppo discreto di G e ∼ = R n , perch` e exp ` e un diffeomorfismo locale. Perci` o ker exp ` e un reticolo

ker exp =

a

M

i=1

Zv i

con v 1 , . . . , v a linearmente indipendenti su R. Ma questo ci da la tesi.

Sia G un gruppo di Lie. Un sottogruppo di Lie ` e un omomorfismo iniettivo di gruppi di Lie f : H → G.

Lemma 16. Un sottogruppo di Lie f : H → G ` e un’immersione iniettiva.

Dimostrazione. Osserviamo che df e ` e iniettivo perch` e se df e v = 0 risulta che f (exp tv) = exp df e tv = exp 0 = e per ogni t ∈ R. Ma se prendiamo U intorno di 0 su cui exp ` e diffeo e t abbastanza piccolo per cui tv ∈ U , abbiamo che f (exp(tv)) = e ma exp(tv) 6= 0. Infine poich` e df e dL g = dL f (g) df g abbiamo che f ` e un’immersione iniettiva.

Quindi ogni sottogruppo di Lie corrisponde a una sottovariet` a immersa di G. Non tutte i sottogruppi corrispondono a sottovariet` a regolari. Ad esempio se consideriamo il sottogruppo ϕ : Z → S 1 dato da ϕ(n) = e in .

Una sottovariet` a ι : N → M di una variet` a differenziabile ` e quasiregolare se per ogni funzione f : K → N abbiamo che f ` e liscia se e solo se ιf lo ` e.

Si dimostra (ma qui non lo faremo) che ogni sottogruppo di Lie ` e una variet` a quasiregolare.

Ci chiediamo quand’` e che un sottogruppo corrisponde a una variet` a regolare.

(33)

2.1. GRUPPI E SOTTOGRUPPI DI LIE 33 Teorema 23. Un sottogruppo H < G corrisponde a una sottovariet` a regolare se e solo se ` e chiuso.

Dimostrazione. (⇒) Poich` e H ` e una sottovariet` a regolare ` e localmente chiuso.

Quindi c’` e un’intorno U di e tale che H ∩ U ` e chiuso in U . Prendiamo y ∈ ¯ H e sia x ∈ H ∩ yU −1 (questo esiste perch` e yU −1 ` e un intorno di e). Allora y ∈ xU e x ∈ H, per cui

x −1 y ∈ ¯ H ∩ U = H ∩ U . Quindi y ∈ H, cio` e ¯ H = H.

(⇐) Per prima cosa individuiamo il sottospazio di G e che corrisponde a H e . Prendiamo U 0 intorno di 0 in G e e U intorno di e tale che exp sia un diffeomorfismo tra U 0 e U . Possiamo quindi prendere l’inversa log : U → U 0 . Poniamo

H 0 = log(H ∩ U ) .

Ora se 0 ` e un punto isolato di H 0 deve esistere un intorno V di e tale che H ∩V = {e}, cio` e H ` e un sottogruppo discreto (e perci` o una sottovariet` a regolare di dimensione 0). D’ora in poi supponiamo che 0 sia un punto di accumulazione per H 0 . Fissiamo una metrica a caso in G e .

Lemma 17. Sia {h n } n∈N successione di elementi di H 0 r {0} tale che h n → 0 e che

h n

|h n | → x ∈ G e . Allora exp(tx) ∈ H per ogni t ∈ R.

Dimostrazione. Infatti poich` e |h n | → 0 possiamo trovare {m n } ⊆ Z tale che m n |h n | → t. Allora

exp(m n h n ) = exp



m n |h n | h n

|h n |



→ exp(tx) . D’altro canto exp(m n h n ) = (exp(h n )) m

n

∈ H.

Possiamo quindi definire W =



sx | ∃{h n } ⊆ H 0 r {0} tale che h n → 0 h n

|h n | → x, s ∈ R

 . Per il lemma exp W ⊆ H. Vogliamo dire che W ` e un sottospazio vettoriale (l’

intuizione ` e W = H e ).

Prendiamo x, y ∈ W , vogliamo dimostrare che x + y ∈ W . Prendiamo h(t) = log(exp(tx) exp(ty)) .

Questo ` e definito in un intorno di 0. Inoltre sappiamo che h(t) t → x + y. Se h(t) = 0 in un intorno di 0 abbiamo che x + y = 0, cio` e y = −x. Beh ma in tal caso x + y ∈ W di sicuro. Altrimenti

h(t)

|h(t)| = h(t) t

|t|

|h(t)| → x + y

|x + y|

(34)

per t → 0 + . Per cui scegliendo opportunamente una successione t n abbiamo che |x+y| x+y ∈ W , per cui x + y ∈ W .

Consideriamo ora D = W (supponendo la metrica in G e inotta da un prodotto scalare) e prendiamo la mappa

φ : D ⊕ W → G (x, y) 7→ exp x exp y

Questo ` e un diffeomorfismo locale in (0, 0) (basta calcolarne il differenziale per vedere che ` e x + y) e manda W in H. Infatti supponiamo che esistano x n , y n

con y n 6= 0 tali che

exp x n exp y n ∈ H, (x n , y n ) → 0 . Allora a meno di sottosuccessioni possiamo supporre che |y y

n

n

| → y ∈ D. Ma exp y n ∈ H per ogni n per cui y n ∈ H 0 definitivamente. Quindi y ∈ W , assurdo perch` e y ∈ D.

Quindi φ ` e una carta adattata per H in e. Ma allora coniugando con L h per h ∈ H otteniamo carte adattate per H in ogni h ∈ H.

2.2 Algebra di Lie di un gruppo di Lie

Facciamo ora vedere che G e ha una naturale struttura di algebra di Lie. Ricor- diamo che se M ` e una variet` a differenziabile il bracket d` a una struttura naturale di algebra di Lie alla famiglia dei campi vettoriali su M . Vogliamo dire che i campi vettoriali invarianti a sinistra sono una sottoalgebra di Lie. Ricordiamo che un campo vettoriale ` e invariante a sinistra se per ogni g, h ∈ G

d(L g ) h X g = X gh .

Allora che sia una sottoalgebra di Lie segue dal fatto che d(L g ) h [X, Y ] h = [d(L g ) h X h , d(L g ) h Y h ] .

Ricordiamo che i campi vettoriali invarianti a sinistra sono isomorfi come spazio vettoriale a G e .

Teorema 24. Sia f : G → H omomorfismo di gruppi di Lie. Allora df e : G e → H e ` e un omomorfismo di algebre di Lie.

Dimostrazione. Per ogni g ∈ G vale

L f (g) ◦ f = f ◦ L g . Per cui, differenziando

d(L f (g) ) f (h) df h = df h d(L g ) h

Sia X campo vettoriale invariante a sinistra e sia ˜ X il campo vettoriale invariante a sinistra definito da

X ˜ e = df e X e .

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