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ECONOMIA Cianciotta: «Marketing e sviluppo industriale, la sfida dell'abruzzo»

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Academic year: 2022

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ECONOMIA

Cianciotta:

«Marketing e sviluppo industriale, la sfida

dell'Abruzzo»

GAMBACORTA • A pagina 12

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AUTOSTRADE «L'accordo è la vittoria del contismo, una sorta di trasformismo 2.0 che permette di guidare esecutivi diametralmente opposti»

Marketing e sviluppo industriale, la sfida

dell'Abruzzo

Simone Gambacorta

TERAMO - Sulle autostrade si va a passo di lumaca, il coronavirus è ancora in circolazione, le imprese sono in crisi, l'edilizia è in diffi- coltà e l'Europa c'è e non c'è: i pro- blemi sul tappeto (che non sono solo questi) sono tanti e purtroppo sono tutti molto seri. Ne abbiamo parlato con Stefano Cianciotta, che per motivi di lavoro ha una visuale privilegiata su ciascuna di queste criticità. Oltre che presidente del- l'Osservatorio nazionale sulle In- frastrutture di Confassociazioni, il teramano è infatti anche compo- nente del Tavolo tecnico per il ri- lancio dell'edilizia istituito dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Una domanda tira l'altra ed è venuta fuori que- st'intervista.

Ingorghi sulle autostrade dovuti a mille motivi e caso Benetton:

dove stiamo andando?

«L'accordo su Autostrade è la vit- toria del contismo, una sorta di tra- sformismo 2.0 in grado di guidare esecutivi diametralmente opposti nella loro impostazione di politica economica e culturale. Proprio Conte in questi mesi di lockdown ha capito che il Paese, dopo le divi- sioni quasi trentennali del berlusco- nismo e del giustizialismo di Tangentopoli (che purtroppo resiste ancora in modo marcato sia nei Cinque Stelle che in una parte del Pd), e alla vigilia di un autunno cal- dissimo (Confindustria e Cgil hanno alzato il livello dello scontro e alle elezioni regionali di autunno il centrosinistra può perdere Puglia e Marche), rifugge scontri e ten- sioni, che inevitabilmente si sareb- bero materializzati con esiti imprevedibili nel contenzioso con

Autostrade. Dopo Tav e Tap il con- tismo ha messo ancora una volta in riga il popolo del no a tutto, dando però un segnale negativo al mercato e alla concorrenza, principio questo già ampiamente disatteso da ven- t'anni di contratti secretati e da uno Stato che dal 1999 a oggi ha sempre rinunciato nella gestione del rap- porto di concessione a svolgere ve- ramente e fino in fondo il ruolo di controllore. Con buona pace degli italiani che ieri ignoravano redditi- vità altissime per i concessionari, ed oggi si ritrovano solo virtual- mente azionisti di maggioranza della nuova Aspi; almeno quelli che hanno dei risparmi postali. Con quali modalità e intorno a quali principi di management e di svi- luppo industriale sarà costruita la futura public company? Perché se dobbiamo guardare ai modelli re- centi di riferimento, Alitalia in pri- mis, sono molto preoccupato».

Tutto questo caos sulle auto- strade rimette ancora una volta al centro il tema delle infrastrut- ture: il vostro Osservatorio come vede la situazione?

«Due anni fa "Report" mi fece una lunga intervista come presidente dell'Osservatorio, perché agli inizi del 2018, molto prima del crollo del Ponte Morandi, avevamo chiesto al ministro Delrio la ridefinizione dei contratti di concessione per evitare lo stillicidio degli aumenti tariffari.

Solo dopo la tragedia di Genova i contratti sono stati resi pubblici, e si è scoperto che avevano prodotto una redditività significativa per i concessionari. Da allora lo Stato ha provato a far valere le proprie pre- rogative, che non sono però quelle di trovare soluzioni emotivamente rilevanti, come è appunto la revoca, ma quelle di procedere nella dire- zione di ristabilire un giusto equili- brio tra il ristoro doveroso al concessionario e il servizio effi-

ciente a tariffe congrue per i citta- dini».

Ma esiste davvero un Modello Genova?

«Dopo la tragedia di Genova scrissi sul "Foglio" che bisognava evitare un pericoloso dualismo tra la neces- sità di manutenere le opere esistenti e l'indubbia urgenza di nuove infra- strutture. Il Ponte di Genova si è realizzato in tempi così rapidi per- ché, oltre alla deroga delle proce- dure ordinarie, è stato individuato quale commissario Marco Bucci, manager di spessore, che ha scelto fin da primi momenti, attraverso una gara pubblica, chi potesse ge- stire con le metodologie di pro- gram-project management l'intero progetto. Le competenze di Bucci, che è anche sindaco di Genova, hanno fatto la differenza. Le per- sone e non le procedure cambiano le cose. Lo Stato, le Regioni e le città devono avere il coraggio di coinvolgere le migliori competenze nella fase 3 post covid, altrimenti resteremo a parlare sempre di pro- cedure e mai di come valorizzare le capacità. Elementi che in una fase emergenziale sono importanti, ma negli step successivi diventano fon- damentali».

Veniamo alle imprese: che biso- gna fare con gli appalti e gli snellimenti di cui tanto si parla?

«Accelerare la fase di gara è un falso problema. Le opere pubbliche ripartono semplificando le norme e le procedure di autorizzazione. La scelta di rendere più veloce l'iter della Conferenza dei servizi è un passaggio fondamentale del "De- creto semplificazioni". In media la realizzazione di un'opera di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, ndr) dura sei anni, di cui solo tre mesi occor- rono per la gara. Le fasi di proget- tazione e del rilascio delle autoriz-

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zazioni danno in capo al committente un potere discrezio- nale elevato. La corruzione si an- nida non a caso soprattutto nelle fasi che precedono la gara e l'ese- cuzione dell'opera».

Sei al Tavolo tecnico del ministro Patuanelli: ce la possiamo fare o no a uscire dall'impasse?

«Patuanelli è un ministro preparato, e non a caso viene dal mondo del lavoro perché per molti anni ha svolto la professione di ingegnere civile con ruoli istituzionali anche all'interno dell'Ordine degli Inge- gneri di Trieste. E stato il primo mi- nistro che ha istituito un Tavolo tecnico permanente nel quale discu- tere delle problematiche di un set- tore strategico per l'economia del Paese. Il bonus 110%, che se do- vesse davvero decollare determine- rebbe una leva significativa per lo sviluppo, è nato all'interno di que- sto consesso, del quale fanno tra gli altri parte anche Ance, le sigle sin- dacali, Confedilizia e Finco. Il no- stro Osservatorio è l'unico soggetto indipendente che è stato chiamato a fare parte del Tavolo, così come siamo stati auditi in sede di Com- missione parlamentare nella fase di riforma del "Codice dei contratti".

Significa che in questi due anni qualcosa di buono abbiamo fatto.

Senza le capacità e i consigli del presidente nazionale di Confasso- ciazioni, Angelo Deiana, e dei vice- presidenti, in primis Antonio Ortenzi, e poi Davide Alinei del Consorzio Saturno, Pietro Putti, di- rettore generale e ad del Gme (Ge- store Mercati Energetici, ndr), e Luigi Morese, già sottosegretario al Lavoro, questi risultati non li avremmo potuti ottenere. Sono contento, poi, di aver coinvolto al- cuni dei miei migliori laureati come Annalisa Fazzini, Enrico Roma- gnoli e Lia Di Sabatino, che hanno svolto in modo eccellente analisi economiche e attività di ricerca sul sistema degli appalti pubblici.

Vince sempre la squadra, e sulla mia educazione hanno influito più gli anni vissuti sui campetti da gioco del quartiere teramano della Gammarana che gli studi succes- sivi. Lì ho coltivato amicizie che sono rimaste nel tempo, lì ho capito che significa lavorare e costruire i team. Di questo devo essere sempre grato a Tiberio, mio padre, che ha abituato fin da piccoli a me e mio fratello Fabrizio (manager in una multinazionale francese, ndr) a stare in mezzo alle persone, a colti- vare lo sport e a godere delle ami- cizie».

Se ti dico Zes che mi rispondi?

«L'Abruzzo della logistica integrata sconta dei ritardi accumulati nel

tempo, come la mancata messa a si- stema dell'intermodalità gomma- ferro-mare, l'esclusione dai Corridoi europei e i mancati inve- stimenti sulla portualità. A com- mento dello spostamento della produzione di IOOmila furgoni di grandi dimensioni dalla Sevel allo stabilimento di Gliwice in Polonia, ho scritto che quella decisone de- scriveva molto bene la metafora dei rischi che incarna la globalizza- zione quando non è sostenuta da in- vestimenti. Sbagliava, infatti, chi ha voluto leggere allora la scelta di Psa come l'ennesima delocalizzazione;

al contrario, la decisione del mana- gement della multinazionale fran- cese dell'automotive era una decisione di politica industriale det- tata dall'impossibilità di rispondere ai nuovi livelli di produzione a causa della saturazione del più grande stabilimento europeo nella produzione di veicoli commerciali.

E la Polonia, oltre ad avere istituito quattrodici zone a fiscalità agevo- lata, può contare su fattori non se- condari come una tassazione sul lavoro migliore e una posizione lo- gistica più vicina alle grandi infra- strutture europee. Il potenziamento della logistica con nuovi servizi dopo il nulla osta del Ministero alla Zes abruzzese, nuovi investimenti come l'ampliamento del porto di Vasto e il potenziamento di Ortona, il sostegno alla crescita di un cluster strategico per il futuro come Scienza della vita (polo farmaceu- tico, facoltà scientifiche, Istituto zooprofilattico), la rimodulazione dei fondi europei e il potenzia- mento del capitale umano, diven- tano i temi per accrescere la qualità della vita degli abruzzesi. Il deci- sore politico sia il facilitatore di questo processo, non già in una pia- nificazione dell'economia dall'alto, bensì in una valida regolazione dei rapporti fra pubblico e privato. Bi- sogna favorire il dialogo competi- tivo con le imprese e indicare la strada da percorrere per immagi- nare la regione dei prossimi ven- t'anni. La politica economica è politica industriale».

Capitolo coronavirus. I contagi - purtroppo - non sono finiti e bi- sogna avere gli occhi aperti: che cosa ne pensi dell'Ospedale Covid di Pescara?

«Uno strumento eccellente, che raf- forza la qualità dell'offerta ospeda- liera regionale. Ha avuto ragione il presidente della Regione, Marco Marsilio, quando ha stigmatizzato certe posizioni campanilistiche.

Non è l'ospedale di Pescara, ma un presidio che qualifica l'Abruzzo».

Favorevole o contrario all'opera- zione Napoli-Castel di Sangro?

«E la prima vera azione di marke-

ting territoriale dell'Abruzzo. Basta chiedere alle agenzie immobiliari e alle strutture turistiche dell'Alto Sangro, che già oggi, sono som- merse dalle richieste. E una mossa che nel lungo periodo può qualifi- care l'Abruzzo interno come sede permanente dei ritiri delle società sportive, e avere, grazie alla pre- senza di De Laurentiis, sviluppi anche per la Film Commission.

Operazione da trenta e lode».

Che ti sembra Teramo in questo momento?

«Cinque anni fa, in un'intervista che fece molto rumore, dissi che Teramo era destinata ad ospitare solo pensionati, perché la città era priva di idee e rischiava di restare emarginata per sempre dal dibattito sulla contemporaneità. La scom- parsa della Tercas e la mancata pro- mozione in serie B della squadra di calcio sono stati due momenti ne- gativi che si sono succeduti a di- stanza brevissima, ai quali si sono aggiunti i due sismi del 2016-2017.

Da allora la città si è cristallizzata, è ferma, e non riesce più a muo- versi. Una volta la città si alimen- tava del patrimonio intellettuale dei tanti giovani che venivano a stu- diare qui da altre città del Sud. Il target geografico degli universitari si è ristretto e la chiave di volta sta nella ricerca scientifica. Per de- cenni è prevalsa la componente umanistica nella ricerca. Il cuore del futuro oggi sta nella valorizza- zione della parte scientifica del- l'Università che deve sempre di più diventare un unicum con il sistema regionale, per esempio l'Istituto Zooprofilattico. Il cluster scienti- fico abruzzese è davvero in grande crescita anche in termini di export.

Le performance delle aziende far- maceutiche ha fatto registrare negli ultimi tre anni + 600%. Per decenni Teramo ha contributo a costruire le migliori eccellenze d'Abruzzo nell'ambito forense e amministra- tivo. Ora vanno accompagnati pro- cessi di incentivazione alle startup nel campo scientifico. "Teramo città della scienza" può diventare un brand destinato a segnare in modo inequivocabile i prossimi de- cenni di crescita dell'intero Abruzzo. E ovviamente in questo contesto la realizzazione del nuovo ospedale mi sembra un passaggio obbligato, perché si possano valo- rizzare sinergie e competenze che devono aumentare l'attrattività di questo territorio. Due anni fa Chris Anderson, direttore di "Wired", al Word Business Forum chiese ai presenti, tra cui il sottoscritto, di ri- spondere a questa domanda: qual è il sogno dell'Italia oggi? Qual è il sogno di Teramo oggi? Senza im-

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maginazione non esiste futuro. La città ha rinunciato a guardare al fu- turo da almeno un decennio. E in- fatti non attrae più i giovani ma esclusivamente pensionati. Le città innovative si costruiscono libe- rando le idee e investendo sulle competenze».

Ivano Dionigi, latinista e in pas- sato rettore dell'Università di Bo- logna, ha detto al "Resto del Carlino" che la didattica a di- stanza non funziona. C'è da cre- dere che non funzioni nemmeno lo smart working, perché a stare sempre in casa ci si rimbecillisce.

Una via mediana credibile?

«Tutto può funzionare se ci sono obiettivi chiari e condivisi. Non si può chiamare smart working lavo- rare da casa con il computer, se al termine della giornata o della setti- mana non c'è un solo manager che valuta il raggiungimento degli obiettivi indicati. Dopo avere svolto i preliminari, il settore pubblico - perché le imprese private lo fanno da un po' di anni - deve dare un se- gnale di responsabilità ed impe- gnarsi anche con l'ausilio del lavoro agile per aiutare l'Italia a ri- prendere il cammino della crescita.

Ai miei studenti dico che in rete ci sono migliaia di Ted (conferenze agili, ndr) che sono molto più inte- ressanti di quello che dico in aula.

Il problema non è fare lezione in presenza o in remoto, il tema fon- damentale è come interessare e mo- tivare i ragazzi. Perché scopo di ogni insegnante è aiutarli a credere nelle loro potenzialità, ad esplo- rarle, a vincere la paura di fallire.

Promuovere la creatività, la curio- sità e l'intraprendenza, le nozioni lasciamole al passato».

Sei per il Mes o contro il Mes?

«Contro, perché non è vero che il Mes non ha condizionalità. Chi come Zingaretti e Renzi spinge a usarlo perché non vi sono condizio- nalità, dovrebbe leggere con mag- giore attenzione il documento dell'Eurogruppo. Un Mes senza Troika non potrà esistere senza cambiare l'articolo 136 del Trattato di Lisbona che lo lega a rigorose condizionalità. Certo, l'accordo dell'Eurogruppo presuppone che l'utilizzo delle risorse per finan- ziare i costi sanitari sarà libero ma, dopo l'emergenza, è scritto nel do- cumento dell'Eurogruppo, "lo Stato membro dovrà rafforzare i suoi fon- damentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di coordina- mento e di sorveglianza economica e di finanza pubblica dell'Ue".

Forse sarò troppo sintetico ma, in altre parole, significa essere con- trollati dalla Troika».

Che prova sta dando l'Europa?

«Il Recovery Fund è il progetto più importante lanciato dall'Europa negli ultimi vent'anni. La posizione intransigente del premier olandese Mark Rutte è un'azione contro l'asse franco-tedesco, che ha capito di dover abbandonare l'austerità per favorire un maggiore trasferi- mento di risorse dai paesi del Nord a quelli del Sud».

Il tessuto imprenditoriale abruz- zese come e quanto è stato col-

pito dal Covid?

«Vanno sostenute senza dubbio le piccole e medie imprese e va pen- sato un patto di sviluppo con la grande industria, che chiede giusta- mente servizi innovativi e infra- strutture materiali e digitali. Chi ha scelto di operare in Abruzzo aiuti le startup a crescere e ad emergere. I finanziamenti pubblici devono es- sere convogliati verso la valorizza- zione delle idee dei nostri giovani, e per fare questo occorre il contri- buto fondamentale della grande in- dustria e del mondo accademico».

Dicono che da settembre in poi saranno dolori: sarà così?

«L'autunno sarà caldissimo perché nel frattempo le persone stanno ac- quisendo nuovi stili di vita, e so- prattutto le piccole e medie imprese non sono così proattive ad assecon- dare i cambiamenti del sistema.

Amazon rivede il proprio piano in- dustriale ogni sei mesi. Chi dei pic- coli può avere capacità di cambiamento così veloci? Occorre però abbandonare la logica paterna- listica dei sussidi e chiedere ai cit- tadini di impegnarsi. Del resto il tema della prevalenza dei doveri sui diritti è stata la pagina più impor- tante dello straordinario patrimonio intellettuale che ci ha lasciato Aldo Moro. Bisogna aiutare le imprese e modificare la cultura antindustriale del nostro Paese. Senza le imprese private non si crea sviluppo. Chi predica il no a tutto dovrebbe ricor- darsi che è pagato con il sudore e il sacrificio di chi ogni giorno opera per il bene collettivo».

Abram Yehoshua ha rimarcato in un suo recente articolo su "Re- pubblica" l'importanza di un'identità mediterranea. Come si colloca la nostra dimensione adriatica in questo scenario?

«Non c'è un provvedimento del Governo di sostegno ai porti e al- l'economia del mare. Del resto la portualità è fuori dai radar degli esecutivi da molti anni e ogni auto- rità portuale, pur dipendendo dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si muove in modo auto- nomo, come ha fatto a novembre 2019 il Porto di Trieste siglando un

importante accordo con il gruppo cinese China Communication Con- struction Company. Il porto di Trie- ste è la piattaforma più importante di collegamento con i porti del Nord Europa. La Cina, alla quale l'egoismo e la miopia europea ave- vano regalato il Pireo alcuni anni fa, già possiede i porti di Valencia, Bilbao, Bur Said, Alessandria, Haifa e Gibuti e ha partecipazioni significative a Rotterdam e Suez.

La conquista dello spazio e la scelta di lasciare la terra per vincere la re- sistenza del mare sono stati i pre- supposti che hanno trasformato in pochi secoli un paese dedito alla pa- storizia come la Gran Bretagna nel più potente e importante impero.

Aveva imposto il suo concetto di spazio non solo con l'uso della forza, ma soprattutto con gli stru- menti della finanza e con la conqui- sta e la costruzione di piattaforme, per fare fluire velocemente le merci da una parte all'altra del globo. In quella strategia i porti, come ci ri- corda il giurista tedesco Carlo Schmitt nel saggio Terra e mare, avevano un ruolo decisivo perché costituivano dei presidi e degli snodi sui territori, dei gatekeeper. E, come insegnano anche i casi recenti di Amazon e Ikea, chi governa e ge- stisce le piattaforme determina il flusso di tutti gli altri. L'Italia torni ad essere il naturale gatekeeper po- litico, culturale e logistico del Me- diterraneo, altrimenti si rassegni a essere una bandierina nella nuova geopolitica della logistica inte- grata».

CHI È. Stefano Cianciotta è presi- dente dell' Osservatorio nazionale sulle infrastrutture di Confassocia- zioni ed è componente del Tavolo tecnico per il rilancio dell'edilizia istituito dal ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli. Nel 2015 è stato chiamato dalla Con- ferenza Episcopale Italiana tra i quaranta professionisti incaricati di stilare il Manifesto sulla rigene- razione urbana dopo l'Enciclica di Papa Francesco "Laudato Si —.

Ha scritto oltre trecento approfon- dimenti per riviste economiche su infrastrutture e lavori pubblici. E di frequente ospite sui temi econo- mici di Rai, TgCom24 e Skytg24.

Saggista, è editorialista economico dei quotidiani "Il Foglio" e "Il Messaggero" e del blog "Formi- che". Nel 2018 è stato il primo ci- vile italiano a parlare in rappresentanza dello Stato Mag- giore della Difesa alla Conferenza annuale della Nato sul futuro del Mediterraneo. Ha curato l'appro- fondimento sulle Zone Economiche Speciali nel volume edito dalla Franco Angeli "Ripartire dai Bor- ghi, curare le città ". Insegna Crisis

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communication all'Università di Teramo e dal 2017 è titolare di un laboratorio didattico sullo stesso tema all'Università di Verona.

TERAMO «Dopo il caso Tercas e la mancata serie B con il calcio, la città è cristallizzata, è ferma, non riesce più a muoversi. Ha rinunciato al futuro»

ZONA ECONOMICA SPECIALE «L'Abruzzo della logistica integrata sconta ritardi accumulati nel tempo, a cominciare da tanti mancati Investimenti»

Stefano Ganciotta al Tavolo tecnico del Ministero dello sviluppo economico pe

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Cianciotta alla Biblioteca della Camera dei Deputati. A destra, con il presidente d el Cnel T¢íano Treu e con il presidente di Confassodazioni Angelo Deiana r il dlanrin dall'adilivia n dalla rnctru>inni valida dal minictrn Patuanalli

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