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Tiroidite Cronica Autoimmune

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Tiroidite Cronica Autoimmune

Direttore Responsabile Sergio Rassu

Caleidoscopio Italiano

Emilio Fiore, Francesco Latrofa, Maria Annateresa Provenzale, Paolo Vitti

A.P. - D.L. 353/2003, (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Genova”- n° 228- Gennaio 2014 - Dir. resp.: Sergio Rassu - Editore: Medical Systems S.p.A. Genova - Contiene I.P. - Stampa: Nuova AATA - Geno

(2)

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(R.A.H.P. SAS)

... dalla Pedagogia all’Andragogia

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230

Direttore Responsabile Sergio Rassu

Caleidoscopio

Emilio Fiore, Francesco Latrofa, Maria Annateresa Provenzale, Paolo Vitti

Sezione di Endocrinologia

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università di Pisa

Italiano

Tiroidite Cronica Autoimmune

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I

nformazIonI generalI

. Caleidoscopio pubblica lavori di carattere monografico a scopo didattico su temi di Medicina. La rivista segue i requisiti consigliati dall’International Committee of Medical Journal Editors. Gli Autori vengono invitati dal Direttore Responsabile. La rivista pubblica anche monografie libere, proposte direttamente dagli Autori, redatte secondo le regole della Collana.

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IBlIografIa

. Deve essere scritta su fogli a parte secondo ordine alfabetico seguendo le abbreviazioni per le Riviste dell’Index Medicus e lo stile illustrato negli esempi:

1) Björklund B., Björklund V.: Proliferation marker concept with TPS as a model. A preliminary report.

J. Nucl. Med. Allied. Sci 1990 Oct-Dec, VOL: 34 (4 Suppl), P: 203.

2 Jeffcoate S.L. e Hutchinson J.S.M. (Eds): The Endocrine Hypothalamus. London. Academic Press, 1978.

Le citazioni bibliografiche vanno individuate nel testo, nelle tabelle e nelle legende con numeri arabi tra parentesi.

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L’Autore riceverà le bozze di stampa per la correzione e sarà Sua cura restituirle al Direttore Responsabile entro cinque giorni, dopo averne fatto fotocopia. Le spese di stampa, ristampa e distribu- zione sono a totale carico della Medical Systems che provvederà a spedire all’Autore cinquanta copie della monografia.

L’Autore della monografia cede tutti i pieni ed esclusivi diritti sulla Sua opera, così come previsti dagli

artt. 12 e segg. capo III sez. I L. 22/4/1941 N. 633, alla Rivista Caleidoscopio rinunciando agli stessi

diritti d’autore (ed acconsentendone il trasferimento ex art. 132 L. 633/41).

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Hakaru Hashimoto descrisse cento anni fa 4 pazienti con struma linfomatoso e già nel 1956 gli studi sviluppatisi hanno permesso di capire che la tiroidite di Hashimoto rappresenta il modello della distruzione autoimmune come mecca- nismo di malattia. Successivamente sono state individuate altre malattie con un meccanismo simile, che coinvolgevano uno specifico organo o l'intero organismo, si è capito che una poteva evolvere in un'altra e che più di una malattia autoim- mune può coesistere nello stesso paziente o nella stessa famiglia. Adesso, negli ultimi venti anni, una enorme mole di lavori sta chiarendo le basi genetiche di questa malattia e le complesse interazioni di queste con i fattori ambientali. Tutto questo potrebbe portare, un domani, ad una terapia immunologica specifica. E' un fatto che la tiroidite cronica autoimmune è la più comune malattia autoimmune e, nella pratica clinica, si raccomanda lo screening per le malattie autoimmuni tiroidee in tutti i pazienti con altre patologie autoimmuni sia organo- specifiche che non organo specifiche mentre pare che, al momento, non vi siano prove per consigliare la ricerca di altre malattie autoimmuni in pazienti con patologie tiroi- dee autoimmuni.

Gli Autori di questa interessantissima monografia fanno parte della Scuola Pisana di Endocrinologia ed il Prof. Paolo Vitti, attuale Direttore, è stato uno dei più stretti collaboratori del Prof. Aldo Pinchera.

Il Prof. Paolo Vitti ha conseguito il Diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia e quello di Specializzazione in Endocrinologia presso l'Università degli Studi di Pisa. Ha completato la propria formazione presso l'Istituto di Biochimica della Facoltà di Medicina dell'Università di Marsiglia, avendo come mentore il prof.

S. Lissitzky. Successivamente, vincitore di una borsa di studio dell'United States Public Health Service ha lavorato presso il laboratorio di Biochemical Pharmacology, National Institutes of Health, Bethesda, U.S.A., diretto dal prof. L.D. Kohn. Ha ottenuto negli USA un brevetto per lo sviluppo di una nuova linea cellulare utiliz- zabile per il dosaggio di autoanticorpi antitiroide. Dopo il suo rientro in Italia ha continuato a lavorare presso la Struttura di Endocrinologia Clinica conseguendo prima il riconoscimento di Professore Associato e quindi di Professore Ordinario di Endocrinologia. I principali campi di interesse nella ricerca sono le tireopatie autoimmune, la patologia nodulare tiroidea e i disordini da carenza iodica.

Il Prof. Vitti è attualmente Professore Ordinario di Endocrinologia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia, Vice-Direttore Dipartimento

Caleidoscopio Italiano

Editoriale

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di Medicina Clinica e Sperimentale – Università di Pisa è inoltre Direttore Dipartimento di Attività Integrata di Area Medica - Direttore Unità Operativa Endocrinologia I – Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Ricopre ancora la carica di Deputy Coordinator for West Central Europe of the International Council for the Control of Iodine Deficiency Disorders. E’, ancora, Coordinatore della Commissione Rapporti con le Società Scientifiche della Federazione Italiana di Endocrinologia, Diabetologia, Andrologia, Metabolismo ed Obesità, Presidente del Comitato Organizzatore delle “Giornate Endocrinologiche Pisane”, Membro del Comitato Paritetico MIUR per AIT/AME/SIE/CAPE, Segretario dell’”Associazione Italiana della Tiroide”, Referee di riviste Internazionali di Endocrinologia, Responsabile nazionale di diversi progetti di ricerca ministeriali PRIN/COFIN.

Il Dottor Emilio Fiore ha conseguito il diploma di laureato in Medicina e Chirurgia e quello di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio presso l'Università degli Studi di Pisa. Successivamente ha seguito un periodo di perfezionamento come Research Fellow presso il Dipartimento di Pathology della Harvard Medical School ed il Cancer Research Center del Massachusetts General Hospital di Boston (USA). Attualmente è Dirigente Medico presso l’Unità Operativa di Endocrinologia I dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

Il Dr. Emilio Fiore ha svolto attività di ricerca di base e clinica nel campo della fisiologia e dell'autoimmunità tiroidea con particolare riguardo allo studio delle relazione tra tiroidite autoimmune e cancro della tiroide, ai meccanismi moleco- lari dell'interazione tra cellule neoplastiche e matrice extracellulare coinvolti nell'attivazione e ricircolo dei linfociti, nella crescita tumorale e nelle metastasi.

Il dottor Francesco Latrofa ha conseguito il Diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari e il Diploma di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio presso l'Università degli Studi di Pisa.

Ha poi svolto attività di Post Doc Researcher presso la Autoimmune Disease Unit del Cedars Sinai/UCLA a Los Angeles. Ha successivamente ottenuto un incarico come ricercatore con il programma “Rientro Cervelli” presso il Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa. Il dottor Latrofa si è occupato nel corso della sua ricerca di autoimmunità tiroidea, eseguendo in particolare studi sugli anticorpi anti tireoglobulina e anti recettore del TSH, sul rapporto tra antigeni tiroi- dei e relativi anticorpi e sul rapporto tra anticorpi anti tireoglobulina e cancro della tiroide e anticorpi anti tireoglobulina e profilassi iodica.

La dott.ssa Maria Annateresa Provenzale ha conseguito la Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia e il Diploma di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, indirizzo Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Pisa. Attualmente è dottoranda al 1° anno in Scienze Cliniche e Traslazionali.

Sergio Rassu

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Introduzione

Le malattie autoimmuni della tiroide (Autoimmune Thyroid Diseases, ATD) rappresentano il prototipo delle patologie autoimmuni organo specifiche.

Le ATD sono comuni nella popolazione generale (4% in Gran Bretagna) e colpiscono prevalentemente il sesso femminile (1). Si distinguono due forme principali di ATD: il morbo di Basedow e la tiroidite cronica autoimmune (TCA). Queste malattie costituiscono gli estremi di uno spettro di patologie in cui è possibile talvolta osservare l’evoluzione di una forma clinica in un’altra durante il decorso della malattia nello stesso paziente.

La prima descrizione della TCA risale al 1912 (2), quando Hakaru Hashimoto riportò i casi di 4 donne, tutte di età superiore ai 40 anni e di cui almeno una clinicamente ipotiroidea, che erano state sottoposte a tiroidecto- mia per gozzo. All’esame istologico le tiroidi di queste pazienti non presen- tavano le peculiarità tipiche del gozzo colloide, ma erano caratterizzate dalla presenza di un infiltrato linfocitario diffuso, fibrosi ed atrofia parenchimale.

Dopo l’iniziale descrizione di Hashimoto, sono stati riportati altri casi di questa patologia tiroidea ritenuta inizialmente rara e poi di riscontro sempre più frequente, soprattutto dopo l’introduzione della citologia su agoaspi- rato. Negli anni 50 è stata dimostrata una patogenesi autoimmunitaria per questa malattia. Nel 1956 Rose and Witebsky (3) dimostrarono che immuniz- zando conigli con estratti tiroidei si inducevano nelle loro tiroidi alterazioni istologiche simili a quelle osservate nei pazienti descritti da Hashimoto.

Successivamente Roitt (4) osservò che incubando il siero di pazienti con tiroidite di Hashimoto con estratti di tiroide umana si formavano precipitati, dimostrando la presenza di anticorpi anti tiroide nel siero di questi pazienti.

La TCA è oramai riconosciuta come il modello delle malattie autoimmuni organo specifiche e può associarsi ad altre patologie autoimmuni organo specifiche (come il morbo di Addison autoimmune, il diabete mellito tipo I, la vitiligine, la gastrite atrofica, l’anemia perniciosa, la miastenia grave) o anche non organo specifiche (come l’artrite reumatoide e il LES).

Le diverse forme di TCA sono indicate nella tabella 1. La TCA propria-

mente detta può essere distinta in due forme: la tiroidite di Hashimoto e la

variante atrofica. Sul piano clinico la tiroidite di Hashimoto è caratterizzata

dalla presenza di un gozzo, di consistenza aumentata alla palpazione, men-

tre nella variante atrofica la tiroide non è palpabile. La funzione tiroidea può

essere conservata (specie nella tiroidite di Hashimoto) o può essere presente

ipotiroidismo. La tiroidite post-partum e la tiroidite silente costituiscono

due forme transitorie di tiroidite. Si manifestano in soggetti predisposti allo

sviluppo di autoimmunità tiroidea ed hanno una durata limitata nel tempo,

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anche se possono evolvere nella TCA. Una condizione particolare è costi- tuita dalla tiroidite focale, caratterizzata sul piano istologico dalla presenza di infiltrati linfocitari focali. Tali infiltrati focali sono riscontrati spesso in patologie tiroidee non autoimmuni come il gozzo nodulare o il carcinoma tiroideo e sono frequentemente associati al riscontro di anticorpi anti-tiroide nel siero dei pazienti con tali patologie.

Tabella 1. Classificazione delle tiroiditi autoimmuni.

Le diverse possibili manifestazioni cliniche generano spesso confusione nella definizione stessa di TCA. La presenza di anticorpi anti-tiroide non è sufficiente per la diagnosi di TCA, poiché questi autoanticorpi possono esse- re presenti in una minoranza di pazienti con malattie tiroidee non autoim- muni e di soggetti normali. In alcuni studi, vengono considerati affetti da TCA solo i pazienti con anticorpi anti tiroide che presentano una disfunzione tiroidea. Tuttavia, anche tale criterio non è completamente corretto, perché vengono esclusi quei pazienti con tiroidite di Hashimoto con una normale funzione tiroidea. Una definizione più corretta di TCA include la presenza di anticorpi anti tiroide associata ad un pattern ecografico ipoecogeno, tipico delle tireopatie autoimmuni, indipendentemente dalla funzione tiroidea.

I diversi criteri utilizzati nella definizione di TCA sono responsabili delle differenze epidemiologiche riscontrate in diversi studi e dei risultati discre- panti sul ruolo di fattori genetici ed ambientali nella patogenesi di questa malattia.

Tipo Caratteristiche cliniche

Croniche

- con gozzo (di Hashimoto) - Gozzo, Ab anti-Tiroide, Eu/Ipotiroidismo - atrofica (mixedema

idiopatico dell’adulto) - Atrofia Tiroidea, Ab anti-Tiroide, Eu/

Ipotiroidismo

- focale - Tiroide normale/Gozzo, Ab anti-Tiroide, Eutiroidismo

Transitorie

- sporadica o silente o

indolore - Tiroide normale, Ab anti-Tiroide, Iper / Ipotiroidismo transitorio

- post-partum - Tiroide normale, Ab anti-Tiroide, Iper /

Ipotiroidismo transitorio

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Epidemiologia

La prevalenza della TCA è influenzata dal sesso, dall’età e da fattori ambientali. Un certo grado di infiltrazione linfocitaria della tiroide è stato descritto nel 32% delle donne e nell’8% degli uomini ed è più comune dopo i 50 anni (5). Nello studio condotto sulla popolazione di Whickham (6), una piccola città nel sud dell’Inghilterra, anticorpi anti-tireoglobulina (TgAb) sono stati segnalati in 2% della popolazione, mentre anticorpi anti-tireope- rossidasi (TPOAb) erano positivi nel 7% dei soggetti (10% delle donne, 3%

degli uomini); l’ipotiroidismo spontaneo clinicamente evidente, dovuto alla TCA, era presente nell’1% delle donne e <0.1% degli uomini. L’ipotiroidismo subclinico (definito come il riscontro di valori elevati di TSH con normali valori di ormoni tiroidei circolanti) era presente nell’8% delle donne e nel 3%

degli uomini e la sua prevalenza aumentava con l’età. Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio più recente (NHANES III) su un ampio campione di soggetti rappresentativo della popolazione degli USA (7). La prevalenza dell’ipotiroidismo è risultata pari al 4.6% della popolazione (0.3% clinico e 4.3% subclinico).

Nello studio di Whickham eseguito dopo 20 anni di follow-up (8), sono stati valutati i fattori di rischio per lo sviluppo dell’ipotiroidismo: valori di TSH elevati (odds ratio 14) e la presenza di anticorpi anti-tiroide (odds ratio 13). Quando valori di TSH elevati ed anticorpi anti-tiroide erano contem- poraneamente presenti si aveva un odds ratio di 38. La tiroidite si riscontra anche nei soggetti giovani ed è la causa del “gozzo eutiroideo” in circa il 50%

a metà dei bambini e degli adolescenti che vivono nelle zone di sufficiente

apporto iodico (9). La prevalenza della tiroidite tra gli adolescenti in queste

zone è 1.2%. La malattia è rara in bambini di età inferiore ai 5 anni.

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Eziologia

Le ATD sono il risultato di una complessa interazione tra predisposizio- ne genetica all’autoimmunità, fattori costituzionali e influenze ambientali (tabella 2), il cui contributo relativo varia da paziente a paziente.

Tabella 2. Fattori coinvolti nella patogenesi dell’ipotiroidismo autoimmune.

Genetici - Geni - HLA di classe I e classe II - Tumor necrosis factor - Recettore delle cellule T - Immunoglobuline - Regolatore delle citochine - Autoantigeni tiroidei

- Tireoperossidasi - Tireoglobulina - Recettore del TSH - Sindromi genetiche - Sindrome di Turner

- Sindrome di Down Endogeni - Ormoni sessuali

- Cromosomi sessuali - Glucocorticoidi - Basso peso alla nascita Stress

Ambientali - Agenti infettivi - Sindrome della rosolia congenita - Epatite HCV correlata

- Iodio

- Farmaci - Amiodarone

- Litio

- Interferon-a (IFN-a) - Interleuchina-2 (Il-2)

- Fattore stimolante colonie di granulociti-macrofagi (GM-CSF) - Radiazioni - Interna: 131-I (fallout, terapia)

- Esterna (Irradiazione capo-collo)

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Fattori genetici

Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato che la prevalenza della TCA è più alta in alcune famiglie e che le diverse ATD si presentano frequen- temente in diversi membri della stessa famiglia. La prevalenza degli anticorpi anti-tiroide è più alta nei parenti di primo-grado dei pazienti con TCA e un alto tasso di correlazione è presente nei gemelli (10). Nel caso della TCA, anche se risultati diversi sono stati ottenuti in studi differenti, in parte come conseguenza dei differenti criteri utilizzati per la definizione della malattia, il rischio relativo tra fratelli (fra 10 e 45) chiaramente indica la presenza di una predisposizione genetica.

Tra i geni implicati nella predisposizione all’autoimmunità tiroidea sono stati particolarmente studiati gli antigeni del sistema HLA, i geni del CTLA-4, del recettore dei linfociti T, delle immunoglobuline (Ig) e di alcune citochine.

Una aumentata frequenza di HLA-DR3, di DR4 e di DR5 è stata segnalata nei pazienti con tiroidite autoimmune cronica di razza caucasica, ma non in altri gruppi etnici (11). Poiché i geni fino ad ora identificati conferiscono un basso livello di rischio di sviluppo della TCA, viene ipotizzato che la predisposizio- ne genetica alla tiroidite autoimmune è probabilmente complessa e coinvolge numerosi geni con bassa penetranza (12). Inoltre è possibile che differenti background genetici, probabilmente con differenti tipi di eredità, possono determinare un fenotipo identico.

Una maggiore prevalenza di tiroidite autoimmune cronica è stata riportata in alcune anomalie cromosomiche. Nella sindrome di Turner sono più comu- ni sia gli autoanticorpi anti-tiroide (13) sia l’ipotiroidismo (14). Tuttavia, studi di linkage sulla correlazione tra il cromosoma X e AITD non sono risultati conclusivi (12). La TCA è più comune nei pazienti con sindrome di Down (15;16), ma i marcatori sierici di autoimmunità tiroidea non sono più frequen- ti nei genitori dei pazienti con tale sindrome e con malattie della tiroide (17).

Esiste inoltre una predisposizione genetica allo sviluppo di altre patologie

autoimmuni organo specifiche associate alla TCA. Nei pazienti con tiroidite

autoimmune cronica si possono avere anche anticorpi anti-surrene (1-2%),

anti insula pancreatica (1-3%), anti cellule parietali gastriche (10-30%), anti

fattore intrinseco (1%) (18).

(12)

Fattori endogeni

I fattori endogeni, non genetici che svolgono un ruolo nella tiroidite autoimmune cronica includono gli ormoni sessuali, i glucocorticoidi ed il peso basso di nascita.

La maggior parte delle malattie autoimmuni organo e non-organo spe- cifiche è più frequente nelle donne che negli uomini. Il dimorfismo sessuale delle risposte immuni ed autoimmuni può essere dovuto all’influenza sul sistema immune da parte di geni localizzati sui cromosomi sessuali (X o Y) o agli ormoni sessuali. I livelli di estrogeni ed androgeni possono influenzare la prevalenza di malattie autoimmuni in modelli animali (19;20). Gli estro- geni possono modulare la funzione delle cellule che presentano l’antigene, influenzare il loro profilo di secrezione citochinico ed i loro processi di diffe- renziazione ed crescita (21).

Infine va ricordato che la frequenza di anticorpi anti-tiroide in gemelli monozigoti è stata correlata con il loro peso di nascita (22), indicando che un basso peso alla nascita è associato a maggior rischio di sviluppo della TCA.

Fattori ambientali

I fattori ambientali coinvolti nella patogenesi della tiroidite autoimmu- ne includono gli agenti infettivi, lo iodio, il trattamento con alcuni farmaci (amiodarone, interferone - a, interleuchina (IL) - 2, e fattore stimolante colo- nie di granulociti e macrofagi, GM-CSF) e le radiazione ionizzanti.

Un collegamento tra la tiroidite autoimmune cronica e le infezioni virali (in particolare rosolia ed infezione congenite del virus dell’epatite C) è stato riportato in alcuni lavori, ma è ancora molto incerto (23).

Il ruolo dell’assunzione dello iodio nello sviluppo della TCA è ben noto,

confermato in numerose indagini epidemiologiche. Dopo l’introduzione dei

programmi di iodoprofilassi nelle regioni iodio-carenti, è stato segnalato

un aumento della prevalenza degli anticorpi anti-tiroide e delle patologie

autoimmuni tiroidee nei soggetti che vivono in tali aree (24). Lo iodio viene

incorporato nella tireoglobulina, modificandone le caratteristiche antigeni-

che. I pazienti con TCA trattati con iodio hanno una predisposizione maggio-

re a sviluppare ipotiroidismo (25). L’assunzione di iodio modifica l’incidenza

dell’ipotiroidismo manifesto come conseguenza di un effetto diretto sulla

funzione tiroidea e sull’autoimmunità tiroidea. Una eccessiva assunzione di

iodio determina una transitoria riduzione della sintesi degli ormoni tiroidei.

(13)

Tale fenomeno, conosciuto come effetto Wolff-Chaikoff, costituisce uno dei meccanismi di regolazione della funzione tiroidea. In soggetti normali, tale effetto è transitorio e successivamente si può assistere al fenomeno di sgan- ciamento (escape) per cui ricompare la sintesi di ormoni tiroidei malgrado la continua somministrazione di ioduro. Un mancato “escape” all’effetto Wolff-Chaikoff rappresenta il meccanismo patogenetico più probabile per lo sviluppo di ipotiroidismo dopo un aumentato apporto iodico nei pazienti con TCA (19). Inoltre la preesistenza di anticorpi anti-tiroide è un fattore di rischio per lo sviluppo di ipotiroidismo nei pazienti trattati con amiodarone (26).

Lo sviluppo di fenomeni autoimmunitari tiroidei e di ipotiroidismo è stato segnalato dopo la terapia con IFN- a, (20), IL-2 (21) e GM-CSF (22).

I pazienti con anticorpi anti-tiroide trattati con IFN- a, hanno un rischio elevato di comparsa di disfunzioni della tiroide. Tuttavia, anche nel 15%

dei pazienti senza segni di autoimmunità tiroidea, il trattamento con IFN-a induce la comparsa di TPOAb o di disfunzione della tiroide (27).

Le radiazioni ionizzanti sono state coinvolte nella patogenesi dell’au- toimmunità tiroidea. La tiroide può essere esposta a radiazioni esterne ed interne. L’irraggiamento interno può essere conseguenza di esposizione indiretta dopo i disastri ambientali (fall-out radioattivo) o dopo terapia radiometabolica con iodio radioattivo (131-I). L’irraggiamento esterno può essere conseguente ad una esposizione diretta alle radiazioni dopo i disastri ambientali o di irradiazione terapeutica per patologie di solito neo- plastiche della testa ed il collo (28). Gli studi sugli effetti dell’irradiazione ambientale sull’autoimmunità tiroidea hanno dato risultati contrastanti (29). L’esposizione a fallout radioattivo dopo l’esplosione della bomba all’i- drogeno (che libera isotopi radioattivi del radioiodio) è stata correlata alla comparsa di ipotiroidismo nella popolazione esposta (30) ed un aumento significativo dell’’autoimmunità tiroidea, senza evidenza di disfunzione della ghiandola, è stato osservato in bambini esposti a fallout radioattivo 6-8 anni dopo l’incidente di Chernobyl (31). D’altra parte l’aumento di fenomeni immunitari dopo l’esposizione alle radiazioni potrebbe essere un fenomeno transitorio. Nelle persone esposte da bambini al 131-I rilasciato in atmosfera dal sito nucleare di Hanford la quantità di radiazioni assorbite non correlava né con la tiroidite cronica autoimmune, né con l’ipotiroidismo autoimmune 40 anni dopo l’esposizione (32). Inoltre, nei superstiti della bomba atomica a Nagasaki e a Hiroshima non è stato osservato un rapporto significativo fra la dose di radiazione assorbite dalla tiroide e la comparsa di anticorpi anti-tiroide e di ipotiroidismo autoimmune 55-58 anni dopo esposizione alle radiazioni (33).

L’insorgenza di ipotiroidismo dopo irradiazione sul collo e della testa

è stata da tempo riconosciuta ed è stata dimostrata la presenza di tiroidite

(14)

linfatica all’esame istologico dopo basse dosi di esposizione di irradiazione durante l’infanzia (34). Malattie autoimmuni della tiroide sono più frequen- ti nei pazienti esposti a molteplici esami radiologici (35). L’ipotiroidismo è stato riportato dopo irradiazione per la malattia di Hodgkin (28). Il tratta- mento con 131-I può indurre un aumento transitorio di titoli di autoanti- corpi anti-tiroidei (36) e la comparsa di autoanticorpi tiroidei in pazienti autoanticorpi negativi (37;38).

Infine è opportuno ricordare che il fumo può aumentare il rischio di

ipotiroidismo in pazienti con tiroidite autoimmune cronica (39).

(15)

Patogenesi

Nella patogenesi delle ATD sono stati identificati tre antigeni principali:

la tireoglobulina (Tg), la tireoperossidasi (TPO) ed il recettore del TSH (TSH- R). In studi sperimentali sono stati anche descritti anticorpi diretti contro altri antigeni tiroidei, ed in particolare il co-trasportatore sodio/iodio (NIS), ma il reale significato di questi antigeni è ancora dubbio.

Tireoglobulina

La Tg, precursore degli ormoni tiroidei, è una glicoproteina costituita da

due subunità identiche di 330 kDa. Viene sintetizzata dai tireociti e secreta

nel lume dei follicoli tiroidei, dove costituisce la principale componente

della colloide. A livello dell’interfaccia tra tireociti e colloide i residui tiro-

sinici della Tg vengono iodinati con la formazione degli ormoni tiroidei

all’interno della molecola di Tg. Il grado di iodazione della Tg è variabile ed

alcuni dati sperimentali indicano che questo processo influenza la immuno-

genicità della Tg, essendo le molecole iodate più immunogene (40). La Tg

viene principalmente internalizzata dai tireociti e successivamente degrada-

ta con la liberazione degli ormoni tiroidei in essa contenuta. Tuttavia, una

modesta quantità di Tg viene rilasciata in circolo dove è accessibile a cellule

immunocompetenti. L’immunizzazione con Tg di ceppi di topi suscettibili

determina lo sviluppo di una tiroidite negli animali e la comparsa di anticor-

pi diretti contro la Tg e anche contro altri antigeni tiroidei, indicando che la

Tg può comportarsi come un antigene patogenetico (41). Gli anticorpi sem-

brano riconoscere la conformazione di grandi frammenti della Tg, mentre le

cellule di T riconoscono segmenti peptici della Tg e sono correlati alla loro

struttura primaria (42). In esperimenti nel topo è stato ipotizzato che per

indurre l’autoimmunità verso la Tg è necessario superare la tolleranza verso

alcuni epitopi dominanti ed a quel punto la risposta immunitaria coinvolge

epitopi “criptici” che inducono l’infiltrazione tiroidea da parte dei linfociti

T (43).

(16)

Tireoperossidasi

Fin dagli anni 50 era stato dimostrato che sieri di pazienti affetti da TCA contenevano anticorpi diretti contro un antigene presente sulla superficie delle cellule tiroidee. Questo antigene, indicato come “antigene microsomia- le”, è stato identificato nel 1985 con la tireoperossidasi (TPO) (44). La TPO è espressa sulla superficie dei tireociti, dove è coinvolta nella iodazione della Tg (45).

Studi con antisieri umani anti-TPO e anticorpi monoclonali indicano la presenza di diversi epitopi riconosciuti dai linfociti B e di due dominii principali, A e B nella molecola di TPO. Recentemente è stata determinata la struttura tridimensionale della TPO e gli epitopi sono stati caratterizza- ti (46). Gli epitopi riconosciuti dagli anticorpi sono costanti nello stesso paziente, suggerendo che siano determinati geneticamente (47).

Recettore del TSH

Il recettore del TSH (TSH-R) è un membro della famiglia dei recettori

accoppiati alle proteine G (48). Questi recettori sono caratterizzati dalla

presenza di 7 segmenti trans-membrana, collegati da 3 anse extracellula-

ri e 3 intracellulari, una porzione N-terminale extracellulare e una coda

C-terminale intra-citoplasmatica. Il TSH-R interagisce con le proteine Gq e

Gs, attivando rispettivamente la via dell’adenilato-ciclasi e della fosfolipasi

C. Gli anticorpi diretti contro il recettore del TSH (TSH-receptor antibody,

TRAb) sono una famiglia funzionalmente eterogenea di autoanticorpi dotati

di attività stimolante o inibente la funzione tiroidea (49). I TRAb capaci di

stimolare la funzione tiroidea (TRAb-stimolanti) sono responsabili dell’iper-

tiroidismo nel morbo di Basedow. Più raramente nei pazienti con tiroidite

atrofica autoimmune sono riscontabili TRAb con azione inibente la funzione

ed il trofismo tiroideo, che contribuiscono alla patogenesi dell’ipotiroidismo.

(17)

Sodium Iodine Symporter (NIS)

Il NIS è una proteina presente sulla porzione baso-laterale dei tireociti,

responsabile del trasporto dello iodio all’interno delle cellule (50). E’ una

proteina di 618 aminoacidi, con 12 segmenti trans-membrana che, a diffe-

renza della Tg, della TPO e del TSH-R, non è espressa solo nella tiroide, ma

è presente anche in altri organi come la mammella, le ghiandole salivari e

lo stomaco. Benché alcuni risultati sperimentali indichino che anticorpi anti

NIS possano essere presenti nei pazienti con ATD (51), non vi sono evidenze

conclusive sul ruolo di questa proteina come auto antigene.

(18)

Immunopatogenesi

L’interazione tra fattori endogeni e ambientali con geni coinvolti nella risposta immunitaria portano all’attivazione di cellule T autoreattive contro la tiroide ed in ultima analisi all’ipotiroidismo come conseguenza di un pro- cesso infiammatorio immuno-mediato della distruzione del tessuto tiroideo.

In questo processo sono coinvolti diversi meccanismi.

Presentazione dell’antigene

La presentazione dell’antigene da parte di cellule presentanti l’antigene (APC), che esprimono molecole HLA di classe II, stimola le cellule T attra- verso il recettore delle cellule T (TCR), in presenza di molecole co-stimola- torie. Questo processo inizia e mantiene la risposta immunitaria. In assenza di molecole co-stimolatorie, la presentazione di antigeni sulle APC induce l’inattivazione delle cellule T o anergia.

L’interazione di alcuni geni predisponenti all’autoimmunità, tra cui HLA, e geni tiroidei specifici svolge un ruolo chiave nella patogenesi della risposta autoimmunitaria. E’ stato dimostrato che sostituzioni aminoacidi- che nel gene della Tg favoriscono l’interazione con HLA-DR3 conferendo suscettibilità a AITD sia nel uomo sia nel topo (52). E’ stato ipotizzato che il gene della Tg possa predisporre all’ATD mediante molti meccanismi: varia- zioni di sequenza nella Tg possono rendere la molecola più immunogenica o possono cambiare la sua interazione con molecole HLA di classe II (52).

L’osservazione che le cellule follicolari tiroidee di pazienti con tiroidi- te cronica autoimmune esprimono sulla loro superficie molecole HLA di classe II (53;54) e che l’espressione di TPO e HLA di classe II nelle cellule follicolari tiroidee è un fenomeno dinamico sotto l’influenza di TSH, auto- anticorpi e INFg (55), ha fatto ipotizzare che i tireociti possano agire come APC facoltativi. Più recentemente è stata dimostrata la presenza di molecole co-stimolatorie in cellule tiroidee di pazienti con ATD (56-59). Nell’insieme, questi risultati supportano l’ipotesi che le cellule follicolari della tiroide agendo come APC abbiano un ruolo almeno nel processo di mantenimento della tiroidite cronica autoimmune, mentre la loro importanza per l’inizio del processo autoimmune rimane incerta (1).

La funzione delle APC nella TCA è complessa e varia per i diversi tipi

cellulari coinvolti. In particolare, le cellule follicolari tiroidee possono agire

(19)

come APC facoltative smascherando un epitopo “criptico” di TPO condu- cendo alla risposta immunitaria tiroidea (60) (73), mentre le cellule dendriti- che APC competenti, oltre ad esercitare un’azione stimolante sulle cellule T, possono anche indurre anergia di cloni di cellule T specifiche per l’epitopo TPO umano (60).

Meccanismi effettori nell’autoimmunità tiroidea

Sia l’immunità cellulo-mediata che quella umorale sono coinvolte nella patogenesi dei danni della tiroide nella TCA.

Meccanismi cellulo-mediati

Il ruolo fondamentale delle cellule T nell’indurre la TCA è stato recen- temente dimostrato mediante l’induzione di ipotiroidismo associato ad alterazioni istologiche di tiroidite in un modello di topo transgenico che era incapace di produrre anticorpi (60).

Nella patogenesi della TCA è stato inoltre proposto un ruolo del CTLA-4, la proteina coinvolta nella inattivazione delle cellule T attivate e quindi nella tolleranza. In particolare, un polimorfismo del gene CTLA-4, che riduce l’espressione di mRNA della forma solubile di questa proteina, rappresenta un rischio per lo sviluppo di ATD (61).

La citotossicità T cellulo-mediata gioca un ruolo nella patogenesi della

TCA, mediante il rilascio di mediatori solubili citolitici come perforine e

granzimi, con conseguente morte delle cellule tiroidee. Un ulteriore mecca-

nismo risiede nella liberazione di citochine in seguito ad infiltrazione linfoci-

taria, che contribuisce al danno e alla morte delle cellule tiroidee. Le citochi-

ne intratiroidee possono aumentare l’espressione della molecola di adesione

intercellulare - 1 (ICAM-1) sulle cellule tiroidee, con conseguente legame al

suo recettore (antigene associato alla funzione linfocitaria-1, LFA-1), presen-

te sui linfociti. Questa sequenza di eventi esercita un effetto citotossico sulle

cellule tiroidee. Inoltre è stato proposto un ruolo di Fas, nella TCA. Fas, un

recettore di segnalazione di morte cellulare, è noto per indurre soppressione

periferica di cellule T attivate cronicamente quando attivato dal suo ligando

(Fas L) sulla loro superficie. L’osservazione che l’espressione di Fas può

essere indotta dall’interleuchina 1 in cellule tiroidee di pazienti con TCA, ha

(20)

fatto ritenere che l’interazione di Fas con Fas L sia un meccanismo di morte cellulare in questa malattia (62). Studi successivi non hanno fornito sostegno a questa interpretazione.

Meccanismi umorali

TPO, Tg e TSH-R sono i più importanti autoantigeni tiroidei verso cui è possibile rilevare anticorpi nel siero di pazienti con TCA.

Autoanticorpi anti TPO (AbTPO) sono presenti in oltre l’80% e autoanti- corpi anti Tg (AbTg) fino al 80% dei pazienti con TCA (63-65). La composi- zione variabile delle catene pesanti (H) e leggere (L) degli AbTg e AbTPO e l’uso di diverse regioni geniche V per le catene H e L codificanti per gli auto- anticorpi anti Tg e anti TPO provenienti dallo stesso paziente (66) indicano che un tipo di risposta policlonale può essere coinvolto nell’autoimmunità tiroidea.

Gli AbTPO e gli AbTg sono prevalentemente di classe IgG. In pazienti con TCA autoanticorpi anti Tg sono prevalentemente IgG2 (67) e possono esse- re presenti anche AbTg e AbTPO di classe IgA (68). Gli AbTPO e gli AbTg riconoscono i rispettivi autoantigeni umani con elevata affinità e meglio di antigeni provenienti da altre specie. Gli AbTPO umani riconoscono epitopi conformazionali su due domini sovrapposti, ciascuno dei quali suddiviso in due sottodomini e, meno comunemente, epitopi lineari (69). Gli AbTPO possono fissare il complemento. Le osservazioni che gli AbTg non fissino il complemento, che siano presenti in soggetti altrimenti sani (63) e che il loro livello non correli con la gravità della tiroidite cronica autoimmune, suggeri- sce che questi anticorpi non siano patogenetici. I TgAb possono tuttavia for- mare complessi immuni lungo la membrana basale dei follicoli della tiroide, inducendo l’attacco del complemento ed il rilascio successivo di molecole pro-infiammatorie. Attraverso il legame con il recettore per la porzione Fc delle immunoglobuline presente sulle cellule "Natural Killer", sia i TgAb che i TPOAb possono attivare il meccanismo della citotossicità cellula-mediata dipendente dall’anticorpo o antibody-dependent cell-mediated cytotoxicity (ADCC), ma l’importanza di questo meccanismo nella tiroidite autoimmune cronica è poco chiaro.

Come riportato in precedenza, la TCA è più comune nelle zone iodio-suf-

ficienti. Il grado di iodazione della Tg cambia la sua antigenicità nel legame

con l’anticorpo monoclonale di topo (70). In modelli sperimentali di TCA la

maggiore iodazione della Tg facilita la presentazione selettiva di un peptide

(21)

patogenetico criptico da parte delle APC (71). Autoanticorpi anti-Tg umana riconoscono preferenzialmente epitopi conformazionali. E’ stata recente- mente confermata l’osservazione che il legame degli AbTg di pazienti con ATD è limitato a due principali regioni epitopiche sulla Tg (e diverse minori) (71). Inoltre, mediante studi di inibizione usando due anticorpi monoclonali umani anti Tg (72), è stata dimostrata la sovrapposizione di epitopi della Tg riconosciuti da autoanticorpi di pazienti con morbo di Basedow e TCA.

Al contrario, utilizzando un pannello di autoanticorpi anti Tg monoclonali murini per valutare l’inibizione del legame alla Tg da parte degli AbTg presenti nel siero dei pazienti, è stato evidenziato un diverso pattern di riconoscimento degli epitopi della Tg nei paziente con ATD rispetto a quelli con gozzo non tossico (67).

Tra gli anticorpi diretti contro i principali autoantigeni tiroidei solo i

TRAb hanno un chiaro ruolo patogenetico, grazie alla loro capacità di legarsi

al TSH-R e determinare, a secondo dei casi, la comparsa di ipo o ipertiroi-

dismo. I TRAb sono rilevabili nella maggior parte dei pazienti con morbo

di Basedow, nel quale agiscono come TSH agonisti, attivando il TSH-R e

inducendo ipertiroidismo e gozzo (TRAb-stimolanti). Al contrario, altri tipi

di TRAb sono presenti in una minoranza di pazienti con TCA, nei quali eser-

citano un’azione antagonista al TSH, inducendo così ipotiroidismo e atrofia

della tiroide (TRAb-bloccanti). Attualmente, i TRAb possono essere rilevati

dai saggi radiorecettoriali o saggi biologici (73). I saggi radiorecettoriali si

basano sulla capacità degli TRAb di competere per il legame al recettore del

TSH radiomarcato (saggio inibitorio del legame del TSH) e quindi non può

distinguere i TRAb-Stimolanti dai TRAb-Bloccanti. La differenziazione è

possibile con un saggio biologico, che misura, in cellule in coltura che espri-

mono il recettore del TSH, la capacità dei TRAb di stimolare direttamente la

produzione di AMP ciclico o viceversa di bloccare la produzione di AMP

ciclico indotta dalla simulazione del TSH. Nei saggi di inibizione del legame

del TSH solo il 15% dei pazienti con TCA risultano positivi rispetto a quasi il

100% dei pazienti con morbo di Basedow (74). Con saggio biologico, i TRAb-

bloccanti sono presenti in più del 20% dei pazienti con la variante atrofica di

TCA e meno frequentemente in quelli con la variante gozzo (75;76). Al con-

trario per i TRAb dei pazienti con morbo di Basedow (77), i TRAb-bloccanti

non sono di classe ristretta e quindi la loro origine è probabilmente policlo-

nale (78). Gli epitopi per i TRAb comprendono sequenze discontinue della

catena polipeptidica contigue nella proteina ripiegata in condizioni native

(79). Mentre TRAb-stimolanti interagiscono principalmente con i componen-

ti N-terminale del recettore, gli autoanticorpi TRAb-bloccanti interagiscono

in misura maggiore con la porzione C-terminale ed solo in misura minore

con la sequenza N-terminale e la regione trans-membrana del TSH-R (79;80).

(22)

Pertanto, l’immunizzazione di topi con il componente N-terminale del recet-

tore TSH o con l’intero recettore TSH-R induce rispettivamente la comparsa

preferenzialmente di autoanticorpi TRAb-stimolanti o TRAb-bloccanti (81).

(23)

Anatomia patologica

Le alterazioni macroscopiche presenti nelle ghiandole tiroidee di pazienti con TCA sono piuttosto variabili e vanno dalla presenza di una ghiandola aumentata di volume (gozzo) nella tiroidite di Hashimoto propriamente detta, alla riduzione di volume nella forma atrofica. Da un punto di vista istologico (82) la TCA propriamente detta è caratterizzata da distruzione dei follicoli tiroidei, dalla presenza di un infiltrato linfocitario più o meno marcato e da fibrosi (Figura 1A). I tireociti appaiono ingranditi ed assumono una colorazione acidofila (cellule Hurthle o Askanazy). I follicoli tiroidei sono ridotti, la colloide è scarsa e la fibrosi può essere più o meno marcata.

L’infiltrato linfocitario è costituito da cellule B e T, può essere più o meno diffuso e può organizzarsi in modo da formare veri e propri follicoli linfatici.

Questi processi coinvolgono solitamente l’intera ghiandola. In alcuni casi sono presenti infiltrati linfocitari focali (Figura 1 B). Tali quadri di tiroidite focale si osservano spesso nelle ghiandole di pazienti con carcinoma tiroideo o con gozzo multinodulare e si associano frequentemente alla presenza di anticorpi anti-tiroide a basso titolo.

Figura 1. Caratteristiche istologiche della tiroidite cronica autoimmune con infiltrato linfocitario diffuso (A) e della tiroidite focale (B).

A

B

(24)

Clinica

La presentazione clinica della TCA è variabile e la stessa definizio- ne di TCA è controversa, come già discusso nel paragrafo introduttivo.

Frequentemente i pazienti sono completamente asintomatici e la presenza di autoimmunità tiroidea viene evidenziata da esami eseguiti occasionalmente e/o per i più svariati motivi, talvolta razionali (ad esempio familiarità per patologie autoimmuni tiroidee o evidenza di altre patologie autoimmuni), ma spesso infondati (“metabolismo rallentato”, aumento di peso, ecc.).

Sul piano clinico (Tabella 3) la tiroidite di Hashimoto è caratterizzata dalla presenza di un gozzo, di consistenza aumentata alla palpazione, che raramente può raggiungere dimensioni tali da determinare sintomi da compressione (disfagia, dispnea e/o sensazione di “ingombro” al livello del collo). Il gozzo può rimanere stazionario per lungo tempo e/o ridursi gradualmente. Spesso i pazienti presentano una normale funzione tiroidea al momento della diagnosi e nel corso di mesi o anni si assiste alla gra- duale evoluzione verso l’ipotiroidismo. Talvolta i pazienti con tiroidite di Hashimoto e normale funzione tiroidea possono presentare una rapida com- parsa di ipotiroidismo in presenza di fattori “scatenanti” quali la assunzione di una eccessiva quantità di iodio, per il fenomeno del mancato “escape”

all’effetto Wolff-Chaikoff già descritto nel paragrafo relativo alla eziologia della TCA.

- Gozzo

- Anticorpi anti-tiroide circolanti positivi

- Ipoecogenicità e/o atrofia tiroidea agli ultrasuoni

- Livelli di TSH lievemente elevati e ormoni tiroidei nella norma (ipotiroidismo subclinico)

- Livelli di TSH francamente elevati e bassi livelli di ormoni tiroidei (ipotiroidismo clinico)

- Sintomi e segni di ipotiroidismo

Tabella 3. Presentazione clinica dell’ipotiroidismo autoimmune.

Nella variante atrofica della TCA, la tiroide non è palpabile e i pazienti presentano spesso un ipotiroidismo franco o subclinico già alla diagnosi.

Questa forma di tiroidite è inoltre responsabile del mixedema idiopatico

dell’adulto, una forma oggi molto rara di ipotiroidismo grave che si presenta

in soggetti, spesso donne anziane, in cui la tiroidite non è stata diagnosticata

per lungo tempo.

(25)

Nella storia naturale della TCA, di norma, si assiste alla progressione verso l’ipotiroidismo, ma raramente è possibile osservare l’evoluzione da ipotiroidismo ad ipertiroidismo (Hashitossicosi). Nella maggior parte dei casi tale fenomeno è dovuto a processi di distruzione dei follicoli tiroidei causata da meccanismi immunitari, con rapida dismissione in circolo di ormoni tiroidei immagazzinati nella ghiandola, che determinano una tire- otossicosi transitoria, caratterizzata da una bassa captazione tiroidea del 131-I. Raramente, in un paziente precedentemente ipotiroideo, si ha lo svi- luppo di una forma di ipertiroidismo indistinguibile dal morbo di Basedow.

Ancora più raramente, lo stesso paziente può presentare più fasi alterne di ipo ed ipertiroidismo (83). L’andamento della funzione tiroidea in questi pazienti è schematizzato nella Figura 2.

Figura 2. Rappresentazione schematica della alternanza di fasi alterne di ipo ed ipertiroidismo in alcuni pazienti con tiroidite cronica autoimmune.

In alcuni casi possono essere presenti manifestazioni oculari (oftalmopa-

tia), caratteristiche del morbo di Basedow, in pazienti eu- o ipotiroidei con

manifestazioni cliniche di TCA. Questa forma di oftalmopatia associata a

tireopatia (Thyroid Associated Ophtalmophathy: TAO), ha un andamento

clinico simile a quello osservato nei pazienti con morbo di Basedow.

(26)

Evoluzione clinica

Nella storia naturale della TCA la positività di marcatori specifici di autoimmunità tiroidea in presenza di funzione tiroidea normale di solito pre- cede lo sviluppo di ipotiroidismo (tabella 3). La progressione da eutiroidismo ad ipotiroidismo può richiedere diversi anni. La presenza di un gozzo può essere la prima manifestazione clinica della tiroidite cronica autoimmune.

In alcuni pazienti la diagnosi è basata sul rilievo di autoanticorpi antitiroide circolanti e della tipica ipoecogenicità alla ecografia tiroidea (Figura 3).

Figura 3. Aspetto ecografico della tiroidite di Hashimoto e della tiroide normale In altri casi, il primo segno è l’ipotiroidismo che inizialmente è lieve, con una concentrazione leggermente elevata di TSH e ormoni tiroidei nella norma, in assenza di sintomi e segni di ipotiroidismo (ipotiroidismo subcli- nico). Quando il danno alla tiroide è più importante, si verifica un ipotiroidi- smo clinico in cui il TSH è più alto e anche gli ormoni tiroidei, principalmente la tiroxina, sono ridotti. L’espressione clinica di ipotiroidismo è influenzata principalmente dal grado di sviluppo e dall’età del paziente (Tabella 4).

Quando la progressione di ipotiroidismo è rapida i sintomi sono ben rico-

nosciuti, mentre quando è lenta il suo aspetto può essere insidioso e la sua

gravità variabile. Nella maggior parte dei pazienti adulti con la variante di

TCA con gozzo, sono presenti pochi e lievi sintomi e talvolta sono riconosciu-

ti solo a posteriori, dopo il ripristino dell’eutiroidismo con il trattamento con

l’ormone tiroideo. Negli anziani, la forma atrofica di tiroidite autoimmune

cronica può causare una forma particolarmente insidiosa e grave di ipotiroi-

dismo che può portare a coma mixedematoso.

(27)

Cutanee - Intolleranza al freddo - Fragilità ungueale

- Ispessimento e secchezza dei capelli e della cute - Edema di mani, viso e occhi

- Cambiamenti nell’aspetto del volto - Edema non improntabile

- Alopecia - Pallore

- Ridotta sudorazione Cardiovascolari - Dispnea

- Ridotta tolleranza all’esercizio fisico - Angina

- Bassa frequenza cardiaca

- Aumentate resistenze vascolari sistemiche - Ipertensione diastolica

- Cardiomegalia

- Versamento pericardico

- Edema periferico non improntabile

- Bassi voltaggi all’ECG, cambiamenti aspecifici del tratto ST-T

Gastrointestinali - Anoressia - Costipazione

- Prolungato svuotamento gastrico - Prolungato tempo di transito intestinale - Ridotto assorbimento intestinale - Ipotonia della colecisti

- Atrofia della mucosa gastrica ed intestinale e gastrite immune

Neurologici - Sonnolenza, letargia - Eloquio rallentato

- Compromissione delle funzioni cognitive - Cefalea

- Parestesie

- Atassia cerebellare - Riduzione dell’udito - Vertigine

- Aumento del tempo di rilassamento dei riflessi - Bassi voltaggi all’EEG, Bassa attività delle onde lente α (slow α-wave activity)

Tabella 4. segue

(28)

Psichiatrici - Depressione - Disordini bipolari - Psicosi affettiva

Musculoscheletrici - Ipertrofia muscolare generalizzata - Facile affaticabilità

- Lentezza nei movimenti - Dolore muscolare ed articolare - Rigidità negli arti

Sistema riproduttivo maschile e femminile

- Oligomenorrea, amenorrea, polimenorrea, menorragia - Ridotta libido

- Aborto - Impotenza Cambiamenti nel

metabolismo - Ridotto metabolismo basale

- Ridotta sintesi e degradazione delle proteine - Ridotto assorbimento e assimilazione del glucosio - Aumentata sensibilità alla insulina esogena - Aumento del colesterolo totale, LDL e trigliceridi - Anemia normocromica o macrocitica

Tabella 4. Manifestazioni dell’ipotiroidismo manifesto.

Come riportato in precedenza, livelli sierici di TSH lievemente aumentati ed elevati livelli di autoanticorpi anti-tiroide sono predittivi di una successi- va insufficienza della tiroide (8; 84). In uno studio di 20 anni di follow-up della tiroidite giovanile con gozzo, l’ipotiroidismo si è sviluppato nel 33% dei pazienti (9).

Sintomi dell’ipotiroidismo manifesto

L’ipotiroidismo manifesto dell’età adulta induce cambiamenti in quasi tutti gli organi (tabella 4).

Modifiche cutanee sono frequenti e comprendono intolleranza al freddo, anomalie delle unghie, ispessimento e secchezza dei capelli e della pelle, edema delle mani, del viso e delle palpebre, alopecia, pallore. Sensazione di insolita freddezza delle braccia e delle gambe è reperto comune.

Possono essere presenti diverse alterazioni del sistema cardiovascolare. La

bradicardia è spesso presente. A causa della perdita delle azioni inotrope e

cronotrope degli ormoni tiroidei si riduce la contrattilità miocardica. La ridu-

(29)

zione della pressione differenziale, il prolungamento del tempo di circolazio- ne e la diminuzione del flusso di sangue ai tessuti sono dovuti all’aumento della resistenza vascolare periferica a riposo. Poiché il consumo di ossigeno del miocardio è ridotto in misura maggiore rispetto all’afflusso di sangue al miocardio, l’angina è rara. Le alterazioni emodinamiche a riposo somigliano a quelle dell’insufficienza cardiaca congestizia, ma, in risposta all’esercizio, aumenta la gittata cardiaca e le resistenze vascolari periferiche diminuiscono normalmente. Come conseguenza dell’aumento della resistenza periferica, la pressione sanguigna aumenta leggermente. L’ipertensione diastolica di solito ritorna nella normalità dopo il trattamento. Tutte queste alterazioni cardiova- scolari inducono pochi sintomi. Il verificarsi di angina prima o dopo l’inizio del trattamento sostitutivo indica la presenza di malattia coronarica.

I pazienti ipotiroidei di rado riferiscono problemi respiratori. L’entità della compromissione della funzione ventilatoria dipende dalla gravità dell’ipotiroidismo. La narcosi da eccesso di anidride carbonica può essere una causa di coma mixedematoso. Possono essere presenti la sindrome da apnee notturne e l’ostruzione delle vie aeree superiori.

Lo scarso appetito può essere un sintomo importante in pazienti ipoti- roidei. L’aumento di peso è riportato dalla maggior parte dei pazienti, ma è solitamente di modesta entità e dovuto in gran parte alla ritenzione di liqui- di. La vera obesità è rara. La costipazione è frequente ed è dovuta a ridotta assunzione di cibo e diminuita attività peristaltica e può simulare un ileo meccanico. Come risultato di un ridotto metabolismo energetico e ridotta produzione di calore, il metabolismo basale è basso, l’appetito diminuisce ed i pazienti soffrono di intolleranza al freddo e hanno una temperatura legger- mente inferiore a quella basale.

Negli adulti, l’ipotiroidismo grave induce sintomi neurologici quali sonnolenza, eloquio rallentato, alterazione delle funzioni cognitive, per- dita di iniziativa, difetti di memoria, cefalea, parestesie, sordità, vertigini.

Stanchezza e sonnolenza pronunciata o anche letargia dovrebbero suggerire la possibilità di un grave ipotiroidismo. Fenomeni sensoriali sono comuni.

Intorpidimento e formicolio alle estremità sono frequenti, così come la sin-

drome del tunnel carpale ed altre mononeuropatie che provocano parestesie

notturne e dolore. La riduzione dell’udito è un sintomo caratteristico di ipoti-

roidismo ed è dovuto sia ad alterazione della conduzione e sia della struttura

del nervo del nervo. L’otite media sierosa è comune. Questi sintomi rispon-

dono al trattamento con ormoni tiroidei. Sintomi psichiatrici sono comuni

e includono depressione, disturbi bipolari, psicosi affettiva. La capacità di

ragionamento è conservata. Il livello emotivo sembra basso e l’irritabilità

diminuisce. L’ipotiroidismo dovrebbe essere sospettato in ogni paziente con

depressione.

(30)

I sintomi muscolari come mialgia, rigidità, crampi, lentezza dei movimen- ti e facile faticabilità spesso sono le caratteristiche predominanti e, talvolta, le uniche manifestazioni di ipotiroidismo. La sindrome di Hoffman identifica l’ipotiroidismo dell’adulto con un aumento della massa muscolare a causa di pseudoipertrofia, che coinvolge soprattutto gastrocnemio, deltoidi e tra- pezio. Dolore e rigidità delle estremità articolari e muscolari possono errone- amente suggerire la diagnosi di artrite reumatoide o polimialgia reumatica.

Donne ipotiroidee in età fertile presentano cambiamenti del ciclo mestrua- le. L’oligomenorrea è il sintomo più comune, ma possono anche essere pre- senti amenorrea, menorragia e polimenorrea (85). L’ipotiroidismo grave nelle donne è associato a diminuzione della libido e mancata ovulazione.

L’ipotiroidismo è associato anche ad aborti nel primo trimestre. Negli uomini adulti l’ipotiroidismo può causare diminuzione della libido e impotenza.

Reperti obiettivi

Il quadro tipico della tiroidite di Hashimoto nell’adulto è caratterizzato da gozzo, di consistenza aumentata, superficie irregolare, con bozzature che possono mimare la presenza di noduli. I noduli ben definiti non sono comu- ni. Entrambi i lobi sono ingranditi, ma di solito asimmetricamente. Il gozzo si può sviluppare gradualmente nel corso di molti anni e raramente aumenta rapidamente. Più frequentemente la TCA si manifesta con ipotiroidismo e ghiandola di dimensioni normali o ridotte (forma atrofica della TCA).

I sintomi dell’ipotiroidismo sono riassunti nella tabella 4. L’epidermide è secca, ruvida, fredda e ricoperta con scaglie superficiali sottili, come conse- guenza della riduzione del metabolismo cutaneo, ridotta secrezione di sudore e sebo, vasocostrizione e ipercheratosi dello strato corneo. Le mani ed i piedi presentano un ispessimento del tessuto sottocutaneo. Il pallore cereo diffuso è dovuto alla vasocostrizione, all’accumulo di mucopolisaccaridi nel derma e ad eventuale coesistente anemia. La colorazione giallastra della pelle è causa- ta dalla elevazione delle concentrazioni di carotene. Il volto è gonfio, pallido e inespressivo a riposo. La rima palpebrale può essere ridotta. La lingua è di solito ingrandita. La voce è roca, di bassa tonalità. L’eloquio è rallentato. I capelli sono radi, secchi, opachi e grossolani, crescono lentamente e cadono facilmente. Può venir meno il terzo distale delle sopracciglia. Negli uomini la barba diventa rada. Le unghie sono ispessite, fragili e striate. L’edema non improntabile è dovuto ad un accumulo anormale di mucopolisaccaridi e pro- teine negli spazi interstiziali della pelle, con conseguente aumento di acqua.

La permeabilità dei capillari è aumentata nell’ipotiroidismo.

(31)

I riflessi tendinei sono lenti, specialmente durante il tempo di rilassa- mento, come conseguenza di una diminuzione del tasso di contrazione muscolare. I pazienti con miopatia da ipotiroidismo possono presentarsi con pseudoipertrofia muscolare, specialmente nelle braccia e gambe. Sono presenti segni cardiovascolari come bassa frequenza cardiaca, ipertensione diastolica con riduzione della pressione differenziale, cardiomegalia, edema periferico non-improntabile. I toni possono essere diminuiti di intensità, a causa di versamento pericardico. L’ascite non è frequente nell’ipotiroidismo e può verificarsi in associazione con versamento pleurico e pericardico.

Esami di laboratorio

I livelli sierici di creatin-fosfochinasi, aspartato aminotransferasi e alanina e lattico deidrogenasi possono essere aumentati. Nella maggior parte dei pazienti la distribuzione degli isoenzimi indica la loro origine dal muscolo scheletrico piuttosto che dal muscolo cardiaco.

L’ipotiroidismo riduce il metabolismo basale. La sintesi e soprattutto la degradazione delle proteine è diminuita e come risultato è presente un bilancio azotato leggermente positivo. L’assorbimento di glucosio dal tratto gastrointestinale è ridotto e l’assimilazione periferica di glucosio è ritardata.

A causa di una minore degradazione dell’insulina, la sensibilità all’insulina esogena è aumentata, ma l’ipoglicemia è rara. E’ presente un’alterazione del profilo lipidico: trigliceridi, fosfolipidi e lipoproteine a bassa densità (LDL) sono elevati. Questi cambiamenti sono in genere in relazione ai livelli di ormoni tiroidei. L’aumento del colesterolo sierico è causato da un maggiore ritardo nella degradazione piuttosto che da una maggiore sintesi, in partico- lare del colesterolo LDL.

Dal 5 al 25% dei pazienti ipotiroidei presentano autoanticorpi circolanti

diretti contro le cellule parietali gastriche o fattore intrinseco e una piccola

minoranza hanno anemia perniciosa a causa dell’assorbimento alterato della

vitamina B12. L’anemia è un riscontro comune nell’ipotiroidismo. Di solito

è lieve e può essere normocromica e normocitica, come conseguenza della

diminuzione della produzione di eritropoietina e depressione di midollo

osseo, o macrocitica, come conseguenza della carenza di vitamina B12 e

folati. Nella donna un’altra causa di anemia è la carenza di ferro, derivante

dalla perdita di sangue a causa di menorragia e il ridotto assorbimento di

ferro secondario ad acloridria. Leucociti e piastrine sono di solito normali. I

difetti più frequenti nell’emostasi sono il prolungato tempo di sanguinamen-

to, la ridotta adesività delle piastrine, e basse concentrazioni plasmatiche del

(32)

fattore VIII e del fattore di Von Willebrand. La rilevanza clinica di queste anomalie è di solito limitata.

Può essere presente, come conseguenza di una lieve diminuzione del flusso sanguigno renale e della velocità di filtrazione glomerulare, un legge- ro aumento di creatinina e di acido urico. Di tanto in tanto, viene segnalata minima proteinuria. Il contenuto totale di sodio è aumentato, ma le sue con- centrazioni sieriche tendono ad essere basse. I livelli plasmatici di potassio, calcio e del Fosforo sono di solito normali.

Esami strumentali

Alterazioni dell’ECG comprendono bradicardia sinusale, prolungamento dell’intervallo PR, bassa ampiezza dell’onda P e del complesso QRS, altera- zioni del tratto ST e onde T appiattite o invertite, che sono tutti segni indi- cativi di ischemia miocardica. Un arresto cardiaco completo è raro. Possono verificarsi battiti prematuri ventricolari e tachicardia ventricolare. Questi cambiamenti scompaiono con il trattamento ormonale tiroideo. I reperti eco- cardiografici sono i seguenti: un prolungamento del tempo di pre-espulsione e versamento pericardico, che è più comune e grave nell’ipotiroidismo di lunga durata e nelle forme gravi.

Le alterazioni elettroencefalografiche comprendono: rallentata attività delle onde α e generale perdita di ampiezza. I test cognitivi di pazienti con ipotiroidismo moderato e grave indicano difficoltà ad eseguire calcoli, perdi- ta della memoria recente, ridotta capacità di attenzione e tempi di reazione rallentati. Le anomalie elettromiografiche non sono specifiche. I pazienti con ipertrofia muscolare non presentano i classici segni elettromiografici di miotonia.

Può essere presente all’esame istologico atrofia della mucosa gastrica e

intestinale e infiltrazione mixedematosa della parete intestinale. Si osserva

spesso una gastrite autoimmune e ben il 50% dei pazienti hanno acloridria.

(33)

Aspetti clinici dell’ipotiroidismo autoimmune in età diverse

- Ipotiroidismo congenito

L’autoimmunità è una rara causa di ipotiroidismo congenito transitorio (86;87). I bambini nati da madri con tiroidite autoimmune cronica e autoanti- corpi circolanti TRAb-bloccanti possono mostrare un ipotiroidismo transito- rio dovuto alla inibizione della loro funzione tiroidea dagli autoanticorpi anti TRAb-bloccanti che attraversano la placenta. Tali anticorpi gradualmente tendono a scomparire entro i 3-4 mesi dopo il parto. Il grave ipotiroidismo è un evento raro ed è associato alla presenza di autoanticorpi anti TRAb- bloccanti ad alto titolo e ad alta affinità che inibiscono la funzione tiroidea del feto durante la gestazione (88).

-Ipotiroidismo acquisito nella prima infanzia, infanzia ed adolescenza La TCA è la causa più comune di ipotiroidismo acquisito nei bambini e adolescenti che vivono in aree iodio sufficienti. La variante atrofica sembra più comune nei bambini, mentre la varietà con gozzo è più frequente negli adolescenti. La presentazione clinica è influenzata principalmente dalla età di insorgenza della malattia e la sua rapidità di progressione. L’ipotiroidismo può influenzare lo sviluppo del sistema nervoso centrale quando si verifica nei primi tre anni di vita, mentre i suoi effetti negativi sulla crescita e matu- razione scheletrica, sullo sviluppo puberale e l’altezza adulta si verificano fino a quando la pubertà non sia completa. La crescita ossea longitudinale è molto sensibile all’ipotiroidismo.

L’ipotiroidismo autoimmune acquisito nei bambini è raro. I sintomi e segni si sviluppano dopo 6 mesi di età e sono simili a quelli dei bambini con ipotiroidismo congenito non rilevato dallo screening (89). Possono essere anche presenti rallentamento della crescita lineare e ritardo o arresto nelle tappe dello sviluppo. La maturazione scheletrica e l’eruzione dei denti pri- mari sono ritardati. Il riconoscimento precoce e il trattamento richiesto sono fondamentali per prevenire danni neurologici e possibile ritardo mentale (89).

L’ipotiroidismo acquisito dopo 3 anni di età non influenza il rendimento

scolastico. Il rallentamento della crescita lineare con la conservazione dell’au-

mento di peso è la caratteristica clinica predominante, associata a gozzo,

facile faticabilità e cambiamenti nel profitto e nelle prestazioni atletiche. La

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vera obesità è rara. Alcuni bambini hanno debolezza muscolare e pseudo ipertrofia muscolare (sindrome di Kocher - Debré - Sémélaigne). Nei bambi- ni più piccoli sono presenti un profondo ritardo nella maturazione dentale e scheletrica, spesso con evidenza radiografica di disgenesia dell’epifisi. L’età ossea è spesso inferiore rispetto all’età staturale.

I bambini più grandi e gli adolescenti con ipotiroidismo possono mostra- re sintomi e segni simili a quelli che si verificano negli adulti. Si possono verificare sintomi non specifici quali affaticamento, sonnolenza, anemia, mal di testa. Il rendimento scolastico può essere normale, ma in genere il ragazzo appare più svogliato e impiega un maggior sforzo nello studio. Rigidità dello scheletro, ritardo della crescita e ritardata eruzione dei denti permanenti sono i reperti caratteristici di grave ipotiroidismo a questa età. Lo sviluppo puberale può verificarsi in età normale o può essere ritardato. La pubertà precoce è rara ed è caratterizzata da sviluppo del seno, galattorrea e sangui- namento vaginale, in assenza di peluria sessuale. È stato segnalato menarca isolato. Nei ragazzi può verificarsi precoce ingrandimento testicolare. I testi- coli sono istologicamente immaturi se l’ipotiroidismo precede la pubertà e mostrano involuzione tubolare se l’esordio è dopo la pubertà. La secrezione di testosterone non è aumentata. In alcuni bambini l’effetto degli steroidi ses- suali sulla maturazione ossea sembra essere preponderante rispetto a quello dell’ipotiroidismo, portando ad un altezza adulta di sotto del potenziale genetico. L’ipotiroidismo autoimmune si verifica più frequentemente nei bambini con sindrome di Turner e sindrome di Down e con diabete di tipo 1.

- Ipotiroidismo nei pazienti anziani

Negli anziani la TCA è di solito atrofica. Le caratteristiche cliniche di ipotiroidismo autoimmune descritte nei pazienti più giovani sono spesso assenti. Sintomi e segni, tra cui affaticamento, debolezza, intolleranza al fred- do, pelle secca, perdita di capelli, stitichezza, inappetenza, depressione e/o deterioramento mentale, perdita dell’udito, cardiomegalia ed insufficienza cardiaca congestizia possono essere confusi con i cambiamenti legati al “nor- male” invecchiamento.

I segni clinici più rilevanti che sono suggestivi di ipotiroidismo nei pazienti anziani sono gli aumentati livelli di colesterolo, stipsi, insufficienza cardiaca congestizia e anemia macrocitica. Sono comuni le manifestazioni neurologiche (sincope, convulsioni, alterazioni della funzione cerebellare, sindrome del tunnel carpale) e sintomi artritici. A causa del coinvolgimento cardiovascolare sono comuni dispnea e dolore toracico. Come conseguen- za della riduzione dell’appetito, alcuni pazienti ipotiroidei perdono peso.

Sintomi neuropsichiatrici sono comuni e la depressione può essere il sintomo

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