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Nella nostra tribù scopri la tua identità competente anche tu

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

NAHYELI MATTEI

BACHELOR OF ARTS SUPSI IN INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA

DELL’INFANZIA

ANNO ACCADEMICO 2014/2015

NELLA NOSTRA TRIBÙ SCOPRI LA TUA

IDENTITÀ COMPETENTE ANCHE TU

RELATRICE

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Ringrazio la mia docente titolare Lisa Marchetti per la sua disponibilità e per avermi dato la possibilità di svolgere il mio lavoro di tesi presso la sua sezione.

Ringrazio di cuore i bambini della scuola dell’infanzia di Personico per aver partecipato alle attività proposte con entusiasmo, interesse e attenzione.

Ringrazio molto la mia relatrice Marina Bernasconi, che con la sua pazienza e il suo sostegno ha contribuito alla realizzazione della mia tesi di Bachelor. Oltre a ciò, la sua passione che ha sempre dimostrato verso il suo mestiere mi ha permesso di arricchire il mio bagaglio personale.

Ringrazio la mia compagna Lara Pianetti per la collaborazione e per il clima positivo che si è creato nello sviluppare una parte di lavoro in comune.

Ringrazio la mia famiglia e i miei amici che nel corso di questo progetto, come anche in questi tre anni scolastici, mi hanno appoggiata, sostenuta e dato la forza per realizzare il mio sogno.

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Abstract

Mattei Nahyeli

Bachelor of Arts SUPSI in insegnamento nella scuola dell’infanzia.

Nella nostra tribù scopri la tua identità competente anche tu

Marina Bernasconi

Questo lavoro di ricerca è stato progettato al fine di osservare se la valorizzazione delle identità competenti dei bambini tendenzialmente esclusi dal gruppo permette di cambiare le dinamiche relazionali in sezione favorendo la loro inclusione.

Dedicando del tempo a tre allievi, bisognosi di uno sguardo inclusivo, è stato possibile individuare le loro identità competenti, valorizzarle e offrirle ai compagni. Tutte le attività svolte sono state collegate al tema della sezione: gli indiani del Nord America.

I dati che ho raccolto sono di tipo qualitativo, infatti, sono stati considerati il diario di bordo e le interviste fatte alla mia dpp e alla docente d’appoggio.

Da questa ricerca, svolta nella SI di Personico, emerge che la valorizzazione delle identità competenti, attraverso delle attività o degli angoli può influire in modo positivo sulle dinamiche relazionali della sezione. Grazie al percorso svolto insieme a me e al progetto che stanno portando avanti la mia dpp e la docente d’appoggio, si può osservare che questi tre allievi sono più desiderosi di relazionarsi con i propri compagni.

Inoltre risulta che se i bambini si conoscono meglio imparano a guardarsi con occhi diversi e a capire che tutti, anche i compagni che di primo acchito sembra portino con sé solamente cose negative, sono bravi a fare qualcosa e possono offrire le loro identità competenti a tutto il gruppo.

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Introduzione ... 1

Motivazione della scelta ... 2

Quadro teorico... 4

Differenziazione in ambito pedagogico ... 4

Narrazione di sé ... 5

Identità competente ... 7

Il principio di educabilità di Meirieu ... 8

I principi dell’inclusione ... 9

I nativi americani degli Stati Uniti d’America ... 10

La borsa medicina ... 11

Acchiappasogni ... 11

Totem ... 12

Amuleto ... 13

Analisi del contesto ... 15

Domande e ipotesi di ricerca ... 21

Quadro metodologico ... 22

Tipologia di ricerca e strumenti utilizzati ... 22

Campione di riferimento ... 22

Modalità di intervento ... 22

Da. costruisce un totem ... 23

La danza indiana di Ra. ... 23

Nomi indiani ... 23

Di. crea un amuleto portafortuna per la tribù ... 23

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Momento conclusivo ... 24

Analisi dei dati ... 25

Conclusioni ... 35

Per i bambini non è facile riconoscere le identità competenti ... 35

L’importanza del passaggio dal singolo al gruppo e viceversa ... 35

Il ruolo del docente ... 36

Collegamento alla teoria di Connac ... 36

L’importanza di uno sguardo esterno ... 37

Risposte alle domande di ricerca ... 37

Limiti ... 39

Benefici della ricerca e possibili sviluppi ... 39

Bibliografia ... 40

Sitografia ... 42

Allegati ... 1

Allegato 1: Tabella osservativa ... 1

Allegato 2: Diario di bordo ... 6

2 marzo 2015 ... 6 9 marzo 2015 ... 9 13 marzo 2015 ... 14 16 marzo 2015 ... 15 23 marzo 2015 ... 19 27 marzo 2015 ... 23 30 marzo 2015 ... 29

Allegato 3: Tabella con simboli e nomi indiani ... 33

Allegato 4: Interviste docente titolare e docente d’appoggio ... 36

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Introduzione

Per il mio lavoro di tesi mi sono focalizzata sulla differenziazione poiché è un tema che rispecchia bene la mia sensibilità verso la diversità.

Questa mia sensibilità è nata l’estate di due anni fa, quando ho curato per un mese il figlio di quattro anni di una collega di mia mamma. Questo bambino è nato con un’atrofia muscolare-spinale (SMA 2) ed è costretto a vivere su una sedia a rotelle.

Quando uscivo con il bambino per andare a fare delle passeggiate ho assistito a sguardi e commenti discriminatori che mi hanno rattristata. Inoltre, mi è stato detto dalla madre che anche alla scuola dell’infanzia il bambino veniva spesso compatito dalla docente e dai genitori degli altri allievi.

L’estate scorsa ho incontrato la mamma del bambino e mi ha detto che era preoccupata poiché suo figlio non avrebbe potuto frequentare la scuola elementare nel suo paese siccome è un edificio piuttosto datato dove ci sono molte scale e il prezzo per costruire un ascensore sarebbe stato troppo elevato. Il bambino ora frequenta le scuole elementari in un paese poco distante dalla sua abitazione, dove dispone di un ascensore che gli permette l’accesso alle aule.

Dopo questa esperienza ho deciso di informarmi maggiormente su questa tematica. Purtroppo ho capito che nella nostra società le persone diversamente abili o con qualche fragilità vengono definite diverse, nel senso negativo del termine. Non nascondo che io stessa, prima di frequentare il DFA, tendevo ad assumere un comportamento di compassione e pietà verso queste persone. Ora mi rendo conto che questo atteggiamento, anche se involontario, è sbagliato poiché porta ad una discriminazione.

Inoltre, in questi tre anni trascorsi al DFA ho avuto la possibilità di svolgere le mie pratiche professionali in tre luoghi diversi. In ognuna delle sezioni in cui sono stata ho potuto notare il lavoro e l’impegno che servono per ottenere l’inclusione di tutti gli allievi. Con il termine inclusione si intende il saper fare lezione tenendo in considerazione le caratteristiche di ogni allievo. Con il passare degli anni si può notare che la società ha avuto dei cambiamenti. Oggigiorno viviamo in una società piuttosto complessa, poiché vi sono pensieri e metodi diversi di educare e crescere i propri figli. Una volta invece le famiglie tendevano ad avere delle regole e dei valori simili.

I bambini che frequentano le scuole rappresentano la società, dunque automaticamente anche nelle classi e nelle sezioni i docenti sono confrontati maggiormente con la diversità.

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Il Ticino, a differenza di altri cantoni svizzeri, è molto disponibile verso la creazione di sistemi educativi più inclusivi. “Con la scuola inclusiva, l’accoglienza di differenze risulta però essere la normalità verso cui tendere: una scuola normalmente inclusiva che affermi e riconosca la singolarità di ognuno all’interno di uno spazio sociale” (Mainardi, Balerna, D’Alessio, 2010, p. 12). Dunque nelle scuole ticinesi, grazie al pensiero inclusivo, sono sempre più presenti anche allievi con bisogni educativi speciali.

Ciò in preponderanza nel ciclo di scuola dell’infanzia, in cui viene offerta a tutti la possibilità di una scolarizzazione. Una docente di scuola dell’infanzia può quindi trovarsi confrontata anche con bambini di difficile gestione o con bisogni educativi speciali. Un compito importante dell’insegnante è quello di osservare attentamente i suoi allievi e nel caso in cui fosse necessario, segnalare i più “fragili” per poter agire in modo precoce, così da rendere gli interventi più efficaci. Questa mia sensibilità dal mio punto di vista deve diventare una sensibilità professionale siccome i docenti sono confrontati sempre più spesso con allievi difficili da gestire per problemi di vario tipo. In fondo con il progetto “La scuola che verrà” tutti gli insegnanti saranno tenuti a diventare più sensibili riguardo a questo tema. La scuola che verrà affronta “alcuni nodi importanti per la scuola obbligatoria. Lo fa rimettendo in discussione le forme didattiche, una certa organizzazione statica del tempo scolastico, chiedendo ai docenti maggiore cooperazione, ma soprattutto proponendo le premesse affinché la differenziazione pedagogica in un contesto inclusivo divenga la normalità della scuola di domani. Gli allievi devono poter crescere assieme, ma in questo spazio formativo di tutti e per tutti devono poter seguire percorsi differenziati, adatti alle loro diverse risorse personali” (Bertoli, 2015, p. 3).

Motivazione della scelta

Ho deciso di collegare il mio lavoro di tesi al tema della mia sezione: gli indiani del Nord America. Ho fatto questa scelta poiché fin dal primo giorno trascorso in sezione ho potuto notare l’entusiasmo dei bambini nel descrivermi tutto ciò che conoscevano sui nativi americani. Anche io ho sempre avuto un debole per questa cultura, ricordo che alle elementari quando abbiamo trattato questo tema a storia ero rimasta molto affascinata dal rispetto che gli indiani portavano per tutto ciò che li circonda.

Per quanto riguarda il mio lavoro di tesi ho deciso di focalizzarmi su tre allievi del I livello che, grazie alle osservazioni svolte durante la PP5, ho identificato come bisognosi di uno sguardo inclusivo. Questi bambini vengono emarginati dal resto del gruppo a causa di alcune loro fragilità.

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3 Essi vengono considerati dal resto del gruppo quasi esclusivamente per le loro difficoltà cognitive e/o relazionali. La descrizione dettagliata di questi bambini la si può trovare nel capitolo: analisi del contesto.

A mio parere un docente non può far finta di niente quando si trova confrontato con allievi che vengono emarginati, per vari motivi, dal resto del gruppo. È importante per un insegnante creare contesti diversi e trovare più strategie per cercare di includere questi bambini, per il loro benessere ma anche per quello dell’intero gruppo.

Durante questo percorso dedicherò del tempo a questi allievi, svolgerò degli interventi con il singolo bambino per identificare le sue identità competenti che verranno poi valorizzate e condivise con l’intero gruppo.

La metafora degli indiani del Nord America che fa da sfondo annuale mi aiuterà sicuramente a favorire il passaggio: dal bambino al gruppo e dal gruppo al bambino.

Molto probabilmente nel mio futuro da docente di scuola dell’infanzia mi troverò confrontata con allievi con difficoltà emotive, sociali, cognitive ed comportamentali. Le informazioni raccolte grazie a questo lavoro di tesi mi permetteranno di arricchire il mio bagaglio di esperienza riguardo l’inclusione dei cosiddetti “casi difficili”.

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Quadro teorico

1

Differenziazione in ambito pedagogico

Vi è un approccio pedagogico che i docenti della Scuola obbligatoria ticinese (in particolare quelli della SI e SE) dovrebbero integrare nel proprio metodo educativo, si tratta della differenziazione. Alla base, questo pensiero pedagogico considera l'eterogeneità come una ricchezza anziché un ostacolo e, di conseguenza, esclude l'idea di rendere omogeneo un gruppo di allievi, differenti tra loro, attraverso un trattamento educativo standard.

Le differenze tra un allievo e l'altro possono essere per esempio di tipo cognitivo, psicologico, caratteriale, culturale, biologico e sociale ma possono riguardare anche gli interessi, le passioni e le esperienze personali. In una logica di differenziazione pedagogica il docente sceglie di sfruttare queste diversità come risorsa per sviluppare le attività educative, tenendo in considerazione che non tutti hanno le medesime esigenze formative, “affinché ogni allievo benefici delle condizioni più appropriate per imparare il più possibile, tenuto conto dei vari fattori individuali e contestuali che interagiscono nei processi di insegnamento/apprendimento” (Donati, 2008, p. 2).

Questo approccio ha come scopo, oltre all'apprendimento, quello di potenziare il benessere degli allievi facendoli sentire accolti. Questi due obiettivi si pongono in stretto legame: se un bambino sta bene in classe apprende meglio e viceversa. “L'accoglienza […] facilita l'apprendimento: chi si sente accolto apre la mente e lascia “fiorire” la sua voglia di conoscere e di imparare” (Polito, 2000, p. 96).

L'accoglienza rappresenta dunque “il nucleo costitutivo di una scuola che pone al centro delle sue riflessioni la persona nella sua totalità, di una scuola capace di recuperare, ponendosi all'ascolto dell'altro, patrimoni, altrimenti dispersi, con cui arricchire l'intero contesto degli apprendimenti del gruppo classe” (Miotto e Simona, 2013, p. 7).

Il pensiero pedagogico della differenziazione si concretizza nel docente attraverso un modo di essere che lo porta a concentrarsi su alcuni ambiti di sviluppo e a perseguire determinati valori fondamentali. L'accoglienza diventa per lui “un atteggiamento esistenziale più che un percorso strutturato. Non è un mero atto dovuto, ma una forma di attenzione quotidiana verso tutti” (Busatto,

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5 Sambo, Scotto Lachianca, 2009, p. 4).

In questo senso l'insegnante si impegna ad accettare e valorizzare l'allievo per quello che è, assegnandogli un ruolo all'interno del gruppo, cosicché ognuno possa percepire il senso di appartenenza ad esso e partecipare alla vita di classe. Di conseguenza il docente dà forma, insieme agli allievi, ad una comunità di apprendimento nella quale ci si può riconoscere come collettività. Egli si dedica a far stare bene ogni singolo bambino, creando un contesto educativo basato su relazioni capaci di accogliere le individualità, le differenze, le difficoltà e le abilità. “L'accoglienza reciproca nasce dalla consapevolezza di essere tutti intrinsecamente interdipendenti e bisognosi del sostegno reciproco per sviluppare le proprie potenzialità” (Polito, 2000, p. 95).

Sulla base di queste relazioni il docente si incarica di guidare gli allievi creando delle situazioni di apprendimento adatte alle loro competenze, ai loro bisogni e ai loro interessi, progettandole così in maniera differenziata.

Ciò che è emerso dai lavori e dalle riflessioni di docenti, educatori, formatori e pedagogisti attenti al tema della differenziazione sta portando sempre più interesse su questa tematica in ambito formativo: per esempio al secondo anno di studi Bachelor della SUPSI DFA viene trattato, con i futuri docenti di Scuola elementare e Scuola dell'infanzia, un corso chiamato “Differenziare per riuscire”, che intende porre le basi e sensibilizzare gli studenti in quest'ottica.

Narrazione di sé

Vi sono degli strumenti che, chi si dedica a portare avanti un approccio educativo orientato verso la differenziazione, sceglie di sfruttare per raggiungere gli obiettivi che si è posto: tra i più rilevanti vi è la narrazione di sé.

La narrazione di sé è lo strumento principale per riconoscere le unicità e le identità competenti del soggetto. Essa è caratterizzata da tre diversi aspetti. In primo luogo, descrive “eventi od azioni importanti per la persona, vale a dire [che riguarda] intimamente le sue intenzioni ed emozioni. In secondo luogo, gli individui giocano un ruolo importante negli eventi descritti: in altre parole, essi influenzano con le proprie azioni il corso di questi eventi, ma, al tempo stesso, sono da questi eventi condizionati quando devono realizzare i proprio progetti. In terzo luogo, infine, gli eventi ed i fatti, per il modo in cui sono descritti, delineano l’identità del Sé della persona all’interno dell’ambiente

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di vita, vale a dire danno significato e continuità alle esperienze rilevanti per il Sé” (Smorti, 1997, p. 62).

“Narrare” significa “raccontare a voce” o “per iscritto” dei fatti reali o immaginari a qualcuno. Quando si racconta un’esperienza vissuta la si rende più comprensibile a noi stessi e a coloro che ci ascoltano.

Secondo Castoldi (2011) “si tratta di un recupero che attraversa l’esperienza scolastica in tutti i suoi momenti e si fonda sulla disponibilità all’ascolto da parte dell’insegnante, sulla sua permeabilità nei confronti degli allievi che ha di fronte, sulla sua umiltà e rispetto verso le storie che raccontano” (p. 101). Formenti e Gamelli (1996) ritengono che le modalità attraverso cui può avvenire la narrazione di sé “sono le più varie: stimolare la scrittura espressiva, valorizzare i ricordi personali, esplorare le preconoscenze anche sul piano personale ed emotivo, animare e drammatizzare le storie, curare alcuni rituali che favoriscano l’espressione di sé (un luogo, un tempo, una disposizione, un oggetto simbolico, ecc.), recuperare le memorie familiari, ricostruire la storia personale, mettersi in posizione di ascolto ecc. (Formenti e Gamelli in Castoldi, 2011, p. 101).

Ogni bambino è unico e porta con sé la propria storia: è importante valorizzarla e, in questo contesto, bisogna rispettare le caratteristiche di tutti gli allievi. Per osservare al meglio queste individualità è necessario riuscire a levare le eventuali etichette che sono state assegnate ai bambini dal docente e/o dai compagni, al fine di non esserne condizionati.

Il racconto di sé trova spazio principalmente nei primi anni di scolarizzazione, soprattutto nella Scuola dell’infanzia. Con l’avanzare degli studi si tende progressivamente a far diventare il racconto di sé qualcosa di occasionale, poiché gli insegnanti hanno un vasto programma disciplinare da portare a termine entro la fine dell’anno e ritengono che il tempo a disposizione sia limitato. Infatti nella scuola di oggigiorno si tende spesso a conoscere un allievo limitandosi alle sue competenze nell’ottica disciplinare.

Come spiega Zavalloni (2010), nel testo La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e nonviolenta, il «perdere tempo» per conoscere meglio gli allievi, per permetter loro di conoscersi meglio e per “accoglierli compiutamente è sempre tempo guadagnato, in grado di trasformare, grazie a metodologie didattiche attraenti, l’apprendimento in un’utile e duratura esperienza di vita”(p. 14).

Attraverso i racconti si può dunque aiutare i bambini a prendere consapevolezza della propria identità personale e a valorizzare le proprie esperienze. "Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita. Si potrebbe dire che

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7 ognuno di noi costruisce e vive un racconto, e che questo «racconto» è noi stessi, la nostra identità. [...] L'uomo ha bisogno di questo racconto, di un racconto interiore continuo, per conservare la sua identità, il suo sé" (Sacks, 1986, p. 84).

Grazie alla narrazione di sé si può inoltre aiutare il bambino a fare ordine nelle sue esperienze di vita. “Il “dare le parole” all'esperienza rappresenta un'opportunità di riflessione sul vissuto che aiuta a comprenderlo, organizzarlo, metterlo in relazione; in ciò la potenzialità apprenditiva come opportunità di rielaborazione e chiarificazione dell'esperienza.” (Demotrio in Castoldi, 2011, p. 102)

Con i bambini si può lavorare in questi termini già a partire dalla SI, e questo è quanto cercheremo di mettere in atto con la mia sperimentazione.

Identità competente

Nell'ambito della differenziazione la narrazione può rappresentare anche uno “strumento d’indagine del gruppo classe che ha come fine immediato quello di individuare gli hobby, le piccole specialità, le competenze scolastiche ed extra scolastiche, le passioni collezionistiche di ciascun studente. Ogni studente esprime la propria identità attraverso competenze che sovente rimangono implicite al proprio modo di operare e sottese al proprio modo di apprendere” (Berlini e Canevaro, 1996, p. 20): questo insieme di competenze può esser definito con il termine di “identità competente”.

Non è sempre facile però individuarle negli allievi poiché, spesso, sono implicite: per trovarle è innanzitutto necessario osservare attentamente i bambini con cui si lavora. Secondariamente può essere utile intrattenere delle conversazioni informali con loro per conoscerli meglio, oppure può risultare favorevole ascoltarli durante le discussioni a grande e a piccolo gruppo, o ancora chiedere a loro stessi o ai compagni di identificarle.

Una volta individuate le identità competenti, è importante che il docente s'impegni a valorizzarle e le faccia conoscere anche ai compagni del bambino, in quanto possono rappresentare una risorsa per l’intero gruppo. Oltre a ciò si può rivelare interessante la progettazione di percorsi partendo proprio dalle loro identità competenti: spesso, sentendosi valorizzati, i bambini risultano più coinvolti negli argomenti trattati. Infine, può essere utile sia per il docente che per gli allievi realizzare un archivio della memoria contenente le informazioni riguardanti il percorso svolto, creando una traccia di quanto effettuato.

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Il principio di educabilità di Meirieu2

Secondo Meirieu (2008) Un docente deve essere in grado di scommettere sull’educabilità di tutti i suoi allievi.

“ […] La scommessa sull’educabilità di tutti mi è parsa come probabilmente scientificamente falsa (anche se non ne sappiamo nulla), ma eticamente giusta e necessaria perché si tratta della scommessa sull’umano”. (Meirieu, 2008, p. 2).

D’altro canto è proprio grazie a questa scommessa che si inventano mezzi pedagogici per aiutare gli allievi a crescere e ad apprendere. Per fare ciò è importante considerare i bambini tenendo conto delle loro caratteristiche.

Come spiega Meirieu (2008), questo principio di educabilità è estremamente interessante per interrogare le nostre pratiche. “[…] Dietro a questo principio di educabilità c’è una doppia e profonda convinzione: ogni soggetto, anche quello apparentemente più solido, è un soggetto “accidentato”; ma anche: dietro ogni soggetto “accidentato” devo postulare che ci sia un soggetto intatto al quale io possa rivolgermi per aiutarlo a rivelarsi attraverso la messa in atto di una proposta educativa pensata/sensata” (p. 4).

Un docente deve quindi partire dal principio che tutti gli allievi possono migliorare e deve essere in grado di permettere a tutti i bambini di emergere, ovvero di imparare a differenziarsi. Per fare ciò è importante togliere eventuali etichette assegnate agli allievi per evitare di essere condizionati. Queste etichette non le mette solamente l’insegnante ma anche i compagni e i genitori di quest’ultimi. Inoltre, sono del parere che i bambini sentono su di loro queste etichette.

Anche il contesto e il luogo sono degli aspetti da non trascurare, quest’ultimi se sono accoglienti e rassicuranti possono aiutare il bambino ad emergere.

Un’altra condizione che Meirieu ritiene importante è il fatto di mettere a disposizione degli allievi delle risorse culturali significative, anche nelle situazioni difficili. Non si può sempre semplificare poiché si rischierebbe di diminuire le risorse culturali di questi allievi. Infatti come scrive bene Meirieu (2008) “L’incontro con la cultura permette di appropriarsi di ciò che proviene da altri per esistere personalmente” (p. 6).

2 Le citazioni presenti in questo capitolo sono state liberamente tradotte da Marina Bernasconi per il corso “Differenziare per riuscire”.

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9 Infine, un altro fattore ritenuto importante da Meirieu è la necessità di creare delle alleanze con i propri allievi. I bambini devono sapere che se hanno bisogno il loro docente sarà sempre disponibile. Per far sì che accada ciò il docente deve essere in grado di cogliere i momenti in cui gli allievi hanno bisogno di lui.

I principi dell’inclusione

Innanzitutto ritengo sia importante esplicitare la differenza tra integrazione e inclusione. Come spiega Ianes (2005), nel libro Bisogni educativi speciali e inclusione, l’integrazione si rivolge principalmente agli alunni disabili, mentre l’inclusione “fa riferimento alle varie prassi di risposta individualizzata realizzate su tutti i vari bisogni educativi di tutti gli alunni con bisogni educativi speciali” (Ianes, 2005, p. 71). L’inclusione è quindi più ampia rispetto all’integrazione. Valutando tutti i bisogni educativi speciali nasce l’esigenza di rispondere in modo inclusivo, considerando i bisogni di tutti gli allievi.

“Una risposta realmente inclusiva è un’offerta formativa individualizzata, quanto necessario” (Ianes, 2005, p. 71).

Ritengo sia rilevante spiegare anche la differenza tra individualizzazione e personalizzazione. Il primo termine cerca di adattarsi ai bisogni di una singola persona, riconoscendoli e modificando le varie strategie d’apprendimento e di insegnamento per riuscire a portare quell’allievo il più vicino possibile agli obiettivi comuni al gruppo d’appartenenza, per esempio la sezione o la classe. In questo modo si cerca quindi di far raggiungere un traguardo comune anche con mezzi e percorsi molto diversi.

Come spiega Connac (2012) nel libro, La personnalisation des apprentissages, l’individualizzazione in pedagogia è indirizzata essenzialmente agli allievi che incontrano delle difficoltà. Quest’ultima può essere declinata attraverso tre modi: il lavoro individuale dove ogni allievo effettua lo stesso compito senza la possibilità di interagire con i compagni, il lavoro isolato che consiste nel separare gli allievi dalla classe e farli lavorare in un altro luogo insieme ad un altro insegnante (in generale il docente di sostegno, la logopedista,… .) e il lavoro individualizzato, il quale ogni allievo riceve o sceglie un compito che gli corrisponde, c’è dunque la possibilità di svolgere un lavoro attraverso strade differenti.

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Con la personalizzazione invece anche gli obiettivi dell’offerta formativa sono differenti. L’obiettivo finale della personalizzazione non è tanto quello di raggiungere un fine comune ma quello di costruire un proprio percorso rispetto a propri fini anche molto diversi da quelli degli altri. Come scrive Connac (2012), personalizzare gli apprendimenti consiste nell’articolare in modo equilibrato tre approcci pedagogici: le situazioni didattiche, esse possono crearsi collettivamente o attraverso piccoli gruppi di allievi animati dall’insegnante, il lavoro individualizzato dove l’insegnante dedica del tempo ai singoli allievi e l’interazione cooperativa, che consiste nel condividere con il resto del gruppo quanto fatto con un allievo in particolare.

Per il mio lavoro di tesi ho preso spunto dalla teoria di Connac riguardante i tre approcci pedagogici. Ho così scelto di collegare la scoperta delle identità competenti e della personalità degli allievi al tema dei nativi americani. In seguito dedicherò del tempo, singolarmente, ai tre bambini del I livello che vengono emarginati dal resto del gruppo e insieme scopriremo le loro identità competenti. Infine quest’ultime verranno valorizzate e condivise con l’intero gruppo.

I nativi americani degli Stati Uniti d’America

Per creare un buon contesto motivazionale per il mio lavoro di tesi, ho deciso di portare avanti la metafora che utilizza la mia dpp come sfondo motivazionale di tutto l’anno: gli indiani del Nord America.

Come scrive Steedman (1995), esistevano all’incirca 300 tribù di nativi americani, ognuna con il proprio capo, le proprie usanze, la propria lingua, le proprie abitudini,… . Il popolo dei Dakota fu senza dubbio il più famoso del Nord America, quest’ultimi venivano chiamati Sioux dalle altre tribù.

Come spiegato nel libro scritto da Rossi (1999) per gli indiani la tribù rappresentava un legame importante e intenso. Ogni tribù era guidata da un capo il quale doveva occuparsi dell’organizzazione della vita nel villaggio. In una tribù vivevano individui che appartenevano allo stesso ceppo familiare. A sua volta, un popolo era formato da più tribù.

Meli (1998) sostiene che la spiritualità ricopriva un ruolo molto importante nella vita delle tribù indiane. Il mondo dei nativi americani era governato da spiriti che si manifestavano attraverso il sole, la luna, la terra, il cielo, gli animali e le piante. Gli indigeni dedicavano molto del loro tempo per comunicare con gli spiriti attraverso danze, digiuno, offerte,… Gli indiani credevano che ogni cosa fosse abitata da spiriti potenti, questo spiega il loro grande rispetto verso la natura e il mondo che li circondava.

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11 La borsa medicina

Come spiegato nel libro scritto da Guasco (2001), la borsa medicina è un tradizionale contenitore usato dagli indiani del Nord America, essa è costruita con la pelle dell’animale avuto in visione.

Figura 1 - Borsa medicina

Non si conosce in modo preciso il suo contenuto, si pensa contenesse erbe medicinali, pietre “magiche” e oggetti personali considerati di valore per il proprietario. Gli indigeni portavano sempre con sé questa sacca, nessun uomo l’avrebbe mai venduta poiché gli sarebbero successe una serie di disgrazie. Se la borsa medicina veniva persa durante una battaglia, il proprietario doveva riconquistare il suo onore ritrovando la sua borsa oppure rubandola ad un nemico. Si pensava che il contenuto di questa sacca potesse ridare agli uomini la salute e propiziare la vittoria nel combattimento. Per quanto riguarda la borsa medicina femminile, secondo Verrastro (2002) si pensava potesse aiutare a favorire la fertilità, ad aiutare il proprio uomo in guerra, a trovare nuovi metodi di guarigione con le erbe, assistere ai parti, portare abbondanza e felicità nella propria famiglia. Quando il proprietario della borsa passava a miglior vita, quest’ultima veniva sepolta insieme al defunto.

Acchiappasogni

Come spiega Owusu (2014) l’acchiappasogni è un oggetto simbolo dei nativi americani composto da un cerchio in legno flessibile (solitamente salice o nocciolo) che rappresenta il cerchio della vita/l’universo. All’interno di questo cerchio vi sono dei fili, solitamente colorati, che servono per “acchiappare i sogni”. Dal cerchio esterno pendono 3 fili addobbati solitamente con perline e piume.

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Figura 2 - Acchiappasogni indiano

I nativi americani, in particolare i Cheyenne e i Lakota, usavano regalare a ogni neonato un acchiappasogni che veniva conservato da quest’ultimo per tutta la vita. Quando il neonato cresceva poteva decorare l’acchiappasogni come meglio credeva. Questo oggetto veniva posizionato sopra il letto del proprietario con lo scopo di allontanare i sogni brutti o i sogni che non aiutavano la crescita professionale o spirituale del possessore. Infatti la ragnatela creata all’interno del cerchio intrappolava i sogni cattivi, mentre le piume e le perline portavano i sogni belli verso il proprietario.

Totem

I totem sono delle sculture scolpite sugli alberi create dai popoli indigeni del Nord America. Questi monumenti venivano anche chiamati “pali delle insegne” poiché rappresentavano le insegne della tribù, della famiglia o del singolo individuo. Sui totem sono incisi degli animali, quest’ultimi attirano la qualità dell’animale stesso.

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13 Le creature che solitamente venivano rappresentate su un totem sono le seguenti:

 L’aquila rappresenta la forza divina poiché è l’animale che vola più in alto ed è quindi il più vicino al Grande Spirito.

 Il falco raffigura il messaggero del Grande Spirito, ovvero colui che avverte l’uomo che sta per succedere qualcosa e lo invita ad essere più attento e vigile.

 La farfalla, essa rappresenta la trasformazione dell’anima, invita l’uomo a rinnovarsi per elevare il proprio spirito fino al cielo.

 Il cavallo simboleggia la vera libertà e rappresenta il passato, l’amore e la forza necessaria per raggiungere un obiettivo.

 La formica raffigura l’amore e la fiducia verso il prossimo.

 L’alce rappresenta il rispetto per se stessi, l’orgoglio e la forza. Invita quindi l’uomo ad essere forte e coraggioso anche nelle situazioni più difficili.

 Il bisonte corrisponde all’abbondanza, intesa come condivisione dei beni e non come ricchezza egoistica.

 Il lupo, è l’animale che rappresenta la lealtà verso il gruppo. Cerca di trovare nell’uomo il giusto equilibrio tra le necessità personali e quelle della famiglia.

I totem venivano considerati dai nativi americani come dei grandi talismani.

Amuleto

Gli amuleti venivano costruiti dagli indiani ed erano considerati oggetti sacri.

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Quest’ultimi venivano utilizzati dagli sciamani durante i riti di guarigione ed erano conservati con molta cura all’interno della borsa medicina.

“Famosi amuleti sono i “cattura anime”, che venivano impiegati, appunto, per recuperare l’anima che aveva abbandonato il corpo gettandolo in uno stato di grave malattia” (Guasco, 2001, p.285).

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Analisi del contesto

Quest’anno svolgo la mia pratica a Personico con la docente Lisa Marchetti. Nella sezione sono presenti 15 bambini di cui: 4 del III livello, 7 del II livello e 4 piccoli. Sette bambini hanno iniziato a frequentare la scuola dell’infanzia solo a partire da quest’anno. È una sezione multietnica, vi sono allievi svizzeri, italiani, portoghesi, rumeni e turchi. Alcuni bambini hanno difficoltà a parlare e a comprendere l’italiano, mentre altri tendono a mischiare la loro lingua madre con l’italiano.

Tre allievi in particolare, tutti del I livello, vengono considerati dal gruppo come “elementi di disturbo” e spesso vengono esclusi a causa di alcuni comportamenti che assumono.

Una bambina del I livello alla scuola dell’infanzia appare molto timida e taciturna mentre, secondo le informazioni ricevute dalla madre, a casa parla molto. Quando Ra. parla si nota subito che ha una voce particolarmente acuta. Durante le mie giornate trascorse in sezione ho potuto notare che le piace molto ballare, giocare alla plastilina, guardare il libro intitolato “Il palloncino blu” e disegnare. Per ora non ha un interesse particolare verso i propri compagni, infatti trascorre i momenti di gioco libero da sola a svolgere le attività spiegate in precedenza oppure mi è capitato spesso di vederla girare su sé stessa. Si pensa che questa bambina abbia qualche ritardo nello sviluppo e prossimamente verranno degli specialisti ad osservarla. È un’ allieva che mi ha creato alcune difficoltà durante la PP5 poiché, inizialmente non partecipava alle attività proposte e successivamente ha iniziato a svolgerle a modo suo. Durante il gioco libero, appena le si distoglieva lo sguardo, tendeva ad allontanarsi dalla sezione silenziosamente senza farsi notare e si avviava verso i bagni dove le piace giocare con l’acqua e il sapone. Durante il mese di conduzione dovevo quindi sempre avere un occhio vigile su di lei. Per evitare che si bagnasse e mangiasse sapone e dentifricio.

Un allievo del I livello ha dei tratti autistici e un ritardo dello sviluppo di circa 2 anni. Di. tende spesso a scappare e, per entrare in contatto con gli oggetti, li annusa. Ha varie fissazioni come ad esempio: il suono delle campane, i numeri e le lettere, il colore arancione,… Inoltre è un bambino ritenuto ipotonico, fa fatica a muoversi e a coordinare le varie parti del corpo. Oltre a tutto ciò questo bambino ha un linguaggio molto difficoltoso e non si riesce sempre a comprendere ciò che dice. Egli frequenta la scuola dell’infanzia solo tre mattine alla settimana. Durante la PP5 alcune volte mi sono trovata in difficoltà a gestirlo poiché è un bambino molto abitudinario, anche solo uno

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scambio di sedie o un gioco posizionato al posto sbagliato poteva mandarlo in crisi per molto tempo.

Un altro bambino che spesso viene escluso dal gruppo è un altro allievo del I livello. A Da. piace molto creare delle torri con i lego e giocare nella casina insieme ad altri bambini. Infatti appena varca la porta della sezione inizia a chiedere a tutti i compagni se vogliono giocare insieme a lui in casetta. Inizialmente gli altri bambini accettavano la sua proposta ma in seguito hanno iniziato a rifiutare poiché non erano d’accordo con i suoi modi bruschi di giocare. Inoltre quando è il momento di riordinare non vuole mai farlo. Egli non ha nessuna difficoltà cognitiva, ma presenta delle difficoltà comportamentali, questo potrebbe essere dovuto alla sua situazione famigliare particolare. Da. non accetta le regole che gli vengono date, anche solo stare seduto in silenzio per 2 minuti per lui può essere molto difficile. Non partecipa alle attività proposte, poiché vuole andare a giocare alle costruzioni o ad altri giochi. Alla mattina durante il momento dell’accoglienza partecipa anche lui a suo modo, parlando in continuazione e buttandosi a terra o contro i compagni. L’unica soluzione per calmarlo è quella di prenderlo in braccio. Durante il gioco libero spesso i bambini si lamentano perché Da. li ha picchiati o ha rotto le loro costruzioni.

I 3 bambini del I livello appena descritti hanno ancora tanto bisogno di giocare e non sono ancora pronti a stare seduti per più di 5 minuti. Quando sono presenti questi allievi il gruppo fa fatica a concentrarsi e tende a distrarsi facilmente. Dal mese di marzo è presente 4 mattine alla settimana una docente d’appoggio che si occupa principalmente di questi allievi.

In generale è un gruppo che ha buone potenzialità nonostante spesso molti allievi perdano facilmente l’attenzione. Sono presenti bambini che starebbero ore ad ascoltarti, mentre altri dopo pochi minuti iniziano a disturbare perché vogliono andare a giocare.

La sezione di scuola dell’infanzia è molto piccola ma, nell’edificio al piano superiore, sono inserite pure le scuole elementari e una biblioteca sempre a nostra disposizione.

La programmazione di quest’anno, come già detto, è basata sul tema dei nativi americani. I bambini, grazie alle lettere e ai messaggi di un’anziana pellerossa di nome Winona, scoprono il modo di vivere e le abitudini degli indiani del Nord America.

Le prime volte in cui ero presente in sezione ho svolto un’osservazione non strutturata, piuttosto libera e ho preso appunti descrivendo quanto osservato. Oltre a ciò ho posto alcune domande alla mia dpp per comprendere meglio alcuni comportamenti assunti da allievi presenti nel gruppo. In seguito per prepararmi al meglio per la PP5 ho creato una tabella osservativa (vedi allegato 1: Tabella osservativa, pp. 1-5), per individuare: gli interessi, i bisogni, le competenze e le debolezze

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17 di ogni bambino. Quest’ultima è stata aggiornata durante la pratica professionale e durante la fase di ricerca, e viene aggiornata tuttora, grazie all’osservazione più mirata, alle conversazioni fatte con i bambini e ad alcune letture svolte per conoscerli meglio. Prima di svolgere la PP5 ho cercato inoltre di alternare l’osservazione esterna da quella interna, mentre durante il mese di pratica ho svolto unicamente un’osservazione interna siccome dovevo svolgere io tutte le attività.

Vista la situazione, per creare un buon contesto motivazionale per il mio lavoro di tesi, ho deciso di portare avanti la metafora che utilizza la mia dpp come sfondo motivazionale di tutto l’anno: gli indiani del Nord America. Grazie a ciò aiuterò i bambini a scoprire la loro identità competente e cercherò di integrare nel gruppo i tre bambini, del I livello, che vengono considerati dai compagni come degli “elementi di disturbo” e spesso vengono esclusi.

Per introdurre il tema dell’identità competente durante la PP5 ogni membro della nostra tribù, io compresa, ha costruito una borsa medicina con la iuta.

Figura 5 - Creazione della borsa medicina.

Una volta finito di costruire le borse medicina sono state appese, con dei chiodi, sopra le finestre. Durante la PP5 abbiamo riempito questa borsa con degli oggetti tipici degli indiani e grazie a questa esperienza io e i bambini abbiamo avuto la possibilità di parlare a tutta la tribù di noi stessi.

È stata mia la scelta di posizionare le borse medicina in alto, e non lasciarle sempre a disposizione dei bambini, per valorizzare maggiormente il momento in cui le si utilizzano.

Il primo oggetto che abbiamo inserito all’interno della borsa medicina è stato un sasso. Siamo andati al fiume e ogni bambino ha potuto scegliere il sasso che più preferiva.

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Figura 6 - Uscita al fiume per raccogliere i sassi.

Una volta tornati in sezione ognuno ha colorato e decorato il proprio sasso come voleva.

Figura 7 - Alcuni sassi colorati.

Il giorno seguente, abbiamo posizionato i nostri sassi a cerchio e anche noi, dopo aver indossato la nostra borsa, abbiamo formato un cerchio tendendoci per mano. In silenzio, ascoltando la musica di sottofondo, abbiamo girato attorno ai sassi osservandoli. Finita la musica ci siamo seduti in cerchio e ognuno ha potuto raccontare all’intera tribù come mai aveva scelto quel sasso, il motivo per cui l’aveva colorato in quel modo e, su suggerimento di un bambino del III livello, ognuno ha assegnato un nome al proprio sasso. Finita la conversazione ognuno di noi ha inserito il proprio sasso all’interno della propria borsa medicina.

Secondariamente, dopo aver letto una leggenda indiana sull’acchiappasogni, ne abbiamo costruito uno utilizzando del salice per creare il cerchio esterno e della lana colorata per creare la rete interna. Per quanto riguarda i tre fili che pendono da esso, ognuno li ha personalizzati con perline, piume ed elementi della natura raccolti al fiume o nel bosco.

In seguito abbiamo appeso tutti gli acchiappasogni nel nostro angolo accoglienza, ci siamo sdraiati sul tappeto e ognuno ascoltando una musica rilassante doveva pensare ad un sogno bello e ad un incubo che aveva fatto. Finita la musica ci siamo seduti in cerchio sul tappeto e chi voleva ha potuto raccontare all’intero gruppo i propri sogni o i propri incubi. Successivamente ognuno ha ricevuto

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19 una nuvola nera dove doveva disegnare un incubo e una nuvola bianca dove doveva disegnare un sogno bello che aveva fatto. Infine le nuvole sono state inserite nella borsa, mentre gli acchiappasogni sono rimasti appesi in sezione su richiesta dei bambini.

Figura 8 - Acchiappasogni.

L’ultimo oggetto che abbiamo messo nelle nostre borse medicina è un sacchettino contenente quattro erbe medicinali profumate: lavanda, alloro, salvia e rosmarino. Prima di inserire le erbe nel sacchetto le abbiamo annusate e osservate.

Figura 9 - Sacchetto contenente vari tipi di erbe medicinali.

Per quanto riguarda la sperimentazione del mio lavoro di tesi, decoreremo l’esterno delle nostre borse medicina con le nostre identità competenti. Visto che nelle tribù indiane ogni individuo ha un nome ben preciso collegato alle proprie capacità o alle proprie caratteristiche, anche noi cercheremo di scoprire i nostri nomi indiani in base alle nostre qualità.

Per integrare maggiormente i bambini che solitamente vengono esclusi cercherò di valorizzare la loro identità competente, da me identificata durante la PP5, davanti all’intero gruppo. Ad esempio, svolgendo delle attività particolari con il singolo allievo e in seguito valorizzandole e proponendole

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a tutta la tribù. Così facendo per il gruppo sarà più semplice comprendere che anche questi tre bambini, nonostante le loro difficoltà, hanno anche delle capacità.

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Domande e ipotesi di ricerca

Le domande alle quali il mio lavoro di diploma desidera rispondere sono le seguenti:

- Valorizzando le identità competenti, attraverso delle attività o degli angoli, dei bambini da includere è possibile cambiare le dinamiche relazionali presenti in sezione e favorire l’inclusione di questi allievi?

- Il fatto di conoscersi meglio tra compagni, grazie alle identità competenti, può rafforzare lo spirito di gruppo? Oppure può sviluppare nuove relazioni e dinamiche positive di gruppo?

Per quanto concerne le ipotesi mi rendo conto che in un mese non è fattibile stravolgere le dinamiche relazionali presenti in una sezione, tanto meno cambiare dei comportamenti adottati dagli allievi. Nonostante ciò sono fiduciosa sulla possibilità di cambiamento di questi bambini che ovviamente hanno bisogno di più tempo a disposizione per modificare alcuni loro atteggiamenti e per sentirsi completamente parte del gruppo. Oltre a ciò anche per gli altri compagni, che tendono a considerare i tre allievi del I livello quasi solamente in base alle loro difficoltà, non sarà così semplice cambiare il loro punto di vista.

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Quadro metodologico

Tipologia di ricerca e strumenti utilizzati

Il mio lavoro di tesi è considerato una ricerca azione, condotta realizzando degli interventi “programmati” tenendo in considerazione le osservazioni fatte in precedenza e regolati in seguito in base alle risposte dei bambini. Tenendo in considerazione quanto spiegato dal professore Luca Botturi durante il corso Ricerca in educazione è stato stabilito un campo di osservazione flessibile, per adattarsi a cambiamenti comportamentali anche inaspettati da parte del campione osservato. I dati raccolti sono qualitativi, necessitano dunque del punto di vista del ricercatore e delle sue interpretazioni riguardo a quanto osservato. Sono stati considerati principalmente i diari di bordo nei quali sono state registrate informazioni riguardanti: le motivazioni sulle scelte degli interventi messi in atto, la descrizione delle attività svolte, i cambiamenti avvenuti in itinere, la descrizione e l’interpretazione delle reazioni e degli stati d’animo dei bambini, le evoluzioni o le regressioni dei loro comportamenti. Inoltre sono state svolte delle conversazioni che hanno permesso di conoscere meglio: i bambini, i loro interessi, le loro abilità, i loro punti di forza e le loro caratteristiche. Oltre a ciò sono state fatte anche delle interviste alla docente titolare e alla docente d’appoggio per avere altri punti di vista sul percorso svolto.

Campione di riferimento

Il campione di riferimento preso in considerazione nella mia ricerca sono i bambini della scuola dell’infanzia di Personico. I miei interventi si sono concentrati principalmente su tre bambini del I livello (due maschi Da. e Di. e una femmina Ra.) che vengono spesso derisi ed emarginati dal resto del gruppo. Nonostante ciò è stata considerata anche la relazione tra questi tre allievi e il resto del gruppo.

Modalità di intervento

Ho focalizzato i miei interventi principalmente sui tre allievi del I livello, descritti precedentemente nell’analisi del contesto. Ho fatto questa scelta per cercare di valorizzarli maggiormente all’interno della tribù. La sperimentazione ha avuto luogo durante 7 momenti che sintetizzo qui di seguito.

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23 Da. costruisce un totem

Durante il primo intervento del mio lavoro di tesi ho lavorato con Da. Siccome durante la PP5 ho potuto osservare che gli piace costruire delle torri con i lego, gli ho chiesto aiuto per costruire un modellino di totem. Una volta finita la creazione del totem, quest’ultimo è stato presentato al resto del gruppo ed ho spiegato ai bambini che il lunedì successivo avrei portato un totem più grande costruito proprio in base al modellino inventato da Da. Dato che nel pomeriggio alcuni compagni hanno imitato Da. cercando di costruire anche loro un totem come il suo ho deciso di creare un angolo dove si possono costruire dei totem.

Nel pomeriggio ho discusso singolarmente con alcuni bambini invitandoli a inventare il loro nome indiano. Quest’ultimo viene creato unendo l’animale scelto attraverso le carte indiane e la propria identità competente. Dopo aver trovato il nome indiano adeguato i bambini hanno dovuto disegnare un simbolo che lo rappresentasse (vedi allegato3: Tabella con simboli e nomi indiani, pp. 33-35).

La danza indiana di Ra.

Nella seconda giornata dedicata al lavoro di tesi ho creato una coreografia per una danza indiana insieme a Ra., visto che le piace molto ballare. Inizialmente siamo andate al piano superiore dove è presente una biblioteca a inventare i passi per la danza, successivamente è stata riproposta a tutta la tribù.

Nomi indiani

Siccome il 2 marzo solamente 5 allievi sono riusciti a individuare il loro nome indiano e a rappresentarlo attraverso un disegno, durante questo pomeriggio altri bambini hanno inventato e illustrato il loro nome indiano.

Di. crea un amuleto portafortuna per la tribù

Durante questo intervento ho spiegato allievi che ogni tribù indiana possedeva un amuleto il quale portava fortuna a tutti i suoi membri. Questo amuleto poteva avere qualsiasi forma, doveva però essere arancione, poiché per gli indiani era un colore che portava molta fortuna. Siccome il colore

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preferito di Di. è l’arancione ho creato insieme a lui questo amuleto. Quest’ultimo è stato appeso nell’angolo accoglienza così da portare fortuna a tutta la nostra tribù.

Anche oggi alcuni allievi hanno individuato il proprio nome indiano e lo hanno rappresentato con un simbolo.

Attacchiamo il nostro simbolo indiano sul totem

Questa mattina sono riuscita a convincere Da. a inventare e illustrare il proprio nome indiano. Siccome egli rifiuta di colorare o disegnare con matite colorate, pennarelli, o pastelli ha iniziato a rappresentare il suo simbolo con la tempera. Visto che ha lavorato bene, rimanendo seduto insieme siamo arrivati al compromesso che continuerà il suo simbolo la prossima volta.

Questa mattina ho anche spiegato al gruppo che siccome ho visto che a Di. ma anche ad altri bambini piace creare delle decorazioni con le perline aprirò un “angolo delle perline”.

L’angolo delle perline

Per motivi organizzativi l’angolo delle perline è stato aperto il 26 marzo, all’esterno della nuova stanza. Oggi ho potuto notare che alcuni bambini hanno creato delle decorazioni con le perline. Questa mattina Da. ha finito di creare il suo simbolo indiano e ha potuto attaccarlo anche lui sul totem. Oggi ho osservato Ra. e Da. (Di. al venerdì è assente) e l’intero gruppo nei vari momenti della giornata.

Momento conclusivo

Oggi ho osservato i tre bambini seguiti durante il mio lavoro di tesi e l’intero gruppo nei vari momenti della mattinata. Come ultimo momento abbiamo indossato tutti le nostre borse medicina, abbiamo fatto la danza di Ra. e ognuno di noi ha dovuto dire cosa gli è piaciuto di più del percorso. Per ulteriori dettagli (vedi allegato 2: Diario di bordo, pp. 6-32).

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Analisi dei dati

Prima di iniziare l’analisi dei dati premetto che il diario di bordo è stato scritto senza sapere che sarebbe poi stato analizzato, infatti è stata la mia relatrice Marina Bernasconi a propormi questo tipo di analisi a sperimentazione già conclusa. Questo ha garantito una stesura del diario non finalizzata all’analisi e quindi sicuramente più spontanea.

Inizialmente è stata fatta un’analisi puntuale di tutte le pagine scritte mettendo in evidenza riflessioni riguardo ai cambiamenti, dove sono state svolte delle riflessioni riguardo: i cambiamenti degli allievi seguiti, della sottoscritta e dell’intero gruppo.

Qui di seguito si può vedere un pezzo del diario di bordo che riporta un esempio dell’analisi puntuale: il testo scritto è affiancato dall’analisi che figura tra parentesi e sottolineata.

2 marzo 2015

Mattina

Questa mattina, mentre la mia dpp stava svolgendo un gioco motorio, Da. era sdraiato sul tappeto a fare versetti. La sua posizione intralciava il passaggio degli altri compagni (Il bno mette in campo atteggiamenti di disturbo e si oppone alle regole. Con la sua posizione oltre a intralciare il passaggio “intralcia” la relazione con i compagni).

Ho quindi colto l’occasione (ho osservato e colto l’occasione. Ho cercato di lasciare il bambino nel gruppo finché è stato possibile), mi sono avvicinata a lui, l’ho preso in disparte dicendogli che avevo bisogno di un bambino bravo a costruire torri con i lego che potesse aiutarmi a creare un modellino di un totem. In seguito, quando Da. ha accettato la mia richiesta (ha accettato la mia richiesta probabilmente perché non l’ho ripreso sgridandolo ma l’ho valorizzato) sono andata con lui nella stanza delle costruzioni. Sul primo momento ha iniziato a giocare con un elicottero in lego costruito da un compagno in precedenza (ho rispettato l’esigenza del bambino, lasciandogli lo spazio per giocare un attimo all’elicottero di lego).

Dopo averlo lasciato giocare per qualche minuto gli ho mostrato delle immagini di alcuni totem indiani (mostrandogli queste fotografie ho indirizzato Da.) dicendogli che avevo bisogno del suo aiuto per costruire un modellino per poi creare un totem. Inoltre, l’ho valorizzato (valorizzazione del bambino) dicendogli che io non sono capace a fare le torri bene come le fa lui. Prima di iniziare la sua costruzione mi ha chiesto se quando avrebbe finito di creare il modellino per il mio totem

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avrebbe potuto giocare con l’elicottero (è un bambino che propone, fa delle proposte). Ho accettato la sua richiesta (si può notare che sono orientata sul bambino e non sul compito) e Da., di mia sorpresa (alcuni termini scritti nel diario fanno capire che le mie aspettative verso Da. erano piuttosto basse. Infatti, non nascondo che ho svolto il mio primo intervento con lui così, nel caso in cui non fossi riuscita a farmi aiutare a costruire il modellino al primo colpo, avrei avuto molto tempo per ritentare) ha subito iniziato a costruire il modellino richiesto (il fatto che Da. accetta di costruire il modellino fa capire che è in grado di stabilire una relazione e di concentrarsi sul compito che gli è stato richiesto).

Ho trovato curioso il fatto che prima di iniziare a creare il modellino ha contato gli animali presenti sui totem rappresentati sui libri che gli avevo mostrato (Da. si è soffermato sui dettagli del totem, ha contato gli animali presenti su di esso, questo fa trasparire il suo interesse verso il compito da svolgere). Ogni totem aveva scolpito 8 animali, ma Da. prima di iniziare mi ha detto: “Sul mio voglio mettere 10 animali lego”! (Il bambino fa un progetto, qui si può già notare un Da. diverso da quello sdraiato sul tappeto a inizio mattinata. Egli è coinvolto e riesce ad avere un progetto, ciò grazie anche al fatto che sono riuscita a cambiare la situazione (tappeto/valorizzarlo)). Ho accettato volentieri la sua richiesta spiegandogli che poteva farlo come più gli piaceva. Mi aspettavo che costruisse il modellino tutto con i lego giallo siccome è il suo colore preferito, invece ha deciso di utilizzare altri colori.

Una volta contato e controllato che i cubetti fossero 10, il bambino ha voluto fare due stelle, sempre in lego, da aggiungere in cima al totem (ci tiene a farlo bene questo modellino. Attraverso la descrizione delle stelle (sole e luna) dà un senso a quello che fa. Da. ha un potenziale incredibile). Mi ha spiegato che la stella gialla rappresentava il sole mentre la stella blu la luna. Questo suo comportamento mi ha molto stupito, pensavo costruisse il modellino tutto di fretta per poter giocare all’elicottero. Invece per finire non si è nemmeno ricordato di quest’ultimo (Sono riuscita a coinvolgerlo, l’elicottero non gli importava più, non è più così interessante perché non l’ha costruito lui ma un compagno).

Prima dello spuntino io ho spiegato all’intero gruppo che mentre loro stavano giocando alle scatoline, io e Da. ci siamo allontanati poiché avevo bisogno di un bambino bravo a fare le costruzioni con i lego che mi aiutasse a creare un modellino per un totem (passaggio dal bambino al gruppo). In seguito Da. ha spiegato al resto della tribù quanto costruito (Da. assume un nuovo ruolo, si assume infatti la responsabilità di spiegare ai compagni quanto appena fatto). I compagni erano molto interessati, soprattutto alle due stelle create e gli hanno posto alcune domande (i compagni

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27 hanno riconosciuto un nuovo ruolo di Da., infatti gli pongono delle domande valorizzandolo. Questo progetto piace al gruppo, può dunque essere condiviso).

È stato un bel momento, per un attimo Da. è stato valorizzato e non era visto dai compagni come “un elemento di disturbo” (capacità di vedere il bambino con occhi nuovi, ho altri occhi su di lui. Segno di apertura e accoglienza verso il cambiamento, questa è un’attitudine che ogni docente dovrebbe avere).

Subito dopo lo spuntino ho potuto osservare durante il gioco libero un bambino che stava cercando di costruire un totem simile a quello creato da Da.

Nel pomeriggio ho notato che un altro bambino ha creato delle stelle simili a quelle di Da.

Ho colto l’occasione per creare un piccolo angolo dei totem, dove sono presenti la scatola con i lego e un tavolino dove si possono mettere i lavori finiti (creando l’angolo totem ho dato la possibilità ai bambini di imitare ciò che ha creato Da. senza però imporre nulla).

Sono soddisfatta di questa prima attività svolta per il lavoro di tesi, per me è stata una conquista il fatto di riuscire a convincere Da. ad aiutarmi per costruire un modellino totem. Temevo un suo rifiuto, invece mi ha stupita in positivo, è stato molto creativo (capacità di riconoscere cose non previste). Oltre a sorprendere me ho avuto l’impressione che abbia stupito anche il resto del gruppo.

In seguito, dopo l’analisi puntuale sono state selezionate delle categorie, riguardanti temi differenti. Per quanto riguarda la sottoscritta i temi rilevati sono i seguenti: l’osservazione, la sensibilità personale, la valorizzare, la rassicurazione e l’incoraggiamento, il passaggio dal bambino al gruppo e dal gruppo al bambino, le aspettative verso i tre bambini seguiti, la partecipazione alle emozioni. Per i tre allievi seguiti i temi individuati sono: la partecipazione, le proposte e le idee che portano avanti, i progetti, le relazioni con i compagni e con la sottoscritta.

Per i compagni i temi scaturiti sono: l’accoglienza , l’aiuto e le proposte.

Docente:

Dal diario di bordo (vedi allegato 2, pp. 6-32) si può notare che inizialmente avevo delle aspettative piuttosto basse nei confronti dei tre bambini seguiti (vedi parti del diario evidenziate in verde mare). L’osservazione durante questo percorso mi è stata molto utile per conoscere meglio questi allievi e capire come entrare in relazione con loro (vedi parti del diario evidenziate in giallo). Sono i bambini

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che mi hanno fatto capire come dovevo approcciarmi a loro. Durante la PP5, purtroppo, non avevo la possibilità di focalizzarmi così tanto su di essi poiché dovevo gestire anche il resto del gruppo. Quando avrò la mia sezione nei primi mesi dell’anno scolastico sarà fondamentale conoscere il gruppo ed essere in grado di renderlo piuttosto autonomo così da avere la possibilità di dedicare del tempo ad ogni allievo, soprattutto a coloro che ne necessitano maggiormente.

Oltre a ciò, durante questo percorso, si può osservare che ho sviluppato varie capacità fondamentali per un’ insegnante (vedi parti del diario evidenziate in verde). Da questo diario si può notare che ho rispettato i bisogni e le esigenze dei bambini, lasciando loro lo spazio e il tempo necessario (Da. elicottero, Ra. danza, Di. grembiule).

Mi sono resa conto che più volte mi sono orientata sui bambini e non tanto sul compito che dovevano svolgere. (Totem Da., Di. grembiule, Ra. danza).

Sono stata in grado di accettare e accogliere delle proposte fatte dagli allievi (vedi parti del diario

scritte in verde e parti del diario evidenziate in viola)

Conoscendo meglio i tre allievi con fragilità ho trovato alcune strategie per coinvolgerli e far fare loro alcuni compiti che inizialmente rifiutavano (es: piattino arancione con Di., farfalla stampata per non disegnarla con Da.).

Ho cercato di valorizzare spesso i progressi di questi tre allievi, pur se minimi, durante tutto il percorso e non solamente nel corso della giornata imperniata alla loro valorizzazione all’interno del gruppo. Ovviamente la valorizzazione non era diretta unicamente ai tre bambini del I livello, con loro ho svolto un lavoro più mirato ma nonostante ciò ho cercato, ogni volta che si presentava l’occasione, di valorizzare tutti i bambini (vedi parti del diario evidenziate in azzurro).

Durante questo percorso sono riuscita a dare delle possibilità senza imporre nulla, ad esempio creando l’angolo dei totem, l’angolo delle perline o attraverso il cartellone con illustrati i passi della danza.

Grazie a questo percorso mi sono sentita maggiormente un punto di riferimento per questi tre allievi, cosa che durante la PP5 mancava (vedi parti del diario scritte in viola). Soprattutto Da., inizialmente mi vedeva come “la docente cattiva” poiché lo riprendevo spesso e volevo che rispettasse le regole nonostante lui si rifiutasse. Avendo più tempo a disposizione siamo riusciti a conoscerci meglio a vicenda e ha capito che posso aiutarlo.

Alla fine di questo percorso vedo questi bambini con occhi diversi, vedo che nonostante le loro difficoltà fanno dei progressi (chi più, chi meno siccome ognuno ha i suoi tempi). Questo senso di

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29 apertura e accoglienza verso il cambiamento è un’ attitudine che ogni docente dovrebbe avere. (vedi parti del diario evidenziate in verde mare).

Da.:

Inizialmente questo bambino metteva in atto atteggiamenti non adeguati che disturbavano il resto del gruppo e si opponeva spesso alle regole. Ad esempio quando era sdraiato sul tappeto intralciando il passaggio e la relazione con i compagni. Fin da subito si può notare che Da. fa delle proposte. Infatti era coinvolto e interessato al compito assegnatogli, ha visto i dettagli ed è riuscito ad avere un progetto (vedi parti del diario 02.03.2015 scritte in rosso), tutto ciò grazie alla situazione che sono riuscita a creare.

Il bambino inoltre ci tiene a costruire bene il modellino e si può notare anche un ampliamento del suo progetto quando crea le due stelle in lego spiegando che quella gialla rappresenta il sole e quella blu la luna, ciò fa capire che Da. dà un senso a ciò che fa.

In quell’istante si può già notare un cambiamento tra il bambino nel primo momento della mattinata, quando era sdraiato sul tappeto disturbando e intralciando la relazione con i compagni e quando crea il suo progetto per il totem. In seguito, si assume la responsabilità di spiegare ai compagni quanto fatto (vedi parti del diario 02.03.2015 evidenziate in rosso). Questo fa capire che la relazione di Da. con il gruppo e con la sottoscritta non è per niente compromessa. Fin dal primo incontro si può notare che Da. è un bambino con un grande potenziale con il quale si può lavorare molto.

Ho come la sensazione che, da quando ho portato in sezione il totem, costruito seguendo il suo modellino, Da. crea una relazione affettiva con il totem e in modo parallelo inizia un nuovo rapporto anche tra me e il bambino. Infatti, cerca di relazionarsi con me anche dal punto di vista fisico. Ad esempio quando mi chiede di prenderlo in braccio per vedere meglio i dettagli del totem. Questo l’ho percepito come un atto di fiducia nei miei confronti. Da. ha visto che mi sono interessata a lui e ha capito che posso essere anche io un punto di riferimento.

Egli cerca di mettere in luce i suoi aspetti positivi. Nonostante ciò ha ancora bisogno dei suoi spazi, come si può notare (vedi parti del diario 02.03.2015 scritte in arancione) Da. non è ancora pronto a partecipare a tutte le attività proposte durante le mattinate.

Si constata più volte che Da. conosce le regole, infatti quando per sbaglio dei compagni rompono il suo totem li riprende spiegando loro che non si rompono le cose altrui. Oppure quando spiega a Di.

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che deve togliere il grembiule e la collana se esce dalla nuova stanza. Si può rilevare inoltre che Da. vuole entrare in relazione con i compagni ma non sempre riesce a trovare dei mezzi adeguati per farlo. Nonostante ciò Da. non ama giocare da solo infatti, durante il gioco libero cerca sempre uno o più compagni per giocare (vedi parti del diario 16.03.2015 scritte in viola). Egli riesce a relazionarsi meglio durante il gioco libero.

Ho osservato che Da. alcune volte viene influenzato da alcuni comportamenti poco adeguati di Di. Oltre a ciò, trovo che Da. sia un bambino attento a tutto ciò che succede attorno a lui. Ad esempio ha notato subito che il suo compagno Di. indossava ancora il grembiule e la collana nonostante fosse uscito dalla stanza appena aperta. Un altro esempio potrebbe essere quando si è accorto subito che io avevo scelto la carta indiana con rappresentato il suo stesso animale (farfalla).

Sono sicura che Da. piano piano sarà in grado di partecipare a tutte le attività della mattinata. Per quanto riguarda le relazioni con i compagni si può vedere nel diario che sta iniziando a capire come entrare in relazione con gli altri (vedi parti del diario 23.03.2015 scritte in viola).

Da. sta costruendo una relazione particolare anche con un bambino del II livello, che fa da punto di riferimento positivo siccome è un allievo molto tranquillo che è ben accettato dal gruppo. Da. pur di stare insieme al suo nuovo amico si sforza a rispettare le regole e a rimanere nella tribù anche se per lui non è ancora semplice. Ciò mi è stato confermato anche dalla docente d’appoggio durante l’intervista.

Una frase in particolare presente nel diario del 30.03.2015 fa notare che Da. si preoccupa per gli altri “Da. si è avvicinato più volte dicendogli che se aveva finito di pitturare doveva togliersi il grembiule e anche la collana così poteva entrare un altro bambino”.

Gruppo verso Da.:

I compagni riconoscono per Da. un nuovo ruolo. Egli ha creato un progetto e si assume la responsabilità di spiegarlo agli altri. Grazie al progetto del totem Da. viene valorizzato dai compagni e inizia ad esserci un senso di apertura e accoglienza verso di lui (vedi parti del diario 02.03.2015 evidenziate in arancione).

I compagni sono interessati al progetto del totem, tanto che alcuni prendono Da. come un esempio costruendo anche loro totem e stelle simili a quelle costruite da lui.

Una bambina del III livello entra in relazione con Da. aiutandolo a notare ulteriori dettagli del totem (vedi parti del diario 09.03.2015 evidenziate in grigio).

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