RASSEGNA STAMPA 08-06-2018
1. CORRIERE.IT Farmaci, acquistando i generici le Regioni possono abbassarne i prezzi
2. ITALIA OGGI Sanità: uno spreco da 24 miliardi 3. INTERNAZIONALE Salute, le difese contro il cancro
4. GENTE Basterà una goccia di sangue per diagnosticare il tumore al polmone?
5. ANSA Regioni possono abbassare i prezzi dei farmaci dopo le gare
6. QUOTIDIANO SANITA' Governo. Grillo incontra direttori generali e dipendenti Ministero
7. LA STAMPA.IT Da una palma tropicale il farmaco per la prostata più efficace e con effetti collaterali minimi
8. ANSA Dietologi, 7 italiani su 10 hanno scarsa cultura alimentare
9. HEALTH DESK Obesità e diabete: una molecola prodotta dal grasso favorisce la resistenza all’insulina
10. ANSA Curare i migranti, routine per l'88% dei medici italiani
08-06-2018 Lettori 319.200
https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro
F armaci, acquistando i generici le Regioni possono abbassarne i
prezzi
Saitta: «Stabilito un principio importantissimo che può consentire al sistema sanitario di contenere in modo rilevante i costi senza intaccare la qualità delle cure»
La Sanità italiana potrà contenere la spesa per i farmaci abbassando il prezzo di fornitura di un medicinale, adeguandolo a quello dei generici e dei biosimilari che, nel frattempo, cioè anche dopo l’aggiudicazione della gara, sono entrati in commercio. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Torino che, nei giorni scorsi, ha respinto un ricorso presentato dalla società farmaceutica Pfizer contro Scr, la società di committenza della Regione Piemonte.
La vicenda
Tutto comincia nel 2015, quando Scr aggiudica a Pzifer una gara d’appalto per
la fornitura del farmaco Enbrel, ad un prezzo unitario di 209,68 euro. Enbrel
contiene il principio attivo Etanercept, utilizzato in ambito dermatologico e
reumatologico. Nell’ottobre del 2016, però, la Regione Piemonte comunica alla casa farmaceutica – così come era stato specificato nel capitolato della gara – l’adeguamento del costo della farmaco a 157,25 euro, corrispondente al
prezzo del nuovo farmaco biosimilare messo in commercio nel frattempo, cioè il medicinale Benepali, prodotto dalla Biogen, in attesa di effettuare una nuova gara, poi aggiudicata nell’aprile 2017. Soltanto in quei cinque mesi, il risparmio ottenuto dalla Regione Piemonte è stato di quasi un milione di euro. Ora il Tribunale ha riconosciuto alla Regione di aver agito nell’interesse pubblico e ha respinto il ricorso.
Saitta: contenere i costi
«Con questa sentenza è stato stabilito un principio importantissimo – sottolinea Antonio Saitta, assessore alla Sanità della Regione Piemonte e coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni -, che può consentire al sistema sanitario di contenere in modo rilevante i costi senza intaccare in alcun modo la qualità delle cure e la libertà di scelta dei medici ma soltanto introducendo elementi di concorrenza nel mercato». E ancora: «Come coordinatore degli assessori alla Sanità sono pronto a incontrare il nuovo
ministro della Salute - aggiunge Saitta - per illustrarle questa nuova buona
pratica in materia farmaceutica».
ONCOLOGIA
08-06-2018
http://www.ansa.it/
Regioni possono abbassare i prezzi dei farmaci dopo le gare
Sentenza Tribunale Torino. Saitta, è decisione storica
(ANSA) - Il Tribunale di Torino, respingendo un ricorso presentato dalla società farmaceutica Pfizer contro Scr, la società di committenza della Regione Piemonte, ha confermato la
possibilità per la sanità pubblica di abbassare il prezzo di fornitura di un medicinale
adeguandolo al costo dei nuovi farmaci messi in commercio (generici e biosimilari), anche in un periodo successivo all'aggiudicazione della gara di appalto e prima di effettuare un nuovo bando di fornitura. Lo rende noto la Regione Piemonte, che parla di "sentenza storica".
"E' stato stabilito un principio importantissimo - sottolinea Antonio Saitta, assessore alla Sanità della Regione Piemonte e coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni -, che può consentire al sistema sanitario di contenere in modo rilevante i costi senza intaccare in alcun modo la qualità delle cure e la libertà di scelta dei medici ma soltanto introducendo elementi di concorrenza nel mercato".
"Come coordinatore degli assessori alla Sanità sono pronto a incontrare il nuovo ministro della Salute - aggiunge Saitta - per illustrarle questa nuova buona pratica in materia
farmaceutica, riprendere il tema del payback e più in generale quello della spesa farmaceutica nel suo complesso, che deve essere affrontato continuando a garantire la qualità delle cure e a vantaggio del sistema sanitario pubblico, per il quale tutte le regioni sono impegnate".(ANSA).
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08-06-2018
http://www.lastampa.it/
Da una palma tropicale il farmaco per la prostata più efficace e con effetti collaterali minimi
La prostata ingrossata «brucia». A differenza di quanto si credeva in passato, è ormai chiaro che l’ipertrofia prostatica benigna si associa a un elevato grado di
infiammazione: rilevabile in quasi otto pazienti su dieci.
L’ipertrofia prostatica benigna scaturisce dalla persistenza di uno stato di «allerta»
permanente dell’organismo, che può essere determinato da un’infezione (batterica o virale), da alterazioni ormonali, da problemi di natura autoimmune o da un processo di invecchiamento. Di certo c’è che il disturbo spesso condiziona la quotidianità di chi ne soffre. Senza trascurare che un mancato intervento farmacologico, spesso risolutivo, può aumentare il rischio di dover poi ricorrere al bisturi.
Funziona il farmaco estratto da una palma tropicale
Il primo passo da compiere sta dunque nella riduzione dei livelli di infiammazione, da qualche anno possibile grazie anche a un farmaco di origine naturale: l’estratto di serenoa repens, una palma tropicale che, con una formulazione diversa, risultava impiegata già sotto forma di integratore.
«Ma guai a farsi ingannare - afferma Tommaso Cai, urologo all’ospedale Santa Chiara di Trento e segretario della Società Italiana di Andrologia -. Parliamo di un farmaco a tutti gli effetti che deve essere prescritto dallo specialista, anche se il principio attivo viene estratto da una pianta. A oggi l’estratto di serenoa repens non ha mostrato di avere particolari effetti collaterali e ha un elevato profilo di sicurezza».
Rispetto ai farmaci d’elezione per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna, gli alfa-bloccanti e gli inibitori della 5-alfa-reduttasi, che agiscono in maniera sintomatica, l’aggiunta di serenoa repens allo schema terapeutico appare in grado di agire sulla causa del problema, contribuendo così a ridurre il volume della ghiandola prostatica.
Serenoa indispensabile se le vie urinarie sono irritate
Rispetto ai classici antinfiammatori (Fans), l’estratto di origine vegetale può essere somministrato anche per lunghi periodi. Di norma si parte con un anno di trattamento, che indica già una durata non raggiungibile con i Fans: per via delle ripercussioni a livello gastrico e della coagulazione.
Il farmaco s’è finora rivelato indispensabile per quei pazienti che, oltre ai classici sintomi dell’ipertrofia prostatica legati all’ostruzione del flusso urinario, presentano anche irritazioni dovute all’infiammazione. «Quando andare in bagno diventa una sfida quotidiana, gli uomini fanno spesso finta di nulla per paura e rifiutano di farsi vedere dallo specialista nel timore di doversi operare e dire addio all’attività sessuale - spiega Alessandro Palmieri, docente di urologia all’Università Federico II di Napoli e
presidente della Società Italiana di Andrologia -. Ma oggi l’ipertrofia prostatica si può curare con successo, senza compromettere la qualità di vita sessuale dei pazienti. Per farlo, però, non basta basarsi sulla semplice dimensione della ghiandola, perché
l’ingrossamento dipende anche dall’infiammazione. E se l’infiammazione non viene curata, può peggiorare i sintomi e far progredire la malattia, oltre che ridurre l’efficacia delle terapie».
Quando serve la chirurgia
Quando la terapia medica non è sufficiente, la soluzione chirurgica diventa l’unica praticabile per risolvere l’ipertrofia prostatica benigna. Due le opzioni: la resezione endoscopica della prostata (Turp) e l’enucleazione prostatica mediante laser. Non c’è quasi più traccia dell’intervento a cielo aperto. Chiarisce Andrea Salonia, direttore dell’Urological Research Institute all’ospedale universitario San Raffaele di Milano: «La Turp come trattamento di elezione, anche se i vantaggi legati all’impiego dei diversi laser, da scegliere in base alla dimensione della ghiandola al momento dell’operazione, sono diversi: i sanguinamenti si riducono e le recidive diminuiscono, così come il tempo durante il quale occorre convivere con il catetere».
08-06-2018
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Dietologi, 7 italiani su 10 hanno scarsa cultura alimentare
Andid: 67% non sa scegliere cibo, 71% non sa prepararlo
ROMA, 7 GIU - Nell'era del cibo che invade la Tv e domina il web, contribuendo a cambiare le nostre scelte alimentari, 7 italiani su 10 sono 'bocciati' proprio sulle
conoscenze relative al cibo. Mostrano infatti una scarsa alfabetizzazione alimentare, nel 19% dei casi un livello addirittura inadeguato. Meno di una persona su quattro ha
conoscenze e competenze sufficienti e solo poco più del 4% possiede buone
conoscenze nutrizionali. La situazione più critica riguarda anziani, anche come riflesso della crisi economica, e in generale i meno abbienti e con più basso livello di istruzione.
A delineare questo scenario è l'Andid, l'Associazione nazionale dei dietisti, nel corso di un evento che si è svolto oggi a Roma, alla presenza di esponenti di istituzioni sanitarie e società scientifiche, per sottolineare l'urgenza di riportare al centro del dibattito
pubblico il tema della cultura alimentare. Un percorso che vede in prima linea i dietisti, i professionisti della salute che si occupano di alimentazione, nutrizione e dietetica a 360 gradi. Da un'indagine svolta proprio da Andid su un campione di 1.144 persone, emerge una diffusa limitata capacità di pianificare e gestire le scelte alimentari (57,2% dei casi) e scegliere correttamente il cibo (66,8% dei casi). Inoltre, il 71,4% del campione dichiara una ridotta capacità di preparare e consumare gli alimenti e difficoltà nella comprensione degli effetti delle scelte di consumo.
08-06-2018 LETTORI
10.000
http://www.healthdesk.it/
Obesità e diabete: una molecola prodotta dal grasso favorisce la resistenza all’insulina
Uno studio chiarisce il meccanismo molecolare del processo infiammatorio
Un team di ricerca internazionale ha individuato un nuova adipochina secreta dalle cellule adipose associata all’insorgere della resistenza all’insulina e all’infiammazione sistemica. Lo studio apre le porte a possibili nuove terapie
I diabetologi sono impegnati da tempo a studiare il meccanismo
molecolare che lega l’obesità al diabete. Ora, uno studio internazionale a cui ha partecipato il Deutsches Zentrum fuer Diabetesforschung (Dzd) aggiunge un nuovo tassello a un puzzle ancora incompleto.
I ricercatori hanno individuato una nuova adipochina, molecola prodotta dal tessuto adiposo, che favorisce l’insorgere dell’insulino-resistenza e dell’infiammazione sistemica. In presenza di grave obesità questa molecola viene secreta dagli adipociti, cellule del tessuto adiposo, e rilasciata nel sangue.
Lo studio, pubblicato su Diabetologia, potrebbe aiutare a chiarire i
passaggi del processo infiammatorio a catena originato dai chili in
eccesso.
I dettagli della pubblicazione non sono alla portata dei profani. Ma la novità più importante emerge chiaramente: gli scienziati hanno identificato una particolare proteina, chiamata Wisp1, come una adipochina pro-
infiammatoria e ne hanno osservato gli effetti sull’organismo, verificando se i suoi livelli nel sangue fossero anomali nelle persone con diabete 2 e monitorando le eventuali conseguenze di questa alterazione.
Dall’analisi è emerso per la prima volta che Wisp 1 altera in modo diretto l’azione dell’insulina nelle cellule dei muscoli e nel fegato provocando la riduzione di sensibilità all’insulina e aprendo così le porte al diabete.
Il sospetto che Wisp 1 fosse coinvolta negli ingranaggi del meccanismo che lega obesità e risposta infiammatoria era emerso per la prima volta nel 2015, quando si pensava che la molecola fosse associata alla crescita delle ossa e allo sviluppo di alcune forme di cancro e della fibrosi
polmonare. Con lo studio attuale, i ricercatori hanno dimostrato che la proteina-adipochina Wisp 1 ha un ruolo chiave nel processo obesità-
diabete perché annulla l’inibizione indotta dall’insulina della produzione di glucosio. Il fenomeno è stato osservato nel fegato dei topi e nelle cellule dei muscoli umani.
Inoltre i ricercatori hanno dimostrato che la quantità di Wisp 1 è correlata al livello di glucosio valutato con il test di tolleranza del glucosio e al livello della eme-ossigenasi 1, enzima che promuove l’infiammazione soprattutto nelle persone obese.
«Abbiamo il sospetto che un aumento della produzione di Wisp 1 dal grasso addominale - ha dichiarato Tina Hörbelt del German Diabetes Center Düsseldorf partnre del Dzd, tra gli autori dello studio - potrebbe essere una delle ragioni per cui spesso le persone sovrappeso hanno un metabolismo del glucosio alterato. Una delle possibili cause dell’aumento della produzione di Wisp 1 e della secrezione dalle cellule del grasso addominale potrebbe essere un scarso apporto di ossigeno (ipossia) ai tessuti. E ciò potrebbe provocare una risposta infiammatoria sistemica».
Lo studio apre possibilità alla ricerca di nuove soluzioni per il trattamento del diabete. Wisp 1 potrebbe infatti diventare un nuovo target terapeutico nel tentativo di prevenirne gli effetti nocivi sulle cellule del fegato e dei muscoli.
08-06-2018
http://www.ansa.it/
Curare i migranti, routine per l'88%
dei medici italiani
Camici bianchi del Sud i meno preoccupati da impatto stranieri
Per i medici italiani prendersi cura dei migranti non è più una novità: l'88% dà assistenza a cittadini stranieri, l'80% la considera parte dell'attività ordinaria di tutti i giorni. A far luce
sull'impatto del fenomeno migratorio sulle professioni sanitarie è la prima rilevazione del genere mai realizzata in Italia, su un campione di 2.000 medici in tutte le regioni. L'indagine è stata promossa dall'Osservatorio internazionale per la salute (Ois) onlus. Dallo studio è emerso che i camici bianchi hanno assorbito da tempo l'assetto socio-culturale prodotto dalle presenza degli stranieri nelle comunità: il 59% dichiara di non sentirsi preoccupato per il futuro della
professione, il 41% sì. Tra i più pessimisti i medici sardi, trentini e veneti (oltre il 60%).
I medici siciliani e calabresi, quelli in prima linea, che esprimono preoccupazione sono al di sotto della media nazionale: rispettivamente, il 35,6% e il 33,3%. Ma se per un verso è diventata una routine curare i migranti, permane invece tra i medici una sensazione di disagio nel far fronte a situazioni per le quali non ci sono risorse e strutture adeguate (comprese le barriere linguistiche che possono frenare la comunicazione): lo sottolinea comprensibilmente il 71% dei medici siciliani. Ma la percentuale più alta, l'81%, riguarda le Marche. In Calabria, altra regione in prima linea, ne parla il 55,2% degli intervistati. "Questa informazione - interpreta Ois -
conferma che a esprimere i maggiori timori sono paradossalmente proprio coloro che hanno meno esperienza diretta del fenomeno".